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PRIN 2012 - Accademia della Crusca
Atti diversi. — Relazione e convalidamelo dell'elezione di Macomer — Deliberazione di rinnovamento dell'inchiesta giudiziaria sull'elezione di Pontremoli. — Presentazione della relazione sullo schema di legge per opere di difesa al golfo della Spezia e per la fabbricazione di artiglierie. — Seguito della discussione dello schema di legge per spese sul bilancio della guerra per l'istruzione, per acquisto di materiale e costruzione di fabbricati — Nuove osservazioni del deputato Corte — Gli articoli del progetto sono tutti approvati — Spiegazioni del relatore Tenani. — Discussione dello schema di legge sulla leva dei nati del 1852 — In seguito di obbiezioni del deputato Bruno, cui risponde il ministro per la guerra, gli articoli sono vinti. — Discussione dello schema di legge per disposizioni sul saggio e sul marchio dei metalli preziosi — Obbiezioni del deputato Camerini e risposte del ministro — Osservazioni del deputato Branca sull'articolo 6, e spiegazioni del relatore Puccioni e del ministro — Gli articoli sono accettati. — Interrogazione del deputato Paternostro Paolo sopra un fatto accaduto ad Ogliastro — Ragguagli e dichiarazioni del ministro per l'interno. — Annunzio di un'interpellanza del deputato Botta e di un'interrogazione del deputato Sorrentino. — Discussione dello schema di legge per spesa per la esposizione internazionale di Vienna nel 1873 — Opposizioni del deputato Michelini e parole in difesa del relatore Manfrin e del ministro per l'agricoltura e commercio — Raccomandazione del deputato Colonna — Parole in favore del deputato Minghetti — Gli articoli sono approvati.
La seduta è aperta alle ore 2:30.
Bertea segretario, dà lettura del processo verbale della
precedente tornata, che viene approvato.
Siccardi segretario, legge il sunto delle petizioni che
seguono:
298. Leonini Pignotti Roberto, già chirurgo maggiore sotto il cessato Governo pontificio, rimosso per causa meramente politica, dopo avere infruttuosamente ricorso al Ministero della guerra, rivolgesi alla Camera per ottenere la reintegrazione nel suo grado o il conseguimento della pensione.
299. Cioè Vincenzo, domiciliato in Guarcino, fa istanza perchè gli venga assegnata una pensione quale compromesso politico pontificio.
presidente. Ha facoltà di parlare l'onorevole Bertea
sul sunto delle petizioni.
Bertea. Prego la Camera di dichiarare l'urgenza e l'invio immediato alla Commissione incaricata della relazione sulla proposta di legge relativa al marchio obbligatorio della petizione numero 296, colla quale molti orefici di Torino chiedono che la medesima non sia adottata.
Qualunque sia lo stadio della questione e qualunque sia la mia opinione in proposito, desidero che siano attentamente esaminate le considerazioni svolte da quegli egregi industriali.
(Le due domande sono ammesse.)
presidente. Chiedono un congedo per ragioni di salute:
1'onorevole Restelli di 20 giorni; l'onorevole Servolini di 5.
L'onorevole Gabelli ne chiede uno di 15 giorni per affari di famiglia.
(Sono accordati.)
presidente. La Giunta per la verifica delle elezioni
ha trasmesso al Seggio della presidenza il seguente verbale.
Siccardi segretario.
(Legge)
«La Giunta per le elezioni:
Udita in udienza pubblica la relazione del deputato Morini sulla elezione del collegio di Macomer nella persona del cavaliere Francesco Cugia;
Osservate le formalità tutte;
Esaminati gli atti relativi;
Ritenuto che le eccezioni di nullità opposte a codesta elezione, sia nelle prime operazioni elettorali, che in quelle di ballottaggio o non sussistono, o non possono avere l'efficacia che gli opponenti loro vorrebbero attribuire;
Infatti l'ufficio definitivo della sezione di Ghilarza riuscì invero composto del presidente e di soli tre scrutatori invece di quattro; ma argomentando dall'articolo 71 della legge elettorale, codesto numero pare possa essere sufficiente per la validità dell'atto. Notando poi, a schiarimento di fatto, che, nel caso concreto, non fu possibile indurre alcun altro dei designati dalla votazione ad accettare siffatto incarico, e, cosa singolare, neppure l'oppositore stesso, che primo si allontanava, appunto per tal motivo, dalla sala di votazione;
Ritenuto che il difetto della firma del segretario, a riscontro del nome di ciascun votante sopra la lista elettorale non fu mai ritenuto, per se solo, irregolarità influente, quando vi sta la firma di uno degli scrutatori; circostanza questa non contestata dall'opponente;
Che ai termini dell'articolo 72 l'ufficio elettorale solo allora deve unire ai processi verbali altri documenti quando sorgono innanzi l'ufficio stesso reclamazioni, e sienvi note o carte a tali reclami relative;
Non vale quindi il dire, come il presidente della sezione di Ghilarza, innanzi l'ufficio della sezione principale, solo nel momento della ricognizione dei voti dello intero collegio, che non vi erano unite ai processi verbali delle sezioni secondarie di Basa, Cuglieri, Sedilo e Tresnuraghes le relative liste degli elettori votanti;
Ritenuto che in fatto non sussiste la denunciata mancanza del processo verbale dell'ufficio provvisorio di Sedilo, trovandosi il relativo incartamento completo;
Che, se non si vede in calce del verbale dell'ufficio provvisorio di Tresnuraghes la firma del segretario, il risultato delle operazioni, unicamente preparatorie, di quell'ufficio è confermato dal successivo verbale, in ogni parte regolare, dell'ufficio definitivo del quale fece parte, in qualità di segretario, quello stesso che era stato scelto per identico incarico dall'ufficio provvisorio;
Ritenuto che grave per verità è l'appunto desunto dal non essersi nel verbale della sezione di Tresnuraghes registrati i nomi dei settanta analfabeti ammessi a fare scrivere la scheda: ma diffalcati dalla partita Cugia i voti cinquantuno ad esso toccati nella sezione stessa sta sempre il ballottaggio come fa proclamato;
Ritenuto, a riguardo delle operazioni di ballottaggio, che nessuna disposizione di legge ordina la pubblicazione nei singoli comuni del collegio, nè nella sala di votazione o nel corrispondente atrio del nome dei candidati regolarmente proclamati in ballottaggio;
Ritenuto infine, sulle altre opposizioni, che, anche in questa votazione di ballottaggio, tolti dal computo dei voti favorevoli al cavaliere Cugia tutti quelli che sono passibili d'appunto, una maggioranza assai rilevante sta pur sempre a di lui favore rimpetto al suo competitore;
Per questi motivi,
La Giunta per le elezioni
Conchiude perchè piaccia alla Camera convalidare la elezione del deputato del collegio di Macomer nella persona del cavaliere Francesco Cugia già colonnello d'artiglieria.
Così deliberato ad unanimità di voti il 24 aprile 1872.»
presidente. Se non ci sono osservazioni in contrario,
si intenderanno approvate le conclusioni della Giunta della Commissione
delle elezioni che sono per l'approvazione delle operazioni elettorali dei
collegio di Macomer che elesse a deputato il cavaliere Alessandro Cugia.
(Sono approvate.)
Si dà lettura di un altro verbale della Giunta per le elezioni relativa alle operazioni elettorali del collegio di Pontremoli.
Siccardi segretario.
(Legge)
«La Giunta per le elezioni:
Udita la relazione del deputato Puccioni sulla inchiesta giudiziaria del collegio di Pontremoli;
Ritenuto che la inchiesta stessa non apparisce completa e non fornisce quindi elementi bastevoli per un sicuro giudizio intorno ai fatti sui quali essa si aggira;
Ritenuto che è necessario appurare meglio ciò che attiene al deposto degli elettori Bianchi Celestino, Ordoini Cosimo, Scoroncini Pietro e Pasquali Pietro, richiamando i medesimi a dare più ampie dilucidazioni, e sottoponendoli a confronto cogli altri testimoni già esaminati, coi quali si troverebbero in contraddizione;
Ritenuto che è del pari necessario che l'autorità giudiziaria con opportune e diligenti investigazioni ponga la Camera in caso di conoscere qual fede meritino i testimoni che depongono sui fatti sopra accennati, e quale credito debba attribuirsi a coloro cui codesti fatti si riferiscono;
Ritenuto che debbasi anco interrogare Antonio Razzoli, il dottore Luigi Rapallini, il dottore Bassignani, il parroco Bertoni e Francesco Briganti, procedendo, ove occorra, agli opportuni confronti e alle investigazioni necessarie per stabilire la fede che i deposti di costoro e contro costoro possono meritare;
Per questi motivi;
Conchiude all'unanimità di voti
Perchè la Camera sospenda nuovamente ogni deliberazione di merito, e rinvia le carte dell'inchiesta all'autorità giudiziaria perchè alla inchiesta stessa dia complemento.
Così deliberato il 24 aprile 1872.»
presidente. Se non ci sono opposizioni, s'intenderanno
approvate le conclusioni della Giunta su questa elezione.
(Sono approvate.)
presidente. Invito l'onorevole Maldini a venire alla
tribuna per presentare una relazione,
Maldini relatore. Ho l'onore di presentare alla Camera
la seconda relazione sul progetto di legge per lavori di difesa allo Stato.
(V. Stampato
n°31-b)
Questa relazione comprende la difesa del golfo della Spezia, la fabbricazione di artiglierie di grosso calibro e la costruzione di una fonderia per le medesime.
presidente. Questa relazione sarà stampata e
distribuita.
L'onorevole ministro per la guerra ha facoltà di parlare.
Ricotti ministro per la guerra. Pregherei la Camera a
volere dichiarare d'urgenza il progetto di legge del quale venne presentata
adesso dall'onorevole Maldini la relazione, onde il Senato possa pure avere
il tempo necessario di esaminarlo ed approvarlo, come spero, prima della
proroga della Sessione.
A dimostrare l'urgenza di questo progetto di legge, farò presente alla Camera che qualora non venisse approvato dai due rami del Parlamento in questa Sessione, si dovrebbero sospendere molti lavori in corso di esecuzione per mancanza dei fondi occorrenti, e ciò con quel danno che ognuno può figurarsi. Quindi io spero che la Camera vorrà dichiarare d'urgenza questa legge.
(È dichiarata urgente.)
presidente. L'ordine del giorno reca il seguito della
discussione del progetto di legge per l'autorizzazione di spese sul bilancio
della guerra per l'istruzione, per acquisto di materiale e per costruzione e
sistemazione di fabbricati militari.
La parola spetta all'onorevole Corte.
Corte. Io dirò brevissime parole per prendere atto delle dichiarazioni che l'onorevole signor ministro della guerra faceva ieri in base alle tre raccomandazioni che io mi era permesso di fargli.
Io sono molto lieto che l'onorevole ministro della guerra abbia preso di nuovo in faccia alla Camera l'impegno di presentare in novembre od in dicembre al più tardi il progetto di legge che sopprime la seconda categoria, coll'annesso progetto di legge per le riforme, che questa disposizione legislativa necessariamente deve introdurre nella legge delle esenzioni militari.
Sono molto lieto, io ripeto, che il ministro abbia preso questo impegno, perchè io non potrei accettare quello che egli diceva ieri, cioè che anche colla legge attuale, passando nella prima categoria tutto il contingente, questa legge non sarebbe necessaria.
Io so che l'onorevole generale Ricotti è un distintissimo cultore dell'arte di Marte, ma se si dovesse accettare l'interpretazione che egli voleva dare ieri alla legge, si dovrebbe ammettere che egli conosce anche perfettamente le arti sottili di Temi e di Astrea.
Mi felicito altresì di aver dato occasione al ministro della guerra di rendere giustizia innanzi al Parlamento ed al paese dei progressi grandissimi che si sono introdotti nella fabbricazione delle polveri, mercè l'opera di quell'egregio ufficiale d'artiglieria, che è il generale Bozzano.
Le raccomandazioni che io faceva ieri al ministro della guerra in quel senso, non erano un rimprovero per quello che si proponeva di fare, erano anzi un incoraggiamento perchè si proseguisse in quella strada su cui si era lodevolmente avviato il Ministero da qualche tempo, cosa che pel passato si era un po' trascurato di fare, quella cioè di tenersi perfettamente al corrente di tutti i progressi che si fanno nelle industrie che si riferiscono alla guerra nei diversi paesi.
Quanto poi alla terza raccomandazione che io gli faceva relativamente all'applicazione del così detto articolo 8, mi pare che l'onorevole ministro della guerra non abbia afferrato o non abbia voluto afferrare precisamente il concetto al quale erano ispirate le mie parole.
Io diceva che col progetto di legge da lui presentato, il quale fissava un limita d'età, v'era il modo di togliere dai quadri dell'esercito attivo un certo numero di uffiziali meno adatti a quel servizio; ma questi uffiziali secondo quella legge si sarebbero conservati per la milizia provinciale. Ed è per questo che io pregava l'onorevole ministro della guerra di fare in modo che nell'applicazione di questo così detto articolo 3 non si mettessero fuori di servizio quegli uffiziali che potessero rendere utili servizi nella milizia provinciale, e questo ho detto in quanto che sono convinto (e credo che ne sia convinto anche l'onorevole ministro per la guerra) che il solo modo di aver certezza di poter dare dei quadri alla milizia provinciale, stia appunto la una legge, la quale, fissando un limite di età, dia al Governo il mezzo di avere degli uffiziali a quella milizia.
