capacità all’integrazione per l’opera d’arte: anche questa doveva essere tolta da quel regno dell’assoluto corrispondente, nei limiti dell’esistente
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’esistente in atto al momento di oggettualizzarsi ma il manichino dell’esistenza. Di qui il moto di assorbimento (più che di integrazione) dell’immagine riceve
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pensare l’arte, ma denunzia solo l’inapplicabilità delle strutture logiche elaborate per pensare l’esistente, ad una realtà che si pone, strutturalmente
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Per cui «l’istituzione della verità nell’opera [d’arte], è il prodursi d’un tale esistente [di una tale realtà] che non era prima e mai sarà più in
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cosa: aliquid pro aliquo. E per flagranza intendiamo la presenza che la coscienza realizza a contatto di una realtà esistente, mentre, per astanza, la
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esistente (l’arte cioè) e che allo stesso tempo non vale come significante.
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’esistente, dall’altro come principio che né l’est del nihil est sine ratione colpisce l’essere. Donde si giustifica la qualifica che ne dava Leibniz
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rivela lo schema stesso del pensiero che pensa i processi dell’esperienza, dell’esistente.
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priori) di interpretazione dell’esistente, l’uno sottratto al tempo, l’altro espressione diretta, nell’irreversibilità, della temporalità, non
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’esistente che possano essere verificati dall’esperienza: è uno schema della possibilità dell’esperienza, non riflette la struttura universale dell
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anzidetta) per rappresentare i processi dell’esistente sotto la specie della quantità.
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nesso che si è svolto nell’esistente. Ma potremmo semplicemente configurare il primo nesso come ratio e conseguenza? L’accensione della lampada è una
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