Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

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Sulla origine della specie per elezione naturale

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Carlo Darwin 50 occorrenze
  • 1875
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino
  • Scienze
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Riassumendo: l'improbabilità che l'uomo abbia spinto nello stato di domesticità 7 - 8 supposte specie di colombi a riprodursi volontariamente, specie che noi non conosciamo affatto allo stato selvaggio, nè in alcun luogo ridivennero tali: i molti caratteri anormali per certi riguardi in confronto di tutti gli altri colombidi, quantunque per molti altri rapporti somiglianti al colombo torraiuolo; il frequente ritorno del colore turchino e delle diverse macchie nere in tutte le razze, siano pure, siano incrociate; la perfetta fecondità degli ibridi: tutte queste diverse ragioni ci spingono a concludere con sicurezza che tutte le nostre razze domestiche discendono dalla Columba livia e dalle sue sotto-specie geografiche.

Pare che egli abbia considerato le condizioni della vita, o ciò ch'egli chiama: «Le monde ambiant» come la cagione principale di ogni trasformazione; ma egli, circospetto nelle sue conclusioni, ricusava di credere che le specie viventi fossero attualmente soggette a modificazioni. E suo figlio aggiunge: «C'est donc un problème à réserver entièrement à l'avenir, supposé même que l'avenir doive avoir prise sur lui».

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Io credo che possa e debba applicarsi con maggiore efficacia (benchè io abbia cercato per molto tempo, prima di penetrare come ciò avvenga), per la semplice circostanza, che quanto più diversificano nella struttura, nella costituzione e nelle abitudini i discendenti di ogni specie, tanto più sono atti ad occupare molti posti assai differenti nell'economia della natura, e quindi più facili a moltiplicarsi.

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Dopo questo intervallo nel diagramma si suppone che la varietà a1 abbia dato origine alla varietà a2, la quale, secondo il principio di divergenza, differirà dallo stipite A più della varietà a1. Supponiamo che la varietà m1 abbia prodotto due varietà, cioè m2 ed s2, diverse fra loro, e più considerevolmente dissimili dal loro stipite comune A. Si potrebbe continuare questo processo, per mezzo di una gradazione analoga, per una lunghezza indeterminata di tempo. Alcune di queste varietà producendo soltanto una sola varietà dopo ogni migliaio di generazioni, altre invece dando luogo a due o tre varietà e finalmente alcune rimanendo invariabili. Così le varietà o i discendenti modificati, derivanti dal progenitore comune A, cresceranno di numero in generale e divergeranno nel carattere. Sul diagramma tale processo venne seguìto fino a diecimila generazioni; e sotto una forma più condensata e semplificata fino a quattordicimila.

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Dopo mille generazioni, si è dunque supposto, che la specie A abbia prodotto due varietà affatto distinte, cioè a)1 ed m1. Queste due varietà continueranno generalmente ad essere esposte alle stesse condizioni che resero variabili i loro predecessori, e la tendenza alla variabilità sarà in esse ereditaria, quindi tenderanno a variare all'incirca nello stesso modo con cui variarono i loro antenati. Inoltre queste due varietà, essendo soltanto forme leggermente modificate, tenderanno ad ereditare quei vantaggi che accrebbero il loro stipite A più di tutti gli altri abitatori del medesimo paese; esse parimenti parteciperanno di quei vantaggi più generali che innalzarono il genere, al quale la madre-specie apparteneva, al grado di genere ricco nella propria regione. E noi sappiamo che queste circostanze sono favorevoli alla produzione di nuove varietà.

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Supponiamo che dopo diecimila generazioni la specie A abbia dato origine a tre forme, a10, f10, m10, le quali, essendosi allontanate nei caratteri per tutte le generazioni successive, saranno giunte al punto da differire considerevolmente, benchè forse inegualmente fra loro e dal loro stipite comune. Se noi ammettiamo che la somma delle modificazioni avvenute fra ogni coppia di linee orizzontali nel nostro diagramma sia eccessivamente piccola, queste tre forme possono rimanere soltanto varietà ben marcate; oppure esse possono entrare nella categoria incerta di sotto-specie; ma ci basta solamente supporre che i gradi, nel processo di modificazione, furono nel loro insieme sì numerosi o sì grandi da convertire queste tre forme in specie ben definite: anche il diagramma ci spiega i gradi, pei quali le piccole differenze che distinguono le varietà crebbero fino a raggiungere le differenze più grandi che passano fra le specie. Continuando tale processo per molte generazioni (come rilevasi dal diagramma, nel modo più semplice e conciso, nella parte superiore della figura), noi otteniamo otto specie, indicate per mezzo delle lettere da a14 ad m14, tutte derivate da A. Io credo che le specie si siano moltiplicate in siffatto modo, e che così formaronsi i generi.