Io so che si sono collocati in riforma degli ufficiali, i quali sicuramente nella milizia provinciale potrebbero rendere buonissimi servizi; e certamente non vi rientreranno. Egli è in questo senso che ho fatta la mia raccomandazione, e spero che il signor ministro vorrà accettarla come tale senza alterarne punto il significato.
presidente. Se niun altro chiede di parlare, passeremo
alla discussione degli articoli.
(Sono approvati senza discussione i seguenti
articoli:)
«Art. 1. È autorizzata la spesa straordinaria di lire 12 milioni, delle quali:
A) Lire 4 milioni per l'istruzione militare delle
seconde parti del contingente di 1a categoria delle classi di leva 1850 e
1851;
B) Lire 4 milioni per fabbricazione di nuovo materiale
d'artiglieria da campagna;
C) Lire 4 milioni per costruzione e sistemazione di
fabbricati ad uso militare.
Art. 2. La somma di 4 milioni di cui all'articolo precedente per l'istruzione delle seconde parti del contingente di la categoria delle classi 1850 e 1851 è aggiunta al bilancio della guerra per l'anno in corso, e verrà con regio decreto ripartita tra i capitoli 4, 11, 13 e 14 del bilancio stesso.
Art. 3. Della somma di lire 4 milioni di cui all'articolo 1, per fabbricazione di nuovo materiale d'artiglieria da campagna e relative spese di trasporto, 2 milioni sono aggiunti in apposito capitolo alla parte straordinaria del bilancio della guerra per l'anno in corso, e gli altri 2 milioni saranno analogamente inscritti al detto bilancio per l'anno 1873.
Art. 4. Della somma di lire 4 milioni per costruzione e sistemazione di fabbricati militari, 2 milioni sono aggiunti in apposito capitolo, alla parte straordinaria del bilancio della guerra per l'anno in corso, e gli altri 2 milioni saranno analogamente inscritti al detto bilancio per l'anno 1873.
Art. 5. Lire 12 milioni del capitale della Cassa militare, istituita dalla legge 7 luglio 1866, saranno versate al Tesoro come entrata straordinaria dello Stato ed a rate trimestrali di lire 1,500,000.
Il primo versamento sarà fatto il 1° luglio 1872, l'ultimo versamento sarà fatto il 1° aprile 1874.»
Si passerà un altro giorno alla votazione per scrutinio segreto sul complesso di questa legge.
Tenani relatore. Mi permetta la Camera di dire una
semplice parola per un fatto che chiamerò personale.
Ieri, nel rispondere all'onorevole deputato Farini, e parlando della forza del nostro esercito, io accennava ad una sproporzione troppo grande che, a mio giudizio, vi sarebbe stata tra l'esercito attivo e l'esercito di riserva, ed a convalidare questo mio asserto, citava un dato di rapporto. Il dato di rapporto era questo, che nella proporzione colla popolazione, mentre in Prussia sopra ogni cento abitanti vi è 0 67 di soldati di riserva, in Italia invece vi sono soldati 1 25.
L'onorevole ministro della guerra si maravigliava assai che io avessi citato codesto dato di rapporto; diceva bensì di averlo letto in un libro di un ufficiale autorevole, ma non capiva d'onde codesto dato fosse stato tratto.
Ora io debbo dire all'onorevole ministro della guerra che codesto dato di rapporto l'aveva anch'io letto nel libro al quale egli stesso accennava, ma prima di leggerlo in quel libro lo aveva trovato in un altro documento, cioè nella relazione dell'onorevole senatore Menabrea fatta al Senato sulla legge del reclutamento.
A conciliare le opposte opinioni, quelle cioè esposte in codesto dato di rapporto, e quelle dette ieri dall'onorevole ministro, si potrebbe dire che l'onorevole Menabrea nelle milizie provinciali, nel numero complessivo dell'esercito di riserva, ha contemplato tutti i soldati addetti ai servizi interni, ed anche i carabinieri reali; e quanto all'esercito attivo, si potrebbe forse dire che allora si calcolava di prendere dei contingenti di prima categoria assai più piccoli di quelli che si prendono adesso.
Ad ogni modo, io non ho inteso, nè intendo di sollevare nessuna questione. Non intendo neppure d'invalidare le asserzioni dell'onorevole ministro, ma ho voluto dire queste poche parole perchè nè il ministro, nè la Camera potessero credere che io avessi inventato un dato, o l'avessi accennato con eccessiva leggerezza.
presidente. Si addiverrà in altra tornata alla
votazione per isquittinio segreto su questo progetto di legge.
presidente. L'ordine del giorno reca la discussione
del progetto di legge per la leva militare sui giovani nati nel 1852.
(V. Stampato
n°80)
Prego l'onorevole ministro di voler dichiarare se accetta che la discussione si apra sul progetto della Commissione.
ministro per la guerra. Accetto.
presidente. La discussione generale è aperta.
L'onorevole Bruno ha facoltà di parlare.
Bruno. Colgo quest'occasione per pregare l'onorevole ministro della guerra a mandare ad effetto una promessa fatta alla Camera, quella cioè di migliorare la legge attuale sul reclutamento militare. Io non dirò che moltissimi siano gli inconvenienti di questa legge, ma nessuno potrà negarmi che vi sono dei miglioramenti da introdurvi, e credo che lo stesso onorevole ministro per la guerra, da quanto ha dichiarato altra volta, non sia alieno dal volerli portare.
Ricorderò fra gli altri uno degli inconvenienti secondo me più gravi e sul quale specialmente richiamo l'attenzione del signor ministro, l'inconveniente, vale a dire, che sopra 100 Consigli di leva, in 99 vi è il solo chirurgo che decide tutte le questioni per la potente ragione che i componenti del Consiglio sono privi di conoscenze tecniche per giudicare; e rimettere ad un uomo solo giudizi gravissimi nell'interesse del paese e dell'armata, è cosa pericolosa.
Vi sono poi altre imperfezioni da emendare, e di una grande importanza per la bontà e pel numero dei
soldati, ed il signor ministro deve seriamente pensarvi, egli che ha molto a cuore di avere un numeroso esercito, perchè la legge attuale sul reclutamento nel modo in cui viene applicata non è tale da soddisfare alle esigenze della scienza e all'igiene del buon soldato. La misura toracica per mezzo della fettuccia metallica è invero una sorgente di errori dolorosi, una base di equivoci che è dovere ovviare sollecitamente. Dirò ancora che il cambiamento introdotto nella legge, eoi quale si sono escluse talune imperfezioni come causa di riforma, hanno dato luogo ad interpretazioni che non sono conciliabili col testo della legge, nè giustificate dalla scienza.
E, per coonestare quest'errore, farò noto che si è invocata una circolare del Ministero della guerra, che io non posso credere da lui sottoscritta, nè che il ministro della guerra voglia approvare. Infatti, se egli l'avesse emanata, non avrebbe tardato a darne conoscenza nel giornale ufficiale, perchè provvedimenti di questo genere devono essere conosciuti da tutti, e non patrimonio segreto di qualsiasi funzionario.
Per ora limito le mie osservazioni, perchè non ho altro scopo che migliorare la legge e i regolamenti e non fare critiche per errori commessi con le leggi e col regolamento della leva vigente, errori venuti a galla col tempo e coll'esperienza, e per ciò avvi convenienza di ripararvi apportandovi quelle modificazioni che il tempo e l'esperienza hanno dimostrate necessarie.
presidente. L'onorevole ministro per la guerra ha
facoltà di parlare.
ministro per la guerra. Rispondendo ieri alle
obbiezioni degli onorevoli Farini e Corte, ho già dichiarato che nutro
fiducia, anzi ho la quasi certezza di potere nel corso dell'anno presentare
il nuovo progetto di legge sul reclutamento, e fra le innovazioni che con
esso saranno arrecate ai sistemi attuali, sarà pur tenuto conto di quelle or
ora accennate dall'onorevole Bruno. Ma, per quello che riguarda le riforme,
debbo fin d'ora accennare che ciò non fa parte della legge. La legge
stabilisce bensì due o tre casi generali, trovandosi nei quali gli inscritti
hanno diritto a riforma, come sarebbe, ad esempio, la mancanza nella
statura; ma quanto agli altri difetti fisici ed alle altre imperfezioni da
cui deriva il diritto alla esonerazione dal servizio militare, esse sono
stabilite per decreto reale.
L'onorevole Bruno accennava il caso del difetto delle dita a martello. Ora permetta la Camera che su questo proposito io le faccia presente quel che succede da pochi anni a questa parte.
In questi ultimi anni, ed in alcuni circondari specialmente posti in vicinanza appunto al collegio elettorale dell'onorevole Bruno, si è verificato questo fatto singolare, che mentre negli anni 1865 e 1866 nel contingente di leva si avevano tre o quattro uomini con dita a martello, nel 1867 se ne ebbero venti, e nel 1869 settanta.
Ciò starebbe a provare come il difetto delle dita a martello, non fosse tanto naturale, ma imputabile piuttosto ad altre cause a cui la natura fosse estranea. Ora per impedire che la leva fosse di danno immenso per la nazione, che cioè tutti fossero diventati colle dita a martello,
(Ilarità)
si è fatto un decreto con cui si dichiarava che le dita a martello non davano più diritto a riforma. Ed ecco che in quest'anno, da settanta, gli affetti da quest'imperfezione, in quegli stessi circondari, sono discesi a venti, e nell'anno venturo saranno forse ridotti a due o tre.
Nel pigliare quella determinazione, io sono stato guidato dal seguente criterio: dissi fra me: io come ministro della guerra, non vorrei essere causa che si avessero ad accrescere le deformità nelle nostre popolazioni; piuttosto subirò la conseguenza del provvedimento, facendo sì che vengano incorporati nell'esercito quelli che hanno questo difetto.
Certo non è cosa desiderabile che nell'esercito vi siano dei soldati i quali abbiano difetti simili; ma quando pure taluno ve ne sia, abbiamo dei servizi militari, nei quali possono pur sempre essere utilmente impiegati, come sarebbe il servizio del treno e quello presso i distretti. Nell'uno il servizio è fatto a cavallo; presso gli altri non occorrono grandi marcie, ed un tal difetto non può quindi avere conseguenze perniciose. E con questa regola si è precisamente proceduto in occasione dell'ultima leva per rispetto a coloro che furono trovati affetti dalla accennata imperfezione; essi furono assegnati a quei servizi nei quali possono in tutti i casi rendersi utili.
Del resto questa è una questione morale più che altro; è un sacrifizio che fa il ministro e l'esercito quello di prendere di tali individui, ma ciò si fa appunto nell'interesse generale dell'esercito stesso e della popolazione.
Bruno. Io temo di non essermi spiegato abbastanza chiaro, secondo quello che ho inteso dal signor ministro della guerra. Io non ho fatto doglianze intorno alla misura da lui presa di obbligare al servizio militare coloro che per malizia o per altre circostanze si siano procurato il difetto del dito a martello. Io sono d'accordo con lui nel volere tutelare la moralità, e per conseguenza la convenienza di provvedere a che nessuno si procuri con simili mezzi l'esenzione dal servizio.
Non è a questo che io ho fatto allusione. Io ho solamente riferito questo fatto per chiamare la sua attenzione sopra una circolare, in cui si diceva che, per interpretare quel decreto, non solo si doveva fare l'applicazione rigorosa dell'articolo del medesimo che riguarda il difetto del dito a martello, ma che doveva farsi egual cosa per tutte le altre alterazioni del piede, le quali pure, secondo l'attuale regolamento, danno luogo ad esenzione. Con esse, cioè, davasi al chirurgo la facoltà di sopprimere la esenzione senza alcuna ragione legale. Diffatti troverà il signor ministro che in taluni Consigli di
leva tutti quelli che avevano alterazioni, oltre il difetto del dito a martello, erano rimandati come inabili, ed in taluni altri erano incorporati nell'esercito secondochè applicavasi o no la circolare segreta di cui parlo.
Ora, siccome questo fatto non è opera del decreto citato dal ministro, egli è per ciò che ne muoveva lagnanza al signor ministro, fiducioso di ottenere da lui opportuni provvedimenti.
Di qui vede il signor ministro che io non mi sono forse spiegato sufficientemente per farmi intendere; ma che quanto allo scopo sono perfettamente d'accordo con lui.
ministro per la guerra. Io non ho presente e non
ricordo i termini della circolare accennata dall'onorevole Bruno; essa sarà
forse una qualche semplice spiegazione data a taluno, e non già una formale
determinazione, giacchè sarebbe una meno retta interpretazione quella che
fosse stata data nel senso indicato dall'onorevole Bruno.
