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PRIN 2012 - Accademia della Crusca
Atti diversi. — Presentazione di uno schema di legge per la riforma degli
ufficiali e assimilati della marineria riconosciuti inabili al servizio, e della
relazione sopra lo schema di legge sui maggiori assegnamenti. — Risposta del
ministro pei lavori pubblici alla istanza fatta ieri dal deputato Asproni, circa
le ferrovie della Sardegna, e cenni in proposito del deputato Pescetto. —
Ballottaggio per la nomina delle quattro Commissioni incaricate dell'esame del
progetto pei provvedimenti finanziari — Dichiarazioni di parecchi deputati che
intendono non far parte delle Commissioni. — Seguito della discussione sul
bilancio del Ministero di agricoltura e commercio pel 1870 — I deputati Carcani,
Angeloni e Asproni fanno istanze riguardo al flagello delle cavallette, e i
deputati Nicotera e Salvagnoli sul capitolo 5 bis, sulle
bonifiche, e dichiarazioni del ministro — Il deputato Tenani combatte la
soppressione della somma stanziata al capitolo 7 per il deposito governativo
degli stalloni — I deputati Griffini Luigi e Negrotto si oppongono pure alla
soppressione, e fanno proposte — Lettura di altra proposta del deputato Del Zio
— Sull'ordine della discussione parlano i deputati Di Sambuy, Nicotera, Massari
G. ed il presidente del Consiglio.
La seduta è aperta alle ore 2 pomeridiane.
Micchi segretario, dà lettura, del processo verbale della
tornata antecedente, il quale è approvato.
Farini segretario, espone il sunto delle seguenti
petizioni:
12,879. La Camera di commercio ed arti di Milano, rinnova la domanda che sieno conservate le direzioni compartimentali del debito pubblico.
12,880. Tremila seicento trentanove cittadini della provincia di Mantova ricorrono perchè sia provveduto nel più breve termine possibile alla costruzione della linea ferroviaria Mantova-Modena, mediante quel concorso dello Stato che si vorrà dal Parlamento determinare.
12,881. Sozzi Pietro geometra, segretario del municipio di Nibbiano, chiede che
nella discussione del progetto di legge, allegato H,
sull'imposta di ricchezza mobile, la disposizione di favore accordata agli
impiegati dello Stato coll'ultimo capoverso dell'articolo 8, pella quale
l'imposta sugli stipendi od assegni pagati dallo Stato viene liquidata sui 4
ottavi del loro ammontare, sia estesa a tutti gli impiegati delle provincie e
dei comuni.
Ghinosi. Voglio raccomandare alla Camera la petizione n° 12,880 portante la firma di 3639 cittadini della provincia di Mantova. Prego la Camera di voler deliberare che, per cura della Presidenza, questa petizione venga mandata alla Commissione che avrà incarico di riferire intorno alla legge sulle convenzioni ferroviarie.
Presidente. Sarà trasmessa a quella Commissione.
Melissari. Ieri io ho sottoscritto la dichiarazione che venne presentata al banco della Presidenza; al momento dell'appello nominale io mi trovai assente; dichiaro quindi che se fossi stato presente, mi sarei astenuto.
D'Ayala. Il sindaco del comune di Mongiana ha inviato
una petizione al Parlamento in data del 7 marzo che venne segnata col numero
12,794, nella quale si contiene la deliberazione di quel Consiglio comunale,
in cui si espongono le miserrime condizioni di quelle popolazioni, le quali,
dopo che fu posto in non cale il grande stabilimento metallurgico di
Mongiana, sono costrette a mendicare e ad emigrare. Nè solamente il comune
di Mongiana versa in sì disgraziate strettezze, ma anche gli altri comuni
che vivono di quell'industria, come Serra, Pazzano, Bivongi, Fabbrizia e
Stilo. Cosicchè io mi fo a raccomandare l'urgenza di questa petizione.
(È dichiarata d'urgenza.)
Presidente. Per urgenti affari di famiglia il deputato Fabris chiede un congedo di dieci giorni; il deputato Rega di otto.
(Cotesti congedi sono accordati.)
L'onorevole Carleschi scrive che, se si fosse trovato presente alla seduta di martedì 5 aprile, avrebbe votato
no sull'ordine del giorno puro e semplice proposto dal
deputato Donati.
Prima di entrare nelle materie che sono all'ordine del giorno, darò la parola all'onorevole Asproni, che già nella seduta di ieri aveva espresso il desiderio di rivolgere una preghiera all'onorevole ministro dei lavori pubblici.
Asproni. Ora che l'onorevole ministro dei lavori pubblici è presente, io ripeterò la domanda che ho fatta altra volta. Domandai ieri e richiedo oggi che il signor ministro consenta e che la Camera dichiari sia stralciata la legge che concerne la convenzione sulle ferrovie della Sardegna e sia dichiarata d'urgenza.
Sa l'onorevole ministro che questa legge, per la sua specialità, ha nulla che vedere con tutte quelle altre che formano il complesso della legge di tutte le ferrovie dello Stato. Sono otto anni che si tiene in sospeso questa convenzione, rimandandola sempre e mai facendo un passo avanti; e mentre che negli altri paesi si è fatto qualche cosa, in Sardegna non si è aperto neppure un piccolo tronco.
Io spero quindi che il signor ministro non avrà difficoltà di aderire a questa mia domanda che io faccio in nome dei deputati sardi, poichè questo è il più vivo ed urgente desiderio della Sardegna…
Gadda ministro pei lavori pubblici. Io non ho nessuna
difficoltà a che la Camera dichiari d'urgenza il progetto di legge relativo
alla convenzione ferroviaria, che ho avuto l'onore di presentare l'altro
giorno; ma non potrei consentire alla separazione, perchè si formerebbero
così due progetti.
La è una legge complessiva già stata presentata dal Ministero precedente; non è che una riproduzione: e decidere ora sulla convenienza di stralciare alcuna di quelle convenzioni sarebbe cosa troppo grave, ed alla quale non posso aderire.
Però, come ho detto, non dissento che la discussione del progetto di legge sulle convenzioni ferroviarie abbia luogo con sollecitudine per i molti interessi che vi si collegano.
Spero che l'onorevole Asproni comprenderà che la Sardegna non può lamentarsi quando si vede trattata al pari di tutte le altre parti d'Italia.
Asproni. Non insisto, vedendo la riluttanza del signor ministro a fare una separazione, sebbene io creda che questa si potrebbe fare anche in Comitato privato. Prego soltanto che si dichiari d'urgenza e si definisca, perchè o la convenzione avrà effetto, ed allora vedremo che cosa saprà fare la società; o non avrà effetto, e provvederemo in qualunque modo all'avvenire della Sardegna.
Non è giusto, onorevoli colleghi, che la Sardegna paghi la sua quota di tutte le indennità per le strade ferrate, e che poi non ne abbia nemmeno un palmo.
Presidente. Se non vi sono osservazioni in contrario s'intenderà…
Pescetto. Domando la parola.
Presidente.… dichiarata d'urgenza la discussione di questo progetto di legge.
Ha facoltà di parlare l'onorevole Pescetto.
Pescetto. Mi pare che l'onorevole presidente abbia detto che si dichiarava d'urgenza questo progetto di legge, ed in questo caso è inutile che io insista.
Reputo però utile aggiungere che è realmente urgentissimo che si venga ad una definizione per la strada ferrata della Sardegna, atteso che, trovandomi recentemente in quel paese, ho dovuto constatare un fatto che credo sia unico nel suo genere nella tecnologia ferroviaria, e che per certo rimarrà unico in avvenire, quello cioè di avervi visto i regoli della ferrovia colla coloritura ad olio; coloritura appieno conservata nel suo piano superiore! Sono così grosse somme di danaro, sono così rispettabili interessi morali e materiali che rimangono inoperosi, insoddisfatti. È urgente ed anzi urgentissimo che cessi sì deplorabile stato di cose, e che si dia una volta appagamento ai voti di que' bravi nostri compatriotti.
Presidente. L'onorevole ministro per la marineria ha facoltà di parlare.
Actonministro per la marineria. Ho l'onore di
presentare alla Camera il progetto di legge per le norme da stabilirsi per
la riforma degli ufficiali assimilati della regia marina, che secondo i
regolamenti sono riconosciuti inabili al servizio. (V. Stampato
n° 64.)
Presidente. Si dà atto al signor ministro per la marineria della presentazione di questo disegno di legge, che sarà stampato e distribuito.
Defilippo relatore. Ho l'onore di presentare alla
Camera la relazione sul progetto di legge per la cessazione del pagamento
dei maggiori assegnamenti. (V. Stampato
n° 40-a.)
Presidente. Questa relazione sarà stampata e distribuita ai signori deputati.
presidente. Annunzio alla Camera il risultamento delle
votazioni, a cui si è proceduto per la nomina di quattro Commissioni
incaricate di esaminare il progetto di legge relativo ai provvedimenti
finanziari.
Per la Giunta sul progetto di legge relativo all'unificazione legislativa e amministrazione della giustizia, e tariffa giudiziaria (Allegati D e P):
Presenti 270
Si astennero 88
Maggioranza 136
Il deputato Mari ebbe voti 154
Defilippo 143
Borgatti 137
Avendo essi raggiunto la maggioranza assoluta, sono proclamati membri della Commissione suddetta.
Ottennero indi maggiori voti:
Pisanelli 130, Piccoli 129, Boncompagni 111, Torrigiani 99, Spantigati 26, Andreucci 19, Adami 18, Piroli 17.
Si procederà perciò al ballottaggio fra questi signori deputati.
Per la Giunta sul progetto di legge relativo all'esercito (allegato A):
Presenti 267
Si astennero 88
Maggioranza 134
Il deputato Pianell ebbe voti 155
Bertolè-Viale 153
La Marmora 158
Cadorna 138
Questi onorevoli deputati, avendo raggiunto la maggioranza assoluta, sono proclamati membri della Giunta medesima.
Ottennero poi maggior numero di voti gli onorevoli deputati:
Cosenz 125, Brignone 123, Malenchini 97, Fabrizi Nicola 26, Torre 22, Farini 20.
Si procederà al ballottaggio tra questi onorevoli deputati.
Per la Giunta sul progetto di legge intorno all' istruzione pubblica (Allegato C):
Presenti 267
Si astennero 88
Maggioranza 134
Il deputato Tenca ebbe voti 149
Marietti 148
Berti 137
Bonghi 136
Avendo essi raggiunto la maggioranza assoluta, sono proclamati membri di questa Giunta.
Conseguirono poi maggior numero di voti gli onorevoli:
Margoni 123, Broglio 100, Arrivabene 62, Messedaglia 37, Fossa 36, De Sanctis 35.
Si procederà al ballottaggio tra questi deputati.
