. Dipingeva dalle sei del mattino fino alle nove, perché così voleva la Lucia, giustamente persuasa che un quotidiano esercizio con i colori avrebbe
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Egli dipinge dalle cartoline, impastando nei colori gesso e colla. Ma il talento del giovane è portentoso. Pissarro, Renoir, Monet sembrano
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I primi acquisti, il primo sudato «benessere» durarono poco per il giovane artista. I negozianti si erano accorti che Utrillo «copiava dalle
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ritroso dalle sue scoperte impressioniste verso il museo, dipingeva monumentali bagnanti, non disdegnando chiaroscuri e miti, in un’arte assai più di
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di trapasso dalle esperienze degli impressionisti alle scuole di avanguardia.
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E cominciamo dalle opere «mostruose» più riuscite, quelle sulle quali tutti i critici d’arte, gli amatori, i collezionisti sono d’accordo al cento
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spinti a definire come un Burri romantico, un Moreni dalle suggestioni tonali e materiche in un ordine statico, di memoria, se non volessimo conferire all
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perché critici e artisti dalle tendenze e dalle opinioni politiche e filosofiche le più svariate e, sovente opposte, hanno trovato in Picasso il comun
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prepotentemente umana, prorompe dalle figure, quella vis animale, che è poi la apologia dell’insopprimibile «vitalità» dell’uomo, e la più franca
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, di emancipazione dalle logiche correnti, alla ricerca di una interna realtà nella nostra preistoria e nel nostro inconscio, è stata fondamentale per
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Fin dalle sue prime opere «espressioniste» — quelle per intenderci, che vanno dal 1946 al 1951 — l’artista riuscì a dare con un segno inconfondibile
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trasposizioni di fotografie anonime»: dai fotogrammi di film da cineteca («La Corazzata Potemkin», «Sciopero») dalle telefoto dei quotidiani, dagli album
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, comunque, dalle misure normali da non saper dire se si muova o venga avanti o se sia immobile. Forse la verità è che le figure di Giacometti non
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(quei suoi inventari di pensieri e sentimenti trafitti dalle immagini) non limitò la pittura ai soggetti «sociali» e «pubblici», come il «Fucilato» e il
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, folle, personaggi, animali, oggetti, come se l’Europa da lui traversata in automobile o in vagone letto, fosse tutta a due metri dalle sue tele: ecco
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fuori, per esempio, dall’omuncolo baffuto col naso aguzzo e il cappellaccio, dalle due ragazze in trecciuole e sottovesta, con le calze nere?
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altro spirito, ovviamente; ed ecco i paesaggi di Viani, le barche della darsena, il mare cattivo, a un passo dalle Apuane, le «Alpi» colla loro sega di
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brevissima (1904-1933) ieri ancora avvolta in una letteraria aneddotica, inevitabilmente falsata dalle memorie, pur belle, degli amici poeti, assuma per noi
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menzogne e scongiuri dentro conchiglie di carta, gli angeli che stanno sempre per spiccare il volo dalle facciate delle Chiese, forse a ludibrio di chi
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liberarsi dalle scorie di un passato ottocentesco ancora alle porte.
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donnine dalle labbra nere, dagli occhi neri, dalle pupille assassine, che si facevano rovesciare nel seno le confetture e offrivano ai colonnelli lo
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quelli che spuntavano dalle erbette di Carrà, nei suoi primi piani «pittoreschi».
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sola, cioè emancipata, o, se si preferisce, che è troppo culturalmente sola, per attingere dalle tendenze odierne quella linfa che gli occorre.
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— e perciò, se Manzù ne prescinde, nessun critico aggiornato può prescindere dalle avanguardie studiando Manzù. Ecco dunque a nostro avviso la
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aver superato il complesso delle tendenze perché crocianamente illuminati dalle personalità, hanno contrapposto Manzù all’arte di avanguardia
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Manzù maturo dopo il 1950 una maggiore autonomia dalle strettoie ottocentesche ed umanistiche, in modo particolare dalla sudditanza di Medardo Rosso.