Sta infatti che le altre infermità del piede escludono dal servizio militare. Però bisogna anche por mente che nei Consigli di leva il medico assiste ed esamina bensì gli inscritti, ma non ha che solo voto consultivo, tutte le decisioni essendo dalla legge e dal regolamento riservate ai Consigli di leva cui spetta decidere. E così sta diffatti la cosa tanto in diritto come in fatto. D'altronde tutti sanno che i coscritti che sono riconosciuti idonei dal Consiglio di leva, sono sottoposti ancora ad una nuova visita al distretto e ad una terza al reggimento. Quindi molti che sono ammessi come idonei appunto per cattiva interpretazione della legge da un circondario, sono poi riformati presso i distretti o presso i reggimenti.
Infatti sui 30 mila uomini della classe del1851 dichiarati idonei dai Consigli di leva, mille circa, cioè, il 3 e mezzo per cento, furono riformati ai distretti e tra questi certamente saranno compresi altresì alcuni di coloro che, sebbene affetti da imperfezioni ai piedi, tuttavia 1 Consigli di leva avranno creduto di poter ammettere.
Del resto, a garanzia di ogni inscritto, vi sono tre sorta di appelli: il primo al Consiglio di leva; il secondo al distretto, e l'ultimo al reggimento. Egli è così ben difficile per non dire impossibile che con tali garanzie sia costretto al servizio militare chi al medesimo non sia veramente atto.
presidente. Se nessun altro chiede la parola, si
passerà alla discussione degli articoli.
(Sono approvati successivamente senza discussione gli
articoli seguenti:)
«Art. 1. Il Governo del Re è autorizzato ad operare la leva militare sui giovani nati nell'anno 1852.
Art. 2. Il contingente di prima categoria è fissato a sessantacinquemila uomini.
Art. 3. Gli inscritti designabili che sopravanzeranno dopo che sarà completato il contingente di prima categoria, formeranno la seconda categoria, giusta il disposto dell'articolo 2 della legge 13 luglio 1857, n° 2161.
Art. 4. In esecuzione di quanto prescrive l'articolo 10 della legge 20 marzo 1854, il contingente di prima categoria assegnato alle singole provincie della Venezia ed a quella di Mantova, sarà suddiviso fra i distretti amministrativi che le compongono.
Il distretto vi rappresenta il mandamento per gli altri effetti contemplati nella legge del reclutamento.
Art. 5. Gli inscritti di questa leva nella provincia di Roma, i quali al 29 novembre 1870, tempo in cui venne promulgata in quella provincia la legge sul reclutamento dell'esercito, erano ammogliati o vedovi con prole e che si trovino tuttavia in una di tali condizioni nel giorno stabilito per il loro arruolamento saranno esenti dal servizio militare.
Art. 6. Saranno parimente esenti dal servizio militare quegli iscritti della stessa provincia di Roma che nel suindicato giorno 29 novembre si trovavano già insigniti degli ordini sacri o vincolati con la professione di voti solenni ad un ordine monastico, se cattolici, ovvero avevano già ottenuta la necessaria abilitazione del loro ministero, se acattolici appartenenti a comunioni religiose tollerate nello Stato.
Art. 7. Gli inscritti che in virtù dei precedenti articoli 5 e 6 verranno dichiarati esenti dai Consigli di leva, e che per ragione del loro numero avessero a far parte del contingente di prima categoria, non dovranno esservi sostituiti da altri inscritti, ma saranno calcolati numericamente in deduzione del contingente del rispettivo mandamento.»
Anche per questo progetto di legge si addiverrà alla votazione per squittinio segreto in altra tornata.
presidente. L'ordine del giorno reca la discussione
del disegno di legge intorno al saggio e marchio dei metalli preziosi.
(V. Stampato
n°78)
La discussione generale è aperta.
Ha facoltà di parlare l'onorevole Camerini.
Camerini. Ho chiesto di parlare, non per fare un discorso, ma soltanto per chiedere una spiegazione all'onorevole ministro d'agricoltura e commercio ed alla Commissione, onde avere una norma nel voto.
La base di questa legge sta nell'abolizione del marchio obbligatorio. Per me, qualora si dovesse abolire il marchio obbligatorio, non capirei il marchio facoltativo, lo dichiaro francamente.
La difficoltà che sorge è semplice, ma di qualche importanza, secondo me, per cui desidero una qualche spiegazione dall'onorevole ministro.
Ammesse tutte le teorie economiche e tutte le robuste
ragioni che corredano le relazioni del Ministero e della Commissione, io dico: pure ammettendole per inconcusse e incontroverse, rimane una difficoltà che è meramente pratica.
Eccola: noi aboliremo il marchio per i metalli preziosi e le nazioni limitrofe lo conservano: sia pure che, economicamente parlando, il marchio loro non garantisca la bontà e purezza della merce, vi sarà sempre non poca gente che metterà una grande fiducia in questo marchio.
Coloro che sono inesperti e poco familiari a maneggiare metalli preziosi, avendo da acquistare piccoli oggetti, preferiranno rivolgersi agli oggetti manifatturati all'estero, perchè marchiati, con pericolo che gli oggetti manifatturati all'interno, perchè senza marchio, vadano deserti ed i nostri orefici rimangano abbandonati.
Io quindi temerei che piombassero sul nostro mercato tali quantità di oggetti marchiati all'estero da recar grave danno e sensibile all'industria dei nostri orefici. È per ciò che desidero una spiegazione dall'onorevole ministro che dissipi questa difficoltà.
Castagnola ministro per l'agricoltura e commercio.
Parmi assai facile rispondere alla domanda fatta dall'onorevole Camerini.
Egli dice: io ammetto che il sistema del marchio facoltativo sia conforme ai principii della scienza economica, ma vi rivolgo una domanda: poichè le nazioni vicine hanno il marchio obbligatorio, se noi lo sopprimiamo, non ne deriverà almeno la conseguenza che noi saremo inondati dai lavori d'oro e d'argento che ci verranno importati dalle nazioni vicine? Non accadrà che una gran parte dei nostri concittadini, le plebi specialmente, le persone fino alle quali non giungono le dottrine economiche, persuasi che questo marchio è una garanzia, comprino più facilmente gli oggetti importati e lascino deserte le fabbriche nazionali?
Io capirei questa obbiezione dell'onorevole preopinante nel caso che si volesse assolutamente abolire ogni marchio; allora forse potrebbe avere una qualche consistenza il suo timore, ma poichè noi non aboliamo il marchio pubblico, e non facciamo che renderlo facoltativo, egli vede, come vede certo tutta la Camera, che il rimedio è pronto. Quando i nostri orefici vedranno che i loro lavori non sono più ricercati, perchè mancano del marchio, li porteranno a marchiare. Anche col nuovo sistema vi saranno gli uffici del marchio, anzi vi ha un articolo nel progetto in discussione da cui è fatto obbligo al Governo di istituire questi uffici tuttavolta che gli è garantito un introito uguale alle spese che costano.
Parmi dunque che il rimedio non possa mancare, e spero che l'onorevole Camerini e la Camera vorranno dar suffragio favorevole a questo progetto di legge.
Camerini. Prego l'onorevole ministro a ritenere che le mie osservazioni non sono fatte nel senso di essere contrarie alla legge, essendo essa conforme alle mie idee; ma il signor ministro non può dimenticare che la precedente discussione nel Comitato privato dimostrò esservi due correnti nella Camera, anzi tre; vi sono quelli che dicono: abolite tutto o nulla; vi è chi dice: manteniamo il marchio facoltativo; vi sono di quelli che non vogliono abolirlo affatto.
Guardi il signor ministro in che posizione mette la questione; e se il marchio facoltativo non fosse conservato, egli allora, ammettendo come ben fondata la mia obbiezione, dovrebbe dire: la legge non può più esistere. Io spero che potrà darmi una ragione migliore, in qualunque ipotesi, della legge.
Del resto, detto questo in risposta alle parole del ministro, del quale ho tanto riguardo e tanta stima, spero di poter concorrere col mio voto all'approvazione di questa legge, sempre che sia conservato il marchio facoltativo, che egli riguarda come il rimedio; se non vi sarà contrasto, tanto meglio.
ministro per l'agricoltura e commercio. Osserva
l'onorevole Camerini che vi sono tre opinioni: alcuni domandano il marchio
obbligatorio, altri non vogliono il marchio in veruna guisa, altri ancora
vogliono il marchio facoltativo.
Ora io non nego che vi siano queste tre diverse opinioni; ma il fatto è che quella favorevole al marchio facoltativo ottiene l'adesione più generale.
L'altro ramo del Parlamento ha già votato questo progetto di legge a grandissima maggioranza; lo ha accolto il Comitato della Camera; siamo pienamente d'accordo colla Commissione, la quale non vi ha recato alcuna variazione; nessuno sorge a parlare contro il progetto di legge. È quindi da sperare che fra qualche giorno esso sarà convertito in legge, ed allora l'onorevole Camerini potrà persuadersi con la prova dei fatti che il sistema del marchio facoltativo contiene in sè il rimedio pei mali che l'onorevole Camerini paventa.
presidente. Si passerà alla discussione degli
articoli.
(Sono approvati senza discussione i seguenti primi cinque
articoli:)
«Art. 1. La fabbricazione e il commercio degli oggetti d'oro e d'argento, di qualunque titolo, sono liberi.
Art. 2. Sono mantenuti uffici governativi per assaggiare i lavori e le paste d'oro e d'argento che saran loro presentati.
Gli uffici di saggio dovranno pure, quando ne siano richiesti, imprimere il marchio governativo sugli oggetti, nei quali è riconosciuto uno dei seguenti titoli:
Per l'oro
1. titolo 900 millesimi.
2. titolo 750 millesimi.
3. titolo 500 millesimi.
Per l'argento
1. titolo 950 millesimi.
2. titolo 900 millesimi.
3. titolo 800 millesimi
Art. 3. I lavori d'oro e d'argento che, senza essere al disotto del più basso dei titoli indicati dalla legge, non si ragguagliano esattamente a uno di essi, saranno marchiati, come se fossero al titolo legale immediatamente inferiore a quello verificato col saggio.
Non possono essere marchiati i lavori che non sono dichiarati di unica massa omogenea.
È rifiutato il marchio se la dichiarazione è scoperta erronea dal saggiatore.
Art. 4. Un regolamento approvato con decreto reale, udito il parere del Consiglio di Stato, stabilirà la forma dei punzoni, le condizioni nelle quali i lavori d'oro e d'argento dovranno trovarsi per essere ammessi al saggio ed al marchio, il modo col quale i saggi dovranno essere ripetuti in caso di disaccordo tra il presentatore e il saggiatore, le tolleranze da concedersi per i diversi titoli, e per le diverse qualità di oggetti, le retribuzioni da pagarsi per il saggio ed il marchio, e la circoscrizione e i doveri degli uffici di saggio.
Art. 5. Il Governo dovrà stabilire uffici di saggio nei luoghi dove il comune o la Camera di commercio ed arti ne facciano domanda, purchè sia validamente guarentito il rimborso delle spese non compensate dalla riscossione dei diritti.
Art. 6. Ogni falsità commessa:
1° Fabbricando, contraffacendo o alterando il marchio pubblico;
2° Imprimendolo o trasportandolo sopra oggetti ai quali non sia stato apposto dal pubblico saggiatore,
È punita con le pene stabilite dal Codice penale per la contraffazione dei bolli e punzoni governativi destinati al marchio delle materie d'oro e d'argento.»
Branca. Io non sorgo a parlare sul concetto generale della legge, perchè esso può dirsi già accolto dalla Camera cogli articoli già votati, ma per notare che in questa legge, come in moltissime altre, anzi in quasi tutte quelle che ci vengono dal ministro di agricoltura e commercio, c'è sempre una derogazione a qualche articolo del Codice civile o del Codice penale. Una di queste derogazioni si trova in questo articolo 6, e, per non prendere due volte la parola sullo stesso argomento, dirò che si incontra anche nell'articolo 7.
Io comprendo che i Codici non sono l'arca santa da non potersi affatto mutare, ma vorrei che vi fossero dei motivi speciali i quali autorizzassero queste deroghe.
Noi qui ci troviamo innanzi ad un progetto di legge il quale sanziona una massima di estrema libertà, quale è quella di cambiare il marchio obbligatorio in marchio facoltativo, e le disposizioni penali che riguardano le infrazioni di esso dovrebbero essere armonizzate allo stesso concetto più largo. Invece, nell'articolo 7 specialmente, si viene ad esasperare le penalità in modo veramente gravissimo. Io non so comprendere con qual ragione, quando si è voluto affidare quasi al criterio degli industriali di andare a procurarsi o no il marchio, si sia voluto stabilire una penalità speciale diversa da quella che è stabilita per quelli che commettono frodi contro il commercio, servendosi precisamente di falso marchio, come è stabilito nell'articolo 394.
