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PRIN 2012 - Accademia della Crusca
Congedi. — Votazione di tre progetti di legge a squittinio segreto, e reiezione
di quello sul riordinamento dell'istruzione elementare. — Interrogazione del
deputato Corte sulla condizione in cui si trovava la nave da guerra l'Aquila nelle acque poco distanti da Tolone — Risposta del
ministro per la marineria. — Il ministro per gli affari esteri presenta un
progetto per convenzione di navigazione colla Repubblica messicana, ed un altro
per una convenzione postale col Brasile. — Discussione generale dello schema di
legge sulla circolazione cartacea durante il corso forzato — Discorso del
deputato Lancia Di Brolo contro il progetto — Discorso in favore del deputato
Luzzati, che sarà terminato domani.
La seduta è aperta all'una e 40 minuti.
Pissavini segretario, dà lettura del processo verbale
della tornata precedente, che viene approvato.
presidente. Furono chiesti i seguenti congedi:
Per affari particolari, dagli onorevoli Luscia, Panzera e Zaccaria, di quindici giorni; dall'onorevole Pancrazi di otto.
Per servizio pubblico, dall'onorevole Bettoni, di dieci giorni.
(Sono accordati.)
presidente. L'ordine del giorno reca la votazione a
scrutinio segreto sopra i seguenti progetti di legge:
Riordinamento dell'istruzione elementare;
Convenzione colla Camera di commercio di Roma per la costruzione di un
edifizio ad uso di dogana;
Approvazione di contratti di vendita o di permuta di beni demaniali.
Si fa l'appello nominale.
(Il segretario Massari procede alla chiamata.)
presidente. Intanto che si lasciano le urne aperte,
comunico alla Camera una domanda d'interrogazione stata presentata
dall'onorevole Corte e rivolta all'onorevole ministro della marina:
«Il sottoscritto desidera di interrogare il signor ministro della
marina circa la condizione in cui si trovava la nave da guerra l'
Aquila.»
Prego il signor ministro di dire se e quando intenda rispondere a quest'interrogazione.
Di Saint-Bon, ministro per la
marineria. Sono agli ordini della Camera, e pronto a rispondere
anche subito.
presidente. In tal caso, se la Camera consente, darò
la parola all'onorevole Corte.
Corte. Io desidero sapere dall'onorevole ministro per la marina se sia vero
che il piroscafo da guerra l'Aquila, che è stato
messo a disposizione di una società francese per trasportare e collocare un
cavo sottomarino, dopo lasciato il porto di Tolone, alla distanza appena di
circa 25 chilometri sia stato obbligato a ritornare perchè si era aperta in
esso una via d'acqua tale che, se il mare non fosse stato perfettamente
tranquillo, ed il bastimento in condizione di forzare la sua macchina, non
solo il cavo sarebbe andato perduto, ma quello che è più grave, tutte le
persone che stavano a bordo sarebbero perite.
Lo stesso giornale dove ho letto questo, dice pure che due erano le cagioni dell'essersi aperta questa via d'acqua. La prima, la cattiva condizione in cui trovavasi il fondo del bastimento, il quale non era stato esaminato, come era dovere di fare, prima di prendere il largo; la seconda, che la forza e la costruzione di questa nave non erano tali da permettere
di caricare un peso così ingente come quello del cavo che aveva a bordo.
Io mi augurerei che queste cose non fossero vere, benchè disgraziatamente, mi perdonino di dirlo, sono fatti che nella nostra marina capitano, pur troppo, assai di frequente.
Sarebbe davvero singolare che questo legno che è già stato condannato a perire, dico condannato a perire nel senso legale, in seguito ad una proposta che è stata presentata dall'onorevole ministro della marina, avesse poi, se proprio la fortuna non lo secondava, dovuto perire in un modo così deplorevole, involgendo nella sua sorte tante persone e così ingenti valori.
Come non sarebbe meno strano che si lasciassero partire dai nostri porti legni in quelle condizioni, specialmente per andare in un porto estero a rendere dei servizi a persone di un'altra nazione, compromettendo in cotal guisa gravemente la riputazione della nostra marina.
Io spero che le risposte del ministro della marina saranno tali da convincermi che questi fatti non sieno come sono stati narrati, a meno che io non debba concludere che sopra i legni da guerra italiani pesi la iettatura.
, ministro per la marineria. Il
piroscafo della marina da guerra Aquila, dietro
richiesta del ministro dei lavori pubblici, fu inviato a Tolone per
imbarcarvi una certa quantità di cordone sottomarino e recarsi nello stretto
di Bonifacio a distenderlo.
Ora avvenne che, partito da Tolone, questo piroscafo incontrò non già la
calma piatta, di cui disse l'onorevole Corte, ma un mare molto grosso ed
agitato. In quella circostanza si verificò a bordo dell'Aquila
uno di quei danni imprevedibili, che possono avvenire sopra
qualunque piroscafo anche nuovo di qualsiasi nazione.
Uno dei tubi di scarico del condensatore della macchina ebbe a soffrire una perdita considerevole. Questo è un caso certamente grave, che, come ho detto, si verifica, in occasione di cattivo tempo, anche su bastimenti nuovi, e che non è possibile prevedere. Per quella via si introdusse nel bastimento una quantità d'acqua abbastanza considerevole, e che diffatti potè, per qualche tempo, metterne in forse la salvezza.
Il comandante, luogotenente di vascello, signor Ramaroni, non si perdette punto di animo, e continuò, ciò malgrado, per un pezzo nel proposito di adempiere la sua missione; ma quando vide che gli sforzi di tutto l'equipaggio alle pompe, aiutandosi inoltre di buglioli e di quegli altri mezzi che la pratica marinaresca suggerisce, non bastavano a vincere la falla d'acqua, egli si decise a radunare un consiglio, secondo le norme regolamentari, per esaminare quello che doveva farsi: se, cioè, insistere nella avuta missione, se approdare ad Aiaccio, o infine se ritornare a Tolone. Il Consiglio si appigliò a quest'ultimo partito.
Vi era stato sino a quel tempo, come dissi, mare assai grosso di scirocco. In
quei paraggi il mare da scirocco viene da lontano, e le onde, come tutti
sanno, vanno aumentando a misura che si allarga la tratta di mare da cui
provengono. La posizione dell'Aquila era dunque
difficilissima.
Però, quando volse la prua a maestrale, il tempo da scirocco poco per volta calmò, e gli successe il vento di terra, il quale gradatamente rinfrescando diventò esso pure temporale, e ritardò, ma non impedì, l'arrivo a Tolone.
Appena giuntovi, il bastimento fu visitato, fu aiutato dalle autorità francesi, fu sgomberato dall'acqua che empieva la sentina, e risultò che il solo danno era quello sopra enunciato.
Del rimanente, non era guari possibile che ne avesse altri, perchè il
ministro il quale aveva fatto iscrivere nella nota per la radiazione del
naviglio L'Aquila (non considerandola però come
incapace di navigare), aveva avuta la previdenza, prima di mandarlo in mare,
di farla entrare in bacino, di farla sfoderare, di assicurarsi che la sua
carena era in perfettissimo stato, di farla calafatare; per cui vi era la
certezza assoluta che essa era in condizione di poter navigare.
Per conseguenza, se io non posso essere grato all'onorevole Corte per la forma della sua interrogazione, sono però lietissimo che…
Corte, Domando la parola.
, ministro per la marineria. … che mi
abbia sporta l'occasione di potere dimostrare una volta di più alla Camera
che al presente, come per il passato, le accuse che vengono mosse
all'amministrazione della marina sono sempre fondate su cognizione poco
accurata dei fatti, e che il personale della marina in questa circostanza,
come in tutte le altre, si è mostrato all'altezza della sua posizione.
presidente. L'onorevole Corte ha facoltà di
parlare.
Corte. Io sono relativamente grato e soddisfatto della risposta che
l'onorevole ministro della marina ha data alla mia interrogazione, e mi
auguro che le persone le quali erano a bordo dell'Aquila
siano anche relativamente soddisfatte di questa sua
risposta.
Io però mantengo tutta intera l'ultima parte della mia interrogazione.
Sarà fatalità, o iettatura, ma io sono dolente che simili fatti capitino così frequentemente.
presidente. Dichiaro chiusa la votazione, e si procede
allo spoglio dei voti.
(Succede una breve pausa.)
Risultamento della votazione sui progetti di legge:
Per l'approvazione di contratti di vendita o di permuta di beni demaniali:
Presenti e votanti 247
Maggioranza 124
Voti favorevoli 212
Voti contrari 35
(La Camera approva.)
Convenzione colla Camera di commercio di Roma per la costruzione di un edifizio ad uso di dogana:
Presenti e votanti 247
Maggioranza 124
Voti favorevoli 212
Voti contrari 35
(La Camera approva.)
Riordinamento dell'istruzione elementare:
(Segni d'attenzione)
Presenti e votanti 247
Maggioranza 124
Voti contrari 140
Voti favorevoli 107
(La Camera respinge.)
(Movimenti, e considerazioni diverse nei vari lati della
Camera.)
presidente. L'onorevole ministro degli affari esteri
ha la parola.
Visconti-Venosta, ministro per gli
affari esteri. Ho l'onore di presentare alla Camera due progetti di
legge per dare esecuzione ad una convenzione postale tra l'Italia e l'impero
brasiliano, e ad un trattato di commercio e di navigazione tra l'Italia e la
repubblica messicana. (V. Stampati
nri 90, 91)
Essendo desiderabile che il Governo proceda il più sollecitamente possibile allo scambio delle ratifiche, prego la Camera a dichiararne l'urgenza.
presidente. Do atto al signor ministro della
presentazione di questi due progetti di legge che saranno stampati e
distribuiti, e se non vi sono osservazioni in contrario saranno dichiarati
d'urgenza.
(L'urgenza è ammessa.)
(V.
Stampato
n° 32)
presidente. L'ordine del giorno reca la discussione
del progetto di legge intorno ad alcune disposizioni per regolare la
circolazione cartacea durante il corso forzoso.
La discussione generale è aperta.
La parola spetta all'onorevole Lancia di Brolo.
Lancia Di Brolo. Signori, non è senza esitanza che io
prendo la parola in questa importante questione, e ciò sì perchè le mie
forze non sono al livello della difficoltà dell'argomento, sì perchè mi
trovo di fronte l'onorevole Minghetti, non che i membri della Commissione
che han riferito favorevolmente su questo progetto, e molti dei nostri
colleghi la cui competenza in questa materia è da tutti, da me per il primo,
riconosciuta.
Però, siccome io sono del tutto convinto che col progetto in parola, lungi dal migliorarsi, le condizioni presenti della circolazione cartacea si peggiorano e si peggiorano di molto, così credo di non potermi dispensare dall'obbligo di esporre le ragioni per le quali io sono indotto ad opinare tanto diversamente.
La materia a trattarsi è troppo vasta perchè io possa permettermi il dilungarmi in argomenti che non siano strettamente necessari alla dimostrazione del mio assunto, ed è perciò che io farò astrazione, pur facendo le debite riserve di tutte le considerazioni svolte dall'onorevole relatore in quanto all'ammontare del nostro disavanzo, sul modo di valutarlo e sugli apprezzamenti che vi connette.
Per me non è opportuno esaminare in questo momento quale sia il nostro disavanzo, dappoichè credo che non possa influire nel giudicare della bontà delle misure che ci si propongono, non per togliere il corso forzoso, ma per diminuire i danni dell'aggio cagionato appunto da questo corso forzoso; è indifferente il sapere che vi sia o no un disavanzo, se il disavanzo sia di 130 milioni, o soli 40 milioni, avvegnachè la questione che oggi dobbiamo discutere è tutt'altra.
Noi dobbiamo esaminare se, viste le condizioni presenti del credito dello Stato quali che ne sieno le cagioni, se ritenuta l'impossibilità, o per meglio dire la difficoltà di soddisfare per il momento il debito che abbiamo verso la Banca, ciò che ha reso necessario il corso forzoso, e visto l'aggio crescere
di giorno in giorno, sicchè oramai è salito al 17 per cento, noi dobbiamo esaminare se colle disposizioni che ci si propongono si migliorino o no, nei limiti del possibile, le condizioni presenti. Quindi io non esaminerò nemmeno se l'onorevole ministro delle finanze avrebbe potuto far meglio a presentare una legge età radicalmente provvedesse, rimborsando la Banca, a togliere il male che ci travaglia, ma voglio invece mettermi precisamente sul terreno scelto dall'onorevole Minghetti, astrazione facendo da ogni altra questione più radicale, ed esaminare se le misure che ci si propongono nell'ipotesi anzidetta sono le migliori per ottenere lo scopo che vogliamo raggiungere, la diminuzione dell'aggio.
Ognun vede dunque che la questione rimane ben limitata e circoscritta.
Si tratta di fare in modo che l'aggio possa diminuire nelle condizioni in cui ci troviamo, indipendentemente dalla possibilità di ricorrere ad un mezzo più radicale, quale sarebbe togliere il debito per il quale la circolazione forzata fu resa necessaria.
Prima di entrare nelle viscere stesse dell'argomento, cioè nell'esame delle disposizioni fondamentali della legge, non sarà inutile, o signori, indagare quale è la natura dell'aggio, e quali le cause che maggiormente contribuiscono a farlo nascere e variare.
Spesso mi è occorso sentire che la cagione sola che dà luogo a che l'aggio si produca consista in ciò che, dovendosi per deficienza di esportazione saldare in oro il supero delle importazioni, e l'oro mancando alla circolazione interna perchè supplito dai valore cartaceo che noi vi abbiamo introdotto, questa deficienza è la causa dell'elevazione del prezzo.