Per la Giunta sugli allegati B, E,
F, G, H, I, L,
M, N, Q, R:
Presenti 266
Si astennero 88
Maggioranza 134
Il deputato Maurogònato ebbe voti 159
Minghetti 158
Peruzzi 150
Fenzi 150
Spaventa 163
Debbo avvertire la Camera che qui è occorso un errore materiale nello stampare la scheda. In questa è scritto il nome dell'onorevole Ferri; invece risulta dal processo verbale degli scrutatori che fu eletto l'onorevole Fenzi.
Quindi gli onorevoli Maurogònato, Minghetti, Peruzzi, Fenzi e Spaventa sono proclamati membri di questa Giunta.
Ottennero quindi maggior numero di voti gli onorevoli: Chiaves 120, Dina 117, Ara 114, Casaretto 113, De Blasiis 105, Martinelli 97, D'Amico 96, Messedaglia 92, Rudinì 92, Depretis 46, Rattazzi 39, Ferrara 38, Mezzanotte 32, Finzi 26, Mordini 19, De Luca Francesco 18, Seismit-Doda 18, Guerrieri Gonzaga 16.
Si procederà alla votazione di ballottaggio tra questi signori deputati.
Casaretto. Chiedo di parlare.
Rattazzi. Chiedo di parlare.
presidente. Ha facoltà di parlare l'onorevole
Farini.
Farini. Poichè dalla scheda che contiene il risultato dello squittinio per la nomina della Giunta relativa all'esercito, apparisce che nel novero dei deputati tra i quali debbe seguire il ballottaggio, si trova iscritto, oltre al mio nome, quello dell'onorevole Fabrizi Nicola, io debbo dichiarare, a nome anche di lui, che noi, coerentemente alla risoluzione presa ieri, qualora i nostri colleghi volessero onorarci dei loro voti, non potremmo accettare l'incarico che essi volessero deferirci.
Egli è vero che lo scarso numero di suffragi da noi ottenuto rende probabilmente superflua questa mia avvertenza. Ad ogni modo stimai opportuno di farla, anche a nome dell'onorevole mio collega, a fine di evitare uno sciupo di tempo, come accadrebbe se si dovesse poi, per la nostra rinunzia dopo l'elezione, addivenire ad una nuova votazione.
Casaretto. Avendo inteso di essere io in ballottaggio per la Commissione dei Quattordici, ringrazio i miei colleghi dell'onore che mi hanno fatto, ma devo dichiarare che non potrei accettare, avendo interessi colla Banca.
Faccio questa dichiarazione anche io, per non far perder tempo a' miei onorevoli colleghi.
Rattazzi. Per le stesse considerazioni che furono addotte dall'onorevole mio amico deputato Farini, io pure debbo dichiarare, tanto a nome mio che a quello dei colleghi Ferrara, Mezzanotte, Seismit-Doda e,
credo, anche dell'onorevole De Luca Francesco, col quale però non ho potuto parlare, che noi non potremmo accettare.
Per conseguenza, io pure pregherei quelli che hanno voluto onorarci dei loro voti di riportarli sopra altri, per non far perdere inutilmente del tempo alla Camera.
Depretis. Appunto perchè la Camera non perda inutilmente il suo tempo, io pure debbo dichiarare che non potrei prender parte ai lavori della Commissione. Non per la ragione addotta dagli onorevoli Farini e Rattazzi, e per motivi affatto diversi da quelli indicati dall'onorevole Casaretto, io debbo dichiarare ai miei onorevoli colleghi che non posso far parte della Commissione.
Stimo inutile intrattenere la Camera sulle ragioni di questa mia determinazione: mi basterà indicargliene una.
Sono già impegnato in altri lavori parlamentari, e mi mancherebbe assolutamente il tempo di attendere con coscienza ai lavori della Commissione che si deve nominare.
Pisanelli. Io debbo rivolgere la stessa preghiera alla Camera per ragioni affatto diverse.
Per infermità io debbo recarmi a Napoli; quindi non potrei prendere parte ai lavori della Commissione, pronto sempre a prestarmi in qualsivoglia altro lavoro che piacesse alla Camera di affidarmi.
presidente. L'onorevole Bargoni ha la parola.
Bargoni. Incaricato di un lavoro importante, cioè della relazione intorno ad un disegno di legge sulla istruzione obbligatoria, alla quale devo consacrare le ore che ho disponibili nei giorni che mancano al compimento di questo mese, mi sarebbe assolutamente impossibile di prendere parte ai lavori della Commissione per la quale mi trovo posto in ballottaggio.
Non per altro adunque che per pura impossibilità materiale, io debbo declinare l'onore di far parte di questa Commissione ove fossi nominato; ed è per risparmiare alla Camera il tempo di una successiva votazione che io dichiaro anticipatamente di non potere accettare.
presidente. Ora si procederà alla votazione di
ballottaggio per la nomina dei commissari che rimangono ancora da eleggere.
Poichè i deputati che si astennero ieri dichiararono che non intendevano
punto di intralciare le operazioni della Camera, rinnovo loro la preghiera
perchè mano mano che saranno chiamati, vogliano fare la dichiarazione di
astensione.
Si procederà all'appello nominale.
(Segue la deposizione delle schede.)
Votarono:
Acton — Alfieri — Andreucci — Arrigossi — Arrivabene — Atenolfi — Bandini — Bargoni — Bembo — Bertolè-Viale — Biancheri avvocato — Bianchi — Boncompagni — Bonghi — Borromeo — Bortolucci — Bosi — Breda — Brenna — Briganti-Bellini — Bullo — Cadolini — Cadorna — Gagnola Giovanni Battista — Carini — Casati — Castagnola — Cavalletto — Cavallini — Cavriani — Checchetelli — Cicarelli — Collotta — Como — Concini — Conti — Correnti — Costa Luigi — Costamezzana — D'Amico — Damis — Danzetta — D'Aste — De Blasiis — De Cardenas — Defilippo — Del Re — De Luca Giuseppe — De Sterlich — Dina — Di Ssmbuy — Donati — Fabrizi Giovanni — Fenzi — Ferri — Fiastri — Finzi — Fogazzaro — Fonseca — Fornaciari — Fossa — Fossombroni — Gabelli — Galeotti — Gaola-Antinori — Garzoni — Giacomelli — Gigante — Gigliucci — Goretti — Govone — Grattoni — Griffini Luigi — Griffini Paolo — Grossi — Guerrieri-Gonzaga — Guerzoni — Guiccioli — La Marmora — Lancia di Brolo — Legnazzi — Loro — Macchi — Maldini — Malenchini — Manni — Mantegazza — Marazio — Marcello — Marchetti — Mari — Marietti — Martelli-Bolognini — Martinati — Martinelli — Marzi — Masci — Massari Giuseppe — Massari Stefano — Maurogònato — Mazziotti — Merzario — Messedaglia — Minghetti — Monti Francesco — Morelli Donato — Morelli Giovanni — Moretti — Morini — Morpurgo — Muti — Napoli — Negrotto — Nervo — Nisco — Nobili — Omar — Panattoni — Paulucci — Papafava — Pècile — Pellatis — Pellegrini — Perazzi — Peruzzi — Pescetto — Pianell — Piccoli — Piroli — Pisacane — Pisanelli — Plutino Antonino — Quattrini — Ranalli — Rasponi — Riboty — Ricasoli Vincenzo — Righi — Rossi — Rudinj — Salvagnoli — Sanguinetti — Sanminiatelli — Sansoni — Sartoretti — Sebastiani — Sella — Serafini — Serristori — Serpi — Silvani — Sormani-Moretti — Spaventa — Speroni — Spini — Tenani — Tenca — Testa — Torre — Torrigiani — Toscanelli — Trigona Domenico — Ugo — Valussi — Valvasori — Visconti-Venosta — Zauli.
Si astennero:
Abignente — Angeloni — Antona-Traversi — Asproni — Avitabile — Baino — Bertea — Billia — Bottero — Calvo — Camerata-Scovazzo — Cannella — Carbonelli — Casaretto — Castellani — Castiglia — Cattani-Cavalcanti — Catucci — Ciliberti — Consiglio — Corapi — Cosentini — Crispi — Curzio — D'Ayala — Del Zio — Deodato — De Sanctis — Di Blasio — Emiliani Giudici — Fanelli — Farini — Ferrara — Ferrari — Frisari — Ghinosi — Giunti — Gravina — Greco Antonio — Lacava — La Porta — Lazzaro — Lobbia — Marolda-Petilli — Marsico — Mauro — Mazzarella — Mazzucchi — Melchiorre — Melissari — Mellana — Merialdi — Merizzi — Mezzanotte — Miceli — Monzani — Morelli Salvatore — Musolino — Nicotera — Oliva — Pepe —
Ranco — Rattazzi — Ricci — Ripandelli — Ripari — Rogadeo — Seismit-Doda — Sineo — Sole — Solidati — Sonzogno — Tamaio — Tozzoli — Trevisani — Ungaro — Valerio — Zarone — Zizzi.
Avverto i signori deputati che compongono le Commissioni di scrutinio estratte ieri a sorte, a volersi radunare immediatamente, onde procedere allo spoglio delle schede.
presidente. L'ordine del giorno reca seguito della
discussione del bilancio pel 1870 del Ministero di agricoltura, industria e
commercio.
La parola spetta all'onorevole Carcani, secondo la riserva espressa ieri, dopo la votazione che si fece del capitolo 5 concernente l'agricoltura.
Carcani. Io non intendo di rientrare nel capitolo già votato, ma debbo fare solamente una raccomandazione sopra questo capitolo all'onorevole ministro di agricoltura e commercio.
Fra le somme stanziate in questo capitolo ve ne ha alcuna per spese straordinarie ed impreviste. Ora io vorrei che, prima che si spendessero ed impegnassero in altre operazioni, il signor ministro voglia aver pensiero a tenerne in serbo una buona parte pel possibile, anzi, dirò, certo e prossimo sviluppo delle cavallette. Signori, le cavallette sono tale flagello che non va considerato nell'interesse di un comune o di una provincia, ma va considerato nell'interesse generale del paese. L'altro giorno il signor ministro delle finanze diceva che la questione del corso forzoso è collegata coi buoni ricolti. Io credo che nessun raccolto possa mettere l'Italia in gravi imbarazzi, se mancasse, quanto il raccolto del grano.
Le Puglie si possono chiamare il granaio d'Italia, e l'emporio del commercio di questa derrata è il porto di Barletta. Immaginate, o signori, che mancasse per poco il grano in Puglia, quanto danaro dovrebbe uscire dall'Italia per rifornirla di un alimento così importante pei bisogni delle popolazioni! Immaginate, o signori, a qual ragione salirebbe l'aggio quando tutto l'oro del paese dovesse rifluire sui mercati esteri per provvederci di grano! Onde vi ripeto che cotesta questione di così alto e vitale interesse vuol essere riguardata colla massima diligenza. Nè crediate, o signori, che dessa sorga adesso e per primo nel Parlamento italiano.
