I colori esaminati da M. Chaptal (1) furono sette, trovati a Pompei nella bottega di un mercante di colori e indicati con numero progressivo per la
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Il secondo era un’ocria di un bel giallo che sottoposto alla calcinazione passava facilmente al rosso, per cui osserva giustamente M. Chaptal, che il
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Due celebri chimici M. Chaptal e sir Humphry Davy sulle cui analisi si imperniarono tutte le ricerche posteriori riguardanti le pitture antiche di
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M. Chaptal concluse doversi ritenere questo azzurro un composto di ossido di rame, di calce e di allumina somigliante alla cenere azzurra per i suoi
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ammoniaca, M. Chaptal riguardò questo colore come una vera lacca il cui principio colorante fosse fissato sull’allumina, ed analoga perfettamente alla
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, nitrico e solforico produceva una leggera effervescenza, ravvivandosi ad una ebullizione prolungata, ciò che secondo M. Chaptal, esclude potersi trattare
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la base azzurra analizzata con processi analoghi a quelli di M. Chaptal, si mostrò costantemente dovuta a quel prodotto egiziano detto fritta di
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corrisponde a quello consimile di M. Chaptal su di un rosa analogo, soltanto che sir Davy presume di essersi trovato in presenza di un prodotto molto analogo
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un bellissimo e durevole colore di porpora; e si racconta (1) pure che M. de Jussieu e M. de Rèaumur sulle coste occidentali della Francia
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Nel 1829 M. Robiquetet Collin ricavarono dal trattamento della radice della Robbia, con due terzi del suo peso d’acido solforico, una sostanza
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Ingres. Il panneggiamento di una delle principali figure è colorito coll’oltremare Guimet, e M. Mèrimèe, relatore dell’esperimento in nome del Comitato
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Nell’ottimo Manuel des jeunes artistes amateurs en peinture di M. P. L. Bouvier (1) è l’altra ricetta, sulla quale si richiama tutta l’attenzione
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che rovinò un quadro di Aristide che si conservava a Roma nel tempio di Cerere; quadro che dal Pretore M. Junnio si voleva fare ripulire in occasione
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Giovanni da San Giovanni, di sua propria mano a olio sopra tela che fu dato alla G. M. del Serenissimo Cardinale Leopoldo per darle luogo fra gli altri
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consistenza vitrea, M. Ettore Leroux ritiene che si mescolasse del miele alle tempere, poichè è indubitato che la tempera fu usitatissima dagli Egizi
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studi e tentativi di imitazione di Davy, di Darcet, di M. de Fontenay; provandosi in tal modo che si sapevano utilizzare per l’arte le vetrificazioni
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pittura, presentati dal Conte Caylus da M. Bachellière e Cochin figlio, sui vari encausti dei Greci e dei Romani, in un colle loro interpretazioni del
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Sulle esperienze di M. Bachellière che in parte corrispondono colle prime ricerche dello stesso abate Requeno, è così tipico, in fatto di ricette
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Però l’ostacolo insuperabile che incontrò nello sciogliere la cera col sail tartaro di M. Bachellière è vinto, senza avvertirlo, da lui stesso in un
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«Poteva forse vantarmi» prosegue l’abate Requeno «del mio pensiero e credere con più ragione di M. Bachellière, aver ritrovato l’antico encausto a
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encausto, incastrate nel muro, se è vero quanto dice Plinio, che si dovesse a M. Ludio Elotta, pittore dei tempi di Augusto, il metodo di coprire
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