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PRIN 2012 - Accademia della Crusca
TORINO, 12 FEBBRAIO 1867
Il Paese.
La situazione d'Italia è grave tanto più, in quanto la coscienza di codesta gravità delle nostre condizioni è ora più generalmente sparsa nella popolazione ed ha guadagnato le persuasioni dell'universale.
Noi abbiamo oscillato da una soverchia fiducia ad uno sconforto, che non diremo esagerato, ma pericoloso, perché non accompagnato da risolutezza di volere i rimedi, nemmanco da oculatezza di saperli cercare, di saperli additare ed invocare.
Quanto alla linea di condotta politica, addormentatici nella sicurezza che tutta la nazione ispirava il genio di Cavour, ci avvezzammo dall'una parte lasciarci guidare dall’iniziativa sagace di quella potente individualità, dall’altra a confidare che ogni avvenimento, per benigno riguardo della fortuna, volgesse a nostro profitto. E la fortuna ben fu tuttavia costante nel favorirci di vantaggiose venture, ma, spento il Cavour, mancò affatto la prudenza audace e il senno alacre e pronto a torne degno ed onorato frutto. La nostra inerzia, diciamo la parola, la generale insufficienza ci piegò a lusingarci che coloro i quali si dicevano seguaci , o come si usò chiamarli, eredi della politica dello statista piemontese, valessero — e niuno pur poteva realmente crederlo – a spinger sempre le italiche cose nella via del successo, dove si facesse capo al buono assetto dello Stato, alla sua stabilità, al contento ed al benessere dei popoli. Invece , dopo parecchi anni di stiracchiamenti, di armeggi, di partili, di finte glorie sollevate ed abbattute a gara, di vane parole e di più vane promesse e di vanissimi fatti, ecco ad in tratto desta sino allo sdegno la pubblica opinione, come da un colpo di fulmine, da una crisi nella vita della nazione , in cui apparve gigante l'incapacità civile, politica, militare, economica dei reggitori — anche dei più superbi — di noi, di tutti.
Il paese si guardò intorno esterrefatto e vide dapertutto la confusione, gl'incertezza, il disordine; traverso l'amministrazione farsi strada lo scialacquo; e dubitò dietro la colpa dell'imperizia anche quella dell'immoralità. Insieme a ciò le passioni le più astiose aizzate, quasi come arte del divide et impera: la unione fatta nelle forme non, negli animi; l'irritazione dell'offesa in questi, la sconoscenza in quelli, l'apatia sprezzosa in quegli altri, malintese, rancori, diffidenza dapertutto.
Finanziariamente ci lasciammo cullare dalle lusinghe dei calcoli che il signor
Minghetti ci faceva colla sua fantasia felicemente rosea e colla facile e
forbita eleganza della sui loquela. Spendemmo da gran signori colla
sconsideratezza di prodighi emancipati, chiusi ostinatamente gli occhi sulla
realtà delle cose, finché venne ad un tratto a farceli aprire la voce rude del
signor Sella che ci gridava in aspro modo: memento che a capo di questa via c'è
la bancarotta. Aperse gli occhi il paese, ma parve non gli aprisse ili Governo
che continuò nelle inconsulte ed esagerate spese della più bella. Delle voci
isolate dapprima qua e colà sorsero a gridare economia; poi spesseggiarono
risuonando da ogni parte; poi si fecero un coro quasi universale. Economie, va
benissimo: si rispose dall'alto, ma il coraggio o l'abilità di farle realmente
non venne. Si fecero manovrare alcune cifre in alcuni bilanci, si emanarono
decreti su decreti, si sconvolsero gli uffici, e senza aver tolto pur una delle
vere cause di dispendio, senza aver abolito le sinecure e falcidiata la parte di
chi troppo rode sul bilancio, senza aver cessato dal metodo che condusse alla
misera condizione presente, si venne a dire:
Fare a fidanza colla virtù di sacrifizio del paese, sta bene; l'Italia di sacrifizi ne ha fatti e di certo non ha detto basta per quelli che le si presentino necessari e che entrino nella possibilità delle sue forze; ma il paese si domanda se gli è da parte soltanto dei poveri contribuenti che hanno da farsi questi sacrifizi, e se non sarebbe tempo che se ne chiedesse a quegli interessi che sono rappresentati da cifre così enormi nei bilanci passivi.
Inoltre, di sacrifizi non conviene domandare più in là di quanto si possa sopportarne , e noi crediamo pur troppo che il nostro paese, nella sua presente condizione, non è in caso di sopportare maggiori imposte di quelle che lo gravano attualmente. Non è quando le imposte esistenti sollevano lagni, richiami e tumulti da ogni parte ; non è quando queste imposte non si possono esigere che a stento, per frazioni, e in alcuni luoghi o poco o nulla, che ci sembra si possa pensare a stabilirne di nuove che si aggiungano alle antiche e si possa aver lusinga che queste si accettino di buon animo e gettino nelle casse dello Stato il frutto previsto. Si suol dire che l'Italia, paragonata alla Francia ed all'Inghilterra, paga assai meno d'imposte che quelle nazioni: quindi, se vuole realmente il suo equilibrio finanziario, può e deve pagare di più; e s'aggiunge che in fin dei conti l'Italia ha ricevuto dalla natura mille mezzi, mille rivalse, mille sorgenti di ricchezza da potere, quando voglia, esser ricca e far ricco il pubblico tesoro.
Tutto questo è vero; ma non se ne possono già trarre le conclusioni che vorrebbero i fautori delle nuove imposte. L'Italia assolutamente parlando paga meno di certo di quanto pagano Francia e Inghilterra; ma paragonando lo stato della ricchezza pubblica nei rispettivi paesi essa paga assai più. L’Italia sì ha molte risorse, ma sono ancora in potenza e non in atto, quindi come se non esistessero. Allora soltanto potrebbero queste ricchezze latenti svolgersi e fruttare, quando per coltivarle ci fossero capitali, attività e fiducia. Come volete che vi sieno capitali, quando la gravezza delle imposte non lascia accumulare al possidente i risparmi? Come volete che ci sia attività, quando la soverchia ingerenza governativa non sempre intelligentemente adoperata ne incaglia invece d'aiutarne la manifestazione? Come volete che ci sia fiducia, mentre il disordine dell'amministrazione rende disagiato il presente e minaccioso l'avvenire? Fra tutte queste circostanze il paese — non conviene dissimularlo — passa evidentemente per una crisi non solo economica, ma politica e morale. Le sventure parziali, ma avvenute su quasi tutto il territorio dello Stato, la dilfalla dei raccolti, lo sciopero delle industrie, la turbata tranquillità pubblica, accrescono il disagio e l'inquietudine e la mala voglia. Pur troppo noi siamo ancora così poco progrediti nella vita politica che di tutto, anche di quello ond'è più innocente, siam soliti a dar la colpa al Governo. Gettale in mezzo a queste sì numerose e sì varie scontentezze, a queste irritazioni e malessere il peso di nuova imposte, e ci piacerebbe assai ingannarci, ma troppo serii pericoli ne pare che minaccierebbero la nostra patria.
