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PRIN 2012 - Accademia della Crusca
Votazione per la nomina di otto membri della Commissione incaricata di esaminare il Codice penale. — Discussione della relazione sulla domanda di procedere contro i deputati Nicotera e Lovito — Contro le conclusioni della Commissione parlano i deputati Crispi, Nocito, Vastarini-Cresi — In favore parlano i deputati Billi, Minghetti, ed il relatore Mazza — I deputati De Saint-Bon, Indelli e Demaria svolgono proposte tendenti ad approvare l'opera del presidente — Sul modo della votazione parlano brevemente i deputati Mingetti, Aporti, ed il presidente del Consiglio — Un ordine del giorno del deputato Crispi è approvato — Il ministro Berti dichiara che risponderà nella seduta antimeridiana di mercoledì ad alcune interrogazioni del deputato Ganzi. — Si annunzia una domanda d'interrogazione del deputato Compans al ministro dei lavori pubblici sull' andamento dei lavori della ferrovia Ivrea-Aosta — Una domanda d'interrogazione del deputato Di Sant'Onofrio relativa ai provvedimenti addottati dal Governo a tutela degl'interessi italiani nel Sudan, dopo alcuni schiarimenti del ministro Mancini, è dallo stesso deputato Di Sant'Onofrio ritirata.
La seduta comincia alle ore 2:10 pomeridiane.
Di San Giuseppe, segretario, legge il
processo verbale della tornata precedente, che è approvato.
presidente. Chiedono congedo per motivi di famiglia
gli onorevoli: Chiaradia, di giorni 8; Martini Ferdinando, di giorni 15;
Righi, di 10.
(Sono conceduti.)
presidente. L'ordine del giorno reca: Votazione per
la nomina di otto membri della Commissione incaricata di esaminare il
progetto del Codice penale.
Quartieri segretario, fa la chiama.
presidente. Si procede al sorteggio di 12 scrutatori
per lo spoglio di questa votazione.
(Segue il sorteggio.)
Gli onorevoli: Taverna, Velini, Indelicato, Angeloni, Dotto de Dauli, Bovio, Fortunato, Pais-Serra, Lucchini Giovanni, Gabelli, Marchiori, Vallegia, vorranno riunirsi questa sera alle ore otto per procedere allo spoglio delle schede per la votazione in corso.
Si lasciano intanto le urne aperte.
presidente. L'ordine del giorno reca: Relazione sulle
domande di autorizzazione a procedere in giudizio contro i deputati Nicotera
e Lovito.
Si dà lettura delle conclusioni della Giunta.
Capponi segretario, legge:
«La Commissione propone:
1° che la Camera autorizzi il suo presidente a consentire il
proseguimento delle preliminari indagini sul fatto che vi diede
luogo;
2° che si sospenda intanto l'esame sul merito della richiesta a
procedere contro l'onorevole Nicotera, salvo alla Commissione stessa
l'imprenderlo ove, compiute le preliminari indagini, il pubblico
Ministero credesse d'insistere sulla richiesta;
3° che rimanga parimenti sospeso l'esame di merito sulla
questione del duello, non potendosi scindere da quello della causa
che lo ha determinato.
Mazza,
relatore.»
presidente. Ha facoltà di parlare l'onorevole
presidente del Consiglio.
Depretispresidente del Consiglio.
(Segni di attenzione)
Ho chiesto di parlare, per fare, a nome del Ministero, una dichiarazione alla Camera.
Il Ministero, ossequente alle tradizioni ed alle consuetudini parlamentari, trattandosi oggi di una questione che riguarda una delle più essenziali prerogative della Camera dei deputati, sulla quale la Camera istessa ha una esclusiva competenza, crede di doversi astenere dall'intervenire in questa discussione e dal prendere parte al voto. Solo nel caso in cui i ministri, per adempiere ai doveri dell'ufficio proprio, siano obbligati a dare alla Camera indispensabili schiarimenti, solamente in questo caso i ministri parleranno.
presidente. L'onorevole Crispi ha chiesto di parlare.
Su di che, onorevole Crispi?
Crispi. Io faccio parte della minoranza della Commissione. Siccome le idee della minoranza non
furono…
presidente. La discussione generale non è ancora
aperta, onorevole Crispi.
Crispi. L'onorevole presidente mi domandava su che cosa io intendeva di parlare. Doveva io dirlo.
Se non vuole che lo dica, aspetterò.
presidente. Lo dica.
Crispi. Siccome nella relazione il voto della minoranza non fu svolto, chiedo perciò che quando sarà il momento, mi si dia facoltà di parlare per svolgere le ragioni di questa minoranza.
presidente. Prenderò nota del desiderio espresso
dall'onorevole Crispi e lo iscriverò.
L'onorevole Romeo ha chiesto di parlare. Su di che?
Romeo. Per un richiamo al regolamento.
presidente. Ha facoltà di parlare.
Romeo. Ho domandato di parlare con molta esitanza; ma riconoscendo quanto sia importante l'argomento del quale dobbiamo discutere, non mi sono trattenuto dal farlo.
Nelle proposte che in questo momento stanno dinanzi alla Camera, oltre la questione di sostanza, vi sono incluse anche questioni gravissime di procedimento.
Ora, mi è nate il dubbio che, discutendo le proposte della Commissione così come ci sono state presentate, noi violiamo parecchie disposizioni del regolamento. Dirò brevemente le ragioni di questa mia opinione.
Il regolamento prescrive che ogni disegno di legge o proposta sia inviata separatamente agli Uffici, i quali nominano una Commissione, e questa alla sua volta sceglie il relatore, che presenta poi la relazione alla Camera.
Ora nel caso in questione è indiscutibile che abbiamo davanti alla Camera due distinte proposte, ben diverse l'una dall'altra.
Pare a me adunque che si sarebbero dovute presentare alla Camera due relazioni con due conclusioni distinte. Ma nella specie che cosa si è fatto? Noi abbiam dinanzi la relazione di una o di due Commissioni, non si sa bene, composte però di dieci membri, con un presidente e due segretari. Capisco benissimo che un solo individuo, facendo parte delle due Commissioni, possa essere nominato relatore delle due proposte: ma assolutamente non so comprendere come per le due proposte, distinte tra loro, si presenti alla Camera una sola relazione.
Nè vale per me il dire che gli Uffici nella grandissima maggioranza, otto su nove, nominarono i loro commissari nella stessa persona, poiché questo non significa che si possano riunire in una sola le due proposte, e di due Commissioni farne una sola.
Dunque, o signori, essendo precisa la disposizione del regolamento, e trovando io non solo nella forma dell'intestazione di questa relazione, ma anche nella sostanza della medesima che essa non è fatta se non a nome di una sola Commissione, credo che il regolamento sia stato violato in molteplici disposizioni, e pare a me che non possiamo entrare nella discussione di queste due proposte, se non vengano dinanzi alla Camera nelle forme che il regolamento prescrive.
E questa, o signori, a mio modo di vedere, non è solo questiono di forma, che pur sempre sarebbe gravissima, perchè le prescrizioni del regolamento debbono esser sempre rispettate; ma è questione di sostanza, perchè dalle conclusioni
della Giunta risulta una confusione tale, che difficilmente potrà seguirne una discussione ordinata.
Ora, mentre siamo nel primo stadio del giudizio, è indiscutibile che con la violazione di queste prescrizioni del regolamento veniamo anche a compromettere la sostanza delle conclusioni, che secondo me dovremo prendere.
Quindi io, salvo se sentirò altre ragioni che me ne facciano desistere,
propongo la seguente risoluzione alla Camera: «La Camera invita le Commissioni nominate dagli Uffici a riferire
sulla domanda di autorizzazione a procedere in giudizio contro
l'onorevole Nicotera, e sulla domanda di autorizzazione a procedere
contro gli onorevoli Nicotera e Lovito, con le forme stabilite dal
suo regolamento, e passa all'ordine del giorno.»
presidente. Vuol mandare la sua proposta al banco
della Presidenza?
L'onorevole Mazza ha chiesto di parlare, forse su questo incidente?
Mazza relatore. Sì.
Crispi. Chiedo di parlare per una mozione d'ordine.
presidente. Onorevole Crispi, il regolamento
dice:
«I richiami per l'ordine del giorno, o pel regolamento, o per la
priorità delle votazioni, hanno la precedenza sulla questione
principale»
Noi abbiamo in questo momento un richiamo al regolamento fatto dall'onorevole Romeo. Sopra questo richiamo ha chiesto facoltà di parlare l'onorevole Mazza. Quindi se l'onorevole Crispi intende parlare su questa medesima questione, io gli darò facoltà di parlare dopo che avrà parlato l'onorevole Mazza.
Ha facoltà di parlare l'onorevole Mazza.
Mazza relatore. Se l'onorevole Crispi vuol parlar
prima…
(Parli, parli),
Io parlerò sulla mozione dell'onorevole Romeo, il quale vuole diesi facciano due distinte relazioni dalle Commissioni, nominate in conformità del regolamento, sulle domande di autorizzazione per procedere in giudizio contro gli onorevoli Nicotera e Lovito.
È certo, onorevole Romeo, che due Commissioni dovevano nominarsi per le duo distinte e separate domande di autorizzazione a procedere. Ma la forza delle cose ha fatto sì che gli Uffici nominarono le stesse persone per le due domande, riconoscendo l'intrinseca connessione di esse; e la relazione fu fatta perciò complessivamente sulle due domande stesse, nonostante che nominalmente vi fossero due Commissioni, mentre poi in realtà era una sola, perchè la componevano le stesse persone. Adunque io non veggo in verità in che cosa sia stato violato il regolamento, dacché queste persone medesime componenti le due Commissioni hanno presentato alla Camera proposte distinte e separate sopra ciascuna delle domande inviate dal Procuratore del Re.
Senonchè la Commissione, avendo proposto la dilatoria sulla domanda a procedere per il fatto di oltraggio, ne veniva di necessaria conseguenza che dovesse eziandio sospendere l'esame suo e le sue deliberazioni sopra il reato di duello, che fu la conseguenza dell'oltraggio. Dunque, ripeto, io non
veggo in che cosa sia stato violato il regolamento nè comprendo la ragione della proposta fatta dall'onorevole Romeo, perchè si facciano due distinte relazioni sulle due domande, quando quella per autorizzazione a procedere per reato di duello non può essere scissa dall'altra, come l'esame dell'effetto non può essere diviso da quello della sua cagione.
Mi oppongo per conseguenza alla domanda dell'onorevole Romeo.
presidente. L'onorevole Crispi ha facoltà di
parlare.
Crispi. Mi preme di fare una semplice osservazione. Giusta l'articolo 37 del regolamento, la questione sospensiva, (ed è una questione sospensiva quella dell'onorevole Romeo) non può essere discussa se non che nella discussione generale e non mai peculiarmente ed isolatamente. Dunque io pregava il presidente, che senza respingere la domanda del nostro onorevole collega, volesse tener presente questo articolo, consentendo di continuare la intrapresa discussione.
presidente. Io ringrazio l'onorevole Crispi del
suggerimento che egli mi dà e che accetto; tanto più che il caso che si
presenta non è nuovo. Altra volta sono avvenuti casi consimili di
Commissioni elette per due disegni di legge distinti, ma connessi, e per i
quali sono stato nominate Commissioni identiche che hanno nominato un unico
relatore. Quindi io prego l'onorevole Romeo di non insistere sulla sua
proposta, perchè mi pare che essa verrebbe a turbare l'ordine della
discussione; e invece di fare la discussione nel merito, che è la
discussione che noi dobbiamo fare con molta sollecitudine, noi perderemmo il
tempo nell'esame di una questione del tutto accessoria, la quale, del resto,
può benissimo esser discussa nella questione generale.
Quando poi le opinioni dell'onorevole Romeo trovassero il consentimento della Camera, nulla
impedirebbe che la sua proposta fosse a suo tempo posta a partito ed approvata.
(Benissimo!)
L'onorevole Romeo ha facoltà di parlare.
Romeo. Poiché nessuno più di me desidera che questa questione abbia una sollecita discussione e un pronto svolgimento, io non ho nessuna difficoltà di arrendermi al desiderio espresso dall'onorevole nostro presidente. Però io ho fatto questa mia proposta (la quale può valere come una protesta) perchè, se non erro, riguardo al caso di una sola relazione per due progetti di legge distinti, a cui accenna il presidente, ci fu una speciale deliberazione della Camera: e non credo che gli Uffici avrebbero avuto questa facoltà di riunire in una sola Commissione e in una sola relazione due distinti disegni di legge anche che nella specie l'avrebbero fatto.
Dopo questa dichiarazione, non insisto nella mia proposta.
presidente. Ringrazio l'onorevole Romeo, il quale ha
dichiarato che non insiste nella sua proposta, che, del resto, non viene nè
punto nè poco pregiudicata.
Posto ciò, io apro la discussione e dò facoltà di parlare all'onorevole Vastarini-Cresi, che è il primo
iscritto.
L'onorevole Vastarini Cresi ha facoltà di parlare.
Vastarini-Cresi. Avendo l'onorevole Crispi,
rappresentante della minoranza della Commissione, dichiarato che le ragioni
della minoranza stessa non si trovano completamente svolte nella relazione,
e che perciò egli desiderava di svolgerle, io credo che sia mio dovere di
cedere a lui la mia volta, perchè dalla sua esposizione siano completati gli
elementi, sui quali deve cadere il nostro esame.
Prego quindi l'onorevole presidente di fare che mi sia riservato il diritto di parlare quando toccherebbe all'onorevole Crispi.
presidente. L'onorevole Vastarini cede la sua volta
all'onorevole Crispi. Segno l'onorevole Vastarini dopo gli oratori già
inscritti, e intanto dò facoltà di parlare all'onorevole Crispi.
Crispi.
(Segni d'attenzione)
Applaudo alla deliberazione del Ministero di non prendere parte a questa discussione, e di lasciare la Camera libera nel suo voto. In questo modo le questioni che noi siamo chiamati a svolgere non avranno l'aspetto di questioni politiche. Del resto era mio desiderio e proponimento che la politica si mettesse da parte in un argomento in cui sono impegnate le prerogative parlamentari. Ciò posto, eccomi a svolgere le ragioni per le quali la minoranza della Commissione ebbe una opinione diversa da quella degli altri suoi colleghi.
Signori, nelle varie discussioni che furono fatte nella Commissione, io fui contrario che si desse l'autorizzazione a procedere e pel fatto del duello, e pel fatto del preteso oltraggio, che ne sarebbe stato la causa.
Per il duello io mi rifiutai, poiché ritengo che esso non debba esser portato dinanzi ai tribunali, per ragioni di alta convenienza politica, e per conformità alle consuetudini, non solo nostre, ma di tutti i Parlamenti.
Per il preteso oltraggio io mi rifiutai che si desse anche l'autorizzazione, perchè io non credo che, anche provato il fatto, al quale il procuratore regio allude, vi sia un reato punibile.
(Movimenti)
Il duello, o signori, non è un reato come un altro. Parecchie legislazioni tennero il silenzio sul duello. Nel Codice francese non trovate alcuna vestigie, e non lo trovate nemmeno nel Codice napoletano, di questo reato. Nel nostro Codice il duello è punito come reato di giurisdizione pretoriale. E, quand'anche potesse essere conseguenza del duello un omicidio, il nostro Codice dà anche la possibilità che la punizione si limiti ad un anno di carcere. Perchè, o signori, questa tolleranza, e, direi anche, quest'indulgenza?
Le ferite, fatte in duello, come anche l'omicidio, si presentano con caratteri ben diversi che le ferite e l'omicidio nei casi indicati dal Codice penale. Nel duello due individui fissano il luogo, le armi, si fanno assistere da testimonii, consenzienti l'uno e l'altro, e non incorrono le conseguenze che derivano dagli altri reati. Negli altri reati non è così; l'offensore, o con agguati, o con altri mezzi che sono all'insaputa dell'offeso, sempre con dolo si rende colpevole.
Ho detto che i Parlamenti giammai hanno consentito l'autorizzazione a procedere per duello, e vi ha anche di più, o signori; l'autorità giudiziaria in varii casi non ha neanche proceduto.
Questo non è avvenuto soltanto nel nostro paese, ma anche in tutti gli altri che si reggono a parlamento. Brevi esempii e brevissimi ricordi basteranno per assicurarcene: prendiamo la Francia.
Al 1818 il duca di Grammont si battè col conte di Saint-Morys; il duca di Grammont era un pari del regno. Il Saint-Morys fu colpito a morte; e la di lui vedova si querelò per la punizione del colpevole: l'alta Corte di giustizia è convocata, ed essa si arresta ai primi passi e dichiara con apposita ordinanza che, ancorché il fatto fosse provato, esso non dava luogo a procedimento.
Un fatto simile avvenne nel 1848, sotto la repubblica. Due onorevoli deputati, i signori Bourbousson e Reynaud-Lagardette scesero nell'agone; l'uno, il Lagardette, fu gravemente ferito; il procuratore generale della repubblica chiese che si procedesse contro l'offensore, ma l'Assemblea francese anch'essa disse che non era il caso di cedere l'autorizzazione.