No, o signori, dessa ha formato sempre lo studio e la sollecitudine degli uomini di Stato preposti a sovrintendere e vigilare i bisogni e gli interessi dei popoli. Mi ricordo di aver letto che da tempi remotissimi tutte le nazioni si sono preoccupate di così grave ed immane bisogna.
Io mi ricordo che Plinio scrive che in alcune regioni della Grecia si ordinava agli abitanti di distruggere questi animali voraci nei loro tre stadii di uovo, di larva e d'insetto perfetto. Io mi ricordo di aver letto che nell'isola di Lemno erano obbligati tutti i cittadini in ogni anno di portare una certa quantità di cavallette al governatore della pubblica cosa. Altri storici riportano come i Romani mandassero nelle regioni dell'Africa del nord delle tribù intere a raccogliere questa specie d'animali, che essi chiamavano locuste. Non dirò che il Governo non si sia grandemente interessato di questa calamità, anzi debbo confessare sinceramente che forse ha fatto più di quello che si faceva dai passati Governi; ha dato delle sovvenzioni abbastanza generose negli anni scorsi, e so che tutta la sollecitudine, e tutta la premura possibile si è adoperata per parte del Ministero di agricoltura e commercio per far sì che venisse studiato il modo più efficace per distruggere le cavallette. Mi sembra anzi aver letto che era stato promesso un premio a chi avesse presentato la migliore memoria su questo argomento.
Però, ad onta di tutto l'interesse spiegato, ad onta delle generose sovvenzioni, ad onta delle sue più vive premure, il Governo non ha raggiunto mai il suo scopo.
In Italia, o signori, io credo che non sia questione nè di zelo, nè di buon volere, nè di leggi, ma credo che sia questione di buona amministrazione.
Si spende molto senza verun profitto e le popolazioni, senza tenervi conto delle vostre premurose cure, invece di benedirvi, finiscono con l'imprecare contro la incapacità di chi le governa. Gli Stati sono come grandi famiglie, e succede in quelli quanto succede in queste. Colla cura e colla diligenza le famiglie meno potenti sanno con poca spesa procurarsi gli agi che tanto costano alle famiglie opulenti; con la buona amministrazione sanno crearsi quella piena soddisfazione dei bisogni della vita che i ricchi, profondendo spensieratamente immensi tesori, sovente non raggiungono. Vediamo qual è la ragione per la quale il Governo non ha raggiunto il suo scopo.
La ragione è molto semplice. Gli amministratori, soprattutto delle provincie, non hanno mai voluto darsi pensiero d'imparare quanto erasi fatto dai passati Governi per provvedere a codesto gravissimo danno: non si son dato mai il pensiero di leggere le savie disposizioni emanate da quelli come frutto di una lunga esperienza.
Le cavallette da secoli remotissimi hanno invaso le Puglie, la Sicilia, la Sardegna ed altri paesi. Noi, svolgendo gli atti amministrativi dei diversi Governi che si succedettero nel Napoletano, troveremo che, non solo le antiche dinastie, ma anche le recenti, val dire la francese nel decennio ed i Borboni dopo la restaurazione, si sono interessate grandemente in questa faccenda.
Ma senza divagarci in citazioni storiche, veniamo al fatto. Il Governo napoletano volle sentire dal Consiglio provinciale di Foggia, che è la provincia più molestata da questo flagello, con qual mezzo si sarebbe potuto ottenere più facilmente l'intento; e sulla proposta di quel Consiglio il Governo prese due risoluzioni: una nel 1842, nella quale presso a poco era detto, che il Governo, aderendo ad un voto espresso nel 1841 dal Consiglio provinciale di Capitanata, determinava che, rimanendo abolita ogni tassa a carico dei privati per la distruzione delle cavallette, e ritenendosi tale scopo d'interesse generale, la somma complessiva occorrente per questo servizio sarebbe ripartita in fine dell'esercizio fra tutti i comuni in ragione della contribuzione fondiaria.
Questa sovrana risoluzione o rescritto, come si chiamava allora, ebbe una seconda sanzione nel 1853 con altro rescritto, col quale fu stabilito che, in quanto alle spese per la distruzione delle cavallette, esse fossero anticipate dai fondi provinciali e ripartite poi in fine d'esercizio a carico dei comuni della provincia ed in proporzione sempre delle loro rendite ordinarie.
Fu allora che i comuni, valendosi del loro diritto di poter mettere nella parte passiva del bilancio quello che essi credevano conveniente per quest'oggetto, cominciarono a stabilire una determinata somma per la distruzione delle cavallette. Ciò portò ottime conseguenze, perchè in ogni anno i comuni facevano raccogliere le uova delle cavallette e quindi a poco a poco le cavallette si distrussero. Ora, o signori, si è aspettato il momento dello sviluppo, non si è più rispettato questo antico sistema della colletta delle uova, e mentre da una parte si manifestava la riproduzione dei pochi germi rimasti nelle campagne, nuove e sterminate invasioni vennero a desolare quelle provincie ed a minacciare seriamente la condizione economica e sociale del paese.
E dico pensatamente economica e sociale, o signori, perchè voi ben intendete quali conseguenze può portare l'aumento dell'aggio, di che cosa potrebbe essere consigliera la fame.
I sistemi che si usavano per distruggere questi insetti divoratori e malefici riguardavano la nuova invasione e la riproduzione. In quanto alle nuove invasioni non è facile il vincerle immediatamente; un certo danno è forza subirlo, ma si può però ripararvi, perchè le cavallette hanno questo di particolare che in certe ore del giorno, quando non si è levato di molto il sole, esse non si librano al volo. Quindi in quel momento basta scorrere i campi dove si sono raccolte, tormentarle un poco con fascetti di vimini onde farle saltellare e metterci una tela innanzi per poterle raccogliere dentro. Se ne è presa a questo modo una quantità sterminata.
In quanto alle uova, l'operazione è anche più semplice, perchè queste sono depositate nei terreni saldi, e nei principii di autunno molto comodamente si possono raccogliere, perchè si vede dove le uova sono state deposte dai fori formati nel terreno che si assomiglia al fondo di un grande crivello. In quell'epoca non c'è ancora erba che nasconda questi forellini e quindi si possono scavare le ovaie con molta prontezza ed utilità. Ove poi una porzione di queste ovaie restasse inavvertita, allora, al momento che esse si schiudono, si dà la caccia assai facilmente ai piccoli animaletti, perchè quando essi cominciano a saltellare si usano ancora le tele per avvilupparli.
Istrutti di tali sistemi, tutti i comuni si dettero da fare e quasi quasi si era riparato al danno della riproduzione. C'era solamente il danno eventuale delle invasioni, al quale si faceva fronte energicamente allorchè si avverava, il che soleva avvenire quasi in ogni decennio. Ora queste operazioni non sono state più fatte. Il Governo italiano ha profuso una quantità di denaro; ha obbligato le provincie, i comuni ed i privati a spenderne moltissimo, ma con tutto questo sono già sei anni che vi sono le cavallette e non possiamo ancora liberarcene. Quindi io vorrei che il signor ministro di agricoltura e commercio ponesse studio a seriamente ordinare questi provvedimenti.
Io non credo che le disposizioni del Governo napoletano siano in opposizione colla nuova nostra legge comunale e provinciale; io credo che anche oggi i comuni potrebbero benissimo mettere nei loro bilanci passivi qualche somma per fare quest'operazione.
Il Governo poi deve por mente ad una cosa: le cavallette si sviluppano in un
punto, ma invadono prontamente cento altri punti, perchè esse sono emigranti
(
Romani ed i Greci nell'apogeo della loro civiltà si sono tanto interessati di questa bisogna, non vorrà trascurarla il Governo italiano, il quale ha avuto sin qui la sventura che al suo zelo ed alle sue sollecitudini non risposero i fatti, perchè ivi fu trascurata la parte più essenziale, vale a dire lo studio della buona amministrazione.
È questa dunque la raccomandazione che io volevo fare al signor ministro, la quale si riassume nel pregarlo di tener pronti i mezzi per venire in sussidio delle provincie che potessero essere infestate da questo malefico insetto, e di studiare i mezzi come dare a questo pubblico servizio un assetto stabile, economico ed efficace.
presidente. Ha facoltà di parlare l'onorevole
Angeloni.
Angeloni. Nella seduta di ieri, allorchè si discuteva del capitolo 5 del bilancio sottomesso al nostro esame, io presentai delle raccomandazioni e delle proposte all'onorevole ministro di agricoltura e commercio intorno all'assegnamento di una qualche somma per esperimenti di pozzi artesiani ove maggiore fosse riconosciuta la facilità e maggiore l'opportunità di essi, e specialmente indicava la Capitanata, che era la provincia nella quale maggiore deficienza di acque irrigatorie si manifestava.
Portata questa proposta nella Commissione del bilancio, e postomi d'accordo con essa, non venne a tempo per presentarsi al banco della Presidenza; ed è per questo che non fu sottomessa alla Camera, nè l'onorevole ministro ebbe agio di fare le sue dichiarazioni.
Giacchè io credo che la cosa sia abbastanza importante, richiamo su di essa l'attenzione dell'onorevole ministro, pregandolo di voler esporre le sue idee su questo proposito. Ed io mi auguro che la sua opinione sia tale da non avversare questa proposta, la quale porterebbe tanto vantaggio a quelle popolazioni ed a tutto lo Stato.
E giacchè ho la parola, colgo quest'occasione per fare atto di piena adesione alle idee che ha svolte il mio amico Carcani intorno alla distruzione delle cavallette. Spero che il Ministero, e specialmente l'onorevole ministro di agricoltura e commercio, non studierà con minore alacrità tale questione, e non negherà ancora l'urgenza di questi studi, poichè l'invasione delle cavallette è già prossima, e non vorrei che questo studio, già di per sè non difficile, andasse tanto per le lunghe, che le disposizioni venissero poi quando il tempo mancasse all'attuazione delle disposizioni necessarie per la distruzione di esse.
presidente. L'onorevole ministro ha facoltà di
parlare.
Asproni. Se permettesse, vorrei fare un'osservazione.
presidente. Su che cosa?
Asproni. Sulle cavallette.
presidente. Parli sulle cavallette.
(Ilarità)
Asproni. Comprenderà la Camera come nulla io abbia da opporre a quanto disse l'onorevole Carcani; io sono pienamente con lui; ma vorrei fare un'altra istanza.
La Camera rammenterà che essa decretò il fondo per la distruzione delle cavallette in occasione che la Sardegna ne era devastata ed offriva uno spettacolo unico di distruzione.
Ora, di questa somma che pareva destinata per la Sardegna, la minor quantità andò a suo beneficio.
Io vorrei pertanto che si pubblicasse un resoconto per vedere l'uso che si è fatto di questo denaro, e quali provincie ne hanno approfittato, e quanto rimase del fondo.
presidente. L'onorevole ministro ha facoltà di
parlare.
