Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il ponte della felicità

219004
Neppi Fanello 2 occorrenze
  • 1950
  • Salani Editore
  • Firenze
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
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Allora, con l'accento più dolce che potè trovare, disse al vogatore: - Abbiate la bontà di aspettare un momentino. Questo ponte è di Alvise, e lo toglierà appena si sarà cambiato. Scusate. - Evidentemente la pazienza non era una delle virtù dell'omaccione, che, senza aggiunger parola, si distese quasi supino sulle sue doghe e lasciò che la chiatta andasse alla deriva. Oltrepassata la trave, si rialzò, non senza fatica, poi si rivolse alla fanciulla e le disse, con una voce che pareva venire da cavernose profondità: - Beh, per questa volta è andata così, ma ti avverto che un'altra volta prendo Alvise e il suo ponte e vado a gettarli in mezzo alla laguna! - Afferrò i remi, diede una spinta alla chiatta, volse di nuovo il capo verso Lori e le urlò, tra un lampeggiare di bianco e di nero (bianchi i denti, neri gli occhi grifagni): - Capito? - Sì, sì, Lori aveva capito! E tanto bene, anzi, da temere che quell'orco infuriato tornasse indietro ed eseguisse ipso facto la sua minaccia. Naturalmente, in mancanza di Alvise, il volo nella laguna sarebbe toccato a lei! Rabbrividì dal capo alle piante come se già si trovasse immersa in quel bagno non desiderato; ma la chiatta continuò sicura, sebbene lenta, la sua strada, mentre il lieve sciabordio dell'acqua lungo i fianchi dell'imbarcazione sonava agli orecchi della fanciulla come la musica più soave del mondo! La chiatta era appena svoltata all'imbocco del canale, quando Alvise ricomparve con una bracciata di panni gocciolanti. Per la prima volta da che il fanciullo si serviva di quel passaggio aereo, Lori lo attese senza tremare, tanto la paura dell'omaccione bruno aveva soffocato in lei ogni altra considerazione. - Alvise, - gli gridò - se tu sapessi...! - Che c'è, Lori? - È passata una chiatta. - Alvise non capiva. - Quale chiatta? - Se tu avessi visto che barbaccia e che occhiacci neri! - Il fanciullo si mise a ridere. - Una chiatta con gli occhi e con la barba? - Ma no, non scherzare!... - disse Lori indispettita. - Non c'è proprio niente da ridere. Era un omone, e ha gridato: «Ehi, dico!», poi si è sdraiato sul fondo della barca, è passato sotto alla trave e ha vociato: «Un'altra volta butto nella laguna Alvise e il suo ponte. Capito?», - spiegò la bimba tutto di un fiato. Con la coda dell'occhio Alvise sbirciò il rio. Era di un bel verde lucente, tra i muriccioli rossigni, e il sole, già molto caldo, gli dava un tremolio impercettibile. Ma la bellezza maggiore, almeno agli occhi indagatori del ragazzo, era la sua assoluta tranquillità. Allora, facendosi coraggio, disse a Lori, con aria spavalda: - Non aver paura, via!... Se quell'uomo ritornerà, lo concerò io per le feste! - Ad ogni buon conto, posati sull'erba i suoi panni fradici, si affrettò a togliere là, trave. Non si sa mai!... La balda sicurezza che spirava dalle parole di Alvise aveva dissipato la paura della fanciulla. Poteva infatti non sentirsi tranquilla con un paladino di quel genere?! - Ora andiamo a stendere i tuoi vestiti. - Girarono attorno al gruppetto delle acacie dietro alle quali c'era una radura erbosa, e stesero i panni bagnati agli ardenti raggi del sole di agosto. - Ecco fatto! - disse Lori, soddisfatta. - E ora che si fa? - Giochiamo alla bottega. - Era il divertimento preferito dai due fanciulli: consisteva neI disporre sopra una specie di banco di vendita tanti mucchietti di polveri colorate che Lori prendeva dallo studio del babbo, notissimo pittore; poi fingeva di essere una massaia e veniva a faiie gli acquisti. Quando erano stanchi di «fare alla bottega», si divertivano a mischiare le polveri, rosso, azzurro, giallo, bianco, per vedere quali altre tinte saltavano fuori. Inutile dire che, dopo un'oretta di quei passatempi, mani, vestiti, visi, e perfino i capelli avevano assunto tutte le sfumature dell'iride, con grande disperazione di nonna Bettina e di madonna Lucrezia, madre di Lori. Alvise avrebbe accolto la proposta della fanciulla, con grande entusiasmo, ma si ricordò in tempo che aveva indossato il vestito delle feste, in sostituzione di quello zuppo d'acqua, e che se lo avesse insudiciato la nonna avrebbe avuto doppio motivo di castigarlo. Suggerì dunque un altro giuoco, subito accettato da Lori. E per un bel pezzo, nella quiete dell'orto, sotto l'ombra dei rami fronzuti delle acacie, fu tutto un correre e cicalare dei due fanciulli, all'unisono con il cinguettio degli uccellini che svolazzavano sugli alberi.

