Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Per essere felici

179728
Maria Rina Pierazzi 13 occorrenze
  • 1922
  • Linicio Cappelli - Editore
  • Rocca San Casciano - Torino
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Non so se abbia o no ragione colui che sentenziò: — La conferenza è quella cosa in cui uno parla e gli altri dormono — Ma ragione o no, siccome, tranne casi eccezionali, nessuno è obbligato ad assistere alle conferenze, così quando ci si va è desiderabile di contare sul silenzio e sull'attenzione del pubblico. Non è proibito, talora, di annoiarsi — ma i più elementari canoni della educazione proibiscono di dimostrare la propria noia e la propria stanchezza. Parlare quando il confereziere parla è scorretto e scortese; sottolineare con esclamazioni o brontolii le frasi che vanno a genio o quelle che non vanno affatto è peggio che mai. C'è sempre tempo a comunicarci l'un l'altro le nostre impressioni e a fare raffronti e confronti. Una conferenza, checchè se ne dica, è sempre frutto di studio e di lavoro — e il lavoro e lo studio meritano rispetto, specialmente da parte di coloro i quali passano l'esistenza divertendosi, non facendo nulla di serio nè di faticoso e trasvolando "di gioia in gioia„ come la Signora delle camelie.... Se poi la lettura o la dizione ha luogo in qualche salone particolare dove siete stati invitati, è consigliabile alle intervenute di non ripetere l'aneddoto narrato da una spiritosa francese, Madame de Boigne, nelle sue memorie, a proposito di Châteaubriand. Non voglio togliere la freschezza del racconto traducendolo e lo trascrivo così com'è. Ella scrive: "le me rappelle une lecture des Abèncerages faite chez Madame de Ségur. Il "lisait de la voix la plus touchante et la plus émue, avec cette foi qu' il a "pour tout ce qui èmane de lui. Il entrait dans le sentiment de ses personna "ges, au point que les larmes tombaient sur le papier. Nous avons partagé cette "vive impression et j'étais vèritablement sous le charme. La lecture finie on "apporta du thè. "— Monsieur de Châteaubriand, voulez vous du thè? "— Je vous en demanderai. "Aussitôt un echo se répandit dans le salon. "— Ma chére, il va prendre du thè! "— Donnez lui du thé! "— Il demande du thè! "Et des dames se mirent en mouvement pour servir l'idole.„ "C'était la première fois que j'assistais à un pareil spectacle et il me "sembla si ridicule que je me promis de n'y jamais jouer un rôle...

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Bisogna lasciarle il tempo di riflettere, di sondare il proprio cuore e sopratutto bisogna darle modo di frequentare il giovane propostole affinchè abbia modo di conoscerlo, famigliarizzandosi un poco con lui, e rendersi conto di quanto sta per fare. Una volta, nei rigidi tempi che ho citati, le madri dicevano: — Lo sposo deve piacere a me. Ora, invece, lo sposo deve piacere anzitutto alla sposa, destinata a trascorrergli accanto tutta la vita, sebbene debba anche simpatizzare coi genitori della fidanzata i quali hanno pur sempre il diritto di essere ascoltati con deferente rispetto, grazie alla pratica del mondo che hanno, e all'amore che portano alla loro creatura. Finchè il fidanzamento non è annunciato in modo ufficiale, è bene che nè l'uno nè l'altro dei due... postulanti, assuma in società un contegno troppo confidenziale, nè che il giovane frequenti con eccessiva assiduità palese la famiglia della signorina. Se per una ragione o per l'altra il matrimonio andasse a monte, è evidente l'imbarazzo di queste due persone ritrovandosi casualmente in società, dopo aver vissuto insieme ore intime nella fiducia di unirsi per sempre. E se in società sì trovassero appunto o l'uno o l'altro fidanzati diversamente l'incontro finirebbe con l'essere davvero tutt'altro che divertente. Se, invece, il matrimonio si avvia bene e i due giovani mostrano di piacersi e d'intendersi, allora è opportuno sollecitare il fidanzamento ufficiale e stabilire nettamente la posizione. Certamente che per le unioni combinate il periodo di conoscenza deve avere un certo margine onde non correre il rischio, per qualsiasi motivo, di disfare improvvisamente ciò che è stato fatto. E con questo intendo parlare delle informazioni che si debbono prendere sì da una che dall'altra parte, soprattutto per ciò che riguarda la salute dei giovani. Si può vivere con più o meno denaro; sì può avere un carattere migliore o peggiore dell'altro, ma sulla salute non si transige. E l'avvenire di una famiglia, è la vita di creaturine destinate a soffrire e a lottare le quali non chiedono di venire al mondo, ma allorchè sono nel mondo hanno il diritto di possedere la forza fisica, unica base di lavoro e di prosperità.

