Violetta
[Melodramma in tre atti]
Libretto di Francesco Maria Piave
Musica del maestro Giuseppe Verdi
Cavaliere della Legion d’Onore
Personaggi
Violetta Valéry
soprano
Flora Bervoix
mezzosoprano
Annina
mezzosoprano
Alfredo Germont
tenore
Germont Giorgio, suo padre
baritono
Gastone, Visconte de Letorières
tenore
Barone Douphol
baritono
Marchese d’Obigny
basso
Dottore Grenvil
basso profondo
Giuseppe, servo di Violetta
tenore
Domestico di Flora
corifeo basso
Commissionario
corifeo basso
Coro di Signori e Signore amici di Violetta e Flora – Mattadori – Piccadori – Zingari.
Comparse di Servi di Violetta e di Flora – Maschere, ecc., ecc.
Scena – Parigi e sue vicinanze, nel 1700 circa.
N. B. Il primo atto succede in agosto, il secondo in gennajo, il terzo in febbrajo. – Le indicazioni di destra o sinistra sono prese dalla platea.
Atto I
Scena I
Salotto in casa di Violetta; nel fondo è la porta che mette ad altra sala; ve ne sono altre due laterali; a sinistra un caminetto con sopra uno specchio. Nel mezzo è una tavola riccamente imbandita.
Violetta seduta sur un divano sta discorrendo col Dottore e con alcuni Amici, mentre altri vanno ad incontrare quelli che sopraggiungono, tra’ quali sono il Barone e Flora al braccio del Marchese.
Coro I
Dell’invito trascorsa è già l’ora…
voi tardaste…
Coro II
Giocammo da Flora,
e giocando quell’ore volâr.
Violetta
(va loro incontro)
Flora, amici, la notte che resta
d’altre gioie qui fate brillar…
Fra le tazze è più viva la festa…
Flora, Marchese
E goder voi potrete?
Violetta
Lo voglio;
al piacere m’affido, ed io soglio
con tal farmaco i mali sopir.
Tutti
Sì, la vita s’addoppia al gioir.
Scena II.
Detti, il Visconte Gastone de Letorières, Alfredo Germont; Servi affaccendati intorno alla mensa.
Gastone
In Alfredo Germont, o signora,
ecco un altro che molto vi onora;
pochi amici a lui simili sono.
Violetta
Mio Visconte, mercé di tal dono.
(dà la mano ad Alfredo che gliela bacia)
Marchese
Caro Alfredo…
Alfredo
Marchese…
(si stringono la mano)
Gastone
(ad Alfredo)
T’ho detto:
l’amistà qui s’intreccia al diletto.
(i Servi frattanto avranno imbandite le vivande)
Violetta
Pronto è il tutto?…
(un servo accenna che sì)
Miei cari, sedete;
è al convito che s’apre ogni cor.
Tutti
Ben diceste… le cure segrete
fuga sempre l’amico licor.
(siedono in modo che Violetta resti tra Alfredo e Gastone; di fronte vi sarà Flora tra il Marchese ed il Barone; gli altri siedono a piacere. V’ha un momento di silenzio; frattanto passano i piatti, e Violetta e Gastone parlano sottovoce tra loro, poi)
Gastone
Sempre Alfredo a voi pensa.
Violetta
Scherzate?
Gastone
Egra foste, e ogni dì con affanno
qui volò, di voi chiese…
Violetta
Cessate.
Nulla son io per lui…
Gastone
Non v’inganno.
Violetta
(ad Alfredo)
Vero è dunque?… onde ciò?… Nol comprendo.
Alfredo
(sospirando)
Si, egli è ver.
Violetta
Le mie grazie vi rendo.
(al Barone)
Voi, barone, non feste altrettanto…
Barone
Vi conosco da un anno soltanto.
Violetta
Ed ei solo da qualche minuto.
Flora
(piano al Barone)
Meglio fora se aveste taciuto.
Barone
(piano a Flora)
M’è increscioso quel giovin…
Flora
Perché?
A me invece simpatico egli è.
Gastone
(ad Alfredo)
E tu dunque non apri più bocca?
Marchese
(a Violetta)
È a madama che scuoterlo tocca…
Violetta
(mesce ad Alfredo)
Sarò l’Ebe che versa…
Alfredo
(con galanteria)
E ch’io bramo
immortal come quella.
Tutti
Beviamo.
Gastone
O barone, né un verso, né un viva
troverete in quest’ora giuliva?…
(Barone accenna che no)
(ad Alfredo)
Dunque a te…
Tutti
Sì, sì, un brindisi.
Alfredo
L’estro
non m’arride…
Gastone
E non se’ tu maestro?
Alfredo
(a Violetta)
Vi fia grato?…
Violetta
Sì, sì.
Alfredo
Sì?… L’ho in cor.
(s’alza)
Marchese
Dunque attenti…
Tutti
Sì, attenti al cantor.
Alfredo
Libiam ne’ lieti calici
che la bellezza infiora,
e la fuggevol ora
s’inebbrii a voluttà.
Libiam ne’ dolci fremiti
che suscita l’amore,
poiché quell’occhio al core
(indicando Violetta)
onnipotente va.
Tutti
Libiamo; amor fra i calici
più caldi baci avrà.
Violetta
(s’alza)
Tra voi, saprò dividere
il tempo mio giocondo;
tutto è follia nel mondo
ciò che non è piacer.
Godiam, fugace e rapido
è il gaudio dell’amore;
è fior che nasce e muore,
né più si può goder.
Tutti
Godiam… c’invita un fervido
accento lusighier.
Godiam… la tazza e il cantico
la notte abbella e il riso;
in questo nuovo Eliso
ne scopra il nuovo dì.
Violetta
(ad Alfredo)
La vita è nel tripudio…
Alfredo
(a Violetta)
Quando non s’ami ancora.
Violetta
(ad Alfredo)
Nol dite a chi l’ignora…
Alfredo
(a Violetta)
È il mio destin così…
Tutti
Godiam… la tazza e il cantico
la notte abbella e il riso;
in questo nuovo Eliso
ne scopra il nuovo dì.