Castagnola ministro per l'agricoltura e commercio.
Risponderò brevemente alle diverse domande che mi vennero fatte riguardo al
flagello delle cavallette, ed anche relativamente ai pozzi artesiani.
Come la Camera sa, negli anni ora scorsi venne votata la somma di lire 300,000 per combattere il flagello delle cavallette. Dalle informazioni che io ho assunte, mi risulta che venne spesa solamente la somma di lire 150,000, e che le altre lire 150,000 andarono in economia.
Non saprei veramente adesso dire a beneficio di quale provincia questa somma sia stata spesa; ma, ove il desideri il mio amico Asproni, io potrò soddisfare questo suo desiderio in altra tornata.
Rispondendo poi all'onorevole Carcani, dirò che terrò in grandissimo conto le osservazioni da lui fatte che mi sembrano molto fondate, onde combattere cotesto flagello delle cavallette, e lo assicuro che non tarderò neppure un giorno a fare studi su questa materia.
Presso il Ministero, che io dirigo, avvi un Consiglio di agricoltura, il quale si radunerebbe nel mese di maggio per fare le sue tornate ordinarie di primavera, ma inoltre per le cose urgenti vi ha un Comitato composto di persone pratiche, scelte da cotesto Consiglio, ed io fin da domani pregherò questi egregi uomini, versati nelle cose di agricoltura, a volersi occupare delle cose svolte dall'onorevole Carcani.
All'onorevole Angeloni dirò che il Ministero non ha trascurato la bisogna dei
pozzi artesiani, e che anzi non è molto che si fece acquisto di una macchina
secondo il sistema Northon, il quale sistema, se
riuscisse, credo che possa applicarsi alle Puglie.
Questa macchina foggiata secondo il sistema Northon,
come dissi, è stata inviata nella provincia di Venezia, e colà si stanno
facendo degli esperimenti. Scriverò a quel signor prefetto onde solleciti
questi esperimenti; ed ove, come spero, essi dessero un buon risultato, sarà
il caso di studiare il modo di potei applicare
questo sistema di trivellazione alle Puglie, come ne espresse desiderio l'onorevole Angeloni.
Angeloni. Dopo le dichiarazioni esplicite dell'onorevole ministro di agricoltura e commercio, io credo che non vi sia bisogno che la proposta venga in discussione, e quindi, ritirandola, mi limito a prendere atto delle sue parole, delle quali io lo ringrazio.
Carcani. Io non posso tralasciare dal rendere i miei ringraziamenti pel modo gentile e cortese col quale il signor ministro accettò la mia proposta, e spero che gli studi che esso promette di far eseguire da una Commissione apposita potranno dare tali risultati da liberarci da questo grave flagello, che non è solo un flagello per poche provincie, ma che si può dire un flagello generale.
presidente. Capitolo 5bis. Bonifiche d'irrigazioni (Spese
varie), lire 20,000.
Nicotera. Domando la parola.
presidente. Il deputato Nicotera ha facoltà di
parlare.
Nicotera. Io dovrei chiedere alla cortesia del signor ministro d'agricoltura di farci sapere qualche cosa intorno ad una certa Commissione nominata molti anni or sono, la quale era incaricata di verificare lo stato delle bonifiche della Sardegna, di cui faceva parte l'onorevole nostro collega Salvagnoli, che sono lieto di veder presente.
Io, francamente, non sono molto tenero di queste Commissioni che debbono studiare, poichè nell'effetto pratico ho veduto a che conducono queste Commissioni; sono un palliativo, e specialmente poi quando si tratta di fare degli studi che debbono necessariamente condurre ad una spesa.
Ad ogni modo io desidererei sapere se la Commissione sia stata in Sardegna, perchè sarebbe veramente un po' strano che, dopo otto o nove anni che questa Commissione è stata nominata, essa non ci sapesse nè anche dire in che condizioni si trova quel paese. E son lieto di prendere io la parola per la Sardegna, poichè non vorrei che si ripetesse sempre che i Sardi soli parlano per quello che riguarda il loro paese. Io son lietissimo di prendere la parola in loro vece.
Io mi limito a chiedere, per ora che cosa questa Commissione abbia fatto; e se la Commissione, non certo per colpa sua, non ha potuto sino a questo momento disimpegnare il mandato che ha ricevuto, allora pregherei l'onorevole ministro di volersi occupare di questa materia.
Salvagnoli. Altra volta io esposi alla Camera come stavano le cose rispetto alla Commissione delle bonifiche per la Sardegna.
La Commissione per la Sardegna fu nominata nel 1861, se non erro, e ne era presidente l'ingegnere egregio Carbonazzi, che aveva lungamente soggiornato in Sardegna. Questa Commissione si riunì soltanto due o tre volte al Ministero di agricoltura e commercio, ed emise il suo parere sui lavori che credo siano stati eseguiti intorno alle bonifiche dello stagno di Sanluri. La Commissione fece la proposta per eseguire la sua gita in Sardegna, accettando le idee del presidente Carbonazzi, il quale credeva fosse necessario di avere delle istruzioni precise dal Ministero, e soprattutto di avere i mezzi per poter fare le spese necessarie per visitare tutte le coste della Sardegna e percorrerne l'interno. II Ministero non ha mai risposto a quest'ultimo ufficio fattogli dal presidente Carbonazzi, e la Commissione non è stata più radunata, e nemmeno, per quanto io sappia, è stata mai disciolta, ed è restata senza poter eseguire il suo mandato.
Io credo che la colpa di non essere andata in Sardegna non possa darsi alla Commissione, e credo poi, nel mio particolare, di aver dimostrato ripetutamente quanto mi stia a cuore il bonificamento di quella interessante provincia italiana.
ministro per l'agricoltura e commercio. Allorquando
giunsi al Ministero trovai che il servizio delle bonifiche era passato al
Ministero dei lavori pubblici, essendo questa una delle riforme compiute
dall'onorevole Minghetti.
Io quindi non ho potuto prendere informazioni, nè fare studi su tutto ciò che riflette questa materia. Parmi dunque che sede più opportuna alla domanda dell'onorevole Nicotera sarebbe la discussione del bilancio dei lavori pubblici, perchè egli è appunto in quel bilancio che vennero trasportate le spese per le bonifiche.
Di relativo ad esse non si è lasciato nel bilancio dell'agricoltura che
questo capitolo 5 bis, il quale però non riguarda
proprio le bonifiche, ma è soltanto relativo allo stanziamento di 20,000
lire da mettersi a disposizione del Ministero per promuovere specialmente i
consorzi volontari e fare gli studi su tutto ciò che concerne il regime
delle acque. Essendo stato questo Ministero battezzato il Ministero delle
iniziative, era ben conveniente che avesse una qualche somma a sua
disposizione per compiere gli studi ed incitare anche gl'interessati ad
unirsi in consorziò per provvedere alla irrigazione dei campi.
Nicotera. Io mi riservo di ripresentare questa domanda quando verrà in discussione il bilancio dei lavori pubblici, ed allora troveremo modo di far rivivere questa Commissione che è morta per vecchiaia.
presidente. Capitolo 5 bis. Bonifiche d'irrigazioni (Spese
varie), lire 20,000.
(È approvato.)
Capitolo 6 (per memoria). Istituto normale di agricoltura
in Paternò.
Capitolo 7. Razze equine. Proposto dal Ministeri in
lire 355,000 e soppresso dalla Commissione.
La parola spetta all'onorevole Tenani.
Tenani. Ritornando colla memoria alle discussioni avvenute in quest'Aula, quante volte fu preso ad esame il capitolo 6 delle razze equine, io mi era lusingato che
la proposta dell'abolizione dei depositi degli stalloni non sarebbe stata fatta sì intempestivamente che si fece dall'onorevole ministro di agricoltura e commercio, perchè, se una volta parve che la Camera rispondesse alla voce degli abolizionisti, ben presto ebbe a ricredersi, e vinse il partito che i depositi degli stalloni si dovessero abolire allora soltanto che fossero divenuti inutili. In una parola il concetto predominante era questo, che il regno degli stalloni non dovesse essere eterno, ma che la loro caduta dovesse essere il loro trionfo e non la loro condanna.
E nemmeno leggendo la circolare 20 febbraio prossimo passato dell'onorevole ministro, io avrei creduto che egli avrebbe proposto la soppressione degli stalloni, perchè, se da tutta la circolare traspare il pensiero e, dirò anzi, il proposito di stralciare dalla pubblica amministrazione il servizio ippico, alcune parole della circolare stessa mi erano cagione a sperare che la proposta di abolizione non sarebbe portata in Parlamento, se prima le autorità elettive alle quali egli si era rivolto per consiglio, non l'avessero fatto persuaso che l'ufficio del Governo, che era quello di ravvivare le degenerate propagini con nuovi innesti, non si fosse potuto compiere dall'industria privata senza danno della pubblica cosa.
Ora, o signori, di tutte le provincie del regno, credo che appena una diecina abbia risposto e più o meno negativamente; delle migliaia di comuni poche unità risposero, e pure negativamente; i trecento comizi agrari o tacquero o risposero no; uno, a dire il vero, rispose di sì; ma non se ne sconfortino troppo gli abolizionisti, codesto comizio ha confessato di non intendersi punto della materia. Le società ippiche, le società delle corse, il Consiglio ippico e tutti quelli che hanno studiato questa questione sul libro dei libri, voglio dire sull'esperienza e sui fatti, deplorano la proposta abolizione. Ciò nullameno il ministro l'ha portata in Parlamento; e la Commissione del bilancio, eco ed anima della quale è in questa parte l'onorevole Torrigiani, il più fiero, il più ostinato, e, se non gli spiace la lode sul mio labbro, il più abile avversario che abbiano avuto gli stalloni, fa buon viso alla proposta del Ministero; anzi fa qualche cosa di più, poichè si trova fra mano un'altra somma destinata ai premi, la Commissione dà di frego anche a questa…
Di Sambuy. Domando la parola.
Una voce. La maggioranza della Commissione.
Tenani. Sì, la maggioranza fa
Quali sono, o signori, le ragioni degli abolizionisti? Il loro cavallo di battaglia è la libertà d'industria.
Lasciate fare, essi dicono, lasciate passare; lasciate che il paese si governi colla libertà per la libertà; non vedete come tutto si agita e move in Italia? Levate le gruccie all'industria equina, ed essa, come il paralitico delle sacre carte, sorgerà e camminerà.
Belle e lusinghiere parole in vero, alle quali faccio plauso di gran cuore; ma io non so che cosa abbia a fare la libertà in questa questione. Il Governo non monopolizza punto la produzione delle razze equine; il suo ufficio è quello semplicemente di migliorarle; egli non osteggia l'industria, ma la favorisce fornendole la materia prima; egli non impedisce la concorrenza, ma, tolta la gratuità del salto, la provoca.
