Atto primo
La bocca dei Leoni.
Il cortile del Palazzo Ducale parato a festa e coi fregi dorati come si vedevano anticamente. Nel fondo la Scala dei Giganti, al sinistra il fianco del Portico della Carta colla porta che adduce nell’interno della chiesa di San Marco. A sinistra della porta del tempio sta lo scrittoio d’uno scrivano pubblico. Nel seno dell’angolo fra la Scala dei Giganti e il fondo s’innalzerà un palo di cuccagna colle strenne e coi borsellini variopinti appesi alla sua cima. Sopra una parete del cortile si vedrà una fra le storiche bocche dei leoni colla seguente scritta incisa sul marmo a caratteri neri:
DENONTIE SEGRETE PER VIA
D’INQVISITIONE CONTRA CADA-
VNA PERSONA CON L’IMPVNITÀ
SEGRETEZA ET BENEFITII
GIVSTO ALLE LEGI.
È uno splendido meriggio di primavera. La scena è ingombra di popolo festante. Barnabotti, Arsenalotti, Marinai, maschere d’ogni sorta, Arlecchini, Pantaloni, Bautte, e in mezzo a questa turba vivace alcuni Dalmati ed alcuni Mori. Barnaba, addossato ad una colonna, sta osservando il popolo; ha una piccola chitarra ad armacollo.
Scena I.
Marinai, Popolo e Barnaba.
Coro di Marinai e Popolo
Feste e pane! la Repubblica
reggerà le schiatte umane
finché avran le ciurme e i popoli
feste e pane.
L’allegria disarma i fulmini
ed infrange le ritorte.
Noi cantiam! chi canta è libero,
noi ridiam! chi ride è forte.
Quel sereno Iddio lo vuol
che allegrò questa laguna
coll’argento della luna
e la porpora del sol.
(campane a distesa, squilli di trombe)
Feste e pane! a gioia suonano
di San Marco le campane.
Viva il Doge e la Repubblica!
Feste e pane!
Barnaba
(si muove dal posto. Dominando il frastuono festosamente)
Compari! già le trombe
v’annuncian la regata.
Marinai
(correndo a sinistra cerso la riva degli Schiavoni)
Alla regata!
Popolo
Alla regata!
(gridando e saltando, il popolo esce dal cortile. Il tumulto s’allontana).
Scena II.
Barnaba solo.
[Barnaba]
(accennando gli spiragli delle prigioni sotterranee)
E danzan su lor tombe!
E la morte li guata!
(cupamente)
E mentre s’erge il ceppo o la cuccagna,
fra due colonne tesse la sua ragna,
Barnaba, il cantastorie; e le sue file
(guarda e tocca la sua chitarra)
sono le corde di questo apparecchio.
Con lavorìo sottile
e di mano e d’orecchio
colgo i tafàni al volo
per conto dello Stato. E mai non falla
l’udito mio. Coglier potessi solo
per le mie brame e tosto
una certa vaghissima farfalla!…
Scena III.
La Gioconda colla Cieca, entrando da destra, e detto.
La vecchia ha il volto coperto fin sotto gli occhi da un povero zendado.
Gioconda
(conducendo per mano la madre e avviandosi alla chiesa lentamente)
Madre adorata, vieni.
Barnaba
(scorge la Gioconda e si ritrae accanto alla colonna)
(Eccola! al posto).
La Cieca
Figlia, che reggi il tremulo
piè che all’avel già piega,
beata è questa tenebra
che alla tua man mi lega.
Tu canti agli uomini
le tue canzoni,
io canto agli angeli
le mie orazioni,
benedicendo
l’ora e il destin,
e sorridendo
sul mio cammin.
{Io per la tua bell’anima
prego chinata al suol,
e tu per me coi vividi
sguardi contempli il sol.}
Gioconda
Vien! per securo tramite
da me tu sei guidata.
Vien! ricomincia il placido
corso la tua giornata.
Tu canti agli angeli
le tue orazioni,
io canto agli uomini
le mie canzoni,
benedicendo
l’ora e il destin,
e sorridendo
sul mio cammin.
{Ed io pel tuo dimane
a te guadagno il pane;
tu col pregar fedel
a me guadagni il ciel.}
Barnaba
(in disparte)
(Sovr’essa stendere
la man grifagna!
amarla e coglierla
nella mia ragna!
Terribil estasi
dell’alma mia!
sta in guardia! l’agile
farfalla spia!)
Gioconda
L’ora non giunse ancor del vespro santo;
qui ti riposa appiè del tempio; intanto
io vado a rintracciar l’angelo mio.
Barnaba
(Derisïon!)
Gioconda
Torno con Enzo.
La Cieca
Iddio
ti benedica.
Gioconda
Taciturna ed erma
pace qui spira.
La Cieca
(estrae da tasca un rosario)
Addio, figliuola.
Barnaba
(sbucando e sbarrando la via a Gioconda, che fa per escire da destra)
Ferma.
Gioconda
Che?
Barnaba
Un uom che t’ama, e che la via ti sbarra.
Gioconda
Al diavol vanne colla tua chitarra!
(vivacemente)
Già l’altra volta tel dissi: funesta
m’è la tua faccia da mistero.
(per andarsene)
Barnaba
(trattenendola e ironicamente)
Resta.
Enzo attender potrà.
Gioconda
Va, ti disprezzo.
Barnaba
(incalzando)
Ancor m’ascolterai.
Gioconda
Mi fai ribrezzo!
Barnaba
Resta… t’adoro, o vaga creatura.
Gioconda
Vanne!
Barnaba
Non fuggirai!
(slanciandosi su essa)
Gioconda
Mi fai paura!
Ah!!
(fugge)
La Cieca
(alzandosi spaventata)
Qual grido! mia figlia! Aita! aita!
La voce sua!
Barnaba
(La farfalla è sparita…)
La Cieca
(brancolando)
Figliuola! o raggio della mia pupilla,
dove sei? dove sei?
Barnaba
(ridendo)
(La Cieca strilla,
lasciamola strillar).
La Cieca
(lentamente e protendendo le palme ritorna a sedersi sui gradini)
Tenèbre orrende!
Barnaba
(osservandola pensieroso)
(Pur quella larva che la man protende,
potrebbe agevolar la meta mia…
Se la madre è in mia man…
La Cieca
(rigirando con fervore le ave marie del suo rosario)
Ave Maria…
Barnaba
(sempre meditando)
Tengo il cor della figlia incatenato…
La Cieca
Ave Maria…
Barnaba
…con laccio inesorato.
L’angiol m’aiuti dell’amor materno,
e la Gioconda è mia! Giuro all’Averno!)
Scena IV.
Barnaba, La Cieca, Isèpo, Zuàne, Coro. Indi sei Sgherri. La Gioconda, Enzo, più tardi Laura, Alvise. Il Popolo porta in trionfo il Vincitore della regata, il quale tien alto il pallio verde (la bandiera del premio). – Donne, Marinai, Fanciulli con fiori e ghirlande, Zuàne triste in disparte.
Arsenalotti
(al vincitore)
Polso di cerro!
Barnabotti
(idem)
Occhio di lince!
Arsenalotti
Remo di ferro!
Donne
Gagliardo cor!
Tutti
Gloria a chi vince
il pallio verde!
Donne
(guardando Zuàne)
Beffe a chi perde!
Tutti
Lieta brigata,
per lieto calle
portiamo a spalle
il vincitor
della regata,
fra canti e fior.
Gli sguardi avvince,
i flutti ei sperde!
Gloria a chi vince!
Beffe a chi perde!
(quasi tutti affluiscono verso la Scala dei Giganti, ove depongono il trionfatore)
Barnaba
(che già da qualche tempo avrà osservato Zuàne, lo arresta)
(Questi è l’uomo ch’io cerco. Non m’inganno).
Patron Zuàne, hai faccia da malanno.
Si direbbe davver che alla regata
non hai fatto bandiera.
Zuàne
T’inforchi Satanasso.
Barnaba
E se la vera
cagione io ti dicessi del tuo danno?
Zuàne
Lo so, la prora ho greve ed arrembata.
Barnaba
Baje!
Zuàne
E che dunque?
Barnaba
(con mistero)
(T’avvicina. – O lasso!
(sottovoce)
Hai la barca stregata.
Zuàne
(inorridito)
Vergine santa!
Barnaba
Una malìa bïeca
sta sul tuo capo. Osserva quella cieca…)
Coro
(accanto alla Scala dei Giganti)
Arsenalotti
Dadi e bambàra!
Cuccagne e corse!
Barnabotti
Giuochiamo a zara
le nostre borse!
Tutti
Tentiam la mobile
fortuna a gara.
Giuochiamo a zara.
(alcuni estraggono dei dadi, molti si siedono sui gradini, e intavolano un giuoco di zara)
Barnaba
(continuando e sempre facendo fissare la Cieca a Zuàne)
(La vidi stamani gittar sul tuo legno
un segno maliardo, un magico segno.
Zuàne
Orror!
Barnaba
La tua barca sarà la tua bara.
Sta in guardia, fratello!)
Arsenalotti
Sei!
Barnabotti
Cinque!
Arsenalotti
Tre!
Tutti
Zara!
