Picasso altro non è che il segno della sua coerenza, di questa sua inimitabile condizione a far poetico e libero: «La fattura pittorica di Picasso
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La fase dello «sgocciolamento» ovvero della fattura del quadro per successivi riempimenti o «condimenti», ora con smalti e vernici d’alluminio, ora
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alla Mostra della moda e del costume di «Italia ’61», — per la fattura minuta, costituendo il massimo, in questo periodo, della pittura «chiusa
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oculatezza, scartandone due su tre, le «Teste di maiale», troppo ingenuamente allusive rispetto alla loro insistita e «naturalistica» fattura.
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affiancate, nel gusto dell’epoca, a quelle prenovecentiste, ma che da queste si diversificano per la loro fattura mai compunta, per quella nobile aspirazione
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fioretti accademici, come il michelangiolesco Ritratto di Francesca del 1942, e certi patetismi discorsivi, anche se di nobilissima fattura, come
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, anche se poco leggibile nella fattura gremita, in quel tessuto cromatico maturato a strati, a rilevature, in quelle reti prudenti di pennellate, che
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realtà sensibile, quanto più questa realtà, un tempo ai ferri corti con l’astrazione, assume una labilità, diremmo una impassibilità di «fattura
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mordente di pittore da cavalletto, un po’ «umanistico» di fattura, se vogliamo, in quegli strati vetrini, in quelle campiture che sono perfino metafisiche
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supposta compromissione, le opere di più elementare e primitiva fattura (i grandi totem per la immensa scacchiera della scultura, come scrive il Marchiori
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determinassero l’opera con la loro unione; o con la utilizzazione, parziale o totale, di materiali estranei a quelli tradizionali per la fattura di un quadro
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fattura sembra condizionare certi schemi, avvicinando il maestro più assai alle soluzioni talvolta compromissorie di Modigliani, che a quelle
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