spiritosissimo Liberty, ci dà quasi la condensazione di un grido in «Gola di ferro», scultura che poteva davvero esser presa ad emblema di questa XXX Biennale
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forma assai diversa da quella tradizionale nella pittura e nella scultura, non già perché egli sostituisca alla realtà di tutti una realtà che non esiste
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scultura negra sembra sopravanzare il quanto di «analisi» scientifica. E se è vero quanto dice assai suggestivamente il Bertini a proposito della
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, si è impegnato col mondo in tutti i suoi aspetti. La sua pittura e la sua scultura sono legati alla terra, alla materia, alle manifestazioni dell’uomo
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raccoglie istanze e culture diverse e le riassume in una difficile, perigliosa unità: tanto che è raro accettare una scultura di Moore come un’opera
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L’importanza della scultura di Henry Moore rispetto al clima di arretratezza dell’arte inglese intorno al 1930 sta nel fatto che l’artista seppe
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rinnovamento, innalzarono la bandiera della revisione e scoprirono quadro per quadro, scultura per scultura, il grande cammino dell’arte mondiale fuor del
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premi di scultura della Biennale dalla Liberazione in poi e mi trovavo — ricordo — davanti al cavaliere di Marini. Feci due passi indietro e detti una
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scultore importante e che io ho vinto senza neppure un confronto? Male; è segno proprio che la scultura oggi è in cattive acque».
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scultura, o di segno, nasce da un profondo, insopprimibile, mortificato colloquio con la realtà.
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con la morbosità e neppure col senso del grottesco di tanta altra pittura e scultura espressionista coeva. Perché a Giacometti, così in apparenza
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della scultura dell’artista. «La scultura è li — scrive la studiosa — e possiamo anche toccarla; eppure ci sembra lontanissima o troppo vicina, così fuori
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Si veda qui nella mostra la piccola scultura, una delle tante versioni della «Grande chevelure»; quei seni divaricati a muraglia, quella elefantiasi
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del suo avvicinarsi al fondo; l’immagine non è più in quel punto, ma la retina la restituisce li: è il primo embrione della scultura, della
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La scultura di Giacomo Manzú e i problemi a questa connessi non crediamo che attraggano irresistibilmente il «patito delle avanguardie». Chi, anzi
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della scultura di Manzu, dire perché questo frutto tanto diverso ha un così buon sapore.
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diversi da quelli che suggerisce la scultura di Manzù.
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contemplazione della acerbità donnesca, lo pone in una età adulta, di padri e coincide con l’accrescimento qualitativo in senso moderno della sua scultura
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, le cose andarono diversamente. Se la pittura e la scultura dal 1930 al 1945 si distinguono, laddove si sviluppano fuori del rituale novecentesco
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diversi da quelli della pittura e della scultura futuriste: l’alternativa marinettismo-futurismo non si pone nelle opere di questi figuratori di
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retrospettiva sono Fazzini, per la scultura (quando non indulge a una opulenza tra stanca e compiaciuta) e Guttuso, nella pittura: e non già soltanto in
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pittura per la scultura da parte di Raphael sua moglie una pittura che era «tonale» — dicevano i tonalisti — ma che poco o nulla aveva a che fare
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vertice della scultura.
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sua materia in «reazione ad una scultura corrente di edonistiche raffinatezze», ci impedisce di leggere dentro quelle liste unidimensionate, su cui la
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certe peculiarità della scultura di Castelli, la «consunzione» dei personaggi, solitari, all’in piedi, il lirico e desolato abbandono, la proporzione
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movimento, la scultura, vista dalla parte anteriore, si presenta come una pittura espressionista del periodo storico, con una punta di populismo e un
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apertissimo alla ricerca; si può dire che la sua scultura, messa su col sistema della fusione a fiamma ossidrica del ciarpame di acciaieria, si emancipi dall
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scheletro stesso della scultura? In effetti, se questo puro scheletro non era «a nudo» due anni fa, per la carica pittorica e sentimentale (si potrebbe
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astrazione radicale, la scultura di Cherchi ha decantato lo psicologismo e il documentarismo di genere degli espressionisti storici. In queste sue mitologie di
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papavero, incisi in piani significanti); e poi il bronzo del 1909 di Picasso che apre un fiume di discussioni sulla priorità o meno della scultura di
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nel 1956 a New York, per una grandiosa mostra, l’opera omnia del padre della scultura contemporanea.
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considerata scultura: i doganieri decretarono che, all’aspetto, l’oggetto era un pezzo di metallo e che per questo doveva pagare; anzi all’opera numero uno del
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», scultura che potremmo definire di un lirismo fallico, il pubblico della Mostra non si mostrò scandalizzato, come invece quello parigino del Salon des
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aveva netta l’impressione di cosa fosse non solo l’arte dello scultore rumeno, ma la stessa sua concezione: tutto per Brancusi era scultura; si può dire
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1906 in poi; ma soltanto un’opinione estrinseca alla qualità della scultura può giungere all’errore critico di vedere Brancusi immobile per scarsa
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supposta compromissione, le opere di più elementare e primitiva fattura (i grandi totem per la immensa scacchiera della scultura, come scrive il Marchiori
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, il mistico col sensuale, l’uomo antico che tien conto delle secolari tradizioni —si può dire: della scultura di tutti i tempi — con l’uomo nuovo, che
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: dalla matrice brancusiana Jespers ha imparato a spaziare lo sguardo nella scultura di tutti i tempi; e più di ogni altro è in lui familiare lo stile
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» nelle opere che furono da lui esposte a «L’Obelisco», il senso plastico di una apparizione, come nell’«Eroe», «Scultura per un monumento», «Uomo con
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