momento della recezione nella coscienza, si fondano sull’unica apertura che compete all’opera d’arte per rivelarsi come tale: recezione storicamente
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ricevente — si integri, questi, o no — ma sull’apertura che è offerta dalla stessa struttura formale dell’opera. È chiaro che, pur se la possibilità da
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strutturale denunzi la sua apertura, e il genere dell’apertura. È a questo punto allora che s’affaccia la possibilità dell’equivoco, quando cioè l
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Paleatorietà euristica che comporta una simile indagine, anche la più filologicamente ferrata, non può essere concettualizzata come «apertura» dell’opera
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cinematografo, ora vengono ad aspirare come ad una seconda apertura, un’apertura di secondo grado, in quanto che la prima, con cui era stata segnata la loro
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’arte, per cui è altra dalle cose del mondo. Si concentra allora lo sforzo per ridurre l’irriducibile dell’arte ad un’apertura minima, e travestire il
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due realtà. D’altronde in questa duplice apertura, che la coscienza ha sul percepito, risiede la possibilità di distinzione fra realtà esistenziale e
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