La Cieca
(pregando)
Turris eburnea…
Mistica rosa…
Barnaba
(a Zuàne)
La vidi tre volte scagliar su tuoi remi
parole tremende – lugubri anatèmi.
Zuàne e Isèpo
(Isèpo sarà mosso verso Barnaba e ascolterà curioso)
Gran Dio!
Barnaba
La tua barca sarà la tua bara.
Sta in guardia, fratello…
Arsenalotti
Sette!
Barnabotti
Otto!
Arsenalotti
Tre!
Tutti
Zara!
La Cieca
(come sopra)
Turris Davidica…
Mater gloriosa…
Barnaba
(come sopra)
Suo covo è un tugurio – laggiù alla Giudeca,
tien sempre quell’orrido zendado, ed è cieca…
Ha vuote le occhiaie – ma pure (e chi il crede?!)
la Cieca ci guarda! – la Cieca ci vede!
4 Marinai
(che si saranno aggiunti al gruppo)
Ci vede!
Isèpo
Oh spavento!
3 Arsenalotti
(aggiunti anch’essi al gruppo)
Che avvenne?
Zuàne
Oh maliarda!
4 Barnabotti
Che avvenne? che mormori?…
Barnaba, Zuàne, Isèpo
La Cieca ci guarda!
(il gruppo si fa sempre più numeroso)
Coro
Addosso! accoppiamola!
Isèpo
Coraggio…
Zuàne
(per avventarsi alla Cieca, poi retrocede)
Ho paura…
Barnaba
Badate, può cogliervi la sua jettatura.
Coro
Al rogo l’eretica!
Zuàne
Davver, più l’addocchio,
più i rai le balenano.
Barnaba
(ridendo)
La Cieca ha il mal occhio.
Coro
Ah! ah! qual facezia!
Zuàne
(ad Isèpo che si sarà avvicinato pianamente alla Cieca, che gira sempre il rosario)
Che brontola?
Isèpo
Prega.
1.ª parte del Coro
Addosso alla strega!
2.ª parte
(si scagliano sulla Cieca)
Addosso alla strega!
Barnaba
(Già l’aure s’annuvolano,
già i nembi s’accumulano.
Ah! ah! greggie umana!
Scagliato ho il mio ciottolo,
or fuggo la frana!)
La Cieca
(afferrata dal popolo e trascinata in mezzo al palco)
Aiuto!
Coro
Mandràgora!
La Cieca
Ah! chi mi trascina!
son cieca!
Donne
Vediamola salir la berlina!
Uomini
Ai piombi!
La Cieca
Soccorso! soccorso!
Donne
Ai marrani!
Uomini
Ai pozzi!
Donne
Fra Todero e Marco!
Barnaba
(ad una pattuglia di sgherri in disparte)
Sgherrani,
sia tratta nel carcere.
Uomini
Al rogo!
Donne
Alla pira!
Tutti
(sghignazzando)
Ah! ah!
La Cieca
Santa Vergine!
Donne
Martira!
Tutti
Martira!
Barnaba
(Ho in man la mia vittima, ho in man due destini).
Tutti
A morte la strega!
Gioconda
(rientrando e slanciandosi)
Mia madre!
Enzo
(vestito da marinaio dalmato, rompendo la calca con uno scoppio d’ira)
Assassini!!
Assassini! quel crin venerando
rispettate! o ch’io snudo il mio brando.
Contro un’egra rejetta dal sole
generosa è la vostra tenzon!
Vituperio! è cresciuta una prole
di codardi all’alato leon!
Coro
Iddio vuol ciò che il popolo vuole;
no, la strega non merta perdon.
La Cieca
Ah! su me si scatena l’averno!
Gioconda
Niun mi tolga all’amplesso materno!!
La Cieca
Figlia…
Coro
A morte!
Enzo
(con impeto fa per togliere i ceppi alla Cieca, ma è impedito dal popolo)
Quel ceppo la strazia.
Sciolta sia.
Coro
La vogliam giudicare.
Spenta sia!
Enzo
(correndo all’ingresso della riva furiosamente ed esce)
Su, fratelli del mare!
alla lotta!
Coro
Al patibolo!
(intanto sull’alto della scala saranno apparsi Alvise e Laura, che avranno assistito al tumulto)
Laura
(dall’alto della scala, scendendo. Il lembo della sua veste sarà sostenuto da due paggi. Ha una maschera di velluto nero sul volto)
Grazia!
Scena V.
La Cieca, Gioconda, Alvise, Laura, Barnaba, Coro, poi Enzo.
Alvise
(alteramente e con gravità.)
Ribellion! che? la plebe or qui si arroga
fra le ducali mure
i dritti della toga
e della scure?
(movimento di rispetto nella folla)
Parla, o captiva!
perché stai china là fra quelle squadre?
Coro
È una strega!
Gioconda
È mia madre!
Laura
(la Cieca alza la testa)
È cieca! o mio signor! fa ch’essa viva!
Alvise
(freddamente a Barnaba)
Barnaba! è rea costei?
Barnaba
(assai sottovoce all’orecchio d’Alvise)
Di malefizio.
Gioconda
(a Barnaba)
T’ho udito!… menti!
Alvise
Sia tratta al giudizio.
Gioconda
(gettasi ai piedi di Alvise)
Pietà… ch’io parli attendete… ora infrango
il gel che m’impietrava… e sgorga l’onda
del cor… Costei della mia infanzia bionda
l’angelo fu… Sempre ho sorriso… or piango.
Mi chiaman… la Gioconda.
Viviam cantando ed io
canto a chi vuol le mie liete canzoni,
ed essa canta a Dio
le sue sante orazioni…
Enzo
(che sarà ritornato da qualche tempo seguìto dai marinai dalmati)
Salviamo l’innocente.
Laura
(scorgendo Enzo)
(Qual volto!)
Gioconda
(alzandosi e trattenendo Enzo)
Ah! no! ti ferma! Quel possente
la salverà!
Barnaba
(osservando Laura, poi Enzo)
(Come lo guarda fiso!)
Laura
(ad Alvise in disparte)
{(Concedi, o mio signor, se non ti duole,
Ch’io mi levi la maschera dal viso.
Alvise
No, madonna, nemmen l’occhio del sole
non dee mirarti).}
Gioconda
(ad Alvise)
Dalle tue parole
la vita attendo.
Barnaba
(ad Alvise sottovoce)
(È una strega, il nefario
suo silenzio tel dica).
Laura
Essa ha un rosario!
No, l’inferno non è con quella pia.
Enzo
(Qual voce!)
Barnaba
Muoja!
Laura
(ad Alvise supplichevole)
La salva!!
Alvise
E salva sia.
Barnaba
(Furore!!)
Gioconda
Gioia!!
La Cieca
(liberata da Laura che l’allontana dagli Sgherri)
Voce di donna o d’angelo
le mie catene ha sciolto;
mi vietan le mie tenebre
di quella santa il volto,
pure da me non partasi
senza un pietoso don:
(si toglie il rosario dalla cintola)
a te questo rosario
che le preghiere aduna.
Io te lo porgo, accettalo,
ti porterà fortuna;
sulla tua testa vigili
la mia benedizion.
Alvise
(a Barnaba rapidamente mentre canta la Cieca)
(Barnaba!
Barnaba
Mio padron.
Alvise
Facesti buona caccia
quest’oggi?
Barnaba
Sulla traccia
cammino d’un leon).
Laura ed Enzo
Ascolti il detto pio
l’onnipossente Iddio!
Gioconda
O madre mia, ti guarda
un angelo fedel.
Coro
Protegge la vegliarda
visibilmente il ciel!
(Laura s’avvicina alla Cieca e prende il rosario, la Cieca stende le mani come per benedirla, Laura fa per inginocchiarsi, Alvise vede e afferra il braccio di Laura, sforzandola a rialzarsi)
Alvise
(a Laura)
Che fai? vaneggi?
(a Gioconda)
Bella cantatrice,
quest’oro a te.
Gioconda
(raccoglie e s’inchina)
Sia grazia a voi, Messere.
(a Laura)
Acciò ch’io l’abbia nelle mie preghiere
dimmi il tuo nome, o ignota salvatrice.
Laura
(guardando Enzo)
Laura.
Enzo
(colpito)
(È dessa!)
Alvise
(a Laura assorta)
Ti scuoti! al tempio andiamo!
Gioconda
Madre! – Enzo adorato! Ah! come t’amo!
(Tutti si dirigono al tempio. Alvise e Laura primi, i due paggi dopo, indi tutto il Coro, e Gioconda fra la madre ed Enzo. Giunto alla porta della chiesa, Enzo s’arresta, e rimane indietro assorto profondamente ne’ suoi pensieri. Barnaba lo sta fissando. La scena si vuota)
Scena VI.
Enzo e Barnaba.
Barnaba
(avvicinandosi ad Enzo)
Enzo Grimaldo, Principe di Santafior, che pensi?
Enzo
(Scoperto son).
Barnaba
Qual magico stupor t’invade i sensi?
Pensi a Madonna Laura d’Alvise Badoèro.
Enzo
(scosso)
Chi sei?
Barnaba
So tutto: e penetro in fondo al tuo pensiero.