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impressionista e il suo geniale interprete; ma questa differenza di caratteri, e, se vogliamo, di stature, non allontana sufficientemente Manzù dalle ragioni
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dell’arte italiana dalle avanguardie, in virtù di una non ben precisata «poesia», di una vaga «purezza» di un non meno accertabile «equilibrio italiano
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apparente somiglianza di argomenti e di soggetti con quelli della scuola romana già famosi (dalle sirene alle donnine, dalle maschere, ai «personaggi
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», sviluppando dalle premesse postimpressioniste ritrovate, il discorso della avanguardia storica. E piace del pittore «torinese» (è nato a Genova
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Tra i figuratori di avanguardia —espressionisti provenienti dalle file dei neo-realisti o autonomi — ci limiteremo in questa rassegna a trattare di
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schiena, dalle cluni divise, su fino al collo, esile ed energico: una prospettiva plastica, ricca e levitante come un paesaggio. Si giri intorno alla
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tendenza ad esteriorizzare in una sorta di traduzione semplicistica le sue più drammatiche e pure intuizioni: accettiamo, si, il «mostro spaziale» dalle
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dalle scorie di un certo tecnicismo, da una parte, e dalla incertezza dei suoi atteggiamenti verso la realtà, dall’altra: Garelli è un artista
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Chi vorrà orientarsi nella bella mostra del pittore milanese pensiamo debba cominciare dalle litografie originali a colori dell’artista, la cui opera
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dalle teste calve e le prostitute, i pallidi e misteriosi prelati, le dolci vite d’ogni quartiere alto — con una pittura di concetto, che si articoli
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destino, minacciato dai veleni e dalle paure della «tecnica» della guerra. E siamo anche da lungo tempo persuasi del talento del pittore, che, pur nato nel
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sempre quella di un distacco lucido dalle sue ossessioni, per cui tra mondo dei sogni o degli incubi e mondo della realtà, prevalesse la mente mediatrice e
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bottone, dalle unghie di grifoni e cerberi che fossero però andati dalla manicure: insomma faceva capolino nei quadri di disimpegno (dalla angoscia) di
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mostra «Italia-Francia»; e noi diagnostichiamo come fatti stilistici specchio di una stanchezza o di una distrazione dalle passate ossessioni più
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sensibile in un ordine astratto cominciò nel 1913, con un quadro «Soldati in marcia» che non era poi tanto lontano dalle fatiche e dalle incertezze dei
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formò la «scuola di Parigi»: giovani artisti stranieri dalla espressione affamata e stupefatta, capitarono a Parigi dalle più lontane parti del mondo
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felice a crescere e ad espandersi, di una totale liberazione dalle strette logore di questo vecchio mondo.
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, di una morbosità tutta costruita e intellettualistica a portare l’automatismo dei surrealisti, specie pittori, fuori di strada, lontano dalle prime
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Assai più mosso appare anche Agenore Fabbri, la cui personale sembra gradualmente distaccarsi dalle peculiari lezioni della Richier, di Armitage e di
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’incantato e raro pezzo «Colloquio con la luna» o nell’altro, dalle squisite apparizioni incise, su una materia più bella di una tela e più mossa, dal titolo
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uomini e dai fatti, dai sentimenti e dalle immagini vive fosse solo possibile ricavare materiale d’archeologia. «Ben dipinge chi ben disegna — diceva
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miracoli, gli amori, i delitti, le stragi, messaggi, personaggi e miti di tutti i tempi, costituiscono una sorta di repertorio per questo attore dalle
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carni abbagliate di luci, metà osservate sotto quei soli misteriosi, metà ricordate dalle tele del Tintoretto, e del Tiepolo, al quale ultimo Delacroix
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, assai più che nel Don Juan, è il mare: con le sue masse potenti e animate, con la sua formidabile plastica di onde, dalle buche immense, dalle cime
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