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PRIN 2012 - Accademia della Crusca
Regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398.
Approvazione del testo definitivo del Codice di Procedura Penale.
Vittorio Emanuele III per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d'Italia Vista la legge 24 dicembre 1925, n. 2260, che delega al Governo del Re la facoltà di emendare il codice di procedura penale; Sentito il parere della Commissione parlamentare, a' termini dell'art. 2 della legge predetta; Udito il Consiglio dei Ministri; Sulla proposta del Nostro Guardasigilli, Ministro Segretario di Stato per la giustizia e gli affari di culto; Abbiamo decretato e decretiamo:
Art. 1.
Il testo definitivo del codice penale portante la data di questo giorno è approvato ed avrà esecuzione a cominciare dal 1° luglio 1931.
Art. 2.
Un esemplare del suddetto testo definitivo del codice di procedura penale, firmato da Noi e contrassegnato dal Nostro Ministro Segretario di Stato per la giustizia e gli affari di culto, servirà di originale e sarà depositato e custodito nell'Archivio del Regno.
Art. 3.
La pubblicazione del predetto codice si eseguirà col trasmettere un esemplare stampato a ciascuno dei Comuni del Regno, per essere depositato nella sala comunale, e tenuto ivi esposto, durante un mese successivo, per sei ore in ciascun giorno, affinchè ognuno possa prenderne cognizione.
Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a S. Rossore, addì 19 ottobre 1930 - Anno VIII
Vittorio Emanuele
Mussolini - Rocco.
Visto, il Guardasigilli: Rocco.
Registrato alla Corte dei conti, addì 22 ottobre 1930-VIII
Atti del Governo, registro 301, foglio 57. - Mancini
Codice di procedura penale
Libro primo
Disposizioni generali
Titolo primo.
Delle azioni.
Capo I.
Dell'azione penale.
Art. 1.
(Officialità dell'azione penale)
L'azione penale è pubblica e, quando non sia necessaria la querela, la richiesta o l'istanza, è iniziata d'ufficio in seguito a rapporto, a referto, a denuncia o ad altra notizia del reato.
Art. 2.
(Obbligo del rapporto in generale)
Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria debbono fare rapporto di ogni reato del quale vengono comunque a conoscenza, salvo che si tratti di reato punibile a querela dell'offeso.
Gli altri pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio, che, nell'esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia di un reato, sono obbligati a farne rapporto, salvo che si tratti di reato punibile a querela dell'offeso.
Il rapporto è presentato, senza ritardo, al procuratore del Re o al pretore.
Il rapporto espone succintamente il fatto con tutte le circostanze che possono interessare il procedimento penale; dà notizia di tutti gli elementi di prova raccolti e, quando è possibile, contiene le generalità di chi è indicato come reo, della persona offesa dal reato e dei testimoni, o quant'altro valga alla loro identificazione.
Art. 3.
(Rapporti concernenti reati che risultano in procedimenti civili, amministrativi o disciplinari)
Quando nel corso di un giudizio civile apparisce alcun fatto, nel quale può ravvisarsi un reato perseguibile d'ufficio, il giudice deve farne rapporto al procuratore del Re, trasmettendogli le informazioni e gli atti occorrenti. Altrettanto deve fare trattandosi di un reato non perseguibile d'ufficio, qualora sia presentata querela, richiesta o istanza all'Autorità competente.
Se viene iniziata l'azione penale, e la cognizione del reato influisce sulla decisione della controversia civile, il giudizio civile è sospeso, quando la legge non dispone altrimenti, fino a che sia pronunciata nell'istruzione la sentenza di proscioglimento non più soggetta a impugnazione o nel giudizio la sentenza irrevocabile, ovvero sia divenuto esecutivo il decreto di condanna.
Le disposizioni precedenti si applicano anche ai giudizi davanti alle giurisdizioni amministrative e ai giudizi disciplinari davanti alle pubbliche Autorità.
Quando l'azione penale è già in corso, il giudice civile o amministrativo o la pubblica Autorità che procede disciplinarmente ordina la sospensione del giudizio.
Art. 4.
(Referto)
Chi ha l'obbligo del referto deve presentarlo entro ventiquattro ore o, se vi è pericolo nel ritardo, immediatamente, al procuratore del Re, al pretore o a qualsiasi ufficiale di polizia giudiziaria del luogo in cui ha prestato la propria opera od assistenza o in loro mancanza all'ufficiale di polizia giudiziaria più vicino.
Il referto indica la persona o le persone che hanno determinato l'intervento del referente, il luogo, il tempo e le altre circostanze dell'intervento, il luogo in cui attualmente trovasi l'offeso e, se è possibile, le generalità di questo o quant'altro valga ad identificarlo; dà inoltre tutte le notizie che servono a stabilire le circostanze, le cause del delitto, i mezzi con i quali fu commesso e gli effetti che ha cagionato o può cagionare.
Qualora più persone abbiano prestato la loro opera od assistenza nella medesima occasione, sono tutte parimenti obbligate a presentare il referto, che può farsi con atti separati ovvero con unico atto da tutte sottoscritto, senza che l'omissione del referto da parte di taluno degli obbligati possa in alcun caso ritardare l'azione dell'Autorità giudiziaria.
Art. 5.
(Richiesta di procedimento)
Nei casi in cui, per promuovere l'azione penale, è necessaria la richiesta, questa è presentata per iscritto a qualsiasi ufficio del pubblico ministero, che provvede a trasmetterla all'ufficio competente.
Art. 6.
(Istanza di procedimento)
L'istanza di procedimento è presentata con le forme della querela.
L'istanza può essere presentata anche a un Regio agente consolare all'estero il quale, provveduto quando occorre all'identificazione di chi l'ha presentata, trasmette direttamente gli atti al competente ufficio del pubblico ministero, certificando la data della presentazione.
Art. 7.
(Denuncia)
Ogni persona, anche diversa dall'offeso, che ha notizia di un reato perseguibile d'ufficio, può farne denuncia al procuratore del Re, al pretore o ad un ufficiale di polizia giudiziaria.
La legge determina i casi nei quali la denuncia è obbligatoria.
Art. 8.
(Formalità della denuncia)
Per la denuncia si osserva la disposizione dell'ultimo capoverso dell'articolo 2, in quanto è applicabile.
La denuncia può essere presentata per iscritto od oralmente, anche per mezzo di procuratore speciale.
La denuncia presentata per iscritto deve essere sempre sottoscritta dal denunciante o dal suo procuratore speciale.
Quando si tratta di delazioni anonime, si applica la disposizione dell'articolo 141.
Il pubblico ufficiale che riceve una denuncia, assunte quando occorre sommarie informazioni, la trasmette senza ritardo al procuratore del Re o al pretore competente.
Art. 9;.
(Querela)
Il diritto di querela si esercita mediante dichiarazione fatta personalmente o per mezzo di procuratore speciale all'Autorità alla quale può essere presentata denuncia, nei modi per questa stabiliti.
Art. 10.
(Formalità della querela)
La dichiarazione orale di querela non produce effetti, se il processo verbale in cui è ricevuta non è sottoscritto dal querelante o dal procuratore speciale.
L'Autorità che ha ricevuto la dichiarazione scritta di querela provvede quando occorre all'identificazione del querelante.
Art. 11.
(Curatore speciale per la querela)
Nel caso preveduto dall'articolo 121 del codice penale il termine per la presentazione della querela decorre dal giorno della nomina del curatore speciale. Alla nomina provvede con decreto motivato il presidente del tribunale del luogo in cui l'offeso si trova, su richiesta del procuratore del Re. Il pretore provvede d'ufficio per i reati di sua competenza. In ogni caso la nomina può essere promossa dagli istituti o dalle società che hanno per scopo la cura, l'educazione, la custodia o l'assistenza dei minorenni.
Il curatore speciale ha pure la facoltà di costituirsi parte civile nell'interesse della persona offesa.
Se la necessità della nomina del curatore speciale sopravviene dopo la presentazione della querela, provvede il presidente della corte o del tribunale o il pretore, davanti al quale si svolge o deve svolgersi il giudizio.
Art. 12.
(Inammissibilità della querela dopo proposta l'azione civile)
La querela non è più ammessa quando chi avrebbe avuto diritto di presentarla ha proposto davanti al giudice civile l'azione per le restituzioni o per il risarcimento del danno ovvero ha fatto transazione sul danno.
Art. 13.
(Rinuncia all'esercizio del diritto di querela)
La rinuncia espressa all'esercizio del diritto di querela preveduta dall'articolo 124 del codice penale è fatta personalmente o per mezzo di procuratore speciale, con dichiarazione sottoscritta, rilasciata all'interessato o ad un suo rappresentante. La dichiarazione può essere fatta anche oralmente davanti ad un ufficiale di polizia giudiziaria o ad un notaio, che, accertata quando occorre l'identità del rinunciante, ne compila processo verbale. Questo non produce effetti se non è sottoscritto dal dichiarante.
Qualora la rinuncia venga sottoposta a termini o a condizioni, la dichiarazione non produce effetti.
Con la stessa dichiarazione può essere fatta rinuncia anche all'azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno.
Art. 14.
(Remissione della querela)
La remissione della querela può essere fatta ed accettata personalmente o per mezzo di procuratore speciale, con dichiarazione presentata all'Autorità procedente ovvero ad un ufficiale di polizia giudiziaria, che deve trasmetterla immediatamente alla predetta Autorità.
La dichiarazione di remissione e quella di accettazione sono fatte con le forme stabilite nell'articolo precedente.
Il curatore speciale menzionato nell'ultimo capoverso dell'articolo 155 del codice penale è nominato nei modi indicati nell'articolo 11.
Le spese del procedimento sono a carico del remittente. Se i remittenti sono più, tutti sono obbligati in solido verso lo Stato.
Nell'atto di remissione può essere convenuto che le spese siano in tutto o in parte a carico del querelato o dei querelati, ma ciò non pregiudica il diritto dello Stato di esigere direttamente dal remittente o dai remittenti il pagamento delle spese medesime.
Art. 15.
(Autorizzazione a procedere)
Nei procedimenti per i quali è necessaria un'autorizzazione, questa è richiesta dal pubblico ministero, prima che sia emesso alcun mandato.
Se l'imputato è stato arrestato in flagranza, l'autorizzazione è richiesta immediatamente. In tal caso, quando si tratta di reato per il quale è obbligatoria l'emissione del mandato di cattura, è mantenuto provvisoriamente l'arresto.
Nello stesso modo si provvede se la necessità di richiedere l'autorizzazione sorge dopo che l'imputato è stato arrestato in seguito a mandato o ad ordine di cattura.