(s’ode musica dall’altra sala)
Che è ciò?
Violetta
Non gradireste ora le danze?
Tutti
Oh il gentile pensier!… tutti accettiamo.
Violetta
Usciamo dunque…
(s’avviano alla porta di mezzo, ma Violetta è côlta da subito pallore)
Oimè!…
Tutti
Che avete?…
Violetta
Nulla,
nulla.
Tutti
Che mai v’arresta?…
Violetta
Usciamo…
(fa qualche passo, ma è obbligata a nuovamente fermarsi e sedere)
Oh Dio!…
Tutti
Ancora!…
Alfredo
Voi soffrite!
Tutti
O ciel!… ch’è questo!
Violetta
È un tremito che provo… Or là passate.
(indica l’altra sala)
Tra poco anch’io sarò…
Tutti
Come bramate.
(tutti passano all’altra sala, meno Alfredo che resta indietro)
Scena III.
Violetta, Alfredo e Gastone a tempo.
Violetta
(guardandosi allo specchio)
Oh qual pallor!…
(volgendosi s’accorge d’Alfredo)
Voi qui!…
Alfredo
Cessata è l’ansia,
che vi turbò?
Violetta
Sto meglio.
Alfredo
Ah in cotal guisa
v’ucciderete… aver v’è duopo cura
dell’esser vostro…
Violetta
E lo potrei?
Alfredo
Se mia
foste, custode io veglierei pe’ vostri
soavi dì.
Violetta
Che dite?… ha forse alcuno
cura di me?
Alfredo
(con fuoco)
Perché nessuno al mondo
v’ama…
Violetta
Nessun?…
Alfredo
Tranne sol io.
Violetta
(ridendo)
Gli è vero!…
Sì grande amor dimenticato avea…
Alfredo
Ridete!… e in voi v’ha un core?…
Violetta
Un cor?… sì… forse… e a che lo richiedete?…
Alfredo
Oh se ciò fosse, non potreste allora
celiar…
Violetta
Dite davvero?…
Alfredo
Io non v’inganno.
Violetta
Da molto è che mi amate?…
Alfredo
Ah sì, da un anno.
Un dì felice eterea
mi balenaste innante,
e da quel dì tremante
vissi d’ignoto amor.
Di quell’amor ch’è l’anima
dell’universo intero,
misterïoso, altero,
pena e delizia al cor.
Violetta
Ah, se ciò è ver, fuggitemi…
Solo amistade io v’offro;
amar non so, né soffro
di così eroico ardor.
Io sono franca, ingenua;
altra cercar dovete;
non arduo troverete
dimenticarmi allor.
Gastone
(si presenta sulla porta di mezzo)
Ebben?… che diavol fate?
Violetta
Si folleggiava…
Gastone
Ah! ah!… sta ben… restate.
(rientra)
Violetta
(ad Alfredo)
Amor dunque non più… Vi garba il patto?…
Alfredo
Io v’obbedisco… Parto…
(per andarsene)
Violetta
A tal giungeste?
(si toglie un fiore dal seno)
Prendete questo fiore.
Alfredo
Perché?…
Violetta
Per riportarlo…
Alfredo
(tornando)
Quando?
Violetta
Quando
sarà appassito.
Alfredo
Allor domani…
Violetta
Ebbene:
domani.
Alfredo
(prende con trasporto il fiore)
Io son felice!
Violetta
D’amarmi dite ancora?
Alfredo
(per partire)
Oh quanto v’amo!…
Violetta
Partite?…
Alfredo
(torna a lei e le bacia la mano)
Parto.
Violetta
Addio.
Alfredo
Di più non bramo.
(esce)
Scena IV.
Violetta e tutti gli altri che tornano dalla sala riscaldati dalle danze.
Tutti
Si ridesta in ciel l’aurora,
e n’è forza ripartir;
mercé a voi, gentil signora,
di sì splendido gioir.
La città di feste è piena,
volge il tempo dei piacer;
nel riposo ancor la lena
si ritempri per goder.
(partono dalla destra)
Scena V.
Violetta sola.
Violetta
È strano!… è strano!… in core
scolpiti ho quegli accenti!…
Saria per mia sventura un serio amore?…
Che risolvi, o turbata anima mia?…
Null’uomo ancora t’accendeva… oh gioia
ch’io non conobbi, essere amata amando!…
E sdegnarla poss’io
per l’aride follie del viver mio?
Ah forse è lui che l’anima
solinga ne’ tumulti
godea sovente pingere
de’ suoi colori occulti!…
Lui che modesto e vigile
all’egre soglie ascese,
e nuova febbre accese
destandomi all’amor.
A quell’amor ch’è palpito
dell’universo intero,
misterïoso, altero,
pena e delizia al cor.
A me fanciulla un candido
e trepido desire
questi effigiò dolcissimo
signor dell’avvenire,
quando ne’ cieli il raggio
di sua beltà vedea,
e tutta me pascea
di quel divino error.
Sentia che amore è il palpito
dell’universo intero,
misterïoso, altero,
pena e delizia al cor!
(resta concentrata un istante, poi dice)
Follie!… follie!… delirio vano è questo!…
In quai sogni mi perdo,
povera donna, sola,
abbandonata in questo
popoloso deserto
che appellano Parigi,
che spero or più?… che far degg’io?… gioire.
Di voluttà nei vortici finire.
Sempre libera degg’io
trasvolar di gioia in gioia,
perché ignoto al viver mio
nulla passi del piacer.
Nasca il giorno, il giorno muoia
sempre me la stessa trovi;
le dolcezze a me rinnovi
ma non muti il mio pensier.
(entra a sinistra)
Fine dell’Atto primo.
Atto secondo
Scena I.
Casa di campagna presso Parigi. – Salotto terreno. Nel fondo in faccia agli spettatori è un camino, sopra il quale uno specchio ed un orologio, fra due porte chiuse da cristalli, che mettono ad un giardino. Al primo piano due altre porte, una di fronte all’altra. – Sedie, tavolini, qualche libro, l’occorrente per iscrivere.
