l'impresario spagnuolo, il quale fra due brevi fermate a Venezia aveva girato mezza Europa per comporre tre o quattro compagnie di canto e di ballo da
prosa letteraria
tunica e il semplice corpetto attillato che conserva il nome spagnuolo di baschina ambedue portavano la grossa catena d'oro al collo, il gioiello che
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nessuno nella confusione di quell'ora pomeridiana, riconobbe il fiero monaco spagnuolo, salvo il fosco impiegato dell'Intendenza, don Domenico Mayer
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