Avesti culla in Genova…
Enzo
Prence non son, sui flutti
guido un vascel, son dalmato: Enzo Giordan…
Barnaba
Per tutti
ma non per me. Venezia t’ha proscritto, ma un forte
disio qui ancor ti trasse ad affrontar la morte.
Amasti un dì una vergine – là, sul tuo mar beato,
a estranio imene vittima – la condannava il fato.
Enzo
Giurai fede a Gioconda.
Barnaba
(sorridendo)
La cantatrice errante
ami come sorella, e Laura come amante.
Già disperavi in terra di riveder quel volto
e l’amor di Gioconda hai per pietà raccolto,
ed or, sotto la maschera l’angelo tuo t’apparve…
ti riconobbe…
Enzo
(Oh giubilo!)
Barnaba
L’amor passa le larve.
Sulla sua sposa vigila con cuor geloso, il tetro
Inquisitor, nell’aurea prigione io sol penetro,
e spesso fra le lagrime io la sorpresi, e muto
lo sguardo suo mestissimo al ciel chiedeva aiuto.
Badoër questa notte – veglia al dogale ostello
col gran Consiglio. Laura sarà sul tuo vascello.
Enzo
Dio di pietà!
Barnaba
Le angoscie dell’amor tuo soccorro.
Enzo
Ma alfin chi sei? mio lugubre benefattor?
Barnaba
T’abborro.
(apre il suo mantello e la giubba e mostra sul giustacuore queste lettere in argento C. X.)
Sono il possente dèmone del Consiglio dei Dieci.
Leggi.
Enzo
Infamia.
Barnaba
Al supplizio trarti potea, nol feci.
Gioconda amo, essa m’odia… giurai schiantarle il cor.
Enzo morto era poco – ti volli traditor.
Enzo
O sàtana furente lordo di sangue e fiel,
coll’ira tua demente tu m’hai scagliato in ciel.
Barnaba
Va: corri al tuo desio: spiega le vele in mar,
tutto il trionfo mio negli occhi tuoi m’appar.
Ebbene?
Enzo
A notte bruna sul brigantino aspetto
Laura.
Barnaba
(inchinandosi e sogghignando)
Buona fortuna!
Enzo
(sul limitare della scena)
E tu sia maledetto!
(esce)
Scena VII.
Barnaba, poscia Isèpo indi per un istante La Gioconda e La Cieca.
Barnaba
Maledici? Sta ben… l’amor t’accieca.
Compiam l’opra bïeca,
l’idolo di Gioconda sia distrutto.
S’annienti tutto.
(va nel fondo, apre una porta accanto le prigioni)
Isèpo!
Isèpo
(escendo)
Padron Barnaba…
Barnaba
Scrivano,
l’anima m’hai venduto e la cotenna
fin che tu vivi;
(lo conduce al banco)
io son la mano
e tu la penna.
Scrivi.
(dettando)
Al Capo occulto dell’Inquisizione.
(Isèpo scrive. Intanto alla porta del tempio appariscono Gioconda e la Cieca)
Gioconda
(Ti nascondi, c’è Barnaba).
(alla madre ritraendola e sta spiando nascosta dal pilastro)
Barnaba
La tua sposa con Enzo il Marinar
Gioconda
(O ciel!)
Barnaba
sta notte in mar
ti fuggirà sul brigantino dalmato.
Gioconda
Ah!
(disperatamente e scompare in chiesa)
Barnaba
Più sotto: La bocca del Leone.
Qua, porgi, taci, vanne.
(prende il foglio, Isèpo esce)
Scena VIII.
Barnaba solo.
[Barnaba]
(col piego in mano contemplando la scena)
O monumento!
Regia e bolgia dogale! Atro portento!
Gloria di questa e delle età future;
ergi fra due torture
il porfido cruento.
Tua base i pozzi, tuo fastigio i piombi,
sulla tua fronte il volo dei palombi,
i marmi e l’or.
Gioia tu alterni e orror con vece occulta,
quivi un popolo esulta,
quivi un popolo muor.
Là il Doge, un muto scheletro
coll’acidaro in testa,
sovr’esso il Gran Consiglio,
la Signoria funesta;
sovra la Signoria
più possente di tutti un re: la spia.
O monumento! Apri le tue latèbre,
(vicino alla bocca del leone)
spalanca la tua fauce di tenèbre,
s’anco il sangue giungesse a soffocarla!
Io son l’orecchio e tu la bocca: parla.
(getta il piego nella bocca del leone ed esce)
Scena IX.
La Gioconda sola, poscia il Doge, i Pregadi, i Senatori, i Cavalieri, i Procuratori, Caudatari, Araldi, ecc. Popolo.
[Gioconda]
(esce dalla chiesa ed esplora cupamente la scena)
Il delator sparì… ma la parola
ch’ei disse… è fitta… qui… nel mio pensiero.
Ah! riafferrar vorrei quell’uomo nero
e ghermirlo alla gola,
e fargli confessar che non è vero
ciò ch’ei parlò, che da me non s’invola
l’idolo mio.
Pietà! mio Dio!…
O cuor! Dono funesto;
retaggio di dolor!
Il mio destino è questo:
o morte, o amor!
(s’allontana)
Si spalancano le porte della chiesa, l’organo s’ode più sonoro. Sfila il corteggio dogale. Sale la Scala dei Giganti e si distribuisce in bell’ordine sulla loggia di fronte. – Primo squillo di tromba.
Tutti
Evviva la Repubblica!
(secondo squillo)
Coro
La lieta fanfara
due volte suonò.
(terzo squillo)
I tre Araldi
È aperta la gara.
Tutti
Guadagni chi può!
La Cuccagna.
Una gran massa di Popolo, di Mozzi e di Marinai assaltano il palo della Cuccagna. Tumulto. Altri stanno a guardare.
Coro
Cuccagna! Cuccagna!
Dal Molo a Rialto
correte all’assalto
dei dobli di Genova,
dell’oro di Spagna!
Cuccagna! Cuccagna!
Cuccagna! Cuccagna!
S’innalza e avvoltola
la viva montagna
di teste e calcagna.
Arrampica! Arrampica!
Più alto! Più alto!
Vediam chi guadagna.
Un salto – di più,
su, su, su, su, su, su!!
Cuccagna! Cuccagna!
(intanto dalla loggia del fondo i Cavalieri gettano alla plebe monete e la plebe si scaglia e si schiaccia per raccoglierle)
Cuccagna! Cuccagna!
Donne
(sotto la loggia)
Zecchini!
Uomini
(idem)
Zecchini!
Donne
(c. s.)
Gigliati!
Uomini
Fiorini!
Tutti
Giù scudi! giù talleri
di Francia e Allemagna!
I Cavalieri
La plebe grifagna
scoperto ha il Perù!
Donne
(c. s.)
Giù!
Uomini
(c. s.)
Giù!
Donne
Giù!
Uomini
Giù!
Donne
Giù!
Cuccagna! Cuccagna!
Uomini
Giù!
Donne
Giù!
Tutti
(intorno alla cuccagna)
Su, su, su!
(cala la tela in mezzo ad un formidabile tumulto di gioia).
Atto secondo
Il Rosario.
Notte. – Un brigantino visto da tribordo. – Sul davanti una riva deserta d’isola inabitata nella laguna di Fusìna. Nell’estremo fondo il cielo in qualche parte stellato, e la laguna; a destra la luna tramonta dietro una nube. Sul davanti un altarino della Vergine con una lampada rossa accesa. – HÈCATE, il nome del brigantino, sta scritto a prua. Alcune lanterne sul ponte.
All’alzarsi della tela alcuni Marinai sono seduti sulla tolda, altri in piedi aggruppati; tutti hanno un portavoce in mano; molti Mozzi sono arrampicati, o seduti, o sospesi alle sartie degli alberi e stanno cantando una marinaresca.
Scena I.
Marinaresca.
Primi Marinai
(a destra sul ponte, cantando attraverso il portavoce)
Ha! He! Ha! He!
Fissa il timone!
Secondi Marinai
(a sinistra col portavoce)
Fissa!
Ha! He! Ha! He!
Issa artimone!
Primi Marinai
Issa!
La ciurma ov’è?
Primi e secondi Marinai
Ha! He! Ha! He!
Mozzi
(ragazzi sulle antenne)
Siam qui sui culmini,
siam sulla borda,
siam sulle tremule
scale di corda.
Guardate gli agili
mozzi saltar;
noi gli scoiattoli
siamo del mar.
Marinai
(sotto la tolda, nel cassero)
Siam nel fondo più profondo
della nave, della cala,
dove il vento furibondo
spreca i fischi e infrange l’ala.
Siam nel fondo più profondo
della nave, della cala.
Primi Marinai
(sul ponte)
Ha! Ho! Ha! Ho!
Vele a babordo!
Secondi Marinai
Issa!
Ha! Ho! Ha! Ho!
Remi a tribordo!
Primi Marinai
Issa!
Il ciel tuonò!
Ha! Ho! Ha! Ho!
Mozzi
(sulle antenne)
In mezzo ai fulmini
della tempesta,
noi tra le nuvole
tuffiam la testa.
Come sugli alberi
d’una foresta,
osiam le pendule
sartìe scalar.
Noi gli scoiattoli
siamo del mar.
Marinai
(sotto il ponte)
Sotto prora, sotto poppa
è una placida dimora,
qui vuotiam l’ardente coppa
del liquor che inganna l’ora.