L'Italia è fatta, sì, e nulla, speriamo, varrà a disfarla oramai, così saldamente ella posa sulla volontà unanime degl'Italiani di avere una patria; ma non conviene di questa sicurezza abusare, per porre a troppo dure prove il patriotismo e gl'interessi dei cittadini del nuovo Regno.
L'articolo 3 della legge sulla libertà della Chiesa.
È sorta una polemica tra il Diritto e la Nazione intorno al principio di diritto canonico che sarebbe applicato dall'articolo 3 della soprascritta legge. Il Dritto accusò quell'articolo di essere contrario alla libertà e la Nazione rispose con quattro lunghissime colonne che dicono di molto e provano poco, nelle quali poi la ragione capitale è che il diritto civile controbilancierà il diritto canonico. Perché i nostri lettori possano essere giudici della controversia, noi comincieremo per mettere loro sottocchio i termini medesimi in cui il disputato articolo è concepito:
Col tenore di questa disposizione ci pare evidente che si i....sce per dare alla Chiesa una preponderanza, e quasi non diciamo un privilegio, per cui, mentre si dichiara che le sue costituzioni ed i canoni cessano di aver autorità di legge, questa medesima autorità loro si accorda di sotto mano per quanto riguarda tutti i componenti la società cattolica. Questo è ben diverso dal far entrare la Chiesa nel diritto comune e nella condizione di associazione libera come si vorrebbe; dal momento che si accorda un effetto giuridico alle leggi della Chiesa cattolica verso, per e fra i suoi membri, si rinnega, a nostro avviso, la libertà nella Chiesa, dovendo essere la religione una associazione affatto libera , in cui ogni componente di essa nell'eseguirne le leggi dipenda unicamente dalla propria coscienza.
Perché uno abbia dato il nome alla società religiosa cattolica, non deve seguirne che egli debba giuridicamente adattarsi alle prescrizioni di essa, o che il braccio secolare abbia da intervenire a fargliele osservare. Ora questo sarebbe l'effetto logico dell'articolo 3°, e la Chiesa tornerebbe a predominare nella società civile, se così glie se ne aprisse la via come farebbe il progetto del Ministero.
Italia
Rivista.
Notizie da Firenze recano che la Commissione del bilancio presieduta dall'onor. Lanza continua a mostrarsi pochissimo disposta ad approvare il decreto con cui venne riordinata l'amministrazione centrale. Sembra pure che non abbia fatto buon viso alla progettata divisione delle carriere burocratiche in concetto ed ordine.
La Commissione fa benissimo. Quel riordinamento, mentre dall'una parte, invece di fare economie accresce ancora il dispendio, crea dall'altra una nuova confusione nella già confusa nostra amministrazione. La divisione poi delle carriere in concetto ed ordine è niente più che un nuovo pretesto ad esercitare il solito favoritismo.
L'altro ieri, se le nostre notizie sono esatte, il comm. Mancini diede lettura alla Commissione del suo rapporto sulla legge di approvazione del trattato di pace coll'Austria, la quale perciò potrà venire all'ordine del giorno fra due o tre sedute.
Intorno a quest'argomento vi sono due pareri nei rappresentanti. Alcuni vorrebbero che si approvasse la legge senza nessuna discussione , non potendosi concepire che la Camera abbia a respingere quel trattato dinanzi al complesso delle condizioni create dai fatti compiuti. Alcuni, pur riconoscendo questa necessità, vorrebbero che si pigliasse occasione per levare il velo che copre una parte degli avvenimenti che ebbero luogo, e perché si conoscesse finalmente a chi spetta l'imputabilità di quelle vicende politiche e militari.
La discussione ha certo i suoi pericoli, ma non avrebbe forse eziandio la sua utilità? non servirebbe a sgravio di certuni accusati ingiustamente? e più di tutto ad ammaestramento del paese?
Noi vorremmo sperare che i rappresentanti della nazione, ispirandosi alle gravi circostanze del momento, non darebbero ragione ai timori che albergano alcuni di violente recriminazioni e tumultuarie dispute; ed allora saremmo d'accordo onninamente col Diritto, il quale scrive:
APPENDICE
PROCESSO PERSANO
REQUISITORIA DEL P. M. MARVASI
(Continuazione, vedi n. 3)
Premettiamo due osservazioni. — Quell'articolo si applica a tutti che faccian parte dell'armata; non solo ai subordinali, ma anche ai superiori; perché al di sopra del superiore è la legge, è il devere , è il governo; e nel caso nostro ci erano le istruzioni del ministro e il comando del duce supremo. Inoltre il legislatore non ha definito la viltà mercè determinazioni generali della sua condizione , ma ha dato una enumerazione di fatti particolari, tutti dipendenti da una causa comune, dalla paura innanzi al nemico. — Ora è evidente che quest'enumerazione sia dichiarativa, non tassativa; imperocché noti possono dirsi estranei all'articolo 225 altri casi non noverati espressamente, ma neppure esclusi dal concetto generale di quell'articolo. Sicché, se per avventura gli atti che hanno rivelato la paura dell'imputato, non rientrassero nella disposizione, non per questo lo si dovrebbe assolvere del reato di viltà. Qualunque sia la forma di cui si rivesta, la viltà nel militare è sempre punita.
Sentiamo il bisogno di premettere altra avvertenza.
Nel giudicare di questo addebito l'Alta Corte di Giustizia nella sua saviezza terrà presente che si tratta di fatti che vanno estimati colle leggi inesorabili dell'onore militare, e che noi non intendiamo certo provare nel comandante supremo la paura nelle sue forme più ignobili o dimesse; ma quella d'un Ammiraglio posto tanto alto per essere a tutti esempio di onore, di coraggio e d'ardire. Un atto di timidità, che in un semplice marinaio passerebbe forse inosservato, in un capitano supremo prende una grande importanza. Si noti ancora che la paura è la passione che gli uomini più celano; tutti, massime il soldato, ne arrossiscono. Non è possibile quindi aver confessioni o prove dirette della paura; bisogna che si ricavi da indizi e si sorprenda, diremmo quasi, negli atti fuggitivi e guardinghi in cui si rivela.
Ciò posto, veniamo alle prove.
Allorché si istruisce un processo contro alcuno, si ritorna sul suo passato. Molti fatti ignorati si scoprono; molte pagine luminose della sua vita si oscurano. Alcuni uffiziali ragguardevoli han sempre creduto il conte di Persano di poco coraggio.
Il cav. Provana dichiara che nella campagna di Ancona si formò uno sfavorevole concetto del di lui coraggio; perché non si mise mai a tiro col suo legno; ed in quella di Gaeta , per molte ragioni, non poté mutare il suo primo concetto. — Ed il cav. Burone dichiara essere opinione generale nell'armata che il conte di Persano non sia coraggioso; che a Gaeta avendo egli tenuto il suo bastimento più lontano che poté dal fuoco , provò che l'armata non s'ingannava. Queste dichiarazioni, ove si consideri che sono fatte da militari, sopra un particolare così delicato concernente un uffiziale superiore, significano molto di più di quel che non dicano.