Alfredo entra in costume di caccia.
Alfredo
(depone il fucile)
Lunge da lei per me non v’ha diletto!…
Volaron già tre lune
dacché la mia Violetta
agi per me lasciò, dovizie, amori,
e le pompose feste,
ove, agli omaggi avvezza,
vedea schiavo ciascun di sua bellezza…
Ed or contenta in questi ameni luoghi
solo esiste per me… qui presso a lei
io rinascer mi sento,
e dal soffio d’amor rigenerato
scordo ne’ gaudii suoi tutto il passato.
De’ miei bollenti spiriti
il giovanile ardore
ella temprò col placido
sorriso dell’amore!
Dal dì che disse: Vivere
io voglio a te fedel,
dell’universo immemore
mi credo quasi in ciel.
Scena II.
Detto ed Annina in arnese da viaggio.
Alfredo
Annina, donde vieni?
Annina
Da Parigi.
Alfredo
Chi tel commise?
Annina
Fu la mia signora.
Alfredo
Perché?
Annina
Per alienar cavalli, cocchi,
e quanto ancor possiede…
Alfredo
Che mai sento!
Annina
Lo spendio è grande a viver qui solinghi…
Alfredo
E tacevi?…
Annina
Mi fu il silenzio imposto.
Alfredo
Imposto!… e v’abbisognan?…
Annina
Mille luigi.
Alfredo
Or vanne… andrò a Parigi…
questo colloquio ignori la signora…
il tutto valgo a riparare ancora…
(Annina parte)
Scena III.
Alfredo solo.
Alfredo
Oh mio rimorso!… Oh infamia!…
E vissi in tale errore!…
Ma il turpe sonno a frangere
il ver mi balenò.
Per poco in seno acquetati,
o grido dell’onore,
m’avrai securo vindice,
quest’onta laverò.
(esce)
Scena IV.
Violetta ch’entra con alcune carte, parlando con Annina, poi Giuseppe a tempo.
Violetta
Alfredo?
Annina
Per Parigi or or partiva.
Violetta
E tornerà?…
Annina
Pria che tramonti il giorno…
dirvel m’impose…
Violetta
È strano!…
Giuseppe
(le presenta una lettera)
Per voi…
Violetta
(prende la lettera)
Sta bene. – In breve
giungerà un uom d’affari… entri all’istante…
(Annina e Giuseppe escono)
Scena V.
Violetta quindi il sig. Germont, introdotto da Giuseppe, che, avanzate due sedie, riparte.
Violetta
(legge la lettera)
Ah! ah!… scopriva Flora il mio ritiro!…
E m’invita a danzar per questa sera!…
Invan m’aspetterà…
(getta il foglio sul tavolino e siede)
Giuseppe
Giunse un signore…
Violetta
(Ah! sarà lui che attendo…)
(accenna a Giuseppe d’introdurlo)
Germont
Madamigella Valéry?…
Violetta
Son io.
Germont
D’Alfredo il padre in me vedete.
Violetta
Voi!
(sorpresa gli accenna di sedere)
Germont
(sedendo)
Sì, dell’incauto che a rovina corre
ammaliato da voi.
Violetta
(risentita alzandosi)
Donna son io, signore, ed in mia casa;
ch’io vi lasci assentite
più per voi che per me.
(per uscire)
Germont
(Quai modi!) Pure…
Violetta
(torna a sedere)
Tratto in error voi foste…
Germont
De’ suoi beni
dono vuol farvi…
Violetta
Non l’osò finora…
Rifiuterei.
Germont
Pur tanto lusso…
Violetta
A tutti
è mistero quest’atto… A voi nol sia…
(gli dà le carte)
Germont
(dopo averle scorse coll’occhio)
D’ogni avere pensate dispogliarvi!…
Ah il passato perché, perché vi accusa?…
Violetta
Più non esiste… or amo Alfredo, e Dio
lo cancellò col pentimento mio.
Germont
Nobili sensi invero!…
Violetta
Oh come dolce
mi suona il vostro accento!…
Germont
(alzandosi)
Ed a tai sensi
un sagrifizio chieggo…
Violetta
(alzandosi)
Ah no… tacete…
Terribil cosa chiedereste certo…
il previdi… v’attesi… era felice
troppo…
Germont
D’Alfredo il padre,
la sorte, l’avvenir domanda or qui
de’ suoi due figli…
Violetta
Di due figli!…
Germont
Sì.
Pura siccome un angelo
Iddio mi dié una figlia;
se Alfredo nega riedere
in seno alla famiglia,
l’amato e amante giovane,
cui sposa andar dovea,
or si ricusa al vincolo
che lieti ne rendea.
Deh non mutate in triboli
le rose dell’amor…
a’ prieghi miei resistere
non voglia il vostro cor.
Violetta
Ah! comprendo… dovrò per alcun tempo
da Alfredo allontanarmi… doloroso
fora per me… pur…
Germont
Non è ciò che chiedo…
Violetta
Cielo!… che più cercate?… offersi assai…
Germont
Pur non basta.
Violetta
Volete che per sempre
a lui rinunzi?…
Germont
È duopo.
Violetta
No… giammai.
Non sapete quale affetto
vivo, immenso m’arda il petto?…
che né amici né parenti
io non conto tra’ viventi?…
e che Alfredo m’ha giurato
che in lui tutto io troverò?…
Non sapete che colpita
d’atro morbo è la mia vita?
che già presso il fin ne vedo?…
Ch’io mi separi da Alfredo!…
Ah il supplizio è si spietato,
che morir preferirò.
Germont
È grave il sagrifizio,
ma pur tranquilla udite…
Bella voi siete e giovane…
col tempo…
Violetta
Ah più non dite.
V’intendo… m’è impossibile…
lui solo amar vogl’io…
Germont
Sia pure… ma volubile
sovente è l’uom…
Violetta
(colpita)
Gran Dio!