Se l'autorizzazione è negata, il giudice istruttore, a richiesta del pubblico ministero, dichiara con sentenza non doversi procedere per mancanza di autorizzazione.
Quando si procede contro più imputati per alcuni dei quali soltanto è necessaria l'autorizzazione e questa tarda ad essere conceduta, si può procedere nel frattempo al giudizio contro gli imputati per i quali l'autorizzazione non è necessaria.
L'autorizzazione una volta conceduta non può essere revocata.
Art. 16.
(Autorizzazione a procedere per reati commessi in servizio di polizia)
Non si procede senza autorizzazione del Ministro della giustizia contro gli ufficiali od agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria o contro i militari in servizio di pubblica sicurezza, per fatti compiuti in servizio e relativi all'uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica.
La stessa norma si applica alle persone che legalmente richieste hanno prestato assistenza.
L'autorizzazione è necessaria per procedere tanto contro chi ha compiuto il fatto, quanto contro chi ha dato l'ordine di compierlo.
Art. 17.
(Proscioglimento per difetto di una condizione di procedibilità. Riproponibilità dell'azione penale)
La sentenza, anche se divenuta irrevocabile, che dichiara non doversi procedere per mancanza o irregolarità della querela, della richiesta, dell'istanza o dell'autorizzazione, non impedisce l'esercizio dell'azione penale per il medesimo fatto e contro la stessa persona, se la querela, la richiesta, l'istanza o l'autorizzazione è in seguito regolarmente presentata.
La stessa disposizione si applica se la sentenza dichiara non doversi procedere per non essersi ancora verificata un'altra condizione di procedibilità.
Art. 18.
(Questioni penali pregiudiziali a un procedimento penale)
Quando la definizione di un procedimento penale dipende dalla definizione di un altro procedimento penale e non si può o non si ritiene opportuno provvedere all'unione dei medesimi, il primo procedimento è rinviato fino a che sia pronunciata la sentenza indicata nel primo capoverso dell'articolo 3.
Art. 19.
(Questioni di stato personale pregiudiziali a un giudizio penale)
Quando la decisione sull'esistenza di un reato dipende dalla risoluzione di una controversia sullo stato delle persone, l'esercizio dell'azione penale rimane sospeso fino a che su tale controversia sia pronunciata la sentenza indicata nella prima parte dell'articolo 21.
La sospensione è disposta anche d'ufficio con ordinanza in qualsiasi stato e grado del procedimento, appena il giudice riconosce l'esistenza e la serietà della controversia. La sospensione non impedisce gli atti urgenti d'istruzione.
Il pretore comunica immediatamente l'ordinanza di sospensione al procuratore del Re.
L'ordinanza è in ogni caso soggetta al ricorso per cassazione per il solo motivo dell'inesistenza delle condizioni che legittimano la sospensione. Tale ricorso può essere proposto soltanto dal procuratore del Re o dal procuratore generale presso la corte d'appello.
Il giudizio civile quando è necessario può essere anche promosso o proseguito dal pubblico ministero, citate tutte le parti interessate.
Art. 20.
(Altre questioni pregiudiziali a un giudizio penale)
Salvo quanto è stabilito nell'articolo precedente, qualora la decisione sull'esistenza di un reato dipenda dalla risoluzione di una controversia di competenza di un giudice civile o amministrativo, il giudice penale può anche d'ufficio con ordinanza rimettere tale risoluzione al giudice competente.
Questa facoltà può esercitarsi solo se la controversia non è di facile risoluzione e la legge non pone limitazioni alla prova del diritto controverso.
Nell'ordinanza con la quale viene disposta la rimessione il giudice assegna un termine, durante il quale è sospeso il procedimento penale. Il termine può essere prorogato per giusta causa una sola volta.
Se la proroga non è concessa, o se nel termine prorogato la controversia non è decisa con la sentenza indicata nel capoverso dell'articolo 21, il giudice anche d'ufficio con ordinanza revoca la sospensione. In tal caso con la sentenza il giudice decide su ogni elemento dell'imputazione.
Quando sulla controversia si trova già in corso il giudizio dinanzi a un giudice civile o amministrativo, il giudice può provvedere a' termini delle disposizioni precedenti.
Art. 21.
(Autorità del giudicato che decide la questione pregiudiziale civile o amministrativa)
La sentenza del giudice civile che anteriormente o posteriormente all'inizio del procedimento penale ha deciso una delle controversie prevedute dall'articolo 19, fa stato nel procedimento penale, quando abbia acquistato autorità di cosa giudicata.
La sentenza del giudice civile o amministrativo che anteriormente o posteriormente all'inizio del procedimento penale ha deciso fra le stesse persone una delle controversie prevedute dall'articolo 20, fa stato nel procedimento penale, quando abbia acquistato autorità di cosa giudicata e purché la legge non stabilisca limitazioni alla prova del diritto che era oggetto della controversia decisa con quella sentenza.
Capo II.
Dell'azione civile.
Art. 22.
(Legittimazione attiva e passiva all'esercizio dell'azione civile)
L'azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno può essere esercitata dalla persona alla quale il reato ha recato danno ovvero da chi la rappresenta per legge o in conseguenza di mandato generale o speciale e dal suo erede entro i limiti della quota ereditaria.
Essa può essere proposta contro chi ha commesso il reato e quando ne sia il caso anche contro il responsabile civile.
Art. 23.
(Esercizio dell'azione civile nel procedimento penale)
Le persone indicate nella prima parte dell'articolo precedente possono esercitare l'azione civile nel procedimento penale, costituendosi parte civile. Tuttavia il giudice penale non può decidere sull'azione civile, quando il procedimento si chiude con sentenza che dichiara non doversi procedere o che pronuncia assoluzione per qualsiasi causa.
Art. 24.
(Azione civile proposta in sede civile)
L'azione civile indicata nell'articolo 22, proposta davanti al giudice civile anteriormente al procedimento penale per reato non punibile a querela dell'offeso o nel corso del procedimento medesimo, può essere trasferita nel processo penale, fino a che in sede civile non sia stata pronunciata sentenza anche non definitiva. L'esercizio di tale facoltà produce di diritto la rinuncia dell'attore al giudizio civile. Il giudice penale provvede anche sulle spese del procedimento civile.
Se l'azione civile non è esercitata in sede penale, il giudizio civile è sospeso fino a che sull'azione penale sia pronunciata la sentenza indicata nel primo capoverso dell'articolo 3, salve le eccezioni stabilite dalla legge.
Art. 25.
(Relazioni tra il giudicato penale e l'azione civile)
L'azione civile non può essere proposta, proseguita o riproposta davanti al giudice civile o amministrativo, quando in seguito a giudizio è stato dichiarato che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso, o che il fatto fu compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima ovvero che non è sufficiente la prova che il fatto sussista o che l'imputato lo abbia commesso.
Art. 26.
(Divieto di riproporre l'azione civile)
Nel caso di condanna dell'imputato, l'azione civile già esercitata nel procedimento penale non può essere più proposta in sede civile o amministrativa, neanche limitatamente alla liquidazione dei danni. Può essere tuttavia riproposta per la liquidazione dei danni verificatisi successivamente alla sentenza di condanna e negli altri casi preveduti dalla legge.
Art. 27.
(Autorità del giudicato penale nel giudizio di danno)
Nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e per il risarcimento del danno, iniziato o proseguito contro il colpevole o contro il responsabile civile dopo la sentenza o dopo il decreto indicato nell'articolo seguente, la sentenza o il decreto ha autorità di cosa giudicata quanto alla sussistenza del fatto, alla sua illiceità e alla responsabilità del condannato. La stessa autorità di cosa giudicata spetta nel giudizio civile o amministrativo alla sentenza penale irrevocabile pronunciata in giudizio, con la quale viene conceduto il perdono giudiziale. Il giudice civile o amministrativo può conoscere anche dei danni verificatisi successivamente alla sentenza o al decreto.
Quando il responsabile civile non ha partecipato al giudizio penale, rimane impregiudicata la questione se egli debba rispondere del danno cagionato dal reato.
Art. 28.
(Autorità del giudicato penale in altri giudizi civili o amministrativi)
Fuori dei casi preveduti dall'articolo precedente, la sentenza penale irrevocabile di condanna o di proscioglimento pronunciata in seguito a giudizio e il decreto di condanna divenuto esecutivo hanno autorità di cosa giudicata nel giudizio civile o amministrativo, quando in questo si controverte intorno a un diritto il cui riconoscimento dipende dall'accertamento dei fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale, salvo che la legge civile ponga limitazioni alla prova del diritto controverso.
Titolo secondo.
Del giudice.
Capo I.
Della competenza per materia.
Art. 29.
(Competenza della corte d'assise)
Appartiene alla corte d'assise la cognizione dei delitti per i quali la legge stabilisce la pena di morte o dell'ergastolo, ovvero la reclusione non inferiore nel minimo a otto anni o nel massimo a dodici anni.
Art. 30.
(Competenza del tribunale)
Appartiene al tribunale la cognizione dei reati diversi da quelli indicati nell'articolo precedente, e che non sono attribuiti alla competenza del pretore.
Art. 31.
(Competenza del pretore)
Appartiene al pretore la cognizione dei reati per i quali la legge stabilisce una pena detentiva non superiore nel massimo a tre anni ovvero una pena pecunaria, sola o congiunta alla predetta pena detentiva, non superiore nel massimo a lire diecimila.
Tuttavia il procuratore del Re con provvedimento insindacabile può disporre, fino a che non sia per la prima volta aperto il dibattimento, la rimessione del procedimento al tribunale.
Art. 32.
(Regole per la determinazione della competenza)
Per determinare la competenza si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per ciascun reato consumato o tentato. Non si tien conto dell'aumento di pena dipendente dalla continuazione.
Delle circostanze aggravanti si tien conto, fatta eccezione per la recidiva e per le circostanze prevedute dal numero 2° dell'articolo 61 del codice penale.
Delle circostanze attenuanti non si tien conto, fatta eccezione per l'età.
Art. 33.
(Dichiarazione d'incompetenza per materia)
L'incompetenza per materia è dichiarata anche d'ufficio in ogni stato del giudizio. Non può essere dichiarata nel giudizio d'appello se l'eccezione d'incompetenza non è stata proposta nel giudizio di primo grado.
Nel dichiarare la propria incompetenza, se l'imputato non è detenuto, il giudice ha obbligo ovvero facoltà di emettere mandato d'arresto, quando la legge obbliga o autorizza il giudice competente a emettere mandato di cattura.
Art. 34.