Ora sul conte di Persano il quale, a quel che dicono quei suoi stessi colleghi , non pare abbia sortito da natura un grand'animo, deve certamente fare una scorante impressione la lettera del signor Carenzi, comunicatagli dal Ministro, in cui, fra le altre cose, si riferiva che il Tegethoff andasse dicendo di volerlo prendere vivo o morto.
Il conte di Persano rispondeva :
Dal 3 agli 8 luglio, il Ministro gli ordina di uscir senza indugio contro il nemico ed egli esita.
Dagli 8 ai 13 luglio riceve l'ordine chiaro, preciso, assoluto di snidare ad ogni modo la flotta nemica, batterla o bloccarla; ed egli dà istruzioni al comandante d'Amico di tenersi nel mezzo dell'Adriatico, lontano dalle coste amiche e dalle coste nemiche; e respinge i consigli di costui e del deputato Boggio che lo esortavano e scongiuravano di andar innanzi Fasana.
Parte per Lissa dopo ordini vivissimi del Ministro e del quartier generale, e dopo che gli si fa intendere che se non partisse perderebbe il comando.
Il 18, innanzi Lissa, durante la prima passata del Re d'Italia sotto le batterie nemiche, se ne sta nella coffa di maestra, fatta corazzare con tende e vele; ed il rimanente della giornata in batteria sopra un boccaporto. Lo depone il giovane marchese Gualterio, imbarcato su quella nave. E le dichiarazioni degli ufficiali Casanova, Razzetti, Isola ed Orsini, imbarcati su quella nave medesima, non tolgono fede alle sue parole. Di loro chi dice che l'Ammiraglio sia rimasto alquanto tempo sulla coffa dell'albero di maestra e poi o sul casseretto di poppa, o in batteria; chi dice che la maggior parte del tempo l'abbia passato in batteria; chi d'averlo visto più volte sul casseretto.
Ma se, come si dice da tutti, ei stava in batteria per incoraggiare i marinari ne segue che vi stette durante il fuoco; dunque mentre durava il pericolo ei non rimase sul palco di comando, sul casseretto di poppa, posto d'onore d’un ammiraglio. In ogni modo il Re d'Italia si tenne prima distante a tiro non efficace; e non si fece innanzi contro la cittadella se non dopochè il contrammiraglio Ribotty ebbe fatto tacere la batteria ed allorchè quella già rispondeva con qualche raro colpo. Lo dichiarava lo stesso Ribotty. Sicchè o al fuoco o lontano, l'Ammiraglio il giorno 18 non si espose a grave rischio; e della sua gente non fu in quel giorno scalfito alcuno.
Nel momento della battaglia, il pensiero di campar la vita, si lungamente contenuto, si svela.
Sin dal principio della campagna, egli ebbe come un'idea fissa; l’Affondatore. Non è quasi lettera o dispaccio, in cui non ne parli, non ne chieda, non lo desideri. Nel primitivo ordinamento dell' armata quel legno era stato addetto alla riserva; ed ei volle che fosse attaccato alla sua squadra. Quando ebbe saputo che l’Affondatore era giunto in Italia, scriveva al Ministro: «Contentone, arrivo Affondatore.» Il 6 luglio esitando a partire, scriveva: «Se verrà Affondatore meglio.» Il 10 ripeteva : «Aspetto Affondatore.». Lo stesso giorno il Ministro gli annunziava che l'Affondatore, non poteva lasciar Napoli prima del 13. Ed il conte Persano gli ripeteva ancora: «Prego premura per Affondatore» ed il 13 chiedeva se prima d'operare non fosse meglio aspettare l’Affondatore.
E chi sa leggere nel suo animo e nelle pagine di questo processo, si convincerà che egli è partito meno scorato per l'impresa di Lissa, quando fu fatto sicuro che l’Affondatore sarebbe arrivato a tempo. Perché desiderar tanto l’Affondatore? È evidente , per cacciarvisi dentro in presenza del nemico.
Giunge infatti questa nave fatale il 19 innanzi a Lissa e l'ammiraglio avvisa il Martini che la comandava che, in caso di combattimento , sarebbe passato al suo bordo.
Il 20 luglio, a 15 o 20 minuti dal nemico, ci passa precipitosamente, non portando seco che le tattiche e i libri dei segnali; ed abbandonando in mare la lancia che ve lo aveva portato. Perché questo passaggio ? Per comandare l'intiera armata? Quella nave era disadatta a questo ufficio. E se ci fosse passato per questo l'avrebbe detto a tempo ai comandanti, e non avrebbe tenuto tanto segreto il suo divisamento: quasi ne arrossisse, o, come dice taluno, quasi temesse di farlo sapere all'Ammiraglio nemico. Perché la credeva più celere, e poteva accorrere ove il bisogno richiedesse? Ma nell'armata erano altre corazzate più celeri, ed il comandante Martini gli aveva già riferito che dopo che fu armato, l’Affondatore aveva perduto di velocità. Per compiere qualche brillante operazione? Ma egli non ha operato nulla; ha anzi impedito, come vedremo, che operasse. Perché dunque è passato sull’Affondatore? Per paura, per porre quanto era possibile al riparo del fuoco nemico la sua persona. Si noti il suo contegno. Mentre l'Ammiraglio nemico sta sul casseretto di poppa della sua nave ritto in piedi, impavido, in mezzo al suo Stato-maggiore, sotto il fuoco della nostra moschetteria e dei nostri cannoni , sfidando la morte , il conte Pellion di Persano, nostro primo ammiraglio, se ne sia rinchiuso entro una torre, corazzata da tutti i lati, spiando per le feritoie: e non cava il capo fuori i buchi di quella che una o due volte. E quando? Negli intervalli in cui il bastimento, per le sue evoluzioni , si allontana dall'azione; una volta per recarsi nella camera del comandante per la coperta, ed una seconda volta terminata l'azione , in coperta per visitare i guasti fattivi dai proiettili. Lo dichiara il Martini.
Né si dica che il posto dell'Ammiraglio, passalo una volta sull’Affondatore, fosse nella torre. Questa è fatta, pel comandante del legno, non per l'Ammiraglio che deve dirigere l'insieme della battaglia, e non può assumere il comando immediato d'un bastimento. Ed ammesso che il suo posto fosse stato nella torre, perché cava la testa fuori dei buchi così di rado, con tanta timidità e lontano dal fuoco?
