un principio di verità, razionale o dommatica che fosse, pesa tutto sull’arte. La scienza non ha ancora elaborato una prassi al di la del proprio
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esservi due monumenti che rendano manifesta la medesima verità. Si può deplorare, come Innocenzo X, che nella ricostruzione siano andati
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contemplazione di eterne verità rivelate ed imposte dall’alto, ma come sentimento sociale e devozione collettiva. La prova della sostanziale
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presentazione dell’immagine della divinità o alla figurazione simbolica di verità di fede, né alla rappresentazione edificante dei grandi fatti della
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alla scienza di dimostrare o confutare l’esistenza di Dio? Come la scienza, la pittura ha in sé la propria verità: applicata a indagare e rivelarne un
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’effetto non esprime la causa, le succede e, in certo senso, la esaurisce ed elimina. Del resto il pensiero matematico non è una verità da comunicare, ma
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guardar bene, è proprio il principio strutturale dell’opera. La forma, nel senso classico, è rappresentazione, conoscenza, verità; l’architettura, per il
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era una povera verità: poteva anche essere gradevole e divertente, ma non faceva problema, e la critica vuole il problema.
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Come agisce, posta a contatto con la grande maniera, la povera verità, la morale spicciola, la cronaca trita degli olandesi? Al gusto italianizzante
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voleva essere la rivelazione visibile di una legge che, per la sua verità logica, assume valore di domma: la filosofia naturale classica che la
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rapporto con la normale degradazione prospettica: sono come frammenti di quinte teatrali, e se spesso sono d’una verità da toccar con mano, non
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restituirle in qualche modo il senso del sacro, lo spirito di verità e di umiltà che ha perduto nella grande avventura economica dell’industria. Così
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qui il culto manieristico degli eroi sfortunati, degli dei spodestati e in esilio, dei miti scaduti, e il gusto delle verità impossibili, dell
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