, il Re cominciò a ingrassare, a ingrassare, e in poco tempo diventò così grasso e grosso, da pesare due quintali con quel suo gran pancione che pareva
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spavento di Sua Maestà e di tutta la corte! Nella confusione, la vecchia era sparita. E la Cecina, che dal suo palazzo ordinava: — Datemi da mangiare
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la parola. — È la mia cattiva sorte! Ma non importa. — Lo condusse a casa, prese un barattolo e gli strofinò il petto con una pomata di suo padre. Il
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E gli scatenò dietro i cento mastini di suo padre. Ma sì... il Re era sparito. Con quell'olio le carni della Regina tornarono subito morbide, e si
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nuova avanti l' anno! — Resta lì, donnaccia infame! — E il Re Sole continuò il suo viaggio. Arrivato dov' era stata sepolta la Principessa, picchiò
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Re Sole continuò il suo viaggio, e quelle due sorelle se le mangiarono i vermi. Stretta è la foglia, larga è la via, Dito la vostra, che ho detto la
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intoppo. La mia figliuola ha una malìa: chi le parlerà la prima volta e le farà provare una puntura al dito mignolo, quello dovrà essere il suo sposo
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vale. — Pensa e ripensa, un giorno il Re, visto che il suo servitore era tutto sudato dal gran lavorare che aveva fatto: - Vien qua, — gli disse — vo
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vecchina: — Ah, vecchina mia! mi han rubato anello. — Non ti disperare, non è nulla. Quando il Re avrà sposato, appena la Regina sarà entrata nel suo
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Reginotta partì e arrivò in una città, dove c' era un Re che avea l' unico suo figliuolo gravemente ammalato. Tutti i medici del mondo, i più dotti, i più
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Re mio padre. Senza il suo consenso, non voglio sposarmi. - Spedirono un ambasciatore, ma l'ambasciatore tornò presto: — Quello dice che siamo matti
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porto a vendere. — Il Reuccio lo comprò e ne fece un regalo a suo suocero. Il giorno delle nozze era vicino. La gente accorreva in folla nel giardino del
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incantata, e il Reuccio rimaneva in tal modo suo prigioniero e suo schiavo. Intanto il Re e la Regina lo piangevano per morto e portavano il lutto. Ma
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' di petto, a chi il codione: serbò per sè il collo e la testa colla cresta e coi bargigli. Avea terminato appena di mangiare, che dal fondo del suo
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genero del Re! - In una città c' era un giovinotto, figlio d'un ciabattino. Un giorno, vedendo che in casa sua si moriva di fame, disse a suo padre
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del cielo. Ma quel bene lei lo faceva sempre col pensiero al figliolino perduto: — Che le importava di tanta fortuna, senza il suo figliolino? —- E
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, poichè il Re lo adottava! — Qui entrò una guardia e disse: — Maestà, c'è di là un cenciaiuolo; rivuole il suo soldo bucato. — II Re non ne sapeva nulla
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per matto, si erano dimenticati di lui e avevan dato, da parecchi anni, la corona reale a un suo parente. Il Re, infatti, si presenta al palazzo reale
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mamma cagna. Non c' era mai stato verso d' indurla a dormire nel suo letto. La Regina, sentendole ripetere ogni giorno: — Mamma cagna, mangiate; la mia
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maniera, che del suo corpo non si potesse vedere altro che il volto. Alle zampine anteriori gli metteva sempre i guanti. Gli aveva posto nome Beppe
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senza pietà; e Topolino, acquattato nel suo cantuccio, li guardava e non rispondeva nulla. Giusto in quel giorno, la sua mamma, avendo bisogno d' un
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fuori: aspetta. — Sul tardi, ecco il mago Tre-Pi, nero come il pepe, col suo barbone nero e quei suoi occhi neri che schizzavano fuoco: — Sei tornato
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in fretta quei morticini e buttatili nell' olio bollente, cominciò a rimestare col suo bastone, e intanto cantava: — Oh, il bel ranno! Oh, il bel ranno
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vergogna. Infatti nascondeva il suo difetto, tenendo basse le trecce. Ma un ministro se n'accòrse: — E le orecchie, figliuola mia% dove le perdeste le
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qualche giorno t' apparirà col suo vero aspetto. Figliuola mia, non atterrirti. E se ti domanda: Mi vuoi per marito? rispondi di sì; altrimenti sarai
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L'ALBERO CHE PARLA C'era una volta un Re che credeva d'aver raccolto nel suo palazzo tutte le cose più rare del mondo. Un giorno venne un forestiere
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cominciava a rizzarsi; tì, tìriti, tì, il seminato si rizzava come se nulla fosse stato. Il Re, sicuro del fatto suo, lo aveva mandato a chiamare: — C'è
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quando apriva la bocca, il suo dente d' oro straluccicava. Un giorno ripassò quella zingara, e il Re la fece chiamare: — Dimmi la ventura di Serpentina
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' argento e uno di ferro: Scegli, e Dio t' aiuti! — Questo qui. — Con grande rabbia di suo padre, avea preso quello di ferro. La vecchia non le disse nulla
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Reginotta non si perdette d' animo. Appena aggiornava, era al suo posto; ma la secchia non calava. E passarono altri due giorni. Una mattina, mentre
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