Né si soggiunga che non si possa sostenere che l'Ammiraglio siasi rifugiato sull’Affondatore per viltà, perché questo legno è stato in mezzo all'azione, e chi ci stava sopra correva anch'esso dei pericoli. L'argomento è specioso, ma non fondato. — Poniamo che un marinaio nel vivo di una battaglia, si nasconda in fondo ad un bastimento. Ei sarebbe certamente punito per viltà, malgrado che al suo bastimento fosse stato al fuoco. E non si rende colpevole un Ammiraglio che invece di stare sul casseretto di poppa della sua nave, a petto scoverto, per sorvegliare e dirigere il combattimento ed ispirare a tutti il sentimento del dovere e dell'onore, si rifugia, davanti il fuoco, in una torre corazzala? La legge miliare punisce l'atto della paura, anche quando esso non riesca ad evitare qualsiasi pericolo.
La sola paura, a nostro credere, può spiegare le continue dimande del conte di Persano, dell’Affndatore; il silenzio serbato sul proposito di passarci; il modo precipitoso del passaggio; l'essere rimasto nella torre durante il calar dell'azione.
E questa è stata l'impressione di tutta l'armata. — Il contr'ammiraglio Vacca propende a credere che il conte di Persano abbia voluto garantirsi dal fuoco nemico. — Il vice-ammiraglio Albini dice, che quel mutamento di nave sia stato interpretato come un mezzo di scampo. — Milon dice che dopo l'azione non è rimasto dubbio, che il conte di Persano sia andato sull’Affondatore per essere più sicuro della sua vita. (Dalla Gazz. di Genova) (Continua).
La Gazzetta di Firenze annunzia di nuovo che continuano a giungere al Ministero dell'interno notizie piuttosto gravi di un insolito fermento che si verifica nella emigrazione romana.
Lo stesso Comitato nazionale romano non è estraneo a queste agitazioni e mostra di dar poco ascolto ai consigli di moderazione che gli sono diretti.
Il Comitato romano dovrebbe aver paura di compromettere con inconsulti moti la causa che vuol veder trionfare e la condizione medesimi dell'Italia a cui vuole unita la città i cui interessi propugna.
Il ministro dei lavori pubblici visitò la pianura da Sacca a Parma dove dovrà esser tracciata la ferrovia che congiunga le altre di Bologna-Parma a Mantova, Piacenza-Parma a Mantova e quella della Spezia a Parma e Modena.
Quella ferrovia è della massima importanza perché congiungendo l'Adriatico al Mediterraneo assicurerà i rapporti commerciali, e colla congiunzione quasi in linea retta di Venezia alla Spezia potrà presentare grandiosi vantaggi anco dal lato militare.
La Gazzetta Ufficiale ci dà le solite buone notizie di briganti debellali , presentati, ammazzati, ecc. ecc.
Ecco quelle di ieri:
Abbiamo da Grosseto che nella notte dell'8 corrente le guardie di sicurezza pubblica e carabinieri reali arrestarono presso quella città, dietro resistenza, il celebre fuoruscito. Antonio Loretti detto il Moro di Val d'Ambra.
Scrivono da Salerno:
Fu trasportato e riconosciuto in Campagna il cadavere del capobanda Liberato Boffa, ucciso da due briganti che si sono costituiti. Fu arrestata la druda dello stesso capobanda Luongo Filomena ed il brigante Cubiciotti Vincenzo. Leggesi nella Gazzetta Popolare di Cagliari del 5 il seguente annunzio: «I grassatori di Atzara furono scoperti, undici già arrestati, alcuni sono del luogo.»
Abbiamo giorni addietro accennato ad insulti commessi dai Turchi contro le popolazioni italiane a Smirne , ora, da una lettera che il sig. Edoardo Pepiton, colà residente e parte del fatto, scrisse al direttore della Gazzetta del popolo di Firenze , ricaviamo i seguenti particolari : Due italiani venditori ambulanti di corallo, furono percossi ingiustamente dai Turchi; tolti alle loro mani essi si rifugiarono al banco del sig. Pepiton. Ma colà entrarono soldati turchi per istrappar quei due infelici, e non ascoltando rimostranze e calpestando le leggi internazionali, ad ogni costo li volevano nelle loro mani protestando che essi non riconoscevano né italiani né inglesi, e gridando viva Dio ed il Sultano. Il sig. Pepiton fu esso pure insultato , e lo fu del pari il giannizzero inviato dall'autorità consolare italiana residente a Smirne. Le percosse continuarono sino all'arrivo al palazzo del governatore turco dove furono tradotti i due italiani ed il giannizzero. Il console nostro sig. Berio ha diretti richiami ufficiali per la riparazione dovuta a questi ingiusti oltraggi, e si spera che il Governo farà rispettare il diritto delle genti e le persone degli italiani residenti a Smirne.
Cardiava, 10. — Ci scrivono: Al maestro di scuola, per tutto compenso del suo zelo nel disimpegno delle proprie attribuzioni, furono rubate le galline, mediante sforzamento della serratura che chiudeva il pollaio.
La giustizia intanto informa. Firenze. — Il ministro di agricoltura e commercio ha presentato alla Camera un progetto di legge relativo all'ordinamento del credito agrario. Questo progetto s'informa ai seguenti principii generali: 1. Istituzione di più banche agrarie sparse nelle diverse provincie del regno, per ottenere che funxionino localmente con vero vantaggio delle classi rurali ; 2. Facoltà di emettere buoni di cassa al portatore (buoni agrari) fino alla concorrenza di un valore uguale al capitale versato ; 3. Uniformità di stampo e di spezzatura dei buoni agrari, facendoli distribuire in bianco da un solo centro alle Banche nei limiti delle rispettive facoltà di emissione; 4. Rimborso di buoni guarentito con deposito, nella Cassa dei prestiti e depositi, di tante cartelle di rendita italiana 5% quante ne occorrono per formare al corso del giorno in cui ha luogo il deposito un valore uguale al terzo del capitale versato. Le operazioni che queste Banche potranno fare hanno per iscopo di venir in aiuto degli agricoltori, agevolando loro il modo di trovare i capitali, dei quali possono aver bisogno per i lavori agrari. Tutte le speculazioni di altro genere sono rigorosamente vietate a queste istituzioni.
— Dal giorno 10 febbraio sono soppressi gli uffizi di sott'intendenza militare di Biella, Alba e Novi.
ATTI UFFICIALI
La Gazzetta Ufficiale del 10 febbraio reca:
1. Un regio decreto del 31 dicembre 1866, con il quale sono dichiarate provinciali le strade di Forlì, descritte nell'elenco annesso al decreto medesimo. 2. Un regio decreto del 23 dicembre 1866, a tenore del quale la somma di L. 60,000 stanziata in bilancio pei sopprassoldi ai consiglieri delegati è per l'anno 1867 aumentata di oltre 3000 lire. 3. Un regio decreto del 23 dicembre 1866, a tenore del quale al personale dell'Amministrazione provinciale stabilito colla tabella annessa al regio decreto del 1" dicembre, che estendendo alle provincie venete e di Mantova la legge comunale e provinciale rese necessaria in quelle provincie l'istituzione dei Consigli prefettizii, viene fatto il seguente aumento:
Numero 2 prefetti di 1° classe L. 12,000 L. 24,000
6 consiglieri
Sarà perciò stanziata il bilancio la somma occorrente per il corrispondente aumento.