(Nullità determinata dall'incompetenza per materia)
L'inosservanza delle norme sulla competenza per materia produce la nullità degli atti, ad eccezione di quelli che non possono essere rinnovati.
Tuttavia la nullità non ha luogo quando il giudice di competenza superiore ha giudicato di un reato attribuito ad un giudice di competenza inferiore, senza che sia stata chiesta la dichiarazione d'incompetenza.
Se il giudice che ha in tal modo conosciuto del reato ha anche competenza di secondo grado rispetto al giudice che sarebbe stato competente, contro la sentenza non è ammesso l'appello.
Art. 35.
(Incompetenza per materia dichiarata nel dibattimento di primo grado)
Nel dibattimento di primo grado, quando si procede in seguito a sentenza di rinvio a giudizio, se il giudice ritiene che il reato eccede la propria competenza per diversa definizione giuridica del fatto, pronuncia ordinanza con la quale ordina la trasmissione degli atti alla corte di cassazione per la risoluzione del conflitto. Quando il giudice ritiene che il reato eccede la propria competenza perchè il fatto è risultato nel dibattimento diverso o più grave di quello enunciato nella sentenza di rinvio, dichiara con sentenza la propria incompetenza e ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero.
Quando non si procede in seguito a sentenza di rinvio a giudizio, il giudice, se ritiene per qualsiasi causa che il reato eccede la propria competenza, dichiara con sentenza la propria incompetenza e ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero.
Art. 36.
(Provvedimenti relativi alla competenza per materia nel giudizio d'appello)
Se il pretore essendo incompetente ha deciso nel merito, il tribunale che in grado d'appello ne riconosce l'incompetenza ritiene il giudizio e decide nel merito, qualora il reato rientri nella sua competenza di primo grado; se non vi rientra, pronuncia sentenza con la quale annulla la sentenza del pretore ed ordina che gli atti siano trasmessi al pubblico ministero.
La corte d'appello, quando riconosce che il tribunale ha giudicato in primo grado di un reato di competenza del pretore nonostante la eccepita incompetenza, non può annullare per incompetenza la sentenza del tribunale, ma pronuncia nel merito in secondo grado, salvo che si tratti di decisione contro la quale non è ammesso l'appello.
Fuori dei casi predetti, il giudice d'appello, quando riconosce l'incompetenza per materia di quello di primo grado per qualsiasi causa, pronuncia sentenza con la quale annulla la sentenza di primo grado e ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero.
Art. 37.
(Decisioni della corte di cassazione sulla competenza per materia)
La corte di cassazione, se riconosce l'incompetenza per materia del giudice che ha deciso pronuncia l'annullamento con rinvio al giudice competente solo quando l'eccezione d'incompetenza è stata proposta durante il giudizio di merito.
La decisione della corte di cassazione sulla competenza ha autorità di cosa giudicata anche per quanto riguarda la definizione del reato rispetto al fatto stabilito con la sentenza impugnata, purché nel seguito del giudizio non risultino nuovi fatti o circostanze che modifichino la competenza.
Art. 38.
(Incompetenza dell'Autorità giudiziaria ordinaria)
Quando il giudice in qualsiasi stato e grado del procedimento ritiene che la cognizione del fatto non appartiene alla competenza dell'Autorità giudiziaria ordinaria, pronuncia sentenza anche d'ufficio con la quale ordina la trasmissione degli atti all'Autorità competente.
Quando la competenza di un giudice speciale è stata dichiarata dalla corte di cassazione la decisione della corte ha autorità di cosa giudicata anche se non pronunciata a sezioni unite.
Si applica la disposizione del capoverso dell'articolo 33.
Capo II.
Della competenza per territorio.
Art. 39.
(Regole generali per determinare la competenza per territorio)
La competenza per territorio è determinata dal luogo in cui il reato fu consumato.
Se si tratta di reato tentato è competente il giudice del luogo in cui fu compiuto l'ultimo atto diretto a commettere il reato. Se si tratta di reato continuato o permanente la competenza appartiene al giudice del luogo in cui cessò la continuazione o la permanenza.
Art. 40.
(Altre regole per determinare la competenza per territorio. Procedimenti riguardanti i minorenni)
Se la competenza non può essere determinata a norma dell'articolo precedente, è competente il giudice dell'ultimo luogo in cui si è verificata una parte dell'azione o dell'omissione che costituisce il reato. Se questo luogo non è noto è competente il giudice del luogo in cui fu eseguito l'arresto o il giudice che ha emesso un mandato ovvero un decreto di citazione a giudizio e in mancanza il giudice del luogo in cui fu compiuto il primo atto del procedimento. Nel caso di contemporaneità di atti il giudice superiore, indicato nell'articolo 48, designa il giudice che deve giudicare.
Se la competenza non può essere determinata in uno dei predetti modi è competente successivamente il giudice della residenza, della dimora o del domicilio dell'imputato.
Il procuratore generale presso la corte d'appello può con provvedimento insindacabile rimettere all'Autorità giudiziaria del luogo in cui ha sede la corte d'appello l'istruzione e il giudizio a carico di minori di anni diciotto, quando non vi sono imputati maggiori di tale età.
Art. 41.
(Competenza per i reati che si considerano commessi nel territorio dello Stato e per i reati commessi all'estero)
Se il reato fu commesso in parte nel territorio dello Stato e in parte all'estero, si procede nello Stato ed è competente il giudice del luogo dove avvenne in tutto o in parte l'azione o l'omissione o si verificò l'evento. Tale competenza è regolata dalle disposizioni dei due articoli precedenti.
Se il reato fu commesso interamente in territorio estero e si deve procedere nello Stato la competenza è determinata successivamente dal luogo della residenza, della dimora, del domicilio, dell'arresto o della consegna dell'imputato.
Nondimeno la corte di cassazione su richiesta del pubblico ministero può rimettere l'istruzione o il giudizio ad un giudice più vicino al luogo in cui il reato fu commesso.
Il giudice può valersi degli atti dell'Autorità straniera per il procedimento penale e, anche quando non si procede nello Stato, per applicare le misure di sicurezza e per provvedere alle restituzioni e al risarcimento del danno.
In tutti i casi preveduti dai capoversi precedenti gli ufficiali di polizia giudiziaria, il pubblico ministero e il giudice possono compiere gli atti necessari a raccogliere e conservare le prove anche se l'imputato non si trova nel territorio dello Stato.
Art. 42.
(Incompetenza per territorio)
Salvo quanto è disposto nel primo capoverso dell'articolo 439, in ogni stato dell'istruzione o immediatamente dopo compiute le formalità di apertura del dibattimento di primo grado, l'Autorità che riconosce la propria incompetenza per territorio trasmette gli atti a quella che è competente secondo le norme degli articoli precedenti. Il giudice provvede anche d'ufficio, con sentenza quando non sia applicabile l'articolo 53.
Tuttavia anche dopo la trasmissione l'Autorità che ha riconosciuto la propria incompetenza deve compiere gli atti urgenti d'istruzione.
Si applica la disposizione del capoverso dell'articolo 33, sostituito al mandato l'ordine d'arresto quando l'incompetenza è riconosciuta dal pubblico ministero.
Art. 43.
(Incompetenza per territorio rilevata in grado d'appello o di cassazione)
Il giudice d'appello, quando riconosce che il primo giudice era incompetente per territorio pronuncia sentenza con la quale dichiara l'incompetenza e ordina la trasmissione degli atti al giudice competente, purché l'eccezione d'incompetenza sia stata proposta nel giudizio di primo grado. Altrimenti decide nel merito senza rinnovazione del dibattimento se questa non è necessaria per altro motivo. La decisione sull'appello ha luogo anche se la competenza in primo grado spettava ad un giudice che non appartiene alla circoscrizione del giudice d'appello.
Se la corte di cassazione riconosce l'incompetenza per territorio del giudice che ha deciso pronuncia l'annullamento con rinvio al giudice competente solo quando l'eccezione d'incompetenza è stata proposta durante il giudizio di merito.
La decisione della corte di cassazione sulla competenza per territorio ha autorità di cosa giudicata.
Art. 44.
(Effetti della dichiarazione d'incompetenza per territorio)
La dichiarazione d'incompetenza per territorio non produce la nullità degli atti d'istruzione già compiuti.
Capo III.
Della connessione dei procedimenti e dei suoi effetti sulla competenza.
Art. 45.
(Casi di connessione)
Si ha connessione dei procedimenti nei casi seguenti: 1° se i reati per cui si procede sono stati commessi nello stesso tempo da più persone riunite o da più persone anche in tempi e luoghi diversi, ma in concorso tra loro, ovvero da più persone in danno reciprocamente le une delle altre; 2° se dei reati per cui si procede gli uni sono stati commessi per eseguire o per occultare gli altri o in occasione di questi ovvero per conseguirne o assicurarne al colpevole o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o l'impunità; 3° se una persona è imputata di più reati; 4° se la prova di un reato o di una circostanza di esso influisce sulla prova di un altro reato o di una sua circostanza.
Art. 46.
(Effetti della connessione sulla competenza per materia)
Se alcuno dei procedimenti connessi appartiene alla competenza della corte d'assise e gli altri alla competenza del tribunale o del pretore, la competenza appartiene per tutti alla corte d'assise; negli altri casi appartiene al tribunale, qualora alcuno dei procedimenti sia di sua competenza.
Se nell'istruzione si manifesta per alcuni imputati o per qualche reato la necessità di indagini, per le quali non si possa procedere prontamente alla chiusura dell'istruzione e sussistono particolari motivi perchè questa non sia ritardata, il magistrato può provvedere per quei reati o per quegli imputati per i quali l'istruzione è completa continuandola per gli altri.
Le norme per l'istruzione e per il giudizio da osservarsi davanti al giudice competente per connessione si applicano a tutti i procedimenti connessi.
Art. 47.
(Effetti della connessione sulla competenza per territorio)
La competenza per i procedimenti connessi rispetto ai quali più giudici sono egualmente competenti per materia, appartiene a quello tra essi nella circoscrizione del quale fu commesso il reato più grave o in caso di pari gravità il maggior numero di reati.
Art. 48.
(Altre regole relative agli effetti della connessione sulla competenza per territorio)
La competenza per i procedimenti connessi rispetto ai quali più giudici sono egualmente competenti per materia appartiene, quando i reati sono di pari gravità e sono stati commessi in pari numero in circoscrizioni diverse della stessa corte d'appello, al giudice designato dalla sezione istruttoria presso la corte medesima. In questo caso ciascuno degli uffici del pubblico ministero trasmette col suo parere gli atti alla sezione istruttoria, che provvede d'urgenza con ordinanza con la quale designa il giudice che deve giudicare di tutti i reati; se però la sezione istruttoria ritiene per ragioni di convenienza di ordinare la separazione dei procedimenti ne rinvia la cognizione ai giudici rispettivamente competenti per territorio.