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Nel diagramma io ho supposto che una seconda specie abbia prodotto, per mezzo di analoghe variazioni e dopo diecimila generazioni, o due varietà bene distinte (w10 e z10), o due specie, secondo l'importanza delle mutazioni che si suppone siano rappresentate fra le linee orizzontali. Dopo quattordicimila generazioni si saranno formate sei specie nuove, designate dalle lettere n14 a z14. Le specie di un genere, le quali sono estremamente diverse nei caratteri, tenderanno in generale a produrre il massimo numero di discendenti modificati; perchè questi avranno una probabilità maggiore di occupare nuovi posti nella economia della natura, anche se affatto diversi: quindi io scelsi nel diagramma le specie estreme o quasi estreme A ed I, come quelle che variarono maggiormente e diedero origine a nuove varietà o a nuove specie. Le nove altre specie del nostro genere originario (segnate con lettere maiuscole B-H, K, L) possono continuare per un lungo periodo a trasmettere una discendenza inalterata; ed è ciò che viene indicato dal diagramma nelle rette punteggiate che sono prolungate superiormente a diversa altezza.

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Noi possiamo supporre che una sola specie F, come la meno strettamente affine alle altre nove specie originali, abbia conservato i suoi discendenti fino a quest'epoca lontana.

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Noi discuteremo più convenientemente nel capo della Successione geologica se l'organizzazione, nel suo complesso, abbia effettivamente progredito dai più antichi periodi geologici fino ai nostri giorni (Nota XVI).

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Che l'elezione naturale abbia in realtà agito per tal modo nella natura, modificando e adattando le diverse forme di vita alle loro varie condizioni e alle loro località, potrà giudicarsi dal tenore generale e dalle argomentazioni dei capi seguenti. Ma noi vediamo a quest'ora com'essa cagioni anche estinzione; e la geologia dimostra apertamente quanto ampia sia stata l'opera dell'estinzione nella storia del globo. L'elezione naturale inoltre fa nascere la divergenza del carattere; perchè quanto più gli esseri organizzati divergono nella struttura, nelle abitudini e nella costituzione, maggiore ne sarà il numero nella medesima regione. Noi abbiamo una prova di ciò negli abitatori di ogni piccolo distretto, o nelle produzioni naturalizzate. Quindi durante la modificazione dei discendenti di ogni specie, e durante la continua lotta di tutte le specie per aumentare il numero degli individui, i discendenti più diversificati avranno una maggiore probabilità di succedere agli altri nella lotta per l'esistenza. Così le piccole differenze che passano fra le varietà di una medesima specie, tendono costantemente ad accrescersi, fino ad uguagliare le differenze più grandi fra le specie di uno stesso genere od anche di generi distinti.

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Però si sono anche ricordati, con molto maggior fondamento, i fagiuoli che non poterono essere naturalizzati; ma finchè alcuno non abbia seminato, per una ventina di generazioni, i suoi fagiuoli tanto presto che una gran parte rimanga distrutta dal gelo, e non abbia raccolto i semi dalle poche piante sopravvissute; con attenzione di prevenire gli incrociamenti accidentali, indi non abbia di nuovo conservato le piante colle stesse precauzioni e colti i semi del secondo anno, non potrà affermarsi che l'esperienza sia stata neppure tentata. Nè si creda che non si manifestino mai differenze nella costituzione delle pianticelle dei fagiuoli, perchè è stata pubblicata una relazione, dalla quale risulta che alcune di queste pianticelle erano più vigorose delle altre.

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Esso aveva le quattro gambe rigate e tre corte fasce sulle spalle, simili a quelle del cavallo grigio del Devonshire e del pony brettone; benchè l'asino abbia di rado le righe sulle gambe e l'emione non ne abbia alcuna, neppure sulle spalle, e inoltre aveva alcune righe ai lati della faccia come la zebra. Riguardo a quest'ultimo fatto, io ero tanto convinto che quelle rigature non derivavano da ciò che comunemente si dice il caso, che la sola presenza delle strisce nella faccia di quest'ibrido, prodotto dall'asino e dall'emione, mi indusse a chiedere al colonnello Poole se questi segni si incontrano nei cavalli Kattywar che sono molto rigati, e la risposta, come vedemmo, fu affermativa.

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Qualunque sia la causa della prima leggera differenza tra i genitori e la prole, e una causa deve certamente esistere, può affermarsi, che solamente la continua accumulazione di queste benefiche differenze abbia prodotto le più notevoli modificazioni di struttura in relazione alle abitudini di vita di ciascuna specie.

