La grande bipartizione che abbiamo tracciato per la critica d’arte, in primo luogo come indagine sulla struttura dell’opera in quanto opera d’arte, e
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abbiamo ravvisato la seconda, nell’Astrattismo prima e poi più specificatamente nell’Informale. Dopo di che chiaramente individuammo e nella pop-art e
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L’interpretazione che abbiamo proposta 2 per le opere d’arte contemporanee, nella loro maggioranza, e che va dalla pittura e scultura alla poesia e
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’integrazione allo spettatore? Certamente noi non abbiamo mai asserito che sia una situazione privilegiata, quella delle arti del nostro tempo, di
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. Eppure abbiamo i più fondati dubbi che ciò accada o accadrà. Le ragioni di questi dubbi sono le seguenti. L’integrazione non può avvenire che sulla prima
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Lasciando da parte quanto si riferisce al primo punto di stazione, per cui ci riferiamo a quello che, a diverse riprese, abbiamo scritto in proposito
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abbiamo avuto modo di scrivere, esautorano l’originale, dimostrano d’altro canto la feticizzazione dell’opera di successo, desacralizzata come bene di
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L’interpretazione che abbiamo delineato, facendo perno su una carenza ontologica comune all’intera epoca, dovrebbe potere estendersi a tutte le
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Abbiamo detto che la massificazione è certamente collegata al processo tecnologico industriale ma non intendiamo inferirne che questo ne sia la ratio
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abbiamo affatto bisogno, per interpretare l’arte del nostro tempo, di rispolverare l’hegeliana morte dell’arte. Intanto il senso che aveva per Hegel, nel
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Nella prima parte di questo saggio, riportandoci ad una analisi strutturalista di Barthes, abbiamo rilevato che il messaggio implicito nella
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in posa, l’individuazione simbolica è comune alla pittura e alla fotografia: è quanto abbiamo chiamato costituzione di oggetto. Ma a tale fase si
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creativo, che abbiamo chiamata costituzione d’oggetto. E perciò il fenomeno così isolato non dà parallelamente, rispetto a ciò che abbiamo chiamato
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Quando si è trattato del rapporto fra fotografia e pittura, abbiamo accennato alla calamitazione, per la pittura, verso la resa dell’oggetto
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abbiamo detto appartenere alla seconda via della critica d’arte
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impossibile riassorbire per il fatto che, come abbiamo mostrato, le due critiche fanno capo a due punti di stazione diversi, dei quali nessuno può sopprimere l
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Quanto abbiamo opposto alla lettura in chiave psicoanalitica delle opere d’arte, a questo ridurle arbitrariamente alla stregua di un mero documento
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primo strato, che è quello della denotazione o sostanza conoscitiva, dove vi sia, non abbiamo ormai da dilungarci; circa il secondo, se interessa
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sulla sistematica applicazione del principio di causa, che abbiamo respinto. D’altronde, come il Panofsky stesso ammette esplicitamente, per passare
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quella di messaggio. Si demanda allora se è consentaneo all’essenza dell’opera d’arte, che abbiamo concettualizzato come realtà pura, di rappresentare
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Abbiamo voluto soffermarci su una delle più dibattute applicazioni all’Estetica della teoria dell’informazione, nella sterminata bibliografia che la
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A questo punto abbiamo dunque raggiunto un’importante certezza: l’opera d’arte è opera d’arte in quanto realizza una presenza, si costituisce astante
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al contenuto referenziale o riferitivo del segno. Dopo quello che abbiamo analizzato riguardo all’arte come messaggio e dunque segno vale appena
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: semantico) qui appare chiaramente la strettissima connessione tra intenzionalità e semanticità». E noi non abbiamo nulla da obbiettare se non quanto
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lo si percepisce. Riferendoci allora all’analisi del linguaggio che abbiamo fatto nel Celso 55; partendoci dallo schematismo kantiano, se riprendiamo
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Si precisa allora il problema dell’ambito a cui appartenga in via assoluta il primo e fondamentale momento della critica d’arte, che abbiamo definito
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Abbiamo detto che i vari messaggi contenuti a differenti livelli dall’opera ne fanno parte integrale, ma non della struttura per cui un’opera d’arte
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diversissimi schemi di leggi naturali agli stessi processi fisici, senza contraddirsi.» 29 Per questo abbiamo parlato di sinecismo per i due principi. Ma è
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anche l’idea del Meyer a cui si contrapponeva il Weber) ma senza i quali non si può fare storia, ovvero, secondo che abbiamo detto, integrare la
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allora da quello che è stato scritto (e noi stessi abbiamo scritto) sull’arte, quanto dal punto di stazione da cui guardare all’arte.
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che noi abbiamo chiamato la costituzione dialettica dell’oggetto 39 — così, con una catena di reazioni, per lo più irrecuperabili e veloci, avviene
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Abbiamo detto che la concezione dialettica della storia rappresentava la vivificazione del materialismo storico, ma dovremmo aggiungere che in nessun
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storia dell’arte esperiti dal punto di vista marxista. Poiché abbiamo già chiarito in qual caso si possa e dove non si possa far pernio sul concetto
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Abbiamo preferito dare la critica di un marxista ad un saggio di critica d’arte marxista, per esemplificare, senza che ci si possa accusare di
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