Se i predetti reati sono stati commessi in circoscrizioni di diversi distretti di corte d'appello provvede nello stesso modo la corte di cassazione.
Qualora i vari reati siano stati separatamente giudicati in primo grado e sia stato proposto appello, il giudice di secondo grado competente per territorio per i vari procedimenti può provvedere con unico giudizio per tutti gli appelli.
Art. 49.
(Effetti della connessione sulla competenza dell'Autorità giudiziaria ordinaria e su quella di giudici speciali)
Se i procedimenti connessi appartengono alcuni alla competenza dell'Autorità giudiziaria ordinaria e altri alla competenza di giudici speciali diversi dall'Alta Corte di giustizia e dai tribunali militari, è competente per tutti il giudice ordinario.
Nondimeno la corte di cassazione su ricorso del pubblico ministero presso il giudice ordinario o a richiesta del giudice speciale ovvero risolvendo un conflitto può ordinare per ragioni di convenienza con sentenza la separazione dei procedimenti.
Nel caso di connessione fra procedimenti di competenza dell'Autorità giudiziaria ordinaria e procedimenti di competenza dell'Alta Corte di giustizia o dei tribunali militari la competenza per tutti appartiene al giudice speciale. Questi tuttavia può ordinare per ragioni di convenienza con provvedimento insindacabile la separazione dei procedimenti.
Art. 50.
(Innosservanza delle regole relative agli effetti della connessione sulla competenza)
L'inosservanza delle regole concernenti gli effetti della connessione sulla competenza non produce nullità, salvo che reati di competenza di un giudice più elevato in grado siano stati giudicati da un giudice inferiore o reati di competenza del giudice ordinario siano stati giudicati da un giudice speciale diverso dall'Alta Corte di giustizia o dai tribunali militari ovvero reati di competenza dell'Alta Corte di giustizia o dei tribunali militari siano stati giudicati dal giudice ordinario o da un altro giudice speciale.
Capo IV.
Dei conflitti di giurisdizione e di competenza.
Art. 51.
(Casi di conflitto)
Vi è conflitto quando in qualsiasi stato e grado del procedimento: 1° uno o più giudici ordinari e uno o più giudici speciali contemporaneamente prendono o ricusano di prendere cognizione del medesimo reato; 2° due o più giudici ordinari contemporaneamente prendono o ricusano di prendere cognizione dello stesso reato.
Le norme sui conflitti si applicano anche quando il giudice d'appello dichiara la competenza del giudice di primo grado e questi dichiara la propria incompetenza. Si applicano altresì in ogni caso analogo a quelli preveduti da questo articolo.
La decisione sui conflitti spetta alla corte di cassazione.
Art. 52.
(Cessazione dei conflitti prima della denuncia)
I conflitti preveduti dall'articolo precedente cessano per effetto del provvedimento di uno dei magistrati che dichiara secondo i casi la propria competenza o la propria incompetenza.
Tale provvedimento può essere emesso anche ad istanza di parte.
Art. 53.
(Denuncia dei conflitti)
Il giudice che rileva un caso di conflitto pronuncia ordinanza con la quale rimette gli atti alla corte di cassazione.
Il conflitto può essere denunciato dal pubblico ministero presso uno dei giudici in conflitto, dall'imputato e dalle altre parti.
La denuncia è presentata nella cancelleria di uno dei giudici in conflitto con dichiarazione scritta e motivata, alla quale sono uniti gli atti e i relativi documenti. La denuncia, gli atti e i documenti sono immediatamente trasmessi alla cancelleria della corte di cassazione.
Art. 54.
(Risoluzione dei conflitti)
La corte di cassazione provvede in camera di consiglio.
Quando il conflitto è tra giudici ordinari e giudici speciali, la corte delibera a sezioni unite.
Nel risolvere il conflitto la corte determina se e in quale parte debbono conservare validità gli atti compiuti dal giudice che essa dichiara incompetente.
La sentenza della corte di cassazione sulla competenza ha autorità di cosa giudicata, salvo che nuovi fatti o circostanze nel seguito del giudizio vengano a modificare la competenza per materia.
A cura del procuratore generale l'estratto della sentenza è immediatamente comunicato ai giudici in conflitto e al pubblico ministero ed è fatto notificare alle altre parti.
Capo V.
Della rimessione dei procedimenti.
Art. 55.
(Casi di rimessione)
In ogni stato e grado del procedimento di merito, per gravi motivi di ordine pubblico o per legittimo sospetto sulla richiesta del procuratore generale presso la corte d'appello o presso la corte di cassazione questa può rimettere l'istruzione o il giudizio da uno ad altro giudice di sede diversa.
L'imputato può proporre istanza di rimessione soltanto per legittimo sospetto; questa facoltà non compete alle altre parti private.
Art. 56.
(Atti diretti a promuovere la rimessione)
Nei casi in cui la rimessione appare opportuna anche se si tratta di procedimenti di competenza del pretore il procuratore del Re ne informa il procuratore generale presso la corte d'appello.
L'istanza di rimessione proposta dall'imputato deve essere scritta e sottoscritta da lui o da un suo procuratore speciale; deve contenere i motivi ed essere presentata, assieme ai documenti che vi si riferiscono, nella segreteria del procuratore del Re del luogo in cui si procede; deve infine essere notificata a pena di decadenza entro il termine di giorni cinque alle altre parti private, le quali prima della deliberazione possono far pervenire alla corte di cassazione deduzioni e documenti.
Art. 57.
(Effetti del procedimento per rimessione)
Il procedimento per rimessione non sospende l'istruzione o il giudizio, salvo che la corte di cassazione pronunci ordinanza di sospensione, nel qual caso rimane sempre salva la facoltà di compiere gli atti urgenti.
Art. 58.
(Decisione sulla richiesta o istanza di rimessione)
La corte di cassazione decide in camera di consiglio con ordinanza non motivata, dopo chieste se lo ritiene necessario le opportune informazioni.
Se è respinta l'istanza presentata dall'imputato, questi con la stessa ordinanza può essere condannato al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma da lire mille a diecimila.
L'ordinanza della corte di cassazione la quale accoglie la richiesta o l'istanza designa il giudice che deve istruire o giudicare. Nell'ordinanza si dichiara altresì se e in quale parte gli atti già compiuti debbono conservare validità.
L'ordinanza della corte di cassazione assieme agli atti è trasmessa senza ritardo al pubblico ministero, il quale provvede all'esecuzione di essa, previa notificazione per estratto all'imputato e alle altre parti.
Art. 59.
(Nuova proposta di rimessione)
Quando è stata ordinata la rimessione, un nuovo provvedimento per la revoca di quello precedente o per la designazione di un altro giudice può essere proposto soltanto dal pubblico ministero. La domanda non ha effetto sospensivo, salvo che la corte di cassazione pronunci ordinanza di sospensione.
L'ordinanza che dichiara inammissibile la richiesta o l'istanza di rimessione non impedisce che questa sia nuovamente proposta anche per gli stessi motivi da chi ne ha diritto, salvo che l'inammissibilità sia stata dichiarata per inosservanza del termine di decadenza stabilito nel capoverso dell'articolo 56.
Dopo il rigetto della richiesta o dell'istanza, questa può essere riproposta soltanto se è fondata sopra elementi nuovi.
Art. 60.
(Rimessione di procedimenti riguardanti magistrati)
Se si deve procedere contro un giudice o un magistrato del pubblico ministero ovvero se alcuno di essi è stato offeso da un reato e il procedimento è di competenza dell'ufficio giudiziario presso il quale egli esercita le sue funzioni, la corte di cassazione rimette il procedimento ad un altro ufficio giudiziario egualmente competente per materia e per grado.
Non si fa luogo a rimessione quando si tratta di reati commessi contro giudici o magistrati del pubblico ministero nell'esercizio o a causa delle loro funzioni.
Capo VI.
Dell'incompabilità, dell'astensione e della ricusazione del giudice.
Art. 61.
(Incompatibilità determinata da atti compiuti nello stesso procedimento)
Il giudice che ha pronunciato o è concorso a pronunciare sentenza in un procedimento non può partecipare al giudizio negli ulteriori gradi dello stesso procedimento né partecipare al giudizio di rinvio dopo l'annullamento o per revisione.
Non può partecipare al giudizio il giudice che ha pronunciato o è concorso a pronunciare la sentenza di rinvio a giudizio.
Chi in un procedimento ha esercitato la funzione di pubblico ministero o prestato ufficio di difensore, di procuratore speciale o di curatore di una parte ovvero di testimonio, perito o consulente tecnico o ha presentato rapporto, denuncia, querela o istanza o è concorso a deliberare l'autorizzazione a procedere non può esercitarvi ufficio di giudice, salvo quanto è disposto per i reati commessi in udienza.
Art. 62.
(Incompatibilità determinata da rapporti di parentela o di affinità)
Nello stesso procedimento non possono esercitare funzioni anche separate o diverse giudici che sono tra loro parenti o affini fino al secondo grado.
Art. 63.
(Astensione)
Quando esiste un motivo di ricusazione anche se non proposto, il giudice a cui tale motivo si riferisce ha obbligo se lo conosce di dichiararlo. Parimenti quando esistono gravi ragioni di convenienza per astenersi non annoverate dalla legge tra i motivi di ricusazione, il giudice deve dichiararle. La dichiarazione è fatta al presidente della corte o del tribunale che decide senza formalità se il giudice deve astenersi.
Lo stesso dovere spetta al pretore il quale fa la sua dichiarazione al presidente del tribunale che decide nel modo predetto.
Il presidente della corte o del tribunale deve astenersi nei casi preveduti dalla prima parte di questo articolo.
Art. 64.
(Motivi di ricusazione)
Il giudice può essere ricusato: 1° se ha interesse personale nel procedimento o se l'imputato, il responsabile civile, la persona civilmente obbligata per l'ammenda o la parte civile è debitore o creditore di lui, della moglie o dei figli; 2° se ha dato consigli o manifestato il suo parere sull'oggetto del procedimento fuori dell'esercizio delle funzioni giudiziarie; 3° se vi è inimicizia grave tra lui o alcuno dei suoi prossimi congiunti e l'imputato, il responsabile civile, la persona civilmente obbligata per l'ammenda o la parte civile; 4° se alcuno dei prossimi congiunti di lui o della moglie è offeso dal reato, imputato, ovvero responsabile civile od obbligato civilmente per l'ammenda; 5° se il difensore, procuratore o curatore di una delle parti private è prossimo congiunto di lui o della moglie; 6° se si trova in una delle condizioni prevedute dagli articoli 61 e 62.
