agiografica, non tipologica; in tutti trema e splende il dolore del mondo: talché i partiti politici, le ideologie e i programmi estetici, perfino le
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pittore non abbia doti eccezionali di evocatore; ma in un altro ordine, più d’incanto che di dolore, più di rapimento che di spasimo, più nell’ordine della
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cose presenti, così inequivocabili e al tempo stesso così schive, queste foglie che diventano carne, specchio di un dolore che si fa tenero e come
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permea il dolore degli «ostaggi», fa parte dell’intima natura dell’artista e prosegue nei dipinti ulteriori del Maestro non come un fatto negativo, o, per
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dell’uomo come un colbacco. Gli occhi grandi, cerchiati e fissi, guardano il mondo con curioso dolore; il naso aquilino, una piega scavata lungo le
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«dolore che vede»: emergono e poi si solidificano fino al graffito, fino al chiaroscuro vetrino, le cose vive di Scipione dentro quell’aria rossa, infuocata
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critico, essendo il quadro piuttosto il diagramma decorativo di un rapimento fuor del dolore) o del «Bue squartato»; o quanto i pezzi più fisionomici
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di forma crocifissa, solidificazioni palpitanti di un dolore non elegiaco e non recitato) Somaini metteva in luce la sua partenza plastica e «purista
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del dolore: la faccia pallida, le labbra livide, tese, gli occhi d’odio e di paura cerchiati di rosso, il respiro della vita che si allenta nel corpo
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