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E benché la prima coppia fraterna apparsa sulla faccia del mondo non abbia dato prove di andar eccessivamente d'accordo, tuttavia bisogna inculcare nei bimbi il sentimento che è il più profondo nella vita e che si chiama; "Fraternità„. Le bimbe, soprattutto, devono dimostrarsi buone, pazienti, sollecite coi fratellini; e aiutarli se sono più piccoli di loro, e trattarli con gentilezza se maggiori. In questi tempi in cui prevale l'abitudine di lasciar andar soli i ragazzi a scuola, è bene che i maschietti accompagnino le sorelle e non le trattengano a bighellonare per la strada, studiando con maggior entusiasmo di quanto non studino la grammatica e la storia, i cartelloni dei cinematografi appiccicati alle mura cittadine, o seguano con eccessivo interesse la corsa di una bicicletta o il pugìllato di due monelli. Il fratello sarà non il peso ma l'aiuto della sorella, la quale più fragile di lui potrà avere nella vita la necessità di un sostegno, allorquando la sventura batterà alla loro porta; e questo sentimento deve essere inculcato nel bimbo fin dai più teneri anni, affinché cresca con lui, diventi sangue del suo sangue principio della sua fede, perché se la prova dovesse venire egli non consideri il suo aiuto come generosità, ma coma dovere. E sopratutto occorre difendere le piccole anime dalla tabe della gelosia. Troppe volte nelle famiglie si dimostra più tenerezza per l'uno che per l'altro dei figliuoli, forse senz'alcuna ragione. E questo è un male terribile perchè le piccole anime hanno talora delle sensibilità che nessuno sospetta e, o soffrono silenziosamente, nascostamente, compromettendo anche la loro salute — o s'inaspriscono, diventano scontrosi e dispettosi e invidiosi, alienandosi, senza lor colpa, sempre di più l'animo altrui. La gioia di uno sia la gioia di tutti; il dolore di uno sia il dolore di tutti. Purtroppo la fraternità, al giorno d'oggi in cui tutti si chiamano fratelli per amor di rettorica, è ridotta così male!

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Ora, il "flirt„ è la risorsa di creature vuote, inutili e non buone le quali non hanno nè intelletto nè animo capace di affrontare le divine gioie dell'amore, pronti a guadagnarsele con rinunzie e prove e fedeltà; quel chiacchiericcio fatuo, sibilante, procace; quella profanazione del sentimento più nobile che Iddio abbia inculcato nel cuore dell'uomo, sono indici sicuri di poca serietà e di discutibile buon senso. Quando si tratta dell'avvenire e della vita non è più lecito scherzare.