Non è mestiere che faccia rimarcare a voi, provetti nelle discipline economiche, quanto vi ha di inesatto in questa teoria. L'oro non cresce di valore relativamente alle altre merci; se l'aumento del valore si osserva nell'oro e non nelle merci, ciò accade perchè l'oro coniato porta segnato in sè il valore che prima si aveva.
L'elemento della carta-moneta introdotto nella circolazione non può modificare i rapporti tra l'oro e le altre merci, ma modifica il rapporto fra tutte le merci, l ‘oro compreso, di faccia al valore cartaceo. Non è possibile che l'oro aumenti o diminuisca di prezzo relativamente alle altre merci, quando come merce debba al prezzo delle altre livellarsi, ma esso aumenta o diminuisce in concorrenza a tutte le altre merci che trovansi nel mercato, di faccia al valore cartaceo che si assume qual nuovo campione di misura. Propriamente parlando, non è veramente l'oro e le merci che variano di prezzo, ma è la carta, questo valore fiduciario da noi introdotto, che invece diminuisce o cresce di tanto per quanto noi crediamo che l'aggio dell'oro sia cresciuto o diminuito.
Se mi si permette trasportarmi con un paragone dalle cose piccole alle grandi, dai fenomeni economici, spesso controversi, a quei grandiosi e sublimi dell'universo, dirò che nel linguaggio economico, per quanto riguarda l'indicazione del deprezzamento della carta, noi facciamo al modo stesso degli astronomi che nel volere indicare le fasi diurne, lungi dall' attribuirle nel linguaggio volgare al movimento del pianeta terrestre, le riferiscono al sole in omaggio all'apparenza, notando le ore del suo sorgere e del suo tramonto.
Però, mentre questo poco esatto linguaggio della scienza, più conforme all'apparenza che alla realtà, non ha nessuna influenza per indurre altri in errore, dappoichè talune elementari cognizioni astronomiche sono volgarmente conosciute, e si adoprano e si conservano solo come mezzo che ci faccia più sensibilmente accogliere le indicazioni che ci si comunicano, al contrario nelle discipline economiche, non essendo talune verità ritenute dalla percezione di tutti, accade spesso che s'interpreta nel senso letterale della cosa ciò che solo nel senso figurativo si è voluto annunziare. Da qui la credenza in non pochi che l'aggio dell'oro sia precisamente il maggior valore acquistato dall'oro, da qui l'errore di spiegare questo aumento di valore acquistato nel modo anzidetto.
Questa credenza però è pericolosissima nelle condizioni presenti, perchè essa ci farebbe nutrire la falsa fiducia che l'aggio possa scomparire quando l'aumento dell'esportazione che una buona raccolta ci permetterebbe ci mettesse al caso di saldare per intero con i nostri prodotti le importazioni avute, trasandando cosi di provvedere con mezzi decisivi a che le nostre finanze venissero meglio rifornite.
Certamente la ricerca dell'oro per saldare la importazione non è interamente estranea nella formazione dell'aggio, ma la sua importanza è pressochè minima di faccia agli altri fattori che costituiscono l'aggio. Dirò che il cambio non può fare altro che far lievemente vibrare il prezzo dell'oro, mentre il credito e l'aumento del valore cartaceo in circolazione lo fa oscillare. La vibrazione prodotta dal cambio accresce o diminuisce l'aggio secondochè il cambio è contrario o favorevole nel mercato commerciale, quest'aumento o questa diminuzione però deve sempre rimanere negli stretti limiti nei quali il cambio, nelle condizioni normali, può verificarsi. Così oggi
nelle condizioni odierne del mercato il cambio non ha nessuna influenza sul valore esorbitante al quale è pervenuto l'aggio e voi lo rileverete con la massima evidenza, osservando il listino della nostra Borsa. Voi vi troverete che il napoleone si compera a 23 e 15, il che vuol dire che le cento lire costano in Roma 115 75. Or bene, contemporaneamente la carta della Banca di Francia, cioè l'oro pagabile a vista in Francia si acquista a 115 15, cioè a dire 40 centesimi di meno, ossia con trenta centesimi se vi si aggiungono 10 centesimi d'aggio che Foro ha in Francia di faccia alla carta. Cosicchè l'acquistare cento lire di oro pagabile a Parigi costa 30 centesimi di meno di quanto costerebbe se si volesse avere nella nostra piazza.
Ora, se il dover mandare fuori l'oro è la causa che avrebbe fatto rincarare questa merce, dovrebbe derivarne evidentemente che l'oro a Parigi costi di più che a Roma.
Dunque evidentemente, nello stato presente del mercato, il valore del cambio, lungi dall'esserci contrario, ci è favorevole; non può perciò essere il cambio la causa di un aggio sì esorbitante.
Noi dunque ci troviamo di dover vincere tutta intiera la difficoltà, cioè cercare di ridurre l'aggio così elevato come noi l'osserviamo e senza che il cambio potesse migliorarlo.
Quali sono dunque i fattori dell'aggio?
A noi pare che i due fattori principali dell'aggio sono il poco credito dello Stato e perciò il disavanzo, lo stato delle nostre finanze e la quantità di valore cartaceo superiore ai bisogni dello scambio che si tenga in circolazione.
Nell'inizio dell'emissione dei valore cartaceo, allorquando la quantità di carta tenuta in circolazione non assorbe e satura il bisogno della circolazione, l'aggio della carta non può venire che per mancanza di credito dello Stato. Ma quando la circolazione della carta aumenta in modo da superare il bisogno della circolazione, allora, indipendentemente dalla più o meno fiducia che si possa avere nel completo rimborso del valore che la carta rappresenta, questa carta scapiterà sempre di valore, perchè trovasi in proporzione maggiore al bisogno che deve soddisfare.
Quindi accade che, mentre l'aggio nasce per la più o meno fiducia che si ha nel credito, poscia cresce, non solo perchè aumentandosi la carta diminuisce il credito, crescendo il debito da soddisfarsi, ma benanco perchè il valore cartaceo riesce superiore al bisogno, non potendo, come l'oro, emigrare in un estero mercato.
Che la poca fiducia nel credito dello Stato influisca sull'ammontare dell'aggio risulta chiaro dall'osservare e considerare le tavole grafiche nelle quali hanvi le due linee che rappresentano l'una il valore della rendita del Gran Libro, l'altra l'aggio dell'oro.
Se voi ponderate bene queste tavole con l'occhio della mente più che con la vista, voi troverete che queste línee senza essere parallele, si mantengono però abbastanza equidistanti per argomentarsene che le ragioni che fanno oscillare la rendita fanno oscillare medesimamente l'aggio. E dico che questo esame debba farsi coll'occhio della mente, e non coll'occhio fisico, perchè bisogna tenere presente che le ordinate che segnano l'aggio dell'oro sono in senso inverso delle ordinate che segnano la rendita, poichè il rialzo della rendita corrisponde al ribasso dell'aggio dell'oro.
Bisogna anche tenere presente che le variazioni che subisce la rendita si riferiscono al capitale di cento lire, mentre le variazioni dell'aggio si riferiscono alla valuta di venti lire, e per conseguenza sono segnate alla scala di un quinto.
Tenendo presenti queste cose, voi vedrete, ripeto, che queste linee, senza essere parallele, sono abbastanza equidistanti per poter dire che il credito dello Stato, che è la causa della oscillazione della rendita pubblica, influisce grandemente sull'aggio dell'oro.
Ciò premesso, perchè la legge attuale migliori le condizioni presenti, dovrebbe rispondere a questi due obbietti: dovrebbe rendere il biglietto più sicuro, garantendone maggiormente lo intero rimborso, e dovrebbe ancora diminuire la quantità dei biglietti emessi, avvegnachè, come diceva poc'anzi, è la poca sicurezza del biglietto, è la quantità del valore cartaceo in circolazione che soprattutto contribuisce ad aumentare l'aggio.
Vediamo adunque se la legge presente risponde a questi due obbietti.
Esaminiamo anzitutto quali sono le condizioni con le quali oggi trovasi costituito il corso forzoso; queste condizioni non sono ignote ad alcuno. Il Governo ha contrattato un debito colla Banca che giunge oggi ad 890 milioni, comprendendosi in queste cifre tutte le emissioni sino ad ora fattesi in conto del miliardo autorizzato; in conseguenza di codesto mutuo contrattato il Governo ha dato il corso forzoso ai biglietti della Banca, ed un interesse annuale che prima era del 3 per cento, e che è stato ridotto a 50 centesimi; più ha accordato il corso legale ai biglietti di tutte le altre Banche, immobilizzando, a garanzia dei biglietti in circolazione, la riserva metallica che in
esse si trovava. Godeste sono le modalità principali con le quali il corso forzoso è stato introdotto.
Con la proposta legge in esame queste condizioni si mutano del tutto; al biglietto della Banca Nazionale che circola anche per conto dello Stato si sostituirebbe un biglietto avente un marchio particolare che lo distingue ed assicura essere il suo valore garantito dalle Banche riunite a tal uopo in consorzio. Si manterrebbe il corso legale, anzi si estenderebbe ancora al di là del limite della rispettiva regione, ove prima solo esisteva, e si permetterebbe a tutte le Banche la mobilizzazione delle riserve metalliche, mercè cambiali pagabili in oro.
Or bene, a me pare che il biglietto da voi così creato e che volete sostituire a quello esistente non potrà ispirare la medesima fiducia ed avere la medesima solidità degli attuali biglietti. Ed invero, o signori, i biglietti che in atto circolano a corso forzoso per conto dello Stato hanno due diverse garanzie: l'una è quella data dal Governo, l'altra dalla Banca. Notate però che la garanzia della Banca non è una garanzia che sussiste solo perchè la legge ed il patto così hanno stabilito, ma perchè rimane intrinseca nel biglietto stesso, e ciò perchè il biglietto che la Banca emette per conto proprio è l'identico del biglietto che si emette per conto dello Stato. Nessun potere divino od umano potrebbe scindere la solidarietà che esiste fra i due biglietti.
La garanzia adunque non è illusoria, non è del genere di quelle garanzie che una legge stabilisce e una legge può togliere. Perciò oggi il biglietto emesso per conto del Governo è garantito da tutte le risorse che ha la Banca a garanzia dei suoi propri biglietti.
Quindi il giorno in cui lo Stato non volesse o non potesse rimborsare in tutto o in parte la somma che il biglietto emesso per conto suo rappresenta, ciò non sarebbe possibile, perchè non potrebbe separarsi il biglietto proprio dello Stato da quello emesso per conto proprio dalla Banca.
In verun modo si potrebbe distinguere la provenienza di codesti biglietti, in verun modo potrebbe conoscersi se questo biglietto provenga dalle casse dello Stato ed abbia per debitore lo Stato, ovvero la Banca e in conseguenza per garanzia il portafoglio della medesima.
Checchè si ordini, checchè si faccia le intere riserve metalliche della Banca, ed il suo portafoglio risponderanno della intera massa, senza distinzione, dei biglietti in circolazione, sia che questi siano in circolazione per conto della Banca, sia che si trovino emessi per conto dello Stato.
E poichè la massa dei biglietti in circolazione, tanto governativi quanto della Banca, raggiunge ad un dipresso un miliardo e 200 milioni, e dall'altro canto i diversi valori del portafoglio, e la riserva metallica possono più o meno valutarsi a 400 milioni, ne discende che oggi ciascun biglietto che trovasi emesso, sia per conto dello Stato che per la Banca, è garantito materialmente dal portafoglio della Banca per un terzo del suo valore, ancorchè venisse meno per intero la garanzia governativa.
Con la legge in esame al contrario voi create un biglietto particolare che ha la garanzia del consorzio delle Banche, ma questa garanzia che gli è data dalla legge, gli è data in modo, pel marchio particolare che lo distingue, da farla conoscere dai biglietti propri di ciascuna Banca. Non essendo adunque intrinseca al biglietto stesso, potrebbe esser tolta al modo stesso come è stata data, cioè con un'altra legge; questa garanzia rientra allora nell'ordine medesimo di tutte le garanzie date dai Governi quando emettono carta-moneta; esse in parola sono le più assolute ed esplicite che possano immaginarsi, ma in fatto spesso corrono la medesima sorte del voto del marinaro che ha solo la durata della tempesta. E che la garanzia del Governo non possa essere di una natura così assoluta come la garanzia che proviene dalla identità del biglietto che confonde in uno il debito della Banca con il debito dello Stato risulta evidente, riandando la storia delle emissioni fatte da diversi Governi di questa carta moneta, i quali Governi, mentre nel mettere in circolazione codesti valori cartacei ne garantivano nei modo più assoluto l'intero rimborso, non sempre han potuto mantenere la promessa fatta.
La Russia al l° luglio del 1839 rimborsava il valore dei biglietti emessi, ma li rimborsava al ragguaglio di tre per uno in valuta di oro, cioè in proporzione delle perdite che la carta in circolazione subiva.
Ma a che riandare il passato, a che portare in esempio il fatto di altri Governi, mentre noi stessi, per la circolazione cartacea da noi introdotta, abbiamo menomato una delle garanzie che noi già avevamo data per legge? Ed invero rammenterete che, contemporaneamente all'istituzione del corso forzoso, si dava in pegno alla Banca per tanto valore di obbligazioni ecclesiastiche quanto bastava a garantire materialmente l'importare della somma emessa.
Or bene, che cosa abbiamo fatto con una legge posteriore? Noi abbiamo menomato il valore dato in garanzia, poichè abbiamo sostituito alle obbligazioni ecclesiastiche dei titoli di rendita sul Gran Libro.
Ora chi non vede che così facendo noi abbiamo sostituito ad un titolo più accreditato, un altro che deve necessariamente avere un credito minore, dappoichè le obbligazioni ecclesiastiche dovendo necessariamente estinguersi per rimborso in un ristretto periodo di tempo, assicuravano che nello stesso breve periodo di tempo si sarebbe eseguito dallo Stato il pagamento del suo debito verso la Banca.