Nel 1829 il duca di Wellington, primo ministro del Re d'Inghilterra, fu obbligato a battersi in duello con il conte di Winchilsea; e non si procedette.
Il 20 o 22 giugno 1863, l'onorevole Minghetti, presidente del Consiglio dei ministri,
(Movimenti)
si battè coll'onorevole Rattazzi e non si procedette.
Ma veniamo ai nostri tempi.
Nel 1876 fu presentata una domanda a procedere contro l'onorevole duca di Cesarò, il quale in duello aveva ucciso il suo avversario. La Camera non diede l'autorizzazione, perchè l'azione giudiziaria avesse il suo corso.
Dopo tutti questi precedenti, dopo i motivi giuridici che informano il duello, mi pareva singolare che in questo caso speciale noi avessimo dovuto autorizzare il ministro di giustizia, che si procedesse contro due dei nostri colleghi i quali ebbero la sventura, il 6 dicembre scorso, per ragioni che è inutile qui di spiegare, di scendere sul terreno.
Il duello, o signori, è quello che è. Sarà un pregiudizio sociale; sarà una sventura che pesa sopra un paese civile, anzi direi sul mondo civile; ma tutti lo subiscono. E quando vi ho ricordato il duca di Wellington e l'onorevole Minghetti che, anche essi, ministri l'uno e l'altro di due grandi Stati di Europa, lo hanno subito, capite benissimo che venir a discutere perchè si debba, o no, procedere in caso di duello, è una discussione fuori di luogo.
Ciò posto, io non fui dell'avviso della maggioranza della vostra Commissione, quando, al paragrafo terzo della proposta che è messa dinanzi a noi, essa chiedeva che si sospendesse di deliberare in quanto al duello; mentre poi ammetteva che si procedesse pel fatto che al duello diede origine e che, come vi dimostrerò, non costituisce un reato. La mia opinione era ed è, che si respingesse la domanda del procuratore regio.
Aggiungete, signori, che, fra le due proposte che vi si fanno, è una vera contradizione. Mentre pel duello il quale è constatato (esistesse, o no, la causa colpevole) non si dà l'autorizzazione a procedere, pel fatto non ancora provato, e che lo stesso relatore ammette che non costituisca un reato, si autorizza il procuratore del re ad assumere le prime indagini, per stabilire poscia, se si debba o no procedere.
Questa contradizione è evidente, e tale si presenterà alla mente eli tutti.
Ho detto che il preteso oltraggio non costituisce un reato.
Il procuratore regio, nella sua domanda diretta al presidente della Camera, accennando al fatto pel quale egli intende di procedere, invoca gli articoli 258, 259 e 266 del Codice penale.
Basta esaminare codesti articoli per essere convinti che il preteso reato non esiste.
Codesti articoli sono sotto la sezione seconda, capitolo 3°, libro 2° del
Codice penale. La stessa sezione ha per titolo (notatelo bene): Degli oltraggi e delle violenze contro i depositarti
dell'autorità e della forza pubblica: e questo titolo, che è il
tema agli articoli successivi, vi dà il concetto preciso dei reati di cui si
parla nella sezione medesima.
Il legislatore, interessato a mantenere all'autorità pubblica il dovuto prestigio, interessato a garantire la efficacia della forza pubblica e difendere coloro che la comandano, volle stabilire delle pene contro quelli che le offendessero.
Ma prima, o signori, di esaminare codesti articoli, dirò che alla Camera io non conosco che ministri e deputati. Qualunque dei nostri colleghi, che fuori del recinto parlamentare eserciti una pubblica funzione, entrando in quest'Aula ne è svestito. Qui non vedo se non che colleghi miei; non giudici, non militari, non direttori generali, non consiglieri di Stato.
(Benissimo! Bravo! a sinistra)
Sarebbe curioso, o signori, che un giorno io disputassi coll'onorevole Ricotti, per esempio, e che tutto ad un tratto mi venisse dinanzi il depositario della forza pubblica per qualche parola più o meno viva che io avessi potuto indirizzare a quel mio onorevole collega; o che, discutendo col mio amico l'onorevole Mazza, così senz'altro egli mi dicesse: voi avete offeso me come consigliere di Stato. Risponderei loro: io qui sono deputato e discuto con deputati; posso fors'anche essere stato poco conveniente nelle mie parole; ebbene vi ho risposto come deputato, e voi considererete come proferite da un deputato le parole che io vi ho indirizzato.
Torniamo all'esame degli articoli del Codice penale.
Questi stessi articoli e il titolo che determina la sezione 2a, capitolo 3°, libro 2° del Codice penale nel quale sono compresi, mi dispenserebbero dal venire ad un esame; ma credo obbligo mio di farlo per ben chiarire la questione.
In quegli articoli non si parla che dei depositari
dell'autorità e della forza pubblica che potessero essere offesi con gesti, minaccie, parole e via dicendo. Si tratta di persone le quali, sono investite o di giurisdizione, o di impero. Tutti gli impiegati deputati (e qui vedete che fo un'ipotesi la quale mi mette in una condizione meno felice), tutti gli impiegati deputati che non esercitano né giurisdizione né impero, che non hanno una parte della pubblica autorità, non vanno compresi in quella disposizione.
La giurisdizione, o signori, voi me lo insegnate, viene dal Parlamento, e l'impero dal principe; e l'una e l'altro si esercitano in conseguenza di disposizioni legislative.
Sapreste dirmi, o signori, quali sieno le funzioni del segretario generale del Ministero dell'interno, e semai realmente un segretario generale eserciti giurisdizione od impero? Non potrete mai provarmelo.
Per persuadere coloro che possono essere incerti, non vuolsi se non un ricordo dei decreti che furono stampati per il riordinamento della pubblica amministrazione.
Fino al 1853 (poiché noi siamo una derivazione del Governo piemontese, e non abbiamo fatto che seguirne le orme), fino al 1853 non vi era che un primo ufficiale.
Fu il decreto del 23 ottobre 1853, firmato dal conte di Cavour, che introdusse i segretari generali nei Ministeri.
In quel decreto organico non è conferita nessuna attribuzione, nè giurisdizionale, nè di impero, ai segretari generali.
In quel decreto organico, voi non trovate che questo: che il segretario generale lavora col ministro, e sotto la sua autorità. Il che importa che è un impiegato superiore e non altro; e che come impiegato superiore, non si occupa sennonché delle cose interne del Ministero; ma al di fuori non ha alcuna autorità, non ha alcuna giurisdizione, alcun impero.
Nel 1861, il segretario generale dell'interno fu abolito, con un decreto del barone Ricasoli; nel 1866
il barone Ricasoli lo ristabilì, e, ristabilendolo, all'articolo 1 del decreto relativo fu detto: che il segretario generale avrebbe quelle attribuzioni, che per decreto ministeriale gli sarebbero state conferite. Siamo dunque al di fuori, e lontani assai, 0 signori, dal sistema che l'ordinamento dello Stato richiede, per dare giurisdizione od impero.
Con decreti ministeriali non si stabiliscono e non si regolano, sennonché gli ufficii amministrativi. E allora? E allora la questione è risoluta. Il segretario generale non ha pubbliche funzioni e non può esser compreso tra le persone cui allude il Codice penale nei suoi articoli 258 e 259.
E avvertite, signori, che nonostante che i due articoli del Codice penale abbiano in qualche modo variato l'originale francese dal quale furono copiati, il concetto giuridico non, è mutato.
Nel Codice francese si parla di magistrati dell'ordine giudiziario ed amministrativo, mentre nel nostro si parla di ufficiali, ma il mutamento di vocabolo (quantunque quello usato nella legislazione italiana sia più largo) non muta il concetto della legge, non dà all'articolo un significato diverso da quello che vi dànno tutti gli scrittori.
E ragionevole era quel che fu disposto nel Codice, l'ho detto in principio. È necessario che l'autorità pubblica non solo sia circondata di tutto il rispetto, ma che sia garantita contro le possibili offese.
Non è nuovo neanche il concetto francese stabilito in questo articolo. Esso emana dall'antica sapienza romana.
Colui il quale è depositario della giurisdizione o dell'impero è una
emanazione, un rappresentante, in quella piccola parte nella quale funziona,
del principe.
Questo è il concetto giuridico. Si vuole rispettato il magistrato che ha autorità nell'ordine giudiziario e nell'ordine amministrativo, perchè si vuol rispettato il capo dello Stato. Ora, signori miei, che il capo dello Stato sia in una minima parte rappresentato dal segretario generale non può entrare nella mia mente. Quindi, mancato l'individuo del quale parla la lettera del procuratore dei Re dell'11 dicembre 1883, cioè l'individuo investito di pubbliche funzioni che nell'esercizio di queste o per l'esercizio di queste può essere stato offeso, manca il reato; e mancando il reato, a che scopo procedere?
Quand'anche abbiate provato che il preteso oltraggio esiste, voi dovete fermarvi innanzi alla porta del tribunale perchè il tribunale non può procedere; e allora la vostra deliberazione sarebbe inutile.
Gli uomini di legge sanno meglio di me la massima sovrana dei nostri padri
del
che ci occupa, ma per la ragione stessa giuridica, in virtù della quale noi dobbiamo prendere una deliberazione, che queste sane idee saranno accettate.
Quando questa discussione fa ripetutamente fatta in seno alla Giunta parlamentare sentii dire che nel paese
(Segni di attenzione)
si aspetti una deliberazione, la quale provi che noi, quando si tratta dei nostri colleghi, non mettiamo ostacoli al regolare corso della giustizia.
Signori, bisogna andare adagio e non lasciarci prendere dal pregiudizio opposto. Io già questa pubblica opinione non l'ho sentita. Meno i giornali che, ciascuno a modo suo, si sono occupati del doloroso e biasimevole incidente avvenuto il 5 dicembre scorso nel palazzo del Parlamento, ho trovato un'opinione pubblica indifferente.
(Segni di diniego a destra)
Ma non siamo noi, o signori, i giudici dell'opinione pubblica? Dobbiamo noi per sodisfare un pregiudizio commettere un'ingiustizia?
Se ciò facessimo, noi mancheremmo di quel coraggio che deve avere il rappresentante del popolo, coraggio senza il quale, o signori, non si può governare un paese.
Non si tratta, signori, ed io non ve lo proporrei, di abusare delle prerogative parlamentari in questa occasione. E poi, non siamo forse noi i giudici di queste prerogative; e non per l'individuo, ma per il corpo al quale questo individuo appartiene?
Lavorarono tanto gl'inglesi per ottenere queste prerogative; e i francesi, fino dalla prima grande rivoluzione, ebbero per primo pensiero di circondare il Parlamento di tutto il rispetto necessario, ed anche di quella tutela, la quale vuolsi ed è necessaria alle istituzioni perchè esse non corrano pericolo.
La storia francese, o signori, che è lezione a tutti, vi prova che la questione delle prerogative parlamentari fu variamente risoluta secondo la differenza dei tempi. Quando la potenza parlamentare si sollevava, queste garanzie erano rispettate; ma quando la reazione invadeva lo Stato, queste garanzie erano calpestate.
Tutte le costituzioni francesi tennero come dovere di tutelare le garanzie parlamentari, a cominciare da quella del 91 sino all'ultima del 1876. Si andò più in là. La costituzione dell'anno III, tanto pei membri del Consiglio dei 500, quanto per quelli del Consiglio degli Anziani, non volle far uscire dalle due Camere il giudizio dei reati di coloro che ne facevano parte.
Da tutte le costituzioni posteriori, a cominciare da quella del 99, sino alla costituzione napoleonica del 1852, quantunque con minori tutele, questa garanzia fu rispettata.
La costituzione del 1875 andò anche più in là. Nel regolamento del 1876 è richiesto che tutte le volte che un reato avvenga nel recinto del Parlamento, il Consiglio di presidenza sia chiamato a inquirere, e ad assodare le prime indagini del reato medesimo.
Io so, o signori, che il nostro regolamento non ne dice tanto, quanto il francese: ma avete in esso la base, il germe. E guai, o signori, se le disposizioni, che voi stessi vi siete fatte, non portassero ad un logico svolgimento dei vostri diritti!
E nel nostro Parlamento vi è egli un solo deputato di Destra o di Sinistra, il quale, tutte le volte che si è discusso di garanzie parlamentari, si sia manifestato meno ossequente dell'altro? Il mio illustre amico l'onorevole Mancini vi lasciò un monumento della scienza nella sua relazione del 1870, la quale stabilisce e consolida i principii generali della inviolabilità parlamentare.
E del Piemonte, non dimenticherete la relazione fatta nel 1855 dall' onorevole Cadorna su fatti meno gravi di quello di cui ora vi occupate.
Dunque io concludo: Nessuna autorizzazione a procedere pel duello, perchè mai si è data per tale reato in altre occasioni nessuna autorizzazione pel preteso oltraggio, perchè non vi è reato.
La Camera, accettando questi principii e queste mie conclusioni, sono convinto che onorerà sè stessa ed avrà il plauso del paese.
(Bravo! Bene! a sinistra)
presidente. L'onorevole Indelli ha facoltà di
parlare.
Indelli. Se vi è qualcuno iscritto in favore delle conclusioni della Giunta, io parlerei dopo, perchè sarebbe giusto che ci alternassimo.
presidente. Onorevole Indelli, se ci fosse stato
qualcuno iscritto in favore della Commissione, io gli avrei dato facoltà di
parlare. Non vi è che l'onorevole Mazza, relatore della Commissione, il
quale abbia chiesto di parlare.
Indelli. Mi riservo di parlare.
presidente. Allora l'onorevole Indelli perde la sua
volta, e lo iscrivo per ultimo.
Viene ora l'onorevole Panattoni.
Panattoni. Dichiaro di consentire in gran parte nelle idee dell'onorevole
Crispi, e rinunzio a parlare. (Bene!)
presidente. Viene ora l'onorevole Billia, Ha facoltà
di parlare,
Billia. Io dichiaro di consentire non in tutte, ma solo in alcune delle idee dell'onorevole Crispi, e perciò parlo.
(Oh! Oh! — Rumori a sinistra — Commenti)
presidente. Li prego di far silenzio, onorevoli
colleghi.
Billia. L'onorevole Crispi ha avuto ragione sul principio del suo discorso, ha avuto ragione e forse poteva dire qualche cosa di più. Che, cioè, coi motivi svolti dalla Giunta parlamentare si doveva venire a conclusioni diverse, e più facilmente nelle conclusioni sue. Egli è per questo che io sono sorto a combattere le conclusioni della Giunta parlamentare, ma discostandomi in alcun punto dalle stesse conclusioni dell'onorevole Crispi.
Io non posso consentire, nè seguire l'oratore che mi ha preceduto in alcuni apprezzamenti suoi sopra le disposizioni positive intorno alla punibilità o no del duello. Certo, nelle legislazioni d'Europa, il duello è variamente considerato: in alcune è punito come reato speciale, in alcune no. Ma in quelle legislazioni in cui il duello non è punito come reato speciale, esso ricade nella cerchia dei reati comuni, e quindi è punito, molto più gravemente, o come ferimento o come omicidio.
Io non seguirò nemmeno l'onorevole Crispi nelle sue diligenti indagini storiche circa le Corti di giustizia in Francia. So che una Alta Corte di giustizia di Francia assolse, contro la prova constatata del fatto, il duca di Grammont; so che un'altra Corte suprema di giustizia in Francia assolse il principe Pietro Bonaparte dall'accusa dell'omicidio di Victor Noir.
(Interruzioni a sinistra — Commenti)
presidente. Non interrompano; prosegua onorevole
Billia.
Billia. L'autorità di queste Corti di giustizia non può essere nel paese nostro invocata. Ma ad ogni modo la questione che può esser posta innanzi al Parlamento è questa:
Nella nostra legge positiva, c'è o non c'è un reato di duello? C'è o non c'è nel Codice nostro una sanzione penale che punisce coloro che di questo reato si rendono colpevoli? E se c'è, e non può dubitarsi che ci sia, e l'onorevole Crispi esperto conoscitore delle leggi penali deve pel primo riconoscerlo che ci sia, come dunque si può venire alla conseguenza che un duello, questo reato comune, unicamente perchè commesso da un deputato debba cancellarsi dalla categoria dei reati?
Che il deputato reo di duello non debba risponderne alla giustizia comune?
Egualmente mi paiono intempestive, senza che io entri nel merito di esse, le conseguenze a cui l'onorevole Crispi è giunto intorno all'altra imputazione, per cui si chiede di procedere contro altro dei nostri colleghi. La Camera non ha da fare un giudizio, non è su questo che la Camera si pronunzia; la Camera, secondo la prerogativa che è scritta a favore dei suoi membri nell'articolo 45 dello Statuto, questo solo deve cercare: la tutela dei suoi membri contro eventuali abusi del potere esecutivo o di qualunque altro potere che tenda a menomare l'esercizio del mandato politico.