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Nozze d'argento: venticinque anni di vita comune; ma l'uomo e la donna che si amarono e si amano sono ancora nel pieno vigore delle loro forze, e se nei loro capelli v'è un lieve biancheggiar di fili argentei, nelle persone v'è pur sempre un persistente vigore di vitalità, a meno di qualche malattia traditrice che ne abbia stremato le forze. Le nozze d'argento sono una bella e luminosa festa di famiglia in cui si radunano le nuove generazioni e tutti i parenti e gli amici più intimi eliminando, naturalmente, le semplici conoscenze. È la festa del ricordo e della gioia più profonda; perciò non deve essere estesa agli estranei, a coloro che non sono legati ai fortunatissimi coniugi da alcun legame di parentela o di vecchia amicizia. È anche un esempio di amor coniugale per i figliuoli che sorgono, seguendo le orme dei genitori — e talvolta tale festosa solennità è allietata dalla cara presenza di testoline bionde e brune, di grandi occhi azzurri o scuri quali non sanno ancora guardare nella vita. Non v'è nulla di più alto, di più puro, di questo legame d'amore che ha saputo resistere a tutte le prove e le difficoltà spesso dolorose della quotidiana esistenza; il padre e la madre hanno ancora nel profondo dell'anima quella freschezza spirituale che fece sbocciare il primo sentimento d'amore nel tempo lontano della loro giovinezza. Forse la celebrazione delle nozze d'argento è più profondamente alta e poetica di quella delle prime nozze. Attorno a queste due creature felici splende una luce augusta. La "sposa„ è ancor bella; a volte non sembra che la sorella maggiore delle sue figliuole. Si orni dunque, pel dolcissimo rito, con la stessa cura e la stessa gioia con cui si ornò pel rito giovanile. Al posto della tradizionale corona di fiori d'arancio ha una corona di giovinezze e di adolescênze, creature del suo sangue, fiori del suo ramo ancor verde. Ella dunque si vestirà con eleganza e con fasto, cedendo al legittimo e puro desiderio di apparire avvenente agli occhi dei suoi cari che la festeggiano, e sopratutto agli occhi dell'uomo che la scelse a sua compagna e che visse di lei e per lei, rispettandola ed amandola. La "sposa„ deve ringiovanirsi, indossare un abito chiaro, portare un piccolo cappello fiorito, per assistere alla cerimonia rinnovellatrice; e non stonerebbe neppure un abito di stòffa bianca, con ricami in argento — poichè il bianco è il colore della fede, della purezza, della vita, della gioia, della fedeltà. Colore senza colore, su cui anche i capelli bianchi acquistano un'augusta bellezza. Ella porterà inoltre, se così le piace, i suoi diamanti e le sue perle — evitando le pietre di colore — per dare all'insieme una maggiore significazione di festa nuziale. Le figliole — se ne ha — indosseranno abiti azzurri o rosei; i figli saranno in "smoking„ o alta uniforme; per la cerimonia religiosa, invece, indosseranno l'abito eguale al padre, o la mezza tenuta militare. Anche a queste nozze è suggeribile il corteo; il quale sarà tanto piú commovente se avrà in testa i nipotini degli sposi; questi prenderanno posto sugli apposili inginocchiatoi dinanzi all'altare, e i loro figliuoli li attornieranno. A una simile cerimonia fu commoventissimo udire cantare un canto di nozze accompagnato dall'organo, da due voci giovanili. Erano le figliuole degli sposi che chiedevano a Dio, con la dolce musica sacra, la benedizione per le creature venerate che dopo venticinque anni di vita comune si ripetevano la promessa di proseguire la strada terrena tenendosi per mano e illuminando di pura luce soave i figlioli e i nipoti, perchè il loro passaggio nel mondo lasciasse una larga eredità di affetti.

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Il divorzio è una separazione più terribile della morte istessa; e auguriamoci che questo brutto sistema di dissolvere le famiglie non abbia la forza di superare i confini della nostra patria. Sarebbe troppo facile la vita se non avesse le sue difficoltà da vincere, i suoi silenziosi e grandi sacrifici da compiere; un poco di indulgenza, un poco di pazienza, un poco d'amore coraggioso possono evitare tante tristi vicende familiari, soprattutto quando in tali famiglie vi sono dei bimbi i quali hanno troppo bisogno di protezione e di cure. Se nel pronunciare il "sì„ che li lega per sempre gli sposi pensassero più che alla gioia dell'ora alla sicurezza di domani, e giudicassero la vita non come un prato punteggiato di fiori, sorriso da un perpetuo sole — ma come una lunga ardua via, in cui bisogna camminare ben d'accordo, ben vicini, per non smarrirsi e giungere alla mèta — quanti, quanti pentimenti di meno, quanta gioia di più!