Vi ha adunque in noi stessi l'esempio che le garanzie possono mutare. Come quindi potrete far credere che quella garanzia del consorzio delle Banche, che voi oggi volete dare ai nuovi biglietti che mettete in circolazione, non possa variare per effetto di un'altra legge che dispone diversamente, quando il biglietto che mettete in circolazione serba l'impronta che lo distingue e mostra che è messo in circolazione per fatto del Governo e non del Banco, e non ha per conseguenza per garanzia nel portafoglio della Banca il corrispettivo per il quale avrebbe dovuto essere emesso?
Spesso verificasi nello svolgersi di tali fatti un circolo vizioso, dappoichè il poco credito dello Stato fa crescere l'aggio, e questo, alla sua volta, consiglia di fare il rimborso in misura diversa dal valore nominale che la carta-moneta rappresenta.
In conseguenza delle fatte considerazioni, non è dubbio adunque che, il biglietto che voi emettete ha un valore di credito, minore di quanto possa avere il biglietto presente; perchè il biglietto che oggi create non ha che il solo credito che lo Stato gli ha per legge concesso e che con altra legge può togliergli.
Senza voler entrare adesso nella questione della mobilizzazione dell'oro, e di cui parleremo appresso, non possiamo però ora dispensarci dall'osservare che, mentre con queste vostra proposte chiamate in soccorso del credito dello Stato, per garantire il biglietto, il credito delle Banche riunite in consorzio, contemporaneamente permettete alle medesime di mobilizzare le riserve metalliche, cioè il solo capitale, il solo mezzo per il quale questa garanzia potrebbe tradursi in fatto.
Rimane adunque provato, pare a noi, che l'aggio dell'oro per quella parte che è dipendente dalla più o meno fiducia che si ha nell'intero rimborso non potrebbe diminuire.
Vediamo ora se questa diminuzione avvenga dal perchè la quantità del valore emesso risulterebbe minore. Esaminiamo brevemente quanto nella relazione del Ministero si espone in ordine a ciò.
Nel conteggio che si fa non può non rimarcarsi una certa oscurità che potrebbe per avventura trarre in errore chi si limitasse a tener presenti i quadri esposti senza leggere e replicatamente l'intiero complesso della relazione stessa.
Tralasciamo di entrare in ulteriori dettagli, osserviamo solo che a pagina 4, facendosi il conto della circolazione forzata, vi si comprendono i 300 milioni che la Banca emette per conto proprio; il che sta bene e per conseguenza se ne deduce che la emissione di carta a corso obbligatorio in forza della nuova legge, risulterebbe 340 milioni minore dell'attuale, indipendentemente, già s'intende, da quell'altra bisognevole a compiere il miliardo. Poscia a pagina 7 facendosi il paragone fra la circolazione fiduciaria, secondo la nuova legge, e quella in atto ammessa, si comprende in quest'ultima categoria anche i 300 milioni della Banca Nazionale, e ne risulta un'altra differenza in meno di 170 milioni, mentre questi 300 milioni sono quelli stessi di cui si è tenuto conto nel calcolare la circolazione forzata. Egli è vero che poscia, leggendo replicatamente ed attentamente la relazione, risulta che non si ritiene che l'una e l'altra diminuzione si debbano cumulare, ma non è men vero che dall'osservazione dei quadri si argomenterebbe appunto ciò.
Debbo confessare che anche io ho fatto il mio conto, permettetemi perciò che ve lo esponga; nè temiate che io vi affoghi in un mare di cifre, tutt'altro, al contrario io ve lo farò nel solo modo che alla Camera dovrebbe essere permesso di farlo, in modo cioè da poterlo percepire senza il bisogno di operazioni aritmetiche che richieggono ponderata riflessione.
Che cosa propone l'onorevole ministro delle finanze in ordine alla quantità della circolazione? Egli propone un aumento di 39 milioni alla circolazione della Banca Nazionale, ed un aumento di 2 milioni e mezzo alla circolazione delle Banche toscane, perciò in complesso propone un aumento di 41 milioni e mezzo sulla circolazione di codeste Banche.
Dall'altro canto, di faccia a questa proposta di aumento in 41 milioni e mezzo, avvi proposte di diminuzioni per 94 milioni e mezzo, delle quali, 12 e mezzo si riferiscono alla Banca romana, ed 82 ai due Banchi di Napoli e Sicilia; cosicchè se dalla diminuzione proposta di 94 milioni si tolga l'aumento sopradetto di 41 milioni, resterà in ultimo una diminuzione di soli 53 milioni. Contate come volete, disponete le cifre come credete, risulterà sempre lo stesso se non si sarà commesso errore.
Ora, se si riflette che a questa diminuzione di 53 milioni devono poi contrapporsi 110 milioni ancora da emettersi per conto dello Stato, ed altri 111 milioni da permettersi alla Banca Nazionale, in
aumento della sua circolazione, ripartiti in sette anni, ne discenderà che il risultato di questa proposta viene a riassumersi in un aumento di emissione di 168 milioni.
Vero è che di questi 168 milioni parte, cioè 111 milioni sono da emettersi solo da qui a sette anni, dalla Banca Nazionale.
Che cosa ha fatto la Commissione?
Ha modificato, ma sempre in aumento, la circolazione proposta dal ministro delle finanze, e l'ha fatto come appresso.
Ha accresciuto di 11 milioni, portando da 39 milioni a 50 l'aumento proposto alla Banca Nazionale; però questi 11 milioni non sarebbero aumento, ma anticipazione perchè restano sempre compresi nei 150 accresciuti alla Banca.
Poi ha dato altri 9 milioni in più alla Banca romana perchè, mentre
l'onorevole Minghetti ne dà 36, la Commissione gliene dà 45, poi altri 5
milioni ai Banchi di Napoli e Sicilia; e finalmente concedonsi 30 milioni
alle Banche popolari, ciò che forma un aumento complessivo di 55 milioni
sulla proposta ministeriale. Adunque per quanto riguarda l'emissione
non è dubbio che essa rimane accresciuta nella cifra
sopra detta dalle proposte del ministro, ed anche più da quelle della
Commissione.
Per quanto riguarda poi la circolazione, le cose non
stanno nello stesso modo, poichè essa riescirà minore dell'attuale. Vediamo
il perchè. Eccolo in due parole. Il perchè sta ciò che, mentre oggi come
riserva del terzo da tenersi dalle Banche sta una gran massa d'oro e soli
125 milioni in biglietti, in appresso permettendosi la mobilizzazione
dell'oro e restando per ciò costituite le riserve di soli biglietti, una
maggior quantità è necessario di tenerne in serbo nelle casse delle
Banche.
Adunque il
D'altronde è da osservarsi che, quando la Banca emette una quantità di biglietti, e poi una quantità di questi li ritiene nelle proprie casse, allora veramente può dirsi che la diminuita circolazione corrisponda ad una diminuzione del suo debito e perciò ad un accrescimento del suo credito; ma quando chi ha emesso il valore cartaceo è lo Stato, e chi lo conserva è altri, in tal caso il conservarsi il biglietto nelle casse della Banca, o nel portafoglio di un Tizio qualunque, non diminuisce punto il debito dello Stato, non accresce punto perciò il suo credito, e di conseguenza il credito del biglietto.
Ma badate, mi si potrebbe fare osservare, che se l'aggio dipende dal credito, dipende ancora, indipendentemente dal credito, dalla quantità del valore che tiensi in circolazione per l ‘ingombro che può produrre; cosicchè se non ci guadagneremo a fare diminuire l'aggio per il primo motivo, però una certa diminuzione dovrà verificarsi in grazia del secondo.
Neanche ciò a noi pare esatto.
Ed invero, non dimentichiamo che, contemporaneamente a codeste misure, ci si propone ancora la mobilizzazione delle masse metalliche con misure tali che sieno atte a fare rimanere queste masse metalliche nel regno.
Or una delle due. O quelle misure che noi ammettiamo per fare che l'oro mobilizzandosi non esca dallo Stato sono inutili, e allora noi abbiamo perduto per intiero la riserva, e per conseguenza il biglietto scapiterà ancor più; ma se noi crediamo che queste misure valgono a fare restare l'oro in circolazione, allora è evidente che il mercato della carta venendo a restringersi, la carta circolante riescirà anche più esuberante per il campo più ristretto ove è limitato a circolare.
Finora ho parlato del concetto generale della legge; permettetemi che io scenda, non dico nei dettagli, ma sui punti principali di essa.
L'onorevole ministro delle finanze ha creduto e, se può giovargli la mia approvazione, dirò che ha fatto benissimo, ha creduto di dover limitare la circolazione delle Banche di emissione; però nel determinare la quantità di emissione di ciascuna Banca ha voluto fissare come criterio l ‘ammontare del capitale posseduto da ciascuna di queste Banche, e su questo non siamo punto d'accordo. Ed invero, la limitazione di circolazione che imponete a questi istituti di credito da qua! motivo è cagionata? Forse per assicurare il credito del biglietto? No, certamente, dappoichè da questo lato nulla era necessario farsi, godendo queste Banche, e precisamente quelle che oggi subirebbero la diminuzione, del maggior credito possibile; ma invece questa limitazione oggi si è resa necessaria dacchè le Banche, per effetto del corso forzoso, abusando dell'indifferenza con la quale il pubblico accoglie l'uno o l'altro dei biglietti in circolazione, non ha nessuna premura di barattare il biglietto fiduciario in biglietto a corso forzoso. Quindi riesce inutile l'obbligo di cambiare il biglietto, che è il solo freno,
ed il freno più efficace perchè la circolazione dei biglietti fiduciari sia limitata.
Io sono per la libertà delle Banche e per l'indefinita emissione di valori di credito, quando però vi sia l'obbligo di convertirli in moneta metallica; ma quando quest'obbligo più non funziona, non puossi permettere, nell'interesse del pubblico e nell'interesse dello Stato, un'indefinita emissione.
Or dunque, se l'abuso che hanno fatto le Banche di questa facoltà d'emissione per effetto del corso forzoso è la causa che vi spinge a limitarla, era in proporzione di tale abuso che si doveva limitare la circolazione delle Banche.
Quando si avesse voluto procedere con equità, era il caso di esaminare quale era l'epoca in cui la circolazione poteva considerarsi come normale dal 1866 a questa parte, ed in proporzione della circolazione, che in quest'epoca aveva ciascuna Banca, limitare oggi la rispettiva circolazione, psiche da questa circolazione si può argomentare esattamente il più o meno abuso che esse avevano fatto per proprio conto delle circostanze create dal corso forzoso; corso forzoso che lo Stato esclusivamente per conto proprio, e non per conto delle Banche, aveva stabilito.
Supponete che taluna di queste Banche si trovasse avere anche prima del corso forzoso una circolazione, in rapporto del capitale, anche maggiore del triplo ora stabilito; come potete giustificare il costringerle a restringere la circolazione ad una quantità di biglietti anche minore di quanto a quell'epoca essa si aveva? A queste ingiuste conseguenze vi potrebbe portare intanto l'applicazione del principio da voi stabilito.
Ed intanto, quando contemporaneamente all'abuso che hanno fatto del corso forzoso, esse hanno creduto per aumentare l'emissione di dovere ancora aumentare il proprio capitale, perchè forse i propri statuti le imponevano una data proporzione fra l'emissione ed il capitale, allora voi rispettate l'abuso che hanno fatto solo perchè la maggior emissione trovasi in proporzione del capitale come voi oggi avete stabilito.
La conseguenza di un tal procedere qual è?
La conseguenza di un tal procedere è che, non solo potrebbero esser colpite le Banche che meno ne abusavano, ma benanco le popolazioni che dalle medesime traevano vantaggio. Cosi nella specie noi vediamo che, mentre la Banca Toscana ha dal 1869 a questa parte quasi triplicato la sua circolazione, avendo adesso 60 milioni in circolazione, voi rispettate questo straordinario aumento solo perchè la Banca, contemporaneamente all'abuso che ha fatto di emissione, ha dovuto pur anche, perchè i suoi statuti così l'obbligavano, aumentare il suo capitale. Ma che forse la Banca Toscana avrebbe aumentato il suo capitale se non c'era il corso forzoso? Evidentemente no, dappoichè essa lo ha fatto, in conseguenza dell'aumento della sua circolazione. Come dunque rispetterete codesto aumento di circolazione, quando è esclusivamente dipendente dalla circolazione forzosa?
(L'oratore si riposa.)
presidente. L'onorevole Lancia di Brolo è invitato a
continuare il suo discorso.
Lancia Di Brolo. Fra le modifiche importanti, che questo
progetto di legge arreca alle condizioni presenti della circolazione, avvi
quella di estendere il corso legale dei biglietti appartenenti ai diversi
istituti di emissione al di là dei confini della propria regione.
Io non posso nascondere che a me pare che quest'autorizzazione data alle Banche, della quale naturalmente ne approfitteranno tutte, è immensamente nociva al credito del biglietto governativo, nelle condizioni nelle quali esso è creato.
Io comprendo benissimo lo scopo che si volle raggiungere, quando, nel decretare il corso forzoso ai biglietti della Banca Nazionale, si accordava contemporaneamente il corso legale ai biglietti degli altri istituti di emissione; se si fosse fatto diversamente, la superiorità che acquistava la Banca Nazionale, per l'inconvertibilità che si concedeva al biglietto emesso per conto proprio, sarebbe stata troppo a danno degli altri istituti con i quali trovavasi in concorrenza.