Le cause di ricusazione indicate nei numeri 4° e 5° sussistono anche dopo la morte della moglie se vi è prole superstite o si tratta di persona che, vivente la moglie, era affine in primo o secondo grado.
Art. 65.
(Dichiarazione di ricusazione)
La ricusazione può essere proposta dal pubblico ministero, dall'imputato, dalla persona civilmente obbligata per l'ammenda, dal responsabile civile o dalla parte civile.
La dichiarazione di ricusazione deve enunciarne i motivi e indicarne le prove. La dichiarazione quando non sia fatta personalmente dall'interessato può essere proposta per mezzo del difensore o di un procuratore speciale. Nell'atto di procura devono essere indicati a pena d'inammissibilità i motivi della ricusazione.
Art. 66.
(Termine e forma per la dichiarazione di ricusazione)
La dichiarazione di ricusazione può proporsi durante l'istruzione prima della chiusura della medesima; nel giudizio prima che siano compiute le formalità di apertura del dibattimento; nei procedimenti in camera di consiglio prima del giorno fissato per la deliberazione.
La dichiarazione è fatta con atto sottoscritto dal dichiarante, ed è presentata assieme ai documenti che vi si riferiscono al cancelliere del giudice che compie l'istruzione o che deve procedere al dibattimento o che deve deliberare in camera di consiglio.
Le disposizioni di questo articolo devono osservarsi a pena d'inammissibilità.
Art. 67.
(Concorso di astensione e di ricusazione)
Quando il giudice anche dopo che fu proposta la ricusazione ha fatto la dichiarazione preveduta dall'articolo 63, la ricusazione fondata sugli stessi motivi si considera come non proposta, e il presidente competente decide sulla dichiarazione d'astensione. Se la ricusazione è fondata su motivi diversi, la corte o il tribunale decide sulla ricusazione, quando l'astensione non è stata ammessa.
Art. 68.
(Competenza a decidere sulla ricusazione)
Sulla ricusazione di un magistrato istruttore decide la corte o il tribunale a cui il magistrato appartiene.
Sulla ricusazione del pretore decide il tribunale; su quella del presidente, dei giudici del tribunale o della corte, decide il tribunale o la corte a cui essi appartengono, senza il loro intervento.
Se non è disponibile quel numero di componenti il collegio che è prescritto per giudicare in materia penale, il presidente provvede a norma delle leggi sull'ordinamento giudiziario alla formazione del collegio che deve decidere sulla ricusazione. Rispetto ai magistrati di questo collegio non è ammessa astensione o ricusazione.
Se non è possibile provvedere nel predetto modo, gli atti sono rimessi al giudice immediatamente superiore il quale, sentito il pubblico ministero, designa il giudice che deve decidere sulla ricusazione. Se questo giudice riconosce legittima la ricusazione, si sostituisce senz'altro al magistrato ricusato o al collegio a cui questi appartiene; altrimenti restituisce gli atti all'ufficio giudiziario a cui appartiene il giudice illegittimamente ricusato, per la prosecuzione del giudizio.
In ogni caso il giudice provvede d'urgenza in camera di consiglio con ordinanza non motivata.
Art. 69.
(Provvedimenti nel caso di ammissibilità della dichiarazione di ricusazione)
La corte o il tribunale, se riconosce ammissibile la dichiarazione di ricusazione, ordina che ne sia avvertito il giudice ricusato, il quale può entro tre giorni dall'avviso esaminare gli atti e i documenti nella cancelleria e presentare per iscritto le sue deduzioni.
Il giudice ricusato, avuta notizia della presentazione della dichiarazione, può compiere soltanto atti urgenti d'istruzione.
La corte o il tribunale ha facoltà di ordinare la prova sui motivi della ricusazione anche per mezzo di testimoni, delegando uno dei propri componenti.
Art. 70.
(Provvedimenti nel caso d'accoglimento dell'astensione o della ricusazione)
Se l'astensione o la ricusazione del magistrato è accolta, questi non può più compiere alcun atto del procedimento, a pena di nullità.
L'ordinanza determina se ed in quale parte gli atti compiuti precedentemente dal magistrato astenutosi o ricusato o con il concorso di lui, conservano validità.
Se per effetto d'astensione o di ricusazione deve essere sostituito un giudice istruttore o un pretore, il presidente della corte o del tribunale designa a surrogarlo rispettivamente un altro giudice della stessa corte o dello stesso tribunale o il vice-pretore o un pretore fra i più vicini.
Qualora per astensione o per ricusazione manchi in un collegio il numero legale, il presidente della corte o del tribunale rimette il procedimento ad un'altra sezione della stessa corte o dello stesso tribunale o ad una corte limitrofa ovvero ad un tribunale limitrofo dello stesso distretto.
Art. 71.
(Sanzioni nel caso d'inammissibilità o di rigetto della domanda di ricusazione)
Con l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la dichiarazione di ricusazione la parte privata che l'ha proposta è condannata al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma da lire duemila a diecimila, senza pregiudizio di ogni azione civile e penale.
Art. 72.
(Comunicazione e notificazione della decisione sulla ricusazione)
L'ordinanza che decide sulla ricusazione è comunicata al pubblico ministero, ed a cura di questo è notificata al ricusato e a chi ha proposto la ricusazione.
Titolo terzo.
Delle parti.
Capo I.
Del pubblico ministero.
Art. 73.
(Astensione del pubblico ministero)
Il rappresentante del pubblico ministero non può essere ricusato per alcun motivo, ma ha la facoltà di astenersi per gravi ragioni di convenienza. Tali ragioni sono valutate insindacabilmente dall'immediato capo gerarchico.
Art. 74.
(Esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero o del pretore)
Il pubblico ministero o il pretore per i reati di sua competenza inizia ed esercita con le forme stabilite dalla legge l'azione penale, a norma dell'articolo 1.
Il pubblico ministero, se ritiene che la competenza spetta al pretore, gli trasmette gli atti per il procedimento, salvo che intenda valersi della facoltà stabilita nel capoverso dell'articolo 31. Se il pubblico ministero ritiene che la cognizione del fatto non appartiene all'Autorità giudiziaria ordinaria, trasmette gli atti all'Autorità competente. In tal caso si applica la disposizione del capoverso dell'articolo 33, sostituito al mandato l'ordine di arresto.
Quando il pubblico ministero ritiene che non si debba procedere per la manifesta infondatezza del rapporto, del referto, della denuncia, della querela o dell'istanza, e non ha già fatto richiesta per l'istruzione formale o per il decreto di citazione a giudizio, ordina la trasmissione degli atti all'archivio. Il pretore provvede nello stesso modo. Il procuratore del Re e il pretore che hanno ordinato la trasmissione degli atti all'archivio ne informano rispettivamente il procuratore generale e il procuratore del Re, i quali possono richiedere gli atti e disporre invece che si proceda.
Art. 75.
(Irretrattabilità dell'azione penale)
L'esercizio dell'azione penale non può sospendersi, interrompersi o farsi cessare, se non nei casi espressamente preveduti dalla legge.
Art. 76.
(Richieste e conclusioni del pubblico ministero)
Nel corso del procedimento penale il giudice non può deliberare, se non sentito il pubblico ministero, salvi i casi eccettuati dalla legge.
Il pubblico ministero deve proporre richieste motivate e conclusioni specifiche, e non può rimettersi alla decisione del giudice.
Nel dibattimento il pubblico ministero propone oralmente le sue conclusioni e nello stesso modo può proporle nei procedimenti in camera di consiglio, quando ha facoltà d'intervenirvi. Negli altri casi deve proporle per iscritto.
Art. 77.
(Poteri coercitivi del pubblico ministero)
Al pubblico ministero appartengono nell'esercizio delle sue funzioni gli stessi poteri che appartengono al giudice a norma dell'articolo 146.
Capo II.
Delle parti private.
Sezione I. -
Dell'imputato.
Art. 78.
(Assunzione della qualità di imputato)
Assume la qualità di imputato chi, anche senza ordine dell'Autorità giudiziaria, è posto in stato d'arresto a disposizione di questa ovvero colui al quale in un atto qualsiasi del procedimento viene attribuito il reato.
Fuori dei casi preveduti dalla disposizione precedente, quando si deve compiere un atto processuale rispetto al quale la legge riconosce un determinato diritto all'imputato, si considera tale chi nel rapporto, nel referto, nella denuncia, nella querela, nella richiesta o nell'istanza è indicato come reo, o risulta indiziato di reità.
Art. 79.
(Durata, cessazione e riassunzione della qualità di imputato)
La qualità di imputato si conserva in ogni stato e grado del procedimento, fino alla sentenza o al decreto indicato nel primo capoverso dell'articolo 3.
Nondimeno riassumono la qualità di imputato il prosciolto nei casi indicati nella prima parte dell'articolo 404 e il condannato nel caso indicato nell'articolo 565.
Art. 80.
(Istanze e altre dichiarazioni dell'imputato detenuto)
Le istanze, dichiarazioni e impugnazioni autorizzate dalla legge sono proposte dall'imputato detenuto o internato in uno stabilimento per misura di sicurezza con atto ricevuto dal direttore dello stabilimento. Esse sono iscritte in apposito registro; devono essere immediatamente comunicate all'Autorità competente, ed hanno efficacia come se fossero ricevute direttamente dall'Autorità giudiziaria.
Art. 81.
(Impossibilità d'identificare l'imputato con le sue generalità)
L'impossibilità d'identificare l'imputato col suo vero nome e cognome e con le altre generalità non ritarda né sospende l'istruzione, il giudizio e l'esecuzione, quando è certa l'identità fisica della persona.
Art. 82.
(False generalità dell'imputato)
Le false generalità attribuite al vero imputato, per fatto di costui o di altri, anche se appartengono ad una diversa persona e l'imputato stesso è stato condannato col nome di questa, sono rettificate a norma dell'articolo 149 in qualsiasi stato e grado del procedimento e anche nell'esecuzione, salvo quanto è disposto nell'articolo 584.
Art. 83.