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— gli rispose qualcheduno stupefatto di simile rivelazione — È impossibile che un santo abbia potuto barare al gioco! — Oh! — replicò pacificamente il vescovo — Non bisogna meravigliarsene. Quel sant'uomo aveva bisogno di denaro per le sue elemosine, e quelli rubati li dava ai poveri!...

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Ed è compito dei padroni di casa vegliare a che la festa si svolga nella più piacevole armonia, in modo che ciascun convitato abbia a riportarne il più grato ricordo. Negli otto giorni che seguono la festa devono farsi le visite di ringraziamento, oppure ringraziare con una lettera se un'improvvisa indisposizione vietasse di compiere personalmente tale dovere.

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Non importa che la "balda„ gioventù maschile abbia preso la brutta abitudine d'incollarsi sui sedili tranviari lasciando le signore e le donne in piedi: la villania non deve essere epidemica ed è bene dare, talora, qualche salutare lezioncina a quei messeri che credono di comprare con un biglietto da quaranta centesimi il diritto di essere maleducati verso le donne e verso i vecchi. Mi accade certa volta di assistere a simile scenetta. Il tranvai pieno: pieno di "balda gioventù, e di poche signore. Entra una donna anziana, vestita modestamente, e non vedendo posto libero, resta in piedi. I giovani baldi... fermi. Allora si alza una signora e le cede il posto. La signora è giovane... carina... perciò uno degli eroi si alza a sua volta per lasciarla sedere.,. Ma ella risponde: — No, grazie... Non posso permettere che un uomo si scomodi... "La femme vraiment distinguée est celle que l'on voit sans la remarquer et que l'on admire sans la dévisager...„ così scrisse Rivarol, l'arguto osservatore francese. L'essere in una strada equivale per una gentildonna all'essere in un salotto; il suo contegno non deve mai mutare perchè l'educazione riguarda noi stessi, non gli altri; e la correttezza dei modi dev'essere costume, non opportunità. Con tutto questo la giovanetta, per affettare maggior serietà, non deve atteggiare il viso a un terribile cipiglio quasi temesse che ogni passante dovesse assalirla o derubarla o mancarle di rispetto. Quel contegno lì, invece d'inculcare soggezione, fa ridere perchè è un contegno d'occasione, non spontaneo, non sincero e quindi ridicolo. E se avviene talvolta che qualcheduno la fermi per chiederle un'indicazione qualsiasi, ella risponderà con gentilezza, brevemente e chiaramente, non rivolgendo, a sua volta, alcuna domanda, per non dimostrare una importuna curiosità. Fare dei gesti, indicare a lungo con la mano, ridere forte, salutare con tenerezza la persona che ha chiesto l'indicazione di una strada, sono prove di un'educazione incompleta e incompatibile con le moderne esigenze sociali. Allorchè la signorina è avvicinata da un povero non rifiuti mai la sua piccola offerta. Ma il gesto dell'obolo sia quasi furtivo per non dar nell'occhio ai passanti, pur mostrando al mendico il più benigno viso. E se per sue ragioni non intende largire l'obolo richiesto eviti di rispondere con mal garbo al gesto che la implora. La miseria è più sovente una sventura che una colpa e coloro a cui la vita si è mostrata così dura hanno diritto al rispetto e alla cortesia del gesto per non restare umiliati. La mattina è la prescelta della giornata per le passeggiate di salute, per le compere, per recarsi in chiesa. Sembra quasi che l'attività muliebre eccitata dal lungo riposo notturno, si desti piena di buoni propositi e di buona volontà per adempire coscienziosamente i propri doveri quotidiani. Purtroppo gli inviti a messe funebri, a commemorazioni sacre — in questo dopo guerra — non giungono infrequenti in nessuna famiglia. Occorre quindi recarsi in chiesa severamente vestite, senza ornamenti, e mantenere un contegno corretto, quasi austero, perchè in caso diverso si penserebbe che vi siete recate alla triste funzione non per partecipare a un lutto e a un dolore ma per fare un atto di presenza tanto da essere vedute. E questo atteggiamento, nonostante qualche riverenza, sarebbe l'espressione più antipatica della scortesia. La chiesa non è una sala nè un teatro; non ci si deve andare per vedere e per farsi vedere, nè per esaminare i cappellini e i vestiti delle intervenute, esponendosi, fra amiche, le proprie impressioni. Quando un dovere sociale costringe ad entrare nel luogo sacro, anche l'individuo più ateo è obbligato per educazione a tenervi un contegno rispettoso e non foggiarsi un ceffo canzonatorio che dimostri il suo disprezzo pel rito in cui non crede. Inutile dire che se una giovinetta si permettesse di far dello "spirito„ e tenere in chiesa un portamento da sala da ballo, sarebbe qualche cosellina di più che maleducata, e farebbe dubitare seriamente della rettezza della sua mente, della bontà del suo cuore...