Germont
Un dì, quando le veneri
il tempo avrà fugate,
fia presto il tedio a sorgere…
Che sarà allor?… pensate…
Per voi non avran balsamo
i più soavi affetti;
poiché dal ciel non furono
tai nodi benedetti…
Violetta
È vero!…
Germont
Ah dunque sperdasi
tal sogno seduttore,
siate di mia famiglia
l’angiol consolatore…
Violetta, deh pensateci,
ne siete in tempo ancor!…
È Dio che ispira, o giovane,
tai detti a un genitor.
Violetta
(Così alla misera, – ch’è un dì caduta,
di più risorgere – speranza è muta!…
Se pur benefico – le indulga il cielo
l’uomo implacabile – per lei sarà…)
(a Germont piangendo)
Dite alla giovane – sì bella e pura
ch’avvi una vittima – della sventura,
cui resta un unico – raggio di bene…
che a lei il sagrifica – e che morrà!
Germont
Sì, piangi, o misera… – supremo, il veggo,
è il sagrifizio – ch’or io ti chieggo…
sento nell’anima – già le tue pene…
coraggio… e il nobile – cor vincerà.
(silenzio)
Violetta
Or imponete.
Germont
Non amarlo ditegli.
Violetta
Nol crederà.
Germont
Partite.
Violetta
Seguirammi.
Germont
Allor…
Violetta
Qual figlia m’abbracciate… forte
così sarò…
(s’abbracciano)
Tra breve ei vi fia reso,
ma afflitto oltre ogni dire… a suo conforto
di colà volerete…
(indicandogli il giardino, va per iscrivere)
Germont
Or che pensate?
Violetta
Sapendol, v’opporreste al pensier mio.
Germont
Generosa!… e per voi che far poss’io?…
Violetta
(tornando a lui)
Morrò!… la mia memoria
non fia ch’ei maledica,
se le mie pene orribili
vi sia chi almen gli dica.
Conosca il sagrifizio
ch’io consumai d’amor…
che sarà suo fin l’ultimo
sospiro del mio cor.
Germont
No, generosa, vivere
e lieta voi dovrete;
mercé di queste lagrime
dal cielo un giorno avrete;
premiato il sagrifizio
sarà del vostro cor…
d’un opra così nobile
andrete fiera allor.
Violetta
Qui giunge alcun, partite!…
Germont
Ah grato v’è il cor mio!…
Violetta
Non ci vedrem più forse…
(s’abbracciano)
a 2
Felice siate… Addio!…
Germont
(esce per la porta del giardino)
Scena VI.
Violetta, poi Annina, quindi Alfredo.
Violetta
Dammi tu forza, o cielo!
(siede, scrive, poi suona il campanello)
Annina
Mi richiedeste?
Violetta
Sì, reca tu stessa
questo foglio…
Annina
(ne guarda la direzione, e se ne mostra sorpresa)
Violetta
Silenzio… va all’istante.
(Annina esce)
Ed ora si scriva a lui…
Che gli dirò?… chi men darà il coraggio!
(scrive e poi suggella)
Alfredo
Violetta che fai?…
Violetta
(nascondendo la lettera)
Nulla.
Alfredo
Scrivevi?
Violetta
(confusa)
No… sì…
Alfredo
Qual turbamento!… a chi scrivevi?…
Violetta
A te…
Alfredo
Dammi quel foglio.
Violetta
No, per ora…
Alfredo
Mi perdona… son io preoccupato.
Violetta
(alzandosi)
Che fu!!…
Alfredo
Giunse mio padre…
Violetta
Lo vedesti?
Alfredo
No, no, un severo scritto mi lasciava…
ma verrà… t’amerà solo in vederti…
Violetta
(molto agitata)
Ch’ei qui non mi sorprenda…
lascia che m’allontani… tu lo calma…
(male frenando il pianto)
Ai suoi piedi mi getterò… divisi
ei più non ne vorrà… sarem felici…
perché tu m’ami, Alfredo, non è vero?…
Alfredo
Oh quanto!… perché piangi?…
Violetta
Di lacrime avea duopo… or son tranquilla.
(forzandosi)
Lo vedi?… ti sorrido…
Sarò là, tra quei fior, presso a te sempre…
Amami, Alfredo, quant’io t’amo… Addio.
(corre in giardino)
Scena VII.
Alfredo, poi Giuseppe, indi un Commissionario a tempo.
Alfredo
Ah vive sol quel core all’amor mio!…
(siede, prende a caso un libro, legge alquanto, quindi s’alza, guarda l’ora sull’orologio sovrapposto al camino)
È tardi, ed oggi forse
più non verrà mio padre.
Giuseppe
(entrando frettoloso)
La signora è partita…
l’attendeva un calesse, e sulla via
già corre di Parigi… Annina pure
prima di lei spariva.
Alfredo
Il so, ti calma…
Giuseppe
(Che vuol dir ciò!)
(esce)
Alfredo
Va forse d’ogni avere
ad affrettar la perdita… ma Annina
la impedirà…
(si vede il padre attraversare in lontano il giardino)
Qualcuno è nel giardino!…
(per uscire)
Chi è là?…
Commissionario
(sulla porta)
Il signor Germont?
Alfredo
Son io.
Commissionario
Una dama
da un cocchio, per voi, di qua non lunge
mi diede questo scritto…
(dà una lettera ad Alfredo, ne riceve qualche moneta, e parte)
Scena VIII.
Alfredo, poscia il signor Germont ch’entra dal giardino.
Alfredo
Di Violetta!… Perché son io commosso?…
A raggiungerla forse ella m’invita…
Io tremo!… oh ciel!… coraggio!…
(apre e legge)
Alfredo, al giungervi di questo foglio…
(come fulminato grida)
Ah!…
(volgendosi si trova a fronte del padre, nelle cui braccia si abbandona, esclamando)
Padre mio!
Germont
Mio figlio!…
Oh quanto soffri… tergi, ah tergi il pianto,
ritorna di tuo padre orgoglio e vanto.