Abbiate fiducia in Lui. - Se non nutrissi la certezza del suo aiuto, come potrei vivere ancora? - Madonna Lucrezia, Dio vi ha dato per consolazione la vostra Lori! - Avete ragione, nonna Bettina; mia figlia è un angiolo! - Mentre le due donne chiacchieravano, Loredana era uscita nel minuscolo orticello attiguo alla casa, tenendo sempre infilato nel braccio il paniere che conteneva l'acquarello eseguito all'alba. Voleva attendere lì Alvise, per andare poi con lui, come tutte le mattine, a fare la spesa: ella sostituiva in ciò la madre cieca, e lui, la nonna troppo avanti negli anni. In mezzo all'orto i larghi rami del tiglio, fioriti e olezzanti, si stendevano sul murmure soave del rio che scorreva tra i muriccioli di cotto rossigno. Oltre il secondo muricciolo si stendeva l'altro orto, fremente di sottili acacie col tronco avvinto di vite vergine, come la facciata della casa che s'intravedeva laggiù in fondo, tra l'intrico dei rami. Quanti ricordi le tornavano alla mente rivedendo il luogo dove la sua bella infanzia era trascorsa! Non avrebbe mai potuto dimenticare quel lembo sereno di terra. C'era ancora, lì a sinistra, appoggiata al muricciolo, la trave tutta verde di museo che Alvise gettava come un ponte sul rio per poter passare nel suo orticello dove lei lo attendeva trepidante nel timore di vederlo cadere nell'acqua quieta ma profonda! Ricordava quel lontano giorno d'estate in cui era finalmente accaduto il fattaccio!... Anche adesso risentiva il brivido provato allora al tonfo del corpo che cadeva nell'acqua, e le pareva di rivedere l'orco barbuto che era passato con la chiatta carica di doghe e aveva minacciato (che fosca luce in quegli occhi che si erano voltati a guardarla!), di gettarla in mezzo alla laguna. Tutto, per fortuna, era finito bene, ma Loredana non aveva mai potuto vincere la paura che le faceva quel passaggio da un orto all'altro. E anche ora, che erano trascorsi quattro anni e la casa e l'orto non le appartenevano più, vi ripensava con un tremito per tutta la persona. Chiari mattini di primavera, quando i rami cominciavano a rinverdire e le rondini volavano gioconde, chiamandosi l'un l'altra; lunghi pomeriggi estivi, quando ogni cosa intorno taceva come annientata dalla calura, e gli alberi e le zolle emanavano un profumo che stordiva; malinconiche sere autunnali, punteggiate dai richiami dell'assiolo nascosto chissà dove e dal fruscio delle foglie ingiallite che il vento e l'acqua trascinavano via, come sembravano lontani al ricordo nostalgico di Loredana! Oltre i tronchi delle acacie rivedeva la serena figura del padre, che con lo sguardo rivolto in alto mirava il cielo sconfinato sul quale erravano nuvolette vagabonde. E laggiù, intorno all'aiuola fiorita, non era forse la mamma che si aggirava leggera, cogliendo le rose olezzanti, come era solita fare, per portarle a Gesù? Ahimè, no! Era soltanto un raggio di sole che scherzava tra i rami agitati dalla brezza marina che giungeva dal largo e s'insinuava fra le strette calli con un lieve brusio! - Ebbene, Lori, stai forse contando le foglie degli alberi? - La fanciulla era tanto assorta nel ricordo di quei giorni lontani che non aveva udito l'avvicinarsi dell'amico, e