Oggi però le condizioni sono totalmente diverse. Voi avete creato un biglietto proprio, che non si confonde con il biglietto di nessun'altra Banca, avete creato un biglietto che esclusivamente serve per conto dello Stato, ed a questo biglietto avete dato il corso forzoso. Tutte le altre Banche, tanto tra loro stesse che di faccia allo Stato, sono nell'identica condizione; non vi ha perciò quella ragione che sussisteva allora di dare alle Banche il corso legale, non essendosi dato ai biglietti di alcuna Banca il corso forzoso, ed oggi che abbiamo un biglietto per esclusivo conto nostro, non abbiamo alcun interessa a dare alle altre Banche il corso legale.
Una volta che ci siamo creato un biglietto proprio, dobbiamo renderlo necessario alla circolazione il più che è possibile; ora noi lo renderemmo meno necessario quanta volte si conservi il corso legale ai biglietti delle altre Banche, e noi intanto non solo conserviamo questo corso legale, ma vogliamo
anche estenderlo al di là dei limiti della propria regione, ove solo esisteva.
Allora, nei casi che il biglietto regionario non potesse servire, doveva ricorrersi al biglietto per conto del Governo; oggi questo caso verrebbe meno, poichè, estendendosi il corso legale al di là dei limiti della regione, non vi è nessuna differenza, in pratica, tra il corso legale ed il corso forzoso, non potendo verificarsi alcun caso in cui il biglietto a corso legale non potesse servire come il biglietto a corso forzoso.
Questa nuova condizione creata al biglietto fiduciario trarrà seco una conseguenza importantissima, ed è che l'emissione fiduciaria avrà la possibilità di giungere al limite estremo concesso dalla legge, la qual cosa per taluna Banca prima non accadeva.
Così la Banca Toscana aveva certamente il diritto di poter emettere 60 milioni, ma di questo diritto essa non poteva far uso per intero, perchè il territorio dove essa operava non poteva assorbire una tale quantità di valore cartaceo, cosicchè in fatto poi la circolazione della Banca era minore di quella alla quale era autorizzata. Ed infatti voi vi dovete rammentare la convenzione fatta in giugno 1871 colla Banca Nazionale, e di cui si parlò una volta in questa Camera, per mezzo della quale convenzione, non potendo la Banca Toscana ricambiare con biglietti a corso forzoso 12 milioni di biglietti suoi propri che si trovavano nelle casse della Banca Nazionale, dove pattuire il pagamento di un interesse.
Se voi consultate la situazione mensile della Banca Toscana, voi troverete che essa mentre in dicembre 1872 aveva in emissione 68 milioni, poscia trovavasi di ritorno nelle proprie casse una quantità di 16 milioni di biglietti, il che significa che la capacità di assorbimento è superiore alla capacità di emissione, e perciò il diritto all'emissione rimane oggi in fatto limitato ad una cifra minore, e ciò a vantaggio dell'emissione dei biglietti a corso forzoso; il che non potrebbe più verificarsi in appresso.
Quando esamino questo progetto di legge, non posso non considerare che le conseguenze ultime di codeste proposte per quanto si riferisce agli istituti bancari è la consacrazione legale dello straordinario abuso fatto dalla Banca Toscana di emettere biglietti, dandole ancora la possibilità di farne per intero uso, ed in contrapposto a ciò veggo parimente un danno reale ed effettivo ai Banchi di Napoli e di Sicilia i quali meno di ogni altro istituto avevano aumentato l'emissione, e che per loro natura più s'immedesimano con gli interessi delle rispettive regioni nelle quali spandono il loro credito.
Si è contemporaneamente proposto che la circolazione in dati casi possa aumentare; questa autorizzazione, comunque teoricamente sarebbe ammessibile, pure pare a me che praticamente riescirebbe dannosa, dappoichè, una volta ammessa la possibilità di aumentare la circolazione, vi si forzerebbe la mano a concederla sotto il pretesto delle dure condizioni del commercio.
A me parrebbe che, durante la circolazione cartacea, il timore di una crisi,
che solo potrebbe far giustificare le proposte misure, riesce meno
giustificato, dappoichè il medium che serve alla
circolazione, non potendosi esportare, non è il caso di potersene trovare
momentaneamente sprovvisti, come può avvenire per l'oro a causa della
possibilità della sua emigrazione.
Adunque fra la possibilità di due mali, l'uno più probabile ad accadere, l'abuso cioè della circolazione, l'altro assai più lontano, la possibilità della crisi, io preferisco correre quest'ultimo rischio.
D'altronde è a ponderarsi ancora che se la carta riesce inferiore al bisogno, ciò può accadere dal perchè il prezzo delle merci per effetto dell'aggio è cresciuto in una proporzione maggiore di quanto non sia cresciuto il valore nominale cartaceo.
Mi spiego: supponete che una quantità di moneta come 10 possa servire di veicolo di mezzo di circolazione ad una merce del valore di 100, questa moneta sarebbe il decimo del valore della merce a cui serve di veicolo. Quando voi avete aumentata la moneta cartacea portandola da 10 ad 11, siccome contemporaneamente il valore della merce per effetto di quest'aggio, cagionato dall'aumento del valore cartaceo, cresce in una proporzione anche maggiore, perchè cresce in ragione della quantità di carta e del discredito che si connette alla quantità, così voi avrete che la quantità della merce che prima era rappresentata da 10 sarà rappresentata da 115 e quindi il rapporto che prima era di 10 a 100, rimanendo modificato come da 11 a 115, è peggiorato.
Io ho accennato precedentemente alla mobilizzazione dell'oro; vi diceva come non credeva che nelle condizioni presenti fosse conveniente di mobilizzarlo, ed una delle ragioni per non farlo parrebbe dover essere quella che essendosi garantito il biglietto a corso forzoso con l'immobilizzazione delle masse metalliche esistenti all'epoca dell'introduzione del corso forzoso, sarebbe una mancanza di fede l'autorizzare l'alienazione di codesta garanzia.
Il dire che l'oro che si mobilizza dalle Banche si
emette contro cambiali, sarebbe lo stesso che pretendere essere uguali le due garanzie, il che non è punto vero; se la riserva non garantisce nulla bastando le cambiali a garanzia di una emissione, voi non avreste oggi richiesto che la circolazione delle Banche non superasse il triplo della riserva.
Il patto di contrattare in oro è certamente ammissibile, ma nelle convenzioni commerciali. Qui non è il caso il discutere in diritto se i contraenti possano o no stipulare che i pagamenti di qualunque natura si facciano in oro. No, non è questa la questione.
Bisogna considerare la questione da un punto di vista più subbiettivo, bisogna considerarla dal punto di vista dell'interesse dello Stato dopo che il corso forzoso è stato introdotto.
Mi parrebbe che, se si permettessero le contrattazioni in oro di qualunque natura, l'aggio dovrebbe crescere ad aliquota maggiore; io perciò consentirei alla limitazione proposta nel progetto di legge, cioè che queste contrattazioni non fossero valide che quando si riferissero a cambiali, ecc. ma ciò con quelle altre cautele che non sono al caso d'indicare, ma che valessero ad impedire che di queste contrattazioni non si facesse uso oltre i limiti nei quali la legge le autorizza.
E qui, o signori, permettete che io risponda ad una domanda che mi potrebbe venire fatta.
Cosa avreste voi fatto?
Io divido pienamente il concetto dell'onorevole ministro, e che lo ha spinto a limitare e reprimere l'abuso che gl'istituti di credito facevano della emissione loro concessa o tollerata. Io sono di coloro che fanno plauso alla circolare Castagnola; trovo solo che ha il torto di essersi fatta troppo aspettare.
Però, in quanto al biglietto, che rappresenta il debito dello Stato, io avrei lasciato le cose ordinate al modo stesso come oggi trovansi. Era discutibile se questo stato di cose era utile stabilirsi e conservarsi quando il debito dello stato era assai limitato; perchè allora poteva reputarsi superflua ogni garanzia che chiedevasi alla Banca.
Ma oggi il caso è diverso, il debito dello Stato essendo cresciuto, ed i vantaggi accordati alla Banca diminuiti, dappoichè, oltre di essersi ridotto l'aggio a soli 50 centesimi, si è limitata la sua circolazione, oggi noi la svincoleremmo di una solidarietà che a noi giova, senza alcun nostro corrispettivo.
Io avrei diminuito, e diminuito grandemente, anche più di quello che ha fatto l'onorevole ministro delle finanze, la circolazione propria di tutti gl'istituti. Però, anzichè ridurla in proporzione del capitale, l'avrei fissata rispettivamente per ciascuno, come l'avevano in uno degli anni anteriori, e precisamente in quello nel quale si giudica che nessuna circostanza straordinaria abbia influito ad accrescere o diminuire la circolazione normale.
Contemporaneamente a cotesta limitazione, avrei autorizzato le contrattazioni in oro, ma limitate a scopo esclusivamente commerciale.
Io avrei così ragionato: la quantità di valore monetario necessario alla circolazione è costituita di due parti: l'una è quella necessaria allo scambio delle merci per il commercio che può dirsi interno o domestico, quantità che non può variare che di poco per effetto del commercio esterno; l'altra parte è quella necessaria appunto a codesto commercio esterno e che per conseguenza sarebbe variabile, perchè dipendente dalle condizioni più variabili di un mercato più vasto.
Or al primo scopo servirebbe la circolazione cartacea, la quale, per sua natura non essendo elastica, ci renderebbe un tal servizio senza farci risentire il danno connesso alla poca sua elasticità; al secondo scopo servirebbe l'oro le cui contrattazioni essendo ritenute legali, entrerebbe liberamente nei campo commerciale riservatogli, per adempiere all'ufficio proprio di veicolo della circolazione, mantenendosi al livello necessario per la possibilità annessa al medesimo di potere esportarsi o importarsi secondo il bisogno.
Ma è inutile dilungarmi su tal subbietto, avvegnachè, ammettendo le contrattazioni in oro limitate alle contrattazioni commerciali, io non mi trovo dissenziente in ciò dall'onorevole ministro delle finanze.
Mi riassumo. Io credo di aver dimostrato che il biglietto che si crea è esclusivamente un biglietto governativo, e che la garanzia delle Banche non vai nulla, ed è curioso che voi stessi che avete creduto reale questa garanzia, voi stessi siete i primi a non prestarvi fede.
Diffatti, quando la garanzia ci era data dalla Banca Nazionale, noi le abbiamo dato in pegno per controgaranzia tanti titoli di rendita per quanto era la somma mutuataci. Oggi che la garanzia ci verrebbe data dal consorzio delle Banche, noi, per conseguenza logica, se credessimo a codesta garanzia, dovremmo dare alle medesime le stesse controgaranzie date alla Banca, cioè distribuire alle medesime le rendite impegnate presso la Banca Nazionale; ma noi ci siamo guardati bene dal far questo, cosicchè si verifica il curioso caso che, mentre noi domandiamo alle Banche una garanzia, poscia diffidiamo di dar loro in pegno una controgaranzia,
quella controgaranzia che già ad altri avevamo data.
Ora, se lo Stato è il primo a credere che la garanzia delle Banche non significa nulla, come volete che ci credano gli altri?
Ho dimostrato che il biglietto non vale se non quanto il credito dello Stato possa consentire che valga, e che ogni altra garanzia consentita per legge non vai nulla perchè può per altra legge venir meno.
Il criterio del capitale per limitare le emissioni di Banche già esistenti ed accreditate, e di natura fra loro assai diversa, quanto poco sia adatto, lo abbiamo già esposto; ciò per altro è confermato dalla stessa vostra legge, dappoichè essa stessa è costretta a modificare per ogni singolo caso l'applicazione che deve farsene.
L'avere intanto stabilito per criterio il capitale vi ha dovuto costringere ad accrescere la circolazione della Banca Nazionale, non potendo noi fare a suo danno una odiosa eccezione, mentre prendendo altro criterio per base all'emissione, cioè limitandola in ragione dell'abuso che se ne era fatto voi vi sareste dispensati dal dover concedere alla Banca Nazionale la maggior emissione che oggi le si deve attribuire in rapporto al suo capitale.
Dopo le cose dette non vi sorprenderà il sentire che io voterò contro la proposta legge; debbo però soggiungere che avvi un altro motivo perchè faccia in tal modo.
Rammento aver discusso, già è qualche anno, con l'onorevole Maiorana-Calatabiano dei principii ai quali s'informa codesto progetto, e ciò quando il medesimo presentava alla Camera una sua proposta sostanzialmente identica alla presente.
Or bene, in quell'epoca, sebbene a primo aspetto parevami seducente il pensiero di separare il biglietto governativo dal biglietto della Banca, pure il riflettere che in tal modo creavasi la carta-moneta, di cui non era facile arrestare in avvenire la maggiore emissione, mi spinse a votarvi contro; con più ragione adunque debbo io rigettare oggi la medesima proposta, avvegnachè le condizioni diverse nelle quali ci troviamo rendono questa proposta, a parer mio, meno accettabile; quindi non mi sorprenderei punto che oggi essa venisse respinta da coloro stessi che in tempi e circostanze diverse l'avevano già fatto.
Signori, non credo dover più oltre abusare della vostra cortese attenzione, pongo perciò termine al mio dire; non trovo però superfluo di aggiungere che sono dolentissimo di trovarmi, in questa occasione, avversario dell'onorevole Minghetti il cui ingegno, il cui sapere, non vi ha in questa Camera chi più di me apprezzi.
(Bravo!)
presidente. La facoltà di parlare spetta ora
all'onorevole Luzzatti, a cui l'onorevole Secco ha ceduto il suo turno di
parola.
Luzzati. L'egregio oratore che mi ha preceduto osservava, incominciando il suo notevole discorso, che il tema sottoposto ora all'esame della Camera aveva gravità ed importanza straordinaria. Certamente, o signori, quando si pensi che questo Parlamento deve ora discutere nello stesso tempo due argomenti che furono esaminati da quasi tutti gli altri Parlamenti in modo distinto, cioè il regime della moneta e quello dei segni o dei simboli che rappresentano la moneta e ne accrescono l'effetto utile, apparirà evidente la verità della sua osservazione. Questo tema ha importanza così grande rispetto all'economia nazionale, che può essere assomigliato, senza timore di esagerazione, alla circolazione del sangue riguardo alla vita umana.