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Ma egli non dimostra come nella natura abbia luogo l'elezione. Però pensa, come Herbert, che le specie furono altra volta dotate d'una facoltà plastica maggiore di quella d'oggi, e si appoggia su quello che chiama principio di finalità, «potenza misteriosa, indeterminata, fatalità per alcuni, volontà provvidenziale per altri, l'azione continua della quale sugli esseri viventi determina in tutte le epoche dell'esistenza dell'universo, la forma, il volume e la durata d'ognuno, in ragione del suo destino nell'ordine delle cose di cui fa parte. Questa potenza armonizza ogni membro al tutto, adattandolo alla funzione ch'egli deve compiere nell'organismo generale della natura, funzione che è la sua ragione d'essere».

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Questi fatti, quantunque esposti troppo brevemente, dimostrano quanta differenza graduale esista negli occhi degli animali inferiori, e ove si rifletta al piccolo numero di animali sopravvissuti, in confronto a quelli che furono estinti, io non saprei trovare una difficoltà molto grande (non maggiore di quella che offrono molte altre strutture) nel pensare che l'elezione naturale abbia trasformato il semplice apparato di nervo ottico, ricoperto solamente con pigmento e rivestito di una membrana trasparente, in uno strumento ottico della perfezione di quelli che si trovano in ogni individuo della grande classe degli articolati.

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Tutti i fisiologi ammettono che la vescica natatoria è omologa, o «idealmente simile», per la posizione e la struttura, ai polmoni degli animali vertebrati superiori; non mi sembra quindi estremamente difficile a concepirsi che l'elezione naturale abbia effettivamente trasformato una vescica natatoria in polmone, o in un organo destinato esclusivamente alla respirazione.

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Egli ammette che l'elezione naturale abbia molto operato; ma insiste sul fatto che le famiglie vegetali diversificano fra loro principalmente nei caratteri morfologici, i quali pel benessere della specie sembrano destituiti di ogni importanza. Egli crede perciò ad una tendenza innata di sviluppo progrediente e perfezionante. Più particolarmente egli cita la disposizione delle cellule nei tessuti e delle foglie dell'asse come casi, in cui la elezione naturale non avrebbe potuto essere attiva. Vi si potrebbero aggiungere anche le divisioni numeriche delle parti fiorali, la posizione degli ovuli, la forma del seme, in quanto non è utile per la disseminazione, ecc.

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Nel discutere i casi speciali, il Mivart trascura gli effetti dell'uso crescente e del non-uso, sebbene io abbia sempre sostenuto ch'essi sono assai importanti, e sebbene nel mio libro sulle Variazioni allo stato di domesticità, ne abbia trattata più diffusamente che, come credo, ogni altro autore. Egli presume anche ch'io nulla attribuisca alla variazione indipendentemente dall'elezione naturale, mentre nella succitata opera ho raccolto un numero sì grande di fatti bene constatati, com'io non trovo in alcun'altra opera a me nota. Il mio giudizio non sarà forse preciso; ma dopo aver letto attentamente il libro del Mivart, e dopo averlo confrontato con ciò ch'io dissi sullo stesso argomento, sono più persuaso che mai della generale validità delle conclusioni a cui sono giunto, sebbene in argomento tanto complesso io possa essere incorso in qualche parziale errore.

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Ma quand'anche le variazioni adatte fossero apparse, non segue ancora che l'elezione naturale abbia potuto agire su di esse e produrre una struttura utile alla specie. Se, ad esempio in una regione il numero degli individui esistenti sia principalmente determinato dalla distruzione esercitata dai carnivori, dai parassiti esterni ed interni, ecc., come spesso sembra avvenire, allora l'elezione naturale non potrà essere che poco efficace o sarà molto rallentata nella modificazione di un organo destinato alla presa del nutrimento. Finalmente l'elezione naturale è un processo lento, e le medesime condizioni favorevoli debbono durare lungamente, affinchè si produca un effetto ben marcato. Se si fa astrazione da queste cause generiche e vaghe, noi non sappiamo spiegare, perchè gli animali a zoccoli non abbiano in tutte le parti del mondo un collo allungato od altri mezzi per cogliere le foglie dai rami più alti degli alberi.

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Se si considera la natura delle differenze esistenti fra le specie del gruppo che abbraccia il suddetto Ceroxylus, non sembrerà improbabile che questo insetto abbia offerto delle variazioni nelle irregolarità della sua superficie, e che questa abbia acquistato un colore più o meno verde; imperocchè in ogni gruppo quei caratteri, che sono diversi nelle diverse specie, tendono maggiormente a variare, mentre, i caratteri generici, ossiano quelli che sono comuni a tutte le specie, presentano la massima costanza.