(Accertamento dell'identità personale dell'imputato)
Se si hanno elementi di prova atti a far dubitare che la persona presente nell'istruzione o nel giudizio non sia quella contro la quale è diretta l'azione penale, il giudice che procede all'istruzione o al giudizio provvede immediatamente in camera di consiglio anche d'ufficio ai necessari accertamenti con le forme stabilite negli articoli 630 e 631 e può disporre l'assunzione di perizie e di ogni altro mezzo di prova. In tal caso il corso del procedimento può essere sospeso; ma, se vi sono altri imputati del medesimo fatto, il procedimento può continuare contro di essi.
Art. 84.
(Mancata identificazione dell'imputato)
Quando il dubbio menzionato nell'articolo precedente non viene escluso dagli accertamenti eseguiti a norma dell'articolo stesso, il giudice con l'ordinanza che decide sull'incidente dichiara non ottenuta l'identificazione allo stato degli atti, ordina che sia sospesa l'istruzione o rinviato il giudizio riguardo alla persona non potuta identificare, ne dispone la liberazione se detenuta, e manda all'Autorità di pubblica sicurezza di procedere ad ulteriori ricerche allo scopo di pervenire all'identificazione.
Quando l'incertezza è stata cagionata dal fatto della persona non identificata, il giudice, salva l'azione penale se il fatto costituisce reato, può ordinarne la liberazione soltanto verso prestazione di cauzione o di malleveria, salvo che la persona stessa debba essere ricoverata in un manicomio.
L'ordinanza è soggetta al ricorso per cassazione.
Art. 85.
(Dubbio sull'identità personale dell'imputato nel giudizio di cassazione)
Quando il dubbio sull'identità personale dell'imputato sorge nel giudizio di cassazione la corte se lo ritiene fondato delega anche d'ufficio, l'istruzione sull'incidente alla sezione istruttoria presso la corte d'appello del distretto in cui fu emesso il provvedimento impugnato, e provvede nel modo stabilito nei due articoli precedenti.
Art. 86.
(Dubbio sull'identità personale dell'imputato nell'istruzione sommaria)
Quando il dubbio sull'identità personale dell'imputato sorge durante l'istruzione sommaria, il pubblico ministero richiede il giudice istruttore perché proceda all'istruzione formale, con l'osservanza delle norme stabilite negli articoli 83 e 84.
Art. 87.
(Errore di persona relativo all'imputato)
Quando in qualsiasi stato e grado del procedimento risulta evidente che si procede contro un determinato imputato per errore di persona, il giudice anche d'ufficio pronuncia immediatamente, in camera di consiglio sentenza con cui dichiara non doversi procedere enunciandone la causa nel dispositivo. Tale provvedimento non può essere differito in alcun caso, neppure quando si procede contemporaneamente contro altri imputati per lo stesso fatto.
Art. 88.
(Infermità di mente sopravvenuta all'imputato)
Quando l'imputato viene a trovarsi in tale stato di infermità di mente da escludere la capacità d'intendere o di volere, il giudice, se non deve pronunciare sentenza di proscioglimento, e salvo quanto è stabilito negli articoli 245 e 258, dispone con ordinanza in ogni stato e grado del procedimento di merito la sospensione del procedimento. In tal caso ordina ove occorra il ricovero dell'imputato in un manicomio pubblico, preferibilmente giudiziario. Per gli accertamenti necessari il giudice può anche ordinare una perizia.
Se lo stato d'infermità di mente risulta prima che il giudice sia stato investito dell'azione penale, il giudice istruttore provvede su richiesta del pubblico ministero a norma della prima parte di questo articolo. Il pretore provvede d'ufficio, informandone il procuratore del Re.
Qualora l'imputato riacquisti la predetta capacità, il giudice ordina che il procedimento riprenda il suo corso.
La sospensione del procedimento non impedisce al giudice di compiere gli atti necessari per l'accertamento del reato.
La parte civile e il pubblico ministero quando agisce a norma dell'articolo 105 possono dopo l'ordinanza di sospensione esercitare l'azione davanti al giudice civile, indipendentemente dal procedimento penale, senza pregiudizio della facoltà indicata nell'articolo 24 nel caso in cui il procedimento penale riprenda il suo corso.
Art. 89.
(Dubbio sulla morte dell'imputato)
In ogni stato e grado del procedimento, quando sorge fondato dubbio sull'esistenza in vita dell'imputato, il giudice dispone con ordinanza la sospensione del procedimento. Tale sospensione non impedisce il compimento degli atti necessari per l'accertamento del reato.
Se in seguito è accertata l'esistenza in vita dell'imputato, la predetta ordinanza è revocata e il procedimento penale riprende il suo corso. Se risulta la morte dell'imputato, il giudice provvede con sentenza.
Se in seguito si accerta che la morte fu erroneamente dichiarata, la sentenza di proscioglimento non più soggetta ad impugnazione si considera come non pronunciata. Essa non impedisce l'azione penale per il medesimo fatto e contro la stessa persona, salvo che sia sopravvenuta una causa estintiva del reato o per la quale non si può procedere.
Art. 90.
(Inammissibilità di un secondo giudizio)
L'imputato condannato o prosciolto anche in contumacia con sentenza divenuta irrevocabile non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze, salvo quanto è disposto negli articoli 17, 89 e 402.
Se ciò nonostante viene di nuovo iniziato procedimento penale, il giudice in ogni stato e grado del procedimento pronuncia sentenza con cui dichiara non doversi procedere perchè l'azione penale non poteva essere esercitata.
Sezione II. -
Della parte civile.
Art. 91.
(Diritto di costituirsi parte civile)
Chi ha diritto di esercitare l'azione civile nel procedimento penale può costituirsi parte civile.
Le persone che non hanno il libero esercizio dei loro diritti non possono costituirsi parte civile, se non sono rappresentate, autorizzate od assistite nelle forme prescritte per l'esercizio delle azioni civili.
Art. 92.
(Effetti della costituzione di parte civile)
La costituzione di parte civile una volta avvenuta produce i suoi effetti in ogni stato e grado del procedimento.
La costituzione di parte civile non equivale a querela.
Art. 93.
(Dichiarazione costitutiva di parte civile)
Chi intende costituirsi parte civile deve farne dichiarazione personalmente o per mezzo di procuratore speciale.
La dichiarazione può essere fatta nel procedimento di primo grado fino a che non siano compiute per la prima volta le formalità di apertura del dibattimento.
L'ammissione della parte civile dopo trascorso tale termine rende nulla la sentenza nella parte in cui pronuncia sull'azione civile.
Art. 94.
(Formalità della costituzione di parte civile)
La dichiarazione prescritta nell'articolo precedente se fatta prima del dibattimento deve essere presentata per iscritto nella cancelleria della corte o del tribunale ove è in corso l'istruzione formale. Nei procedimenti con istruzione sommaria e in quelli di competenza del pretore la dichiarazione è presentata nella cancelleria del giudice competente per il giudizio. La dichiarazione se è fatta nel dibattimento è ricevuta dal cancelliere che assiste all'udienza con atto separato da unirsi al processo verbale.
La dichiarazione deve contenere a pena d'inammissibilità le generalità di chi si costituisce parte civile, l'elezione di domicilio nel Comune dove è in corso l'istruzione o il giudizio, l'indicazione del procedimento nel quale ha luogo la costituzione e l'esposizione sommaria dei motivi che la giustificano.
Art. 95.
(Notificazioni da farsi eseguire dalla parte civile)
La dichiarazione di costituzione della parte civile e le istanze successive di questa devono prima del dibattimento essere notificate a cura della parte stessa al pubblico ministero e all'imputato.
Le istanze proposte dopo la citazione o l'intervento del responsabile civile devono prima del dibattimento essere notificate anche al responsabile civile.
La costituzione e le istanze sopra indicate producono effetto dal giorno nel quale venne eseguita l'ultima notificazione.
Art. 96.
(Difensore della parte civile)
Alla parte civile ammessa al patrocinio gratuito che ne faccia domanda il giudice istruttore, il pretore ovvero il presidente della corte o del tribunale, davanti a cui è in corso l'istruzione o il giudizio, nomina un difensore.
Il patrocinio gratuito non può esser conceduto alla parte civile che abbia un difensore di fiducia e se è stato conceduto deve essere revocato.
Art. 97.
(Opposizione alla costituzione della parte civile nell'istruzione formale)
Durante l'istruzione formale, contro la costituzione della parte civile può essere fatta opposizione dal pubblico ministero o dall'imputato nel termine di tre giorni da quello in cui la costituzione di parte civile fu notificata all'opponente. L'opposizione può essere fatta anche dal responsabile civile nel termine di tre giorni da quello in cui egli è stato citato od è intervenuto.
La dichiarazione d'opposizione deve essere motivata ed è presentata per iscritto nella cancelleria dell'ufficio giudiziario presso il quale è in corso l'istruzione. Nel termine di tre giorni dalla presentazione della dichiarazione l'atto deve essere notificato a cura dell'opponente alla parte civile la quale può presentare le sue deduzioni in egual termine successivo.
I termini predetti sono stabiliti a pena di decadenza.
Il giudice decide senza ritardo con ordinanza, salvo che ritenga di differire la decisione ad un altro momento dell'istruzione.
Quando per il tempo in cui è proposta l'opposizione la decisione su di essa ritarderebbe la chiusura della istruzione, si provvede nel dibattimento.
Contro la costituzione della parte civile ammessa durante l'istruzione non può essere fatta opposizione nel dibattimento.
La costituzione della parte civile respinta durante l'istruzione non può essere riproposta nel dibattimento.
Art. 98.
(Opposizione alla costituzione della parte civile nel dibattimento)
Contro la costituzione della parte civile avvenuta durante l'istruzione sommaria o dopo il rinvio a giudizio o durante le formalità di apertura del dibattimento può essere fatta opposizione nel dibattimento dalle parti indicate nell'articolo precedente.
La dichiarazione motivata d'opposizione deve essere proposta a pena di decadenza immediatamente dopo compiute per la prima volta le formalità di apertura del dibattimento.
Il giudice, sentite le parti, provvede senza ritardo con ordinanza, salvo che ritenga di differire la decisione. Questa deve essere in ogni caso pronunciata prima dell'inizio della discussione finale.
Art. 99;.
(Potere del giudice per l'esclusione della parte civile)
La costituzione di parte civile può essere dichiarata inammissibile dal giudice anche d'ufficio con ordinanza in qualsiasi stato del procedimento di primo grado, prima dell'inizio della discussione finale nel dibattimento.
Art. 100.
(Decisioni che ammettono o escludono la parte civile)
L'ordinanza che respinge la costituzione di parte civile non pregiudica il successivo esercizio dell'azione in giudizio civile.
L'ammissione della parte civile non pregiudica la decisione del giudice penale sul diritto della parte stessa ad ottenere le restituzioni e il risarcimento del danno.