Alfredo
(disperato siede presso il tavolino col volto tra le mani)
Germont
Di Provenza il mare, il suol – chi dal cor ti cancello?
Al natio fulgente sol – qual destino ti furò?…
Oh rammenta pur nel duol – ch’ivi gioia a te brillò,
e che pace colà sol – su te splendere ancor può.
Dio mi guidò!
Ah il tuo vecchio genitor – tu non sai quanto soffrì!…
Te lontano, di squallor – il suo tetto si coprì…
Ma se alfin ti trovo ancor, – se in me speme non fallì,
se la voce dell’onor – in te appien non ammutì…
Dio m’esaudì!
(abbracciandolo)
Né rispondi d’un padre all’affetto?
Alfredo
Mille furie divoranmi il petto…
(respingendolo)
Mi lasciate…
Germont
Lasciarti!…
Alfredo
(risoluto)
(Oh vendetta!)
Germont
Non più indugi, partiamo… t’affretta…
Alfredo
(Ah fu Douphol!)
Germont
M’ascolti tu?
Alfredo
No.
Germont
Dunque invano trovato t’avrò?
No, non udrai rimproveri;
copriam d’oblio il passato;
l’amor che m’ha guidato
sa tutto perdonar.
Vieni, i tuoi cari in giubilo
con me rivedi ancora;
a chi penò finora
tal gioia non niegar.
Un padre ed una suora
t’affretta a consolar.
Alfredo
(scuotendosi, getta a caso gli occhi sulla tavola, e vede la lettera di Flora, la scorre ed esclama)
Ah!… ell’è alla festa!… volisi
l’offesa a vendicar.
(fugge precipitoso seguìto dal padre)
Scena IX.
Galleria nel palazzo di Flora, riccamente addobbata e illuminata. Una porta nel fondo e due laterali. A destra più avanti un tavoliere, con quanto occorre pel giuoco, a sinistra, ricco tavolino con fiori e rinfreschi, varie sedie e un divano.
Flora, il Marchese, il Dottore, ed altri invitati entrano dalla sinistra discorrendo tra loro.
Flora
Avrem lieta di maschere la notte;
n’è duce il Viscontino…
Violetta ed Alfredo anco invitai…
Marchese
La novità ignorate?…
Violetta e Germont sono disgiunti.
Dottore e Flora
Fia vero?…
Marchese
Ella verrà qui col barone.
Dottore
Li vidi ieri ancor!… parean felici.
(s’ode romore a destra)
Flora
Silenzio… Udite?…
Tutti
(vanno verso la destra)
Giungono gli amici.
Scena X.
Detti, e molte signore mascherate da Zingare, che entrano dalla destra.
Zingare
Noi siamo zingarelle
venute di lontano;
d’ognuno sulla mano
leggiamo l’avvenir.
Se consultiam le stelle
null’avvi a noi d’oscuro,
e i casi del futuro
possiamo altrui predir.
I.
(prendono la mano a Flora e la osservano)
Vediamo?… Voi signora
rivali alquante avete…
II.
(fanno lo stesso al Marchese)
Marchese, voi non siete
model di fedeltà.
Flora
(al Marchese)
Fate il galante ancora?
Ben… vo’ me la paghiate…
Marchese
(a Flora)
Che diacin vi pensate?…
L’accusa è falsità.
Flora
La volpe lascia il pelo,
non abbandona il vizio…
Marchese mio, giudizio,
o vi farò pentir.
Tutti
Su via si stenda un velo
sui fatti del passato;
già quel ch’è stato è stato,
badate/badiamo all’avvenir.
(Flora ed il Marchese si stringono la mano)
Scena XI.
Detti, Gastone ed altri mascherati da Mattadori e Piccadori spagnoli, ch’entrano vivacemente dalla destra.
Gastone, Mattadori
Di Madride noi siam mattadori,
siamo i prodi del circo de’ tori;
testé giunti a godere del chiasso
che a Parigi si fa pel Bue grasso;
e una storia, se udire vorrete,
quali amanti noi siamo, saprete.
Gli altri
Sì, sì, bravi, narrate, narrate,
con piacere l’udremo…
Gastone, Mattadori
Ascoltate.
È Piquillo un bel gagliardo
biscaglino mattador,
forte il braccio, fiero il guardo,
delle giostre egli è signor.
D’andalusa giovinetta
follemente innamorò;
ma la bella ritrosetta
così al giovane parlò:
Cinque tori in un sol giorno
vo’ vederti ad atterrar.
E se vinci, al tuo ritorno
mano e cor ti vo’ donar.
Sì, gli disse, e il mattadore
alle giostre mosse il piè;
cinque tori vincitore
sull’arena egli stendé.
Gli altri
Bravo invero il mattadore,
ben gagliardo si mostrò,
se alla giovane l’amore
in tal guisa egli provò!
Gastone, Mattadori
Poi tra plausi ritornato
alla bella del suo cor,
colse il premio disïato
tra le braccia dell’amor.
Gli altri
Con tai prove i mattadori
san le amanti conquistar!!
Gastone, Mattadori
Ma qui son più miti i cori,
a noi basta folleggiar…
Tutti
Sì, sì, allegri… Or pria tentiamo
della sorte il vario umor;
la palestra dischiudiamo
agli audaci giocator.
(gli uomini si tolgono la maschera, e chi passeggia, chi si accinge a giocare)
Scena XII.
Detti ed Alfredo, quindi Violetta col Barone; un Servo a tempo.
Tutti
Alfredo!… Voi!…
Alfredo
Sì, amici…
Flora
Violetta?
Alfredo
Non ne so.
Tutti
Ben disinvolto!… Bravo!… Or via, giocar si può.
Gastone
(si pone a tagliare, Alfredo ed altri puntano)
Violetta
(entra al braccio del Barone)
Flora
(andandole incontro)
Qui desïata giungi…
Violetta
Cessi al cortese invito.
Flora
Grata vi son, barone, d’averlo pur gradito.