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Mi pare che abbia sbagliato. Non le sembra più facile muoversi così e così? Se vi sono uomini che giocano con loro le giovinette non oltrepasseranno mai i limiti della più gentile cordialità vietandosi epiteti confidenziali, risposte vivaci, gesti non rigorosamente composti, anche se giuocano con parenti od amici. Bisogna ricordarsi ch'esse sono delle piccole dame a cui i cavalieri devono la più incondizionata deferenza ed è necessario che ogni signorina si metta bene in mente di non ammettere nè tollerare che un uomo giovane o adulto che sia possa mancare all'obbligo sacrosanto di serbare a suo riguardo l'irreprensibile correttezza dei modi e delle parole. E qualora a lei sembrasse che qualcheduno non le prodighi la deferenza voluta, è inutile fare il viso brusco o pronunciare qualche acerba parola; interrompa con bel garbo la conversazione allontanandosi con un pretesto qualunque. Sarà sufficiente per fare edotto il malaccorto della sconvenienza commessa. Sono questi i principi più elementari di quell'educazione indispensabile a una signorina nei suoi rapporti sociali; e vedremo come deve comportarsi ancora nelle altre occasioni della vita quotidiana ove si è sempre a contatto con estranei e ove, tante volte, l'educazione è l'arma più sicura che ci difende contro amarezze, prove e delusioni.

