Se dovessimo dire, infine, una parola sulla serie dei quadretti allegorici dell'Accademia di Venezia, ci sembra che si accenni in essi, per Bellini
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Ma come risulta più chiara per tal modo la creazione dei grandi teleri dei novella tori di Venezia! come si comprende il senso generale per il
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Così, il sintetismo prospettico diffuso a Venezia da Antonello per il senso delle forme semplici, rialzate da un cromatismo intenso, ma d'intonazione
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, l'unica fusione degna di Venezia e di Caravaggio prima di Guercino e di Preti è quella che negli stessi anni, in un brevissimo torno di attività ne
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I veneziani non potevano nulla perché ogni quadro loro ha per fine la glorificazione di Venezia - E noi che credevamo...
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prelibati di Venezia, sgraffe di movimento insinuate da Firenze, ma non senza esser prima passate nelle raffinerie di Parma, pillole infinitesime di
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argomento nel quadro della Sagrestia del Redentore a Venezia, e nella Pinacoteca di Monaco 16 ci si convincerà che questa trattazione larga sottile e
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giustificazione: «Studio dell'antico non praticato da' napolitani e per quali ragioni»70, ove par di risentire il contrasto di Boschini e di Vasari, di Venezia
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disegni che il M. crede genuini: come quello ritenuto per la Cena all'Accademia di Venezia; quello con tre pose di un armeno (?) a Torino, e qualche altro
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] dell'Accademia di Venezia - che serve per stabilire le apparenze puramente veneziane del'artista bresciano; il ricordo classico di queste apparenze si
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Già in questo periodo appaiono «studi di forma», aspri e serrati, che talora, come nei due Santi dell'Accademia di Venezia rivelano sì lo studio
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bresciano26. La sua lunga dimora a Venezia, il volversi di certa parte della sua carriera nell'orbita del giorgionismo, lo fanno studiare di solito accanto
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del 1521 una serie di opere che comprende, fra l'altro, i due Santi eremiti dell'Accademia di Venezia, la Deposizione di Berlino, il busto di
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Il punto più rimarchevole dell'articolo del Frey è quello dove egli afferma che anche a Venezia il passaggio dai delle Masegne al Buon non si spieghi
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Questa seconda puntata tratta dell'attività di Paolo Veronese dal 1555, cioè da quando egli prende stabile dimora a Venezia.
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Cadevano in questo tempo gli affreschi perduti, ove i due collaborarono in Palazzo Porto a Thiene, e quelli di Palazzo Cappello a Venezia. Il von
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Galleria di Venezia; per contro è probabile che l'attribuzione dovuta al Cantalamessa resterà come la migliore*, per dimostrare quanto entrino nei modi del
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Il quale si volge poi ad illustrare le opere del Ricci per Torino, dipinte tutte a Venezia nel periodo tardo (1724-1726). Sono alcuni sovrapporta, in
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Venezia. Sono del Diziani anche due cose attribuite al Ricci presso l'antiquario Bohler a Monaco: un'Adorazione dei Magi e un Sant'Andrea che rifiuta di
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Strozzi - ottima fonte anche per il Settecento di Piazzetta - aveva lasciato a Venezia in San Benedetto; che per lo stile decorativo alla grande
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articoli sulla Santa Giustina della collezione Bagatti Valsecchi, sui quattro Trittici Bellineschi della Chiesa della Carità in Venezia, sulla Madonna
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restauro recente parte d'un'opera più vasta, di esser la parte mediana dell'ancona di Antonello a San Cassiano di Venezia. Chi non ha ancor veduto o
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Tolentini di Venezia e il Sacrificio di Abramo (Uffizi, Casa Giovanelli a Venezia, e collezione Roumiantzoff a Mosca).
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Frisius, venne in Italia e si aggregò alla maniera dei caravaggeschi; poi passò a Venezia dove si fece più veneto, studiando Tiziano, Tintoretto
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trasparenze di luce da Venezia, l'importante è ch'egli abbia saputo aggiogare queste nuove entrate ai capitali antichi dell'arte sua. Nei grandi artisti le
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. Forse da Venezia stessa veniva la fama e un'opera di Strozzi, il cappuccino genovese.