Dunque io vorrei sapere, poichè comunque il relatore sia un esperto giureconsulto e si sia preoccupato nella sua relazione di questa obbiezione, non ha dileguato i miei dubbi, vorrei, ripeto, sapere sì dall'onorevole relatore, che dall'onorevole ministro (il quale piuttosto che essere un agricoltore od un economista è anzitutto un avvocato) le ragioni precise per cui, facendosi una legge in senso più liberale, si sia voluto esasperarne le penalità. Io vorrei pure sapere perchè si sia applicato alla falsificazione del marchio la pena della falsificazione delle monete, la quale è la più grave di tutte quelle concernenti siffatte specie di reati. Perocchè, siccome i reati contro le monete, anticamente erano colpiti dalle sanzioni penali stabilite pei delitti di lesa maestà, essendo comune opinione che la falsificazione di monete interessasse la sovranità stessa, anche nella legislazione nostra per inveterata tradizione la falsificazione della moneta è punita con pene molto gravi; io non so proprio comprendere perchè, mentre si fa una legge liberale, si voglia aggravarne le penalità in tale misura che in una revisione del Codice sarebbe giudicata eccessiva.
Non aggiungo altro perchè mi attendo dall'onorevole ministro o dall'onorevole relatore delle spiegazioni che mi possano togliere il dubbio, se dubbio esiste; altrimenti io presenterò una proposta perchè, in luogo di questi articoli, si dicesse puramente e semplicemente che pei reati nascenti da infrazioni alla presente legge siano applicate le disposizioni del Codice penale.
Puccioni relatore. Io credo di poter fornire
all'onorevole Branca le spiegazioni che egli desidera dalla Commissione.
Era evidente la necessità di stabilire in questo progetto di legge alcune disposizioni penali, le quali colpissero il fatto di colui che fabbrica o contraffà il marchio dello Stato o mette in commercio oggetti abusivamente marchiati. Dico che era evidente questa necessità, perchè le varie leggi che si tratta ora di abolire sancivano diverse disposizioni penali per i fatti di cui ho tenuto parola. Venendosi ora a una legge di unificazione, era naturale che si stabilisse una pena sola, perchè era un solo il reato di cui si trattava.
Ma l'onorevole Branca ci domanda: perchè avete voi desunta questa penalità, non dalla legge comune, ma invece ne avete foggiata una speciale? Rispondo all'onorevole Branca che questa necessità nasce dalla stessa natura dei fatti che si vogliono colpire. Invero sarebbe impossibile trovare nella legge comune disposizioni che colpiscano tutti i casi speciali cui la legge speciale provvede.
Quando mancavano pertanto le disposizioni generali,
era mestieri riempire codesta lacuna. E questo solo si è fatto, ed è facile dimostrarlo.
La legge comune parla, a mo' d'esempio, della fabbricazione, della contraffazione, dell'alterazione dei punzoni e dei bolli dello Stato; ed ecco che la legge speciale si riferisce alla legge comune in quanto essa ha provveduto.
Ma, quando siamo venuti al fatto di colui il quale presenta all'uffizio del marchio un oggetto composto di materie estranee, o lo denunzia di un titolo superiore a quello del vero, e cerca con questa falsa dichiarazione di farlo marchiare, e quindi, ottenuto l'intento, pone in commercio codesto oggetto e lo vende, sarebbe stato difficile trovare nella legge comune la disposizione penale che colpisse il fatto di cui parlo; ed ecco che a ciò provvede la legge speciale.
Dice l'onorevole Branca che noi abbiamo esasperata la legge generale, e l'abbiamo esasperata in una legge di libertà. Posso rispondere che la ragione dell'esasperazione sta appunto nel carattere della legge che vogliamo costituire; imperocchè è ben giusto che il legislatore, il quale concede la libertà, reprima severamente l'abuso che se ne faccia. Aggiungete a questo che si tratta di reati, i quali presentano un carattere di straordinaria gravità, perchè in essi concorrono l'inganno contro la fede pubblica, la frode contro il pubblico ufficiale, e più poi il fine del lucro illecito, che è lo scopo cui mirano coloro che di questi delitti si rendono colpevoli. Vedete dunque che non vi è ragione di essere troppo condiscendenti verso gli autori di siffatti reati.
Nondimeno, come si può dire che il progetto di legge aggrava straordinariamente la pena, quando esso si limita a dichiarare che ai fatti contemplati nell'articolo 7 sono applicabili le disposizioni penali in materia d'alterazione di monete, diminuite di un grado? Codesta diminuzione d'un grado di pena acquista, come credo aver dimostrato nella mia relazione, una importanza massima. E l'onorevole Branca, il quale pare che abbia sotto i suoi occhi la legge penale, potrà verificare facilmente quale effetto abbia o possa avere la diminuzione di un grado della pena stabilita per l'alterazione delle monete.
Quindi pare a noi che le ragioni stesse che l'onorevole Branca invocava per trovare eccessive le punizioni stabilite dall'articolo 7, debbano indurre la Camera a sanzionarle. Lo ripeto: il Ministero e la Commissione, finchè hanno potuto trovare nella legge generale dello Stato le punizioni per i fatti contemplati nella legge speciale, alla legge generale si sono rivolti; quando hanno dovuto provvedere a casi che non erano contemplati nella legge penale generale, hanno dovuto stabilire una penalità propria; ma hanno cercato nello stabilirla di avvicinarsi più che fosse possibile alla legge generale.
Io voglio sperare che queste dilucidazioni convinceranno l'onorevole Branca della giustizia di quest'articolo.
Ad ogni modo, se egli ha una proposta da presentare, ci riserviamo di esporre il nostro parere sulla medesima.
Branca. La ragione d'unificazione di legislazione, che è stato uno degli argomenti addotti dall'onorevole Puccioni, non regge per quello che egli stesso ha detto nella sua relazione.
Nella sua relazione egli dice che abbiamo un Codice penale per tutti i casi, un altro specialmente modificato per le provincie meridionali, un terzo per le provincie toscane; l'unificazione quindi non si raggiunge.
Farò anche notare alla Camera come la differenza tra le pene comminate dal Codice penale italiano, che potrei dire generale, e quelle stabilite dai Codice penale toscano, sia sensibilissima. La pena del Codice penale toscano è del carcere, e coll'attenuazione d'un grado stabilita dalla presente legge si può ridurre ad una pena di carcere assai mite. Invece la pena riflettente falsificazione delle monete, secondo il Codice italiano, è la reclusione estensibile al primo grado dei lavori forzati. Di guisa che, detratto un grado, si potrebbe, per contravvenzione alla presente legge sul marchio, essere condannati fino a dieci anni di reclusione, pena gravissima che non sta in proporzione di tutta l'economia del nostro Codice penale.
Vengo ora ad un altro argomento speciale. Il titolo V dei reati relativi al commercio, alle manifatture ed arti contiene l'articolo 394 cui ho già accennato e che è concepito così:
«Se a danno altrui si contraffaccia il nodo, il marchio od altro segno apposto con approvazione del Governo del Re, sopra mercanzie, animali, manifatture, o sopra opere d'ingegno, collo scopo di far apparire dette cose od animali come provenienti dalle persone, manifatture o razze di cui si è contraffatto il marchio o segno, ecc. ecc.»
Quest'articolo 394, pare proprio scritto per questo caso. Se non che la differenza sta in ciò, che le pene sull'alterazione delle monete, è eccezionalmente grave in forza di quel principio che ho detto retaggio della legislazione di altri tempi, in cui la pena sull'alterazione delle monete si esasperava, perchè tale alterazione era riguardata come un delitto di Stato, come un delitto di lesa maestà, mentre, quando il nostro Codice viene a parlare di reati contro il commercio e contro le arti, impone una penalità molto più mite, essendo i casi contemplati nell'articolo 394 puniti con la pena del carcere. Ora, tra la pena del carcere e quella di dieci anni di reclusione, credo passi una tale differenza da dovere vivamente impressionare la Camera.
Io comprendo, e lo dirò con schiettezza; che il vero motivo per cui l'ingegno eletto del relatore nelle cognizioni giuridiche ha cercato di prevenire le obbiezioni,
usando di tutta la sua arguzia nella relazione, si è perchè non si vorrebbe rimandare la legge al Senato.
Io, quando si trattò di questa legge in Comitato, ho sollevata la stessa discussione, o, per dir meglio, l'accennai, ma non ebbi il tempo di svilupparla, avendo presa la parola in questione incidentale. Ma poi questa legge, come spesso si usa per tante altre, fu approvata in Comitato senza discussione, essendosi straordinariamente il Comitato riunito alle 9 del mattino.
Mi si diceva allora: se si vuole introdurre una modificazione, che forse sarà giusta, si urta nell'inconveniente di rimandare la legge al Senato. Io capisco che queste sono quasi considerazioni estranee all'argomento, ma io voglio sottoporle tutte all'apprezzamento della Camera. Dichiaro che non fo proposta, perchè in una questione come questa, che è una questione di principio, se nella Camera non vi è un numero considerevole di deputati, il quale se ne preoccupi, non credo che se ne preoccuperà con una mia proposta speciale. Io ho sentito il dovere di sollevare questa questione; la Camera giudicherà.
presidente. L'onorevole ministro per l'agricoltura e
commercio ha facoltà di parlare.
ministro per l'agricoltura e commercio. Io non credeva
davvero di meritare il rimprovero che mi ha fatto l'onorevole Branca, quello
cioè di volere continuamente dipartirmi dalla legge penale comune e di
inasprirla. La Camera vedrà di leggieri che io non ho fatto altro che
riferirmi alla legge comune, e là soltanto dove trovai una lacuna ho cercato
di colmarla, uniformandomi sempre, per quanto era possibile, alle altre
disposizioni della stessa legge.
Parmi che la cosa sia evidente riguardo all'articolo 6. In questo articolo altro non si fa che riferirsi alle pene stabilite dal Codice penale, a quelle precisamente che sono minacciate dal numero 2 dell'articolo 334 del Codice penale italiano, il quale contempla appunto il caso di colui che ha contraffatti i bolli del Governo del Re, od i punzoni da esso destinati al marchio delle materie d'oro o d'argento, o che scientemente ha fatto uso di bolli o punzoni contraffatti.
Non si può dire di certo che si rechi una innovazione radicale al Codice penale, che si inaspriscano le pene in esso stabilite, quando non si fa altro che dichiarare i casi ai quali deve essere applicata una disposizione del Codice penale. Questo riferimento al Codice penale, esprime anzi un grande ossequio alla legge comune.
Ma, soggiunge l'onorevole Branca, un inasprimento della legge penale ordinaria si riscontra nell'articolo 7 del progetto. La pena stabilita nel capoverso dell'articolo 7 è assolutamente eccessiva, egli dice, a paragone di quelle del Codice penale.
In primo luogo vuolsi por mente ad una circostanza che è già stata accennata dall'onorevole relatore.
Il caso che è contemplato nel capoverso dell'articolo 7, lo è forse già dalla legge comune? No, non è contemplato. Io sfido l'onorevole Branca a trovare una disposizione del Codice penale che riguardi il caso speciale di colui che, mediante una falsa dichiarazione, induce in inganno il verificatore, e ottiene un marchio governativo che indica un titolo superiore al vero.
Ora, se vi ha una lacuna, essa dev'essere colmata, perchè è vano emanare disposizioni, quando non sieno convalidate da sanzione penale. Perciò è sembrato, a chi proponeva il disegno di legge, è sembrato alla Commissione, è sembrato ai dotti giureconsulti che hanno esaminata questa questione anche nell'altro ramo del Parlamento, che il caso contemplato dall'articolo 7 (e noti bene la Camera che esso ha molta gravità, poichè si tratta di colui che carpisce ad un pubblico ufficiale, mediante falsa dichiarazione, un'impronta che attribuisce ad un determinato oggetto un titolo superiore a quello che effettivamente ha), è sembrato, dico, che questo caso avesse molta affinità col reato di alterazione della moneta. Ed in verità, se non si può dire che si tratti di falsificazione di moneta, si tratta però di qualche cosa che le si avvicina assai. Abbiamo un'alterazione fatta sullo stesso metallo, cioè sopra oggetti d'oro e d'argento gabbiamo l'impressione di un punzone governativo, ottenuta mediante una frode.
E, quando, mercè un marchio impresso da un ufficio governativo sopra un oggetto d'oro e d'argento che dev'essere messo in commercio, si dichiara che esso ha un determinato titolo, non si fa cosa assai somigliante alla coniazione di una moneta? E il carpire all'ufficio governativo un marchio indebito per trarre, con questo, in inganno tanta povera gente, non è quasi la stessa cosa come il fabbricare e spacciare moneta falsa?
Ma, dice l'onorevole Branca, perchè vi siete riferiti all'articolo 334 e non piuttosto al 394, il quale contempla i reati che si commettono rispetto al commercio, alle manifatture ed alle arti? Egli vorrebbe che la pena inflitta a quest'ultimo reato fosse estesa al caso contemplato nell'articolo 7 del progetto.