Sotto poppa, sotto prora.
Mozzi
(sulle antenne)
Il mar mugghiante,
il ciel furente,
greco a levante,
bora a ponente,
scïoni e turbini
sappiam sfidar.
Noi gli scoiattoli
siamo del mar!
Una voce sola
(di dentro)
Pescator, affonda l’esca,
e sia l’onda a te fedel,
lieta sera e buona pesca
ti promette il mare e il ciel.
Scena II.
Coro, Barnaba, Isèpo.
Barnaba è vestito da pescatore con una rete in mano.
Il Pilota
Chi va là?
Barnaba
La canzon ve lo dicea:
un pescator che attende la marea,
ho la barca laggiù nell’acqua bassa.
È tempora domani, e si digiuna,
per mia fortuna;
la mensa magra il pescatore ingrassa.
Marinai
(ridendo)
Ah! ah!
Barnaba
(ad Isèpo)
(Siam salvi! Han riso. Sono ottanta
fra marinari e mozzi. Han tre decine
di remi e nulla più; due colubrine
di piccolo calibro. Or va, con quanta
lena ti resta, e disponi le scolte
colà dove le macchie son più folte.
Io qui rimango a far l’ufficio mio.
Vanne con Dio).
(Isèpo esce)
Barnaba
Pescator, affonda l’esca
e sia l’onda a te fedel,
lieta sera e buona pesca
ti promette il mare e il ciel.
Va, tranquilla cantilena,
per l’azzurra immensità;
questa notte una sirena
nella rete cascherà.
Coro
(ridendo)
Ah1 ah! ah! ah!
Questa notte una sirena
nella rete cascherà.
Barnaba
(fra sé)
(Spia coi fulminei
tuoi sguardi accorti,
e fra le tenebre
conta i tuoi morti.
Sì, da quest’isola
deserta e bruna
or deve sorgere
la tua fortuna.
Sta in guardia! e il rapido
sospetto svia,
e ridi e vigila
e canta e spia).
(ripigliando la canzone)
Pescator, propizio è il vento,
tenta il mare, o pescator,
là, fra l’alighe e l’argento,
guizzan pinne d’ambra e d’or.
Brilla Venere serena
in un ciel di voluttà.
Una fulgida sirena
nella rete cascherà.
Coro
(ripete)
Ah! ah! ah! ah!
Una fulgida sirena
nella rete cascherà.
(Barnaba esce all’entrare di Enzo)
Scena III.
Enzo, Marinai e Mozzi. Il Nostromo, il Mastro delle vele, il Pilota.
Enzo
(esce da sotto-coperta con una lanterna in mano, avanzandosi gaiamente)
(alla ciurma)
Sia gloria ai canti
dei naviganti!
Questa notte si salpa!
Marinai
Evviva il nostro
Principe e capitan!
Enzo
(esplorando il cielo)
Soffia grecale,
vento buono per noi… (al Nostromo) nella carena
tu, Nostromo, raccogli la gomena.
Tu, Mastro delle vele, affiggi al rostro
del brigantino il dalmato segnale
che ci protesse in molte aspre fortune,
e al maggior pino inalbera il fanale.
(ai Mozzi)
Voi siate pronti a distaccar la fune
d’amarra a un cenno mio. – {Quest’erme dune
più non vedremo all’ora mattutina.
Nocchier, l’abbrivio è verso Palestrina.}
(alcuni uomini della ciurma eseguiscono gli ordini di Enzo; mentre gli altri ricantano la Marinaresca)
Enzo
(a tutti)
Ed or scendete a riposarvi. Io vigilo
solo sul ponte le inimiche flotte.
(guarda le stelle)
È tardi.
La Ciurma
Buona guardia.
Enzo
Buona notte.
(la ciurma scende sotto il ponte. Intanto il Mastro delle vele alza con una corda il fanale sull’albero maestro, poi scende anch’esso)
Scena IV.
Enzo solo.
[Enzo]
(guardando il mare)
Cielo e mar! – l’etereo velo
splende come un santo altare.
L’angiol mio verrà dal cielo?!
l’angiol mio verrà dal mare?!
Qui l’attendo; ardente spira
oggi il vento dell’amor.
Quel mortal che vi sospira
vi conquide, o sogni d’or!
Cielo e mar! – per l’aura fonda
non appar né suol né monte.
L’orizzonte bacia l’onda,
l’onda bacia l’orizzonte!
Qui nell’ombra ov’io mi giacio
coll’anelito del cor,
vieni, o donna, vieni al bacio
della vita incantator.
(fissando il mare)
Ah! chi è là? non è uno spetro
del pensier! quella è una barca.
Odo già de’ remi il metro,
verso me volando varca …
La voce di Barnaba
(dietro il brigantino)
Capitano! a bordo!
Enzo
(sclamando verso la direzione della voce di Barnaba)
Avanti!!
(Dio! sostieni ancor la piena
della gioia!) O naviganti,
costeggiate la carena!
(prende una fune e la getta al di là della sponda)
Qua la fune… aggrappa… annoda
le tue mani… un passo ancor…
non cadere! approda! approda!…
Scena V.
Enzo, Laura.
Laura
(nelle braccia di Enzo)
Enzo!
Enzo
Laura! Amore! Amor!
La voce di Barnaba
(sinistramente, allontanandosi)
Buona fortuna!
Laura
Enzo, fuggiam!
Enzo
Tu tremi!
M’ami ancor?
Laura
Ah! fuggiam… le vele… i remi…
Udisti or quella voce?
Enzo
Sì, dell’uom che ci aperse il paradiso.
Laura
Temo quell’uom feroce,
or sorridea d’un infernal sorriso;
nella fuga il seguii, tant’era il forte
desio di te, ch’io mi gettai smarrita
nelle tue braccia, o in quelle della morte!
Enzo
M’ami ancor?
Laura
(sempre più atterrita)
Pria fuggiam, poi l’infinita
estasi gusterem tutta la vita…
Enzo
(con appassionata violenza)
No! pria dimmi che m’ami, e poi fuggiamo!
Laura
Sempre t’amai! t’amerò sempre!
a 2
Ah! t’amo!
(lungo silenzio, lungo amplesso)
Enzo
Ti risovvien d’un vespero
della natia riviera?
Laura
(continuando il pensiero di Enzo)
Bianca pendea nell’etere
la perla della sera,
quando una nube bruna…
Enzo
Venne a oscurar la luna…
Laura
E mi baciasti il crin.
Enzo
Lì cominciò la languida
febbre d’amor, e…
Laura
(interrompendolo soavemente)
Taci,
anch’io rammento, e l’estasi
lì cominciò dei baci!
Enzo
O sogni!
Laura
O incanti!
Enzo
O glorie!
Laura
O vaghe rimembranze!
Enzo
Oh come alle memorie
somiglian le speranze!
Diman migranti a lato
vedrem l’aurora uscir!
Laura
Tramonti del passato!
Enzo
Albe dell’avvenir!
Poscia ch’io ti perdei, quattr’anni intieri
celando nome, vita, orme, pensieri,
qui ti cercai… ma invan… che tutta spenta
era la speme… e languidita e lenta
vita traevo, come d’un uom che muore,
pietà rendendo a chi m’offriva amore.
Ma ieri t’ho scontrata…
Laura
Ed il cuor mio
ti ravvisò nel marinar…
Enzo
Ed io
ti riconobbi al suon della parola.
Laura
Enzo adorato!
Enzo
(abbracciandola)
Angelo!
Laura
{Il tempo vola,
sul capo degli amanti, all’erta! all’erta!
Enzo
Siam sul lido d’un’isola deserta,
senz’ombra di viventi. Ah non tremare!
vedi laggiù com’è sereno il mare.
Quello è il talamo nostro, azzurro! Immenso
siccome il nostro amor!
Laura
Un caldo incenso
vaporan l’onde…} tramonta la luna.
Enzo
Quando sarà corcata, all’aura bruna
noi salperem; cogli occhi al firmamento,
coi baci in fronte e colle vele al vento!
(la luna bassa si svolve dalle nuvole, il suo disco s’asconderà dietro il vascello)
a 2
Laggiù nelle nebbie remote,
laggiù nelle tenebre ignote,
sta il segno del nostro cammin.
Nell’onde, nell’ombre, nei venti,
fidenti, ridenti, fuggenti,
gittiamo la vita e il destin.
La luna discende, discende
ricinta di roride bende,
siccome una sposa all’altar.
E asconde – la spenta – parvenza
nell’onde; – con lenta – cadenza,
la luna è discesa nel mar!
Enzo
(staccandosi)
E il tuo nocchiere
or la fuga t’appresta. – O amata donna,
tu qui resta.
(scende sotto il ponte)
Scena VI.
Laura sola, poi Gioconda.
Laura
Ho il cuor pieno di preghiere.
Quel lume! Ah! una Madonna!
(si getta ai piedi dell’altare orando con passione; mentre ch’essa prega, Gioconda mascherata escirà da un nascondiglio sotto prora, e s’avanzerà lenta)
Stella del marinar! Vergine Santa,
tu mi difendi in quest’ora suprema,
tu vedi quanta passïone e quanta
fede mi trasse a tale audacia estrema!