Nessun'altra innovazione è per ora portata alla pianta organica vigente del personale dell'Amministrazione provinciale delle sopra dette nuove provincie lombardo-venete. 4. Un regio decreto del 13 gennaio 1867, con il quale la Camera di commercio e d'arti di Carrara è autorizzata ad imporre un'annua tassa sugli esercenti industria e commercio nel territorio da essa dipendente. 5. Disposizioni nel personale degl'impiegati ai ministeri della marina, della guerra e dell'interno. 6. Disposizioni nel personale dell'ordine giudiziario.
Cronaca Cittadina
Fiera di Giaunduja (vini).— Conseguentemente all'appello da noi fatto agli esercenti nel numero di sabato scorso, anche il signor Dovo Sebastiano, proprietario del caffè degli Artisti, in via S. Secondo, num. 3, ci prega di notificare ch'egli ottenne dalla Società di Gianduja un posto alla fiera, per lo smercio dei vini nazionali, e che perciò s'incarica di riceverne in deposito quella quantità che i proprietarii crederanno affidargli, mediante equa retribuzione sul prezzo di vendita.
Soccorso e lavoro. — Comitato promotore per raccogliere sussidii agli onesti operai senza lavoro. — Abbiamo trasmesso a questo Comitato l'ammontare della colletta fatta dai bravi signori studenti del terzo anno di matematica, i quali vollero a noi mandare la somma raccolta, e pubblichiamo qui la ricevuta:
«Torino, 11 febbraio. 1867.
Ricevuto dalla Direzione della Gazzetta Piemontese lire 33 per oblazioni raccolte a favore degli operai senza lavoro, fra gii studenti del terzo anno di matematica.
MARINETTI»
La Gazzetta di Torino vede il nostro giornale armato in guerra contro di lei. Buon Dio! si rassicuri. Chi è che s'arma in guerra per combattere le otri piene di vento?
No, no: noi vogliamo essere in pace con tutti.
Essa dice ancora che noi abbiamo fatto a suo carico un'insinuazione di cattivo gusto, chiamandola ministeriale. Può essere un cattivo gusto l'essere ministeriale: ma è quello della Gazzetta di Torino.
Ma per provare alla nostra consorella il nostro profondo amor della pace, ecco che dichiariamo apertamente di aver avuto un grandissimo torto ad affibbiare alla Gazzetta di Torino l'epiteto di cui si lamenta.
E per farne piena ammenda, noi siam pronti a proclamare la sovralodata Gazzetta il più antiministeriale, il più indipendente, il più liberale dei giornali italiani. In quanto ai dati sull'entità dell'asse ecclesiastico, stiamo sempre attendendo che la Gazzetta di Torino concilii le asserzioni del Ministro delle finanze con le cifre messe fuori dall'Opinione, ovvero, nel caso ih cui tali cifre non sieno conciliabili, spieghi chiaramente se chi ha torto sia il Ministro o sia il giornale; e ciò affine di evitare le esagerazioni che altrimenti nascerebbero e di cui essa ha tanta paura.
Guardia Nazionale. — Si continua a chiamare sotto le armi inutilmente il battaglione per servizio di pubblica sicurezza. Quando finiranno queste inutili molestie? Quando si cesserà di abusare così scioccamente della pazienza dei cittadini?
Processo contro i saccheggiatori.— Leggiamo nella Gazzetta del Popolo: Siamo informati (ci è grato il poterlo annunciare) che l'istruzione della causa contro i saccheggiatori delli 28 e 20 gennaio testé scorso procedo colla massima celerità. Le botteghe rimaste saccheggiate sarebbero sessantaquattro o più!
Il giudice istruttore avv. Federico Scarrone ed il sostituito procuratole del Re avv. Agostino Gallo passano le intiere giornate nelle carceri giudiziarie per l'interrogatorio degli arrestati, il numero dei quali ascende ad ottanta circa.
Alcuni però di questi sventurati, la di cui innocenza si rese più che manifesta, già sarebbero stati posti in libertà con ordinanza della Camera di Consiglio, la quale in conformità delle conclusioni del pubblico ministero dichiarò non farsi luogo a procedimento contro di essi.
Degni pertanto di lode e meritevoli della pubblica riconoscenza debbonsi dire questi egregi magistrati, i quali non la perdonano a fatica in questo interessantissimo processo, i di cui risultati sono da tutti attesi colla più grande ansietà per ben conoscere la causa di fatti troppo dolorosi, che non poterono non contristare profondamente questa generosa città, che giustamente fu sempre proclamata la città dell'ordine, dell'osservanza delle leggi e del rispetto alle pubbliche autorità.
Sicurezza Pubblica. — Non è la prima volta che ci tocca il dispiacere di lamentare quella specie di avversione agli agenti della polizia che manifestasi nel popolo. Cattivo seguo è questo; è segno di demoralizzazione, perché il popolo si fa in certa guisa a favorire il vizio a danno di tutti: solo l'ignoranza ed anche un po' di cattiva indole possono spiegare questo fatto con cui i cittadini fomentano il disordine mentre dovrebbero a tutto potere cercare l'ordine ed agevolare agli agenti di P. S. l'esercizio delicato del loro uffizio.
Giova dunque correggere questo pessimo uso, ed il nostro popolo provvederà meglio ai proprii interessi agevolando alla polizia l'esercizio delle sue funzioni che non opponendogli ostacoli: continuando così chi ci guadagna sono i malviventi, chi ci perde è il pubblico.
Ci indusse a far questi riflessi un fatto che avvenne ieri in Doragrossa.
Un ubbriaco insultava i passeggieri, una guardia vuole arrestarlo e la folla glielo impediva. La guardia ne chiamò altre in suo aiuto, ed allora la folla aumentava in proporzione il suo aiuto all'ubbriaco e la resistenza all'agente di P. S. Infine furono necessarie otto guardie per procedere all'arresto del delinquente, nella cui compagnia tradussero pure un cotale che erasi distinto nella sullamentata resistenza. Si puniscano severissimamente tali misfatti e così impareranno ad emendarsi cotesti difensori dei facinorosi.
Teatro Scribe. — Questa sera ha luogo questo teatro il ballo di beneficenza a favore della Società di collocamento dei cuochi e camerieri.
La Direzione che negli altri anni ha sempre ottenuto un felicissimo successo, poiché simil festa riuscì ad ogni volta una delle più animate e brillanti, ha procurato ogni cosa perché quest'anno la splendidezza della medesima non solo uguagliasse, ma superasse quella degli anni precedenti: e noi siamo sicuri che raggiungerà lo scopo. Per maggiore allettamento e soddisfazione agli accorrenti vi avrà luogo una tombola, di cui si farà l'estrazione alle ore 1 1/2 del mattino, e gli oggetti da vincersi in essa sono i seguenti : -1° premio. Un braccialetto d'oro smaltato. — 2° Un orologio d'oro. — 3° un taglio di vesto lana e seta. — 4° Un taglio di pantaloni fantasia. — Un porta-sigaro con sigari. — 6° Un pranzo per quattro persone con due bottiglie, Chiambava e Caluso. — 7° ed 8° Premi umoristici.