Tanto è ciò vero, che si è visto in Italia e altrove nascere e prosperare l'industria equina per l'appunto vicino a quei luoghi dov'erano i depositi degli stalloni.
Piuttosto è più seria un'altra obbiezione degli abolizionisti, ed è questa: che il Governo è cattivo industriale. Ma se codesta obbiezione è seria, non è meno seria e vera quella che io le contrappongo, che, cioè, se lo Stato è cattivo industriante, il privato è peggiore, anzi pessimo, e in Italia assolutamente nullo. E qui mi si permetta una brevissima digressione, o, dirò così, una reminiscenza storica.
Nel passato la vita sociale, la politica, la militare e la religiosa altresì
era a cavallo; allora l'emulazione cavalleresca si concentrava nelle grandi
proprietà, attorno ai castelli, attorno alle abbazie; ma coi primi colpi
dati alle baronie e alle feudalità, e col soffio dei nuovi tempi vennero
meno quelle condizioni di fatto che favorivano la produzione equina, e fin
d'allora si sentì il bisogno dello stabilimento degli uno, nè un Governo riparatore.
In Inghilterra, per lo contrario, l'influenza dei costumi e delle leggi permise che i latifondi si concentrassero nelle mani dei ricchi; quivi l'aristocrazia territoriale che ha dato in ogni tempo i più nobili esempi di amore alle libertà, con una abilità e con una devozione che l'onorano, ha esercitato la nobilissima industria spesse volte con disinteresse e talora con sagrifizio; ed è riuscita nello scopo, perchè in quel paese realmente regna una razza autonomica, ed il cavallo vi è divenuto un elemento di vita nazionale. Se qualcheduno mi tacciasse di esagerazione, non ha che a passare la Manica per ricredersene tosto.
Eppure anche in Inghilterra si sono fatti udire del reclami negli ultimi anni. In Irlanda una deputazione dei principali membri della società reale si è presentata al lord luogotenente, al castello di Dublino, lamentando la degenerazione dei cavalli del paese e domandando che si introducesse anche nell'isola il sistema continentale.
Si cita anche dagli abolizionisti l'America. Ma in America, se non v'è aristocrazia territoriale, vi sono degli spazi infiniti, e la ricchezza mobiliare vi è così diffusa e così grande, che le più costose e meno proficue intraprese si possono estendere meravigliosamente.
Ora ritorniamo, o signori, in Italia. Noi non abbiamo più le famose razze celebrate dai poeti, dagli storici ed eternate dagli artisti nei nostri monumenti; abbiamo, se volete, nell'Italia meridionale dei proprietari che tengono delle numerose mandre di cavalli, ma le tengono, non per esercitare veramente la industria equina, ma per iscopi di agricoltura. Ci sono anche degli intelligenti ippologi che esercitano con qualche successo la industria equina, ma non con lucro; nelle condizioni presenti codesta industria non può essere altro che passiva. Perchè possa essere attiva bisogna che essa dia dei prodotti così perfetti che col prezzo della loro vendita l'industriante possa compensarsi del difetto di prodotti imperfetti; ma ciò non si ottiene in breve lasso di tempo. Perchè il sangue nobile e gentile degli avi scorra nelle vene dei nipoti è necessario che vi discenda per un lungo ordine di magnanimi lombi.
È necessario dunque un lungo studio e un grande amore, è necessaria molta scienza, è necessario molto danaro.
L'onorevole Barracco, che mi duole non sia presente, perchè in questa questione avrebbe fatto udire la sua tanto autorevole quanto forbita e gentile parola, l'onorevole Barracco diceva essere necessaria una produzione lungamente ripetuta perchè le qualità individuali diventino qualità di razza; e per adoperare un linguaggio che richiama le teorie Darviniane, è necessaria una riproduzione lungamente ripetuta perchè la varietà diventi specie.
Ma qui colgo a volo una obbiezione che mi farà certo l'onorevole relatore della Commissione. Egli mi dirà: ma se l'industria equina è e non può essere che passiva in Italia, a che, signori, affaticarci dietro un fantasima? Siamo noi sì isolati nel mondo, sì barbari, sì primitivi da voler ad ogni costo esercitare un'industria che non ci riesce lucrosa? Realmente l'obbiezione è calzante ed io sono pure del parere che le industrie, perchè possano diventare grandi in un paese, bisogna che tendano a specializzarsi, onde il voler ottenere per forza quello che le circostanze di tempo e di luogo non possono dare, è assolutamente follìa. Ma qui, signori, la questione si complica, qui a modificare il problema economico vi entra un nuovo fattore ed è il fattore militare.
L'ho detto un'altra volta, ed ora mi giova ripeterlo, il cavallo non è un prodotto qualunque, il cavallo è un soldato e la rimonta è una leva, più lunga, più faticosa e più dispendiosa assai di quella dei nostri coscritti.
Dunque per quella ragione che noi abbiamo degli arsenali, che noi abbiamo delle fonderie, dobbiamo anche provvedere perchè non ci manchino cavalli da guerra, anzi a più forte ragione vi dobbiamo provvedere, perchè i cannoni ed i fucili si possono improvvisare, ma non s'improvvisano in alcun modo i cavalli.
Che cosa allora dobbiamo fare? Credo che dobbiamo fare quello che hanno fatto gli altri paesi. Non mi pare che siamo nel caso di fare da maestri, perchè non sempre sappiamo fare da discepoli. Guardiamo la Germania; vi cito un paese dove l'attività del pensiero e dell'azione è grandissima. Ebbene in Germania, ad onta che le razze equine abbiano raggiunto un certo grado di perfezionamento, si mantengono gli stalloni governativi. Citerò il Belgio; citerò anche la Francia. E qui l'onorevole Torrigiani non si scandalizzi, se io cito la Francia, e non voglia gabellarmi per protezionista. Non verrò a ripetere quello che la Francia ha fatto, mi limiterò a citare alcune cifre.
La Francia nel 1860 importava circa 15,000 cavalli di più di quello che esportava; nel 1863 la differenza era solo di 6000, nel 1864 di 4000, nel 1865 di 3000, e nel 1866 le statistiche le quali ho potuto compulsare mi dicono che la Francia esportò 4000 cavalli di più del numero importato. E l'Italia? Nel 1868 importò circa 8000 cavalli e ne esportò 800 appena.
Quale miseria!
Però c'è un qualche risveglio anche nell'industria nostrale, le esposizioni
ippiche ce ne assicurano, ma non è molto esteso. Appena 56 sono gli stalloni
approvati, mentre l'Italia ne ha bisogno di 2000; e appena otto si
presentarono l'anno scorso ai concorsi quantunque vi fossero dei premi da
600 lire. Ciò non ostante, come ho detto, un risveglio c'è, e sarebbe stato
maggiore se non fossimo andati attorno colle forci,
come il tempo alla nobiltà, a questo povero capitolo 7, che l'abbiamo
ridotto sì nudo e bruco che si ritrova.
Però propongo che sia ristabilita nel bilancio la somma primitiva. A quest'oggetto ho già apposto la firma ad un ordine del giorno che svolgerà l'onorevole mio collega Negrotto. E siccome gli stalloni sono alquanto depauperati di forze, conviene rinsanguare i nostri depositi, faccio pure la proposta che le somme destinate ai premi sieno per quest'anno destinate a rimontare i nostri stalloni.
Io raccomando alla Camera la mia proposta. Il principio della libertà delle industrie e l'altro principio che il Governo non deve fare l'industriante, sono principii verissimi, ma i principii non devono essere le esagerazioni dei principii.
Siamo loro fedeli, ma non innamoriamocene a mente chiusa, come Pigmalione della sua statua. Se noi pretendiamo di costringere entro le forme del concepito pensiero il mondo ideale, il mondo reale ci sfuggirà di mano. Io credo che dobbiamo essere un po' meno
scolastici. Mi pare che alle volte facciamo le leggi, quando nessuno le vuole, e qualche volta le disfacciamo quando tutti le vogliono.
(Benissimo!)
Siamo un po' più sperimentali. Saremo meno eloquenti, saremo più modesti, ma saremo più utili, saremo più pratici. E ricordiamoci che gli arpagoni sono cattivi padri di famiglia e pessimi governatori di Stati.
(Benissimo! a destra)
presidente. L'onorevole Griffini Luigi ha facoltà di
parlare.
Griffini Luigi. Prima di tutto devo rendere i più
sentiti ringraziamenti all'onorevole ministro di agricoltura, industria e
commercio per le cortesi parole che ieri ha voluto usare spiegando le sue
viste intorno alle raccomandazioni che io ho avuto l'onore di dirigergli.
Tanto più sentiva il bisogno di ringraziarlo, perchè oggi mi trovo nella
dispiacenza di combattere una sua proposta, come ha già fatto molto
eloquentemente l'onorevole Tenani, e mi trovo ugualmente obbligato a
combattere le conclusioni della Commissione.
Se noi esaminiamo le varie cifre che compongono questo bilancio del Ministero di agricoltura, industria e commercio, noi abbiamo una prova della tendenza dell'uomo all'esagerazione, per cui, trovata una buona idea, molto facilmente la guasta nell'applicarla, uscendo dai confini della necessità e della convenienza.
Fatta l'Italia, noi ci accorgemmo che occorreva fondare molte istituzioni; ci
gettammo perciò a capo fitto nelle spese, e ne venne il
Le spese infruttifere possiamo eliminarle quando, per altri riguardi, non ci sia assolutamente imposto di mantenerle in bilancio. Ma io credo che noi commetteremmo un grave errore eliminando con uguale facilità le spese produttive; ed anzi cadremmo in una deplorabile illusione, mentre, per evitare l'uscita dalle pubbliche casse di una piccola somma, che è quanto dire, risparmiando alla nazione il pagamento di poco danaro, noi le toglieremmo delle entrate immensamente maggiori e che periodicamente si riproducono. Ed è appunto una spesa produttiva, o signori, quella che il Ministero, d'accordo con l'onorevole Commissione del bilancio, ha deliberato di eliminare, dopo però alcune divergenze e calorose discussioni. Anzi io sono persuaso che questa eliminazione che deploro, e credo sia deplorata da molti altri, originariamente non fosse nell'animo di alcuno di coloro che presero parte alla formazione del bilancio, e non sia stata altro che il risultato dell'attrito delle loro contrarie opinioni. Se noi, o signori, gettiamo lo sguardo sopra le cifre di questo bilancio, se restiamo dolosamente colpiti.
Nell'anno 1869 era stanziata la somma di 620,600 lire per l'incoraggiamento dell'industria ippica; il Ministero ha creduto di conservare nel bilancio del 1870 la somma di lire 855,000, applicandola però, non alla conservazione degli stabilimenti degli stalloni, ma sibbene in premi da assegnarsi in occasione di esposizioni e concorsi ippici.
