che il Veronese fosse troppo giovane; ma sono pedanterie, e lo Zona ha fatto bene a fare come fece, tanto più che il Ridolfi non è vangelo, e che i
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abbagliata, ed ora più che vederlo, s’indovina. Anche in ciò, Paolo Veronese aveva ragione di non prender tante cose in considerazion. Forse dice bene il
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Un dì, fu appunto il 18 del mese di luglio nell’anno 1573, venne chiamato dinanzi al tribunale del Santo Ufficio in Venezia Paolo Caliari veronese
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Il veronese Cabianca, il quale dipinge talvolta di paesaggio, è migliore nelle figure, su cui scaglia que’ suoi gran colpi di sole. Arditissimo
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contentò di condannare l’artefice ad emendare il suo quadro entro tre mesi e a sue spese. Il Veronese non emendò niente e continuò a dipingere come gli
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veronese Fraccaroli, portarono a cielo il Laocoonte del veneziano Ferrari. In un giorno il nome dell’artistello ignoto diventò quello di un artista celebre.
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copiare certe figure delle pale d’altare; e un dì un pittore, un Cagliari veronese, che non era Paolo, ma Giovanni, vedendo un ragazzo così incalorito
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Giocondo, veronese, detto la Fenice degli ingegni, o da quell’Antonio Rizzo, pure veronese, che, autore della Scala dei Giganti e di una parte del cortile
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Sansovino, lavorò a Padova assai; e il veronese Sammicheli vi fece una delle sue belle cose, il monumento al Bembo, nella chiesa del Santo, ch’è piena zeppa
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È pieno di calore invece, di vita e di gaiezza il quadro immenso di un nuovo Paolo Veronese. Scintilla, splende di zaffiri, di smeraldi, di perle, di
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Veronese, non annerito, non annebbiato dal tempo, ma netto, fresco, luminoso come se fosse appena appena uscito dal pennello magico.
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I pittori veneziani si guardavano intorno e, senza prender tante cose in considerazion, come disse Paolo Veronese al tribubale del Santo Uffizio in
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