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Non vi è quindi nulla di improbabile nella supposizione che una forma antica di cetaceo abbia avuto il palato munito di simili punti cornei, i quali erano disposti più regolarmente, e a guisa dei bottoni del rostro dell'oca servivano a rendere più facile la presa e la dilaniazione del cibo. Se ciò fosse, non si negherà che in seguito alla variazione ed all'elezione naturale quei punti abbiano potuto cambiarsi dapprima in lamelle così bene sviluppate come quelle dell'oca egiziana, nel qual caso servivano al doppio scopo di prendere il nutrimento e di filtrare l'acqua; poi in lamelle come quelle dell'anitra comune, e così di seguito, finchè divennero organi sì bene costruiti come le lamelle dellaSpatula clypeata, ed avranno quindi servito unicamente alla filtrazione dell'acqua. Da questo stadio, nel quale le lamelle misurano in lunghezza due terzi dei fanoni della Balænoptera rostrata, molte gradazioni, ancor oggi osservabili nei viventi cetacei, conducono agli enormi fanoni delle balene groenlandesi. Non vi ha alcuna ragione per dubitare, che ogni progresso su questa scala abbia potuto tornare utile a certi antichi cetacei, modificandosi lentamente la funzione delle parti durante il progresso di sviluppo, nella stessa guisa come le gradazioni della struttura del rostro sono di vantaggio agli uccelli oggi viventi della famiglia delle anitre. Noi non dobbiamo dimenticare, che ogni specie di anitre sostiene una lotta severa per l'esistenza, e che la struttura di ogni parte corporea deve essere adattata alle sue condizioni di vita.

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Un critico, il quale concorda col Mivart in ogni dettaglio, dice a proposito di quest'organo: «Non è possibile credere che la prima leggera tendenza alla preensione, per quanti anni durasse, abbia potuto conservare la vita agli individui che la possedevano, od abbia favorito la probabilità di avere e di allevare una prole». Ma non è necessario avere una tale credenza; l'abitudine, la quale un qualunque benefizio, grande o piccolo, apporta quasi sempre, sembra con ogni probabilità bastare allo scopo. Il Brehm vide i giovani di una scimmia africana (Cercopithecus) attaccarsi colle mani alla faccia inferiore della madre, e contemporaneamente abbracciarla colle loro piccole code. Il professore Henslow tenne in cattività alcuni Mus messorius, che non possiedono coda prensile; tuttavia li vide più volte abbracciare colla coda i rami di un arbusto, che aveva posto nella gabbia, per aiutarsi nel rampicare. Un'osservazione analoga mi fu riferita dal dott. Günther, il; quale vide un sorcio appendersi col mezzo della coda. Se il Mus messorius conducesse vita strettamente arborea, la sua coda sarebbe probabilmente diventata prensile, come è avvenuto in alcuni altri animali dello stesso ordine. È difficile il dire perchè il Cercopithecus, che pur allo stato giovanile ha l'abitudine su descritta, non sia stato dotato di tale qualità; ma è possibile che la lunga coda di questa scimmia nei larghi salti torni più utile come organo bilanciante che come organo prensile.

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In questo modo può spiegarsi, a mio credere, il più portentoso di tutti gli istinti conosciuti, quello dell'ape domestica: cioè, coll'ammettere che la elezione naturale abbia saputo approfittare delle modificazioni piccole, numerose e successive di istinti più semplici. L'elezione naturale può dunque avere spinto le api, per gradi lenti e con crescente perfezione, a costruire delle sfere uguali, ad una data distanza fra loro in uno strato doppio; e a fabbricare ed escavare la cera, seguendo i piani di intersezione. Le api in verità non sanno di scolpire le loro sfere ad una determinata distanza fra esse, più di quello che conoscano i vari angoli dei prismi esagoni e delle faccie piane dei rombi delle basi. La causa impellente del processo di elezione naturale fu quella di ottenere risparmio di cera, conservando insieme alle celle la dovuta solidità, e la grandezza e forma adatte per le larve, e perciò quello sciame particolare che formò le migliori celle, e consumò meno miele nella secrezione della cera, riuscì meglio degli altri, e trasmise per eredità i suoi istinti economici acquistati ai nuovi sciami, i quali, alla loro volta, avranno goduto di una maggiore probabilità di trionfare nella lotta per l'esistenza.