NB. L'esibitore del biglietto riceverà all'ingresso un numero, il quale converrà all'estrazione per la vincita di uno dei premii.
Questa sera (12 febbraio) al Teatrino delle Marionette da S. Martinigno vai in scena il nuovo spettacolo Faust ricavato dal libretto dell’opera che si rappresenta al Teatro Regio. Questo dramma si esporrà pure alle recite di giorno che hanno luogo il giovedì e la domenica, per comodo delle famiglie, in questo geniale teatrino. Su quelle scene avremo pure quanto prima una novità del giorno, il dramma popolare: L’uomo dalle figure di cera.
Osservazioni meteorologiche fatte nell'Osservatorio astronomico di Torino a metri 270 sul livello del mare. 11 febbraio.
Ci scrivono: Firenze, 10 febbraio. « La Giunta incaricata di esaminare il disegno di legge relativo alla così detta libertà della Chiesa e ai beni ecclesiastici, come'già vi scriveva giorni addietro, respinse puramente e semplicemente i due principii, a cui la stessa legge era informata. Le spiegazioni date dal ministro delle finanze e dal presidente del Consiglio non valsero a trattenerla un solo istante dall'opporsi assolutamente alla libertà della Chiesa, quale veniva intesa e costituita dal Ministero, poiché otto de’ componenti la Giunta dichiaravano di non poterla ammettere; e non valsero nemmeno a indurla ad accettare il partilo prepostole da quattro di essi, di accogliere co' debiti temperamenti la parte seconda della leggo che riguarda la liquidazione dell'asse ecclesiastico.
Il Ministero, il quale, checché se ne dica, in ciò procede unanime, ha vincoli strettissimi, indeclinabili, che gli vietano di scendere alla menoma concessione rispetto a' due principali fondamenti della legge, e massimamente a quello dell’assoluta libertà da accordarsi alla Chiesa.
Per questo, ve lo notai in una delle lettere precedenti, le conseguenze ultime delle obbligazioni contratte colla Convenzione del settembre 1864 e le negoziazioni del Tonello a Roma, che formano il vero corpo nascoso sotto il bellissimo abito dell'ampia e intiera libertà della Chiesa cattolica. Il barone Ricasoli non può a tale riguardo transigere in nessuna maniera: o la si concede pienissima, o la si rifiuta affatto, e si prosegue alla' meglio nelle lolle sostenute finora. Poteva condiscendere ad accomodamenti relativi alla liquidazione dell'asse ecclesiastico, perché in un nodo o nell'altro fruttasse alla finanza ciò che se ne spera e torna strettamente necessario: ma postochè si combatte con maggiore energia e risolutezza il cardine precipuo della legge anziché la parte quasi accessoria, egli, ella pur sarebbe forse stato disposto a fare sacrificio del collega particolarmente responsabile della medesima, assume, come cosa propria, e l'una e l'ultra parte, e dalla Commissione se ne appella prima alla Camera, e quindi se ne appellerà probabilmente al paese.
In sostegno del secondo principio, intorno al quale la legge si viene svolgendo , il Ministero recò argomenti conosciuti, perché già accennati dai giornali officiosi o da altri che in questa materia consentono con essi. Era imponibile gittasse là in mezzo quello che dicesi abbia maggiore fondamento di qualsiasi altro.
Corre voce che il trattato di alleanza offensiva e difensiva fra l'Austria, la Francia e l'Italia per le probabili e più o meno prossime contingenze europee di cui in queste ultime settimane s'era, subodorato qualche cosa, sia stato conchiuso e sottoscritto verso il finire del mese passato. Se ciò , come si ritiene, è vero, qual meraviglia si adoperi a conseguire ad ogni costo l'approvazione di una legge che gli dee somministrare di che cominciare e condurre una nuova e lunga guerra?
E qual maraviglia non si sgomenti guari dell'opposizione degli uffizi e di quella della Giunta? Non basterà forse faccia bisbigliare agli orecchi di taluni una o due semplici parolucce, perché si tengano in guardia dalle repentine e improvvide risoluzioni, perché ne ammoniscano gli amici e i colleghi, e così si diffonda una aiutare circospezione, una favorevole inclinazione di animo e di suffragio?
Intanto i voti si vengono noverando, e, trovatili tuttavia dubbii, si provvede a raccoglierli d'ogni banda. In fine della settimana non uno fra quelli sui quali si fa assegnamento, si lamenterà e mancante:
Ciò nondimeno la vittoria resta incerta; e dato possa essere perduta dopo che tutto quanto il Ministero siasi ingaggiato nella battaglia, cosicché tutto quanto n'esca sconfitto, che credete ne sia per avvenire?
Il Ministero si dimette; e poiché fra i diversi partiti della Camera non si vede quale si trovi in grado di raccoglierne l'eredità con fiducia, di qualsiasi parte di essa o del paese; poiché un Ministero di coalizzazione non è pur da tentarsi nelle presenti condizioni interne ed esteriori, il barone Ricasoli verrà nuovamente incaricato di formare il Gabinetto.
Se egli si risolve ad accettare l'incarico , non potrà a meno di procedere immediatamente allo scioglimento della Camera: non l'accetterà forse se non gli si accorda facoltà di farlo; e per mezzo di decreti reali compirà l'opera sua e que la, du' colleghi. Se la gravissima e pericolosa responsabilità, che sarebbe per addossarsi ne lo trattiene , la tante volte preconizzata, temuta o desiderata dittatura amministrativa definitrice di ogni ordine o disordine nostro, cadrà fiealmente nelle mani, non del partilo della sinistra che ad afferrarla aspetta ch'ogni altro la rifiuti, bensì del partito conservatore; il quale in questo estremo caso sarà rappresentato, credasi, dal Menabrea.
Sappiamo, scrive il Vessillo delle Marche del 9, che si vanno raccogliendo firme ad un indirizzo dei cittadini di Macerata al loro deputato perchè dia il voto contro la proposta Scialoja.
Ieri sera v'è stato un altro Consiglio di ministri per discutere la condotta a tenere in vista dell’opposizione della Camera. Ignoriamo che siasi presa alcuna risoluzione in proposito (Gazzetta d’Italia).
Dicesi che l'onor. Crispi possa presentare martedì la sua relazione contro il progetto di legge per la libertà della Chiesa. Pare che la discussione su questo progetto di legge possa esser messa all'ordine del giorno di venerdì.
(Id.).
