, salvo Henek: era il mio vicino di letto, un robusto e florido ragazzo ungherese di quindici anni. Henek passava accanto alla cuccia di Hurbinek metà
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guardiano, un ungherese anziano, che non mi voleva lasciare entrare, ma le sigarette lo convinsero. Dentro era caldo, pieno di fumo e di fracasso e di
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polacco, l' ungherese e il russo. Veniva da Fiume, da Vienna, da Zagabria e da Auschwitz. Ad Auschwitz era stato, ma in che qualità e condizione non
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farsetti di cuoio ricamato, maestosi e sudati, che attaccavano con l' inno nazionale sovietico, quello ungherese e la Hatikvà (in onore del forte nucleo di
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confine ungherese. Venne la pioggia a peggiorare la situazione: difficile accendere i fuochi, un solo vestito bagnato addosso, fango dovunque. Il tetto
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