Aggiungasi a questo, onorevoli colleghi, che in questioni economiche così delicate, come sono quelle del corso forzoso e della circolazione, tutti gl'interessi, gli affetti, i pregiudizi individuali, locali, regionali insorgono e stridono. E quando si ponga mente, ciò che tutti noi vogliamo e dobbiamo fare, all'utilità dello Stato, conviene deludere molte speranze e offendere molte aspettative. Le quali, in una materia così oscura e non ancora pienamente rischiarata dalla luce della scienza, molto facilmente, per nascondere il carattere odioso del tornaconto privato, assumono le bugiarde parvenze di qualche teoria, e in nome di questa domandano diritto di cittadinanza nella patria legislazione.
(Benissimo!)
Distinguere, o signori, ciò che è interesse dello Stato da quello che è interesse particolare delle Banche, cercare i punti in cui questi due interessi possono accordarsi fra loro, notare quegli altri in cui sono inconciliabili (e l'interesse dello Stato deve allora prevalere a quello delle Banche), ecco il compito assegnato al Parlamento, al quale la patria sarebbe grata, se per un istante si abbandonassero le lotte dei partiti e si facesse la tregua di Dio per esplorare con pacata serenità di esame questo gravissimo problema.
Io seguirò l'onorevole mio amico, il deputato Lancia di Brolo, nel modo con cui egli ha posta la questione. Egli diceva: vi è un fatto che s'impone oggidì a tutti gli altri, un fatto il quale pesa angosciosamente su tutti gli ordini dei cittadini, ed è l'elevatezza dell'aggio. Ed invero l'aggio che nel 1866 aveva un corso medio di 7 99, nel 1867 di 7, nel 1868 di 9, nel 1869 di 3, nel 1870 di 4, nel 1871 di 5, è salito nel 1872 ad una media di 9 60,
e nel 1873 di 13 88; ciò vuol dire che nel 1873 il corso medio dell'aggio è stato doppio di quello del 1866, l'anno terribile in cui l'Italia commetteva al Dio degli eserciti ed alla fortuna delle armi la propria esistenza nazionale.
(Interruzioni — L'oratore si arresta)
presidente. Continui, onorevole Luzzati. Prego i
signori deputati di andare ai loro posti.
Luzzati. Ora, o signori, quali sono le cagioni di questo fatto che ci conturba?
Anch'io prendo un impegno con la Camera, a cui non verrò meno che quando vi sia obbligato dai miei contraddittori, ed è quello di esaminare questo tema praticamente e di non divagare in ragionamenti astratti. I Parlamenti non sono accademie; i fatti, le osservazioni vive che si portano in questa Camera hanno da pigliare le mosse dall'alto e dalla teoria, ma di questa è ben lecito considerare come già esistente la cognizione in chi ascolta.
Ora, o signori, i fatti che, a mio avviso, in Italia e fuori d'Italia,
dappertutto dove c'è il corso forzoso, determinano la maggiore o minore
gravità dell'aggio, sono tre, per tacere dei minori, e si riassumono in
questi: lo stato delle finanze, cioè il credito dello
Stato; la quantità della carta; infine la ricerca dell'oro, cioè la quantità dell'oro che, per
qualsivoglia titolo, occorre inviare all'estero.
Avviene molte volte che noi udiamo dei giudizi troppo esclusivi anche pronunciati da uomini competentissimi i quali attribuiscono all'una od all'altra di queste cagioni la ragione vera dell'aggio; ma ciò si spiega facilmente, perchè vi sono momenti nella vita di un paese in cui la ragione dell'aggio è determinata particolarmente da una di queste cause, e vi sono altri momenti in cui la ragione dell'aggio è determinata invece principalmente dalle altre fra le cause di cui vi ho tenuto parola.
Ma se si può ritenere che in dati momenti taluna fra queste cagioni non agisca, ed un'altra preponderi, è però sempre in questo circolo, cioè nel credito dello Stato, nella quantità della carta, nella quantità d'oro che si deve mandare all'estero per qualsivoglia titolo, che vuolsi ricercare la spiegazione dell'aggio dell'oro sulla carta.
Ora, o signori, in qual guisa il progetto di legge che ci ha presentato il Ministero cerca di vincere, o se non di vincere, di diminuire (poichè a nessun legislatore, a nessun ministro, a nessun Parlamento è dato di vincere gli effetti di queste malattie, le quali hanno la loro sede e la loro ragione ben più in alto), in qual modo cerca di mitigare, di paralizzare gli effetti dell'aggio?
Ecco l'esame che io mi propongo di fare, e che in certo modo si contrappone a quello che è stato fatto dall'egregio mio collega, l'onorevole Lancia di Brolo, imperocchè, mentre egli pensa che il progetto del Ministero possa aggravare le cagioni dell'aggio, io credo invece che esso tenda ad attenuarle.
L'onorevole Lancia di Brolo diceva: «io non seguirò il relatore della Commissione nella questione del
disavanzo, a me è indifferente in questo momento che vi sia o non vi
sia disavanzo.»
In verità io non posso far astrazione da questo punto, perchè, essendo vivissima la mia persuasione che uno degli elementi i quali concorrono o ad accrescere o a diminuire l'aggio sia appunto il credito pubblico, cioè lo stato delle finanze, esso è il capo saldo, o almeno uno dei dati essenziali del problema di cui ho intrapreso l'esame. Io potrei quindi soltanto consentire che si differisca la discussione di questo vitale argomento. Certamente è troppo grave l'esame del quesito sottoposto ora alla Camera perchè lo si debba complicare con quello del disavanzo, ma egli è manifesto, o signori, che questo progetto di legge, anche se avrà la virtù di diminuire l'aggio per effetto della limitazione della circolazione, e del ravvivamento delle correnti metalliche, non raggiungerà il suo fine, se lo Stato non si adopererà seriamente ed efficacemente a pareggiare le entrate colle spese;
(Bravo! a destra)
imperocchè, o signori, c'è esempio di popoli, i quali col bilancio pareggiato hanno potuto paralizzare le altre cause sinistre dell'aggio, ma non c'è esempio di popoli, che, restringendo la carta, ovvero ravvivando le correnti metalliche, abbiano potuto impedire l'esacerbazione dell'aggio che, in un paese a corso forzoso, è anche l'effetto necessario di un cumulo di disavanzi persistenti.
(Bravo! Benissimo! a destra)
Io che voterò questo progetto di legge presentato dal ministro delle finanze, sento l'obbligo di dichiarare che voterò anche i 50 milioni d'imposte che egli ha preso l'impegno di ottenere dalla Camera prima che si chiuda questa Sessione; imperocchè 50 milioni d'imposte non sono che un acconto per raggiungere il pareggio delle entrate colle spese.
Io stimolo, eccito l'onorevole Minghetti a preoccuparsi della condizione delle finanze, perchè la condizione delle finanze è intimamente connessa all'aggio, ed ogni Italiano sarebbe certamente disposto a pagare qualche contribuzione di più, quando avesse la persuasione che il pareggio del bilancio si raggiungesse, e fosse diminuito quell'aggio, il quale rappresenta un'imposta gravissima, e falcidia, in misura ancor più grande della tassa di ricchezza
mobile, le entrate di tutti coloro che vivono di rendite fisse. Per ottenere questo, o signori, io non mi preoccupo tanto della difficoltà di pareggiare le entrate colle spese, quanto, devo dirlo, piaccia o dispiaccia a miei amici, della difficoltà di determinare l'entità reale delle nostre spese. Io credo impossibile raggiungere il pareggio senza una chiarezza e una determinazione maggiore che oggi non sia nel bilancio della spesa.
Noi abbiamo tre grandi incognite nella spesa. Sino ad oggi erano due sole: quella del bilancio della guerra, e quella del bilancio dei lavori pubblici; ora si aggiunge a queste due incognite una terza, ed è quella del bilancio della marina. Io spero che il Ministero ed il Parlamento, nell'occasione della discussione dei provvedimenti finanziari, metteranno in pienissima luce le tre incognite, di cui ho-parlato, perchè a noi occorre avere innanzi intiero il programma delle nostre spese, non già soltanto delle spese di un anno, ma di quelle necessarie per le riforme dell'esercito, della marina e per le opere pubbliche che noi, nelle presenti condizioni del bilancio, possiamo e dobbiamo fare.
Così soltanto potremo infondere la persuasione, non solo in noi, ma anche in altri, che procediamo nella via del pareggio, perchè non vale aumentare le entrate, fino a che rimane avvolta nel mistero questa cifra importantissima che è l'ammontare della spesa.
Signori, persuadiamoci che la misura dell'aggio è determinata dalle
condizioni della nostra finanza, e che sulle condizioni della nostra finanza
hanno azione assai minore le nostre speranze dei giudizi severi che alcune
volte si danno di noi nel mondo. Il mio cuore d'italiano fu profondamente
angosciato, quando, or sono alcune settimane, in un giornale inglese,
l'“«oggi pare che sia impossibile medicarla, perchè abbiamo l'aggio,
in Italia, che oscilla intorno al 20 per cento.»
Certamente, signori, il giudizio di questo giornale è ingiusto, e noi abbiamo compiuti degli atti, anche in materia di finanza, che meriterebbero una più benevola attestazione; ma non è con parole, non è con programmi che noi potremo acquistare il favore del credito pubblico. Noi dobbiamo persuadere gli amici ed i nemici che nell'ordine finanziario come nell'ordine politico, gl'Italiani non hanno soltanto le audacie, ma hanno anche il vigore della giovinezza.
(Bravo!)
Ma io ho promesso di non avventurarmi in questo campo difficile del bilancio dello Stato, che potrà essere percorso ampiamente quando la Camera si occuperà dei provvedimenti finanziari; era però obbligo mio dimostrare il nesso grandissimo che lo stato della finanza ha con la gravezza dell'aggio e con le condizioni di una circolazione a corso forzoso.
La seconda cagione, o signori, l'ho ricercata nella quantità della carta. Qui in verità mi pare che tutto il ragionamento dell'onorevole nostro collega Lancia di Brolo ponga come già risoluta una questione che a me, che ci ho meditato con molta cura, sembra assai difficile ad essere indagata direttamente, e non può avere una risoluzione adeguata che per mezzo di induzioni.
La circolazione esistente oggi in Italia a corso forzoso, a corso legale, a corso fiduciario (imperocchè tutto questo è carta che pesa sul mercato come se fosse tutta fiduciaria o tutta legale o tutta a corso forzoso, in ogni momento in cui noi la consideriamo) eccede i bisogni del mercato, ovvero è a questi inferiore o corrisponde esattamente e si equilibra con siffatti bisogni.
Porre il quesito è assai facile; risolverlo è più difficile.
Io comincierò con una brevissima professione di fede e poi mi accingerò con eguale brevità all'esame di questa quistione, per indagare se proprio si possa dire che la circolazione attuale esuberi e che il deprezzamento della carta ed il rialzo corrispondente del prezzo delle merci e dell'oro (chè anche esso è una merce), dipendano veramente dalla quantità della massa monetaria che è oggi in circolazione.
La professione di fede è questa. Io, o signori, in tempo di circolazione
normale come in quello di circolazione a corso forzoso, non appartengo alla
scuola degli espansionisti, cioè di coloro i quali
credono che si possano facilmente confondere i valori con i segni del
valore.
Costoro, che sono i veri alchimisti della finanza, esagerano la potenza della carta, le attribuiscono misteriosi influssi sulla prosperità economica dei popoli, e mi ricordano quel certo pazzo inglese il quale, scambiando i ritratti per gli originali, attribuiva ai fotografi la virtù di moltiplicare la popolazione.
(Si ride)
Ora, o signori, per sapere se la massa attuale di carta esuberi nel mercato, o sia deficiente, qual altra via noi possiamo seguire che quella di cercare anzitutto la circolazione complessiva con cui i cambi del regno si operavano nel 1866? È questo un dato che ci deve illuminare nella via che dobbiamo percorrere.
Secondo le attestazioni meglio accreditate, nell'aprile del 1866, erano in circolazione attiva, tra carta ed oro, 1375 milioni di lire, ai quali aggiungendo la circolazione dello stabilimento mercantile di Venezia e quella della Banca Romana, e senza tener conto dell'oro esistente nelle provincie venete e di Roma, che allora non erano ancora congiunte all'Italia, si giunge ad una circolazione totale di 1397 milioni. Sommando oggi tutte le circolazioni, dedotte le riserve, si ottiene la cifra di 1404 milioni, a cui è mestieri aggiungere la circolazione metallica la quale non è intieramente scomparsa dal nostro paese, particolarmente nelle provincie meridionali ed in alcune parti del Veneto. A quanto giunga quest'ultima circolazione non è dato, per le imperfezioni delle nostre statistiche, di potere determinare. Però alcuni impiegati competenti della direzione generale del Tesoro, i quali facendo la operazione del ritiro delle monete di vecchio conio, e del cambio di esse con le monete del nuovo regno, hanno una grande famigliarità con tutte queste correnti occulte della circolazione monetaria, stimano che la massa di moneta sonante, esistente ancora nella nostra circolazione, si accosti a 200 milioni di lire.
Ed è a notare, o signori, che circa 25 milioni all'anno di monete vecchie si sono venute ritirando negli ultimi anni con la riscossione dei dazi perchè è appunto con le monete di vecchio conio che vengono fatti in parte i pagamenti dei dazi, e si porge alimento al lavoro della rifusione.