Ma se in una determinata forma di azione, possa esserci o non esserci reato, allo stato delle cose non può pronunziarsi. Quando le indagini preliminari saranno raccolte; quando l'autorità cui spetta ne avrà fatta a noi nuova richiesta, allora soltanto potremo entrare in quelle ricerche, potremo vedere se o meno l'indipendenza, la tutela del mandato legislativo in ciascuno dei suoi membri sia stata salvaguardata; allora potremo deliberare di accordare o non accordare l'autorizzazione a procedere; ma oggi che preliminari indagini non si sono raccolte, questa pronunzia è prematura; altrimenti, noi convertiremmo la Camera in una Corte di giustizia, e peggio in un sovrano dispensiero d'indulti.
Ma noi faremmo anche qualche cosa di più se volessimo seguire l'onorevole Crispi nell'interpretare l'estensione e il concetto dell'articolo 258 del Codice penale. Ma come? Un segretario generale è, dunque, svestito di qualunque ufficio pubblico.
Voci a sinistra. Qua dentro sì.
presidente. Non interrompano.
Billia. Ma e per ragione ancora delle sue funzioni…
Voci a sinistra. Ma che funzioni!
(Rumori a sinistra)
presidente. Lascino all'oratore libertà di esprimere
la sua opinione!
Billia. Io non discuto se questo sia o non sia: su di ciò mi riservo piena libertà di apprezzamento, anzi aggiungo che potrò forse convenire anche con voi, a suo tempo; ma oggi, dico soltanto in tesi generale: un segretario generale non ha nessuna funzione pubblica?
Voci a sinistra. Qui no!
Billia. Ma l'onorevole Crispi, esperto conoscitore delle discipline giuridiche, nella sua lunga pratica forense, non ha forse mai avuto alcun caso in cui si sia ritenuto reato di oltraggio l'offesa ad un funzionario dell'ordine amministrativo, per esempio
ad un segretario comunale? È forse investito di un mandato del principe, costui?
(Rumori vivissimi a sinistra.)
presidente. Prego, onorevoli deputati, di far
silenzio.
(Continuano i rumori.)
Ma prego, onorevoli colleghi, sieno calmi.
Billia. E pure, nella giurisprudenza comune, se si commette un oltraggio anche contro un segretario comunale, si è puniti.
Ma io reputo questa indagine oggi prematura; non è sopra questo punto che la Camera deve pronunciarsi; io intendo portare la questione là dove l'onorevole Crispi l'ha portata con le ultime considerazioni del suo discorso; io intendo di esaminare se una deliberazione quale egli ce la propone sia una deliberazione che serva a tutelare i privilegi del Parlamento, o se piuttosto non li estenda oltre i suoi naturali confini. E questa l'unica questione sopra la quale io mi fermo.
La relazione della Commissione, e l'onorevole Crispi in parte, con essa,
hanno desunto da un articolo del regolamento interno della Camera una specie
di privilegio parlamentare. Adopero questa parola
privilegio, imperocché la parola prerogative nel
diritto costituzionale puro si applica più alla Corona, mentre il privilegio
si riferisce proprio alle prerogative del Parlamento.
Ad ogni modo, dall'articolo 96 del regolamento si vuole indurre una specie d'immunità non solo personale, ma anche locale. Ma che cosa dispone questo articolo 96? Eccolo:
«La polizia della Camera spetta a se stessa, ed è esercitata in
suo nome dal presidente, che dà alla guardia di servizio gli ordini
necessari.»
Ora a me pare che si confonda l'attributo della polizia con l'attributo del
potere giurisdizionale. Mi pare che si estenda il potere presidenziale e
l'immunità del luogo oltre i limiti entro i quali veramente la legge li
definisce e li circoscrive. Quell'articolo del regolamento, dal più al meno,
non è che la riproduzione di eguali disposizioni regolamentari che si
trovano nella legge per le elezioni politiche, nella legge per le elezioni
comunali, nel Codice di procedura penale, le quali dicono che le sezioni, le
adunanze sono presiedute da un presidente, e che il presidente ha la polizia
delle adunanze medesime. Ora, limitato a questo punto della polizia, a
queste attribuzioni di potere disciplinare, sarebbe un aggiungere alla legge
e un aggiungere assai, quello d'imprimere ancora un carattere
giurisdizionale, quello cioè di dire che nessun'altra autorità può, per
fatti commossi qua dentro, prendere conoscenza senza l'esclusiva denuncia da
parte del presidente. E ne volete una prova? Essa vi vien data dallo stesso
regolamento che all'articolo 97 dispone che: «Nessuna persona estranea alla Camera può sotto verun pretesto
introdursi nella sala dove siedono i suoi membri.»
Ecco il significato della parola Camera.
Bisogna anche considerar la Camera come palazzo, come fabbricato intiero che comprende le sale di udienza, gli ambulatori, le altre sale; ma io credo che il potere disciplinare, l'alta polizia riservata al presidente di cui parlasi negli articoli 96 e 97 del regolamento si restringano alla sola Aula delle deliberazioni e non vada più oltre; non abbracci, cioè, altri ambienti compresi nel palazzo delia Camera.
(Rumori prolungati a sinistra —- Interruzioni)
presidente. Li prego di non interrompere. Facciano
silenzio, onorevoli colleghi. Continui, onorevole Billia.
Billia. Pare che la proposizione mia…
(Il mormorio continua)
presidente. Ma, onorevoli colleghi, li prego
nuovamente di far silenzio.
Billia. … ad alcuni onorevoli colleghi sia parsa eccessiva. Ebbene nella seduta del 26 febbraio 1863 della Dieta di Berlino, voi sapete, o signori, che un conflitto ardeva fra il partito progressista composto di 300 e più membri e il partito ministeriale composto di 40 o 50 membri soltanto.
In una di quelle seduto il principe di Bismark con quel suo fare altiero pretendeva che il potere disciplinare del presidente si arrestasse davanti al banco dei ministri; pretendeva che il suo ufficio, essendo emanazione diretta del principe, non potesse trovare limitazione alcuna
(Rumori a sinistra)
presidente. Onorevoli colleghi, non è possibile
continuare le discipline in questo modo, li scongiuro di far silenzio.
Billia. Ed il Behrend vice-presidente, interpreto dei voti della maggioranza
di 315 contro 40, al principe di Bismark nella seduta elei 26 febbraio 1863,
rispondeva queste parole: «il presidente della Camera esercita in questo recinto il suo
potere disciplinare, il quale si estende fino ai quattro muri di
questa sala, e non si arresta punto al banco ministeriale.»
(Commenti e rumori)
presidente. Abbiamo, una reciproca tolleranza.
Billia. Non vi piacciono gli esempi della Prussia?
Ebbene, prendiamo quelli che ci vengono dalla Francia.
Or ora nel 1882 da uno dei più eminenti membri del Corpo legislativo è stata
pubblicata un'opera intitolata: l'organisation
française. In quest'opera esaminando la Costituzione di quel paese;
l'ultima, la repubblicana, vi si dice: «La Camera dei deputati ha il diritto di nominare il suo ufficio
di presidenza, di fare il regolamento interno, e fissare l'ordine
del giorno, vale a dire, le appartiene di regolare il modo secondo
cui esercita le sue attribuzioni e dirige i suoi lavori.»
E parlando dell'inviolabilità non ne ricorda che due sole, quelle che sono state già scritte nel nostro statuto, vale a dire l'inviolabilità, l'insindacabilità per tutte le opinioni manifestate, e per i voti emessi dalla Camera; nonché l'inviolabilità per l'arresto, durante le sessioni, senza il previo consenso della Camera.
Ad ogni modo certo voi non potete dire che questo privilegio sia scritto, ma voi lo inducete per analogia: lo inducete come una conseguenza; lo credete sotto certi punti di vista, conveniente e necessario, ma positivo e tassativo non è. Ora l'onorevole Indelli meglio di me conosce, che per l'articolo 4 delle disposizioni preliminari che precedono al Codice civile questi privilegi non si estendono oltre i casi e tempi espressi.
Indelli. Non è privilegio è prerogativa! Chiedo di parlare per fatto personale.
(Rumori nell'emiciclo)
presidente. Onorevoli colleghi, li prego di far
silenzio acciocché l'oratore possa continuare. Riprendano i loro posti.
Continui onorevole Billia.
Billia. Io dunque credo che il privilegio o prerogativa, se così vuol chiamarsi, vera e propria non consista che nell'articolo 45 dello Statuto. Questa è debito nostro, singolarmente, e nell'interesse del Corpo, tener ferma e salda contro qualunque possibile arbitrio. Ma altri privilegi, prerogative parlamentari che non sieno tassativamente disposte, nuocono piuttosto che giovare all'autorità dell'Assemblea.
Io credo che di tutto ciò che possa avere l'ombra di reato, e che non sia stato commesso qua dentro il recinto dell'Aula, l'autorità giudiziaria, salvo di chiedere l'autorizzazione a procedere quando si tratta del mandato di comparizione o del rinvio al tribunale, abbia facoltà di fare le prime indagini senza speciale autorizzazione.
L'onorevole Crispi ha accennato allo studio lungo, faticoso e coronato di successo con cui la Camera dei Comuni inglese rivendicò e tenne fermi i privilegi suoi contro la Corona e contro gli altri poteri dello Stato.
È vero: ma l'onorevole Crispi deve ricordare quel passo memorabile di Erskine May, il quale, riassumendo la storia costituzionale inglese, scrive che in nessun'epoca la Camera dei comuni si dimostrò meno indipendente e più corrotta se non all'epoca in cui abusò ed estese oltre misura le prerogative sue.
Nel 30 maggio 1865 un altro memorabile attrito avvenne alla Dieta di Berlino fra il principe di Bismark ed il signor di Wirchow. Si erano negati i fondi perii bilancio della marina. Il principe di Bismark se ne lagnò, ma il signor Wirchow rispose con ironia alle ragioni che avevano condotto lui e gli amici suoi a respingere con 315 voti contro 59 i fondi per quel bilancio.
E nel rispondervi accusò il principe di Bismark di osservazioni men che veraci. Se ne offese il Bismark e in piena Camera, con quel suo fare burbero, per tre volte ripetè: vedremo se siete capace di sostenere le vostre parole. Nel domani un cartello di sfida partì dal principe di Bismark al signor di Wirchow, il quale, consultati gli amici suoi, credette di non accettare la sfida. E questo fatto sarebbe rimasto senz'altro seguito se un anno circa dopo, avanti un tribunale correzionale, un cittadino qualunque, imputato di duello, non avesse, a titolo di difesa, chiesto ai suoi giudici quella impunità che era stata al principe di Bismark accordata per non avere dato corso ad una procedura in seguito alla sfida da lui lanciata; e il magistrato dovette pronunziare che se il signor di Bismark era sfuggito all'azione pubblica lo doveva alla protezione assicuratagli dall'uniforme militare. Noi non abbiamo qui in Italia, che io sappia, una uniforme parlamentare.
(Vivissimi rumori a sinistra)
Voci a sinistra. C'è il dovere!
presidente. Facciano silenzio!
E poi io v'invito, o signori, a considerare l'effetto morale gravissimo che produrrebbe nel paese una deliberazione negativa, oppure una deliberazione che implicasse una soverchia ed indebita estensione dei privilegi e delle prerogative nostre.
Io capisco e comprendo esser debito di tutti e di ognuno di assicurare la maggior garanzia del mandato politico contro tutte le possibili esorbitanze.
Questo si deve fare.
Ma io, e per conto mio, e credo anche per conto dell'Assemblea, ritengo pericoloso invocare ancora una impunità…
Crispi. Ma se non c'è reato!
Billia. Che il reato ci sia o non ci sia lo vedremo di poi, e lo deciderà la Camera quando le indagini preliminari sieno raccolte. Oggi è prematuro.
…imperocché al pubblico non potrete mai cavare dalla mente questa considerazione: i rappresentanti della nazione, che hanno l'altissimo mandato di fare le leggi, sono poi i primi a violarle, e chiudono la porta in faccia alla giustizia comune, quando ad essi chiede conto di atti che contro la giustizia stessa abbiano potuto commettere.
Il principio che io sostengo è il più popolare, è il più liberale; esso risponde allo spirito dei tempi, risponde allo spirito della costituzione nostra, per la quale tutti i regnicoli, qualunque sia il loro grado e la loro condizione, sono uguali innanzi alla legge.
Come conseguenza adunque di queste mie brevi considerazioni propongo il seguente ordine del
giorno:
(Segni di attenzione)
«La Camera riconoscendo che, senza bisogno del previo suo
consenso, l'autorità giudiziaria poteva e può compiere le indagini
preliminari, e riservando di pronunziarsi sull'autorizzazione a
procedere ove, compiute le preliminari indagini, le venisse
presentata nuova richiesta, passa all'ordine del giorno.»
(Bene! al centro)
presidente. Ha facoltà di parlare l'onorevole
Nocito.
Indelli. Io ho chiesto di parlare per fatto personale.
presidente. È vero; ma se l'onorevole Indelli me lo
consente, seguirò a proposito di ciò il sistema dell'onorevole nostro
presidente Farini, che è quello di rimandare i fatti personali alla fine
della discussione.
Ha dunque facoltà di parlare l'onorevole Nocito.
Nocito. Dirò poche parole.
L'onorevole Crispi ha esaminato la questione dal punto di vista del diritto; io invece mi permetterò di aggiungere solamente alcune osservazioni dal punto di vista della forma, colla quale sono state fatte dal procuratore del Re le richieste a quest'Assemblea.
Non entrerò, ripeto, nel merito della questione già esaminata dall'onorevole Crispi. Per me il reato di duello c'è, perchè c'è la legge, penale, e finché non ne avremo fatta un'altra, potremo discutere sulla convenienza politica di accordare la facoltà di procedere o pur no in qualche determinato caso, ma non potremo certo trattare la questione più o meno accademica della razionalità della pena dovuta al duello.
Il reato d'oltraggio per me è discutibilissimo; anzi dirò addirittura che non c'è, poiché l'oltraggio è l'offesa alla pubblica autorità, e implica rapporti di subordinazione da superiore a inferiore, e suppone in chi oltraggia l'impulso dell'interesse privato; il che nel fatto speciale non si riscontrerebbe. Coloro che siedono in questa Camera sono tutti deputati e colleghi: tutti animati dello amore del pubblico bene e dalla difesa dei diritti dei loro elettori. I pubblici funzionari che sono qui, come i ministri della Corona, non ci compaiono davanti per darci degli ordini, ma per essere giudicati e discussi. Potremo ragionare senza dubbio di forma di galateo, più o meno parlamentare, nelle nostre osservazioni e discussioni dentro o fuori il recinto parlamentare; potremo parlare di offesa od ingiuria alla privata persona, ma non potremo mai costituire quello che chiamasi l'offesa alla pubblica autorità, qui dove si discute tutto, qui dove si può trascendere intorno alla forma della discussione, ma dove non si può sostituire ciò che è eccesso di discussione nell'interesse pubblico con quello che è disprezzo della pubblica autorità.
E vengo ora al compito modesto che io mi sono riserbato alla questione cioè della forma colla quale le domande sono state presentate a questa Assemblea.
La Commissione parlamentare ha detto che non si poteva procedere intorno al duello, poi che ha ritenuto che ci fosse un reato, dal quale il reato di duello avrebbe potuto ricevere influenza, cioè l'oltraggio; onde, finché non si fosse data l'autorizzazione a procedere per oli raggio, era prematura qualunque siasi autorizzazione a procedere per il duello.
Per ciò poi che riguarda l'oltraggio, l'onorevole Giunta ha detto che non era il caso di autorizzare il procedimento, ma era il caso di autorizzare le indagini, bene inteso dentro l'edifìcio della Camera.
Onde è che, nel concetto della Commissione, la autorizzazione al procedimento per l'oltraggio, preliminare a quello per il reato di duello, sarebbe distinta dall'autorizzazione ad avviare le indagini.
Prima di tutto, io domando, da chi viene questa richiesta per poter procedere in materia di oltraggio ad un funzionario pubblico nell'esercizio delle sue funzioni? Ci viene dal procuratore del Re. Ora, l'articolo 59 dello Statuto, più che l'articolo 808 su cui caddero le osservazioni dell'onorevole
Giunta, l'articolo 59 dello Statuto ci dice che in quest'Aula non possono esser sentiti; nè a viva voce, nè per iscritto persone, che non siano i deputati, i ministri ed i commissari del Re.
(Bravo! a sinistra)
L'articolo 59 dice: «Le Camere non possono ricevere alcuna deputazione, ne sentire
altri fuori dei propri membri, dei ministri e dei commissari del
Governo.»
Ora, il procuratore del Re presso il tribunale di Roma è esso un commissario del Governo, un ministro, un deputato, o qualche cosa di simile?
L'articolo 808 del Codice di procedura penale aggiunge: «La richiesta dell'autorizzazione sovrana si farà con rapporto
trasmesso per via gerarchica dai procuratori del Re al ministro di
grazia e giustizia.
Al rapporto saranno uniti gli atti assunti.»
Questa disposizione, che riguarda il modo di procedere nei casi, in cui è necessaria l'autorizzazione sovrana, per dichiarazione stessa del procuratore del Re, si applica ancora al fatto speciale.