Ma veda la Camera se ciò possa farsi. Là si tratta di chi abbia contraffatto il nome, il marchio od altro segno apposto, con approvazione dei Governo del Re, sopra mercanzie, animali o manufatti o sopra opere intellettuali, allo scopo di farli apparire come provenienti da una determinata persona, manifattura o razza; e in simili casi il colpevole è punito con una multa. Ma quanto grande è la differenza che corre tra questi casi e quello contemplato dal secondo capoverso dell'articolo 7! In primo luogo nei casi a cui si riferisce l'articolo 394 del Codice penale, la contraffazione non cade già sopra un marchio governativo, sopra un marchio che porta seco la garanzia della fede pubblica, perchè impresso da un pubblico ufficiale; ma
trattasi invece di un segno apposto da una ditta, da un privato individuo sopra il prodotto della sua manifattura, da un fabbricante di vino sopra le bottiglie che lo contengono, oppure di un marchio, sempre di carattere privato, impresso sopra un cavallo, o sopra un bue di una determinata razza.
Di più, vi ha grande differenza nell'oggetto sul quale la frode si applica.
Nel caso dell'articolo 7 si applica, come io vi diceva, ad un oggetto d'oro e di argento, si applica a cose, la cui natura, si accosta assai a quella della moneta. Invece, nel caso dell'articolo 394, essa cade su un oggetto di ben diversa indole, sopra una bottiglia, sopra un mobile, sopra un cavallo.
Naturalmente potete essere ingannati anche da un segno di fabbrica; ma l'esame che ne fate vi guarentisce non poco da questo pericolo; mentre invece, quando avete sotto gli occhi un oggetto d'oro o d'argento, non vi basta certo una semplice ispezione per apprezzarne la composizione ed il titolo, se non ricorrete al sussidio della chimica.
Ad ogni modo noi abbiamo riconosciuto che una qualche differenza vi era fra l'alterazione delle monete e l'alterazione dei lavori d'oro o d'argento sopra i quali i pubblici ufficiali hanno impresso il marchio e, appunto in omaggio a quei principii dei quali faceva cenno l'onorevole Branca, abbiamo creduto che fosse si caso non di aggravare la pena, ma di mitigarla, diminuendola di un grado.
Vegga dunque la Camera, vegga l'onorevole Branca come noi abbiamo veramente cercato che le sanzioni di questo disegno di legge fossero in armonia con quanto è stabilito dal Codice penale.
Io spero che le spiegazioni date dall'onorevole relatore e da me saranno sufficienti per ottenere che l'onorevole Branca desista dalla sua opposizione, e prego la Camera di votare l'articolo quale è stato da noi proposto.
(Sono approvati l'articolo 6, ed i seguenti:)
«Art. 7. La falsa dichiarazione che un oggetto portato al marchio è di massa omogenea o che non nasconde materie estranee, sarà punita con la pena del carcere estensibile ad un anno.
Quando mediante la detta falsa dichiarazione si riesca a far marchiare dal saggiatore un oggetto che nasconde materie estranee o che è formato di massa non omogenea, ovvero quando si alterano una o più parti dell'oggetto già marchiato o vi sì nascondono materie estranee, il colpevole sarà punito con le pene stabilite dal Codice penale per l'alterazione delle monete, diminuite di un grado.
Art. 8. Per l'accertamento del reato, nei casi previsti dai due articoli precedenti, gli ufficiali del saggio sono parificati agli ufficiali di polizia giudiziaria.
Art. 9. Gli attuali ufficiali del marchio, che erano retribuiti ad aggio, sono, per gli effetti della legge sulle pensioni del 14 aprile 1864, n° 1731, parificati agli ufficiali indicati nel secondo comma dell'articolo 6 della legge medesima.
Art. 10. La presente legge andrà in vigore un anno dopo la sua promulgazione. Resteranno allora abrogate tutte le leggi esistenti intorno alla garanzia dei metalli preziosi.»
presidente. Si verrà in un'altra seduta alla votazione
a scrutinio segreto di questo disegno di legge.
presidente. L'onorevole Paternostro Paolo ha
presentato la seguente domanda d'interrogazione:
«Il sottoscritto desidera rivolgere una interrogazione all'onorevole signor presidente del Consiglio, sopra un fatto accaduto in Ogliastro il giorno 28 dello scorso marzo ed attribuito ai carabinieri.»
Prego l'onorevole Presidente del Consiglio di dire se e quando intenda rispondere a questa interrogazione.
Lanza presidente del Consiglio, ministro per l'interno. Risponderò subito, se l'onorevole
presidente così crede.
presidente. L'onorevole Paternostro ha facoltà di
svolgere la sua interrogazione.
Paternostro Paolo. Il giorno 28 in Ogliastro che è una
sezione del mio collegio elettorale (ciò che spiega perchè gl'interessati si
siano rivolti a me, e perchè io rivolga un'interrogazione all'onorevole
presidente del Consiglio sopra i fatti ivi successi) doveva celebrarsi una
sacra funzione nell'oratorio così detto del SS. Sacramento.
Pare che il rettore dell'oratorio e coloro che dovevano celebrare la sacra
commemorazione avessero fatto prender posto nella piccola chiesa a diverse
signore e diversi ragazzi, ed avessero fatto conoscere ad altri che stavano
al di fuori, come fosse impossibile che tutti stessero in chiesa, e come
fosse conveniente che le donne rimanessero nei posti di già occupati.
Ciò fece nascere, dicesi, un po' di mormorio. Forse perchè ciascuno avrebbe voluto essere presente al di dentro.
Tutto ad un tratto giungono un brigadiere ed altri quattro carabinieri (io dico quello che mi è stato scritto da tre assessori e diversi notabili del paese); questi carabinieri intimano alla popolazione di sgombrare, poi entrano in chiesa ed intimano che tutti escano, che si chiudano le porte e che la funzione non abbia più luogo.
Si osservò che si era nel proprio diritto, e nessuno poteva impedire che essi pacificamente esercitassero questo tale diritto compiendo la sacra funzione; ma i carabinieri nulla ascoltarono, e vennero senza alcuna ragione contro la popolazione inerme, e soprattutto contro donne e ragazzi che stavano là entro alla chiesa
ad atti qualificati violenti e brutali da coloro che scrivono, e tali che produssero delle ferite a qualcuno degli astanti, oltre gli svenimenti, ed altre conseguenze funeste nelle donne che si spaventarono.
Io scrissi a quei signori, che mi pregavano di fare una interpellanza, prima di farla e di accusare l'arma dei carabinieri di violenza, e di domandare al ministro dell'interno provvedimenti rigorosi, per avere dettagli, e sapere se la cosa fosse successa come mi si era detto, se non ci fossero modificazioni, se non si fosse già accomodata ogni cosa, tanto più che mi avevano detto essersi rivolti all'autorità politica della provincia, cioè al prefetto di Palermo.
Ma in data del 15 mi si risponde:
«Nessun provvedimento ancora: la popolazione mormora: i carabinieri guardano in cagnesco forse perchè s'è ricorso all'autorità politica; è questa una brutta situazione, ed insistiamo nel chiedere provvedimenti.»
Io, come fo in simili circostanze, mi sono affrettato dirne parola all'onorevole presidente del Consiglio, ministro dell'interno, perchè pigliasse le opportune informazioni, e provvedesse.
D'allora in poi io non ho saputo altro di positivo, o per lo meno altro che mi potesse indurre a non fere la mia interrogazione.
Questo è il fatto: ora domando all'onorevole presidente del Consiglio se egli conosce e conferma i fatti tali quali io li ho narrati, se abbia modificazioni e rettificazioni, e quali provvedimenti abbia dato e intenda dare.
Mi riservo la parola per altre osservazioni dopo che l'onorevole presidente del Consiglio si sarà compiaciuto di rispondere.
ministro per l'interno. Appena l'onorevole Paternostro
mi fece cenno di un fatto disgustoso, avvenuto in Ogliastro, io, com'egli
sa, ho subito telegrafato al prefetto di Palermo per conoscere se questo
fatto era avvenuto, e come era avvenuto; e quel prefetto si fece premura di
rispondere immediatamente, in genere, che un disordine era realmente
seguito, per le cause accennate dall'onorevole Paternostro; che però
attendeva nel proposito un rapporto, per cui aveva fatte sollecitazioni.
Diffatti un rapporto venne, il quale però divaria alquanto dalla narrazione testè fatta dall'onorevole Paternostro.
Anzitutto debbo dire alla Camera che qui non si trattava di una di quelle
funzioni consuete, le quali sono prescritte dai canoni. Si trattava di fare
una rappresentazione della
(Ilarità)
e via dicendo; e si voleva fare in chiesa.
Una voce. Una mascherata.
ministro per l'interno. Una parte della popolazione
desiderava che si desse questo spettacolo, un'altra invece pareva opponente.
Allora un prete che vi funziona da cappellano andò a chiedere il permesso
dal sindaco, il quale, conoscendo gli umori che correvano pei paese, lo
ricusava.
Ciò non ostante si persistè a voler fare la rappresentazione, e il sacerdote che doveva ufficiare, cominciò a mandare avvisi, per farvi intervenire i parenti degli attori. Parecchi paesani, che erano avversi a tale rappresentazione, presero allora ad affollarsi e far rumore alla porta della chiesa; quindi si venne ad alterchi di parole; e il sindaco, temendo che si venisse alle mani tra le due parti, ricorse all'arma dei carabinieri, che si trovava sul luogo, perchè intervenisse ad impedire la rappresentazione.
Non si trattava, ripeto, d'una funzione religiosa consueta a celebrarsi, perchè, se ciò fosse stato, a nessuno sarebbe venuto in mente di proibirla; tant'è che il cappellano, il quale compie al servizio divino in quella chiesa, ha chiesto al sindaco il permesso di quella rappresentazione, il che non avrebbe certamente fatto se si fosse trattato di una sacra funzione consueta.
I carabinieri essendo accorsi, cercarono di allontanare la folla, e un brigadiere accompagnato da qualche assessore comunale entrò in chiesa invitando quelli che vi stavano, ad uscire, per togliere la causa del tumulto incipiente. Unito ai carabinieri ci era pure un milite a cavallo il quale, trovandosi in paese, ed incontrato il sindaco, ne era stato richiesto a recarsi anche lui sui posto per aiutare i carabinieri a far cessare lo spettacolo e ovviare che si venisse alle mani. Tra coloro che uscivano di chiesa, e quelli che stavano di fuori per impedire che altri entrassero, avvenne un po' di tafferuglio, e questo milite a cavallo si dice che abbia ricevuto degli urti violenti da qualcheduno che si trovava in mezzo: egli allora sfoderò la sciabola e menò un colpo sul capo ad uno, che ne toccò una ferita, per altro abbastanza lieve, poichè la dicono sanabile in due o tre giorni, e la cosa finì lì; non vi fu più nulla; ognuno se ne andò pei fatti suoi, e chi ne ebbe ne ebbe.
Ora resta ad esaminare unicamente, se il sindaco aveva motivi o indizi sufficienti per proibire questa rappresentazione, poichè, senza di ciò, non vi sarebbe stata ragione di opporsi alla consuetudine locale.
Che poi si sia ecceduto nella repressione, questo non sembra vero, perchè da quella lieve ferita in fuori, non vi ebbe altro inconveniente a deplorare.
Io ho narrato il fatto quale mi consta; ma non ho lasciato, siccome già dissi, d'insistere perchè mi venissero meglio specificati gl'indizi che il sindaco ha potuto raccogliere per credere che fosse pericoloso il permettere quella festa, che è una consuetudine in Sicilia e in parecchi altri luoghi.
Paternostro Paolo. Ringrazio l'onorevole presidente del
Consiglio delle spiegazioni che ha voluto darmi. Io non ho elementi per
contraddire alle cose da lui dette,
perchè a contraddire i rapporti delle autorità ci vogliono dati positivi e
bisogna accuratamente conoscere come si siano realmente passate le cose.
Quando il resoconto di questa seduta sarà fra le mani degl'interessati, ed
essi avranno potuto leggerlo, se i fatti non saranno quali furono esposti
dal signor ministro, sapranno rettificarli, e vedremo il da farsi. Voglio
osservare alla Camera che non tratto la questione dal punto di vista
religioso, nè dal punto di vista di cerimonie o di rappresentazioni: io non
entro in questo campo e non voglio ora dire quale è la mia opinione
personale su tutte le cerimonie religiose e rappresentazioni commemorative:
la mia interrogazione si limita a domandare se la forza pubblica
intervenuta, sia di
L'onorevole presidente del Consiglio ha avuto la bontà di dirmi che ha ordinato un'inchiesta per vedere fino a qual punto sia responsabile l'arma dei carabinieri. Mi ha detto anche che non si tratterebbe di carabinieri ma di un milite a cavallo, circostanza che sposta un po' la questione. Io adunque aspetterò che questa inchiesta sia fatta per vedere quali saranno i risultati; semplicemente vorrei dare una preghiera all'onorevole presidente del Consiglio.
Io so (se mi fu detto il vero) che anche prima che il fatto accadesse, per ragione di servizio era stato disposto che quella stazione di carabinieri dovesse avere un altro personale; ma che sopravvenuta questa circostanza, non fu creduto utile di levare subito quei carabinieri da quel posto, ma aspettare qualche altro giorno. Sottometto questa circostanza all'onorevole presidente del Consiglio; e poichè questi carabinieri dovevano per ragione di servizio lasciare quel comune, potrebbero lasciarlo ora se all'autorità sembrasse momento opportuno. Si tratta di un paese ove la popolazione è esasperata; un brigadiere e quattro carabinieri si trovano soli in un comune che si crede offeso. Anche stando con gli occhi bassi, la popolazione può credere di essere insultata. Veda l'onorevole presidente del Consiglio, ministro dell'interno, a cui la pubblica sicurezza deve stare a cuore, se non fosse il momento oggi o domani, o al più presto…
Massari. No, no!