Barone
(piano a Violetta)
Germont è qui!… il vedete?…
Violetta
(Cielo! egli è vero!)
(piano)
Il vedo.
Barone
(piano)
Da voi non un sol detto si volga a questo Alfredo.
Violetta
(da sé)
(Ah perché venni! incauta!… pietà di me, gran Dio!)
Flora
Meco t’assidi, narrami: quai novità vegg’io?…
(fa sedere Violetta presso di sé sul divano; il Dottore si avvicina ad esse che sommessamente conversano; il Marchese si trattiene a parte col Barone, Gastone taglia, Alfredo ed altri puntano, altri passeggiano)
Alfredo
Un quattro!
Gastone
Ancora hai vinto.
Alfredo
Sfortuna nell’amore
vale fortuna al gioco…
(punta e vince)
Tutti
È sempre vincitore!…
Alfredo
Oh vincerò stassera; e l’oro guadagnato
poscia a goder fra’ campi ritornerò beato.
Flora
Solo?
Alfredo
No, no, con tale, che vi fu meco ancor.
Poi mi sfuggia…
Violetta
(Mio Dio!)
Gastone
(ad Alfredo indicando Violetta)
(Pietà di lei.)
Barone
(ad Alfredo con mal frenata ira)
Signor!…
Violetta
(piano al Barone)
Frenatevi, o vi lascio.
Alfredo
(disinvolto)
Barone, m’appellaste?
Barone
(ironico)
Siete in sì gran fortuna, che al gioco mi tentaste…
Alfredo
Sì!… la disfida accetto…
Violetta
(Che fia?… morir mi sento!)
Barone
(punta)
Cento luigi a destra…
Alfredo
(punta)
Ed alla manca cento…
Gastone
(ad Alfredo)
Un asso… un fante… hai vinto!…
Barone
Il doppio?…
Alfredo
Il doppio sia.
Gastone
(tagliando)
Un quattro… un sette…
Tutti
Ancora!…
Alfredo
Pur la vittoria è mia!
Coro
Bravo davver!… la sorte è tutta per Alfredo!…
Flora
Del villeggiar la spesa farà il baron, già il vedo.
Alfredo
(al Barone)
Seguite pur…
Servo
La cena è pronta.
Flora
Andiamo.
Coro
Andiamo.
(s’avviano)
Alfredo
(tra loro a parte)
Se continuar v’aggrada…
Barone
Per ora nol possiamo.
Più tardi la rivincita.
Alfredo
Al gioco che vorrete.
Barone
Seguiam gli amici, poscia…
Alfredo
Sarò qual mi vorrete.
Tutti
(entrano nella porta di mezzo; la scena rimane un istante vuota)
Scena XIII.
Violetta che ritorna affannata indi Alfredo.
Violetta
Invitato a qui seguirmi,
verrà desso?… vorrà udirmi?…
Ei verrà… ché l’odio atroce
puote in lui più di mia voce…
Alfredo
Mi chiamaste?… che bramate?…
Violetta
Questi luoghi abbandonate,
un periglio vi sovrasta…
Alfredo
Ah comprendo!… Basta… basta…
E sì vile mi credete?…
Violetta
Ah, no, mai…
Alfredo
Ma che temete?. .
Violetta
Tremo sempre del barone…
Alfredo
È tra noi mortal quistione…
S’ei cadrà per mano mia
un sol colpo vi torria
coll’amante il protettore…
V’atterrisce tal sciagura?
Violetta
Ma s’ei fosse l’uccisore!…
Ecco l’unica sventura…
ch’io pavento a me fatale.
Alfredo
La mia morte!… che ven cale?
Violetta
Deh partite, e sull’istante.
Alfredo
Partirò, ma giura innante
che dovunque seguirai
i miei passi…
Violetta
Ah no, giammai.
Alfredo
No!… giammai!…
Violetta
Va, sciagurato!
scorda un nome ch’è infamato…
va… mi lascia sul momento…
di fuggirti un giuramento
sacro io feci…
Alfredo
E chi potea?…
Violetta
Chi diritto pien ne avea.
Alfredo
Fu Douphol?…
Violetta
(con supremo sforzo)
Sì.
Alfredo
Dunque l’ami?
Violetta
Ebben… l’amo…
Alfredo
(corre furente a spalancare la porta, e grida)
Or tutti a me.
Scena XIV.
Detti, e Tutti i precedenti, che confusamente ritornano.
Tutti
Ne appellaste?… che volete?…
Alfredo
(additando Violetta che abbattuta si appoggia al tavolino)
Questa donna conoscete?
Tutti
Chi?… Violetta?
Alfredo
Che facesse
non sapete?
Violetta
Ah taci.
Tutti
No.
Alfredo
Ogni suo aver tal femmina
per amor mio sperdea…
Io cieco, vile, misero,
tutto accettar potea.
Ma è tempo ancora, tergermi
da tanta macchia bramo…
qui testimon vi chiamo
ch’ora pagata io l’ho.
(getta con furente sprezzo una borsa ai pie’ di Violetta che sviene tra le braccia di Flora e del Dottore. In tale momento entra il padre)
Scena XV.
Detti, ed il signore Germont, ch’entra alle ultime parole.
Tutti
Oh infamia orribile
tu commettesti!…
Un cor sensibile
così uccidesti!…
Di donne ignobile
insultator,
di qua allontanati,
ne desti orror.
Germont
(con dignitoso fuoco)
Di sprezzo degno sé stesso rende
chi pur nell’ira la donna offende…
Dov’è mio figlio?… più non lo vedo;
in te più Alfredo – trovar non so.
(Io sol fra tanti so qual virtude
di quella misera il sen racchiude…
io so che l’ama, che gli è fedele;
eppur crudele tacer dovrò!)
Alfredo
(da sé)
(Ah sì!… che feci!… ne sento orrore!…
Gelosa smania, deluso amore
mi strazian l’alma… più non ragiono…
da lei perdono – più non avrò.
Volea fuggirla, non ho potuto…
dall’ira spinto son qui venuto!…
Or che lo sdegno ho disfogato,
me sciagurato!… rimorso io n’ho!)