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L'uso delle visite pare che abbia avuto origine sotto il felice regno di Luigi XIV. Ma nella Corte di Re Sole non v'era tutta quella comodità di ricevimento che forse immaginano le nostre fantasie allorquando rievocano i fasti della Corte gloriosa. Se l'essere ammessi a un ricevimento del gran Re costituiva il più alto onore a cui poteva aspirare un nobile suddito, non si creda che, alla stretta dei conti, la cosa fosse eccessivamente piacevole. Nelle splendide sale ove conveniva il fior flore dell'Isola di Francia non v'erano nè canapè nè panchetti nè seggiole. Soltanto il Re si sedeva e le dame e le damigelle d'onore dovevano restare in piedi per ore ed ore, con qual gusto è facile immaginarsi! Col tempo le principesse di sangue reale ebbero diritto alla poltrona e le duchesse agli alti sgabelli, posti a conveniente distanza dal Re. Luigi XIV voleva che tutto attorno a lui fosse splendido e lieto, amando le riunioni cerimoniose ove gli ospiti scambiavano parola facendo del sereno pettegolezzo, poichè l'istruzione del tempo non permetteva nè a dame nè a cavalieri una conversazione artistica o letteraria, se si fa astrazione di poche personalità profondamente dotte alle quali si tributavano onori, tenendole però a distanza per non sfigurare. L'amore di questi ricevimenti periodici germinò anche fra le dame aristocratiche del regno, le quali, a poco per volta, presero l'abitudine di visitarsi l'una con l'altra in giorni stabiliti e per turno. Soltanto nei saloni dorati v'era penuria di canapè e di poltrone; onde coloro che giungevano in ritardo erano costretti a contentarsi di qualche sgabello e in mancanza di questi dovevano starsene in piedi. Il rinfresco obbligatorio era servito nel salone da pranzo; e i dolci, i pasticcini e i gelati ognuno se li prendeva per conto suo, senza preoccupazioni di piattini, di cucchiai e di salviette. Le dita, per grazia di Dio, devono pur servire a qualchecosa! Erano ricoperti di damaschi e di trine preziose e di gioielli, i nostri avi gloriosi; ma in quanto a comodità e a raffinatezze di educazione scialavano poco..... Con l'andare degli anni le nostre abitudini si sono totalmente cangiate. Se i ricevimenti hanno perduto gran parte del loro cerimonioso splendore, è però penetrato nei salotti moderni un soffio di più chiara cordialità e a nessuna padrona di casa salterebbe in capo di lasciar in piedi un ospite con lo specioso pretesto che nella sala non ci sono più seggiole. La consuetudine delle visite ha, in questi ultimi anni, perduto un poco di quella austerità grave che vi imprimevano le nostre nonne; forse le nuove occupazioni, il nuovo turbine febbrile che travolge la vita odierna, lasciano meno tempo e meno voglia di perdere parecchie ore della settimana in chiacchiere spesso inutili. Comunque sia la giovinetta che si reca con la mamma a visitare qualche signora deve presentarsi nella sala in ordine perfetto. Coi mezzi di locomozione che vi sono ora è inammissibile entrare nei salotti con le scarpe infangate o con gli abiti polverosi. L'ombrello si deve lasciare, anche se asciutto, in anticamera o consegnarlo al servitore o alla cameriera che verrà ad aprire la porta; si può, invece, tenere l'ombrellino da sole, ma tenerlo da una parte, accanto alla seggiola o alla poltrona e non mai bilanciato sulle ginocchia col rischio di urtare qualcheduno e molto meno di adoperarlo, parlando, a uso penna stilografica descrivendo sul pavimento una serie di complicati geroglifici. Il che accade qualchevolta anche fra persone compite, con qual vantaggio dell'educazione è inutile dire... L'abbigliamento adatto per le visite — checch'è suggerisca la moda — deve essere per una signorina della più elegante semplicità, affinchè non abbia l'aria di entrare in un salotto per farsi ammirare e sfoggiare l'ultimo figurino. E del resto non c'è nulla di più stridente che vedere in tranvai signore cariche di pelliccie e di gioielli mentre potrebbero mostrarsi egualmente eleganti e lasciare lo sfarzo per l'automobile o la carrozza. "'Volere e non potere„ no. Bisogna che una donna intelligente e di buon senso abbia il coraggio di mantenersi pur nella forma esteriore, nella condizione in cui le circostanze e la fortuna l'hanno collocata. Sarebbe sciocco ritirarsi dal consorzio sociale perchè le nostre finanze non ci consentono delle pelliccie da ventimila lire e dei vezzi di perle da cinquantamila. Anche nella posizione più modesta una donna intelligente e giudiziosa trova sempre modo di far bella figura senza dover ricorrere al mezzuccio di gettar la polvere negli occhi del prossimo per apparire più ricca e brillante di quello che non sia. Eviti quindi, allorquando si reca in visita, di pararsi e adornarsi esageratamente. Sopratutto una signorina si contenti della semplicità del proprio abito, e non si lasci coglier dalla mania d'incipriarsi eccessivamente, e di guernirsi la giacchettina con dei fiori di setà manipolati onestamente in casa, e non si carichi i polsi di braccialetti... Tutto ciò, in lingua povera, si chiama: "cattivo gusto„. Visitare una persona di conoscenza, nel giorno stabilito, non vuol dire andare ad un'esposizione di moda. Gli abiti eccessivamente fastosi, le foggie capricciose, i gioielli di valore bisogna lasciarli per i ricevimenti in grande, svolti in ampie sale, e in date circostanze. Anche la signorina ricchissima se per recarsi a una semplice visita sciorina agli occhi altrui i segni della propria opulenza, dà prova d'una inaccettabile ambizione e d'un'assoluta mancanza di signorilità, e anche d'una somma indelicatezza verso l'ospite e i convitati. Il suo più bell'ornamento è la giovinezza; e non c'è nulla che invecchi tanto una signorina quanto il voler scimmiottare le maritate ed esagerare nell'eleganza e negli ornamenti. La visita è un atto di cortesia che si fa e che si riceve; evitiamo che la cortesia prenda troppo facilmente l'apparenza dell'importunità.