Paternostro P. Qual altro presidente del Consiglio mi
risponde? Io non ne conosco che uno fino ad ora…
(Si ride)
se non fosse, dico, il memento di dare dei provvedimenti, perchè fatti disgustosi non accadano.
Io l'ho voluto dire, perchè se più tardi (noti bene l'onorevole presidente del Consiglio, non è una profezia, nè una minaccia, ma io conosco cosa sono i piccoli paesi), se più tardi, dico, accadesse qualche cosa di disgustoso, non vorrei assumerne io nè farne assumere ad altri la responsabilità. Questa è una semplice preghiera che valuterà come meglio crede, nell'interesse del servizio e della pubblica amministrazione; e sono sicuro che, appurati i fatti, provvederà energicamente.
ministro per l'interno. Comprenderà l'onorevole
Paternostro che io non posso accettare il suo consiglio di allontanare quei
carabinieri i quali hanno in questa occasione agito, perchè non mi risulta
in nessun modo che abbiano commesse prepotenze. Essi non hanno evidentemente
fatto che ubbidire al loro superiore. E chi era in quel momento il loro
superiore? Era il sindaco, che, come ufficiale di pubblica sicurezza,
nell'interesse dell'ordine pubblico del paese, ha loro prescritto di far
eseguire l'ordine da lui precedentemente dato, che quella funzione non
avesse luogo, appunto per cansare che ne derivassero disordini e danni per
la popolazione.
Vuol dunque…
Paternostro Paolo. Io non voglio niente.
(Ilarità)
ministro per l'interno. Se non vuol niente, siamo
d'accordo; ciò significa che ritira la sua proposta.
Quando mi venisse a constare che si fosse ecceduto da parte dei pubblici agenti, allora certamente il Governo saprebbe che cosa deve fare; ma finchè questo non consti, ella non vorrà insistere che si prenda una deliberazione la quale non solo sarebbe molto inopportuna, ma non farebbe che disanimare gli agenti del Governo, i quali debbono essere continuamente sostenuti e protetti nell'adempimento dei loro doveri.
presidente. L'onorevole Botta ha presentato una
domanda d'interpellanza all'onorevole ministro dell'interno, che è la
seguente:
«Il sottoscritto desidera interpellare il signor ministro dell'interno sulla esecuzione del decreto 20 giugno 1871, numero 313, relativo all'ordinamento degli impiegati delle amministrazioni centrale e provinciale.»
M'immagino che questa interpellanza ha tratto allo stesso argomento che l'onorevole Botta ha svolto nella sua interrogazione dell'altro giorno.
Prego l'onorevole ministro per l'interno a voler dire se e quando intenda rispondere a questa interpellanza.
ministro per l'interno. Io mi rimetto interamente al
presidente ed alla Camera, perchè si fissi quel giorno che crederanno possa
meglio conciliarsi con le altre materie che sono all'ordine del giorno.
presidente. Io proporrei che la interpellanza
dell'onorevole Botta abbia luogo dopo esaurito l'ordine del giorno attuale,
meno il progetto sulla pesca e compresa la discussione che deve farsi sulle
multe.
Botta. Aderisco.
presidente. L'onorevole Sorrentino ha presentato la
seguente domanda d'interrogazione:
«Il sottoscritto domanda d'interrogare il ministro dei lavori pubblici sull'orario della ferrovia da Napoli a Castellammare.»
Prego l'onorevole ministro dei lavori pubblici a dichiarare
se e quando intenda di rispondere a questa interrogazione.
Devincenzi ministro per i lavori pubblici. Se la Camera
lo vuole, io posso dire qualche cosa anche adesso.
presidente. L'onorevole Sorrentino ha facoltà di
parlare.
Voci. Non c'è!
presidente. L'onorevole Righi ha presentata una
domanda d'interrogazione.
Voci. Non c'è!
presidente. Si proseguirà nell'ordine del giorno, il
quale reca la discussione del progetto di legge pel concorso dell'Italia
all'esposizione universale di Vienna nel 1873. (V. Stampato
n°77)
La discussione generale è aperta.
L'onorevole Michelini ha facoltà di parlare.
Michelini. Io credo essere debito mio verso me stesso e verso la Camera di esporre brevemente i motivi per cui dissento, non solamente dalla maggioranza della Commissione di cui ho l'onore di far parte, ma ancora dalla totalità dei miei colleghi; lo devo tanto più, inquantochè forse dissentirò anche dalla Camera. Per verità questo dissenso dovrebbe indurmi a dubitare di me stesso, dovrebbe scoraggiarmi, se da lungo tempo non fossi avvezzo a non tener conto delle autorità, per quanto rispettabili esse siano, potendosi riverire e rispettare le persone e dissentire dalle loro opinioni. Sono avvezzo, fin dalla gioventù mia prima, a seguire gl'impulsi della mia coscienza, facendo uso di quella ragione che Dio mi diede, perchè ritengo che me la diede appunto acciò uso ne facessi.
Del resto, se la Commissione mi ha dato torto, se forse darammelo la Camera, prevarrà col tempo la mia opinione, se essa è fondata sul vero, e sarà universalmente approvata. Il tempo è un grande riparatore delle ingiustizie, delle storte opinioni, e ne siamo una vivente e solenne prova noi che, a nome del popolo italiano, deliberiamo in questa Roma, obbiettivo dei nostri lunghi desiderii, quasi come la terra promessa lo era pel popolo ebreo. Io non nego l'utilità delle esposizioni industriali, siano esse nazionali o mondiali.
Avvi una prima utilità che consiste nel dar premi al favoriti del Governo. Nel nostro caso trenta giurati faranno un gratuito e confortevole viaggio dall'Italia a Vienna, e visiteranno a spese dei contribuenti quella bellissima città. Verranno poi i nastri, le croci ed altri ciondoli; verranno impieghi ed altri favori. I Governi sogliono essere generosi.
Ma, parlando sul serio, non nego che qualche vera utilità provenga dalle mostre industriali. Esse giovano all'affratellamento dei popoli e degli industriali, i quali imparano a conoscersi ed anche a stimarsi vicendevolmente.
Questo è certamente un gran bene; ma questo bene morale può conseguirsi in mille altre guise, e a procacciarlo non devono concorrere i Governi: non è ufficio loro.
Quanto all'utilità industriale od economica, io l'ammetto anche sino ad un certo segno. Paragonando le produzioni altrui colle proprie, gl'industriali, gli agricoltori conoscono di quali perfezionamenti siano suscettive le une e le altre.
Se non che a questo riguardo è da osservare che gli industriali, i quali concorrono all'esposizione mirano piuttosto all'apparenza che alla realtà; voglio dire che essi concentrano tutti i loro sforzi verso questo o quell'altro prodotto, negligentando gli altri. D'onde viene che la esposizioni non siano le adeguate rappresentanti delle industrie dei rispettivi paesi.
Accade nelle esposizioni industriali ciò che avviene nei concorsi agrari. Io mi ricordo che facendo parte di quella vasta associazione agraria, la quale esercitò politico influsso in Piemonte negli anni che precedettero la rivoluzione dei 1848, ed alla quale appartenevano alcuni dei nostri colleghi, come gli onorevoli Lanza, Rattazzi, Depretis, mi ricordo che, negozianti di buoi ne compravano dei grassi, ed ottenevano premi, laddove si sarebbe dovuto premiare gli allevatori.
Parimente in certe visite che fanno le autorità governative agli asili infantili, ed alle scuole elementari, i maestri e le maestre, che ne sono prevenuti, vi preparano alcuni degli allievi, scegliendo naturalmente i migliori. Seguono gli esami, pel felice esito dei quali si tributano lodi ai maestri ed alle maestre, poco o nulla badando alla massa degli scuolari. Il simile accade nelle esposizioni.
Se queste non rappresentano lo stato reale dell'industria, non ne danno neppure un esatto concetto le relazioni industriali, di cui i Governi ordinano la pubblicazione a coloro cui avevano affidata qualche ingerenza nelle esposizioni. Lunghe, minute sogliono essere cotali relazioni, stampate con molto lusso. Ma pochissimi le leggono. Si spende molto, ma con poco profitto, la qual cosa avviene generalmente in tutte le cose in cui entrano i Governi, i quali non spendono del proprio.
Dopo queste generali considerazioni addentrandomi nell'esame della questione di cui si tratta, se dobbiamo cioè approvare lo stanziamento di mezzo milione a carico dell'erario nazionale per il concorso dell'Italia all'esposizione viennese, dirò potersi tale esposizione considerare sotto l'aspetto politico e sotto l'aspetto economico.
Dichiaro prima di tutto che il lato politico è ai miei occhi molto più importante dell'economico.
Quantunque, non so nemmeno io il perchè, forse perchè di tutte le scienze morali è quella che più si avvicina alle fisiche; quantunque dello studio dell'economia politica siami assai occupato, ed abbia fama di non essere ignaro in essa, tuttavia stammi sempre più a cuore la politica che la crematistica; stannomi più a cuore i diritti dei popoli e degl'individui che la loro ricchezza; pregio molto più le scienze morali e politiche, che quella, la quale ci addita in quale guisa si formino, si distribuiscano, si consumino le ricchezze.
Laonde se non ci fosse modo di conciliare i riguardi dovuti alla politica con quelli dovuti all'economia politica, non dubiterei un momento di dare il voto favorevole a questo progetto di legge.
Darei il mio voto a questo progetto di legge, perchè l'Austria invitandoci d'intervenire ad una sua festa, è bene che alla gentilezza dell'invito austriaco, corrisponda la gentilezza dell'italiana accettazione.
L'Italia intervenendo alla mostra di Vienna dice altamente all'Austria ed al mondo tutto, che essa ha dimenticato le prigionie, le morti, le crudeltà, le oppressioni di ogni maniera che ebbe per così lunghi secoli a patire dall'Austria; dirà che, da buona cristiana, essa ha tutto dimenticato.
Ieri ancora Austria ed Italia erano mortali nemiche; si odiavano cordialmente: santo il nostro odio perchè inspirato dall'amor di patria. Ora tutto è finito; ora tra i due popoli intercedono le più cordiali relazioni; ora non avvi più gara tra essi che di progresso e di virtù. Quale rapida, quale sorprendente mutazione!
Dando prova di maravigliosa avvedutezza, l'Austria si liberò del regno lombardo-veneto, il possedimento del quale, come la palla attaccata al piede del galeotto, le impediva di entrare nel consorzio delle nazioni civili, di progredire con esse e di dare libertà ai popoli suoi, ed ecco che, quasi come un colpo di scena, l'Austria diviene la nostra alleata, la nostra amica. Forse combatteranno insieme e per la stessa causa due popoli chetante volte e così accanitamente combatterono l'uno contro dell'altro.
Egli è che per gli avvenimenti succeduti le prepotenze austriache non possono più rinnovarsi.
Succedettero in Europa non solamente nella pubblica opinione, ma ancora nell'ordine materiale tali mutazioni, che le prepotenze austriache sono rese impossibili. Essa non può più volerle; deve progredire con noi; percorrere una linea parallela, non divergente.
Veramente viviamo in tempi in cui in pochi anni, in pochi mesi accadono cose che per lo passato non accadevano nel corso di più secoli. Si direbbe che, come il vapore abbrevia le distanze di luogo, così la rapidità con cui succedono eventi importantissimi e per se stessi e per le conseguenze loro abbrevi le distanze di tempo. In pochi anni vediamo cose che altri non videro in più secoli.
Bene è da dolere che a questa maravigliosa e cristiana riconciliazione non abbia cooperato Pio IX. Avrebbe fatto cosa santissima, cosa degna del capo della religione cristiana, cosa giovevole al papato ed alla Chiesa. Avrebbe anche fatto cosa consentanea ai sentimenti del suo cuore, il quale è buono. Ma ne lo impedì quell'empia setta, che rovina lui, il papato, la Chiesa e la religione, dico la setta gesuitica. La quale, lungi dal volere pace tra Austria ed Italia, vorrebbe che contro quest'ultima nazione si scatenassero tutte le altre, e nulla lascia d'intentato per conseguire il suo poco cristiano intento.
Passando a considerare la questione che ci occupa dal lato economico, primieramente io sono poco disposto ad accordare il mezzo milione che ci viene domandato per il mio desiderio di economia, per la convinzione in cui sono che noi rappresentanti della nazione, se vogliamo interpretare rettamente la volontà dei nostri mandanti, dobbiamo fare economia in tutto e per tutto. Di economia sempre si parla; ma quando viene il buono di porla in atto, non si sa mai resistere alla tentazione di spendere. L'economia è cosa teorica, pratica la spesa; ora la teoria poco giova ai contribuenti.