Sotto il tuo velo che i prostrati ammanta
ricovera costei che prega e trema,
dcenda per questa fervida orazion
sul capo mio, Madonna del perdon,
una benedizion…
Scena VII.
Gioconda e Laura.
Gioconda
E un anatèma!
Laura
(inorridita alzandosi)
Ah! chi sei?
Gioconda
Chi son tu chiami?
Sono un’ombra che ti aspetta!
Il mio nome è la Vendetta.
Amo l’uomo che tu ami.
Laura
Ciel!
Gioconda
(accennando a prora)
Là attesi e il tempo colsi
come belva nella tana,
ah! la forza sovrumana
del furor m’invade i polsi!
Vuoi fuggir? d’amor ti struggi?
Vuoi fuggir! lieta rivale?…
Sì, l’antenna e il governale
pronti son, sta ben, va, fuggi!
(ergendosi terribile)
Laura
Furia orrenda!
Gioconda
Ah! mi paventi!
ed ardisci amar d’amore
quell’eroe?
Laura
Sfido il tuo core,
o rival!
Gioconda
Bestemmi!
Laura
Menti!
L’amo come il fulgor del creato!
come l’aura che avviva il respir!
come il sogno celeste e beato
da cui venne il mio primo sospir.
Gioconda
Ed io l’amo siccome il leone
ama il sangue, ed il turbine il vol
e la folgor le vette, e l’alcione
le voragini, e l’aquila il sol!
Laura
Pel suo bacio soave disfido
della pallida morte l’orror!
Gioconda
Pel suo bacio soave t’uccido,
(ghermendo un pugnale)
son più forte, più forte è il mio amor!
(afferrandola)
Il mio braccio t’afferra!
Vien ch’io ti scorga in viso! a terra! a terra!
presso a quel lume… o i lagrimosi rai…
or più scampo non hai!
Questo pugnale…
ma no… tu avrai per sorte
un fulmin più fatale…
in quella barca bruna…
Laura
O ciel!
Gioconda
Là è il tuo consorte!
Laura
Perduta io son!
Gioconda
(con accento funereo d’ironia)
La morte
voga sulla laguna!
Laura
(tentando svincolarsi)
Dalla tua man gagliarda
ch’io sfugga per pietà.
Gioconda
Guarda!
Laura
Mi lascia!
Gioconda
Guarda!
vicin la barca è già.
E voga… e fende l’onda
con foga furibonda.
Laura
Donna, per quelle viscere
d’amor che in sen tu porti,
pel tuo Signor! per l’anima
de’ tuoi poveri morti…
lascia ch’io fugga, ascondimi
al fulmine fatal,
o qui tu stessa piantami
nel petto il tuo pugnal.
Gioconda
No, tremebonda e supplice
vo’ che quell’uom ti veda,
tu sei la nostra vittima,
tu sei la nostra preda.
Invan tu invochi, o misera,
pietà dalla rival.
Laura
(disperata)
Chi salva quest’affranta!
Gioconda
È pieno l’anatèma!
Laura
(quasi cadendo davanti alla Madonna che sta sul pilone della riva)
Stella del marinar, Vergine Santa,
tu mi difendi in quest’ora suprema…
Gioconda
Eccolo! oramai né un nume né un santuario
salvar ti può.
Laura
(alzando il rosario)
M’aita!
Gioconda
Ah! quel rosario!
(stacca la maschera e la pone sul volto a Laura)
Presto… a te… questa maschera t’asconda.
Laura
Sei tu!! Gioconda!!…
Scena VIII.
Alvise, Gioconda, Laura.
a 3
Silenzio e tenebre!
terror di tomba!
tre spettri immobili
stanno a guardar.
Par che la livida
vendetta incomba.
La folgor piomba
e Morte appar!
e un canto romba
dall’ime làtebre
del fosco mar!
Marinai
(sotto il ponte)
Sotto prora – sotto poppa
è una placida dimora,
chi lavora e chi rintoppa
sotto poppa… sotto prora.
Alvise
Una leggiadra maschera così nel mar perduta?
È strano in ver, palesati – perché, perché stai muta?
Parla, quel tuo mistero – cessi, ti vo’ mirar…
o quel velame nero – io ti saprò strappar.
(s’avvicina per strappare la maschera a Laura)
Gioconda
(interponendosi)
Un gentiluomo veneto – insulterà una dama
qui dove sacra e libera – la maschera si chiama?
Il passo temerario – o cavaliero arresta!
Alvise
Sia pur… sacra è la maschera, è ver, ma non la testa.
(Giuro al ciel di scoprire quel volto!)
Gioconda
(Madre! orrendo m’imponi martir!)
Laura
(con disperazione)
(Giusto Iddio! da quell’uom che m’ha colto
fa ch’io possa salvarmi e fuggir!)
Gioconda
(Fuggi… fuggi… è già presta la barca!)
Laura
(Dio t’aiuti, o pietosa rival!)
Alvise
(È la nube di fulmini carca,
scoppierà la saetta mortal!)
Laura
(Enzo mio, t’ho perduto in eterno!)
Alvise
(Ira! dubbio! sospetto crudel!)
Gioconda
(Oh supplizio! ho nel cuore l’averno
e cammino sull’orme del ciel!)
Barnaba
(dalla riva)
(Padron…
Alvise
Che?
Barnaba
Presto all’opra. La ciurma è sotto il ponte
col bandito Grimaldo.
Alvise
Le mie galee son pronte?
Barnaba
Sì).
Gioconda
(avrà approfittato del dialogo di Alvise e Barnaba per condurre Laura cautamente verso il brigantino)
(Vien; t’è quel rosario benedizione e schermo.
Laura
(a bassa voce)
Che fai?
Gioconda
Ti salvo. Amici, staccate un palischermo.
(appariscono sul ponte due Marinai)
Obbedirete agl’ordini di costei).
Alvise
(sempre presso la barca parlando a Barnaba concitatamente)
Vieni a terra,
(Barnaba viene a terra)
a te la tromba – intuona la fanfara di guerra.
Va a quell’estuario, dove sta la squadra raccolta.
(si stacca una tromba d’avorio dal petto e la consegna a Barnaba. Intanto Laura e i Marinai saranno scomparsi dietro il brigantino. Barnaba esce. Subito dopo Alvise si volge, cerca collo sguardo Laura e non la scorge; sale sul brigantino con passo concitato, e sta dietro a Gioconda mentr’essa dice:)
Gioconda
(Misera me! essa fugge! io l’ho salvata!)
Alvise
(dietro a Gioconda)
Stolta!
tu l’hai perduta! Il mare è mio!… Nocchieri!
(scende dal brigantino e va sulla sua barca)
all’erta! Mano ai remi e salde braccia.
Raggiungiam quella barca, a caccia! a caccia!
(si vede passare la barca di Laura)
(a Gioconda)
O cantatrice, amica dei misteri,
che riconoscer parmi,
doman Cà d’Oro è in festa, ivi a cantare
(ironicamente, allontanandosi)
t’invito.
Gioconda
Ivi m’aspetta.
(Alvise è scomparso)
Voci lontane
(dopo uno squillo di tromba)
All’armi! all’armi!
Scena IX.
Gioconda, Enzo salito sul ponte, lo segue tutta la ciurma.
Enzo
Laura!
Gioconda
(avanzandosi verso Enzo fieramente)
Gioconda!
Enzo
O ciel! che avvenne?
Gioconda
In mare.
Guarda quel legno. Laura è là, inseguita
dal suo fiero consorte.
Enzo
Barnaba mi tradì!
Gioconda
(con gioia feroce)
Là è la tua vita!
Là è la tua morte!
(un colpo di cannone e fanfare guerresche)
Enzo
Maledizione!
Assaliti noi siam! Tuona il cannone!
Voci lontane
Assalto all’Hècate!
All’arrembaggio!
Voci più lontane
Venezia!
La Ciurma del brigantino
(sul ponte e sulle sartie)
Genova!
Al salvataggio!
Enzo
(alla ciurma della prora, illuminato di tanto in tanto dai lampi del cannone)
Son cinque navi; è vana ogni difesa.
Appiccate l’incendio, arda il naviglio:
s’accetti ogni periglio,
ma non la resa.
Al nemico darem cenere e brage!
Incendio!
Tutti
Incendio! guerra! morte! Strage!
(movimento di Marinai che corrono ad incendiare il vascello. – Un colpo di cannone spezza l’albero di prora che cade. Enzo, Gioconda e tutta la ciurma s’aggruppano eroicamente intorno all’albero maestro. Intanto si vedrà avanzarsi dal fondo di sinistra una galera veneziana. I Marinai del brigantino, armati di archibugi, fanno fuoco sulla galera. Cade la tela).
Atto terzo
Cà d’Oro.
Sontuosissima sala nella Cà d’Oro, splendidamente parata a festa. Ampio portone nel fondo a sinistra, un consimile a destra, ma tutto questo chiuso da una drapperia. Presso il proscenio si vedrà una colossale ed antichissima armatura. Una terza porta nella parete a sinistra.
Scena I.
Alvise seduto al tavolo. Il Priore dei frati entra dalla porta segreta. Il Paggio entra dall’ingresso di sinistra; s’inchinano davanti ad Alvise.