Ma questi dati, o signori, non bastano per porre scientificamente il problema. Noi assistiamo a questo fatto, che deve preoccupare tutti coloro i quali esaminano le condizioni del credito. Le Casse di risparmio, le Banche, prima del 1866 tenevano in deposito una somma di risparmi infinitamente minore di quella che hanno oggidì.
Le Casse di risparmio, tra il 1866 ed il 1873, hanno veduto crescere i loro depositi, di una somma che, all'ingrosso, supera i 150 milioni; e dal 1866 ad oggi s'è venuto costituendo nel nostro paese un gran numero di Banche, le quali, come è attestato dall'eccellente “Bollettino” che pubblica il Ministero di agricoltura, hanno depositi in conto corrente per più che 300 milioni. Noi sappiamo invero che prima del 1866 poche erano le Banche che esistevano in Italia, e i conti correnti passivi degli scarsi Banchi di sconto esistenti precipuamente in Genova non oltrepassavano per fermo i 100 milioni.
Che cosa significa, rispetto al problema di cui noi ci preoccupiamo, la quantità maggiore o minore dei depositi e dei conti correnti raccolti presso le Banche dal 1866 al 1873? Attesta una maggiore abitudine di previdenza e di risparmio diffusa in tutti gli ordini di cittadini; attesta che oggi si tengono in cassa da ognuno di noi somme di danaro oziose in misura assai minore che non accadesse nel 1866.
Il danaro ozioso è chiamato dagl'Inglesi capitale
morto, appunto perchè, durante tutto il tempo che è tenuto
nascosto, è come se non fosse uscito mai dalle viscere della miniera. Il
credito è la velocità con cui si imprime un maggiore o minor moto alla massa
esistente dei capitali. Si riproduce in tal guisa nel campo economico la
nota formola meccanica della massa moltiplicata per 3a velocità; il capitale
moltiplicato per la velocità, con cui il credito lo muove, misura il
servizio che questo capitale rende al nostro paese. Ora, o signori, è certo
che la massa monetaria attuale supera nei servizi la massa monetaria
esistente nel 1866; un milione di lire oggi ha, per virtù della maggiore
velocità che gli è impressa dal credito, effetti maggiori che nel 1866,
opera, cioè, in egual tempo, una più grande somma di pagamenti. È mutato il
mezzo del trasporto; oggi si corre a grande velocità di ferrovia, quando
invece nel 1866 si correva a piccola velocità del carreggio ordinario.
Bisogna tener conto anche di due altri elementi, che, cioè, dal 1866 ad oggi è aumentata in Italia la popolazione, e se esaminate i censimenti, voi vedete che dal 1866 al 1873, anche proporzionando giusta i criteri stabiliti dall'ufficio centrale di statistica gli aumenti della popolazione, si giunge a questo risultato, che oggi vivono in Italia 1,200,000 uomini più che nel 1866. Ognuno di questi nuovi esseri umani domanda la sua parte nei commerci del paese, vuole il suo posto nella ferrovia dei cambi, che è appunto la moneta ed il credito.
Inoltre, o signori, dal 1866 ad oggi, gli affari sono cresciuti. Chiunque abbia esaminate le condizioni industriali, le condizioni commerciali del nostro paese, chiunque abbia pigliato in mano il libro che rende conto del movimento commerciale coll'estero, ed abbia investigato se, a mo' d'esempio, la filatura e la tessitura della seta, la tessitura della lana, la tessitura del lino sieno o non sieno cresciute negli ultimi anni, dovrà (sebbene non si possa aprire l'animo a grandi speranze, per quanto ci convenga
anche in questo argomento la modestia, e la nostra inferiorità risulti ancora maggiore quando la si paragoni, nelle esposizioni universali, coi grandi progressi ottenuti dagli altri popoli), dovrà però riconoscere che c'è stato un movimento di commercio e di industrie notevole, il quale è avvertito anche all'estero. Coloro i quali leggono i giornali commerciali della Francia sanno che cosa dicano di Genova i negozianti di Marsiglia, che cosa pensino i commercianti di Lione del mercato serico di Milano. E che è, o signori, tutta questa paura che si ha in alcune città straniere del progresso delle nostre industrie? Che cosa significa essa, se non che queste industrie cominciano a muoversi, e a prosperare non solo in vista del traffico interno, ma anche dell'estero?
Qui, per amore di brevità, io mi astengo dal ci[t]arvi dei dati o delle cifre le quali spero si potranno raccogliere e con maggior profitto meditare nella relazione sulla inchiesta industriale.
Ma se tutto questo è vero, o signori, se gli affari sono aumentati, devono aumentare anche i mezzi degli scambi con cui gli affari si compiono.
L'onorevole Lancia di Brolo metteva innanzi nel suo discorso due argomenti i quali hanno causato viva impressione nell'animo mio. Egli diceva: se la speculazione domanda maggiori mezzi di credito, noi non dobbiamo preoccuparcene. E soggiungeva: noi dobbiamo guardare agl'interessi generali dello Stato; le Banche debbono essere costrette a ritornare ad una circolazione corrispondente a quella che esse avevano nel 1868, nei 1869 ovvero nel 1870. Egli lasciava che l'anno fosse fissato, per così dire, dalla volontà di tutti noi, perchè non metteva molta importanza nel designarne uno piuttosto che l'altro. Ora, o signori, un anno piuttosto che un altro, vuol dire una differenza di venti o di trenta milioni nella circolazione.
In verità, quando gli interessi dello Stato non ne sono gravemente offesi, io mi preoccupo un pochino anche degli interessi delle Banche, perchè gli interessi delle Banche non rappresentano soltanto gli interessi degli azionisti, dei quali io non sono tenero, ma operando lo sconto e le anticipazioni rendono al commercio ed all'industria del paese quei servizi, che esse non potrebbero più rendere, se la loro circolazione fosse stremata o ridotta ad una misura molto inferiore a quella che richiedono i bisogni attuali.
In questa materia non si può procedere con indifferenza, perchè venti milioni di più o venti milioni di meno, sono appunto il segno di grandi speranze o di vivi timori pel commercio e per l'industria. E noi che siamo qui per tassare le industrie ed i commerci del regno nella misura necessaria ad ottenere il pareggio, non possiamo, in nome dello stato d'assedio del corso forzoso, togliere alle banche, togliere, cioè, a tutti i commercianti ed a tutti gli industriali i mezzi ragionevoli, di cui essi hanno uopo per fare i loro affari.
L'altra considerazione dell'onorevole Lancia di Brolo era questa; egli
diceva: sono voci che sorgono dalla speculazione
codeste che domandano un aumento di carta. Qui, o signori, è bene che noi
analizziamo un istante le ragioni per cui in certi periodi dell'anno il
ministro delle finanze è assalito dagli interessati nelle Banche, perchè si
allarghi il limite della circolazione. Io credo che molte di quelle voci
sorgano dal covo degli speculatori, ma credo anche che alcune di quelle
domande s'innalzino dai banchi dei commercianti leali e dagli opificii degli
onesti industriali. Ed infatti, se io esamino quale è il tempo dell'anno in
cui quelle voci sorgono, mi persuado che esse non derivano soltanto dalla
speculazione, ma che c'entra anche l'interesse legittimo del commercio.
Non è solo la speculazione quella che, nella stagione in cui il commercio della seta si fa più vivo, domanda un allargamento nell'emissione. Non è la speculazione soltanto quella che in autunno e alla fine dell'anno richiede un'espansione dei segni del valore, imperocchè questo fenomeno si ripete in tutti i paesi del mondo, e, se percorrete i resoconti delle Banche d'Inghilterra, per tacere delle altre, voi vedrete che sono descritti con precisione regolare i due grandi periodi, il primaverile e l'autunnale, nei quali le emissioni si allargano, e il fiotto della circolazione si fa più vivo, appunto perchè a quei periodi corrispondono somme maggiori di affari che si operano o si liquidano per l'industria e per l'agricoltura, pei saldi delle Banche, ecc.
Anche nel nostro paese ci troviamo di fronte a questa necessità. Io pure credo che sia utile porre un limite alla circolazione, ma credo che, se noi potremo, per effetto di queste discussioni, trovare un modo (e non dico che il ministro nel suo progetto lo abbia trovato, nè che la Commissione, correggendo il progetto del Ministero, sia stata più felice), di dare maggiore elasticità alla circolazione, senza che sieno ecceduti i limiti nei quali noi vogliamo chiuderla nell'interesse generale dello Stato, non avremo fatto alcun danno ad esso, serbando illesi i confini disegnati, ed avremo nello stesso tempo
permesso alle Banche di giovare al commercio ed alle industrie nei momenti in cui hanno maggiore bisogno dei loro sussidi.
Non è mio proposito di entrare ora in questa questione dell'elasticità della circolazione; credo che la sua sede più opportuna sia nella discussione degli articoli particolari: allora io mi permetterò, di mettere innanzi alcune proposte sulle quali infocherò benevolo l'esame della Camera, tenendo conto anche degli studi fatti da una benemerita Accademia del regno, quella dei Georgofili, la quale ha esaminato maturamente questo quesito dell'elasticità della circolazione.
Ma, signori, se la circolazione e tale, che probabilmente da tutte queste
cifre, da tutti questi indizi pare che non soverchi i bisogni del mercato,
non esiste nel paese la preoccupazione gravissima che noi a poco a poco ci
avviamo ad uno stato di cose in cui questa circolazione non eccedente oggi,
dovrà eccedere indubbiamente nell'avvenire? Quale è lo spettacolo a cui
assistiamo? Le Banche a corso legale aumentano ogni mese più le loro
emissioni, le Banche che hanno una circolazione fiduciaria (che non dirò qui
abusiva od illegittima,
per non suscitare una gravissima tempesta di discussioni e di contraddizioni
nella Camera, e perchè è questa una questione assai minore di quello che
paia, ed è stata ingrossata anche troppo), le Banche che hanno la
circolazione fiduciaria, estendono anch'esse la loro emissione. Perchè
accade questo, o signori?
In un mercato aperto, a condizioni normali, il polso del commercio è delicatamente, squisitamente sensitivo, ed avverte da sè ogni eccedenza ed ogni difetto della circolazione. La quantità di moneta è regolata, in condizioni normali, da una legge naturale di attrazione e di repulsione, pari a quella che governa, nel cielo, il corso dei pianeti. La quantità di moneta necessaria ad un paese si adegua esattamente ai suoi bisogni, riproducendo nel campo economico la nota legge fisica dei liquidi nei tubi comunicanti, i quali tendono a mettersi allo stesso livello.
(Benissimo!)
Ma, o signori, in un mercato chiuso (ed il corso forzoso chiude in certa guisa il mercato) i bilancieri della circolazione non operano come converrebbe, i freni del cambio si fanno sentire con minor forza. Perchè si andrebbe al cambio? Per barattare carta con carta? Ma quando la Banca che la emette gode sufficiente fiducia, quale interesse si ha a spendere il biglietto della Banca Romana o quello della Banca Nazionale? L'interesse si manifesta allora soltanto che occorre di fare una rimessa di fondi fuori della regione dove il biglietto ha corso; perchè noi abbiamo oggi un congegno di credito che, piaccia o dispiaccia all'onorevole nostro collega Lancia di Brolo, ha ricreato nella società moderna le divisioni monetarie che si avevano nel medio evo. Noi siamo tornati veramente al medio evo, quando usciamo da una piccola città con un biglietto d'una lira e non lo possiamo più spendere nella prossima città, quando il biglietto della Banca Toscana o Romana non è ricevuto in pagamento nell'Italia settentrionale. Ora noi, con questo progetto di legge, che cosa ci proponiamo di fare? Ci proponiamo di ricondurre, per quanto è possibile, l'unità nella circolazione. E riconduciamo (fino ad un certo punto almeno) l'unità di circolazione perchè la moltiplicità dei biglietti di piccolo taglio non sarà più ammessa. E qui giova ricordare come le foggie di questi biglietti sieno state numerosissime nel nostro paese; io stesso ne ho raccolto più di 700 varietà, formando così una specie di gabinetto patologico del corso forzoso.
(Ilarità)
Noi riconduciamo l'unità di circolazione, perchè oggi la moneta che serve alle minute contrattazioni è una moneta che opera in un luogo e non più in un altro; e la legge presente, commettendo l'emissione dei biglietti da 50 centesimi, da una lira e da due lire al consorzio delle Banche, che io distinguo nettamente dallo Stato (e dirò poi all'onorevole Lancia di Brolo la ragione per cui io affermo questa distinzione), farà sì che la moneta adoperata nelle minute contrattazioni sfa, in tutta Italia, eguale per credito, eguale per spendibilità. Ora, o signori, codesto è un grandissimo beneficio, imperocchè le Banche popolari, le quali emettevano biglietti da 50 centesimi o da una lira, non facevano un atto di credito, non avevano dal pubblico una spontanea attestazione di fiducia, ma ottenevano dalle popolazioni una sottomissione necessaria. Quando non c'era moneta spicciola, e la moneta spicciola è indispensabile perchè si possano appagare i bisogni quotidiani della vita, era elidente che i biglietti della Banca popolare si imponevano assai più per necessità che per qualsiasi altra ragione. Il loro corso era peggiore del forzoso: era un corso necessario.
(Bene!)
Oggi, o signori, che cosa facciamo? Togliamo l'emissione dei biglietti piccoli alle Banche popolari, concediamo ad esse i biglietti maggiori e le riconduciamo veramente nel campo del credito.
Ho detto che le circolazioni a corso legale in Italia si estendono ognora più. Perchè si estendono esse? Gioverà qui avvertire come il nostro paese sia stato uno degli ultimi ad avere il corso forzoso, ed il corso forzoso è argomento di una scienza che forma parte della economia pubblica, come la patologia
è parte della medicina. Intorno a questa scienza sono stati scritti molti libri; ora un gran libro di patologia economica è stato composto da uno dei più grandi economisti inglesi, il Tooke, il quale ha analizzato, nella sua storia dei prezzi, il modo con cui operava la circolazione nell'Inghilterra dopo il 1797 che, come è noto, è l'anno in cui fu introdotto il corso forzoso.