La Commissione parlamentare, mi duole il dirlo, in questa materia, è stata, più fiscale del fisco, e non ha creduto che l'articolo 808 si potesse applicare al nostro caso. L'articolo 808 dice che la domanda del procuratore del Re deve essere [###] al suo superiore gerarchico. Quindi era il ministro di grazia e giustizia, non il procuratore del Re, che doveva avere delle relazioni e dei contatti con questa rispettabile Assemblea. Nè questa è solo quistione di forma. In tanta grave materia egli è necessario che il ministro guardasigilli assuma la diretta e personale responsabilità della richiesta che presenta il suo subordinato, il procuratore del Re. Ma l'onorevole Commissione ha creduto di giustificare il suo operato col dire: che poteva supplire al difetto di presentazione da parte del ministro di grazia e giustizia la sua tacita annuenza alla domanda stessa, sicché si deroga ad una disposizione statutaria e ad un espresso testo del Codice di procedura penale con un silenzio del ministro guardasigilli, il quale silenzio viene interpretato a proprio modo dall'onorevole Commissione.
Nè basta questo.
Quest'assoluta deroga all'articolo 59 dello Statuto viene ancora la ricevere un'altra sanzione dall'onorevole Giunta, per l'accettazione che ne fece il presidente. Talché dai due silenzi si costruisce quello che avrebbe dovuto essere un rapporto esplicito e formale, una richiesta esplicita e formale del ministro guardasigilli, il quale, essendo il rappresentante supremo del potere esecutivo, sotto cui stanno tutti i procuratori del Re e dei quali egli risponde, avrebbe dovuto fare la richiesta al presidente della Camera, allegando al medesimo il rapporto e la domanda del procuratore del Re.
Ma c'è un'altra osservazione da fare. La stessa Giunta dice che i precedenti
parlamentari sono tutti nel senso, che i procuratori del Re non possono far
richieste dirette alla Camera per mezzo del presidente, eppure malgrado
tutto ciò si dice: «Questa deviazione dalle consuetudini può essere anche spiegata
dal trovarsi implicata nella domanda la persona del deputato Lovito,
che fu offeso mentre che faceva parte del Governo come segretario
generale. Ma, se questo e gli altri motivi possono valere per non
ammettere la pregiudiziale nel caso presente; non sembrò per altro
alla maggioranza della Commissione che bastassero a giustificare la
irregolarità commessa, e a stabilire così un precedente contrario
alle norme fin qui seguite, e da seguirsi.»
Dunque la stessa Commissione biasima questo operato; dice ch'esso è contrario a tutte le consuetudini parlamentari; dice ch'esso non può servire d'esempio nè ora nè mai, e non ostante l'irregolarità, dice infine che si deve passare oltre alla questione pregiudiziale.
Ma dirò qualche altra cosa per ciò che riguarda il merito della richiesta del Procuratore del Re relativa alle indagini.
Si è detto (e questo è stato l'assunto dell'onorevole Billia che ha parlato
prima di me) che il procuratore del Re non aveva alcun bisogno di rivolgersi
al presidente della Camera per assumere informazioni preliminari intorno ad
alcuni determinati fatti criminosi che si asserivano commessi in prossimità
del recinto di quest'Assemblea. Ma, per quanto a me pare, si è interpretato
male l'articolo 96 del nostro regolamento. Si è detto che quest'articolo si
applica unicamente al caso in cui ci sia seduta e non al caso in cui si
tratta di fatti estranei a questo recinto ed alla convocazione
dell'Assemblea. L'articolo 96 non parla dell'adunanza della Camera, ma parla
in genere della Camera. «La polizia della Camera spetta a sè stessa ed è esercitata in
suo nome dal presidente che dà alla guardia di servizio gli ordini
necessari.»
dicendo. La Camera non è soltanto un edificio la Camera non c'è soltanto nel momento in cui i suoi membri sono riuniti per deliberare. Questa disposizione è stata interpretata in questo senso, se non erro, anche dall'illustre Pellegrino Rossi, in una delle sue lezioni di diritto costituzionale, in cui precisamente esamina il caso di ingiurie fatte ai membri della Camera, non già quando essi siedono a discutere nel recinto dell'Aula, ma quando escono, dopo di aver deliberato; e si domanda se codesti oltraggi fatti a deputati che escono dalle adunanze, a causa delle deliberazioni che hanno preso o dei principii che hanno sostenuto nell'interno dell'aula, siano oltraggi fatti alla Camera; e risponde che sì.
Del resto gli articoli 96 e 97, non soltanto bisogna interpretarli secondo le
parole con cui sono espressi, ma bisogna interpretarli ancora secondo
l'articolo 102: «In caso di oltraggio fatto alla Camera o a qualunque dei suoi
membri, il colpevole sarà immediatamente arrestato e tradotto
davanti alla autorità competente.»
(Bravo! Bene! — Vive approvazioni a sinistra)
ed hanno bisogno d'i domandare il permesso per far ciò che qui si vorrebbe concederò facilmente, senza nemmeno dichiarare necessario il permesso del presidente.
(Nuove approvazioni a sinistra)
Quindi, o signori, io vedo che il procuratore del Re non doveva per mezzo del nostro presidente fare alcuna richiesta alla Camera, non poteva invocare l'articolo 45 dello Statuto, perchè questo articolo parla di procedimento, e non parla d'indagine; egli doveva domandare unicamente il permesso di seguire nelle sue indagini al nostro presidente, il quale esercita la polizia della Camera, e quando il presidente avesse creduto opportuno di dare la facoltà di accedere in questi luoghi, non era necessario che fosse chiamata giudice solenne di questa richiesta la Camera per l'esercizio unicamente domandato dal nostro regolamento alla coscienza del presidente.
Spettava al nostro presidente, nel caso che ci fosse stato alcun dubbio, d'invitare la Camera a dire fino a qual punto poteva giungere la sua autorizzazione; ma non doveva il procuratore del Re e la Commissione confondere ed unire insieme la domanda del procedimento con la domanda di fare le indagini, e chiedere alla Camera le due cose insieme.
Le Giunte sono nominate dagli Uffici per autorizzare a fare i procedimenti, non già per autorizzare a fare le indagini. O il procedimento è permesso, o è negato. Una via di mezzo non c'è o non è compito nostro, eccetto il caso in cui il presidente non voglia esercitare quella polizia che noi gli abbiamo affidata.
Io credo pertanto, o signori, che la Camera debba dichiarare che, allo stato degli atti, non c' è luogo a deliberare ne sulle domande a procedere contro gli onorevoli Lovito e Nicotera, nè sulle conclusioni della Giunta.
Io vi raccomando questa proposta, non già nell'interesse del privilegio, ma nell'interesse della libertà di questa Assemblea, e dell'inviolabilità del domicilio della Camera, perchè la libertà e l'indipendenza della Camera è libertà e indipendenza del paese.
(Benissimo! Bravo!)
La mia proposta è così formulata nel seguente ordine del giorno:
«La Camera, allo stato degli atti processuali, non trova luogo a
deliberare nelle domande a procedere contro gli onorevoli Lovito e
Nicotera, e sulle conclusioni della Giunta, e passa all'ordine del
giorno.»
Voci. Ai voti! ai voti!
(Rumori)
presidente. Ha facoltà di parlare l'onorevole
Vastarini-Cresi.
Vastarini-Cresi. Prima che la relazione della
Commissione venisse stampata e distribuita, io aveva deciso di non prendere
parte a questo dibattimento, e mi consigliava a ciò il convincimento che la
Camera avrebbe dovuto ascoltarmi con benevola diffidenza, se la frase può
passare.
E spiego subito la ragione dei due termini benevolenza e diffidenza. Mi avrebbe al certo ascoltato, con benevolenza, perchè sempre che mi è accaduto di prendere la parola, questo sentimento ho creduto di scorgere sul volto di tutti voi; mi avrebbe poi ascoltato con diffidenza perchè
è notorio che l'onorevole deputato contro del quale sono rivolte le conclusioni della Commissione è a me legato da vincoli di amicizia antica, salda e quasi fraterna, e quindi sapendosi questa mia relazione, certamente i miei colleghi avrebbero pensato che l'amicizia faceva velo al mio intelletto, e non avrebbero dato alle mie argomentazioni quella importanza cui ogni oratore deve aspirare.
Non appena però ebbi letta la relazione della Giunta parlamentare, io mi tranquillizzai, perchè vidi da quella relazione che il nome di quell'onorevole deputato diventava un incidente meramente occasionale, e la questione, sollevandosi dalla sfera delle persone, toccava quella altissima dei principii.
Or siccome, trattandosi di una questione di principii, io potrò portare all'esame della medesima un concorso modesto sì, ma al certo imparziale nella sostanza non solo, ma anche nell'apparenza, quanto quello di ciascun altro, e perciò ho pensato di affidarmi alla benevolenza della Camera per domandarle di ascoltare con le altre anche la opinione mia intorno a questo problema.
Ma è egli vero, signori, che trattisi di questione altissima? Qui non è il privilegio delle persone, qui
non è il diritto d'asilo che s'intende di stabilire; qui si tratta di vedere se le prerogative della Camera furono rispettate, se debbono da noi mantenersi integre, e se giovino a questo scopo le conclusioni a cui è venuta la maggioranza della Giunta.
Un fatto avvenne in un locale di Montecitorio, fatto variamente apprezzato e che pareva a taluno trovasse riscontro in disposizioni del Codice penale. Se ciò fosse stato, quel fatto dava incontestabilmente luogo ad una azione penale, il cui esercizio sarebbe stato devoluto al Pubblico Ministero. Ma questi avrebbe potuto di sua iniziativa impossessarsi di quel fatto, e formarne oggetto di procedimento?
Non vi è nella nostra legislazione qualche altra autorità la quale, in un caso simile a quello in esame, abbia essa sola esclusivamente il diritto, se lo crede, di invocare l'intervento del procuratore del Re?
Indiscutibilmente vi è, o signori, e la maggioranza della Commissione non mette in dubbio che sia il presidente della Camera.
L'onorevole Billia oggi avendo pur consentito in ciò venne a dire, che il diritto del presidente si esercita unicamente nell'Aula parlamentare, e che laddove il regolamento all'articolo 96 parla di polizia della Camera abbia inteso di limitarla soltanto a quest'Aula.
L'onorevole Billia a conforto della sua asserzione recava un aneddoto del
Parlamento prussiano. Io, per verità, quantunque non creda che sia osso di santo il principe di Bismarck in ciò che
riguarda le immunità parlamentari, pur nondimeno me ne sono impensierito,
perche l'onorevole Billia non è uomo da citare cosa che possa non fare al
suo proposito. Quando ho per altro udito il racconto mi sono immediatamente
tranquillato. Di che si questionava infatti? Il rappresentante del Governo
dell'imperatore diceva: L'autorità presidenziale si infrange contro questo
banco
(ed accenna quello dei ministri),
al che rispondeva il presidente: La mia autorità si estende a tutte e quattro queste mura.
Ma escludeva forse che si estendesse anche fuori? No. Dunque non è un esempio che calzi al caso.
Assai meglio, io credo, avrebbe fatto l'onorevole Billia, se avesse voluto
chiarire la questione di cui si occupava, a confrontare l'articolo 96 del
regolamento col successivo articolo 97. Ivi egli avrebbe trovato risoluto
«Nessuna persona estranea alla Camera può, sotto verun pretesto,
introdursi nella sala.»
(Approvazioni a sinistra)
Ma, a questo argomento che nasce dal regolamento, ne aggiungo un altro. Tutti quanti gli onorevoli deputati hanno assistito alle sedute inaugurali, allora quando il capo dello Stato, rivolge la sua parola ai rappresentanti della nazione; ed hanno veduto allora che la polizia della Camera non è più fatta dalla Camera stessa. Perchè? Perchè allora la Camera non esiste, ed agli uscieri suoi subentrano quelli del Ministero dell'interno. Non vi porto l'argomento delle sentinelle, perché esso è di tanta evidenza che non merita neppure di essere rilevato. Le sentinelle non stanno nell'Aula; eppure esse dipendono dagli ordini dei presidente.
Lasciamo la discussione da questo lato, che non merita altre parole, e guardiamola da un altro lato. Se fosse giusto ciò che dice l'onorevole Billia, il presidente della Camera dei deputati si
sarebbe arrogato un potere che non ha; avrebbe esteso l'esercizio del suo diritto oltre i limiti che gli sarebbero consentiti.
Lo ricavo dal testo medesimo della relazione, nella quale leggo:
«Pare infatti che, trattandosi di oltraggio commesso nella
Camera, a pochi passi dall'Aula legislativa, da un deputato contro
un suo collega, al solo presidente della Camera spettasse il diritto
di redarguirlo ovvero denunciarlo, se ci fosse luogo, alla
giurisdizione ordinaria.»
Prego gli onorevoli colleghi di fare attenzione a quest'altro punto ch'è il più grave della controversia:
«Se il presidente non lo denunziò, ciò non potè essere certamente
se non perchè, con apprezzamento di fatto e di diritto,
indispensabile all'uso della competenza che gli viene dall'articolo
96 del regolamento della Camera, avente forza statutaria, non ci
vide gli estremi di un reato di azione pubblica da perseguirsi in
giudizio.»
A questo punto permettetemi di dire, o signori, che il ragionamento che fa la Commissione non è una semplice induzione. Quel dire: non dovette essere che per questo, non risponde esattissimamente ai fatti, perchè qui si tratta non di un apprezzamento, ma di un ricordo storico. È a tutti noto che il presidente della Camera esaminò il fatto di cui si discute, e con lui l'esaminò l'ufficio di Presidenza, e ad unanimità fu presa la soluzione della quale qui si parla.
presidente. Darò a suo tempo le opportune spiegazioni
sopra questo fatto. Continui, onorevole Vastarini.
Vastarini Cresi. Io ringrazio l'onorevole presidente; ma
siccome son certo che le spiegazioni che darà il presidente non saranno
difformi da quello che io ho affermato, così proseguo il mio
ragionamento.
presidente. Prosegua pure.
Vastarini-Cresi. È dunque indubitato che veramente
intorno a questo fatto fu pronunziato un giudizio. Anzi, per completare le
mie informazioni, dirò pure che di questo giudizio fu informata benanche,
nella persona del suo presidente, la Giunta che doveva riferire intorno alle
domande di procedere.
Ora, o signori, se il presidente della Camera, cui spettava unicamente di esaminare se il fatto dovesse o non dovesse essere denunziato all'autorità giudiziaria, con apprezzamento di diritto o di fatto, stabilì di non denunziarlo, che cosa siamo noi oggi chiamati a fare? Siamo chiamati a giudicare in grado di appello ciò che ha fatto il Presidente delia Camera.
Siamo chiamati ad entrare negli apprezzamenti di diritto e di fatto ricordati dal relatore della Commissione, per vedere se dobbiamo dar ragione al nostro presidente o piuttosto al procuratore del
Re che con quell'istanza, sfornita di tutte le forme volute dalla nostra legge, insorge contro la decisione presidenziale.
Ecco, o signori, come va posta la questione che io chiamo di altissimo interesse.
Nè altrimenti, o signori, l'ha apprezzata la Commissione. Anzi essa ha detto che al presidente incombeva, non pure il diritto, ma il dovere di denunziare, quando si fosse, convinto che vi era un reato d'azione pubblica da denunziare. Per guisa che, se considerazioni di diritto e di fatto consigliarono il presidente a non denunziare quel fatto, ciò vuol dire che al presidente non parve quello un fatto perseguibile con azione pubblica.
La onorevole Commissione tutto questo riconosce, ma trova che contro il diritto del presidente ne sorge un altro (che evidentemente non può esser diritto, perchè il diritto è uno) e si domanda: quale delle duo autorità dovrà cedere, in questo conflitto? L'autorità del nostro presidente, o F autorità del procuratore del re?
La Commissione, me lo perdoni, dopo di aver detto: «non al certo la prima (vale a dire quella del presidente) in
forza degli accennati principii»
E quali sono le ragioni che inducono la Commissione in questa risoluzione?
Essa dice prima di tutto che il caso è nuovo e che non è contemplato espressamente nè nello Statuto, nè nel regolamento.
Ora io dirò francamente che questo è un argomento che non può arrestare nessun uomo serio, dappoiché e statuti e regolamenti non possono mai prevedere i casi speciali; gli statuti ed i regolamenti contengono soltanto i principi, alla luce dei quali i casi speciali si sogliono regolare.
Vi era, o no, nel regolamento, vi era, o no, nello Statuto, il principio, che doveva determinare l'azione del presidente? Basta rivolgere a voi questa domanda poiché ciascuno di voi dia ad essa risposta adeguata. Ma, soggiunge la Commissione:
«È opportuno in un fatto di simil genere dar prova di temperanza
nell'uso della prerogativa.»
A caso vergine, io non dissentirei dalla Commissione; direi anche io; sì, facciamo uso temperato della prerogativa; ma quando questa prerogativa si è già esercitata, da colui al quale dal regolamento la prerogativa stessa è affidata, consigliando la temperanza, voi rivedete un giudizio, voi implicitamente censura l'uso rigoroso che altri ha già fatto della prerogativa.