Forse era necessario che dai Governi venissero le spinte alle esposizioni che prima furono nazionali, poscia divennero universali. Forse se i Governi quelle spinte non avessero date, le esposizioni non avrebbero avuto luogo che più tardi, quando cioè gl'industriali, sentitone il bisogno, ne avessero preso eglino stessi l'iniziativa.
Ma ora che l'impulso è dato, mi è avviso che l'azione dei Governi debba cessare poco per volta, per cedere il luogo all'azione privata, chiaro essendo che, dove e quando fa il Governo, i privati non fanno. Chi può resistere alla concorrenza governativa? Cessata l'azione dei Governi o almeno ridotta a ben poco, ad assecondare cioè l'azione privata, le esposizioni avranno luogo se, dove, quando e nel modo che sarà richiesto dal bisogno, come accade in tutte le cose economiche.
Questo mio desiderio, questa mia opinione sulle esposizioni fa parte o, per
meglio dire, è un'applicazione di un'altra mia più generale opinione
relativa al
Io che ho fiducia nel trionfo del vero, spero che
queste mie idee diventeranno comuni, e daranno norma a cittadini e popoli.
Venendo più particolarmente all'esposizione di Vienna, o, per meglio dire, alla parte che vi deve prendere l'Italia, non è mia intenzione di escluderne in modo assoluto il Governo italiano. Vorrei l'azione individuale degli industriali italiani, ed al Governo assegnerei la parte di servire d'intermediario tra gl'industriali ed il Governo austriaco.
Questo Governo, come sempre si fa, ha nominato una Commissione per preparare l'esposizione e dirigerla, prendere insomma tutti i provvedimenti che ad essa si riferiscono. Ora questa Commissione austriaca non può, non deve porsi in relazione coi singoli espositori italiani. Questi devono essere rappresentati in faccia all'Austria ed alla sua Commissione dal Governo italiano.
Ridotta così l'azione del Governo, basterebbero 150 o 200 mila lire.
Del resto, io, che non sono solito a lodare i ministri, dirò che questo progetto di legge, paragonato alle leggi riguardanti le antecedenti esposizioni, segna un progresso verso le mie idee, verso il non intervento governativo; tanto è vero che le buone idee tosto o tardi si fanno strada, e finiscono per prevalere, come la luce penetra per le fessure anche in una camera di cui siano chiuse le finestre.
Nelle altre esposizioni, il Governo faceva la spesa del trasporto degli oggetti; dal che avveniva che molti industriali cercassero di far trasportare prodotti che non meritavano l'onore dell'esposizione; sicchè il Governo era assalito da indiscrete domande, cui non poteva sempre resistere.
Ma io vorrei che si facesse un passo più lungo; vorrei che a spesa degli espositori fosse posto il pagamento del fitto dei locali nel palazzo dell'esposizione. Così operando, il Governo verrebbe liberato da molti imbrogli, da molte seccature, e si avrebbe la certezza che a Vienna non vanno che prodotti veramente degni di essere esposti, certezza maggiore di quella che risulta dal giudicio dei giurati, della parzialità dei quali si odono sovente censure, senza che si sappia se siano fondate o no.
Conchiudendo dirò che, se da una parte la politica, cioè il desiderio che l'Italia dia una prova di simpatia all'Austria, mi consiglia ad approvare questo progetto di legge; se dall'altra me ne sconsiglia l'economia politica, la necessità di fare economia, mi pare potersi l'una coll'altra cosa conciliare ove si faccia ben bene comprendere all'Austria che, se noi non andiamo a Vienna all'occasione dell'esposizione, non si è per malo animo o per alcuna ruggine che abbiamo verso di essa, ma unicamente perchè vogliamo seguire una politica di raccoglimento e di economia, perchè vogliamo giungere al pareggio dell'attivo col passivo e pagare i debiti.
Se non m'inganno a partito, questo nostro procedere, lungi dal nuocerci, ci farebbe molto onore, e presso l'Austria e presso tutta le altre nazioni.
Terminerò col fare, o piuttosto col ribadire una raccomandazione al ministro dell'industria, che trovasi nella relazione, ed è di non oltrepassare il fondo che gli viene assegnato. In sostanza quando un proprietario di terre autorizza il suo castaldo a spendere dieci, questi non ha diritto di spendere 15 o 20. Spero che l'onorevole ministro ne farà specifica promessa.
Manfrinrelatore. L'onorevole Michelini è venuto
esponendo alla Camera le argomentazioni che ha già espresse alla
Commissione, ma è avvenuto nelle sue opinioni un miglioramento del quale mi
rallegro. Nella Commissione egli s'era mostrato assolutamente avverso al
concorso del Governo all'esposizione, ed ora ha almeno riconosciuta
l'utilità delle esposizioni in genere; è già un passo di fatto.
Quanto alla divisione che egli fa di questo argomento in parte politica ed in parte economica, dirò che vi sono delle spese necessarie perchè producono degli utili; ed il proposto concorso alla esposizione di Vienna appartiene a questa categoria.
Vi sono due modi per aumentare le ricchezze del paese: uno è la produzione, l'altro è di fare economie. Questi due modi vanno usati egualmente, ma non bisogna peraltro confondere l'uno con l'altro, ossia fare le economie quando bisogna spendere o viceversa.
Questo argomento del concorso alla esposizione di Vienna ha tratto assolutamente alla parte produttiva; è come uno che mette a frutto denaro per averne gl'interessi. Non si tratta quindi di una spesa che vada a carico dello Stato e dei contribuenti senz'altro, ma di una spesa produttiva e utile.
L'onorevole Michelini inoltre deve trovarsi in parte soddisfatto nelle sue vedute di economia, perchè questa è la prima volta che per concorrere ad una esposizione si fa contribuire colui che un utile diretto ed immediato ne ritrae, cioè i singoli esponenti.
Diffatti è stato stabilito che le spese di trasporto, invece di essere a carico dello Stato come per lo passato, siano a quello dell'esponente. Codesto non è già un fatto sterile che non apporti nessun risultato, ma apporta una rilevante minoranza di spesa, come lo si può rilevare nella somma proposta; imperocchè, secondo ebbi già l'onore di indicarlo anche nella relazione, la prima esposizione ha costato la somma di 1,100,000 di lire circa, la seconda 900,000 lire, e per questa furono proposte sole 500,000 lire. Dunque vede che vi è un progresso il quale, mano mano potrà aumentare fino al punto forse nel quale codesti concorsi verranno con altri criteri proposti.
Nè sarà fuor di luogo osservare che non è assolutamente un dato giusto il volere che soltanto gli esponenti debbano sottostare alla spesa, perchè in ultima analisi tutti sentono il vantaggio ed approfittano delle
migliorate condizioni dei commerci, delle industrie e dell'agricoltura. Quindi tutti, se non in eguale cifra, almeno proporzionatamente debbono contribuire alla spesa.
Osservo poi all'onorevole Michelini come non sia il caso qui di applicare le dottrine autonomiche adatte allo svolgimento interno di un paese; qui si tratta della rappresentanza all'estero, ed in questo caso essa spetta di pieno diritto al Governo. Sua ne è la responsabilità, suo l'onore della riuscita, per la parte che concerne l'ordinamento.
A nessun scrittore che di materia amministrativa siasi occupato venne mai in mente di proporre il discentramento nei rapporti di uno Stato con un altro. L'azione governativa deve essere ristretta il più possibile, siamo d'accordo, ma nessuno potrà negare al Governo il compito di rappresentare il paese all'estero.
Non è possibile inoltre applicare le dottrine autonomiche in questo caso, perchè mancherebbe quella unità di concetto e di azione che non è mai troppa nelle relazioni internazionali.
Se si volesse che ciascun esponente potesse interloquire nei sistemi stessi dell'esposizione, io credo che la confusione non farebbe che aumentare; naturalmente vorrebbe ciascuno essere nelle migliori posizioni, avere il maggiore spazio, e forse anche ottenere i principali premi.
Prima che questa materia possa venire altrimenti che con l'azione del Governo regolata, passerà molto tempo, anzi dirò che bisognerà prima mutare buona parte degli ordinamenti che ci governano, la qual cosa non vedo nè possibile nè utile.
Quanto poi alla parte politica, trovo non sia qui il caso, come si espresse l'onorevole preopinante, di voler perdonare od obliare il passato. Nelle condizioni in cui ci troviamo è opportuno solamente di non ricordare. La presente è una questione di convenienza di concorrere ad una esposizione, prima perchè le consuetudini internazionali lo esigono, in secondo luogo perchè non si è mai dato il caso che una potenza invitata abbia risposto con un rifiuto, qualunque sieno le sue condizioni finanziarie. Nel caso attuale, trattandosi di concorrere ad una esposizione a Vienna, credo che tanto meno si potesse rifiutare, appunto perchè sono passati pochi anni dai luttuosi avvenimenti che nessuno ha obliato, appunto per provare i miti nostri intendimenti e per poter continuare quei rapporti e quei riguardi diplomatici che abbiamo tutto l'interesse, tanto noi come l'Austria, di mantenere.
Io spero che l'onorevole Michelini non vorrà insistere nella sua opposizione. Per la parte politica vorrà riconoscere l'opportunità del nostro concorso all'esposizione di Vienna; come per la parte finanziaria spero si voglia per ora tener soddisfatto della minore spesa e del passo fatto per far contribuire coloro che ne ritraggono vantaggi immediati e diretti.
Per queste ragioni prego altresì la Camera di adottare le conclusioni della sua Commissione, approvando questo disegno di legge.
Colonna. Quando io sentiva che l'onorevole Michelini voleva fare una raccomandazione, io credeva volesse ripetere quella che riguardava la nomina dei giurati; ed è perciò che io prendo la parola, onde pregare l'onorevole ministro perchè voglia ripetere alla Camera la promessa fatta in grembo alla Commissione, e dire se, in occasione della esposizione generale di Vienna, intende promovere quelle spedizioni di operai che credo molto utili nelle esposizioni, perchè molti degli operai italiani disgraziatamente non conoscono il progresso che si può ottenere, stando nella piccola cerchia del loro mestiere o della loro arte.
Io farò un'altra raccomandazione all'onorevole ministro, cioè che nella nomina dei Comitati locali voglia scegliere persone le quali siano veramente attive e rifuggenti dai lavori generali ed accademici, e possano far rappresentare all'Italia quella parte onorevole che forse non ha interamente conseguita nelle esposizioni passate.
Finalmente rispondo all'onorevole Manfrin riguardo al concetto politico.
Egli dice che non è il caso, nè di perdonare, nè di obliare, e che non è neanche opportuno di ricordare; ed io dico che questa questione è fuori di proposito interamente. Quella che opprimeva era l'Austria despota, assoluta; adesso di fronte a noi sta l'Austria liberale; tra l'ima e l'altra non bisogna mai fare confusione.
Michelini. Forse, se mi fossi meglio spiegato, se non avessi omesso alcune idee, l'onorevole relatore non mi avrebbe fatte quelle obbiezioni che ho udito. È dunque debito mio di supplire alla mancanza, tanto più che il mio breve discorso potrebbe avere fatto sulla Camera quella stessa impressione che fece sul deputato Manfrin.
Nulla dirò circa il dimenticare o perdonare gli antichi soprusi dell'Austria verso l'Italia. Se non nelle parole, siamo d'accordo nei fatto, nei sentimenti. Insisterò maggiormente nella parte economica.
Mi pare che l'onorevole Manfrin dicesse in sostanza che vi sono delle spese fruttifere, che bisogna seminare per raccogliere. Io questo lo ammetto, ma non credo che tale sia la spesa di cui ora si tratta.
Esaminiamo un po' accuratamente la cosa; facciamo un po' di analisi di questo fenomeno economico; imperciocchè solamente coll'osservazione si può per venire alla conoscenza del vero nelle scienze morali, come nelle fisiche.
Le industrie prosperano mercè il capitale; senza il capitale non può aver luogo produzione di sorta. Se i poteri legislativi, decretando il concorso dell'Italia all'esposizione di Vienna, decretassero contemporaneamente la creazione dei capitale necessario acciò abbia luogo, chi non darebbe il suo voto all'esposizione? Ma
le cose non procedono così. Il mezzo milione è preso dalle borse dei contribuenti. Dunque devono necessariamente cessare tante piccole industrie, sicchè il loro ammontare corrisponda alla somma del mezzo milione. Di qui non si sfugge.
Io non parlo a persone ignare di economia politica, non parlo ad economisti da caffè e da conversazione, i quali sentenziano su cose che non hanno mai studiato, che non intendono. Costoro si lasciano abbagliare dalle grandi opere, e non pensano che hanno luogo a scapito delle piccole.
Frattanto è incontrastabile che in Italia la produzione diminuirà per il mezzo milione che le si sottrae. Il vantaggio dell'esposizione è problematico; quel danno è certo.