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Io credo che la natura abbia effettuata quest'ammirabile divisione di lavoro nelle colonie di formiche, mediante il processo di elezione naturale. Ma sono anche costretto a confessare che, non ostante tutta la mia fiducia in questo principio, io non avrei mai supposto che la elezione naturale avesse un potere così elevato, se il fatto degli insetti neutri non mi avesse alla perfine convinto di questa verità. Volli discutere questo caso un po' lungamente, benchè non lo abbia fatto a sufficienza, per provare quale sia il valore della elezione naturale, e parimenti perchè codesta è la più grave delle difficoltà speciali che si sono opposte alla mia teoria. Questi fatti sono molto interessanti, perchè dimostrano che negli animali, come nelle piante, ogni complesso di modificazioni nella struttura può essere prodotto dall'accumulazione di molte variazioni piccole e apparentemente accidentali, vantaggiose in qualche guisa, senza che l'esercizio o l'abitudine vi abbiano alcuna parte. Perchè nè l'esercizio, nè l'abitudine, nè la volontà possono avere alcuna influenza nei membri completamente sterili di una famiglia d'insetti, per modificare la struttura o gl'istinti degli individui fecondi, i quali soli lasciano una discendenza. Sono sorpreso che niuno abbia messo innanzi questo caso dimostrativo degli insetti neutri contro la nota dottrina delle abitudini ereditarie sostenuta da Lamarck (Nota XXIX).

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Perchè gli è quasi impossibile che due organizzazioni contribuiscano a comporne una terza, senza che abbia luogo alcun dissesto nello sviluppo, nell'azione periodica o nelle mutue relazioni delle varie parti od organi fra loro, oppure rispetto alle condizioni della vita. Quando gli ibridi sono atti a generare inter se, essi trasmettono, di generazione in generazione, alla loro prole la stessa organizzazione composta, e quindi non dobbiamo sorprenderci che la loro sterilità, quantunque sia variabile in certo grado, non diminuisca; anzi tenda piuttosto ad aumentare, essendo questo generalmente il risultato degli accoppiamenti fra consanguinei. La suespressa opinione che la sterilità dei bastardi sia determinata dalla mescolanza di due costituzioni in una, fu recentemente sostenuta con vigore da Max Wichura.

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Non vi è un solo animale domestico che in qualche paese non abbia le orecchie pendenti; ed è probabile l'opinione esternata da qualche autore, che ciò sia effetto del non-uso dei muscoli dell'orecchio, essendo l'animale meno allarmato da qualche pericolo.

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Nè mi sembra che questa maggiore variabilità nei meticci che negli ibridi, abbia a recarci sorpresa. Perchè i parenti dei meticci sono varietà e per la maggior parte varietà domestiche (assai poche esperienze furono tentate sulle varietà naturali), e ciò in molti casi implica una variabilità recente; perciò dobbiamo attenderci che questa variabilità sia per continuare di sovente, e che vi si aggiunga quella che trasse origine dal semplice atto dell'incrociamento. Un fatto curioso e che merita di essere esaminato è la leggera variabilità degli ibridi provenienti da un primo incrociamento, ossia nella prima generazione, in contrasto colla loro estrema variabilità nelle generazioni successive. Infatti ciò sostiene ed avvalora le idee da me espresse sulla cagione della variabilità ordinaria; cioè che dessa è dovuta al sistema riproduttivo, eminentemente sensibile ad ogni cambiamento nelle condizioni di vita, rimanendo per tal modo spesso impotente od almeno incapace a compiere le proprie funzioni di generare una prole identica alla forma-madre. Ora gli ibridi della prima generazione discendono da due specie (escluse quelle coltivate da lungo tempo), che non furono affette in modo alcuno nel loro sistema riproduttivo e che non erano variabili; ma gl'ibridi stessi hanno i loro sistemi riproduttivi seriamente modificati e i loro discendenti sono altamente variabili.

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Non vi è maggior fondamento nel credere che le specie siano state particolarmente dotate di vari gradi di sterilità, per impedire l'incrociamento e le mescolanze nella natura, che non ve ne abbia nel pensare che gli alberi siano stati specialmente dotati di vari gradi di difficoltà e talvolta di difficoltà analoghe negl'innesti scambievoli, per prevenire gl'innesti naturali per contatto nelle nostre boscaglie.

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Quando noi vediamo che nel mezzo di una formazione si incontra una specie, sarebbe troppo avventato il giudizio di chi ne concludesse che quella specie non abbia esistito altrove in antecedenza. Così dicasi, quando troviamo che una specie scomparve prima della deposizione degli strati più elevati; sarebbe ugualmente arrischiato il supporre che quella specie fosse completamente estinta. Noi abbiamo inoltre dimenticato quanto piccola è la superficie dell'Europa, in confronto del resto del mondo; e che i parecchi stadii delle singole formazioni non furono coordinati con perfetta accuratezza in tutta l'Europa.