L'onorevole Commissione fu di diverso avviso; essa non credette che fosse
opportuno di conservare questa cifra in bilancio; ed in ciò io sono
precisamente del suo parere. Ma cosa ne derivò? Ne derivò l'eliminazione di
tutto, per cui in oggi non vediamo più alcuna somma stanziata sotto il
titolo Razze equine. Noi avevamo nel 1869 un bilancio
per l'agricoltura di lire 5,639,000, somma invero assai esigua, a mio
credere. Or bene, pel 1870 si propone una riduzione nientemeno che di
2,203,000, cioè a dire di più del terzo. Perciò figurerebbe nel bilancio la
sola somma di lire 1,429,000 per spese ordinarie e straordinarie a vantaggio
dell'agricoltura e di tutto quanto coll'agricoltura può avere una certa
attinenza. Noi vediamo infine un bilancio così stremato, che si riduce alla
somma di meno di 3 milioni e mezzo. Ma, signori, siamo seri: piuttosto che
mantenere un Ministero per l'erogazione della meschina somma di tre milioni
e mezzo scarsi, io credo che converrebbe distruggerlo, sopprimerlo. Noi
dobbiamo curare il decoro del nostro paese…
Servadio. Domando la parola.
Griffini L
Ciò che avvi d'importante, o signori, nella questione che ora si agita, si è di vedere se l'istituzione degli stalloni governativi sia utile o no; e, se è utile, per quanto sia in noi grande il desiderio di fare le economie, non dobbiamo sacrificare questa fonte di pubbliche entrate, tanto più avuto riguardo all'esiguità della somma che verrebbe ad essere eliminata dal bilancio, e quindi alla tenuità estrema del risparmio che si farebbe in confronto di quelle somme vistosissime che ci occorrono.
È dessa utile, è dessa buona l'istituzione degli stalloni? Io non titubo un istante a rispondere affermativamente, confortato anche dal parere unanime, a mio credere, dei comizi agrari, meno forse uno, e delle persone tecniche e di tutti i corpi morali che vennero in quest'occasione ed in altre interrogati in proposito dai vari Ministeri.
Noi, o signori, abbiamo un territorio che per molta parte è ancora a pascolo, e che non potrà essere dissodato
e dato ad altra coltura in breve giro d'anni. Abbiamo dei siti estesi che non potranno mai essere ridotti ad altra coltura, e che dovranno quindi essere sempre usufruttati per i pascoli, come certe colline, certi monti, certe paludi, certi paesi acquitrinosi. Ed in questi terreni paludosi ed acquitrinosi, tutti gl'intelligenti m'insegnano che fa più buona prova l'allevamento del cavallo di quello che degli altri animali ad unghia fessa.
Ma anche tutti i terreni che presentemente sono a pascolo, e che potranno in seguito essere ridotti ad altra coltura, bisogna pur pensare ad utilizzarli in oggi; e certamente dovranno passare molti anni prima che si ottenga quel risultato della coltivazione dei cereali, del piantamento di frutteti, che verrebbero suggeriti dall'onorevole Commissione del bilancio.
Bisognerà prima di tutto che vi siano i capitali necessari; bisognerà che cresca la popolazione, che cresca l'istruzione agraria, che cresca anche il bestiame.
Intanto io dico che, per una lunga serie d'anni, noi o dovremo continuare nell'allevamento del bestiame, e specialmente dei cavalli, per trarre un partito da tutti quei terreni, oppure dovremo lasciarli infruttiferi. Ed ove fossimo costretti a ciò, ne verrebbe un danno alla nazione, senza confronto, maggiore del vantaggio che si vorrebbe ora procurarle colla tenuissima riduzione di spesa che sarebbe stata d'accordo assentita dal Ministero e dalla Commissione pel bilancio.
Ma noi abbiamo bisogno di migliorare la razza equina, o, per meglio dire, di continuare nel miglioramento già molto felicemente incominciato.
Perchè l'industria ippica, per noi assolutamente necessaria, possa dirsi profittevole, o, quanto meno, possa darci tutto il vantaggio sperabile dal miglioramento della razza equina in Italia, è d'uopo che il Governo ci venga in aiuto.
Io divido l'opinione degli economisti, i quali insegnano che il Governo, in massima, deve lasciar fare, e che le industrie non devono essere tenute sotto tutela dello Stato. Queste sono teorie ottime, ma soffrono delle grandi eccezioni, ed una delle più salienti riguarda i paesi ove le industrie sono infanti od adolescenti, per cui, ove vengano abbandonate a se stesse, periscono; mentre invece, sussidiate ed incoraggiate a tempo opportuno, possono, dopo breve giro di anni, essere appunto abbandonate a se stesse con grande vantaggio della nazione.
Ma, o signori, gli utili che derivano dal mantenimento degli stalloni governativi noi li abbiamo tutti verificati in questi ultimi anni, specialmente visitando le varie esposizioni che si sono succedute in Italia.
Nel 1864 ebbero luogo alcune esposizioni; allora si videro, a fronte di cavalli di razza degenerata, di cavalli che certamente non ci facevano onore, dei puledri di forme talmente diverse da lasciare luogo a grandi speranze. Nel 1869, come sapete, se ne tennero parecchie di queste esposizioni nel nostro paese; la scena era completamente cambiata, e si videro cavalli in numero assai grande che destarono la compiacenza universale.
Nel 1866 la nazione ebbe bisogno di far rapidamente acquisto di molti cavalli per l'esercito.
Interrogate, o signori, quegli esperti ufficiali che facevano parte della Commissione incaricata delle compere, e tutti vi diranno il grave imbarazzo in cui si trovarono; tutti vi diranno che, se venivano presentati dei bei cavalli erano i cavalli giovani, quelli appunto che si erano potuti ottenere col mezzo degli stalloni governativi. E molti di questi cavalli hanno dovuto essere rifiutati perchè non avevano ancora raggiunto l'età necessaria, perchè eravamo ancora nell'infanzia di questa industria, perchè i vantaggi derivabili dall'istituzione di cui ho l'onore di parlare erano appena incominciati. La Commissione…
Una voce. La maggioranza.
Griffini L. Mi vien suggerito benissimo che si tratta
della maggioranza. Ebbene, la maggioranza, molto limitata, della Commissione
del bilancio ci viene a dire che, se non abbiamo cavalli per l'esercito nel
nostro regno, com'è composto attualmente, vi sono però razze distintissime;
che nel piccolo Stato pontificio danno molti allievi, e che noi potremo, al
bisogno, recarci colà ad acquistarne. Soggiunge poi che quei produttori di
cavalli hanno potuto mantenere le loro razze, hanno potuto rendere
vantaggiosa la loro industria senza bisogno di sussidi governativi, poichè
il Governo pontificio, che punto si occupa degli interessi dei propri
sudditi (giacchè quelli bisogna chiamarli sudditi), non ha pensato nemmeno
all'istituzione degli stalloni governativi.
Quanto alla seconda parte di quest'argomentazione io credo di poterla superare con molta facilità.
Nello Stato pontificio, dove l'industria equina è già avanzata assai, non vi è più bisogno del sussidio governativo; ma là furonvi sempre delle circostanze particolari, là quell'industria venne ed è esercitata da grandi proprietari ricchissimi, i quali non potrebbero trarre nessun altro vantaggio dai loro fondi, e quindi essi molto facilmente, e spinti dalla necessità, sono giunti al punto in cui si trovano. Ma noi dobbiamo prendere il fatto com'è. Volete voi paragonare lo stato dell'industria equina nei paesi pontifici con quello della medesima industria nel regno d'Italia? Appunto perchè noi siamo in uno stato inferiore, dobbiamo incoraggiare quest'industria, mantenendo in bilancio quella somma che vi ha figurato per tanto tempo, e dalla quale, come dissi, abbiamo ottenuto grandi vantaggi.
Veniamo alla prima parte dell'argomento della maggioranza della Commissione. Essa dice: sa avremo bisogno di cavalli per l'esercito, andremo a comperarli dove si trovano, e precisamente nello Stato pontificio.
Io ringrazio la maggioranza della Commissione dell'argomento che con ciò mi ha prestato per combatterla. Tutti sanno che il Governo pontificio non nutre per noi le più benevole intenzioni; dunque il primo atto di ostilità che esso sarà per fare, in caso di minaccie di rottura della guerra, sarà di chiuderci i confini ed impedire l'esportazione dei cavalli.
Ma la Commissione ci dice: fintantochè noi manteniamo gli stalloni a spese del Governo, non potrà sorgere l'industria privata: essa sorgerà appunto quando noi non le faremo più concorrenza.
Anche questa è, a mio credere, una illusione che si può dissipare molto facilmente, addentrandosi nello esame delle vere condizioni dell'industria stalloniera nel nostro paese. L'industria del mantenimento degli stalloni è passiva per lo Stato di 400 o 500,000 lire. Sarebbe meno passiva per i privati, perchè essi probabilmente la eserciterebbero con maggiore diligenza, ma dovrebbe tuttavia essere passiva, mentre nessun allevatore di cavalli si presterebbe a pagare quelle forti tasse di monta che sarebbero necessarie, perchè tale industria diventasse attiva. Nessuno si presterebbe a pagare sì forti tasse, poichè altrimenti l'allevamento dei puledri diventerebbe passivo a sua volta, pel motivo che da noi il cavallo si vuole pagare troppo poco. Da noi si vuole comprare, spendendo la somma di circa 400 lire, un cavallo che in Inghilterra, per esempio, si pagherebbe mille. Andate a portare sui mercati dei cavalli stati allevati diligentemente, e che discendano da buona razza, e vedrete che non potrete ritrarre per ora una somma sensibilmente maggiore di quella che si ricava da un cavallo domato troppo per tempo, mal mantenuto, di cattiva razza.
Dunque qui generalmente gli allevatori non si presterebbero a pagare quelle tasse che sarebbero necessarie perchè l'industria degli stalloni potesse diventar utile. Certo che, ove venissero soppressi gli stabilimenti degli stalloni governativi, non sarebbero per questo le cavalle del regno condannate a morir vergini; ma esse dovrebbero acconciarsi con quei brutti ronzini da cui erano coperte una volta; perchè con quelli l'allevatore non spendeva generalmente se non se l'importo di due decalitri di grano per tre salti.
Ci si adduce l'esempio dell'Inghilterra e dell'America; ci si viene a dire che in quei due paesi dove la libertà ha messe profonde radici, non si incoraggia l'industria equina, che non dobbiamo imitare a preferenza l'Austria e la Francia, le quali hanno seguito finora un sistema contrario, e spendono somme immensamente maggiori di quelle che noi abbiamo spese sin qui.
Gli esempi, signori, sono imitabili quando sono calzanti. Ora, domando io, se dobbiamo preferire gli esempi che ci offrono l'Inghilterra e l'America a quelli che ci vengono presentati dall'Austria e dalla Francia, Stati in condizioni analoghe affatto alle nostre, e vicini al regno d'Italia.