Ora, o signori, l'Inghilterra si trovò in condizioni pressochè identiche alle
nostre presenti. C'era una grande Banca, quella di Londra; accanto ad essa
ve n'erano molte altre che portavano il nome di
Domando alla Camera pochi minuti di riposo.
presidente. Riposi pure.
(La seduta è sospesa per pochi minuti ―
Conversazioni.)
L'onorevole Luzzati ha facoltà di continuare il suo discorso.
Luzzati. Ecco, o signori, il modo con cui si accenna a questo tema traendone
gli argomenti da un articolo notevolissimo della “
«Con tal sistema le Banche di provincia si affidano ad un
capitale minore di quello che sarebbe necessario se fossero tenute a
pagare in metallo. Esse tengono in cassa una riserva di un
ventesimo, mentre, in condizioni normali, avrebbero tenuto una
riserva di un quarto o almeno di un quinto; la sicurezza di non
potere essere costrette alla conversione delle proprie note le fa
balde e presuntuose. Se l'atto di restrizione fu causa di una
eccessiva emissione da parte della Banca d'Inghilterra, lo che non
può essere contestabile, fu pure causa di una eccessiva emissione da
parte delle Banche di provincia.»
Pare, o signori, l'esatta ripetizione di ciò che è avvenuto nel nostro paese.
Parecchi deputati affermarono in questi ultimi anni con grande costanza che, mano mano che il Tesoro avesse allargato le sue emissioni, si sarebbe ristretta la circolazione delle Banche locali, delle Banche Toscane, cioè, del Banco di Napoli, del Banco di Sicilia.
Invece, fu presentato fin dal 1872 in questa Camera un mio lavoro nel quale erano messi a riscontro i mutui fatti al Tesoro colle emissioni delle Banche locali, ed era dimostrato che più aumentavano gli uni, più aumentavano gli altri; è la identica riproduzione del fenomeno che fu veduto in Inghilterra, perchè pare quasi, in questa grande maledizione del corso forzoso, che l'abisso invochi l'abisso e la carta generi la carta.
(È verissimo!)
E invero la carta genera la carta necessariamente, perchè, come notava anche l'onorevole nostro collega Lancia di Brolo, sia che la carta si deprezzi per lo scredito dello Stato, o per l'uscita dell'oro, o pel soverchio volume, qualunque sia la ragione dello scadimento, è certo che, aumentando il prezzo delle cose, per operare la stessa quantità di scambi si richiede una maggiore quantità di carta.
Dalle cose sopra dette appare che, se la carta attuale non eccede ora probabilmente i veri bisogni del mercato, certo essa potrebbe, per effetto della tendenza a sempre maggiori emissioni, eccederli un giorno e fra breve; e intendo i bisogni di moneta circolante, che sono una cosa assai diversa dai bisogni di credito, e quindi dalla quantità di cambiali che le Banche possono scontare. Imperocchè, se voi portate allo sconto la quantità di cambiali esistenti, a un momento dato, in un paese, voi vedrete che la somma delle emissioni dovrebbe essere accresciuta in guisa da eccedere in modo singolare le necessità della circolazione monetaria; laonde, la quantità di sconti di cui un paese ha bisogno e la quantità del mezzo circolante di cui esso ha mestieri, sono cose che volgarmente vengono non di rado confuse, ma sono in fatto e vogliono essere tenute compiutamente distinte, sebbene abbiano fra loro una correlazione.
Ora se tutto questo è vero, che cosa si richiede, o signori? Che cosa ha proposto il ministro? Egli ha limitata la circolazione, e l'ha limitata perchè le emissioni future, le emissioni probabili a corso fiduciario hanno un effetto sul credito attuale del biglietto ed operano come se queste emissioni fossero già fatte; in guisa che alla massa di carta che circola nel paese, la fantasia popolare aggiunge quella che si potrà emettere in un prossimo avvenire, e così avviene il deprezzamento.
Ma, signori, voi mi direte: tutte queste sono induzioni. Sono induzioni, io rispondo, appoggiate alla osservazione dei fatti.
Ma mi sia lecito di entrare nel campo dei miei avversari e fare loro questa domanda.
Quali sono oggi le cagioni principali dell'aggio dell'oro?
Per me, secondo il mio pensiero, ed ebbi già ad esprimerlo, sono le condizioni del credito dello Stato, la richiesta dell'oro, e la quantità di carta presente
cui si aggiunge la quantità di carta futura che si conta già come presente.
Ora a coloro che sostengono la quantità della carta essere l'unica ragione della misura eccessiva dell'aggio, io debbo richiamare quale sia la condizione vera delle cose, perchè se un medico attribuisce una malattia ad una cagione determinata e crede di vincerla combattendo questa cagione, e accade poi invece che la malattia si fa più gagliarda, vuol dire che il medico ha sbagliata la diagnosi.
Credete voi che la quantità attuale della carta sia la ragione vera dell'aggio? Se fosse permesso nel mondo economico fare le esperienze come nel mondo fisico (e l'impossibilità di farle è un grande difetto delle scienze sociali, come un grande pregio delle scienze fisiche quello di poterle fare) io direi: tentiamo a guisa di esperienza una diminuzione del 15 per cento nella somma della circolazione cartacea. Credete voi che, per effetto di questa diminuzione, l'aggio sparirebbe? Io credo, o signori, che, se voi diminuite del 15 per cento la circolazione cartacea, l'aggio, nell'attuale condizione delle finanze, cioè senza quei 50 milioni che il ministro di finanze vi ha chiesti, senza avere una determinazione delle spese più chiara e più stabile che oggi non abbiamo, senza avere mercati abbondanti di oro ed una regolata esportazione che ecceda l'importazione, l'aggio dell'oro diminuirà assai lievemente.
Questa è la mia profonda convinzione, e credo che tutti gli uomini di affari,
non già perchè siano speculatori, ma perchè sono quelli i quali hanno il
Ma il progetto dell'onorevole Minghetti raggiunge l'intento di limitare la circolazione? Per me, o signori, se un ministro, in un paese come il nostro, che, nel caos degli ordinamenti del credito ha raggiunto i limiti del possibile, in un paese come il nostro, dove ci sono Banche le più disformi, che hanno biglietti i quali circolano con le garanzie di più varia indole e che obbediscono a sistemi interamente diversi, riescisse, anche con un colpo di strategia parlamentare, ad ottenere il risultato di ordinare e limitare veramente la circolazione, sarebbe la prima volta che io benedirei ad una strategia di questa natura, perchè ci avrebbe portati ad una conseguenza felicissima, a cui niuno ha saputo giungere finora in Italia per altra via.
Noi abbiamo in Italia Banche che non cambiano affatto, Banche le quali cambiano limitatamente, Banche le quali cambiano quando vogliono, Banche che emettono il triplo della loro riserva, mentre altre possono raggiungere il quadruplo, Banche le quali hanno l'obbligo di tenere una riserva pei conti correnti, quando altre non hanno quest'obbligo; ce n'è per tutti i gusti, ce n'è per tutti i programmi, per tutte le dottrine.
(Ilarità generale)
Ora un ministro che in tempo di corso forzoso riuscisse a porre un limite a tutte queste emissioni, che riescisse a pareggiarle nelle condizioni generali del loro credito, cioè nei rapporti tra la riserva e l'emissione, tra il capitale e l'emissione, farebbe, a mio avviso, un vero miracolo, pel quale io gli sarei riconoscente.
Ma una terza cagione io ho attribuita all'aggio, ed è l'assenza dell'oro. Questo punto, o signori, è il più disputato, e, lasciate che io lo dica, perchè potrebbe essere tanto che io m'ingannassi, quanto invece che qualche cosa di vero ci fosse nelle mie parole, è stato anche quello che fu sinora meno analizzato, più mal compreso, sebbene, a mio avviso, eserciti un'azione efficacissima.
Il ministro Sella, nella relazione al progetto di legge sul corso forzoso da
lui presentato nello scorso anno, notava che «l'aggio debba ripetersi da più alta cagione; e che tutte si
riassumano nella necessità più o meno temporanea di comprare fuori
del regno oltre al solito, o di vendere meno del consueto per
effetto di mancata produzione, o per operazioni che si risolvono in
pagamenti da fare in oro, maggiori di quelli che si hanno da
ricevere.»
Io credo, o signori, che queste parole del ministro abbiano bisogno di illustrazione e di compimento, che non determinino tutte le cagioni dell'aggio, ma mettano in evidenza quella ragione che ha una influenza straordinaria e troppo disconosciuta. L'onorevole Sella metteva il dito sulla piaga, ed attribuiva alla ricerca dell'oro, cioè all'uscita di esso dal paese, per qualsivoglia cagione, un'importanza ben maggiore di quella che gli sia stata data.
Uno scrittore tedesco, il Wagner, nella sua dottrina del corso forzoso ha dimostrato, e anche questa dimostrazione pecca per eccesso, che il deprezzamento della carta non dipende, quando essa si tenga in certi limiti, dalla quantità maggiore o minore, ma dalla quantità maggiore o minore dell'oro che si cambia colla carta, cioè dalla domanda dell'oro. Questa dottrina è certo esagerata, ma io vi pregherei di esaminare alcuni fatti i quali impongono colla loro grandezza una seria meditazione.
Voi sapete che l'Austria è il paese classico del corso forzoso; vennero colà esperimentati tutti i sistemi possibili, e tutti hanno dato buono o cattivo
effetto sbugiardando i profeti dell'economia politica, perchè tale materia molto dipende dal sole o dal cattivo tempo che Dio ci manda, e che fa più deficienti o più copiose quelle produzioni e quelle esportazioni che influiscono sull'aggio assai più che le pazzie e gli errori dei legislatori.
(Bravo! Benissimo!)
Ora, signori, io v'invito a riflettere su alcune cifre le quali valgono a scolpire il mio concetto colla muta eloquenza loro. Nel maggio 1867 la circolazione cartacea in Austria, e desumo questi dati dalla stupenda monografia del Neuwirth, il quale ha fatto ora un'illustrazione compiuta della Banca austriaca, nel 1887, dicevo, la circolazione in Austria, fra biglietti delio Stato e biglietti della Banca uniti insieme, ammontava a 491 milioni di fiorini. L'oro era a 130, godeva cioè un aggio del 30 per cento. Nella fine del dicembre la circolazione, era di 548 milioni di fiorini, circolazione come vedete assai maggiore di quella del maggio. Ciò malgrado l'aggio scende da 130 a 119.
Ho voluto, signori, rendermi ragione di questo fatto, e ho incominciato a indagare se in così breve tempo le finanze austriache per qualche bacchetta magica abilmente agitata da un ministro di finanze, si fossero mutate in modo da spiegare esse soltanto la ragione di questa migliorata condizione dell'aggio, e vidi che in fatto di disavanzo v' hanno parecchi paesi che possono perdonarsi a vicenda. Esaminai poscia il volume delle importazioni e delle esportazioni e da questo risultò che l'anno in cui l'aggio scese al 19 per cento, è stato un anno di accrescimento straordinario nell'esportazione dei prodotti agrari; le farine e i grani dell'Ungheria e dell'Austria si rovesciavano fuori dell'impero e si permutavano coll'oro. Si valuta a 150 milioni di fiorini la somma ricavata da questa esportazione, e questa massa metallica ritornando nel paese migliorava i cambi, sebbene la quantità della carta si fosse nel medesimo tempo cresciuta.
Ma, o signori, ciò che è avvenuto in Austria e che io potrei lungamente attestarvi con altri esempi ha un riscontro in America così importante, così notevole, che io non so resistere alla tentazione di citarvelo. Sarete indulgenti per la novità dell'esempio.
Voi sapete che l'America è partita dal concetto da cui partono coloro i quali temono che la circolazione dell'oro possa restringere la circolazione della carta; ed è di diminuire i pagamenti in oro, cercando che le contrattazioni in oro sieno meno frequenti, esiliandolo per quanto si possa dal mercato, e facendo in modo che tutti i cambi si operino col mezzo della carta, perchè divenga più ricercata ed alzi di prezzo.
Costoro ragionano come i prigionieri i quali non potendo vedere la luce altro che dall'inferrata, demandano che la si chiuda e preferiscono di restare compiutamente nell'oscurità.
Ora, o signori, in America si è cominciato a fare appunto così. Anzi, in America si è cominciato a prendere la questione molto più dall'alto.
C'è stato un Parlamento il quale ha decretato per legge, che coloro i quali facevano vendite d'oro a consegna sarebbero colpiti da una multa e dal carcere.
L'esilio dell'oro non poteva essere in modo più vigoroso ed acerbo significato. Ma, o signori, dopo poco tempo, questo provvedimento fu abolito da quello stesso Congresso; imperocchè il premio sull'oro si prese la libertà di salire di 30 punti più in su di quel che era, per effetto di questo provvedimento che l'escludeva dal mercato.
Voi non riuscite ad abolire le negoziazioni in oro, ingrassate soltanto i detentori dell'oro, i quali si fanno dare un premio in ragione diretta della pena da cui la negoziazione dell'oro può essere colpita. È avvenuto così colle leggi dell'usura; avviene così colle leggi limitatrici dei contratti in oro. E questa nostra grande preoccupazione di non turbare il mercato, di non dar luogo alle speculazioni, è quella, signori, come avviene sempre nel mondo economico, che crea ed aggrava la speculazione, imperocchè la speculazione voi l'aggravate sempre quando, in vista delle possibili speculazioni, prendete dei provvedimenti che violano la libertà e la santità dei contratti. Ora, o signori, che cosa è avvenuto in America? Nel 1866 il Congresso americano è stato assalito dalla febbre della contrazione della carta, ed ha dato ordine al ministro delle finanze di ottenere con ogni sforzo codesta restrizione. Erasi divisato un piano di abolizione del corso forzoso, che doveva compiersi nel 1871, ma nel 1868 (i Congressi in America durano, come voi sapete, soltanto due anni) un altro Congresso portò un avviso assolutamente opposto. I repubblicani, al pari dei monarchici, per volubilità e per amore di cangiamenti, possono veramente darsi la mano.