(Bene! a sinistra)
Dunque io non posso minimamente consentire nelle vostre conclusioni, perchè ritengo fermamente che il presidente della Camera abbia tutelato, come era suo dovere, i diritti della Camera, e non meriti nessuna censura.
Ma contro queste mie osservazioni, nella relazione della Commissione, e anche di fuori, si dice: Poiché il presidente ci ha investiti della cognizione della domanda del procuratore del Re; non vi è nessun male che noi esaminiamo questa domanda.
Diceva l'onorevole Nocito che fra due silenzi si aggirava tutto il lavoro della Commissione.
Io dirò, o signori, che essa si fonda sopra una strana interpretazione di un silenzio.
Voi dite che il presidente non aveva il dovere di ricevere la domanda del procuratore del Re: ma che, avendola ricevuta, egli acconsente che si entri ad esaminarla.
Signori, questo è un argomento che non avrebbe valore per nessun presidente, ma tanto meno lo ha
per l'onorevole presidente Farini.
Egli, allorché ha ricevuto quell'istanza del procuratore del Re, se avesse ommesso di comunicarla a noi, si sarebbe fatto giudice dell'opera sua. Egli allora avrebbe detto: io ho fatto così, sono sicuro eli avere fatto bene, non temo nessuna censura.
Egli, o signori, per l'articolo del regolamento esercita la polizia della Camera, in nome della Camera e per mandato espresso della Camera; ma quando si revoca in dubbio (sia pure da un procuratore del Re, non assistito dal guardasigilli) la regolarità dell'esercizio di quella prerogativa, egli deve dire, come ogni uomo che ha rispetto per se medesimo a coloro del cui mandamento è depositario: discutetemi!
Ed oggi, in questo momento, o signori, voi non discutete la istanza del procuratore del Re, disingannatevi, voi discutete l'opera del vostro presidente.
(Bravo! Bene! a sinistra)
Per conseguenza, o signori, poiché questo non può mettersi in dubbio, e poiché credo che non vi sarà alcuno che ardirà di presentare una proposizione che suoni biasimo al nostro presidente, io credo che la presente discussione non possa chiudersi altrimenti che con quella risoluzione che io vi propongo.
Ed è questa: «La Camera, approvando pienamente l'operato del suo presidente,
dichiara di non trovare luogo a deliberare sull' istanza del
procuratore del Re presso il tribunale di Roma a procedere contro il
deputato Nicotera per reato di oltraggio ad un ufficiale dell'ordine
amministrativo, e passa all'ordine del giorno.»
(Bravo! Benissimo! a sinistra)
E perchè, o signori, non si deve trovare luogo a procedere? Primo perchè, come vi ho accennato già, intorno a questo fatto vi è un giudicato; secondo, perchè il procuratore del Re non domanda quello che la Commissione accorda.
La Commissione parte da un presupposto, che è smentito dal testo del documento.
La Commissione crede che il procuratore del Re abbia chiesto di proseguire le indagini nell'interno di Montecitorio. Ora, io invito ciascuno di voi a leggere le istanze del procuratore del Re per vedere se egli questo dimandi. Il procuratore del Re non aveva bisogno di venire a Montecitorio, perchè non aveva mestieri di assicurare qui nessuna traccia di reato. Quelli che egli poteva interrogare si trovavano fuori di Montecitorio, e nonostante che fossero rivestiti del mandato di deputati, pur nondimeno non erano esenti, come non lo è alcun altro cittadino, dal dovere di rispondere alla chiamata del giudice istruttore.
Che cosa domanda invece il procuratore del Re? Vi domanda cosa che voi non potete menomamente consentire. Vi domanda nientemeno che di essere dispensato dall'obbligo di fornire la sua domanda di quegli allegati necessarii, che richiede l'articolo 805, del Codice di procedura penale, vale a dire: che la sua domanda sia consentita prima ancora ch'egli abbia dimostrato che essa abbia un fondamento qualsiasi.
«Ed è perciò — così egli si esprime — che, avocati gli atti
appena iniziati dal magistrato istruente, mi rivolgo fin da ora
all'Eccellenza Vostra onde domandi a cotesta Assemblea il consenso
voluto dall'articolo 45 dello statuto fondamentale del regno per
poter procedere contro il deputato Nicotera.»
Ma si può, o signori, concedere a questo funzionario la violazione della legge che egli ci domanda? Qui si domanda che la legge sia osservata; ma se da tante parti ciò si vuole, consentite a noi pure di esortare questo pubblico funzionario
ad osservare pel primo quella legge che egli medesimo ricorda.
E d'altra parte, quand'anche la Camera con sentisse nelle conclusioni della Commissione, cioè di concedere che il procuratore del Re continui le prime indagini, il procuratore stesso potrebbe, salvo il rispetto dovuto a quest'Assemblea, dire: io non ho domandato ciò e non l'ho domandato per l'ottima ragione che io di questo non aveva bisogno.
E quindi quale figura farebbe la Camera dei deputati se il procuratore del Re dicesse: mi avete venduto il sol d'agosto? Io vi ho chiesto l'autorizzazione per l'articolo 45 dello Statuto e voi me ne date un'altra, che a me non serve e che io ho già dall'articolo 805 del Codice di procedura penale?
Non sarebbe serio il fare entrare l'Assemblea in questa strada.
Ma v'è di più: la forma della conclusione ultima della Commissione diventa assolutamente d'impossibile accettazione; e perchè, o signori?
Io vi prego di considerare che cosa vuole la Commissione. Essa propone: «che la Camera autorizzi il suo presidente a consentire il
proseguimento delle preliminari indagini sul fatto che vi diede
luogo.»
Ora io domando a qualunque di voi, poiché ciascuno può diventare presidente di quest'Assemblea…
(Molti deputati stanno nell'emiciclo conversando.)
presidente. Onorevoli colleghi, li prego di prendere
i loro posti e di far silenzio.
Vastarini-Cresi. … se voi aveste per virtù d'un articolo
di regolamento una facoltà della quale avete creduto di non far uso e
venisse poi l'Assemblea e vi dicesse: vi autorizzo a far uso di quella
facoltà della quale voi non avete creduto di usare, ciascuno di voi avrebbe
il diritto di dire: mi si vuole imporre una tutela; ma io sono maggiore
d'età, e non l'accetto.
Dunque, o signori, spero che voi, considerando bene le conclusioni della Commissione, vorrete per la dignità di questa Assemblea votare la mia proposta, la quale, mentre approva, e ce n'è tutta la ragione, l'operato del presidente, tende a rimettere il potere giudiziario nella giusta via, respingendo una domanda estranea non venuta per via regolare innanzi al Parlamento.
(Bene!)
Molte voci a sinistra. La chiusura, la chiusura!
presidente. Essendo domandata la chiusura, chiedo se
sia appoggiata.
(È appoggiata.)
Minghetti. Chiedo di parlare contro la chiusura.
presidente. L'onorevole Minghetti ha facoltà di
parlare contro la chiusura.
Minghetti. Quando si è trattato di una questione di merito, io comprendeva, anzi desiderava, e già la materia era stata sufficientemente trattata, che la discussione si chiudesse; ma, ora che si è recata innanzi a voi una questione di diritto costituzionale, come hanno detto l'onorevole Nocito e l'onorevole Vastarini, a me parrebbe prematuro il chiudere la discussione. Mi parrebbe prematuro, poiché si può pensare che la condotta del presidente sia stata, per ogni sua parte, corretta, ma che la conseguenza di questa approvazione sia appunto il concedere la autorizzazione che si richiede.
Non essendo ancora stata sollevata questa questione costituzionale, io pregherei la Camera di non chiudere la discussione.
Mazza relatore. Chiedo di parlare su questo
incidente.
presidente. Io non posso lasciar parlare che uno
contro e un altro in favore della chiusura.
Voci. E relatore!
presidente. Ma prima di mettere ai voti la chiusura,
io farò la solita riserva; cioè, che si riservi facoltà di parlare al
relatore.
(Va bene!)
Mazza, relatore. Ma chiedo di parlare su questo incidente.
presidente. Ma non c'è alcun incidente. Lei non può
parlare che in favore della chiusura. (Si ride)
Voci. Ai voti! ai voti!
Mazza relatore. Chiedo di parlare per una
dichiarazione.
presidente. Ha facoltà di parlare per una
dichiarazione.
Mazza relatore. Io debbo dichiarare, in nome della
Commissione, che fu lungi dal nostro intendimento di biasimare, di censurare
in verun modo, nè diretto, nè indiretto, l'operato del nostro onorevolissimo
presidente.
In effetti, di che si trattava?
(Rumori)
presidente. Ma, onorevole relatore, avrà tempo di
esprimere queste sue idee.
Mazza relatore. Debbo fare una dichiarazione in nome
della Commissione.
(Rumori vivissimi).
(Con forza)
Ho facoltà di parlare per fare una dichiarazione e la tengo.
(Si ride)
presidente. Ma scusi, onorevole Mazza, la sua
dichiarazione chiara ed esplicita ella l'ha già fatta, e la Camera ne
prenderà atto; ora io non posso permettere che ella faccia un discorso in
questo momento, poiché, essendo stata chiesta ed appoggiata la chiusura, ed
essendo stata combattuta dall'onorevole Minghetti, a me ora spetta il
debito
di metterla ai voti. E la pongo ai voti facendo queste due dichiarazioni: che, ove venga approvata, deve rimanere riservata la facoltà di parlare al relatore, come è nelle consuetudini della Camera; ed io possa, come ho già avvertito, fare alcune dichiarazioni in nome dell'ufficio di presidenza.
La Camera valuterà se, in queste condizioni della discussione, sia o no opportuno di chiuderla.
Detto questo, io pongo ai voti la chiusura della discussione.
Chi crede che la discussione debba chiudersi è pregato di sorgere.
(Dopo prova e controprova la chiusura è respinta.)
presidente.
(Segni di vivissima attenzione)
Onorevoli colleghi, interrompendo l'onorevole Vastarini, io ho promesso di fare alcune dichiarazioni; mantengo questa promessa, e la sciolgo subito, imperocché, dovendo io attestare fatti precisi, importa che questi fatti vengano presto a conoscenza della Camera.
L'onorevole Vastarini affermò che non solo il presidente Farini, ma l'ufficio di Presidenza avevano giudicato che nel doloroso incidente di cui si discute non vi fosse reato alcuno.
Egli citò alcune parole della relazione scritta dall'onorevole Mazza, le quali in certo modo concordano con questo suo giudizio.
Ma un giudicato in verità non vi fu.
Io debbo premettere chela polizia della Camera, è, come tutti sanno, esercitata dalla Camera stessa per mezzo del suo presidente e che l'ufficio di Presidenza non ha competenza alcuna in siffatta materia; tuttavia il presidente della Camera può, e soventi volte lo fa, interrogare l'ufficio di Presidenza per averne consiglio.
Ora, dopo l'incidente Nicotera-Lovito, nella seduta dell'ufficio di Presidenza del 9 dicembre 1883, il presidente Farini, esposti all'ufficio di Presidenza i fatti che erano venuti a sua conoscenza, chiese se e quali provvedimenti nel momento ed in avvenire potessero prendersi dal presidente della Camera. E l'ufficio di Presidenza o, per essere più preciso, i presenti nell'ufficio di Presidenza, furono di unanime opinione che nulla vi fosse da fare.
Quale sia la portata di questa risoluzione dell'ufficio di Presidenza, e che il presidente accettava, ognuno potrà facilmente comprendere.
Il presidente non avea fatto investigazioni per conoscere se un reato effettivamente si fosse commesso; quindi egli col decidere che nulla v'era a fare, non affermava nè negava l'esistenza d'un reato.
Io non posso ora svolgere le ragioni per le quali io stesso fui di opinione che nulla dovesse farsi dal presidente. Non lo posso perchè entrerei nella discussione, ciò che da questo seggio non mi è permesso. Ma ciò nonostante mi piace rammentare il vecchio proverbio: la parola è d'argento ed il silenzio è d'oro.
Io credo che la Camera intenderà facilmente le ragioni di convenienza per le quali l'ufficio di Presidenza, ed il suo illustre presidente non potevano prendere determinazione diversa da quella che hanno presa.
(Benissimo!)
L'onorevole Nocito, ed anche l'onorevole Vastarini, hanno trovato assai irregolare, nella forma, la domanda che il procuratore del Re indirizzava al presidente della Camera. Io non posso, non voglio, non debbo apprezzare se quella era la via più legittima con la quale la domanda dovesse inoltrarsi alla Camera; ma questo so, e questo affermo, che nei criteri dell'onorevole presidente Farini era il mezzo più efficace a tutelare le prerogative della Camera; e tutti noi sappiamo come l'onorevole Farini abbia costantemente difesi i diritti ed i privilegi della Camera, come egli abbia amato costantemente le nostre libertà, e come egli sia stato sempre fedele custode di quel tesoro che era affidato alla sua vigilanza.
(Benissimo! Bravo!)
Ora do facoltà di parlare all'onorevole Minghetti.
Minghetti.
(Segni di attenzione)
Fino a che si discuteva il merito della questione io mi sarei ben guardato dal domandar di parlare. Me ne sarei guardato parendomi che questo non sia propriamente il tema che c'è proposto; inoltre per la mia incompetenza, non avendo io cognizioni giuridiche e penali bastevoli; poi per ragioni di delicatezza che non ho bisogno di ricordare; in fine perchè veramente mi sembra che non sarebbe un buon precedente nella Camera il discutere quel che sia o non sia reato.
(Mormorio a sinistra)
Guai a noi se a colpi di maggioranza dovessimo decidere ciò che il Codice ha già stabilito!
Ma, io ho chiesto di parlare quando sono sorte alcune questioni costituzionali, le quali mi parevano importanti per la giurisprudenza interna della Camera.
L'articolo 45 dello Statuto è stato più volte illustrato. Ricordo una dotta relazione dell'onorevole Mancini, più tardi una larga discussione nella Camera quando era ministro l'onorevole De Falco.
Questi precedenti si possono da ognuno consultare, ma il tempo mi stringe, nè posso soffermarmici.
Ciò che forma la novità del caso presente è questo: che si tratta non solo di un atto commesso da un deputato, ma di un atto commesso nel palazzo del Parlamento.
La questione non è dunque soltanto personale, ma è anche una questione locale; ed è qui dove s'invoca l'articolo 96 del nostro regolamento, il quale dice che la polizia della Camera spetta a se stessa, ed è esercitata in suo nome dal presidente.
Ciò posto, a me pare, o signori, che la prima questione da trattare sia questa: Se, essendo avvenuto un atto nella Camera, che poteva avere i caratteri di reato, il presidente avesse il diritto di denunziarlo all'autorità giudiziaria. E questo diritto a me pare incontestato ed incontestabile. Ma non mi fermo a ciò e vado più oltre; a quello che è il nodo della questione. Da ciò che il presidente ha il diritto, ove lo creda opportuno, di denunziare quest'atto all'autorità giudiziaria, ne segue ch'egli ne abbia l'obbligo? E se non l'adempie, ne rimane perciò solo impedito qualunque atto dell'autorità giudiziaria?
Signori, a me sembra indubitato che, se il presidente ha il diritto di denunziare questi atti, non ne abbia parimente il dovere. Non ne ha il dovere, perchè un'obbligazione così fatta non si presume, e dovrebbe essere formalmente registrata, perchè tal compito non si appartiene alla natura e air indole delle sue attribuzioni; perchè finalmente vi possono essere delle circostanze speciali le quali trattengano il presidente dal denunziare un atto quando anche lo riguardasse come reato.
Nel caso, presente si è parlato di una question d'onore che ha susseguito quell'atto; or io vi domando: chi è che non intende che nell'animo del presidente un sentimento di delicatezza poteva consigliarlo ad astenersi dal rivolgere la denunzia all'autorità giudiziaria? In questa materia anch'io sono d'accordo con l'onorevole Crispi; il sentimento pubblico è in contradizione colla legge e ciò spiega a sufficienza la sua astensione.
Non poteva anche temere che, prendendo l'iniziativa di denunziare un suo collega con ciò venisse, quasi direi, a porre un peso nella bilancia del giudizio penale, sulla reità dell'atto di cui si trattava?
Io veggo in tutte queste cagioni una ragione potente perchè il presidente della Camera si astenesse dal denunziare l'atto; ma dall'essersi egli astenuto dal denunziarlo, io non ne posso trarre la illazione che ne ha tratto l'onorevole Vastarini-Cresi, cioè che abbia pronunziato un giudizio, che il suo giudizio sia definitivo, e che l'autorità giudiziaria non vi abbia più nulla a vedere.
Vastarini-Cresi. Chiedo di parlare.
Minghetti. E se è così, o signori, se il presidente ha il diritto e non l'obbligo di fare questa denunzia, chi potrà dubitare dall'altra parte che l'autorità giudiziaria non abbia essa l'obbligo, l'obbligo il più assoluto, laddove creda che possa esservi un reato, di fare tutte le indagini e le inquisizioni necessarie? Badate, io non giudico, non entro nel merito, e ripeto che non sarei nè competente nè erudito abbastanza per farlo. Ma lascio questo giudizio all'autorità giudiziaria, e dico ch'essa ha obbligo di scrutare se concorrono in quel fatto gli estremi per dichiararlo reato, e perciò ha bisogno di fare quelle indagini prime, senza le quali ogni specie di giudizio sarebbe frustrato.