Non parliamo, o signori, dell'America; in quel paese basta percuotere il suolo per evocarne capitali; quel paese ha tali risorse, per cui sotto nessun rapporto si può paragonare al nostro.
In Inghilterra, poi, i capitali abbondano e vi sono molti intelligentissimi e ricchi proprietari, i quali si dedicano alla coltura del suolo. In Inghilterra l'industria ippica è nello stato di virilità, ed ha preso il maggiore sviluppo; come ebbi l'onore di avvertire, in Inghilterra si pagano bene i cavalli, per cui gli allevatori possono anche sopportare una tassa di monta di qualche gravità.
In Inghilterra si ha una produzione equina immensamente superiore a quella che si ottiene in Italia; l'Inghilterra esercita un commercio attivo di cavalli, mentre noi siamo obbligati di far uscire dal nostro Stato 11 milioni circa all'anno per pagare i cavalli che ci occorrono per l'agricoltura, per l'esercito, per il tiro ed il lusso.
Dunque abbandoniamo anche l'esempio dell'Inghilterra che non è punto calzante.
Il Ministero ha pensato di potersi trarre d'impaccio in questa bisogna rivolgendosi alle provincie; avrebbe voluto anche qui applicare il comodo sistema di sgravare lo Stato, caricando le provincie di alcune spese; ed ha chiesto che esse volessero comperare il materiale ippico posseduto dal Governo, e mantenere insomma gli stabilimenti degli stalloni. Hanno risposto negativamente (per quel che so) ed hanno fatto benissimo, perchè i contribuenti avrebbero continuato a spendere ancora come prima, senz'altro risultato fuori del dissesto derivabile in ogni amministrazione, quando si fa passare da una mano ad un'altra.
Il ministro volle sentire anche il parere di parecchi comizi agrari; questi l'hanno dato; ma non vedo che nè il ministro nè la Commissione ci facciano cenno del tenore delle loro risposte, e meno ancora di quelle avute dalle provincie.
Io rivolgo quindi preghiera al signor ministro perchè voglia darci partecipazione sommaria delle risposte avute da questi corpi morali, confidando che conterranno degli argomenti a favore della mia proposta e dei giudizi ben più autorevoli di quelli che io ho avuto l'onore di proferire.
Intanto prego la Camera a voler por mente che somme ingenti sono state spese per il materiale vivo e morto; che il Governo ha presentemente a sua disposizione tutti i locali in cui sono albergati gli stalloni, e che, se noi avessimo ad aderire alla proposta del Ministero e della Commissione, tutti quei locali resterebbero vuoti, e diventerebbero inutili, e tutto il materiale dovrebbe essere alienato con un tenuissimo introito. Passata la crisi finanziaria poi, verrebbe momento
in cui si potrebbe pensare a dar vita all'industria del paese, ed allora si lamenterebbe la eliminazione oggi proposta.
Se noi ci determinassimo ad istituire nuovamente gli stabilimenti degli stalloni, spenderemmo, o signori, 20 volte quello che incasseremmo oggi vendendo questa proprietà.
La Commissione però ha creduto di poter far breccia sulla Camera, avvertendo che già da qualche tempo non si acquistano rimonte di stalloni; che ve ne sono dei vecchi che bisognerebbe scartare, e che per provvedere le nuove rimonte, occorrerebbe uno straordinario dispendio.
Io sono ben lontano dal revocare in forse l'attendibilità di ciò che la Commissione è venuta ad esporci; però non posso a meno di far avvertire alla Camera che di quando in quando venivano scartati degli stalloni e venduti, ed erano anche rimpiazzati con altri acquisti.
Mi permettano, o signori, di esprimere ancora una idea: io credo che vi sia un mezzo per ridurre grandemente la spesa che in oggi si dovrebbe incontrare, arrecando nel medesimo tempo un perfezionamento all'industria, e sarebbe quello di non pensare più all'acquisto di cavalli inglesi puro sangue, di cavalli di certe razze fine di Francia, perchè questi, mentre costano immensamente a comperarli, costano anche assai pel mantenimento e cura, e poi sono meno prolifici degli altri, ed attesa la razza delle nostre cavalle danno degli ibridi informi, che non servono bene nè per la guerra, nè per il tiro, nè per l'agricoltura. Ciò, o signori, è universalmente constatato.
Invece atteniamoci ai cavalli inglesi mezzo sangue, ai prussiani, ai perçerons che sono di grande utilità e molto
ricercati nel nostro paese. In questa guisa, o signori, anche con un numero
un po' minore di stalloni, potreste ottenere lo stesso risultato che avete
conseguito finora.
Quando noi avessimo ad eliminare la somma di 355 mila lire stata proposta dal Ministero per incoraggiare l'industria equina, sotto la forma di premi, cesserebbe il bisogno di stanziare la somma di 620 mila lire che figurava nel bilancio dell'anno 1869. Questa spesa per l'incoraggiamento dell'industria equina a mezzo di premi poi possiamo evitarla, perchè con ciò non facciamo altro che negare un sussidio per l'incremento dell'industria; ma invece risparmiando la spesa pel mantenimento degli stalloni, noi distruggeremmo con una mano ciò che abbiamo fatto coll'altra, privando bruscamente il paese di una istituzione sulla quale fino ad oggi egli aveva calcolato.
Signori, prendendo parte da diversi giorni con tanto studio ed amore alla discussione del bilancio dell'agricoltura, industria e commercio, voi avete dimostrato di sapere benissimo che il paese poco o punto si diverte assistendo a certe lotte politiche, alle quali in questa Aula si attribuisce una certa importanza, e meno ancora si entusiasma allo spettacolo di certe burrasche in un bicchiere d'acqua;
(Segni d'ilarità)
e di sapere inoltre che si aumenterà la simpatia delle popolazioni verso di noi, ed il loro amore per le libere istituzioni in ragione dello zelo col quale cercheremo di tutelarne i veri interessi.
Quindi io confido che vorrete fare buon viso alla proposta che ho avuto l'onore di deporre sul banco della Presidenza così concepita:
«La Camera stanzia la somma di lire 500,000 nel capitolo 7 delle spese
ordinarie del bilancio di agricoltura, industria e commercio, Razze equine, allo scopo del mantenimento dei
depositi degli stalloni.»
Io spero che il paese verrà a conoscere di qui a poche ore che voi ne avete assecondati i desiderii ripetutamente manifestati.
presidente. La parola spetta all'onorevole
Negrotto.
Voci a destra. Ai voti! ai voti!
Negrotto. Io non vi intratterrò, signori, sulla importanza di questa industria, imperocchè l'hanno già fatto, meglio di quanto lo potrei fare io, gli onorevoli oratori che mi hanno preceduto.
Nella seduta del 31 gennaio del 1868 l'onorevole mio amico Barracco, che io
chiamerò il salvatore della razza equina,
(Oh! oh!)
poichè in quella seduta se l'onorevole Barracco non avesse tanto brillantemente sostenuto l'ordine del giorno da lui sottoscritto e dagli onorevoli San Donato e Serristori, che a me duole di non essere stato presente per appoggiarlo, certo la Camera facilmente avrebbe potuto approvare la proposta sospensiva che era stata fatta dal Ministero, e che venne poi quasi unanimemente respinta.
L'industria equina consta di due parti tra loro ben distinte. La prima ha tratto all'industria che si fa dai proprietari, cioè l'industria dell'allevamento. L'altra parte si è l'industria stalloniera che è un complemento della prima, e che i proprietari difficilmente potrebbero esercitare, ove non si mantenessero gli stalloni governativi, mediante i quali rimane di molto agevolata.
In fatti tale industria, per se stessa molto poco lucrosa, non potrebbe essere sostenuta che da quei proprietari i quali, essendo obbligati ad aver cavalle per uso dell'agricoltura, ne profittano per ritrarne un altro utile coll'allevamento dei puledri.
L'industria stalloniera per lo contrario non può reggersi senza sussidio governativo, e che questo sia io spero di potervelo provare con alcune cifre che non potranno essere combattute dall'onorevole relatore, nè dall'onorevole mio amico Castagnola, ministro d'agricoltura.
Uno stallone, quando lo si voglia avere dotato di tutte le qualità necessarie per ritrarne dei buoni prodotti, e soprattutto per migliorare le razze, che è quello appunto che è da tutti istantemente reclamato, non si potrebbe acquistare a meno di lire ottomila.
Ammesso dunque che tale ne sia il prezzo, l'ammontare dell'interesse annuo sarebbe di lire 400. Non meno di 650 si devono calcolare per il mantenimento dello stallone stesso, in quanto che, se allo Stato costa lire 485 un cavallo per l'esercito, evidentemente comprenderete, signori, come sia necessaria una somma maggiore pel mantenimento d'uno stallone pel quale sono necessarie anche molte maggiori cure.
È d'uopo inoltre ritenere che almeno ogni dieci anni gli stalloni debbono essere riformati, e che vendendoli difficilmente se ne potranno ricavare lire mille per caduno, perchè tutti sanno che un cavallo di riforma non ha che un minimo valore; quindi per questa parte nè meno è esagerato il calcolo che un cavallo acquistato per lire 8000, dopo dieci anni si venda per sole lire 1000, è che per ciò in ogni anno si abbia a sopportare la perdita di lire 700 sul capitale impiegato nell'acquisto.
Sommate assieme le cifre predette e detratte lire 675, prodotto che molto approssimativamente si calcola potersi ritrarre dalla monta, si avrà per ogni stallone un passivo annuo di lire 1075.
Vede la Camera come in questo stato di cose non convenga ai proprietari l'assumersi l'industria stalloniera almeno finchè, migliorate mediante buoni stalloni le razze nazionali, non si potranno provvedere in paese, a prezzi molto più convenienti, i necessari riproduttori, come lo si fa in Inghilterra dove l'industria equina ha raggiunto il suo perfezionamento, cosa questa che esige molto tempo. Egli è per ciò per lo meno prematura la deliberazione propostavi dalla Commissione del bilancio, la quale vuole fin da quest'anno abolire i depositi stalloni governativi.
(Ai voti! ai voti!)
È quindi necessario, signori, favorire quest'industria, essendo di tutta necessità che la medesima sia protetta, se volete il suo incremento ed ammiglioramento.
Accettando la proposta che vi vien fatta dal Ministero o dalla Commissione, il paese si troverà nella tristissima condizione di dovere sempre ricorrere all'estero per l'acquisto dei cavalli dei quali abbisognano l'esercito e l'agricoltura.
