’nostri occhi più o meno belli di quello che dovevano parere agli occhi de’ suoi contemporanei; ma se l’opera fosse uscita dalle mani del Vecellio quale
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vita artificiale per nostro conto, la quale, palesata agli altri col mezzo di un’opera d’arte, non può non parere fallace e vuota. È per questo che
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altri. Non la perdonano a nessuno, neanche agli amici; ma neanche a sè stessi.
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, quello che non si vedano. E non è da dire che sieno riparazioni dell’epidermide, poichè non di rado agli edificii, guasti nelle ossa, bisogna rifare lo
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scannellature, i comuni fusaroli e gli altri intagli degli stili classici lasciassero luogo agli ornamenti cavati dalla natura, come conchiglie, frasche o
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a’ piedi, e che con la mano distesa all’altezza delle ciglia si fa ombra agli occhi per vedere lontano. Come sono furbe e vive quelle faccie, e que
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dalla vanità socialistica, non ha giovato punto con questa a’suoi quadri, che gli sono venuti, come vengono tutte le opere agli artisti, dall’istinto dell
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i muri gialli e rossi, in faccia alle vaporose isolette, in mezzo agli splendori prepotenti di Paolo ed alle ingenue maraviglie del Carpaccio, sentì
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agli Dei vittime umane: sacrifichiamo sull’altare dell’arte la libertà di un qualche migliaio d’uomini.
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adesso l’antico si diventa necessariamente accademici. Ridurre agli usi nostri quelle moli e quei concetti imponenti, piegare alle nostre misure quegli
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si presta al Teatro, al Palazzo, alla Reggia; l’arte grave, che s’addice alla sede del Parlamento, ai Tribunali, agli Ufficii pubblici, alle Scuole, ai
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una sola statua, e Mirone, che col bronzo dava quasi la vita agli uomini e ai bruti, non ebbe chi si presentasse a suo erede. Oggi il Senato stesso, a
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, poco inclinato per natura e per educazione alle discipline del bello, non s’impanca a giudicare dell’arte, non pretende di imporre agli artefici il
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’artista aveva inteso di metterci. Così si corre dall’uno all’altro scoglio, con questi opposti malanni, o di donare senza ragione agli altri ciò che è
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rinnovazione dello spirito infantile. Ognuna di esse disnebbia dinanzi agli occhi uno dei tanti velami, che nascondono la natura e la vita. Non c’è cosa al
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alle grasse risa ed agli atti scomposti.
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nel mezzo ai rigogliosi fiorami di stucco, agli specchi ed agli ori. E, quanto ai tipi di cosiffatta scena rococò, due o tre hanno del greco soltanto
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quante le risme, getta un soldo di elemosina un dì per istorditezza o per boria, e la gente, quasi con le lagrime agli occhi, a esclamare: oh, il buon
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agli ascoltatori, nelle commedie e nelle mascherate, il Patacca servitore imbroglione, Pascariello, il Formica; e si sente un riverbero di quella sua
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Certo è una cosa che s’indirizza agli occhi del corpo, e che, mentre ai pittori e ai critici di quindici o venti anni addietro pareva secondaria in
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del Duomo di Milano: notate come codesta scultura si acconcia maravigliosamente alle masse ed agli scomparti degli edificii. E ricordatevi quel
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questo umano e gentile secolo decimonono, noi che abbiamo assistito al bombardamento e agli incendii di tanti monumenti d’arte maravigliosi. Un re
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piacevole a sapersi, che al fine di far credere agli altri che noi sappiamo quel che sappiamo e, non di rado, quello che non sappiamo. Di mano in mano che
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stringe a’ritratti, o si ferma agli Dei pagani e cristiani, o si compiace di allegorie convenzionali, che hanno un senso appunto perchè convenzionali
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tutti dicono po’poi, che sostanzialmente scultura e pittura sono un’arte sola, non ispiacerà, crediamo, agli scultori di lasciarci ripetere, che uno dei
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teutonichus, qui laborat figuras in marmore; od a Pietro, od a Giovanni Marchesten, francesi; od agli infiniti altri venuti prima del Quattrocento da oltremonti
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La fortuna dei Francesi in questo è lo studio ben fatto delle cose antiche. Quella loro Accademia di Roma, che non giova punto nè ai pittori, nè agli
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di Carlo I re di Puglia, corre nella piazza di Siena dinanzi alle donne ed agli uomini del popolo, porgendo la palma ed accattando a spiccioli i
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Il fortunato malanno de’ Francesi è di portare la propria inclinazione agli ultimi limiti, facendola, se occorre, uscire da ogni confine. Strafanno
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mangiano e giocano e ridono in mezzo agli alberi frondosi. Ha inoltre a Vienna parecchi ritratti di fanciulli, che paiono di legno; ma è dipinto all’incontro
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insipidezza, la quale annacqua e rende insulso tutto il rimanente. Ma se c’è ramo dell’arte, in cui si cominci a stare di faccia agli stranieri senza dovere
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agli sguardi profani. Sbalza fuori spesso dalle parole, dagli atti, dalle storditaggini, dalle scapataggini, ma senza volerlo, e quando, per caso, lo
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ha la bella gloria di avere, sebbene burlevolmente, indicate agli artisti.
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quel tanto di affettazioncella che sta bene all’azione ed agli abiti loro. Tutto il quadro poi è condotto con bel garbo di disegno e di colorito; e se
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’intorbidano in tempesta. I Napoletani hanno del palombaro. Guardano con uguale curiosità ai mostri spaventevoli ed alle conchiglie variopinte, agli
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opera di scultura nostra moderna svelasse agli stranieri e mandasse ai posteri, cento volte peggio che non sieno in fatto, nel Diritto le nostre
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diventare regina in Roma: aveva quell’aspetto, quel fare, che corrispondono alla sua vita laboriosa e modesta, la quale noi leggiamo nei libri, ed agli
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; respinto dal maggior maestro s’indirizzò umile agli altri, ma, chi bruscamente, chi con melate parole, lo rimandarono tutti.
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ardentissimo amore, è secentisticamente cattolica: e il gruppo intiero palesa questa stentata discordanza, che, almeno agli occhi nostri, gli toglie ogni
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mali e non lo fa, sì aggrava di una tremenda responsabilità dinanzi a Dio ed agli uomini.
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scriveva da Amboise a Giuliano da Vinci ed agli altri fratelli: Siate certificati della morte di messer Lionardo fratello vostro e mio quanto optimo padre
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