Io credo in ogni caso che il vantaggio dell'esposizione sia inferiore alla somma dei vantaggi che darebbe il mezzo milione ove fosse lasciato nelle borse dei contribuenti, sia per le ragioni che già ho esposto, sia perchè, se gli esponenti si ripromettessero i vantaggi che si crede, se li procaccierebbero a proprie spese, e non avrebbero bisogno dell'intervento governativo. Conviene dunque dire, che ciò che paga il Governo rappresenta la differenza tra il vantaggio dell'esposizione, ed il maggiore vantaggio delle industrie che cessano.
ministro per l'agricoltura e commercio. Risponderò
alle differenti domande, che mi furono rivolte dall'onorevole deputato
Colonna.
Egli mi domanda di ripetere alla Camera le stesse dichiarazioni che ho fatto, rispetto ai giurati, in seno alla Giunta eletta dal Comitato.
Io non ho nessuna difficoltà a ripeterle, e dichiaro formalmente che io intendo, quanto alla nomina dei giurati, di dividere la grave responsabilità della loro nomina con tutti gli elementi più intelligenti del paese. Noi ci siamo prefissi di nominare delle Giunte locali, le quali preparino questa esposizione.
Secondo il mio concetto, converrà rivolgersi a tutte le Camere di commercio, le quali sono gli organi naturali del Ministero per tutto ciò che riflette l'industria ed il commercio, e pregarle di eleggere alcuni loro rappresentanti. Nel tempo stesso si inviterebbero i comizi agrari, le provincie, i comuni e tutte le istituzioni ed associazioni che mirano a promuovere la produzione sotto le sue svariatissime forme, e si pregherebbero di far adesione ai Comitati nominati dalle Camere di commercio, di farsi in essi rappresentare da un proprio delegato ed anche di votare quelle somme che saranno necessarie per raccogliere gli oggetti e mandarli fino a destinazione, sussidiando riguardo alle spese del trasporto gli espositori, giacchè, come ha inteso la Camera, è intenzione del Governo, come lo è anche della vostra Commissione, di far sì che tutte le spese di trasporto sino a Vienna, del pari che quelle del ritorno, non debbano menomamente andare a carico del Governo. Ci sembra che queste Giunte locali, composte di delegati delle Camere di commercio, debbano essere attissime a fare la prima cerna e dare ai lavori preparatorii il miglior indirizzo. È poi intenzione del Governo di valersi di queste Giunte locali, di questi Comitati anche per la scelta dei giurati. Siccome le Camere di commercio sono 70, saranno 70 pure i Comitati.
La nomina dei giurati non si potrà fare che più tardi; ma è manifestamente impossibile che non vi sia qualche lacuna e qualche duplicato nelle proposte che saranno fatte dai Comitati locali riguardo alla scelta dei giurati; noi non possiamo fin d'ora determinare quali saranno le norme che seguiremo a tale riguardo e quale sarà il numero dei giurati, perchè ciò dipenderà dagli accordi che dovremo prendere con la direzione generale della esposizione, e bisognerebbe sapere qual numero di giurati sarà a noi assegnato; giova anzi accennare come, per scemare gl'indugi, io abbia pregato un onorevole membro del Parlamento di recarsi tosto a Vienna per prendere questi concerti ed informarne sollecitamente il Ministero.
L'impegno adunque che io prendo è questo, che, pur rimanendo al Ministero, rispetto alla nomina dei giurati, una certa libertà d'azione, non si chiameranno di regola a questo uffizio che coloro i quali avranno ottenuto l'approvazione dei Comitati locali; e se mai ci dovremo dipartire dalle proposte che questi ci avranno fatte, ciò avverrà soltanto quando vi si riscontrasse qualche lacuna riguardo alle diverse parti della esposizione.
La mostra di Vienna, colgo questa occasione per dirlo, è ordinata sopra basi veramente scientifiche. Troppo lungo sarebbe il dare lettura del suo programma, ma io posso affermare che tutta la storia del lavoro umano, nelle sue diverse forme, vi sarà rappresentata.
Questa mostra segnerà certo un vero progresso sopra tutte le altre da cui è stata preceduta, perchè non comprenderà soltanto l'esposizione dei prodotti materiali, ma il lavoro intellettuale vi sarà rappresentato con largo corredo di nozioni scientifiche e di ragguagli statistici.
Conviene adunque che i giurati possano dare il loro giudizio, per così dire, su tutto; conviene che conoscano non solo la bontà degli oggetti, ma anche la storia del lavoro; che conoscano il movimento economico nelle diverse sue forme; che sieno tali da poter soddisfare queste diverse esigenze.
Vede dunque l'onorevole Colonna come, nel procedere a queste nomine, converrà necessariamente partire da un unico concetto. Si potranno consultare queste Giunte locali; ma poi, quanto alla nomina definitiva, egli è pur forza che il Ministero del commercio abbia una certa libertà d'azione.
Però, giacchè le parole dell'onorevole Colonna me ne porgono occasione, io dichiaro di nuovo solennemente che il Governo intende di dividere la propria responsabilità col paese, consultando, prima di scegliere i giurati, quelle Giunte locali che sorgeranno nelle diverse parti del regno per preparare questa esposizione.
L'onorevole Colonna mi ha chiesto pure se fosse intenzione del Ministero d'inviare operai a visitare l'esposizione di Vienna. Io non entrerò ora nell'esame di questa questione nei vari suoi aspetti. Non discuterò se realmente una visita rapida fatta da alcuni operai ad una esposizione possa essere loro assai profittevole; un certo vantaggio credo veramente che possa derivarne; ma io non potrei prendere alcun impegno a questo riguardo.
Io ho cercato, sebbene non sia riuscito a contentare l'onorevole Michelini, ho cercato di limitare la spesa a quella misura che fosse assolutamente necessaria; ma si persuada la Camera che, per quanto si ponga a carico delle Giunte locali una certa specie di dispendii, per quanto si determini che il trasporto degli oggetti sia fatto a spese dei singoli espositori, pure i giurati, la nostra rappresentanza a Vienna, il costo dello spazio, l'allestimento del locale, il carico e discarico degli oggetti e la loro custodia, sono altrettanti elementi di spesa che non possono essere evitati.
L'Italia ha giustamente il vanto di essere la madre delle arti belle, la terra del buon gusto: converrà dunque preparare la nostra mostra in modo conveniente, in modo che si veda come questa Italia serbi intatta la sua riputazione.
In sostanza, io penso che le 500,000 lire saranno necessarie proprio tutte.
Credo, del resto, di poter prendere l'impegno che la spesa stanziata non sarà in verun caso ecceduta; ed il fatto che le somme assegnate per le esposizioni di Londra e di Parigi non solo sono state sufficienti, ma diedero luogo a risparmi, è sicura caparra che si farà lo stesso anche questa volta.
Il prendere altri impegni di carattere accessorio, quale sarebbe quello d'inviare operai a visitare l'esposizione, pagando loro il viaggio con questi fondi, è cosa che assolutamente io non posso fare.
Accurati studi furono compiuti, per mio incarico, da una Commissione appositamente istituita e composta di uomini che hanno avuto occasione di conoscere quale sia stato l'andamento di altre esposizioni, quali i dispendi che esse hanno recato.
Ora, attenendomi al risultato di questi studi, io debbo dire che, con 500,000 lire, non vi sarebbe margine alcuno per fare altre spese, poichè questa Commissione, non occupandosi che dell'acquisto dello spazio, del collocamento e della custodia degli oggetti, e dell'invio della rappresentanza nostra e dei giurati, aveva proposto la somma di 650,000 lire, ed io studiandomi di portarvi tutte le possibili diminuzioni, l'ho ridotta a 500,000. Non credo però di poter prendere l'impegno d'inviare eziandio, con questa somma, degli operai a Vienna perchè possano visitare l'esposizione.
Da ultimo, l'onorevole Colonna, m'invitava a scegliere le Giunte locali per modo che possano soddisfare la pubblica opinione, e adempiere convenientemente il mandato loro affidato.
Già dissi da principio come io intendeva di comporre queste Giunte.
Parmi che il modo da me accennato sia il più atto a far sì che tutti quegli elementi, i quali hanno un interesse diretto in queste esposizioni, possono esservi rappresentati. Tutti i comizi, tutte le provincie ed i comuni, tutte le associazioni e gli istituti che mirano allo svolgimento della produzione, potranno farsi rappresentare nei Comitati locali, purchè votino qualche contributo per le spese che saranno necessarie. Credo che questo modo sia il migliore che si possa tenere.
Io spero che la formazione di queste Giunte corrisponderà alla giusta aspettazione del paese.
L'onorevole mio amico Michelini, pur limitando la sua opposizione a raccomandare che non si ecceda la spesa stanziata, ha dichiarato che darà voto contrario alla legge; io non spero di averlo indotto a desistere dal suo proposito, ma il linguaggio stesso che egli ha usato mi è caparra che, se questo disegno di legge non avrà il suo suffragio, avrà però quello della grande maggioranza di questa Assemblea.
Minghetti. Io dirò brevi parole sull'argomento, poichè mi pare che anche l'onorevole Michelini, tuttochè alieno da ogni ingerenza governativa, pur nondimeno non si rifiuta di accettare la somma nei limiti dal ministro proposti.
L'ingerenza governativa (ed in ciò l'onorevole Michelini sa che siamo d'accordo) dev'essere la minore possibile; ma quando i privati e le associazioni libere non possono raggiungere un dato scopo, che pur si crede molto importante, anche il Governo può e deve talora integrare l'opera loro, e concorrere coi suoi mezzi al conseguimento del fine. E veramente mi pare di molta importanza che sia rappresentata la nostra industria all'Esposizione di Vienna, mi par necessario che il Governo vi porga qualche soccorso.
Ma la ragione principale per la quale ho chiesto la parola fu per alcune frasi che mi parve di udire dal labbro dell'onorevole Michelini rispetto ai nostri rapporti coll'Austria. Se non ho preso errore, esse non possono lasciarsi passare senza protesta. Io non saprei comprendere oggi quei sentimenti di avversione che un tempo eran vivi e profondi nell'animo degli Italiani contro l'Austria, imperocchè essi non hanno più ragione alcuna di esistere.
Ricordiamo bene, che sin d'allora correva nelle bocche di tutti quel detto popolare:
Ripassin l'Alpi e tornerem fratelli.
Ebbene, l'Austria ha ripassato le Alpi ed ora ci legano insieme interessi politici, economici, morali di somma importanza. In ciò io scorgo un possente motivo pel quale l'Italia debba con ogni cura stringere coll'Austria vincoli di intimità e di benevolenza, i quali valgano ad assicurare il comun bene dei due paesi.
Michelini. Siamo d'accordo.
Minghetti. Parmi che la popolazione italiana abbia mostrato, in molte circostanze, di sentire vivamente e direi anzi unanimemente, come, dal momento in cui l'Austria ebbe sgombrato la Lombardia e la Venezia, essa poteva esserne amica ed alleata. Rammenti l'onorevole Michelini, fra le altre, la pietosa cerimonia della inaugurazione dell'ossuario di San Martino. Ivi, il colonnello Pollak, inviato dall'Austria a rappresentarla, fu segno alle dimostrazioni della più calda simpatia per parte delle popolazioni accorse. Ed io credo che quelle popolazioni esprimevano il sentimento vero di tutta l'Italia, la quale oggi ha deposti tutti gli antichi rancori, per vedere nell'Austria soltanto una nazione sorella.
Queste poche parole mi parve opportuno di dire perchè, durante la mia dimora a Vienna, essendo stato testimonio del desiderio vivissimo dimostrato non solo dagli uomini di Stato, ma dalle popolazioni di rimanere unite all'Italia con vincoli di cordiale amicizia, io credo che si debba altamente proclamare che il sincero intendimento del nostro paese si è di corrispondere a questo sentimento dell'Austria verso di noi, con pari benevolenza ed affetto.
(Bravo! Benissimo!)
presidente. Leggo l'articolo 1:
«È autorizzata la spesa straordinaria di lire 500,000 per provvedere al concorso dell'Italia all'esposizione universale di Vienna
nell'anno 1873.»
Lo pongo ai voti.
(È approvato.)
«Art. 2. Tale somma sarà stanziata per lire 50,000 al capitolo
44 ter del bilancio del Ministero di agricoltura,
industria e commercio, esercizio 1872, e per lire 450,000 al capitolo 47 del
bilancio medesimo per l'anno 1873.»
Lo pongo ai voti.
(È approvato.)
Si passerà alla votazione per squittirne segreto su questi progetti di legge in un'altra seduta.
Domani alle ore 11 Comitato privato, alle ore 2 seduta pubblica.
La seduta e levata alle ore 5 e 5 minuti.
Discussione dei progetti di legge:
1° Soppressione delle facoltà di teologia nelle Università del regno;
2° Disposizioni intese a migliorare le condizioni degli insegnanti delle scuole secondarie e normali;
3° Svolgimento di una proposta di legge del deputato Bertani per equiparare, nei diritti della pensione, ai militari dell'esercito i feriti e le famiglie dei morti combattendo per la liberazione di Roma;
4° Interpellanza del deputato Botta al ministro dell'interno sulla esecuzione del decreto 20 giugno 1871, relativo all'ordinamento degli impiegati delle amministrazioni centrale e provinciale;
5° Discussione del progetto di legge contenente disposizioni relative alla pesca.