Risulta dalla statistica del movimento commerciale compilata per cura della direzione generale delle gabelle che l'importazione annuale in Italia è approssimativamente di 11,000 cavalli, che, al prezzo di 800 lire caduno, danno la somma di circa nove milioni che ogni anno il paese spende all'estero; e nel 1866, stante la guerra, il numero dei cavalli importati ascese a presso che 20,000, per cui è un'economia male intesa quella di voler risparmiare in bilancio 620,000 lire, mediante le quali in tempo non lontano potreste ottenere che quei nove milioni venissero introitati dai nostri proprietari.
Ognuno da ciò facilmente comprenderà l'importanza di quest'industria anche dal lato economico.
(Conversazioni sui vari banchi)
Voci. Ai voti! ai voti!
Negrotto. Lasciatemi finire.
Che la necessità di migliorarla esista, io ve lo proverò in poche parole.
Noi abbiamo, per esempio, nella provincia cremonese 37,000 cavalli, e disgraziatamente vi ha in quella razza un difetto che si riproduce costantemente, per cui i cavalli facilmente soffrono nella vista; ma dacchè si introdussero nel Cremonese gli stalloni governativi, è stato riconosciuto dal giurì dell'esposizione ippica che quella razza si è grandemente migliorata, ed anche nella sua conformazione.
Se voi dunque calcolate che, ove noi avessimo a vendere ora tutti gli stalloni ed i corrispondenti fabbricati che hanno molto valore, e che alienando il tutto non ne ritrarremmo che pochissimo, voi vedete, signori, che rovineremmo l'industria, e rinunzieremmo ai benefizi che abbiamo diritto di attenderci dalle spese che abbiamo fatte, e dei quali anzi cominciamo ad usufruire, andando incontro al pericolo di dover poi sottostare ad ingenti spese, ove il paese fosse astretto a rimettere i depositi di stalloni.
Io non parlerò della necessità di quest'industria relativamente all'esercito; imperocchè, essendovi altri iscritti, e specialmente l'onorevole generale Paolo Griffini, il quale certamente è più competente di me, lascierò a lui la cura di provarvi quanta sia l'importanza di quest'industria anche relativamente all'esercito.
Confido quindi che la Camera non vorrà approvare nè la proposta del Ministero nè quella della Commissione, e vorrà invece accettare un ordine del giorno, al quale vollero gentilmente associarsi parecchi onorevoli miei colleghi, col quale noi soltanto vi proponiamo che vogliate mantenere in bilancio la somma di lire 620,000 che vi era stanziata nel 1869, senza domandare alla Camera una somma maggiore per la rimonta degli stalloni che dal Consiglio ippico e dal Ministero è riconosciuta di somma urgenza.
Signori, appunto perchè il paese versa in condizioni finanziarie difficili, invece di chiedervi la somma necessaria per la rimonta e quelle maggiori che ravviseremmo opportune per il maggiore incremento ed il miglioramento della razza equina, ci limitiamo a domandare che siano a ciò destinati i fondi che per quest'anno sarebbero stanziati per i premi d'incoraggiamento. Spero che la Camera, per le ragioni svolte dagli onorevoli colleghi, che ebbero prima di me la parola e che in qualche guisa brevemente ho cercato di completare, vorrà approvare il nostro ordine del giorno.
Voci. Ai voti! ai voti!
presidente. Essendo chiesta la chiusura, domando se è
appoggiata.
(È appoggiata.)
ministro per l'agricoltura e commercio. Prima che si
chiuda la discussione intorno a codesta questione vorrei esporre la mia
opinione in proposito.
Di Sambuy. Domando la parola contro la chiusura.
presidente. È inteso che la parola è riservata al
signor ministro, come pure al relatore.
L'onorevole Di Sambuy ha facoltà di parlare contro la chiusura.
Di Sambuy. Sinora la Camera ha uditi oratori i quali
tutti svolsero ed appoggiarono lo stesso ordine del giorno da loro proposto.
Io invero mi meraviglierei se nella Camera non vi fossero per avventura
altre opinioni. Si sentiranno certamente degli abolizionisti, che sono, del
resto, già rappresentati dalla Commissione, e per ciò veramente non desidero
che altri sorga a sostenere quella tesi; ma però vi potrebbe essere taluno
che propugnasse altre idee. Io poi confesso che aveva una proposta la quale
poteva stare di mezzo fra i sostenitori dei depositi e coloro che
assolutamente li vorrebbero vedere aboliti.
Per questo io desidererei che questa discussione, la quale ha una tal quale importanza pel paese, non venga ora troncata.
presidente. Do comunicazione alla Camera di due nuove
proposte presentate al banco della Presidenza. Quella degli onorevoli
Negrotto-Cambiaso, Tenani, Arrivabene, Nicotera, Gravina, Griffini P.,
Serristori, Donati, Fornaciari, Ferri e Nisco suona così:
«La Camera, riconoscendo la necessità che lo Stato debba incoraggiare lo sviluppo ed il miglioramento dell'industria equina, delibera debbasi mantenere in bilancio al capitolo 7 la cifra di lire 620,000, erogando per quest'anno la somma destinata ai premi d'incoraggiamento alla rimonta degli stalloni.»
L'altra proposta, dell'onorevole Del Zio, è nei seguenti termini:
«La Camera, ritenendo lasciata ai privati l'industria delle razze equine, invita il Ministero a presentare il disegno di legge, promesso nella tornata 14 giugno 1867, sulla misura e modi dei premi che debbono incoraggiarla, e passa all'ordine del giorno.»
Comunico queste due proposte alla Commissione, e intanto do la parola al signor ministro di agricoltura e commercio.
(Il ministro si alza per parlare.)
Voci. A domani! a domani!
Altre voci. Parli! parli!
presidente. Facciano silenzio!
Nicotera. Perdoni, onorevole presidente, ma io vorrei far osservare all'onorevole ministro che egli poteva rispondere prima che si chiudesse la discussione generale.
presidente. Non è chiusa.
Nicotera. In tal caso, dopo il signor ministro potranno parlare altri.
presidente. A meno che sorga la domanda della chiusura
e venga questa approvata.
La Porta.
(Della Commissione)
Deve pur parlare il relatore.
Massari G. Domando la parola per una mozione
d'ordine.
presidente. Ha facoltà di parlare l'onorevole
Massari.
Massari G. La chiusura, mi permetta la Camera, è già
stata domandata, e non veggo perchè non debba essere messa ai voti. Se si
trattasse di una questione nuova, lo comprenderei, ma questa è una questione
già stata lungamente dibattuta; per conseguenza io trova che il voler
tornare a far ciò che si è fatto due anni fa, con una conseguenza molto
pratica e molto giusta, alla quale io mi associo, e che spero la Camera
riconfermerà in oggi adottando la proposta dell'onorevole Negrotto e
compagni, sia un perdere tempo; onde io non veggo ragione per prolungare
inutilmente la discussione, e sarei anzi per rivolgere un'affettuosa
preghiera al signor ministro di agricoltura e commercio di non mostrarsi
duro ed esigente, e di volerci fare questa piccola concessione a favore
degli stalloni.
(Ilarità)
Lanza presidente del Consiglio. L'onorevole Massari
osserva che la questione non è importante e che quindi si può passare
immediatamente alla votazione senzachè nè il relatore, nè il ministro
possano esporre la loro opinione; parmi che questa sia un'esigenza fuori
delle consuetudini parlamentari.
Del resto, è evidente che la questione è grave; si tratta di decidere se si debba conservare o sopprimere un'istituzione. Taluni la credono molto importante e benefica alla produzione equina, e questi vogliono mantenerla; altri invece sostengono che si possa sopprimere, e che l'industria privata possa sopperirvi in massima parte.
Adunque ben vede l'onorevole Massari che non si tratta di una questione sulla quale si possa sorvolare così facilmente, e venire ai voti senzachè sieno sentite le due parti…
Massari G. Domando la parola per un fatto personale.
presidente del Consiglio.… senzachè la Commissione del
bilancio ed il Ministero abbiano espresso il loro parere in proposito.
Quindi, per quanto il Ministero desideri che la discussione dei bilanci proceda alacremente, è manifesto che questo suo desiderio dev'essere subordinato sempre alla natura delle discussioni ed alla loro importanza.
presidente. Onorevole Massari, la deggio avvertire
che, quando si è chiesta la chiusura, e stava per metterla a partito, il
signor ministro d'agricoltura e commercio, usando di un diritto che gli
spetta, si è alzato per parlare, ed in quel momento io mi fermai
immediatamente; cosicchè la chiusura venne bensì appoggiata, ma non
approvata.
Rammenterà pure l'onorevole Massari che la parola era stata da me formalmente riservata al signor ministro ed al relatore.
Ond'è che io rinvio il seguito della discussione a domani.
Massari G. Aveva chiesta la parola per un fatto
personale.
Voci. No! no! A domani!
(Vivi segni d'impazienza — Molti deputati scendono
nell'emiciclo)
Altre voci. No! no! Parli! parli!
presidente. Facciano silenzio, e riprendano i loro
posti.
L'onorevole Massari ha la parola per un fatto personale.
Massari G. Io abuserò per pochi momenti della pazienza
sua,
(Al presidente)
e di quella della Camera.
Io ho rivolta una preghiera, che ho qualificato di affettuosa, al ministro di agricoltura e commercio. L'onorevole presidente del Consiglio mi fa il viso delle armi, e mi dice che io sconosco la gravità della questione. Mi permetta l'onorevole presidente del Consiglio che io gli faccia riflettere che riconosco come lui che la questione è di somma importanza. La sola cosa che io ho detto si è, che la questione è stata di già trattata…
presidente del Consiglio. Ma non decisa.
Massari G
(Le conversazioni dei deputati che sono nell'emiciclo
impediscono di sentire intieramente l'oratore) … e che si conoscono
benissimo, e si possono pesare fin d'ora gli argomenti che i difensori di
questa meschinissima economia vorranno portare a sostegno del loro
assunto.
presidente. Onorevole Massari, ella è fuori del fatto
personale.
Massari G. Ma mi permetta, onorevole presidente…
presidente. La prego di non insistere.
La discussione sopra questo argomento è rinviata a domani, come pare sia l'intendimento della Camera.
La seduta è levata alle ore 5:40.
1° Seguito della discussione del bilancio 1870 del Ministero di agricoltura e commercio;
2° Svolgimento della proposta di legge del deputato Carcani per l'ammessione ai concorsi di pubblici impieghi dei militari di seconda categoria od in congedo illimitato.
Discussione dei progetti di legge:
3° Iscrizione nel Gran Libro di rendite provenienti da rescrizioni del debito pubblico del primo regno italiano;
4° Scioglimento dei vincoli feudali nelle provincie venete e di Mantova;
5° Prescrizione delle partite di spese fisse non pagate;
6° Transazione di vertenza cogli eredi Marignoli, già appaltatore del dazio di macinato nell'Umbria;
7° Discussione del bilancio del Ministero della pubblica istruzione pel 1870;
8° Svolgimento della proposta di legge del deputato Pellatis per la riforma della istituzione della guardia nazionale.