L'Italie dice che uno dei membri della Commissione sulla legge della libertà della Chiesa e dell'Asse ecclesiastico avrebbe proposto un controprogetto assai succinto sulla prima parte della legge medesima. La Commissione ha rifiutato di adottarlo, ma fu convenuto che ne sarebbe fatto menzione nel rapporto che si presenterà alla Camera.
CORRIERE DEL MATTINO
Dimissione del Ministero.
La flagrante violazione dello Statuto commessa nel Veneto, dove le autorità locali, d'ordine del ministro Ricasoli, impedirono i meetings per protestare contro la legge della liquidazione dell'asse ecclesiastico, meritava bene che i deputati, cui è specialmente commessa la difesi delle libertà costituzionali, sorgessero ad interpellare il ministro, ed a condannarlo se colpevole.
Il De-Boni adempié questo sacro dovere di mandatario del popolo, ed il ministro se si poteva scusare prima che parlasse, dopo udite le ragioni con cui cercò giustificare il suo operato non era più scusabile e la Camera Jo condannò con 136 voli contro 104.
La notizia venuta questa mane delle demissioni date dal Ministero c'impongono, per quei riguardi di delicatezza che i nostri lettori apprezzeranno, un certo riserbo nel giudicare cosi la condotta del medesimo come le ragioni da lui dette alla Camera per giustificarla.
Se il Ministero ora dimissionario cade per l'affatto non parleremo dell'altro di codesto incidente come si fa innanzi alla fossa di chi è morto e non merita di risuscitare; se trovasse modo di galvanizzarsi un residuo di vita, ci riserviamo allora di dire quanto ci si mostri colpevole e inopportuno il modo di procedere tenuto in siffatte circostanze.
Ci scrivono: Firenze, 11 febbraio.
«Dappoi che in Italia v'ha Statuto e reggimento costituzionale nissun ministro fece mai alla Camera più esplicite e liberali dichiarazioni nel barone Ricasoli intorno al diritto di associazione e di riunione.
Voi Torinesi, meglio d'altri, potete rammentarvi della seduta del 25 febbraio 1862, nella quale il deputato Boggio interpellava il Ricasoli, allora presidente del Consiglio dei ministri, circa i pericoli che potevano recare al buon governo del paese i comitati di procedimento istituiti dal partito della sinistra, e le disposizioni che stimava bene di prendere a scongiurarli o a ripararne i danni probabili.
I Comitali di provvedimento furono quelli che prepararono i fatti di Sarnico, e quindi il tentativo di Garibaldi rotto ad Aspromonte.
La risposta data allora dal barone Ricasoli al Borgio e la pienissima professione di libertà da lui fatta in tale congiuntura, bisognerebbe rileggere e citare intieramente, adesso che il medesimo ministro ordina sia vietato a quei buoni e temperati cittadini della Venezia di tenere riunioni pubbliche per trattare anch'essi della legge sopra la Chiesa e manifestare la propria opinione.
La ricorderanno e rileggeranno senza dubbio il De Boni e il Cairoli, i quali oggi hanno indirizzato al Presidente della Camera la dimanda di muovere in proposito interpellanze; e se ne varranno come di testo e di fondamento a chiedere conto di un divieto preventivo, che, riguardando all'indole della popolazione, allo scopo delle riunioni, alla parto seguita dai deputati veneti che si recavano a presiederle e alle recentissime memorie de' procedimenti usati dal Governo cessalo in siffatte circostanze, non solamente contraddice e distrugge l'antica professione di fede del Ministro dell'interno, ma non può avere nemmanco alcuna legittima cagione o ragione.
Ci viene trasmessa la lettera con cui G. Mazzini chiese le sue dimissioni da deputato, e noi la pubblichiamo come curioso documento.
Signore,
Credo debito mio verso i miei elettori di Messina e verso la Camera, che approvò l'elezione, di significarvi, perché lo facciate noto, l'animo mio.
Non accetto, comunque riconoscente, l'onore che m'è fatto; nol potrei senza contaminarmi di menzogna; e parni che primo ufficio del cittadino — segnatamente in una nazione che sorge — sia quello d'educare, come ei può, coll'esempio i proprii fratelli col culto della pura coscienza all'adorazione del Vero.
Repubblicano di fede, ho potuto tacerne quando importava che l'Unità materiale d'Italia, condizione indispensabile d'ogni progresso per noi, si fondasse a ogni patto e sotto qualunque bandiera; ma non potrei con tranquillità di coscienza giurare fedeltà alla Monarchia, incapace, coni'io lo la credo, di fondare l'Unità morale della nazione.
E profondamente convinto che l'istituzione fondamentale di un popolo deve rappresentarne la vita attuale — che l'unità della vita nazionale italiana, elemento nuovo e ignoto al passato, non può essere definita se non da un patto liberamente discusso e votato dagli eletti del popolo tutto quanto d'Italia — che senza quel patto ogni assemblea è condannata a errare nel vuoto, nella incertezza del fine nazionale e nella impossibilità di attemperare i suoi atti a quel fine — io non potrei giurare fedeltà a uno Statuto largito quasi vent'anni addietro, senza discussione e in circostanze anormali a quattro milioni e mezzo d'Italiani del Settentrione, quando l'Unità d'Italia non era.
Credetemi, signore, col dovuto rispetto 7 febbraio 1867, Londra.
Vostro Giuseppe Mazzini.
L'ordine del giorno presentalo dal Mancini ed adottato dalla Camera è cosi concepito: « La Camera, confidando che il Governo farà cessare gl'impedimenti posti all'esercizio del diritto costituzionale di libera riunione dei cittadini, finché non trasmodi in offesa alla legge ed in colpevoli disordini, passa all'ordine del giorno. »
Leggiamo nell'Economista di Firenze : Sappiamo da certa fonte che il Governo abbandonando il sistema dei grossi contratti, deve stipulare per mezzo di piccoli appalti i lavori della ferrovia ligure, affino di dare un impulso efficace all'ultimazione di quella linea per la quale già si spesero ben 70 milioni. » Animo intraprenditori, è questa una buona notizia per voi, mentre il Ministero dei lavori pubblici merita molta lode per aver adottato tale sistema.
Ci viene assicurato che la Commissione permanente del bilancio abbia proposto l'abolizione del segretariato generale in parecchi Ministeri, tra gli altri in quello del Ministero dell'istruzione pubblica. (Corr. Ital.).
Ci si notifica che il signor C. Lauger ingegnere promotore della ferrovia da Pinerolo a Torre-Pellice ha presentato al ministro dei lavori pubblici la domanda di concessione per la costruzione della medesima.
Speriamo che nell'interesse dell'opera e di tutta la popolazione di quella importante vallata, sarà accordata sollecitamente siffatta concessione.
DISPACCIO PARTICOLARE della Gazzetta Piemontese
Sped. ore 4 — Ricev. ore 6.