Alvise
(parlando ora al Paggio ed ora al Priore)
Allegro paggio, venerando frate;
opra opposta, d’opposto ministero
da voi richiedo.
(il Priore fa un cenno come per parlare)
Non interrogate
Alvise Badoero!
Fr aun’ora in questa
sala fulgente e inquell’aula ferale,
(al Paggio)
da te chiedo una festa
(al Priore)
e da te un funerale.
Oggi a Cà d’Oro c’è qualcun che muore,
oggi a Cà d’Oro si lava un oltraggio.
Udite, venerabile priore,
allegro paggio:
(al Priore)
colla stola e colla croce
là starai nell’aula nera,
mormorando a bassa voce
dei defunti la preghiera.
(al Paggio)
E tu dell’ilari follie maestro,
qui fra le fervide carole e l’or,
darai l’amabile scintilla all’estro
bizzarro e facile che allegra il cor.
(al Priore)
Col turibolo e l’acerra
sfileranno i cordiglieri,
giacerà la salma in terra
nell’avel dei Badoeri,
(al Paggio)
mentre in fuggevoli nembi leggieri
vedrem le fulgide coppie danzar.
E sotto il vivido sol dei doppieri
udrem frenetica l’orgia esultar.
(conducendo il Priore verso la porta segreta)
Là, prior, m’attendi; il resto
è un segreto mio fatale.
(congeda il Paggio con un gesto. Paggio e Priore s’inchinano profondamente ed escono, il Paggio dal fondo)
Scena II.
Alvise solo.
[Alvise]
(con uno scoppio di gioia e di furore)
O Venezia accorri! è questo
il tuo gaio carnevale!!!!
Scena III.
Alvise e Barnaba dal fondo a sinistra.
Alvise
Barnaba, ebben? Enzo Grimaldo?
Barnaba
Sparve.
Alvise
L’infame!
Barnaba
Fra l’incendio
del suo vascel, m’apparve
per un istante e poi lo avvolse il fumo.
Cento scherani del più fiero conio
corser la spiaggia e il mar. – Più non m’assumo
di rintracciarlo; lo cela il demonio.
Alvise
E il tuo pensier qual’è?
Barnaba
Ch’ei sia perito
nelle fiamme o nell’onde.
Alvise
Al mio convito
tu rimarrai, per rallegrar la festa.
Or va…
Barnaba
(salutando ed allontanandosi)
Messer…
Alvise
Ma nel palagio resta.
(Barnaba fa un altro inchino ed esce. Alvise rimane pensieroso per brevi istanti poi va alla porta della parete di sinistra, apre e chiama:)
Scena IV.
Alvise, Laura indi Gioconda.
Alvise
Laura!
(Laura esce. Alvise la prende pel braccio e la conduce davanti all’armatura)
Quella panòplia
è la corteccia fiera
del ceppo mio, sta un’anima
dietro la sua visiera!
Vedi! Attraverso i lividi
forami essa tu guarda,
e pensa già che tarda
del tuo castigo il dì.
L’onor di nove secoli
temprò quell’armadura
terror delle battaglie,
erta, inconcussa e pura!
Tu la macchiasti, o adultera,
scampo non hai! col ferro
del guanto suo t’afferro
e tu condanno qui.
(la atterra violentemente, Laura getta un grido)
Preparati a morir. – Un confessore
ivi t’attende.
Laura
Iddio mi legge in cuore,
non ho rimorsi. Disfido il mio fato.
Or ti dirò, feroce inquisitore,
quando ho peccato! –
Io peccai quando vittima ignara
m’astringesti ad un voto bugiardo!
fui sacrilega allor che sull’ara
giurai fede al tuo bacio beffardo!
fui dannata quel dì che ti vidi
mercatare il mio nome e il mio cor!
Vien! mi sbrana! mi strazia! m’uccidi!!
ma ho gustato una notte d’amor!!!
Alvise
Contumelia di donna morente
al mio grave pensier non arriva;
già di faci il palagio è fulgente,
qui ci attende una notte giuliva.
Al festino fantastico e lieto
la mia pallida sposa verrà;
se l’oltraggio d’amor fu segreto,
la vendetta palese sarà.
E già che ai nuovi imeni
l’anima tua sospira, o indocil sposa,
ten viene e mira.
(la trascina verso la porta coperta)
Laura
Ove m’adduci?
Alvise
(con forza sollevando una drapperia, apparisce un catafalco illuminato da ceri)
Vieni!
Questo è il talamo tuo!
Laura
(inorridita)
Ah! orribil cosa!!
Serenata interna
(sulla laguna)
Ten va, serenata,
per l’aura serena,
ten va, cantilena,
per l’onda incantata.
Udite le blande
canzoni vagar,
il remo ci scande
gli accordi sul mar.
(entra Gioconda e s’appiatta dietro la colonna del proscenio. La serenata cessa per un momento)
Alvise
(estraendo una fiala)
Prendi questo velen; e già che forte
tanto mi sembri ne’ tuoi detti audaci,
con quelle labbra che succhiaro i baci,
suggi la morte.
{La tua condanna confido a te stessa;
non far che mal securo
voler t’arresti la mano perplessa,
non far che il mio pugnale ti percota
e insozzi i lari del tuo sangue impuro.}
Scampo non hai,
odi questa canzon? Morir dovrai
pria ch’essa giunga all’ultima sua nota.
(esce).
Serenata interna
La gaia canzon
fa l’eco languir,
e l’ilare suon
si muta in sospir.
Con vago miraggio
riflette la luna
l’argenteo suo raggio
sull’ampia laguna.
E in quel si sublima
riverbero pio,
patetica rima
creata da Dio.
Ten va, cantilena,
per l’aura serena,
ten va, serenata,
per l’onda incantata.
Udite le blande
canzoni vagar.
Il remo ci scande
gli accordi sul mar.
Ten va, serenata,
sull’onda incantata.
Il canto è la vita,
di sogni si pasce,
ai sogni c’invita,
dai sogni rinasce,
d’un’anima ignota
è l’eco fedel,
l’estrema sua nota
si perde nel ciel.
Scena V.
Laura e Gioconda.
Gioconda
(precipitando verso Laura, afferra il veleno che Laura ha tra le mani e le porge un’ampolla)
A me quel filtro! a te codesto! bevi!
Laura
Gioconda, qui?
Gioconda
Previdi la tua sorte,
per salvarti mi armai, ti rassicura.
Quel narcotico è tal, che della morte
finge il letargo… Angoscïosi, brevi
sono gl’istanti… bevi… a me la cura
lascia dell’opra. – Or via!!
Laura
Mi fai paura!
Gioconda
S’ei qui torna, t’uccide.
Laura
Atra agonia!
Gioconda
Prega per te quaggiù la madre mia,
nell’oratorio, i miei fidi cantori
son presso… ascolta.
Laura
Orror!!
Già la canzone muor!
Gioconda
Con essa muori!
La condanna t’è nota:
Pria ch’essa giunga all’ultima sua nota…
Laura
Porgi! ho bevuto.
(prende la fiala dalle mani di Gioconda, poi scompare dietro le cortine del fondo)
Gioconda
La fiala a me! oh gran Dio!!
(travasa il veleno d’Alvise nella fiala del sonnifero e lascia l’ampolla del veleno vuota sul tavolo. Esce precipitosa)
Scena VI.
Alvise solo, mentre la cadenza della serenata è alle ultime sue note. Osserva l’ampolla vuota sul tavolo.
[Alvise]
Tutto è compiuto!!
Vuoto è il cristal!
(entra nella cella funeraria, vi rimane un momento e torna in iscena)
Vola su lei la morte.
S’apra il festin! Vi spalancate, o porte!
(va verso l’ingresso del fondo)
Scena VII.
Entrano Cavalieri e Dame. Alvise sarà alla porta ricevendo e complimentando chi entra. Il Paggio gli sta accanto. Gioconda con Barnaba. Più tardi Enzo mascherato.
Alvise
Benvenuti messeri! Andrea Sagredo!
Erizzo, Loredan! Venier! Chi vedo?
Isèpo Barbarigo, a noi tornato
dalla pallida China! e il ben amato
cugino mio Partecipazio! O quanti
bei cavalieri!… Belle dame! Avanti,
avanti! e voi, vispi cantori e maschere,
presto sciogliete le carole e i canti.
Coro generale
A Cà d’Oro!!
Su, cantiamo l’allegro coro! –
È Cà d’Oro illuminata,
co’ suoi rai la notte indora,
par al reggia d’una fata,
pare i ltempio dell’Aurora.
Tanto splende il gaio ostel,
che d’intorno i suoi fanali
vanno errando e abbrucian l’ali
anche gli angeli del ciel. –
Alvise
(a Gioconda)
Nella pazza baraonda
anche tu balda figliuola!
Gioconda
M’invitaste ier! Gioconda
è fedele alla parola.
Gentiluomini
Cortesia, virtù, decoro,
qui s’accoglie e regna ognor!
Gentildonne
Inneggiate alla Cà d’Oro,
è il santuario dell’onor!
Tutti
Inneggiamo alla Cà d’Oro,
è il santuario dell’onor!