Ma, o signori, se l'autorità giudiziaria, nel silenzio del presidente, aveva diritto di incoare gli atti necessari a chiarire il fatto di che si tratta, qui essa trovavasi dinanzi a una prerogativa, e stimava non poter entrare in questa Camera, senza che dal presidente ne avesse avuto l'assenso.
Parlo sempre del presidente, e in ciò concordo con le dichiarazioni fatte finora. Imperocché m'è d'avviso che la Presidenza possa essergli consiglio autorevole, ma ch'egli solo abbia autorità e responsabilità in questa materia. Laonde io credo che l'onorevole presidente alla domanda che gli faceva l'autorità giudiziaria avrebbe potuto rispondere affermativamente di suo proprio moto; ma se egli per un sentimento di delicatezza, se per un riguardo verso la Camera in una questione, la quale si presentava la prima volta dinanzi a voi (perchè la questione del privilegio personale e locale insieme uniti si presenta per la prima volta), egli ha creduto di rimetterne alla Camera il giudizio, chi potrà fargli di ciò un appunto? E chi non riconoscerà invece in ciò la correttezza della sua condotta e del suo procedere?
Adunque, mi associo alle idee svolte dall'onorevole Vastarini Cresi nel giudicare l'operato del nostro presidente, ma ne traggo una conseguenza opposta: ritengo che l'operato suo non pregiudichi menomamente la questione che oggi ci sta dinanzi, e lasci pienamente libero il giudizio della Camera.
Qui mi resta un ultimo punto a trattare, ed è la forma colla quale la domanda d'inquirere è
stata introdotta. Imperocché anche contro di essa, o signori, sono state rivolte molte accuse.
Si è detto prima di tutto, che essa non è introdotta nel modo usitato per mezzo del guardasigilli. Si è citato altresì l'articolo 59 dello Statuto; le Camere non possono sentire altri fuori dei ministri, dei propri membri, e dei commissari del Re. Ma in verità a me pare che l'articolo 59 in questa questione non abbia nulla che fare. Il procuratore del Re non domanda alla Camera di essere sentito, egli si rivolge al presidente e gli domanda di essere autorizzato a far qui dentro le indagini necessarie al suo ufficio. E il presidente della Camera che fa?
Si rivolge direttamente alla Camera stessa, le comunica la lettera che ha ricevuto, ne prende atto, e lascia a lei il giudizio. Che rapporto vi è qui tra il procuratore del Re e la Camera? Quale violazione dell'articolo 59? In verità io non lo so vedere.
In quanto poi al fatto inusitato che il procuratore del Re si rivolga dirottamente al presidente e alla Camera, senza passare pel tramite del guardasigilli, anche questo a mio parere è giustificato dalla ragione e dagli esempi.
È giustificato dalla ragione, perchè qui si trattava soprattutto di domandare la facoltà d'inquirere entro i locali del Parlamento, la quale questione era di appartenenza speciale del nostro presidente; è giustificato dagli esempi, e potrei, o signori, citarvene molti.
La giurisprudenza parlamentare francese è fondata sopra articoli di legge e di regolamento identici ai nostri, sui quali anzi i nostri furono redatti. Eppure voi troverete alcuni casi, nei quali il procuratore del Re si è rivolto direttamente al presidente della Camera; questa procedura fu seguita in un caso analogo e non remoto, in cui si trattava d'un oltraggio fatto da un membro della Camera ad un suo collega, proprio nell'Aula delle deliberazioni.
Il presidente della Camera francese si è rivolto allora all'Assemblea, così come ha fatto oggi il nostro onorevole presidente Farmi; e l'Assemblea, all'indomani, concesse l'autorizzazione a procedere.
Altri esempi voi troverete nel Belgio; anzi nel Belgio avviene quasi sempre che si passi direttamente dal procuratore generale al presidente senza passare pel tramite del guardasigilli e in occasione simigliante, nel 25 gennaio 1870, fu questa procedura formalmente confermata.
Non farò altre citazioni che sarebbero più noiose che utili; a me basta di averne indicate alcune, per mostrare che nè la legge, nè lo Statuto, nè gli esempi sono contrari alia procedura che il procuratore regio ha seguito.
Riepilogando adunque la mia argomentazione, il presidente aveva il diritto di denunciare un atto che poteva essere un reato, ma non aveva l'obbligo di farlo; non avendolo egli denunciato, l'autorità giudiziaria noli perdeva alcuno dei suoi diritti, anzi a lei rimaneva il compito rigoroso di fare le necessarie indagini. Ma siccome per fare queste indagini si trovava davanti ad una prerogativa del Parlamento, essa aveva bisogno di chiederne facoltà al presidente della Camera. Il presidente poteva accordare da se tale facoltà; noi fece, non credette di Usare del suo potere; fu scrupoloso, e trattandosi di un caso nuovo, lasciò arbitra la Camera di deliberare. Però, rimettendo la questione alla Camera, lasciolla completamente impregiudicata.
Ecco, signori, il modo come io considero la questione, e come a me pare che si debba da tutti interpretare sia costituzionalmente, sia per l'uso costante, l'articolo 45 dello Statuto e l'articolo 96 del regolamento.
Ed ora, o signori, permettetemi un'ultima osservazione. L'onorevole Crispi ha detto che bisogna saper resistere anche all'opinione pubblica, quando questa non è retta; ed ha ragione. Nessuno più di me riconosce il dovere degli uomini di Stato di sapere quando occorra all'opinione pubblica traviata resistere. Ma, o signori, non si può non tener conto di questa opinione pubblica, specialmente quando si tratta d'impressioni morali rispetto ad una prerogativa, le cui origini storiche voi avete più volte udite descrivere, e che se ha la sua importanza, non deve però trascendere in un diritto di asilo, ed in una protezione del deputato, contro il diritto comune.
(Bene!)
Se fosse presente il collega nostro del quale si tratta, io sono certo che
egli sorgerebbe per primo, come sorgerei io se mi trovassi in caso di simili
richieste giudiziarie, a dimandare alla Camera che permettesse la
continuazione delle indagini e del procedimento, affinchè la verità trovasse
libera la strada, nè si potesse dire che la qualità di deputato lo ha
esentato dal giudizio e dalla legge comune. (Bene!)
Questo, o signori, io non dubito che sia anche il sentimento vivissimo della maggioranza del paese, e credo che questo sia un omaggio alla morale pubblica, la quale vuole l'eguaglianza di tutti innanzi alla legge e non ammette privilegi se non in quanto fossero rigorosamente necessarii alla suprema salute della patria.
(Bravo! Bene! — Approvazioni a destra)
Voci. La chiusura!
(Conversazioni animate)
presidente. Non essendovi altri oratori iscritti, e
nessuno chiedendo di parlare, dichiarerò chiusa la discussione, riservando
la facoltà di parlare all'onorevole Mazza relatore, e agli onorevoli
colleghi che la domandarono per fatti personali.
(La discussione è chiusa.)
Ha facoltà di parlare l'onorevole Mazza.
Mazza relatore. Dopo il discorso dell'onorevole
Minghetti, il quale disse molte cose che io mi era proposto di dire…
(Conversazioni)
presidente. Onorevoli colleghi, li prego di far
silenzio…
Mazza relatore … debbo restringermi a poche
dichiarazioni a nome della Commissione, la quale non ha inteso mai di
biasimare l'operato del nostro presidente.
Il presidente della Camera si trovò in una condizione, sulla quale richiamo l'attenzione della Camera, imperocché essa stabilisce veramente il caso concreto di cui si tratta e che noi dobbiamo apprezzare nella sua precisa significazione; l'onorevole presidente della Camera, molto tempo dopo che il fatto lamentato si era compiuto, si trovò dinanzi alla domanda del Pubblico Ministero, il quale chiedeva ad un tempo di inquirere sul fatto in questione e di procedere in giudizio.
Tale è la richiesta formale fatta dal Pubblico Ministero. Tralascio la questiono pregiudiziale relativa alla firma del guardasigilli.
Che cosa disse la Commissione? La Commissione disse che in virtù della prerogativa che compete al presidente, per l'articolo 96 del regolamento, di denunziare i reati d'azione pubblica che si commettono nella Camera, poiché egli non aveva usato di questa prerogativa, dal momento che egli non aveva denunciato alla autorità giudiziaria il fatto, evidentemente egli non lo aveva creduto denunciabile a termini di legge.
Ma questo, signori, non è punto un giudizio, questo è un apprezzamento di diritto e di fatto, che non riveste, però, il carattere di un giudicato. Il presidente non fece che usare della, propria competenza attribuitagli dall'articolo 96 del regolamento; imperocché l'articolo 96 del regolamento che lascia al presidente l'esercizio della polizia nella Camera, non avrebbe nessun senso, se non si intendesse nel senso della iniziativa che compete alla Presidenza di denunciare i reati che si commettono nella Camera e in tutta la Camera.
L'onorevole presidente non credè di denunziare il fatto di cui si discute. E allora accadde questa novità, che il tribunale, apprezzando diversamente il fatto commesso nella Camera, domanda d'inquirere nella Camera stessa sopra quel fatto, e di procedere in giudizio. Ecco il caso nuovo non contemplato nè dallo Statuto, nè dal regolamento, nè da alcuna legge, in cui due poteri, quello giudiziario e quello legislativo, si trovano in contrasto. Che cosa doveva fare il presidente, e che cosa fece? Trovandosi dirimpetto a un Caso nuovo, a un caso non contemplato, a una questione gravissima di limite fra le attribuzioni del potere legislativo e quelle del potere giudiziario, l'onorevole presidente Farini, come disse l'onorevole presidente della tornata odierna, nulla risolvette, nulla decise, e volle lasciare alla Camera l'esame, il giudizio del fatto in questione, il deliberare se dovesse essere denunziato ai tribunali, il decidere se questi abbiano competenza di inquirere sopra un reato che a lui non era sembrato denunciabile in giudizio.
E l'onorevole presidente ebbe anche altri motivi per risolversi in questo senso. L'uno, che la richiesta del Pubblico Ministero involgeva insieme la domanda di fare l'inchiesta e la domanda di procedere in giudizio, intorno alla quale la Camera era sola competente a giudicare. E in secondo luogo, perchè la sua eminente personalità si trovava implicata in sommo grado nella questione. Laonde la sua condotta, non solamente fu giusta e corretta, ma improntata dalla più grande delicatezza.
(Conversazioni animate)
presidente. Prego di far silenzio, onorevoli
colleghi. Altrimenti sarà impossibile votare questa sera.
Mazza relatore. Vi sarebbero molte cose da dire, ma
vista la legittima impazienza della Camera, abbrevierò.
La Commissione adunque, non soltanto non fu contraria al giudizio del presidente della Camera, ma intese e intende d'essere stata perfettamente conforme nel suo modo di procedere e di deliberare, al modo che il presidente aveva adottato.
Che cosa fece insomma la Commissione? Ella confermò che la prerogativa della denuncia compete al presidente della Camera, in virtù dell'articolo 96 del regolamento, ma disse: in presenza di una questione nuova, gravissima, di attribuzione fra i due poteri giudiziario e governativo, non è opportuno di sollevare la questione pregiudiziale; e pure affermando la prerogativa della Camera, le sembrò conveniente di proporre alla Camera stessa la discussione di merito della questione.
Spiegato in questo modo il procedimento della Commissione, la Camera vede che non solamente esso non diversifica da quello tenuto dall' onorevole presidente, ma è con quello in pienissimo accordo.
Io non avrei altro da aggiungere. Se però l'onorevole presidente e la Camera credono che io debba riassumere la discussione avvenuta…
Voci. No, no, no.
Mazza relatore. Vedute le disposizioni della Camera,
mi dispenso dal riepilogare la discussione, e prego gli onorevoli deputati
di approvare le conclusioni della Commissione.
Voci. Ai voti.
(Rumori e conversazioni)
presidente. Avverto la Camera che sono state
presentate quattro proposte prima che fosse chiusa la discussione,
(oh! oh!)
Intanto do facoltà di parlare per fatto personale all'onorevole Crispi.
Crispi. L'onorevole Minghetti sa quale stima e rispetto io abbia per lui; quindi nel rispondere alle sue brevi osservazioni dirette contro di me, io userò non solamente la calma consueta, ma mi varrò di termini che non possano che essere rispettosi.
Quando entrai nell'esame del fatto imputato al nostro collega, contro il quale si vuole procedere, io ho proposto alla Camera di usare di quella facoltà che le viene dalla Costituzione e di rimaner fedele alle sue consuetudini.
Quando alla Camera viene presentata una domanda di procedere contro uno dei suoi membri, non può essa consentire macchinalmente, apponendo il visto alla domanda stessa, e permettendo senz'altro al potere esecutivo di dar corso all'azione giudiziaria contro un deputato. La Camera è nel diritto e nel dovere di esaminare se il fatto di cui uno dei suoi membri è imputato trovi base nella legislazione penale; così abbiamo fatto quando si discusse della domanda di autorizzazione a procedere contro il deputato Di Baucina, al quale si imputava di aver commesso una contravvenzione all'editto Pacca, e che noi, esaminati i fatti, trovammo insussistente; così pochi giorni indietro, abbiamo respinta la domanda di autorizzazione a procedere contro l'onorevole Martini, perchè pel reato di stampa, pel quale si era intentata una azione giudiziaria non si poteva più procedere essendo incorsa la prescrizione.
Vede dunque, l'onorevole Minghetti, che la sua teoria non è esatta, e che noi abbiamo sempre votato contro la teoria medesima. Veniamo alla pubblica opinione. Siamo d'accordo che la pubblica opinione deve essere nostra guida e nostro faro; ma non dobbiamo poi essere mussulmani, e guardare questa pretesa pubblica opinione come un fatto incontrastabile e indiscutibile; imperocché noi allora, anziché deliberare secondo la nostra coscienza, potremmo cadere in molti di quegli errori che facilmente si fanno penetrare nel popolo e di cui qualche volta il popolo non conosce l'origine.
presidente. Onorevole Crispi, se si tornasse al fatto
personale?
Crispi. Ho finito, onorevole presidente.
L'opinione pubblica bisogna illuminarla, bisogna guidarla, bisogna anche correggerla quando non è nella retta via.
A questo io alludeva, quando chiesi alla Camera di non lasciarsi dominare da certe pressioni che vengono dal di fuori e che le toglierebbero la virtù del retto giudizio e quella libertà d'opinione che ciascuno di noi deve avere.
Non entro nella questione della forma, e la Camera ne comprende il motivo.
Io approvo l'operato del presidente Farini; ma resto nella coscienza mia giudice delle origini e delle conseguenze di un processo, che non avrebbe dovuto giammai intentarsi; e di cui sono responsabili coloro che lo provocarono.
(Bravo! Bene! a sinistra)
presidente. L'onorevole Vastarini-Crssi ha facoltà di
parlare per fatto personale.
Vastarini-Cresi. Ad un primo fatto personale Ella mi ha
dato motivo, onorevole presidente; ad un altro l'onorevole Minghetti.
Ella, nel dare le spiegazioni provocate dal mio discorso, disse avere io affermato che il presidente e l'ufficio di Presidenza avevano emessa una sentenza, dichiarando di non trovare che il fatto, di cui si discute, costituisse reato.
presidente. Non dissi sentenza.
Vastarini-Cresi. Io, onorevole presidente, non mi sarei
permesso di attribuire al presidente ed al Consiglio di presidenza questo
giudizio. Io non ho fatto altro che riferire le parole della relazione, le
quali suonano così:
«Se il presidente non lo denunziò, ciò non potè essere certamente
se non perchè, con apprezzamento di fatto e di diritto,
indispensabile all'uso della competenza che gli viene dall'articolo
96 del regolamento della Camera, avente forza statutaria, non ci
vide gli estremi di un reato di azione pubblica da perseguirsi in
giudizio.»
Quindi se v'è qualche cosa da correggere, non
sono io che debbo esser chiamato al
E passo al fatto personale che concerne l'onorevole Minghetti, cui debbo rendere vive grazie per avermi fatto l'alto onore di rispondere a quel che io diceva.
Duolmi però che egli che è così valente oratore, e che possiede una cultura così vasta, per confutare ciò che io ho eletto, abbia costituito un edificio sopra un fondamento assai poco solido. L'onorevole
Minghetti ha fondato tutto il suo ragionamento in confutazione del mio su questo assioma: che il presidente della Camera aveva il diritto di denunziare un fatto, ma non ne aveva il dovere; e che quindi il non avere egli denunziato il fatto stesso, non poteva arrestare l'azione dell'autorità giudiziaria. L'onorevole Minghetti, mi scusi, disse giustamente di non essere familiare colle discipline penali; poiché altrimenti, oltre all'articolo 96 del nostro regolamento, avrebbe ricordato l'articolo 101 del codice di procedura penale, il quale è così concepito:
«Ogni autorità ed ogni ufficiale pubblico che nell'esercizio
delle sue funzioni acquisterà notizie di un crimine o di un delitto
di azione pubblica, sarà tenuto di fare rapporto e di trasmettere
gli atti ed i documenti relativi al procuratore del Re presso i!
tribunale nella cui giurisdizione il crimine o delitto sarà stato
commesso o l'imputato avesse la sua dimora, o potesse esser
trovato.»