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Di sovente si è supposto che l'uomo abbia scelto da addomesticare animali e piante dotate d'una tendenza innata e straordinariamente forte di variare, come pure di sostenere climi assai diversi. Non negherò che queste due facoltà non abbiano accresciuto grandemente il valore delle nostre produzioni domestiche; ma un selvaggio, nell'addomesticare per la prima volta un animale, come avrebbe potuto sapere che la sua razza avrebbe variato nel corso delle generazioni e sarebbe stata capace di sopportare altri climi? La poca variabilità dell'asino e della gallina faraona, la ristretta facoltà della renna di resistere al calore, e del cammello di abituarsi al freddo, hanno forse impedito la loro domesticità? Io non posso dubitare che se altri animali od altre piante di numero eguale a quello delle nostre produzioni domestiche ed appartenenti pure a diverse classi e a paesi diversi, fossero presi allo stato di natura, e si riproducessero poi allo stato domestico per altrettante generazioni, esse non variassero tanto, quanto variarono le madri-specie delle attuali nostre produzioni domestiche.

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Siccome abbiamo ragione di credere che vaste superfici del globo subiscano contemporaneamente il medesimo movimento, gli è probabile che delle formazioni esattamente simultanee siano state spesso accumulate sopra estesi spazi nella medesima parte del mondo; ma non possiamo rettamente conchiudere che ciò abbia dovuto accadere invariabilmente, e che le grandi aree siano state costantemente affette da movimenti conformi.

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Questo solo fatto, per la sua generalità, sembra abbia scosso il prof. Pictet dalla sua ferma credenza sulla immutabilità delle specie. Conoscitore della distribuzione delle specie esistenti sul globo, egli non cercherà di spiegare la stretta somiglianza delle specie distinte nelle formazioni consecutive, per mezzo delle condizioni fisiche delle antiche superfici, essendo queste condizioni rimaste quasi identiche. E qui ricorderemo che le forme di vita, almeno quelle che abitano il mare, si cambiarono quasi simultaneamente per tutto il mondo e perciò sotto i climi più diversi e in condizioni opposte. Basta considerare le prodigiose vicissitudini del clima durante il periodo pleistocenico, che racchiude l'intero periodo glaciale, ed osservare quanto poco furono affette le forme specifiche degli abitatori del mare.

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E finalmente, sebbene ogni specie abbia dovuto passare per molti stadii transitorii, è probabile che i periodi, nei quali ciascuna abbia subìto delle modificazioni, siano stati numerosi e lunghi misurandoli cogli anni, ma invece brevi se si confrontino coi periodi, nei quali rimase inalterata. Tutte queste cause insieme possono spiegare in massima parte perchè tra le specie di un gruppo noi troviamo bensì molte forme intermedie, ma non si rinvengono infinite serie di varietà che a gradi insensibili collegano insieme le forme estinte e le attuali. Non si deve poi dimenticare che se fossero trovate delle varietà intermedie tra due o più forme, esse sarebbero considerate come altrettante specie nuove e distinte, ove non si potesse stabilire l'intera catena; giacchè non possiamo sostenere di conoscere un esatto criterio per distinguere le specie dalle varietà.

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Gli abitanti di ogni periodo successivo nella storia del mondo debbono aver dominato i loro predecessori nella lotta per l'esistenza, essi perciò sono più elevati nella scala della natura e la loro struttura sarà divenuta generalmente più speciale ad ogni funzione; e ciò vale a spiegare l'opinione generalmente professata dai paleontologi, che cioè l'organizzazione nel suo complesso abbia progredito. Gli animali estinti e geologicamente antichi somigliano fino ad un certo punto agli embrioni degli animali più recenti della medesima classe, e questo fatto maraviglioso trova una facile spiegazione nella nostra teoria. La successione dei medesimi tipi di struttura sulle medesime superfici negli ultimi periodi geologici non è più misteriosa e si spiega semplicemente per mezzo della ereditabilità.

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Nel vecchio continente non vi è certamente un clima, nè una condizione che non abbia il suo riscontro nel nuovo mondo, - almeno con quelle relazioni più intime che generalmente esige la medesima specie; perchè gli è uno dei casi più rari quello di trovare un gruppo di organismi confinati in un luogo piccolo, il quale abbia delle condizioni peculiari, anche solo in menomo grado; per esempio, potrebbero citarsi delle piccole superfici nel vecchio mondo assai più calde di qualunque altra dell'America, le quali ciò non ostante non sono abitate da una fauna o da una flora speciale. Nonostante questo parallelismo nelle condizioni del vecchio mondo e del nuovo, quanto non sono differenti le loro produzioni attuali!