Alvise
Grazie vi rendo per le vostre laudi,
cortesi amici. A più leggiadri gaudi
ora v’invito. Ecco una mascherata
di vaghe danzatrici. – Ognuna è ornata
di bellezza e fulgore
e tutte in cerchio rappresentan l’ore.
Incomincia la danza.
Gentiluomini
Prodigio!
Gentildonne
Incanto!
Cantori
Tripudio!
Gentiluomini
Esultanza!
Danza delle ore.
Le Ore del Mattino – del Giorno – della Sera – della Notte.
Alvise
(appena terminate le danze, con suprema dignità)
Ora la mia storia udite al vivo raggio
di mille faci e di voi tutti a fronte
favella Badoër. L’estremo oltraggio
ebbi da donna che fu mia. Quest’onte
come dagli altri si tergano ignoro.
M’è noto sol che la veneta legge
m’approva e la Giustizia di Cà d’Oro.
(dirigendosi verso al cella funeraria)
Voi tutti a me! Là, dove Alvise regge,
così punisce. – S’apra questa porta.
(alza la cortina)
Ecco la sposa mia!!
Tutti
Ah! morta!
Enzo
Morta!!
(slanciandosi verso Alvise)
Carnefice! su, compi il tuo delitto,
io quella donna amai!
Gioconda
(fa per frenare Enzo ma Barnaba la trattiene)
Pietà!
Alvise
Ribaldo!
Enzo
(si smaschera)
Guardami in faccia! io sono il tuo proscritto,
Enzo Grimaldo
Prence di Santafior!!
Alvise
Audacia!!
Gioconda
Orror!!
Enzo
(Quella donna immota e smorta
che ravvolge un bianco vel,
o assassini è la mia morta,
l’angiol mio dolce e fedel!
Su di me piombi la scure,
s’apra il baratro fatal,
e mi guidin le torture
all’imene celestial).
Gioconda
(Scorre il pianto a stilla a stilla
nel silenzio del dolor.
Piangi, o turgida pupilla,
Mentre sanguina il mio cor.
Ma il martirio che mi strazia
giunto al colmo ancor non è,
Dio tremendo la mia grazia
ora imploro alfin da te).
Alvise
(ad Enzo)
Nel fulgor di questa festa
mal venisti, o cavalier,
par che sia per te funesta
l’allegria dei Badoer!
(a Gioconda)
Perché stai meditabonda,
muta e pallida così?
La canzon della Gioconda
oggi ancora non s’udì.
Barnaba
(a Gioconda)
Cedi alfin, della mia mano
vedi qui l’opra fatal.
Mi paventa! un genio arcano
mi trascina verso il mal.
(ad Enzo)
L’uomo vorria pagar col sangue
una sola ora d’amor.
Tu l’avesti! e ancora l’angue
t’arrovella del furor!?
Coro
Tetri eventi! Audacie orrende!
Spaventevole festin!
Come rapida discende
la valanga del destin!!
Alvise
Ed or rimbombi di bronzo funerale,
e per le piazze i banditori intorno
corrano ad annunziar questa fatale
morte di Laura Badoero-Adorno.
(a Barnaba)
Il Principe s’arresti. (Io te lo affido).
(Enzo è circondato dalle guardie)
Gioconda
(a Barnaba, presto)
(Barnaba! se lo salvi e adduci al lido
della Giudeca,
il misero mio corpo t’abbandono!!
Barnaba
(a Gioconda)
Accetto il patto e il disperato dono).
(s’odono i lenti rintocchi di una campana. Un grido di dentro)
Coro
Qual tumulto!…
Altri
Qual grido!
Scena VIII.
La Cieca e detti.
I Cantori
È la Cieca!
Tutti
La Cieca!
Barnaba
(ridendo)
Ah! ah! la Cieca!
La Cieca
Piangon le squille e la funèbre grida
a vendicar mi guida
una vittima pia d’un uom feroce.
Gioconda
(correndo a sostenere la madre. Barnaba ride)
Madre!
La Cieca
(svincolandosi da Gioconda)
Mi lascia! Ho udito la sua voce.
Barnaba
Ah! Ah!
La Cieca
Ride… l’ho udito.
Mi guida il ciel! contr’esso appunto il dito!
Tutti
Barnaba!
La Cieca
È un delator!
(la Cieca avanzandosi lentamente)
Donne
Stupor!
Uomini
Stupor!
Tutti
(a bassa voce)
Sta Iddio nel suo cammino!
La Cieca
(puntando il dito sul petto di Barnaba che inorridisce e fa per celarsi)
È questo l’assassino!
(movimento generale)
(Gioconda si slancia verso la madre)
Coro e Alvise
Si scacci – si scacci la strige furente,
l’orrenda befàna che offenderci ardì.
La strega bestemmia – farnetica, mente,
si scacci da qui.
Enzo e la Cieca
Iniqui! aggiungete delitto a delitto,
iniqui! esultate nell’orgia crudel!
Ma il vostro castigo, tiranni, sta scritto
fra gli astri del ciel!
Gioconda
(ad Alvise e Gentiluomini)
Clemenza! clemenza per l’egra vegliarda!
sull’esil suo capo scatenasi il tuon.
Dall’alto v’esorta, dall’alto vi guarda
il Dio del perdon.
Barnaba
(ridendo)
Ah! ah! giuro al cielo che adesso l’ho colta
la vecchia megera che ier si salvò.
Caduta è in mia mano, ah! ah! questa volta
sfuggirmi non può.
(la Cieca è scacciata dal Coro. Gioconda va per soccorrere la madre, ma vedendo Enzo trascinato dalle guardie rimane per un momento sospesa in una terribile perplessità; intanto Barnaba afferra per mano la Cieca, e giovandosi del tumulto, senz’essere visto spinge la vecchia dietro la porta segreta).
Atto quarto
Il Canal Orfano.
L’atrio di un palazzo diroccato nell’isola della Giudeca. Nell’angolo di destra un paravento disteso, dietro il quale sta un letto. – Un gran portone di riva nel fondo da cui si vedrà la laguna e la piazzetta di San Marco illuminata a festa. – Una immagine della Madonna ed una croce appese al muro. – Un tavolo, un canapè, sul tavolo una lucerna ed una lanterna accese, un’ampolla di veleno, un pugnale. – Sul canapè varii adornamenti scenici di Gioconda. – A destra della scena una lunga e buia calle.
Scena I.
Gioconda sola, cupamente assorta ne’ suoi pensieri.
(intanto dal fondo della calle si avanzano due uomini che portano in braccio Laura avvolta in un mantello nero. Battono all’uscio. Gioconda si scuote e va ad aprire. Entrano).
Gioconda
Nessun v’ha visto?
I.° Cantore
Nessuno.
Gioconda
Sul letto
la deponete.
(Gioconda va al paravento. Laura è deposta sul letto)
Cantore
{Ad un’occulta riva
sbarcati siam per evitar gl’incontri.
Gioconda
Sta ben. E quando fu sepolta?
Cantore
A vespro.
Gioconda
E quanto tempo giacque?
Cantore
In circa un’ora.
Gioconda
Era vasto l’avel?
Cantore
Vasto.
Gioconda
I compagni
verranno questa notte?
Cantore
Sì.}
Gioconda
Ecco l’oro
che vi promisi.
Cantore
Nol vogliam… gli amici
prestan opra da amici.
Gioconda
(mutando accento e supplicando)
O pïetosi,
per quell’amor che v’ha creati, un’altra
grazia vi chiedo. Nella scorsa notte
mi scompariva la mia cieca madre,
già disperata la cercai, ma invano.
Deh! scorrete le vie, le piazze, e l’orme
della mia vecchierella Iddio v’insegni.
Doman, se la trovate, a Canareggio
v’aspetterò. Quest’antro di Giudecca
fra brev’ora abbandono.
Cantori
A noi t’affida.
(Gioconda stringe ad essi la mano; escono da dove sono entrati)
Scena II.
Gioconda sola presso il tavolo guarda il pugnale, lo tocca, poi prende l’ampolla del veleno.
[Gioconda]
Suicidio!… in questi
fieri momenti
tu sol mi resti,
tu sol mi tenti.
Ultima voce
del mio destin,
ultima croce
del mio cammin.
E un dì leggiadre
volavan l’ore;
smarrii la madre,
perdei l’amore,
vinsi l’infausta
gelosa febre!
Or piombo esausta
fra le tenebre!…
Tocco alla mèta…
domando al ciel
di dormir queta
dentro l’avel.
(guardando ancora l’ampolla)
Ecco, il velen di Laura, a un’altra vittima
era serbato! io lo berrò! – Quand’esso
questa notte qui giunga, io non vedrò
il loro immenso amplesso;
ma chi provvede alla lor fuga? ah! no!
(getta il veleno sul tavolo)
No, tentator, lungi da me! conforta,
anima mia, le tue divine posse!
Laura è là… là sul letto… viva… morta…
nol so… se spenta fosse!!!
Io salvarla volea, mio Dio lo sai!
Pur, s’ella è spenta!?… un indistinto raggio
mi balena nel cor… vediam… coraggio.
(prende la lanterna, fa per avviarsi al letto e poi si pente)
No… no… giammai, giammai!
No, non mi sfugga questo dubbio arcano!