Dunque il presidente della Camera, non soltanto per l'articolo 96 del nostro regolamento, ma più ancora per l'articolo 101 del Codice di procedura penale aveva il dovere di fare la denunzia.
Perchè dunque non la fece? Perchè egli vide, con apprezzamento di diritto e di fatto, che il reato non era perseguibile con azione pubblica. Quindi se voi, o signori, verrete oggi a dire: facciamo noi ciò che non fece il presidente della Camera, io dico a ragione che voi pronunziate una censura contro di lui. Tutte le parole d'encomio saranno parole, e fatti i fatti.
(Bene! a sinistra)
Molte voci. Ai voti! ai voti!
(Conversazioni animatissime)
presidente. Onorevoli colleghi, non si può ancora
votare. Ci sono otto proposte presentate al banco della Presidenza.
(Oh! oh!) Di queste, quattro furono già svolte; e
quattro devono ancora svolgersi. La prima è quella dell'onorevole De
Saint-Bon, il quale propone, come emendamento alla conclusione della Giunta,
che la Camera, approvando senza eccezione l'operato del suo presidente, lo
autorizzi a consentire il proseguimento delle preliminari indagini sul fatto
che vi diede luogo.
L'onorevole De Saint-Bon ha facoltà di parlare per isvolgere il suo emendamento.
De Saint-Bon. Onorevoli colleghi, a quest'ora certamente
non andrò in lungo, anche perchè non ho la facilità che certi oratori hanno
di occupare intiere sedute a svolgere i propri concetti.
Il motivo che mi ha mosso a presentare quest'emendamento fu da un lato il timore, certamente non giustificato, che in quest'Aula non fosse stata pronunziata abbastanza chiaramente una parola indifesa dell'operato del presidente, il quale mi sembrava a torto accusato alquanto in alcuni passaggi della relazione; e in secondo luogo il dovere che avevo verso gli onorevoli colleghi dell'Ufficio che mi elessero a far parte di questa Commissione, e ai quali io aveva manifestate le mie idee relativamente alla condotta dal presidente Farini.
Io ritengo che sia completamente inutile, nel momento attuale, il fare una lunga disquisizione in favore del presidente, che fu difeso così egregiamente da parecchi oratori. Solamente voglio aggiungere una osservazione che mi pare sia generalmente sfuggita, e che ha, a mio credere, una qualche importanza.
Due sono gli appunti, se appunti si possono chiamare, che almeno in apparenza furono mossi al procedimento seguito dalla Presidenza.
Il primo di questi appunti è questo: voi avete ricevuto, e comunicato alla Camera, un documento che vi perveniva dal procuratore del Re; ora questo non è legale, perchè la prerogativa della Camera impone che tali comunicazioni le sieno fatte per organo del ministro guardasigilli.
Ora, o signori, a me sembra una singolare prerogativa quella che si vuole in tal modo attribuire alla Camera una prerogativa che restringe le sue facoltà, e le impedisce di ricevere comunicazioni da chi creda meglio. E io credo che l'onorevole presidente abbia bene tutelato l'interesse della Camera ricevendo la lettera trasmessa gli dal procuratore del Re, come credo che avesse il diritto di ricevere un documento trasmessogli da qualunque cittadino.
(Rumori)
Si dice che la Camera non è in relazione che con alcune autorità elevate. Invece è tutto l'opposto. Il nostro Statuto parla chiaro e netto che chiunque può fare una domanda alla Camera.
(Vive interruzioni e denegazioni a sinistra)
Gridate pure, signori; il gridare non è una
risposta, ed è noto che chi si arrabbia non ha ragione.
(Bene! — Ilarità, rumori)
presidente. Onorevole De Saint-Bon, la prego di
spiegare le sue parole.
De Saint-Bon. Quali parole? Io credo di non avere usato
nessun vocabolo che possa ferire l'amor proprio di alcuno.
presidente. Questo basta, prosegua.
De Saint-Bon. Ciò non è nel mio costume. La mia parola
potrà essere inelegante, mai offensiva per alcuno. Il tuono alcune volte può
essere così, la parola mai. Non si è mai dato esempio.
presidente. È elegante sempre la sua parola.
De Saint-Bon. Dicevo dunque che il nostro Statuto
garantisce a qualunque cittadino del regno d'Italia il diritto di rivolgersi
alla Camera, qualunque sia la sua posizione sociale.
(Rumori e proteste a sinistra)
E perchè volete togliere questo diritto al procuratore del Re?
Si è citato un articolo di un Codice di procedura civile, nel quale è detto che è dovere del procuratore del Re di comunicare i documenti di questa natura, in via gerarchica, al ministro guardasigilli.
Or bene, o signori, può darsi che il procuratore generale del Re non abbia adempiuto ad un suo debito, ed egli risponderà di questa infrazione ai regolamenti suoi al ministro guardasigilli; ma la questione non concerne per nulla la Camera, che è aperta a chiunque voglia ricorrere a lei per una ragione qualsiasi.
(Rumori)
presidente. Prego di far silenzio. Continui,
onorevole De Saint-Bon.
De Saint-Bon. Mi resterebbe a parlare della seconda
questione, quella relativa alle prerogative della Camera, ma non credo che
importi definire esattamente i limiti entro i quali si esercita l'autorità
del presidente.
Una definizione precisa non fu mai fatta; e mi pare che sia molto meglio di lasciare la cosa indeterminata come è al giorno d'oggi. Poiché da una parte, anche fuori della Camera, possono da un deputato essere compiuti atti che devono essere tutelati nell'Aula; e dall'altra parte, anche entro il palazzo di Montecitorio, vi sono persone le quali non devono essere guarentite dalla tutela parlamentare.
Debbo peraltro osservare che l'articolo 96 del regolamento della Camera, come assai bene faceva osservare l'onorevole Billia, si riferisce esclusivamente alla sala delle deliberazioni. E non accetto l'eccezione fatta da taluni i quali osservavano che l'articolo susseguente parla distintamente della sala.
Una voce al centro. Avete torto.
De Saint-Bon. Dunque il ragionamento dell'onorevole
Billia sta per intiero, ed è esatto. Ma, ripeto, questa è una questione che
non conviene sollevare ora e risolvere, e che non implica per nulla la
responsabilità del presidente. Nel fatto, è certo che il presidente aveva il
diritto di denunziare o di non denunziare il fatto avvenuto. E l'articolo
101 del Codice di procedura penale citato dall'onorevole Vastarini-Cresi,
non mi persuade punto, perchè la posizione del presidente della Camera è
diversa da quella di tutte le autorità che possono essere contemplati
nell'articolo citato. Il presidente della Camera ha una posizione
eminentemente politica, la quale può ispirargli di regolarsi in un modo
piuttosto che in un altro. Quindi il presidente della Camera certamente non
è compreso in quell'articolo.
Devo aggiungere che io non ho mai avuto un grande amore ai precedenti. Sento citare i precedenti di Parlamenti stranieri. Pazienza i precedenti nostri; ma la citazione dei precedenti dei Parlamenti stranieri, mi umilia.
Noi siamo sempre in questa via! Come vi è la moda di Parigi per le nostre signore, così noi abbiamo la moda parlamentare di Parigi e di Berlino pei nostri uomini politici.
(Ilarità — Rumori)
Del resto a quelli che amano tanto i precedenti, dirò che difficilmente possono trovare in tutti i Parlamenti del mondo un precedente il quale li autorizzi a sconfessare l'operato di un presidente solerte, intelligente e curante del proprio dovere come è stato sempre l'onorevole Farini. Io per conseguenza spero che, non solamente la Commissione tutta accetterà l'emendamento da me proposto alla sua prima conclusione, ma che anche la Camera lo voterà a grandissima maggioranza se
non ad unanimità.
(Bravo!)
presidente. Viene ora la proposta dell'onorevole
Romeo, che è del seguente tenore:
«La Camera allo stato degli atti, non trovando luogo a deliberare
sulla domanda di autorizzazione a procedere contro l'onorevole
Nicotera, passa all'ordine del giorno.»
Avendo l'onorevole Romeo parlato in principio di seduta, io posso ritenere quasi come svolta la sua proposta: ad ogni modo io gli do facoltà di parlare nella speranza che vorrà esser breve.
Romeo. Accetto di parlare per una semplice dichiarazione. Secondo me, noi abbiamo dinanzi due
domande distinte.
(Oh! — Rumori)
Per una domanda
avete udite le osservazioni fatte dall'onorevole Crispi alle quali quasi per intero partecipo.
Abbiamo però una seconda domanda per un fatto compiutosi fuori del palazzo legislativo, domanda presentata con tutte le forme volute e confermate dai nostri precedenti.
Per la prima non credo si possa deliberare in nessun modo l'autorizzazione a procedere, ma per la seconda domanda io veramente non comprendo come si possa fare a meno di accordarla.
Io comprendo l'onorevole Crispi, il quale vi dice: per me nel duello non vi è reato, e quindi nego assolutamente l'autorizzazione a procedere.
Ma quando non si voglia venire a questa conclusione dell'onorevole Crispi, io non credo che l'ordine del giorno proposto dal mio amico Nocito si possa votare, perchè include la niegata autorizzazione a procedere per le due domande.
Ciò posto, io dichiaro di associarmi a quanto hanno detto l'onorevole Minghetti e l'onorevole De Saint-Bon, per ciò che si riferisce alla condotta del nostro onorevole presidente, la quale credo che sia stata correttissima.
presidente. L'onorevole Indelli ha presentato il
seguente ordine del giorno:
«La Camera approvando pienamente l'operato del suo presidente,
passa all'ordine del giorno.»
L'onorevole Indelli ha facoltà di parlare per svolgere il suo ordine del giorno.
(Oh! oh! — Conversazioni)
Indelli. Io domando alla Camera pochi minuti di tolleranza.
Signori, io non vi farò una questione costituzionale.
(Oh! oh!)
Per rispetto alla volontà della Camera io aveva rinunziato a parlare; ma quando, anche tacendo, sono confutato, voi comprenderete, signori, come io non possa a meno di dire qualche parola.
(Conversazioni animate),
Secondo me c'è una ragione la quale esclude assolutamente che si possa concedere l'autorizzazione a procedere; e si trova nella relazione che ci è stata presentata.
L'onorevole Vastarini vi ha dimostrato che non c'è bisogno di concedere l'autorizzazione a fare le prime indagini. Il procuratore doveva aver fatto le indagini, e se non le ha fatte, è colpa sua.
presidente. Onorevole Indelli, alzi un poco la voce;
gli stenografi non odono troppo bene le sue parole.
Indelli. Se dunque nel caso di cui ci occupiamo sono ancora da fare le indagini; se per la prima volta, che io sappia, si presenta questo esempio nuovo, che la giustizia inquirente domandi di fare le indagini sopra un reato, e chiede nel tempo stesso l'autorizzazione a procedere, pare a me evidente una contradizione manifesta, la quale toglie assolutamente ogni ragione della domanda.
La giustizia inquirente domanda di fare le indagini, confessando per tal guisa che non le ha fatte ancora, e come poi può domandare la autorizzazione a procedere? Conciliate, se potete, queste due cose. Se si confessa di non aver fatto le indagini, come si può domandare la autorizzazione a procedere per un fatto che non ancora è stato determinato? Ecco che cosa ha detto la Giunta:
«Allo stato delle cose, tanto manca che questa dimostrazione
siasi data, che non solo non apparisce accertata l'esistenza del
reato, ma ne è talmente vaga la indicazione da ignorarsi perfino
contro quale reato si tratti di procedere.»
E più sotto:
«L'esaminare, pertanto, nel merito la richiesta in esame, non
solo sembrò alla Commissione prematuro per difettiva istruttoria, ma
veramente impossibile per mancata specificazione del preteso
reato.»
(Conversazioni animate.)
presidente. Ma prego di far silenzio!
Indelli. L'onorevole Billia mi ha pregato di leggere gli articoli preliminari del Codice civile. Ma, onorevole Billia, gli articoli preliminari del Codice civile circa la interpretazione restrittiva delle leggi speciali, non sono mai applicabili alle guarentigie politiche della nazione.
Il diritto pubblico della nazione è perfettamente estraneo a quelle disposizioni restrittive. L'onorevole Mancini, come ha ricordato l'onorevole Mi righetti, ha scritto un volume sull'articolo 45 dello Statuto; e lo ha scritto per dimostrare come vi si debba dare una larga interpretazione. E così infatti è sempre avvenuto.
Se l'onorevole Billia interpreta le guarentigie politiche della Camera, che sono guarentigie politiche del paese, come un privilegio, io capisco che si possa arrivare alla conclusione sua. Ma siccome io ritengo che quello che egli interpreta per privilegio sia la base fondamentale delle nostre libertà politiche, ritengo pure che la domanda di autorizzazione' a procedere, essendo poggiata sopra una istanza la quale manca di fondamento, giusta l'asserzione stessa del procuratore del re, non possa essere accorciata dalla Camera.
Io, o signori, non voglio intrattenervi di più. Mi restringo semplicemente a quello che ha
eletto la Commissione; manca l'indizio del reato, manca la figura del reato, manca qualunque fondamento all'autorizzazione; insomma non c'è nulla che accenni a quello die possa essere definizione di un reato. Quindi noi non abbiamo alcuna ragione per dare la chiesta autorizzazione a procedere. E siccome io ritengo che bene abbia operato il presidente della Camera, così io ho proposto che la Camera faccia plauso a lui, e passi all'ordine del giorno.
(Approvazioni a sinistra.)
Voci. Ai voti! ai voti!
(Rumori)
presidente. È inutile gridare ai voti. Viene in
ultimo l'ordine del giorno proposto dall'onorevole Demaria, che è il
seguente:
«La Camera, plaudendo all'operato del suo presidente, consente il
proseguimento delle indagini preliminari, e si riserva di deliberare
in merito per l'autorizzazione a procedere.»
(Rumori)
L ‘onorevole Demaria ha facoltà di parlare.
Demaria. Onorevoli colleghi, vi prego di prestarmi per poco la vostra benevola attenzione. La formola del mio emendamento mi fu suggerita da quella usata dall'onorevole Vastarini-Cresi. Io concordo con lui in quanto alla prima parte, e nella seconda dissento; ma il dissenso è più di forma che di sostanza. Io dichiaro altamente tutte le mie simpatie per l'opinione di coloro che desiderano non si accordi l'autorizzazione a procedere per non esistenza di reato.
Quindi, allorché dovremo sopra questo argomento deliberare, io dichiaro fin d'ora che il mio voto sarà perchè l'autorizzazione non sia concessa.
(Bene!)
Anzi mi faccio l'augurio che tutta la Camera si trovi concorde nel seppellire
nell'oblio un fatto deplorevole che concerne due persone le quali hanno
spesa la loro vita in servizi resi al paese. (Mormorio —
Interruzioni)
Io prego però la Camera di bene considerare la deliberazione che sta per prendere intorno alla questione che ci occupa.
S'invoca l'articolo 96 del nostro regolamento. L'articolo 96 parla della polizia della Camera, e la mia opinione è che questa polizia debba essere estesa assai, e debba comprendere…
(Conversazioni vivissime)
presidente. Facciano silenzio, li prego.
Demaria … non solamente i fatti che avvengono nell'Aula delle deliberazioni, ma anche quelli che
avvengono fuori della medesima; e intendo anche di parlare della competenza di denunziare i reati.
Ma quest'articolo 96 quando non sia esattamente osservato, porta ad un'impossibilità di procedere?
Ecco la questione.
(Rumori — Interruzioni)
presidente. Onorevoli colleghi, facciano silenzio. Li
prego, lascino proseguire l'oratore.
Demaria. Si è parlato dell'articolo 45 dello statuto; ma sopra una questione eccezionale come quella che stiamo trattando, la sola competente a decidere è la Camera. Ora, quando voi, o signori, votiate l'ordine del giorno dell'onorevole Vastarini-Cresi, arriverete a creare questa giurisprudenza, che il solo presidente potrà negare l'autorizzazione a procedere, e per conseguenza, fatta la supposizione che possa avvenire nella Camera un reato gravissimo, solamente perchè il presidente non abbia denunziato questo fatto, ne verrà che dovrà al fatto stesso essere applicata l'impunità.
(Rumori — Interruzioni)
Queste sono le conseguenze, o signori. Osservo inoltre che l'articolo 96 del nostro regolamento non può creare immunità; questa può essere creata soltanto dallo Statuto, non mai da un regolamento, ed è con questo criterio che io credo non si possa accettare la proposta dell'onorevole Vastarini-Cresi.
(Nuovi rumori. — Segni d'impazienza)
Un'ultima osservazione.
Voci. Ai voti! ai voti!