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Quindi mi sembra, e in ciò concordemente con molti altri naturalisti, che la supposizione più probabile sia che ogni specie sia stata prodotta in una sola regione, dalla quale abbia poi emigrato di mano in mano che lo permisero le sue attitudini ad emigrare e i suoi mezzi di esistenza, sotto le condizioni passate e presenti. Certamente conosciamo molti casi in cui non si sa spiegare in che modo una medesima specie possa essere passata da un punto ad un altro. Ma i cambiamenti geografici e climatologici, che avvennero certamente nelle recenti epoche geologiche, debbono avere interrotta o avere resa discontinua la estensione di molte specie che in origine era continua. Per modo che noi siamo ridotti a considerare se le eccezioni alla continuità della estensione siano tanto frequenti e sì gravi che ci costringano ad abbandonare l'opinione, resa probabile dalle considerazioni generali, che ogni specie fu prodotta in una sola area e da quella emigrò fin dove potè giungere. Sarebbe inutilmente tedioso il discutere tutti i casi eccezionali di quelle specie che ora vivono in luoghi separati e distinti; nè pel momento pretendo che possa darsi qualche spiegazione a molti di questi casi. Ma, dopo alcune osservazioni preliminari, discuterò alquanto sopra parecchie delle più stringenti categorie di fatti; vale a dire l'esistenza di una stessa specie sulle cime delle catene di monti molto lontane, e in luoghi distanti delle regioni artiche ed antartiche; indi (nel capo seguente) la vasta distribuzione delle produzioni di acqua dolce; in terzo luogo la presenza delle medesime specie terrestri sulle isole e nei continenti, benchè separate da centinaia di miglia di mare aperto. Se la esistenza delle stesse specie in punti distanti ed isolati della superficie terrestre può in molti casi spiegarsi, partendo dal principio che ogni specie abbia migrato da un solo centro di origine: allora, ove si rifletta alla nostra ignoranza riguardo agli antichi mutamenti climatologici e geografici e ai diversi mezzi accidentali di trasporto, mi pare incomparabilmente più sicura l'opinione che questa sia la regola generale.

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O tutti i vari tipi originali erano colorati e macchiati come il piccione torraiuolo, mentre niun'altra specie esistente presenta gli stessi caratteri, di modo che in ogni razza vi abbia una tendenza a ritornare a questo colore e a questi segni; ovvero conviene che ogni razza, anche la più pura, abbia nell'intervallo di dodici o al più di venti generazioni subìto un incrociamento col piccione torraiuolo; e dico al più di venti generazioni, perchè non vi è un solo fatto in conferma dell'opinione che un discendente, dopo una più lunga serie di generazioni, sia ritornato ai caratteri dei suoi avi. In una razza incrociata una sola volta con una razza diversa, la tendenza di riversione a un carattere di questa diviene sempre minore, in ragione della quantità sempre descrescente del sangue della medesima che rimane in ogni generazione successiva. Ma all'opposto, quando non si abbia alcun incrociamento con una razza differente, e che ciò non pertanto si manifesti nei due progenitori una tendenza a ricuperare un carattere perduto per un certo numero di generazioni, questa tendenza, per quanto si voglia opporre, si può trasmettere senza indebolimento per un numero indeterminato di generazioni. Questi due casi distintissimi sono spesso confusi da quelli che hanno scritto sull'ereditabilità.

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Perciò gli alberi sono poco adatti ad emigrare verso lontane isole oceaniche; ed una pianta erbacea, sebbene abbia poca probabilità di competere con successo in statura con un albero pienamente sviluppato, quando si stabilisca in un'isola ed abbia a lottare colle sole piante erbacee, può facilmente ottenere un vantaggio su queste, crescendo ad una maggiore altezza e superando le altre piante. Se l'elezione naturale deve tendere in tal modo ad accrescere la statura delle piante erbacee che si sviluppano in un'isola oceanica, a qualunque ordine appartengano, essa può cambiarle prima in arbusti e infine formarne degli alberi.

Pagina 354

Come potrebbe darsi che un crostaceo che abbia una bocca estremamente complessa, formata di molte parti, debba sempre avere, per conseguenza, un numero minore di zampe; oppure inversamente, quelli che posseggono molte zampe, debbano presentare delle bocche più semplici? Perchè dovrebbero i sepali, i petali, gli stami ed i pistilli di ogni fiore individuale essere tutti costrutti secondo il medesimo sistema, sebbene siano destinati ad uno scopo affatto diverso?

Pagina 389

Nell'immensa classe dei crostacei le forme più diverse, come i parassiti succhianti, i cirripedi, gli entomostracei e perfino i malacostracei appariscono al loro primo stadio larvale sotto la forma simile del Nauplius; e siccome queste larve si nutrono e vivono in aperto mare e non sono adatte a peculiari condizioni di vita, è probabile, anche per altre ragioni esposte da Fritz Müller, che in una lontana epoca trascorsa sia esistito un animale adulto indipendente simile al Nauplius, ed abbia generato su molte linee divergenti di discendenza i succitati grandi gruppi di crostacei. È anco probabile, in seguito a quanto abbiamo detto intorno agli embrioni dei mammiferi, degli uccelli, dei pesci e dei rettili, che questi animali siano i discendenti modificati di un antico progenitore, il quale allo stato adulto era fornito di branchie, di una vescica natatoria, di quattro arti pinniformi e di una coda lunga, organi tutti utili per un animale acquatico.