Violetta
(riavendosi)
Alfredo, Alfredo, di questo core
non puoi comprendere tutto l’amore…
tu non conosci che fino a prezzo
del tuo disprezzo – provato io l’ho.
Ma verrà giorno, in che il saprai…
com’io t’amassi confesserai…
Dio dai rimorsi ti salvi allora…
io spenta ancora – pur t’amerò.
Barone
(piano ad Alfredo)
A questa donna l’atroce insulto
qui tutti offese, ma non inulto
fia tanto oltraggio… provar vi voglio
che tanto orgoglio – fiaccar saprò.
Tutti
(a Violetta)
Ahi quanto peni… ma pur fa core…
qui soffre ognuno del tuo dolore;
fra cari amici qui sei soltanto,
rasciuga il pianto che t’innondò.
(il signor Germont trae seco il figlio, il Barone li segue. Violetta è condotta in altra stanza dal Dottore e da Flora; gli altri si disperdono)
Fine dell’Atto secondo.
Atto terzo
Scena I.
Camera da letto di Violetta. Nel fondo è un letto con cortine mezzo tirate; una finestra chiusa da imposte interne; presso il letto uno sgabello su cui una bottiglia d’acqua, una tazza di cristallo, diverse medicine. A metà della scena una toilette, vicino un canapè; più distante un altro mobile su cui arde un lume da notte, varie sedie ed altri mobili. La porta è a sinistra; di fronte v’è un caminetto con fuoco acceso.
Violetta dorme sul letto. Annina seduta presso il caminetto è pure addormita.
Violetta
(destandosi)
Annina?…
Annina
(svegliandosi confusa)
Comandate?…
Violetta
Dormivi, poveretta?
Annina
Sì, perdonate…
Violetta
Dammi d’acqua un sorso.
Annina
(eseguisce)
Violetta
Osserva, è pieno il giorno?
Annina
Son sett’ore.
Violetta
Dà accesso a un po’ di luce…
Annina
(apre le imposte, e guarda nella via)
Il signore Grenvil!…
Violetta
Oh il vero amico!…
Alzar mi vo’… m’aita…
(si alza e ricade; poi sostenuta da Annina va lentamente verso il canapè, ed il Dottore entra in tempo per assisterla ad adagiarvisi. Annina vi aggiunge dei cuscini)
Scena II.
Dette, ed il Dottore.
Violetta
Quanta bontà!… pensaste a me per tempo!…
Dottore
Or come vi sentite?
(le tocca il polso)
Violetta
Soffre il mio corpo, ma tranquilla ho l’alma.
Al ciel la prece fervorosa io volsi
che di conforto un raggio a me recò.
Dottore
E questa notte?
Violetta
Ebbi tranquillo il sonno.
Dottore
Coraggio adunque… la convalescenza
non è lontana…
Violetta
Oh la bugia pietosa
a’ medici è concessa…
Dottore
Addio… a più tardi.
(le stringe la mano)
Violetta
Non mi scordate.
Annina
(piano al Dottore accompagnandolo)
Come va, signore?
Dottore
(piano, e parte)
La tisi non le accorda che poch’ore.
Scena III.
Violetta e Annina.
Annina
Or fate cor…
Violetta
Giorno di festa è questo?…
Annina
Tutta Parigi impazza… è carnovale…
Violetta
Oh nel comun tripudio, sallo Iddio
quanti infelici gemon!… Quale somma
v’ha in quello stipo?
Annina
(apre e conta)
Venti luigi.
Violetta
Dieci ne reca ai poveri tu stessa.
Annina
Poco rimanvi allora…
Violetta
(sospirando)
Oh mi sarà bastante!…
Cerca poscia mie lettere.
Annina
Ma voi?…
Violetta
Nulla occorrà… sollecita, se puoi.
(Annina esce)
Scena IV.
Violetta che trae dal seno una lettera e legge.
Violetta
Teneste la promessa… La disfida
ebbe luogo; il barone fu ferito,
però migliora… Alfredo
è in stranio suolo; il vostro sagrifizio
io stesso gli ho svelato.
Egli a voi tornerà pel suo perdono;
io pur verrò… Curatevi… mertate
un avvenir migliore. –
Giorgio Germont…
(desolata)
– È tardi!…
Attendo, attendo… né a me giungon mai!…
(si guarda nello specchio)
Oh come son mutata!…
Ma il Dottore a sperar pure m’esorta!…
Ah! con tal morbo ogni speranza è morta!…
Addio del passato bei sogni ridenti,
le rose del volto già sono pallenti;
l’amore d’Alfredo pur esso mi manca,
conforto, sostegno dell’anima stanca…
Ah della infelice sorridi al desio,
a lei deh perdona, tu accoglila, o Dio.
Or tutto finì.
Le gioie, i dolori fra poco avran fine;
la tomba ai mortali di tutto è confine!…
Non lacrima o fiore avrà la mia fossa,
non croce col nome che copra quest’ossa!
Ah, della infelice sorridi al desio,
a lei deh perdona, tu accoglila, o Dio.
Or tutto finì.
(siede)
Coro baccanale esterno
Largo al quadrupede
sir della festa,
di fiori e pampini
cinto la testa…
Largo al più docile
d’ogni cornuto,
di corni e pifferi
abbia il saluto.
Parigini, date passo
al trionfo del Bue grasso.
L’Asia, né l’Africa
vide il più bello,
vanto ed orgoglio
d’ogni macello…
Allegre maschere,
pazzi garzoni,
tutti plauditelo
con canti e suoni.
Parigini, date passo
al trionfo del Bue grasso.
Scena V.
Detta ed Annina, che torna frettolosa.
Annina
(esitando)
Signora…
Violetta
Che t’accadde?
Annina
Quest’oggi, è vero?… vi sentite meglio?…
Violetta
Sì, perché?
Annina
D’esser calma promettete?
