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PRIN 2012 - Accademia della Crusca
Platone, maestro di bioetica?
Platone, un filosofo che ha considerato molti problemi antropologici fondamentali, può servire come punto di riferimento per giudicare argomenti in ambito bioetico? Il presente lavoro tenta di rispondere a tale quesito. Si presenta, inizialmente, la cosmovisione globale e l'antropologia di Platone. Queste risultano necessarie sia per inquadrare la concezione platonica della medicina, della salute e dell'agire medico, sia per conoscere le sue proposte circa argomenti attuali, come l'aborto, l'eutanasia e l'eugenismo. Si cerca quindi di offrire un giudizio il più possibile preciso delle affermazioni platoniche per illuminare alcune discussioni attuali in ambito bioetico. Secondo i risultati ottenuti, si possono segnalare due limiti di fondo delle proposte di Platone: l'individualismo e l'utilitarismo. Questi limiti conducono alla accettazione sia dell'eutanasia passiva neonatale (prassi normale nel mondo antico), sia dell'aborto per motivi di controllo demografico, sia dell'abbandono alla loro sorte dei malati inguaribili. Viceversa, alla luce dei testi considerati, Platone non sembrerebbe essere un difensore dell' eutanasia "attiva" degli anziani e degli infermi terminali né avrebbe proposto l'eliminazione dei malati mentali. Ugualmente Platone non sembra essere riuscito ad individuare un'ottimale tipologia di rapporto medico-paziente. Solo con l'arrivo della fede cristiana l'umanità è riuscita a scoprire il senso del dolore ed il suo valore sia per la crescita della persona, sia per il bene dell'intero corpo sociale. In questo modo ha potuto superare le spinte eugenetiche, abortistiche ed eutanasiche del mondo antico che, tuttavia, rinascono oggi proprio per la perdita di questi valori che erano stati assunti dal mondo occidentale grazie al Cristianesimo.