(Ilarità)
Ora che cosa è avvenuto? Il ministro delle finanze, uomo sapientissimo, che ha messo in luce meglio di tutti gli altri i guai della circolazione cartacea in America, Mac Culloch, nella sua relazione del 1868 al Congresso, scriveva questo parole memorabili, le quali io raccomando a coloro che hanno ripugnanza a sanzionare i patti in oro.
«Il segretario del Tesoro crede che la sola soluzione del
problema finanziario stia nella riduzione della carta forzosa, ma il
Congresso essendosi pronunziato contro questa proposta, il
segretario raccomanda almeno questa provvigione, che egli crede
utilissima, ed è il riconoscimento dei contratti in oro (
I fatti della circolazione proverebbero che le specie metalliche
espulse dal paese per opera di un
medium
inferiore, vi ritornano quando possano divenire la base giuridica
dei contratti. Gli affari a breve scadenza si fanno durante il corso
forzoso nella stessa misura; ma gli affari a lunga scadenza (e qui
le parole del tesoriere americano proprio mi ricordano quelle
dell'onorevole Maurogònato, quando nel 1868 mostrava il danno che ai
prestiti ipotecari a lunga scadenza sarebbe venuto dal proibire le
contrattazioni in oro), ma gli affari a lunga scadenza, riguardanti
particolarmente l'agricoltura, si fanno ogni dì più difficili nel
nostro paese. Gli uomini prudenti e cauti, quelli i quali vogliono
salvarsi da questa grande alea del corso forzoso, esitano a
prestare, od a pigliare imprestiti per un lungo periodo, perchè non
sanno prevedere il valore del medium
nell'epoca dei pagamenti. Il valore del medium
nell'epoca dei pagamenti si prevede abbastanza a
breve scadenza; a lunga scadenza diventa un'impossibilità. Ora tutti
coloro i quali vogliono poggiare i loro affari sulla base della
sicurezza e della previdenza, non possono in operazioni a lunga
scadenza abbandonarsi a quest'enorme lotteria. L'adozione di questo
sistema, conchiude il segretario del Tesoro, non sanerà tutti i
mali, ma sarà certo un deciso passo nella via della
guarigione.»
Signori, l'America ha ascoltata questa voce. I
Ora quali sono, voi mi direte, gli effetti recati da queste provvisioni rispetto all'aggio?
Signori, il Bowen, nella sua opera “Economia politica americana” (e sia
concesso a me citare l'America, giacchè il nostro egregio collega ha citato
un fatto della Russia che non risponde precisamente alla realtà), nota come
i punti dell'aggio sono andati continuamente scendendo in ragione di questi
due elementi, quantità della carta, presenza dell'oro. Quantità della carta,
perchè proprio in America si era emessa in una misura eccessiva; quantità
dell'oro, perchè, per esempio, quando gli Americani negoziarono,
particolarmente in Germania, i loro famosi
Come quando fu fatta l'operazione della regìa (che io non giudico adesso nè in bene, nè in male), è certo che essa ha esercitato un effetto per cui negli anni, durante i quali furono versate le rate dovute dai sottoscrittori delle obbligazioni, il corso dell'aggio è sceso notevolmente, benchè non fossero mutate le condizioni delle finanze e del paese.
Ora dunque, signori, c'è una costante esperienza nel mondo, la quale ci dice che quando una circolazione a corso forzoso si aggiunge ad una circolazione metallica, questa non deprezza quella, ma anzi influisce a rialzare il suo valore. L'esempio dell'America lo prova; e si noti che l'America aveva il bilancio pareggiato, anzi aveva una eccedenza, e pur tuttavia aveva l'aggio, ciò che dimostra che non basta provvedere al bilancio per toglier l'aggio.
Se poi vogliamo qualche altro esempio, c'è quello stupendo, maraviglioso di quel popolo, il quale presenta il miracolo di una seconda e di una terza giovinezza,
e che dalle sue sventure sorge più grande, l'esempio del popolo francese. Se esso avesse dovuto pagare i cinque miliardi in oro, si sarebbe spogliato delle sue specie metalliche, e in tal caso, credete voi che il biglietto varrebbe ora di più o di meno? Certo varrebbe di meno. Ma invece, signori, la Francia eseguì il pagamento solo in piccola parte, per soli 300 milioni, con una esportazione d'oro; essa pagò tutto il resto col credito e colla vendita dei suoi prestiti e risparmi accumulati negli anni della prosperità. Quel popolo potè così mandare all'estero una piccola quantità d'oro, la quale poi gli è ritornata, può dirsi interamente, per effetto di quell'esaltazione economica di cui la Francia è stata colta in questi ultimi anni, e che l'ha messa in grado di rifondere la perdita dei capitali nazionali con un vigore di cui gli stessi Inglesi, il popolo più eroico del risparmio e della produzione hanno ammirazione ed invidia.
(Bene!)
Ora, signori, perche è avvenuto questo? È avvenuto perchè il bilancio della esportazione colla importazione ha permesso di vendere più che di comprare, facendo rifluire l'oro nel paese.
Dio mi tolga dal farmi qui fautore del sistema mercantile, ma qui il sistema mercantile non ci entra. Non ci è che un modo di uscire dai corso forzoso ed è quello di avere molto oro.
Ora, o signori, se tutto questo è vero che cosa fa il progetto di legge che ci presenta il ministro? Non porta invero nè la pioggia nè il bel tempo. Il ministro non può comandare ai raccolti di essere più abbondanti, il ministro non può impedire che le nostre sete siano invendute nei nostri depositi, che i nostri olii si trovino anche essi accumulati nei magazzini, in quanto chè ciò dipende dalle condizioni generali del mercato; nè il ministro, se il popolo lavora meno di quello che si desidera, può dirgli di lavorare. La ragione vera dell'eccedenza dell'esportazione sull'importazione non può essere argomento di provvedimenti legislativi, ma riguarda più propriamente il bilancio nazionale.
Teniamo bene a mente, o signori, che finchè non si riesce a riordinare il bilancio nazionale, non riesciremo nemmanco ad uscire dal corso forzoso in modo stabile e durevole.
Due bilanci bisogna riordinare per raggiungere questo scopo: l'uno è quello dello Stato, l'altro è quello della nazione.
Il riordinamento del bilancio dello Stato si ottiene con l'opera del Governo e del Parlamento, quello della nazione appartiene a ben più alte cagioni, perchè un popolo può, con un eroismo di cui i Francesi e gli Americani ci hanno dato l'esempio, pareggiare il bilancio dello Stato, ma il pareggio dei bilancio della nazione è più difficile.
Ma un provvedimento noi possiamo proporre per promuovere il riflusso dell'oro, quello della legalizzazione dei patti in oro. Con questo si ottengono i tre grandi effetti che il tesoriere americano ha significato e che io cercherò di riassumere brevemente.
L'oro, o signori, può rientrare in casa nostra e fermarsi quando lo si paghi quello che vale, imperocchè l'oro è una merce come tutte le altre, le quali vanno colà dove l'alto prezzo le trae.
Quando saranno legalizzati i patti in oro noi avremo sempre il modo di far venire l'oro dall'estero; quello che non abbiamo è quello di far venire la carta, perchè la carta è roba nazionale e l'oro è moneta universale.
(Ilarità)
Il secondo vantaggio della legalizzazione di questi contratti in oro, è che si darebbe affidamento a tutte le operazioni, poichè c'è oggi una quantità di affari che non si fanno, c'è una massa di operazioni commerciali lecite, lecitissime che oggi non si compiono perchè non sono convalidati i contratti in oro.
Noi abbiamo nel nostro paese una specie particolare di miniere d'oro; per esplorarle che cosa occorre? Occorre convalidare i contratti in oro.
C'è una quantità di persone che tengono il loro oro nascosto, e non lo mettono alla luce del sole, perchè non hanno l'affidamento che la legge rispetti la libertà delle contrattazioni, che i principii economici, i quali dichiarano che la moneta è una merce e dev'essere restituita quale è stata mutuata, non siano violati, ed allora quest'oro che tengono nascosto nei loro forzieri, o cha timidamente consegnano a qualche antica Cassa di risparmio, perchè sanno che gli amministratori non profitteranno delle disposizioni equivoche della legge attuale, quest'oro si sprigionerà, e rivedrà la luce del sole e non resterà un capitale morto.
La Cassa di risparmio di Padova, per esempio, ha più di un milione di depositi in oro, e credo che ognuno di voi potrebbe citare il fatto di capitali in oro deposti nel proprio paese. Ma vi è un'altra ragione, o signori; tutte le operazioni a lunga scadenza piglierebbero affidamento e si farebbero sulla base dell'oro. Il commercio coll'estero ne risentirebbe un grandissimo vantaggio, imperocchè all'estero non si calcola l'aggio al 15 per cento quando è al 15, non lo calcola al 17 per cento quando è al 17, ma per tutte le operazioni a credito alza il corso dell'aggio con una specie di premio di assicurazione contro la possibile esacerbazione dell'aggio.
Ora, legalizzando i contratti in oro diamo affidamento che cesserà questo stato di cose. E qui, poichè avrò a discorrerne nella discussione degli articoli, non entrerò ora nel campo a cui mi trarrebbe l'onorevole Lancia di Brolo, il quale ammetteva queste contrattazioni in oro, ma con parole di sconforto e di melanconia, e le vorrebbe limitate alle cambiali ed anche queste le vorrebbe circondate di molte cautele, e perchè egli con troppa modestia ha detto che le cautele non le poteva segnare, che si riferiva all'autorità degli uomini pratici, i quali saprebbero circondare queste cambiali di tutte quelle garanzie che valessero a limitarne l'uso. Invece, quando verremo alla discussione di questo tema, il cui luogo più opportuno parmi sia l'articolo, in cui si permettono le contrattazioni in oro, mi proporrò di dimostrare che forse è stata soverchiamente timida la proposta del ministro di limitare per ora le contrattazioni in oro alle cambiali, che è una prima esperienza, ma che si può essere anche più coraggiosi in questa esperienza, e che il progetto di legge presentato dall'onorevole Sella nel 1870 era più risoluto.
Il ministro, memore della accoglienza non favorevole che ebbe il progetto del Sella nel 1870, ha voluto procedere con prudenza in questa via, e forse non a torto. Al primo passo felice potranno pur seguirne gli altri.
Ma, o signori, io non sono che ad una piccola parte della lunga via che io dovrei percorrere, imperocchè l'avversario mio è troppo forte ed è troppo arguto perchè io non debba sentire tutto il desiderio e tutta l'ambizione di misurarmi con lui.
Io non ho potuto rispondere che indirettamente a parecchie delle sue obbiezioni, ma egli, con un'analisi fina, e che forse non potrà essere superata in questa Camera dagli avversari della legge, ha messo il dito su tutte le difficoltà, ha notato tutti i punti che, secondo lui, sono disputabili, e le sue parole hanno lasciato in questa Camera una grande impressione; ora io spero che dalla benevolenza della Camera mi si possa concedere di rispondere all'onorevole Lancia di Brolo nella prossima tornata, che non si voglia togliermi questa gioia di misurarmi con avversario così eletto.
Ma, prima di chiedere al presidente, per la stanchezza che quasi m'indispone,
(Ilarità generale)
questa facoltà, io prego la Camera di permettermi poche parole per dare in certa guisa una conchiusione ai miei ragionamenti.
L'onorevole Lancia di Brolo faceva due gravissime obbiezioni, una riguardante
il corso dei cambi, l'altra la riserva metallica delle Banche, Io non so non
resistere al desiderio di citarvi un altro punto brevissimo di quell'opera
classica del Tooke, il quale si è fatto la domanda: da che dipende l'aggio
in Inghilterra? E credeva che non dipendesse principalmente dalla quantità
della carta, la quale si era contenuta in ragionevoli confini, ma
dall'uscita dell'oro, in opposizione a tutta una scuola di illustri
pensatori e del
Ma il tema sottoposto alle nostre considerazioni è troppo grave, troppo gravi sono state le considerazioni che ne ha tratte l'onorevole Lancia di Brolo, perchè io, presentendo di essere presto indisposto per la stanchezza,
(Ilarità generale)
e affidandomi alla benevolenza della Camera, non rimetta a domani il seguito del mio discorso.
Voci da varie parti. Bravo! Benissimo!
presidente. Non posso rimandare a domani senza che
dichiari di essere indisposto di salute, a tenore del regolamento.
Luzzati. La stanchezza mi rende indisposto.
(Viva ilarità)
presidente. È perciò rimandato a domani il seguito del
suo discorso.
Domani alle ore 11 sono convocati gli uffici; alle ore 2 seduta pubblica.
La seduta è levata alle ore 6.
1° Seguito della discussione del progetto di legge inteso a regolare la circolazione cartacea.
Discussione dei progetti di legge:
2° Ordinamento dei giurati — Modificazioni della procedura relativa ai dibattimenti avanti le Corti di assise;
3° Esercizio delle professioni di avvocato e procuratore;
4° Provvedimenti relativi alle miniere, cave e torbiere;
5° Convenzione per l'accollo e la escavazione delle miniere Terranera
e Calamita nell'isola d'Elba e
per la vendita del minerale escavato;
6° Discussione sulle modificazioni proposte al regolamento della Camera.