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Il Gio. Battista Genovese citato in una lettera da Venezia è il Langetti e non il Baciccia, come crede il Ruffo. Giacomo de Castro corrispondente e
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riberiana rappresentata da P. Fr. Mola (Omero di Venezia *, di Torino, ecc.), unita a elementi guercineschi è anche troppo evidente. La caratteristica
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il «sintetico», il «compenetratore» che vuol dipingere,in Palazzo Venezia, la sala del Concistoro? Pur che mi prometta di lasciar serena la vastità di
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decorazione di una sala di Palazzo Venezia, o signori, a Ettore Tito, sì. Ora, quel brusio levatosi da una schiera di cultori officiali e officiosi d'arte e
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napoletana del Settecento - Viaggio a Venezia e relazioni con Tiepolo).
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del '70 che aspiravano anch'essi vagamente verso Venezia, più di quanto comunemente non si creda. Qui c'è ancora da scoprire verità minori, ma
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Buono studio su questo più antico rappresentante della pittura settecentesca chiara, dolce, bucolica, in Venezia.
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ha ripieni gli altari e le quadrerie di Monaco come di Venezia, neanco potrebbe riporsi fuor della Veneta Scuola, come ne sarà discorso più avanti; né
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pezzi, tanto esemplari a Venezia, del Cappuccino veronese colà trasferitosi.
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Il séguito di queste estere maniere, fomentate in Venezia da' pennelli de' Lys, de' Feti, de' Cappuccini, de' Maffei, e non schive dall'accedere a
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Lo Strozzi, si disse, potrà farci strada in Venezia: pur bisognando sostare prima a' Veronesi che, come figurano da grandi in Monaco con il capo
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Io non ho in memoria più che ombre vaghe di un suo San Pietro Gambacorti in Venezia, di un San Raffaele a' Buonfratelli di Milano e d'altre sue
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Questo Federigo ch'io tengo fermamente per uno degl'ingegni più vasti dell'ultimo secolo, in Venezia, riconoscesi per un cacciar d'ombre acutissime
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18. Anzia e Abrocome. Venezia. Accademia. Allora mi pareva di Amigoni, ma derivante da Ricci [ora lo credo del Tiepolo ispirandosi all'Amigoni
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422. Bozzetto per un soffitto. Venezia, Gallerie. Certamente bozzetto di Padre Pozzo per Mondovì. L'errore venne rettificato nella seconda edizione
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584. Ritratto Dolfin. Venezia, Galleria Querini Stampalia. Trovo scritto in margine: «Zugno o altro tiepolesco» [oggi è infatti riconosciuto allo
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720. Giuditta. Venezia, Congregazione degli Armeni. Mi pareva di Pietro Vecchia.
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836. Venezia dinnanzi a San Marco. Venezia, Museo Correr. Mi risultava del Fontebasso. Il numero 837, con la Scoperta della Vera Croce (coll
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autografa; il 1016, col Cristo che caccia i mercanti dal Tempio (Venezia, Accademia), risultava di Angelo Trevisani e così venne infatti ristabilito nella
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- indipendentemente da ogni anello storico - come grande colorismo a Venezia. Eppure esso nacque dapprima a Firenze nel primo ventennio del Quattrocento, quando alcuni
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trovi nelle sale dell'Accademia di Venezia - a tale intensità semplicistica di contrapposizioni di tono da superare ogni tentativo pittorico successivo
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36;tavola VI], l'opera, ripeto, più veneziana che sia all'Accademia di Venezia, dove nelle liquide ombre solari di giallo-cerulo, vibrano pochi laghi
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vagamente denominare squarcionesca e che s'irradia da Padova in Emilia nelle Romagne e a Venezia?
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incubo; risulta inoltre dimostrato che solo Giovanni Bellini era in grado di fare a Venezia dei capolavori di mantegnismo riformato: ma non muta
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