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PRIN 2012 - Accademia della Crusca
L'esercizio abusivo della professione di promotore finanziario: il caso della negoziazione di titoli in proprio
Le norme che puniscono l'abusivismo finanziario e bancario sono poste a tutela della riserva di attività a soggetti i cui requisiti di stabilità e affidabilità patrimoniale, legittimità, onorabilità e adeguatezza sono sottoposti ad un previo controllo amministrativo. Il caso in esame costituisce un'ipotesi di negoziazione di titoli per conto proprio o per conto altrui da parte di soggetti non iscritti nell'albo dei promotori finanziari, e precisamente da parte di un promotore finanziario non più iscritto all'albo dei promotori e dalla moglie. La Corte di Cassazione afferma che debbano essere individuati i requisiti taciti dello svolgimento dell'attività in modo professionale e dell'offerta al pubblico degli strumenti finanziari, recuperando sistematicamente i requisiti taciti della professionalità e pubblicità dell'offerta - invero non espressamente previsti dall'art. 166 T.u.f. - attraverso il rinvio all'art. 18 T.u.f., norma che pone il principio della "riserva dell'attività". La Suprema Corte avalla inoltre l'inquadramento della fattispecie nell'ambito del primo comma dell'art. 166 T.u.f. e precisamente nell'ambito della lettera c) che punisce il collocamento a distanza. Tuttavia dal medesimo riferimento all'art. 18 T.u.f. si deve desumere che l'esercizio abusivo di attività finanziarie è riservato a enti collettivi, quali SIM, banche o altre imprese i quali debbono operare necessariamente per il tramite di operatori finanziari regolarmente iscritti all'albo. Pertanto sarebbe stato più corretto l'inquadramento del caso in esame nell'ambito della fattispecie prevista dal secondo comma dell'art. 166 T.u.f. che punisce, con la medesima pena prevista al primo comma, l'esercizio abusivo dell'attività di promotore finanziario, quale ipotesi speciale di esercizio abusivo di una professione (art. 348 c.p.). In questa prospettiva, la Corte avrebbe dovuto allinearsi all'orientamento giurisprudenziale posto dalle Sezioni Unite in tema di art. 348 c.p., il quale distingue a seconda che siano compiuti atti "riservati" in via esclusiva o siano compiuti atti "caratteristici" di una professione, richiedendosi solo in questo caso il requisito della abitualità e ripetizione di più di un atto.