CAMERA DEI DEPUTATI
Seduta dell'11 Febbraio. /@@
S'incomincia la seduta con la lettura di una lettera di Giuseppe Mazzini nella quale questi manda la sua dimissione da deputato, professandosi repubblicano, e dichiarando non poter giurare lo Statuto dell'antico Regno Sardo, non discusso nè approvato dagli Italiani.
Cairoli interpella quindi Ricasoli sul divieto fatto di riunioni pubbliche nel Veneto.
Ricasoli rende ragione del divieto allegando le condizioni generali del paese. Il Governo ha diritto di interpretare la estensione che possa avere il diritto di riunione.
Cairoli, Deboni e Mancini sostengono il contrario.
Plutino chiede che il popolo italiano sia ormai emancipato dalle inutili tutele. Mancini ed altri presentano un ordine del giorno implicante un voto di biasimo al Ministero. Si procede al voto per appello nominale, del quale il telegrafo non ci rimise ancora il risultato.
ALTRO DISPACCIO
Firenze, 11 febbraio. Firenze, ore 4 45. La Camera approvò il voto di biasimo al Ministero con voti 136 contro 104.
DISPACCI ELETTRICI PRIVATI
(Agenzia Stefani). Firenze, 11 febbraio (notte).
La Camera convalidò 4 elezioni. Annullò quella di Vizzini.
Il Ministro della marina presentò un progetto di riforma del codice penale marittimo.
L'Italie e la Gazzetta d'Italia annunziano che dopo la seduta della Camera tutti i ministri rassegnarono le loro dimissioni. Ignorasi la decisione del Re.
Stasera ha luogo un Consiglio straordinario dei ministri.
Altro da Firenze.
Dalla Nazione:
In seguito al voto della Camera, Ricasoli ha rassegnato le sue dimissioni nelle mani del Re. Non si sa che S. M. le abbia accettate.
Costantinopoli, 10 febbraio.
Annunziasi da Candia la resa di altri 650 volontari greci che pregarono il commissario imperiale, di lasciarli ripatriare.
Coroneos e Zimbrakakis sono quasi abbandonati da tutti.
Atene, 9 febbraio. Dispacci giunti al Governo greco recano che ebbero luogo ultimamente in Candia parecchi combattimenti. Gli abitanti ricusano d'inviare a Costantinopoli i delegati chiesti dalla Porta.
L'Assemblea nazionale cretese protestò contro quest'invio.
Notizie Commerciali
PARIGI – Granaglie - Frumento, fermezza; le altre granaglie sostenute.
BARCELLONA — La farina di Castiglia costa da 81 a 86 reali per quintale
RIVISTA FINANZIARIA.
Mentre le gravi questioni che si stanno maturando nel Parlamento pendono indecise, pare che la vita economica siasi arrestata nelle vene della nazione.
Ognuno vuol spingere lo sguardo nell'avvenire e non trova che incertezze.
L'adozione del progetto Langrand-Dumonceau viene dall'istinto generale delle masse riputato un suicidio economico. Regalare 60 milioni di provvigione ad una casa estera perché faccia da mediatrice tra governo e vescovi ci pare un atto finanziariamente inconcepibile.
Peggio poi si rivela questa convenzione nei suoi effetti probabili sul corso della Rendita. I signori Dumonceau fanno conto per procurarsi quattrini di liquidarli alla svelta i 9 milioni di Rendita che dalla Cassa ecclesiastica saranno rimessi ai vescovi, e dai vescovi ad essi; cosi, la nostra povera Rendita che naviga già in acque così basse avrà il colpo di grazia.
Ma se l'anderà male per i calori mobiliari, andrà peggio per gli stabili, che
saranno ridotti a metà prezzo dalla vendita del miliardo e mezzo o due miliardi
Correva voce che il Governo avesse ritirata la legge sul riordinamento delle ferrovie. Questa voce è infondata. Però il progetto come fu presentato pare così incompleto, che non par nato vitale.
A Parigi è constatato il fiasco completo del famoso prestito spagnuolo dei pagares, si tentano ora negoziati a Londra. Dal Governo spagnuolo noi possiamo ricevere preziosi insegnamenti, e, fra le altre cose, imparare quanto giovi alla finanza la reazione politica, la violazione della libertà, l'abuso degli espedienti, ed i prestiti fatti all'estero. Se ricorressimo passo a passo la strada che condusse la Spagna al mal punto in cui ora si trova, ben potremmo vedere come noi percorriamo una strada parallela, ma noi abbiamo però un Parlamento che, anche malgrado i suoi errori, fa e farà il suo dovere nei casi estremi.
Pare che i rumori di guerra si dileguino alle Borse estere. Il consolidato inglese col suo considerevole rialzo ce lo indica. È dunque sperabile e probabile che la voce del trattato franco-austro-italiano sia posta solo in giro da noi come arma di guerra per spingere all'approvazione del contratto Dumonceau.
LIONE, 11 febbraio. — Il mercato odierno è stato passabile; ebbero luogo diverse vendite di trame e di organzini ; si teme che l'attuale temperatura sia dannosa ai cartoni.
LIVERPOOL, 11 febbraio. — Vendite di cotoni 10,000 balle. Il mercato continua
fermo alle quotazioni di sabato, ma con limitata domanda. Middling Orleans
NUOVA YORK, 7 febbraio. — Oro 137 3fi. — Cambio su Londra in oro 108 3i8. Cotoni
Middling Upland
Borsa di Milano /@@ — 11 febbraio 1867. Questa mattina la Rendita esordì a
Borsa di Genova /@@ — lì febbraio 1867. La Rendita italiana alla nostra Borsa più
sostenuta, e negoziata a 57 20, declinò. gradatamente a 57, e rimase domandata a
questo prezzo. Le azioni della Banca Nazionale declinarono pure e non vi erano
compratori che a lire
CRONACA DELLA BORSA DI TORINO.
Rendita: corso, legale ribasso cent.
La fermezza della Borsa di ieri a Parigi si attribuisce in parte alle nuove istituzioni liberali, in parte alla posizione di piazza in liquidazione, sempre piuttosto al ribasso. Cri mozzo per sconcertare i venditori è appunto quello degli sconti di titoli, che si fanno su larga scala ed officiosamente onde produrre un rialzo nei fondi francesi, che lasci credere alle popolazioni che vivono nel migliore dei mondi possibili.
In merito alla Rendita italiana dopo una apertura in ribasso di 15 cent., ha ripreso in chiusura con 25 cent. di più, grazie alle diposizioni generali del mercato. Ma tale miglioria è poco solida in questi momenti.
Da noi l'odierno mercato fu molto agitato per causa del voto di ieri, alla Camera dei deputati. Le offerte in Rendita furono discrete; la Banca era pure offerta. Sole le Obbligazioni Demaniali rimasero chieste ed in buon'apparenza. Ultimi corsi: Rendita 56 90. Banca 1510 1500. Demaniali 387. Prestito 70 50.
La caduta del Gabinetto pare accolta con piacere, sperando in un nuovo migliore.
BORSA DI NAPOLI - 11 febbraio 1867. Consol.