Violetta
Sì, che vuoi dirmi?…
Annina
Prevenir vi volli…
una gioia improvvisa…
Violetta
Una gioia!… dicesti?…
Annina
Sì, o signora…
Violetta
Alfredo!… Ah tu il vedesti!… ei vien!… l’affretta…
(Annina afferma col capo, e va ad aprire la porta)
Scena VI.
Violetta, Alfredo e Annina.
Violetta
(andando verso l’uscio)
Alfredo?…
Alfredo
(comparisce pallido pella commozione, ed ambidue, gettandosi le braccia al collo, esclamano)
Violetta
Amato Alfredo!…
Alfredo
Mia Violetta!…
Colpevol sono… so tutto, o cara…
Violetta
Io so che alfine reso mi sei!…
Alfredo
Da questo palpito s’io t’ami impara,
senza te esistere più non potrei.
Violetta
Ah s’anco in vita m’hai ritrovata,
credi che uccidere non può il dolor.
Alfredo
Scorda l’affanno, donna adorata,
a me perdona e al genitor.
Violetta
Ch’io ti perdoni?… la rea son io;
ma solo amore tal mi rendé…
a 2
Null’uomo, o demone, angelo mio,
mai più staccarti potrà da me.
Parigi, o cara/caro, noi lascieremo,
la vita uniti trascorreremo:
de’ corsi affanni compenso avrai,
la tua/mia salute rifiorirà.
Sospiro e luce tu mi sarai,
tutto il futuro ne arriderà.
Violetta
Ah non più… a un tempio… Alfredo, andiamo,
del tuo ritorno grazie rendiamo…
(vacilla)
Alfredo
Tu impallidisci!…
Violetta
È nulla, sai?…
Gioia improvvisa non entra mai
senza turbarlo in mesto core…
(si abbandona come sfinita sopra una sedia col capo cadente all’indietro)
Alfredo
(spaventato sorreggendola)
Gran Dio!… Violetta!…
Violetta
(sforzandosi)
È il mio malore…
fu debolezza… ora son forte…
(sforzandosi)
vedi?… sorrido…
Alfredo
(desolato)
(Ahi cruda sorte!…)
Violetta
Fu nulla… Annina, dammi a vestire…
Alfredo
Adesso!… Attendi…
Violetta
(alzandosi)
No… voglio uscire.
Annina
(le presenta una veste ch’ella fa per indossare, e impeditane dalla debolezza esclama)
Gran Dio!… non posso!…
(getta con dispetto la veste e ricade sulla sedia)
Alfredo
(Cielo!… che vedo!…)
(ad Annina)
Va pel dottore…
Violetta
(ad Annina)
Digli… che Alfredo
è ritornato all’amor mio…
digli che vivere ancor vogl’io…
Annina
(parte)
Violetta
(ad Alfredo)
Ma se tornando non m’hai salvato,
a niuno in terra salvarmi è dato.
Scena VII.
Violetta e Alfredo.
Violetta
Oh ciel!… morir sì giovane,
io che penato ho tanto!…
Morir sì presso a tergere
il mio sì lungo pianto!
Ah dunque fu delirio
la credula speranza;
invano di costanza
armato avrò il mio cor!…
Alfredo… oh il crudo termine
serbato al nostro amor!…
Alfredo
Oh mio sospiro, oh palpito
diletto del cor mio!…
le mie colle tue lacrime
confondere degg’io…
Or più che mai, nostr’anime
han duopo di costanza…
Ah tutto alla speranza
non chiudere il tuo cor!
Violetta mia, deh calmati,
m’uccide il tuo dolor.
(Violetta s’abbandona sul canapè)
Scena ultima.
Detti, Annina, il signor Germont ed il Dottore.
Germont
(entrando)
Ah Violetta!…
Violetta
Voi, signor!…
Alfredo
Mio padre!…
Violetta
Non mi scordaste?
Germont
La promessa adempio…
a stringervi qual figlia vengo al seno,
o generosa.
Violetta
Oimè, tardi giungeste!…
Pure, grata ven sono…
(lo abbraccia)
Grenvil, vedete?… tra le braccia ïo spiro
di quanti ho cari al mondo…
Germont
Che mai dite!
(la osserva)
(Oh cielo!… è ver!)
Alfredo
La vedi, padre mio?
Germont
Di più non lacerarmi…
troppo rimorso l’alma mi divora…
quasi fulmin m’atterra ogni suo detto…
Oh mal cauto vegliardo!…
Ah tutto il mal ch’io feci ora sol vedo!
Violetta
(frattanto avrà aperto a stento un ripostiglio della toilette e toltone un medaglione dice)
Prendi, quest’è l’immagine
de’ miei passati giorni,
a rammentar ti torni
colei che sì t’amò.
Se una pudica vergine
degli anni suoi nel fiore
a te donasse il core…
sposa ti sia… lo vo’.
Le porgi questa effigie,
dille che dono ell’è
di chi all’estremo palpito
prega per lei, per te.
Alfredo
No, non morrai, non dirmelo,
dêi vivere, amor mio…
a strazio così orribile
qui non mi trasse Iddio.
Sì presto, ah no, dividerti
morte non può da me…
Ah vivi, o un solo feretro
m’accoglierà con te.
Germont
Cara, sublime vittima
d’un generoso amore,
perdonami lo strazio
recato al tuo bel core.
Germont, Dottore, Annina
Finché avrà il ciglio lacrime
io piangerò per te;
cessi il penare, o misera.
Il ciel ti chiama a sé.
Violetta
(alzandosi rianimata)
È strano!…
Tutti
Che!
Violetta
Cessarono
gli spasmi del dolore.
In me rinasce… m’anima
insolito vigore!…
(trasalendo)
Ah! io ritorno a vivere!…
Oh gio… ia!…
(ricade sul canapè)
Tutti
O cielo!… muor!…
Alfredo
Violetta?…
Tutti
Oh Dio, soccorrasi…
Dottore
(dopo averle toccato il polso)
È spenta!…
Tutti
Oh rio/mio dolor!
(Quadro e cade la tela.)