Se in qualunque stato e grado del procedimento la costituzione della parte civile viene dichiarata nulla, rimangono tuttavia validi gli atti dell'istruzione e del giudizio penale.
Per quanto riguarda le spese e i danni che l'intervento della parte civile abbia cagionato all'imputato e al responsabile civile, si applicano le disposizioni dell'ultimo capoverso dell'articolo 103.
Art. 101.
(Revoca espressa della costituzione di parte civile)
La costituzione della parte civile può essere revocata in ogni stato e grado del procedimento con le forme stabilite nella prima parte dell'articolo 93 e nella prima parte dell'articolo 94.
La dichiarazione di revoca fatta prima del dibattimento produce effetto anche se non è notificata al pubblico ministero, all'imputato e al responsabile civile, ma chi ha revocato la costituzione rimane obbligato per le spese degli atti compiuti in conseguenza della mancata notificazione.
Art. 102.
(Casi in cui la costituzione di parte civile si considera revocata)
Se la parte civile, citata per il dibattimento di primo grado, non compare per qualsiasi motivo nel corso del dibattimento stesso o si allontana dall'udienza senza aver presentato nel momento prescritto le sue conclusioni, la costituzione di parte civile si considera revocata, salva quando ne è il caso l'applicazione delle sanzioni stabilite dalla legge contro i testimoni non comparsi.
La mancata comparizione o l'allontanamento della parte civile non può mai determinare il rinvio del dibattimento.
Art. 103.
(Effetti della revoca della costituzione di parte civile)
La parte civile che ha revocato espressamente la sua costituzione non può proporre azione in sede civile neppure per la rifusione delle spese, salvo che ne abbia fatto espressa riserva nell'atto di revocazione.
La parte civile la cui costituzione deve considerarsi revocata a norma dell'articolo 102 conserva il diritto di proporre la sua azione in sede civile.
Avvenuta la revoca della costituzione a norma dei due articoli precedenti, il giudice penale non può conoscere delle spese e dei danni che l'intervento della parte civile ha cagionato all'imputato e al responsabile civile. L'azione relativa può essere proposta davanti al giudice civile.
Art. 104.
(Prove proposte dalla parte civile)
La parte civile può proporre mezzi di prova per accertare i fatti e determinare i danni.
Art. 105.
(Esercizio dell'azione civile da parte del pubblico ministero nell'interesse di incapaci)
L'azione civile nel procedimento penale può essere esercitata dal pubblico ministero nell'interesse del danneggiato, quando questi è incapace per infermità di mente o per età minore di far valere i propri diritti e non vi è chi lo rappresenti.
Art. 106.
(Esercizio dell'azione civile e obbligo della testimonianza)
Chi ha diritto di esercitare l'azione civile anche se si è costituito parte civile non può esimersi per tale motivo dall'obbligo della testimonianza.
Sezione III. -
Del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per l'ammenda.
Art. 107.
(Diritto di citare il responsabile civile)
Il responsabile civile per il fatto dell'imputato può essere citato nel procedimento penale ad istanza della parte civile. Anche l'imputato può essere citato come responsabile civile per il fatto dei coimputati, per il caso in cui venga prosciolto dalla responsabilità penale.
Copia della citazione deve essere notificata al pubblico ministero ed all'imputato.
Il pubblico ministero può richiedere la citazione del responsabile civile solo quando esercita l'azione civile a' termini dell'articolo 105. Tale citazione deve notificarsi all'imputato.
L'originale della citazione con la relazione di notificazione dell'ufficiale giudiziario è depositato nella cancelleria e unito agli atti del procedimento.
Art. 108.
(Termini per la citazione del responsabile civile)
Nel procedimento con istruzione formale la citazione del responsabile civile deve essere fatta al più tardi per il dibattimento fissato per la prima volta; negli altri procedimenti deve esser fatta per tale dibattimento.
Non è consentita la citazione del responsabile civile nel corso del dibattimento o per il dibattimento rinviato.
Art. 109.
(Citazione del responsabile civile nell'istruzione formale)
La citazione del responsabile civile durante l'istruzione formale è ordinata con decreto dal giudice istruttore ad istanza della parte civile, o, nei casi preveduti dall'articolo 105, a richiesta del pubblico ministero.
Il decreto contiene: 1° le generalità della parte civile o l'indicazione dell'ufficio del pubblico ministero richiedente; le generalità del responsabile civile se questi è una persona fisica, e negli altri casi l'indicazione della persona giuridica chiamata a rispondere e la designazione del suo legittimo rappresentante che deve comparire; 2° l'indicazione del procedimento penale per cui avviene la citazione, con l'enunciazione sommaria delle istanze che si propongono contro il responsabile civile; 3° l'indicazione del luogo, del giorno e dell'ora in cui il responsabile civile deve comparire per essere interrogato, con invito a provvedere alla propria difesa, osservato il termine stabilito nell'ultimo capoverso dell'articolo 264; 4° la data e la sottoscrizione del giudice istruttore e del cancelliere.
L'irregolarità della citazione o della notificazione non ne impedisce il rinnovamento durante l'istruzione quando questo è possibile. Se non è possibile, il responsabile civile può essere citato per il dibattimento.
Art. 110.
(Citazione del responsabile civile per il dibattimento)
La citazione del responsabile civile per il dibattimento è ordinata con decreto a istanza della parte civile, e nei casi preveduti dall'articolo 105 a richiesta del pubblico ministero, dal presidente della corte o del tribunale ovvero dal pretore, davanti a cui deve aver luogo il giudizio.
Il decreto contiene, oltre le indicazioni stabilite nei numeri 1° e 2° dell'articolo precedente: 1° l'indicazione del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione, osservato il termine stabilito negli articoli 405, 407 e 409; 2° la nomina di un difensore d'ufficio se ne è il caso; 3° l'avvertimento che durante il termine per comparire il responsabile civile o il suo difensore ha facoltà di esaminare nel luogo dove si trovano le cose sequestrate, di prendere cognizione e di estrarre copia in cancelleria degli atti e dei documenti; 4° l'indicazione del termine utile per proporre le prove a difesa; 5° la data e la sottoscrizione del presidente o del pretore e del cancelliere.
Art. 111.
(Nullità della citazione del responsabile civile)
La citazione del responsabile civile è nulla se per omissione o per erronea indicazione di qualche elemento essenziale il responsabile civile è stato posto in condizione di non poter esercitare i suoi diritti nel procedimento.
La nullità della notificazione rende nulla la citazione.
Quando la citazione è dichiarata nulla, il giudice non può ordinare il rinvio del dibattimento, ma la parte civile conserva il diritto di proporre l'azione contro il responsabile civile davanti il giudice civile.
Art. 112.
(Intervento volontario del responsabile civile)
Quando vi è costituzione di parte civile o quando il pubblico ministero esercita l'azione civile a' termini dell'articolo 105, il responsabile civile può intervenire volontariamente nel procedimento, fino a che non siano compiute per la prima volta le formalità di apertura del dibattimento.
Art. 113.
(Formalità per l'intervento volontario del responsabile civile)
L'intervento volontario del responsabile civile si propone con dichiarazione fatta personalmente o per mezzo di procuratore speciale. La dichiarazione deve contenere a pena d'inammissibilità l'indicazione delle generalità di chi intende intervenire, del suo domicilio per le notificazioni, del procedimento in cui vuole intervenire e l'esposizione sommaria dei motivi che giustificano l'intervento.
Prima del dibattimento, la dichiarazione d'intervento volontario del responsabile civile deve essere presentata per iscritto nella cancelleria della corte o del tribunale, ove è in corso l'istruzione formale. Nei procedimenti con istruzione sommaria e in quelli di competenza del pretore la dichiarazione è presentata nella cancelleria del giudice competente per il giudizio.
La dichiarazione e le successive istanze dell'intervenuto devono essere notificate a sua cura al pubblico ministero e alle altre parti, e hanno effetto dal giorno in cui fu eseguita l'ultima notificazione.
Nel dibattimento la dichiarazione è ricevuta dal cancelliere che assiste all'udienza con atto separato da unirsi al processo verbale.
Art. 114.
(Difensore del responsabile civile)
Al responsabile civile ammesso al patrocinio gratuito che ne faccia domanda il giudice istruttore, il pretore o il presidente della corte o del tribunale, davanti a cui è in corso l'istruzione o il giudizio, nomina un difensore.
Il patrocinio gratuito non può essere conceduto al responsabile civile che abbia un difensore di fiducia e se è stato conceduto deve essere revocato.
Art. 115.
(Effetti della revoca della costituzione di parte civile rispetto al responsabile civile)
La citazione o l'intervento del responsabile civile non ha effetto se avviene la revoca, a norma degli articoli 101 e 102, della costituzione di parte civile.
Art. 116.
(Esclusione del responsabile civile)
Chi è stato citato come responsabile civile può essere messo fuori causa a istanza propria o del pubblico ministero che non ne abbia richiesto la citazione ovvero dell'imputato.
Chi è intervenuto volontariamente come responsabile civile può essere messo fuori causa ad istanza del pubblico ministero, della parte civile o dell'imputato.
Art. 117.
(Istanza per l'esclusione del responsabile civile proposta nell'istruzione formale)
Durante l'istruzione formale l'istanza indicata nell'articolo precedente è proposta nel termine di tre giorni da quello in cui la citazione o l'intervento del responsabile civile fu notificato all'istante. Essa deve essere motivata ed è presentata per iscritto nella cancelleria dell'ufficio giudiziario davanti al quale è in corso l'istruzione.
Nel termine di tre giorni da quello della presentazione l'atto a cura dell'istante deve essere notificato a chi promosse la citazione o all'intervenuto, che può presentare le sue deduzioni in ugual termine successivo.
I termini predetti sono stabiliti a pena di decadenza.
Il giudice decide senza ritardo con ordinanza, salvo che ritenga di dover differire la decisione ad un altro momento dell'istruzione.
Quando per il tempo in cui è proposta l'istanza la decisione su di essa ritarderebbe la chiusura della istruzione, si provvede nel dibattimento.
Art. 118.
(Effetti dell'ammissione o dell'esclusione del responsabile civile nell'istruzione formale)
L'istanza menzionata nei due articoli precedenti non può essere proposta nel dibattimento quando la citazione o l'intervento del responsabile civile ha avuto luogo durante l'istruzione formale.
Se durante l'istruzione formale il responsabile civile citato o intervenuto è stato messo fuori causa, la citazione o l'intervento non è più ammesso.
Art. 119.