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In questo modo possiamo intendere come si abbia una maggiore grandezza relativa degli organi rudimentali nell'embrione, una minore grandezza relativa dei medesimi nell'adulto. Se, ad esempio, un dito negli animali adulti di una specie sia stato sempre meno adoperato in molte generazioni in seguito a qualche cambiamento nelle abitudini, o se un organo o ghiandola abbia funzionato con intensità decrescente, noi possiamo aspettarci di trovare quella parte ridotta di grandezza nei discendenti adulti della specie, e pressochè allo stato originale di sviluppo nell'embrione.

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Un celebre autore ed eminente teologo mi scrisse «che egli aveva gradatamente imparato a riconoscere che possiamo formarci un giusto e nobile concetto della Divinità, pensando che Essa abbia create poche forme originali, capaci di svilupparsi da se stesse in altre forme utili, anzichè professando l'opinione che Essa debba ricorrere a nuovi atti di creazione, per riempiere i vuoti cagionati dall'azione delle sue leggi».

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Nè ci sorprenderà che l'aculeo dell'ape cagioni la morte dell'ape stessa; che i fuchi siano prodotti in sì gran numero per un solo atto, e che la maggior parte di essi sia uccisa dalle sterili operaie; che le nostre conifere producano una quantità enorme di polline; che l'ape regina abbia un odio istintivo per le proprie figlie feconde; che l'icneumone si nutra del corpo vivente dei bruchi; ed altri casi analoghi. Al contrario, secondo la teoria dell'elezione naturale, noi dovremmo stupirci di non trovare un maggior numero di casi, in cui manchi l'assoluta perfezione di adattamento.

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Ma la cagione principale della nostra ripugnanza naturale nell'ammettere che una specie abbia dato origine ad un'altra specie distinta, è quella che noi siamo sempre poco facili a credere ad ogni grande cambiamento, di cui non si vedano i gradi intermedi. Tale difficoltà è simile a quelle che molti geologi esternarono, quando Lyell per il primo stabiliva che le lunghe catene di roccie interne sui continenti furono formate dall'azione lenta dei flutti contro le coste, e che questi flutti stessi escavarono le grandi vallate. La mente non può farsi un concetto adeguato dell'espressione, cento milioni d'anni; nè può riunire e percepire gli effetti complessivi di molte piccole variazioni accumulate per un numero quasi infinito di generazioni.

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Niuno può supporre che il proprietario dell'uno o dell'altro gregge abbia mai frammisto il puro sangue della razza Bakewell; nondimeno la differenza fra i montoni del Buckley e quelli del Burgess è tanto marcata, che hanno tutta l'apparenza di due razze distinte affatto.

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D'altra parte, se noi riguardiamo ogni specie come il prodotto di un atto speciale di creazione, non havvi alcuna ragione apparente, per la quale si abbia un maggior numero di varietà in un gruppo contenente molte specie di quello che in altro gruppo che ne racchiuda poche.

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Noi possiamo intendere a un dipresso perchè la lotta sia più viva fra le forme affini, che riempiono quasi lo stesso posto nell'economia della natura; pure è probabile che noi non sapremmo dire in un caso solo precisamente il perchè una specie abbia riportato la vittoria contro un'altra nella grande battaglia della vita.

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La quantità di sostanze nutrienti, contenute nei semi di molte piante, sembra sulle prime senza alcun rapporto diretto colle altre piante; ma lo sviluppo vigoroso che manifestano i piccoli germogli sbucciati da tali semi (come i piselli e le fave), quando crescono nel mezzo dell'erba alta, può far supporre che il nutrimento contenuto nel seme abbia per iscopo principale di accelerare lo sviluppo della pianta giovane, mentre essa lotta con altre specie che vegetano vigorosamente intorno a lei.

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Nulla noi scorgiamo di codeste lente e progressive trasformazioni fino a che la mano del tempo abbia segnato il lungo corso delle epoche; le nostre cognizioni poi relative alle età geologiche, da lungo tempo trascorse, sono sì imperfette, che noi ci accorgiamo solo che le odierne forme viventi sono differenti da quelle d'un tempo.

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Le geologia ci dimostra chiaramente che il numero delle forme specifiche non è aumentato indefinitamente; e noi ci studieremo ora di provare come il numero delle specie sul globo non abbia potuto divenire smisuratamente grande.

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