sussultò al suo richiamo. Volse verso di lui il chiaro viso incorniciato dagli aurei capelli, e gli sorrise, festosa. - –.... stai forse contando le foglie.... Alvise aveva ora diciassette anni, ma era alto e robusto come un giovane di venti. Ben fatto, bruno di carnagione e di capelli, con le pupille nere e lucenti, possedeva una innata finezza di modi che lo rendeva simpatico a tutti. Aveva ereditato dal padre, Zuambattista Benedetti, capitano della Santa Cattarina, la passione per la vita di mare, passione che preoccupava la vecchia Bettina, la tenera nonna che gli aveva fatto da madre e lo adorava. Anche Lucrezia Sagredo aveva amato maternamente il piccolo orfano, e Loredana era stata per lui una sorellina affettuosa e piena di premurose attenzioni. La vicinanza delle loro casette aveva favorito quell'atmosfera di familiarità che per l'orfano Alvise era stata di grande aiuto e conforto. A sua volta egli aveva dato molta parte di se stesso alle due Sagredo allorchè la disgrazia le aveva colpite. Avrebbe desiderato perfino di ospitarle nella sua casetta; ma Lucrezia non aveva voluto recare tanto disturbo ai suoi buoni vicini, ben sapendo quanto fosse piccolo il loro nido e quanto modesto il loro tenore di vita. - Oh, Alvise, mi hai fatto paura! - Il giovane capi che Loredana era immersa in malinconiche reminiscenze e volle distoglierla subito con alcune frasi scherzose. - Tornando a casa ho veduto il tuo protetto, anzi i tuoi protetti. Tutti e due erano più eleganti del solito! - Dove erano, Alvise? - chiese Loredana, mentre - gli occhi le brillavano di gioia. - Stavano dietro campo San Barnaba, vicino al rio Malpaga. - E che facevano? - Come al solito, stavano deliziando i timpani dei passanti. Si trattava del vecchio senatore girovago e del suo inseparabile compagno, il cane lupo. La scimmietta era morta da tanto tempo, con grande rimpianto del vecchio che si era trovato privo di una vivace compagnia, nonchè di una fonte di guadagno. Loredana, nonostante le sue crescenti ristrettezze, aveva sempre trovato il modo di venire in soccorso del povero senatore; e questi, che con gli altri era ispido e scontroso al pari del suo cane, aveva per la fanciulla delicatezze veramente commoventi. Quante volte, di ritorno dai suoi giri in terraferma, aveva portato a Loredana fasci di fiori còlti lungo le prode dei fossi o sulle rive del Po, Il fiume superbo che bagna tanta parte di terra Italica! E la fanciulla gradiva molto quel dono, anche se, dopo tante ore di cammino sotto il sole e nella polvere, i fiori del buon vecchio avevano perduto la loro freschezza. - Bravo Alvise! Tu parli del Màuria, - (il sonatore girovago veniva chiamato così dal nome del suo paese di origine, «il Passo della Màuria», l'ampio valico erboso che si estende tra il bacino del Tagliamento e quello del Piave ed è vigilato dalle cime austere delle Marmarole e dell'Antelao), - e non mi dici perchè non venisti da noi, ieri sera. - Un'ombra scese sul viso di Alvise. - Ho bisogno del tuo aiuto, Lori, - disse rapidamente, conducendo la fanciulla nell'angolo più remoto dell'orto. La fece sedere sul muricciolo del rio e le si pose accanto.

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