Ma s’ella vive? ebben… Laura è in mia mano…
(biecamente)
siam soli – è notte – né persona alcuna
saper potrìa… profonda è la laguna…
Una voce lontana sull’acqua
Ehi! dalla gondola,
che nuove porti?
Altra voce più lontana
Nel Canal Orfano
ci son de’ morti.
Gioconda
Orrore! orrore!! orrore!!!
Sinistre voci! illuminata a festa
splende Venezia nel lontano… in core
già si ridesta
la mia tempesta
immane! furibonda!
O amore! amore!!
Enzo! pietà!…
(al culmine della disperazione si getta accasciata accanto al tavolo)
Scena III.
Intanto si vedrà Enzo venir dalla calle, trova la porta socchiusa, entra.
Enzo
Gioconda!
Gioconda
Enzo!… sei tu!
Enzo
(cupamente)
Dal carcere
m’hai tratto; e i miei legami
sciogliesti, e armato e libero
qui son. Da me che brami?…
Gioconda
(con accento d’esaltazione straziante)
Da te che bramo? ahi! misera!
Ridarti il sol, la vita!
la libertà infinita!
la gioia e l’avvenir!
l’estatico sorriso,
l’estatico sospir!
l’amor… il paradiso!!
(Gran Dio! fammi morir!)
Enzo
Donna! col tuo delirio
tu irridi a un moribondo,
per me non ha più balsami
l’amor, né raggi il mondo.
Addio…
Gioconda
Che fai?
Enzo
Non chiedere.
Gioconda
(afferrandolo)
Resta… M’ascolta.
Enzo
(svincolandosi)
Cessa.
Gioconda
Tu vuoi morir per essa!
Enzo
Si, sul suo santo avel
baciare anco una volta
la povera sepolta.
Gioconda
(con possente ironia)
Ebben, corri al tuo voto,
eroe mesto e fedel!
L’avel di Laura è vuoto;
io l’ho rapita!
Enzo
O ciel!
(con un grido)
No, menti, menti…
Gioconda
(accennando alla croce appesa al muro)
Giuro,
giuro su quella croce.
Enzo
No: la bestemmia atroce
tergi dal labbro impuro!
di’ che hai mentito!
Gioconda
(con fierezza, poi supplichevole)
Il vero
dissi! il furor… deh! frena!
Enzo
O furibonda jena
che frughi il cimitero!
o maledetta Eumenide,
gelosa della morte,
dimmi ove celi l’angelo
mio dalle guance smorte.
Parla! o in quest’ora lùgubre
convien che qui tu muoia…
Vedi! già brilla il fulmine
del mio pugnal…
(sguainando il suo pugnale e afferrando Gioconda)
Gioconda
(Oh gioia!
m’uccide!)
Enzo
I tenebrori
del tuo mister saprò.
Parla…
Gioconda
No.
Enzo
Parla.
Gioconda
No.
Enzo
Ebben… infame… muori!
(per ferirla)
Scena IV.
Laura, Gioconda, Enzo.
Laura
(dall’alcova)
Enzo!
Enzo
Chi è là!
Gioconda
(atterrita)
Mio Dio!
Laura
(comparendo)
Enzo! amor mio!
Ah! il cor mi si ravviva…
respiro all’aura…
(Enzo immobile, trasognato)
Enzo, vieni… sei tu, vieni… son viva!
Enzo
(slanciandosi; abbracciando Laura)
Laura! ciel! non deliro! Ah! Laura! Laura!
Gioconda
(avviluppandosi la testa nel suo manto)
(Nascondili, o tenebra!)
Laura
(guardando verso Gioconda)
Ahimè! quell’ombra
è Alvise… fuggi…
Enzo
No, il terror disgombra.
Laura
(avvicinandosi riconosce Gioconda che si sarà scoperta)
Sei tu?! costei salvò la vita a me.
Enzo
Fanciulla santa!
Ch’io mi ti prostri ai piè.
(Laura ed Enzo cadono in ginocchio davanti a Gioconda)
(Quadro)
Voci lontane
Ten va, serenata,
per l’aura serena,
ten va, cantilena,
per l’onda incantata.
Udite le blande
canzoni vagar,
il remo ci scande
gli accordi sul mar.
Il canto è la vita,
di sogni si pasce,
ai sogni c’invita,
nei sogni rinasce,
d’un’anima ignota
è l’eco fedel,
l’estrema sua nota
si perde nel ciel.
Gioconda
(con calma dolcissima)
Questa canzone ti rammenti, o Laura?
È la canzone della tua fortuna.
Essa viene vêr noi. Attenti udite,
fratelli miei, quei rematori in salvo
v’addurran questa notte. Per la fuga
tutto provvidi cautamente. {Alzate
le vostre fronti, ch’io veda il sorriso
ch’io vi creai. No, d’attristar Gioconda
più non temete… amatevi…
ho il cuore rassegnato.
Nessuno è qui colpevole,
so che l’amore è un fato!}
Enzo e Laura
(al colmo della commozione)
Oh! benedetta!
Gioconda
(sempre con maggior fretta)
Basta! il tempo fugge!
La barca s’avvicina… i miei compagni
vi condurran prima dell’alba al lido
dei Tre Porti…{ed appena giunti a terra
domanderete due corsieri e lesti.}
Verso Aquileja drizzerete il volo,
e di là poco lunge il suol d’Illiria
vi splenderà liberamente in viso.
(a Laura)
{Tu per lenir il trepido vïaggio
gli narrerai la tua ventura. Addio…}
Ecco la barca… il mio mantel t’asconda.
(si vede la barca del cantori che s’arresta alla riva. Gioconda si toglie il mantello di dosso e copre Laura; poi scorge al collo di Laura il rosario)
Che vedo là! Il rosario! oh sommo Dio!
Così dicea la profezia profonda:
A te questo rosario
che le preghiere aduna,
io te lo porgo, accettalo,
ti porterà fortuna…
E così sia! quest’ultimo
bacio che il pianto innonda
v’abbiate in fronte, è il povero
bacio del labbro mio.
Talor nei vostri memori
pensieri alla Gioconda
date un ricordo. Amatevi…
lieti vivete… Addio!
Enzo e Laura
Sulle tue mani l’anima
tutta stempriamo in pianto.
No, mai su queste lagrime
non scenderà l’oblio.
Ricorderem la vittima
del sacrificio santo.
Ti benedican gli angeli.
Addio… Gioconda. – Addio.
(sull’ultimo verso Laura ed Enzo avranno già un piede sulla barca. – Quadro. – Partono. – Pausa)
Scena V.
Gioconda sola, poi Barnaba nella calle.
Gioconda
(afferra l’ampolla del veleno)
Ora posso morir. Tutto è compiuto.
Ah no! mia madre! aiuto!
aiuto, o santa Vergine!
Troppi dolori sovra un solo cuore!
Vo’ ricercar mia madre!… Oh! mio terrore!
(colta da un pensiero improvviso)
Il patto or mi rammento! Ah! la paura
di Barnaba m’agghiaccia!
Qui riveder l’orribile sua faccia!
(corre all’immagine della Madonna e si prostra)
Vergine Santa, allontana il Demonio!!!
Barnaba
(viene dalla calle, si ferma alla porta socchiusa e sta spiando)
Il ciel s’oscura.
(scompare la luna)
Prega! ed essa non sa qual testimonio
dell’orazion la guarda.
Gioconda
Vergine Santa, allontana il Demonio…
Ebben, perché son così affranta e tarda,
la fuga è il mio riscatto!
Barnaba
(Ah! vuol fuggir…)
(mentre Gioconda fa per fuggire s’incontra con Barnaba che spalanca l’uscio ed entra)
Scena ultima.
Gioconda e Barnaba.
Barnaba
(terribilmente)
Così mantieni il patto?
Gioconda
(prima atterrita, poi con coraggio estremo sino alla fine)
Sì, il patto mantengo – lo abbiamo giurato,
Gioconda non deve – quel giuro tradir.
Che Iddio mi perdoni – l’immenso peccato
che sto per compir!
Barnaba
(fra sé)
Ebbrezza! delirio! Mio sogno supremo!
ti colgo e repente quest’arido cuor
s’innonda di gioia! già palpito e tremo
ai rai dell’amor!
Gioconda
(a Barnaba che fa per avvicinarsi)
Raffrena il selvaggio delirio! t’arresta.
Vo’ farmi più gaia, più fulgida ancor.
Per te voglio ornare la bionda mia testa
di porpora e d’or!
(va ad ornarsi)
Con tutti gli orpelli sacrati alla scena
dei pazzi teatri coperta già son.
Ascolta di questa sapiente sirena
l’ardente canzon.
T’arresta, che temi? mantengo il mio detto,
non mento, non fuggo, tradirti non vo’.
Volesti il mio corpo, dimon maledetto?
E il corpo ti do!
(si trafigge nel cuore col pugnale che avrà raccolto furtivamente nelle vesti adornandosi e piomba a terra come fulminata)
Barnaba
Ah! ferma! irrisïon!… ebben… or tu…
m’odi… e muori dannata:
(curvandosi sul cadavere di Gioconda e gridandogli all’orecchio con voce furibonda)
Ier tua madre m’ha offeso! Io l’ho affogata!
Non ode più!!
(esce precipitosamente e scompare nelle tenebre della calle).
(Cade la tela)