anni; maccheroni, salsicciotti, polli arrosto, bistecche, pasticcini, frutta, insomma ogni cosa. La gente non sapeva più dove riporli. Tutti mangiarono a
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i vostri occhi son riposti in buon luogo; son nella gobba della Reginotta di Spagna. Il Re si trascinò fino al palazzo reale, dove questa abitava, e
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qui delle pedate. — Son forse le vostre. — Ah! son le mie? — La strega afferrava una mazza di ferro e: — Di dove vieni? Vengo dal mulino. — Basta, per
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dove fiutavan le pedate. Ma per sua buona sorte era buio fitto; e l'Orco, cercato inutilmente per un po' di tempo, andava via chiamandosi dietro i
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dee sapere dove tu vada e perchè. — Maestà, sarà fatto. - Prese la lettera e partì. A metà di strada incontrò quella vecchina: — Dove vai, figliuolo
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costernati e si sussurravano nell' orecchio: — Che disgrazia! Il Re è ammattito! Il Re è ammattito! — Però, prima di arrivare in città, dove il
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bolliva. — Chi siete? dove andate? — La Reginotta cominciò a raccontarle la sua storia. — Zitta, zitta, chiacchierona! Zitta, zitta! — Era la pentola che
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, che conduceva un gran carro con su un cavallo di bronzo, che pareva proprio vivo. — O quell'uomo, dove lo portate cotesto cavallo di bronzo? — Lo
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continuò per la sua strada, finchè non gli annottò in una pianura. Guardava attorno per vedere di trovar un posto dove riposarsi: si volta, e scorge al suo
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confusione, il giovanotto potè scappare, e non si fermò finchè non giunse dove gli era apparsa la fata: — Fata, dove sei? — Ai tuoi comandi. — Le narrò la
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andò in quella pianura dove gli era apparsa la fata: — Fata, dove sei? Ai tuoi comandi. - Le narrò la disgrazia. — Ti sei lasciato canzonare! — E gli
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compiuta. Ah! povera Serpentina, dove tu sei? - E una voce lontana, lontana: — Maestà, sono nel bosco. — E che tu fai? — Sento strani rumori. - Il Re
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questi. E lo prese per mano, e lo condusse in una magnifica stanza, dove c' era un catino pieno di acqua. Il Gran Mago afferra quel catino e glielo
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principessa sia bella quanto questa? Andiamo a vederla. Ma dove andiamo?
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stendevano al sole facendo le fusa. Soltanto i vestiti e i mobili della Reginotta non erano rósi. Il Re, i Ministri, tutta la Corte non sapevano dove dare di
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radunò tutti, e si misero in via. Quelli sapevano il posto della grotta dove la vecchia
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cardellino strillava, sentendosi strappare le penne ad una ad una. — Dove son riposte le arance d' oro? — Se non mi farete più nulla, Maestà, ve lo dirò
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a riempirsele di questi. Così fino all'ultima stanza, dove, in un angolo, si vedevano ammonticchiate le arance d' oro del giardino reale. C' era lì
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finestra. — Ragazzi, fatemi vedere la corona reale. — Il babbo la tiene sotto. chiave. E dove l' ha riposta? — In questa cassa. Allora a colpi di becco
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— Maestà, — dissero, all' ultimo; — qui ci vuol Ranocchino, o la Reginotta è spacciata. - Il Re si disperava: — Dove prenderlo quel maledetto
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vergogna. Infatti nascondeva il suo difetto, tenendo basse le trecce. Ma un ministro se n'accòrse: — E le orecchie, figliuola mia% dove le perdeste le
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ebbe provato più volte e sempre con lo stesso cattivo successo, quel povero diavolo si perdette d'animo, e non sapeva più dove dare di capo. Angustiato
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so più dove dar di capo. Sapete che ho pensato? Domani mi farò prestar l' asino dal nostro vicino, gli porrò le ceste e vi porterò attorno per
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domani. — Ordinò che gli si sellasse uno dei suoi cavalli, e, accompagnato da un solo servitore, s' incamminò per quel paese, dove il ciaba abitava. Per
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questi occhi e l'ho sentito con queste orecchie. — Dove? — Non me ne rammento più. — E che cosa diceva? — Diceva: aspettare e non venire è una cosa
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sapiente di me: la Fata gobba. — O dove trovare questa Fata gobba? — Prendete del pane e del vino per otto giorni e camminate sempre diritto, badiamo
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voleva acconsentire: — Dove sarebbe andata, così sola e inesperta? Era impossibile! — Lasciatemi andare, o m' ammazzo! — A questa minaccia disperata, il
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