(1) È utile rilevare fin da ora che nel caso delle onde elettromagnetiche questo vettore è strettamente legato all'impulso p dei fotoni (v. § 3
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legato all'impulso p dei fotoni (v. § 3): questo ha infatti la stessa direzione di k e la grandezza : si ha quindi (77') [formula 77'eliminata
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3° Metodo. - Sappiamo che particelle materiali di grande energia, come le particelle , possono rendersi isolatamente visibili, sia mediante la
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, le difficoltà del fenomeno fotoelettrico scompaiono e si arriva immediatamente alla formula (3). Infatti il paradosso relativo all'emissione
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l= 0 1 2 3 4 5 ...
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k= 1 2 3 4 5 6...
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(termini con l più elevato raramente intervengono). Così p. es. il termine per cui n = 3 e l = 0 si indica con 3s anzichè con , e si parla di termini
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. L. H. THOMAS, Phil. Mag. 3, (1927) p. 1; J. FRENKEL, ZS. f. Phys. 37, (1926) p. 243. . Con un calcolo, che non riportiamo, basato sulle ordinarie
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(1) V. L. H. THOMAS, Phil. Mag. 3, (1927) p. 1; J. FRENKEL, ZS. f. Phys. 37, (1926) p. 243.
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Se poi si rappresentano con tre vettori (v. fig. 3) l'impulso del fotone incidente (vettore AO, di lunghezza ), quello del fotone diffuso (vettore OB
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dS = dx e l'integrale è semplice). Si noti che l'integrale (3) non è sempre convergente: siamo perciò condotti a considerare d'ora innanzi solo
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Alla definizione (3) del modulo di un vettore f o norma di una funzione f si può ora anche dare la forma seguente: essa è la radice quadrata di f x f.
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equazione differenziale del tipo già considerato al § 3, p. II:
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che, per la formula di Parseval (v. p. 106), è equivalente alla (3). Similmente, si dimostra facilmente che il prodotto scalare si può calcolare
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che richiede, essendo f arbitraria, A' = B. Si trova dunque la condizione che abbiamo già espresso dicendo che l'equazione era autoaggiunta (v. § 3
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, cioè tra gli angoli θ e θ' (fig. 3). Se invece di scrivere la relazione (6) tra le sole grandezze dei tre vettori in questione, utilizziamo in pieno
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=1, k =2, k=3), ed ammette soluzioni non nulle solo se
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(3) A rigore, si dovrebbe precisare il dispositivo di misura : p. es. la camera oscura descritta al § 23 p. II (1° met.) definisce una osservabile
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osservabile, è implicito anche l'istante nel quale si esegue la misura: p. es., l'ascissa di una particella al tempo è un'osservabile (3) A rigore, si
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3 in su. Come si vede subito, col crescere di n, i valori di v˜ dati da questa formula tendono verso il limite R/4, e difatti le righe della serie di
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facendo n'=2, ed n = 3, 4, 5... si riottiene la (10) che rappresenta la serie di Balmer: e facendo n' = 3 ed n = 4, 5, 6... si ottengono le frequenze
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dove R è la costante precedente, ed n', n sono due numeri interi. Facendo n'=1, ed n= 2, 3, 4... si hanno le frequenze della serie di Lyman:
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distinguono le varie , e con lettere latine gli indici (= 1, 2, 3) che distinguono le tre coordinate spaziali (che sono indicate indifferentemente con . La
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(1) Ricordiamo che, in tutto questo capitolo, si indicano con lettere greche gli indici che assumono i valori 1, 2, 3, 4, e con lettere latine quelli
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Moltiplichiamo l'equazione diDirac(271) per (a sinistra), e poniamo (k =1, 2, 3):
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tutto questo capitolo, si indicano con lettere greche gli indici che assumono i valori 1, 2, 3, 4, e con lettere latine quelli che assumono solo i
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limitiamo a riportare, come esempio, un confronto grafico relativo alla riga 4686 di He+, corrisponidente al passaggio da n = 4 a n = 3 (fig. 47): la curva
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rapporto al numero dei positroni incidenti ha permesso a JOLIOT di concludere che per ogni positrone incidente vengono emessi da 1,6 a 3 fotoni, con
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nell'atomo di litio (numero atomico Z = 3, quindi 3 elettroni), due si trovano nella prima orbita ma il terzo deve trovarsi nell'orbita immediatamente
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Sostituendo nei sistemi (394) le (399) e le (400) si trova che, per i = l, 2, 3, le prime due equazioni sono identicamente soddisfatte e le altre due
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(Si noti che, nel caso , si ha a 0 e quindi mancano gli stati corrispondenti ad i = 1, 2, 3).
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meccanica ondulatoria, fu suggerita primitivamente da L.De Broglie Tesi presentata all' Università di Parigi, 1924; Ann. de Phys. 10, 3, 22, (1925
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Tesi presentata all' Università di Parigi, 1924; Ann. de Phys. 10, 3, 22, (1925).
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) col metodo di DEBYE e SCHERRER, spingendo la precisione nella misura di λ fino al 3 per 1000 (la correzione relativistica ammonta a circa 1% per
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(3)
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muove descrivendo una traiettoria. Il movimento è determinato dalle equazioni di Hamilton (3) che determinano le derivate rispetto al tempo delle
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cioè: il calore atomico di tutti gli elementi solidi è costante e eguale a 3 R (cioè circa 6 calorie-gradi). Questa non è altro che l'espressione
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legati tra di loro da forze elastiche; il numero dei gradi è in questo caso 3 N, e quindi la (21) ci dà:
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