(Rumori ed agitazioni nella Camera)
Demaria. Sono state presentate due domande: una relativa al reato d'oltraggio, pel quale ho già detto che, nel merito, sono deciso a votare contro l'autorizzazione a procedere. Con tale domanda si chiede alla Camera di poter proseguire le preliminari indagini del fatto, di potere inquirere; e questa facoltà non si può negare, perchè non ha altro scopo che quello di fare gli atti opportuni per accertare il reato.
Quando poi sia presentata la domanda di procedere sul reato per queste indagini accertato, allora la Camera potrà come creda meglio deliberare. L'onorevole presidente, quando credette di dover deferire alla Camera il giudizio su tale questione, non venne ispirato da altro che da un sentimento di delicatezza che deve aver plauso da noi, ed è appunto per omaggio a questo sentimento che io propongo un ordine del giorno per autorizzare la prosecuzione delle indagini, e nello stesso tempo plaudire all'opera del nostro presidente il quale deve essere lasciato nel suo ambiente sereno fuori delle passioni eli parte, a dirigere le discussioni nelle quali noi lo ammiriamo ogni giorno prudente, saggio, imparziale, intelligente regolatore delle nostre discussioni.
(Rumori)
Voci. Ai voti! ai voti!
presidente. Onorevoli colleghi, non resta ora che ad
udire l'avviso della Commissione intorno alle varie proposte che sono state
presentate.
Ha facoltà di parlare l'onorevole relatore.
Mazza relatore. La Commissione insiste nelle sue
conclusioni, salvo che accetta in genere degli ordini del giorno proposti,
senza far questione di forma, tutte quelle parti che suonano approvazione e
plauso pel presidente della Camera. Accetta poi l'emendamento dell'onorevole
De Saint-Bon.
(Rumori -— Interruzioni)
presidente. Facciano silenzio.
Mazza relatore. Quindi le conclusioni della
Commissione sarebbero così ridotte:
1° La Camera, approvando l'operato del suo presidente, lo autorizza a consentire il proseguimento delle preliminari indagini sul fatto che vi diede luogo;
2° che si sospenda intanto l'esame sul merito della richiesta a procedere contro l'onorevole Nicotera, salvo alla Commissione stessa l'imprenderlo, ove compiute le preliminari indagini, il Pubblico Ministero credesse d'insistere sulla richiesta;
3° che rimanga parimente sospeso l'esame di merito sulla questione del duello; non potendosi scindere da quello della causa che lo ha determinato.
presidente. Onorevoli colleghi, abbiamo otto
proposte. Prima di classificarle, io domando agli onorevoli colleghi che le
hanno presentate, se intendano di mantenerle; avvegnachè ve ne sieno
parecchie che si rassomigliano.
Per esempio, quelle degli onorevoli Crispi, Vastarmi e Nocito hanno molta rassomiglianza fra loro. Comincerò dal domandare all'onorevole Crispi se mantenga la sua proposta o la ritiri.
Crispi. Io non ho l'ambizione di far votare la mia proposta alla vece di un'altra dei miei colleghi. Per esempio, io voterei anche la proposta dell'onorevole Romeo; ma siccome in essa si parla soltanto dell'onorevole Nicotera, e si lascia fuori l'onorevole Lovito, così io non posso accettarla. Se l'onorevole Romeo includesse anche il nome dell'onorevole Lovito nella sua mozione, io ritirerei volentieri la mia.
Io non ho fatto questioni di partito, e d'altronde l'uno e l'altro dei due colleghi sono miei amici.
Chiamai unicamente la Camera a votare una questione che è, e doveva essere estranea a qualunque passione di parte. Intanto, e finchè non abbia udito altre dichiarazioni, mantengo la mia mozione.
presidente. Onorevole Romeo, mantiene ella o ritira
la sua proposta?
Romeo. Io mantengo la mia proposta, accettando, come ha detto l'onorevole Crispi, di aggiungere nella mia mozione il nome dell'onorevole Lovito. Io avevo voluto fare una distinzione non di persone, ma fra le due domande.
presidente. Onorevole Romeo, alzi la voce.
Romeo. Ma appunto per amor di concordia e per fare che si possa votare più facilmente, dichiaro che modifico la mia mozione nel senso di aggiungere al nome dell'onorevole Nicotera il nome dell'onorevole Lovito.
presidente. Sta bene. Onorevole Vastarini, mantiene
Ella o ritira la sua proposta?
Vastarini-Cresi. Ritiro la mia proposta e mi unisco a
quella dell'onorevole Crispi.
presidente. Onorevole Nocito, mantiene o ritira la
sua proposta?
Nocito. La mia proposta abbracciava tanto il caso dell'onorevole Nicotera, quanto quello degli onorevoli Nicotera e Lovito.
Ad ogni modo, per un sentimento di convenienza parlamentare, ritiro il mio ordine del giorno e mi associo a quello dell'onorevole Crispi.
presidente. Onorevole Indelli, mantiene o ritira la
sua proposta?
Indelli. Ritiro la mia proposta, e mi associo a quella dell'onorevole Crispi.
presidente. Onorevole Billia, mantiene o ritira la
sua proposta?
Billia. Per facilitare la votazione, la ritiro.
presidente. Onorevole Demaria, mantiene o ritira la
sua?
Demaria. Mi unisco a quella dell'onorevole De Saint-Bon.
presidente. Non rimangono dunque che due ordini del
giorno, uno dell'onorevole Crispi, l'altro dell'onorevole Romeo, i quali si
rassomigliano assai e si discostano dalla proposta della Commissione.
Abbiamo in seguito la proposta della Commissione alla quale gli onorevoli De
Saint-Bon e Demaria, propongono un emendamento che la Commissione accetta.
Primo a mettersi in votazione deve essere l'ordine del giorno dell'onorevole
Crispi che a me pare il più largo.
Lioy. Chiedo di parlare.
presidente. Ne avrà facoltà a suo tempo.
Romeo. Ritiro la mia proposta.
presidente. Dunque se è ritirata non se ne parla più.
Rimangono quindi, la proposta dell'onorevole
Crispi e l'emendamento degli onorevoli De Saint-Bon e Demaria che la Commissione accetta.
Io quindi metterò innanzi tutto ai voti la proposta dell'onorevole Crispi; qualora la proposta dell'onorevole Crispi non fosse accettata, metterò ai voti l'emendamento degli onorevoli De Saint-Bon e Demaria, poscia la proposta della Commissione.
(Benissimo!)
Leggo dunque la proposta dell'onorevole Crispi.
(Segni d'attenzione)
«La Camera, approvando l'operato del suo presidente, non trovando
luogo a deliberare sulla domanda dell'11 dicembre 1883 del
procuratore regio presso il tribunale civile e correzionale di Roma
contro gli onorevoli Nicotera e Lovito, passa all'ordine del
giorno.»
Minghetti. Chiedo la divisione.
presidente. L'emendamento degli onorevoli De
Saint-Bon e Demaria è il seguente:
«La Camera approvando senza eccezione l'operato del suo
presidente l'autorizza ecc.»
Come nella proposta della Commissione.
L'onorevole Minghetti ha chiesto che la proposta dell'onorevole Crispi sia votata per divisione.
L'onorevole Lioy ha chiesto di parlare. A proposito di che?
Lioy. Rinunzio.
presidente. Veniamo dunque ai voti.
Vastarini-Cresi. Chiedo di parlare.
presidente. Chi ha chiesto di parlare?
Vastarini-Cresi. Io. Come ha chiesto la divisione
l'onorevole Minghetti?
Minghetti. Chiedo di parlare.
presidente. Ella ha ragione. Io aveva intuito
l'intenzione dell'onorevole Minghetti, ma egli non l'aveva espressa.
L'onorevole Minghetti ha facoltà di parlare.
Minghetti. Chiedo la divisione per questo. Nell'ordine del giorno dell'onorevole Crispi c'è una proposizione, con la quale si approva l'operato del presidente. Ora io vorrei approvare questa parte dell'ordine del giorno, e chiedo che l'altra parte sia votata separatamente.
Pullè. Benissimo!
(Molti deputati stanno sulle gradinate e
nell'emiciclo.)
presidente. Onorevoli colleghi, prendano i loro
posti, affinchè si possa procedere regolarmente alla votazione; i segretari
dichiarano che non possono contare i voti se ciascun deputato non rimane al
suo posto.
Aporti. Chiedo di parlare.
presidente. A proposito di che?
Aporti. Io e qualche altro amico vogliamo dare un voto soggettivo e impersonale. Io credeva che l'onorevole Minghetti, domandando la votazione per divisione, ci avesse potuto mettere in questa condizione di coscienza. Invece la divisione domandata dall'onorevole Minghetti a noi non basterebbe. Egli ha diviso il plauso al presidente dalle deliberazioni in massima.
presidente. È di diritto la divisione.
Aporti. Ora noi desideriamo che siano divisi nella votazione anche i due fatti distinti sui quali oggi la Camera pronunzia il suo giudizio. Desideriamo cioè, che la votazione proceda per modo che ciascuno di noi possa dare il suo voto, e sulla domanda del procuratore Hermite e sulla domanda del Guardasigilli.
A me pare che questo si potrebbe facilmente ottenere, quando invece di conservare nell'ordine del giorno dell'onorevole Crispi la parola complessiva sulla domanda a procedere, si facesse la distinzione sulla domanda a procedere contro l'onorevole Nicotera, e sulla domanda a procedere contro gli onorevoli Nicotera e Lovito. Esprimere questo sentimento, era per noi un dovere di coscienza che la Camera vorrà apprezzare.
presidente. E sempre diritto di ogni deputato
domandare la votazione per divisione sulle proposte che sono presentate; ma
io osservo all'onorevole Aporti che io ho dinnanzi a me la proposta
dell'onorevole Crispi che non posso e non debbo variare. Ora, la proposta
dell'onorevole Crispi può essere divisibile in vario modo, ma io non veggo
che si possa facilmente dividere nel modo che l'onorevole Aporti
desidererebbe. Se egli crede altrimenti, abbia la bontà d' indicarmi il
modo.
Aporti. Io mi accontenterò allora di aver fatto la mia dichiarazione; e se, come è probabile, dovremo votare sulle conclusioni della Commissione, allora ripeterò la mia istanza.
presidente. Va bene.
Depretispresidente del Consiglio. Chiedo di
parlare.
presidente. Ne ha facoltà.
Depretispresidente del Consiglio.
(Segni di attenzione)
Debbo dire due parole, unicamente per non rimanere in silenzio innanzi ad una parte delle proposte che furono presentate, cioè a quella che fa plauso alla condotta del nostro illustre presidente.
Il Ministero non ha creduto d'intervenire menomamente in questa discussione in ossequio all'argomento di che si tratta. Ma il suo silenzio sarebbe forse eccessivo se, venendo in votazione il plauso meritato dal nostro illustre presidente, il Ministero, pure astenendosi dal votare, come ha dichiarato al principio della seduta, non si associasse con tutto il cuore a questa dichiarazione, che sarà, credo, votata dalla Camera intera.
(Benissimo! Bravo!)
presidente. Veniamo dunque ai voti.
Leggo ancora una volta la proposta dell'onorevole Crispi:
«La Camera, approvando l'operato del suo presidente, e non
trovando luogo a deliberare sulle domande dell'11 dicembre 1883 del
procuratore regio del tribunale civile e correzionale di Roma contro
gli onorevoli Nicotera e Lovito, passa all'ordine del
giorno.»
Pongo a partito la prima parte di quest'ordine del giorno, cioè:
«La Camera, approvando l'operato del suo presidente… »
Chi approva questa prima parte è pregato di alzarsi.
(La Camera l'approva all' unanimità.)
Pongo ora a partito la seconda parte dell'ordine del giorno Crispi: « … e non trovando luogo a deliberare sulle domande dell' 11
dicembre 1883 del procuratore regio del tribunale civile e
correzionale di Roma contro gli onorevoli Nicotera e Lovito, passa
all'ordine del giorno.»
Chi approva questa seconda parte è pregato di alzarsi.
(Dopo prova e controprova, la Camera approva la seconda
parte dell'ordine del giorno proposto dall'onorevole Crispi. Applausi a
sinistra.)
presidente. La votazione per la nomina di otto membri
della Commissione incaricata di esaminare il progetto del Codice penale, è
chiusa.
Prego gli scrutatori di riunirsi stasera per procedere allo scrutinio.
presidente. Essendo presenti l'onorevole ministro
d'agricoltura e commercio e l'onorevole ministro delle finanze, domando loro
se e quando intendano rispondere alle due interrogazioni dell'onorevole
Ganzi presentate nella seduta di ieri, e che rileggo:
«Il sottoscritto desidera interrogare Sua Eccellenza il ministro
d'agricoltura e commercio:
1° Sull'istituzione di borse per studi sulla fabbricazione degli
zuccheri;
2° Sulla presentazione del progetto di legge sulla
caccia.»
L'altra è così concepita:
«Il sottoscritto desidera interrogare S. E. il
ministro delle finanze e S. E. il ministro
d'agricoltura e commercio intorno ai loro intendimenti relativamente
alla produzione dei tabacchi indigeni.»
Berti ministro di agricoltura e commercio. Io ed il
mio collega saremmo pronti ad udire lo svolgimento di queste interrogazioni
in una seduta mattutina. Ora, siccome per mercoledì mattina è stata
deliberata una seduta, così io proporrei di iscrivere queste interrogazioni
nell'ordine del giorno di mercoledì mattina, in principio di seduta.
presidente. Se nessuno si oppone, rimarrà stabilito
che queste interrogazioni saranno svolto mercoledì prossimo in principio
della seduta antimeridiana.
Viene presentata in questo momento un'altra domanda d'interrogazione:
«Il sottoscritto desidera interrogare l'onorevole ministro dei
lavori pubblici sull'andamento dei lavori della costruzione della
ferrovia Ivrea-Aosta.
Compans.»
L'onorevole ministro dei lavori pubblici non essendo presente, gli sarà comunicata, spero, da uno dei suoi colleghi.
Berti ministro di agricoltura, e commercio.
Comunicherò al mio collega questa domanda d'interrogazione.
presidente. Essendo ora presente l'onorevole ministro
degli affari esteri, ricordo la domanda di interrogazione presentata nella
seduta scorsa dall'onorevole Di Sant'Onofrio, e che rileggo:
«Il sottoscritto desidera interrogare il ministro degli affari
esteri sui provvedimenti adottati dal regio Governo a tutela dei
nostri interessi e dei nostri connazionali, in presenza degli ultimi
avvenimenti del Soudan.»
Mancini ministro degli affari esteri. Nella stessa
giornata di mercoledì, in principio della seduta pomeridiana risponderò.
Di Sant'Onofrio. Trattandosi di interessi che richiedono
una tutela immediata, ed essendo conveniente che il paese conosca con
sollecitudine in qualmodo questi interessi siano protetti, preferisco
ritirare la mia interrogazione anziché differirla a mercoledì.
Mancini ministro degli affari esteri. Se vuole, io
sono pronto a rispondere anche subito, ma parlerei ai banchi della Camera,
non essendovi quasi più alcuno.
Dì Sant'Onofrio. Si potrebbe scrive all'ordine del
giorno di lunedì.
Mancini ministro degli affari esteri. Permetta la
Camera di dire una sola parola. Ma crede davvero l'onorevole Di Sant'Onofrio
che, prima e senza della sua interrogazione, il Governo non abbia avuto
vigile sollecitudine degli interessi dei nostri connazionali?
(Si ride)
Povero me, se avessi bisogno che egli mi ricordasse così essenziale dovere! Tutto ciò che io dovevo fare, e che il Governo poteva fare, è stato fatto. Se si vuole far dare informazione alla Camera e al pubblico dei provvedimenti presi, cosa certamente lodevole, è lo stesso farlo oggi, o lunedì, o mercoledì. Ma so l'onorevole Di Sant'Onofrio ha premura, sarò disposto a rispondere anche lunedì nella seduta pomeridiana.
Dì Sant'Onofrio. Chiedo di parlare.
presidente. Ha facoltà di parlare; ma mi pare che
potrebbe essere soddisfatto della risposta del ministro.
Di Sant'Onofrio. Ritiro addittura la mia
interrogazione.
presidente. Sta bene.
La seduta è levata alle ore 7.
Ordine del giorno per le tornate di lunedì.
Seduta antimeridiana.
1° Estensione dell'assegno vitalizio accordato a coloro che benemeritarono della patria, combattendo per la libertà e la indipendenza, alle loro vedove ed orfani e restituzione in tempo per presentare le domande. (116)
2° Cessione al manicomio di Palermo di uno stabile demaniale denominato Vignicello. (159)
Seduta pomeridiana.
1° Votazione di ballottaggio, qualora occorra, per la nomina di otto membri della Commissione incaricata di esaminare il progetto del Codice penale.
2° Seguito della discussione del disegno di legge relativo all'istruzione superiore del regno. (26)
3° Disposizioni -intorno alla vendita minuta delle bevande nei comuni chiusi. (79) .
4° Stato degli impiegati civili. (68)
5° Provvedimenti relativi alla Cassa militare. (23)
6° Pagamento degli stipendi e sussidi, nomina e licenziamento dei maestri elementari. (83)