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Tale uso, in gran favore specialmente fra i Russi, non piaceva a Montaigne il quale anzi, lo deprecava con simili parole: "È un'abitudine spiacevole e irrispettosa per le donne, costrette a porgere "le labbra a chiunque abbia tre valletti alle calcagna, essendo tuttavia rozzo e "poco pulito„. Forma più gentile d'omaggio è il baciamano — ma le signorine ne sono escluse a meno che non appartengano a Casa reale o sieri grandissime artiste. In qualche casa aristocratica si conserva l'abitudine di fare annunciare i visitatori da un servo; e allora la padrona non ha più l'obbligo della presentazione della sopraggiunta cui presenterà, invece, le signore che già si trovano nella sala. Ma anche simile consuetudine ha il suo inconveniente, molto meno lieve di quel che sembra, perchè talvolta i domestici storpiano siffattamente i nomi da non riconoscerli più; e ciò quando non suscita il riso, suscita sempre il malcontento di chi si sente ribattezzato in così malo modo. Meglio, quindi, che il compito della presentazione dei suoi visitatori se l'assuma la padrona di casa, qualunque sia il grado ch'ella occupa in società; è un atto di cortesia più intimo che dispone in certo qual modo alla conversazione semplice ed amichevole di persone liete di conoscersi e di trascorrere piacevolmente un poco di tempo insieme. Qualora la società fosse numerosa è permesso chiedere il favore di essere presentato a una data persona che interessa particolarmente. Ma anche da quest'atto di familiarità le signorine devono essere escluse — come sarebbe scorretto da parte di un uomo, se, avendo notato la leggiadrìa di una signora, mostrasse desiderio di conoscerla soltanto per quello, e le si piantasse accanto non occupandosi più degli altri. La presentazione, in società, è condizione indispensabile per evitare qualche spiacevole incidente — ma bisogna, in ogni modo, che una padrona di casa bene educata e di buon senso sappia circondarsi di persone di condotta inecceppibile onde, anche s'ella si dimentica di declinare alle une il nome delle altre, non abbia ad accadere qualche spiacevole incidente. E qui non c'entra il galateo — ma il giudizio.

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Bisogna stare anche molto attenti in conversazione di non parlare di difetti fisici — qualunque essi sieno — prima di essersi ben assicurati che nel salotto non vi sia alcuno affetto da tale infermità; e anche parlandone è bene troncar presto la questione perchè se le persone che ascoltano sono ben conformate e sane, non è da escludersi che taluna di esse abbia qualche caro infelice, pel quale le vostre parole possano offenderla. Mi è accaduto più volte udir delle simili frasi: "Pare impossibile! Basta che io mi avveda di trovarmi dinanzi o un gobbo o un cieco, o uno storpio, per parlare subito di storpi, di ciechi e di gobbi. Una vera disdetta! E non lo faccio per cattiveria, Dio me ne guardi! Ma non so come mai... bisogna che mi lasci sfuggire qualche parola...„ E questo è un bel discorsino sciocco che si ripete anche da persone corrette alle quali manca soltanto la capacità di riflettere; un discorso penoso ed inutile che si merita una risposta di questo genere: — Caro Lei; il raziocinio deve pur servire a qualche cosa. Prima di parlare, rifletta. Nessuno si è mai pentito di una parola non detta mentre è così facile pentirsi di una parola imprudente non rattenuta a tempo! Ci sono anche quei famigerati versolini, su cui tutte le generazioni scolastiche hanno esercitato le loro facoltà letterarie, ricamandovi su dei componimenti, che ci ammoniscono di saper tacere:

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