(Istanza per l'esclusione del responsabile civile proposta nel dibattimento)
L'istanza per l'esclusione dalla causa del responsabile civile può essere proposta nel dibattimento, appena compiute per la prima volta le formalità di apertura, quando la citazione o l'intervento ha avuto luogo anteriormente.
Quando l'intervento avviene nel dibattimento, l'istanza deve essere proposta subito dopo la dichiarazione d'intervento.
Il giudice, sentite le parti, provvede immediatamente con ordinanza, salvo che ritenga di differire la decisione. Questa deve essere in ogni caso pronunciata prima dell'inizio della discussione finale.
Art. 120.
(Potere del giudice per l'esclusione del responsabile civile)
Il responsabile civile può essere messo fuori causa dal giudice anche d'ufficio con ordinanza, in qualsiasi stato del procedimento di primo grado, prima dell'inizio della discussione finale nel dibattimento.
Art. 121.
(Effetti delle decisioni che escludono il responsabile civile)
Le ordinanze che mettono fuori causa il responsabile civile non pregiudicano il successivo esercizio dell'azione contro di lui in giudizio civile, salvo quanto è disposto negli articoli 25, 26 e 27.
Nondimeno, se il responsabile civile è messo fuori causa ad istanza della parte civile, questa non può più esercitare l'azione civile contro di lui per il medesimo fatto.
Art. 122.
(Citazione o intervento del civilmente obbligato per l'ammenda)
La persona civilmente obbligata per l'ammenda, ai termini degli articoli 196 e 197 del codice penale, è citata nell'istruzione o nel giudizio in seguito a richiesta del pubblico ministero. Il pretore ne dispone d'ufficio la citazione. Si osservano le forme stabilite per la citazione del responsabile civile.
La persona predetta può anche intervenire volontariamente nel dibattimento, con le forme e nei termini stabiliti negli articoli 112 e 113.
Il giudice nel termine indicato nell'articolo 120 può con ordinanza escludere anche d'ufficio dal procedimento la persona civilmente obbligata per l'ammenda, quando non ricorrono le condizioni stabilite negli articoli 196 e 197 del codice penale.
Art. 123.
(Estensione dei diritti dell'imputato al responsabile civile o al civilmente obbligato per l'ammenda)
Quando non sia disposto altrimenti, al responsabile civile e alla persona civilmente obbligata per l'ammenda, negli atti successivi alla citazione o al loro intervento nell'istruzione o nel giudizio, spettano per la difesa dei loro interessi civili i diritti e le garanzie riconosciuti all'imputato.
Sezione IV. -
Dei difensori e dei procuratori.
Art. 124.
(Difensori nell'istruzione)
Durante l'istruzione, quando è ammessa l'assistenza o la rappresentanza del difensore, l'imputato può essere assistito o rappresentato da un solo difensore.
La parte civile, la persona civilmente obbligata per l'ammenda e il responsabile civile possono rispettivamente farsi assistere durante l'istruzione da un solo difensore e possono soltanto dal medesimo farsi rappresentare con mandato speciale.
Art. 125.
(Difensori o rappresentanti dell'imputato nel giudizio)
Nel giudizio l'imputato deve a pena di nullità essere assistito dal difensore, salvo che si tratti di contravvenzione punibile con l'ammenda non superiore a lire tremila o con l'arresto non superiore ad un mese anche se comminati congiuntamente.
Nel giudizio per reato che la legge punisce soltanto con la multa o con l'ammenda, l'imputato può con mandato speciale farsi rappresentare dal suo difensore. Il giudice tuttavia ha facoltà di ordinarne la comparizione personale.
L'imputato non può essere assistito nel giudizio da più di due difensori.
Art. 126.
(Difensori o rappresentanti delle parti private, diverse dall'imputato, nel giudizio)
La parte civile, la persona civilmente obbligata per l'ammenda e il responsabile civile possono farsi assistere ciascuno da un solo avvocato o procuratore, dal quale hanno facoltà di farsi rappresentare con mandato speciale.
Art. 127.
(Sostituti dei difensori)
Per essere sostituiti nei casi di legittimo impedimento, il difensore o i difensori nominati dalle parti possono designare ciascuno un proprio sostituto, il quale è autorizzato ad agire nel dibattimento soltanto per il tempo in cui si verifica il bisogno della sostituzione.
Il sostituto può essere scelto anche tra i procuratori iscritti nell'albo locale; egli assume tutti gli obblighi del difensore ordinario, quando questi abbandona la difesa, e non può ottenere la concessione di un termine per lo studio degli atti.
Art. 128.
(Nomina del difensore d'ufficio all'imputato)
Quando l'imputato deve essere assistito o rappresentato dal difensore e non lo ha nominato o ne rimane privo, la nomina, salvo quanto è disposto nell'articolo 131, è fatta d'ufficio secondo i casi dal giudice istruttore, dal pubblico ministero, dal presidente o dal pretore ed è comunicata immediatamente al difensore nominato; essa si intende revocata tosto che l'imputato sia assistito o rappresentato da un difensore di fiducia ed è pure revocato il beneficio del patrocinio gratuito che sia stato conceduto.
Gli avvocati e i procuratori hanno obbligo di prestare il loro patrocinio agli imputati quando sono nominati d'ufficio.
Il difensore d'ufficio è nominato tra gli avvocati e i procuratori iscritti negli albi locali. Per la difesa dei minorenni può essere formato un ruolo speciale di avvocati e procuratori. Le nomine debbono avvenire per turno, quando speciali circostanze non richiedono che si provveda altrimenti.
Il difensore nominato d'ufficio può essere sostituito per giustificato motivo con un altro difensore.
Nei casi nei quali è prescritta l'assistenza della difesa, il difensore di fiducia che manca in qualsiasi modo al proprio dovere, anche fuori dei casi preveduti dall'articolo seguente, può essere sostituito con un difensore nominato d'ufficio.
Art. 129.
(Abbandono della difesa dell'imputato)
Il difensore non può abbandonare il proprio ufficio, né allontanarsi dall'udienza in modo che l'imputato rimanga privo di assistenza, neppure adducendo che siano stati violati i diritti della difesa, salvo il diritto d'impugnare la sentenza quando sono state violate disposizioni prescritte a pena di nullità, e purché ne sia stata fatta riserva nel processo verbale.
Art. 130.
(Sanzioni contro il difensore dell'imputato che abbandona la difesa)
Il difensore dell'imputato che viola il divieto stabilito nell'articolo precedente è sospeso dall'esercizio della professione per un tempo non inferiore a tre mesi né superiore ad un anno, ed è inoltre condannato al pagamento delle spese processuali sostenute dallo Stato e dalle parti a causa dell'abbandono della difesa.
In caso di recidiva la sospensione è sempre applicata nel massimo.
La sospensione e la condanna alle spese sono pronunciate immediatamente con ordinanza dal giudice istruttore, dal presidente o dal pretore, sentito il pubblico ministero.
Contro l'ordinanza è ammesso il ricorso per cassazione anche per il merito, da parte dell'interessato e del pubblico ministero.
La dichiarazione di ricorso unitamente ai motivi deve essere presentata a pena di decadenza nel termine di tre giorni dalla notificazione dell'ordinanza.
Art. 131.
(Provvedimenti per la sostituzione)
Qualora il difensore dell'imputato, prima del dibattimento, violi il divieto stabilito nell'articolo 129, il giudice istruttore o il pretore invita l'imputato che sia rimasto senza difensore a nominarne un altro. Se l'imputato non lo nomina o se il precedente difensore è stato nominato d'ufficio, si provvede d'ufficio alla sostituzione. Se il difensore nominato dalla parte o d'ufficio non assume la difesa, è nominato d'ufficio il presidente della commissione Reale per l'ordine degli avvocati, il quale può delegare un altro avvocato in sua vece.
Se il difensore dell'imputato commette il fatto nel dibattimento, il presidente, qualora non sia possibile nominare un altro avvocato o procuratore, conferisce l'incarico della difesa dell'imputato a un vice-pretore o a un uditore giudiziario, o in loro mancanza a un giudice. Può essere concesso un termine massimo di tre giorni per preparare la difesa. Il dibattimento non può mai essere sospeso per un tempo maggiore, né rinviato a causa dell'abbandono della difesa.
Nei dibattimenti davanti al pretore, quando non è disponibile un vice-pretore o un uditore giudiziario, la difesa è affidata ad una delle persone autorizzate ad esercitare le funzioni del pubblico ministero presso le preture, la quale non può ricusare l'ufficio.
L'avvocato o il procuratore nominato d'ufficio o delegato, che senza giusta causa rifiuta l'incarico, è sospeso dall'esercizio della professione per un tempo non inferiore a due mesi né superiore a sei mesi. Si applicano le disposizioni degli ultimi tre capoversi dell'articolo precedente.
Art. 132.
(Abbandono della difesa di altre parti)
L'abbandono della difesa della parte civile, della persona civilmente obbligata per l'ammenda e del responsabile civile non impedisce in alcun caso l'immediata continuazione del procedimento e non interrompe la udienza, salva l'applicazione delle sanzioni disciplinari da parte degli organi professionali, ai quali il giudice istruttore, il presidente o il pretore deve fare rapporto.
Art. 133.
(Incompatibilità e revoca dei difensori)
Quando non vi è incompatibilità, la difesa di più imputati può essere affidata ad un difensore comune.
L'incompatibilità della difesa deve essere rilevata da chi vi ha interesse, appena ne viene a conoscenza, e, in ogni caso, in tempo utile perchè si possa provvedere alla sostituzione, senza sospendere gli atti del procedimento; altrimenti essa non può in seguito essere opposta né in via d'eccezione né come motivo d'impugnazione.
Se l'imputato ha sostituito il proprio difensore di fiducia o ne ha revocato la nomina senza sostituirlo, la sostituzione o la revoca non produce effetto se non è comunicata al giudice od al pubblico ministero che procede all'istruzione. Nel dibattimento la sostituzione o la revoca avviene mediante dichiarazione inserita nel processo verbale.
Art. 134.
(Nomina dei difensori di fiducia)
Quando la legge prevede la nomina di un difensore, senza esigere forme particolari, la nomina può farsi dalla parte interessata in qualsiasi atto del procedimento ricevuto dall'Autorità giudiziaria o ad essa presentato ovvero con dichiarazione resa personalmente o per mezzo di procuratore speciale nella cancelleria o segreteria dell'ufficio giudiziario procedente o con lettera raccomandata diretta alla stessa cancelleria o segreteria.
Costituisce grave infrazione disciplinare per gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria e della forza pubblica e per tutti i dipendenti dall'Amministrazione degli istituti di prevenzione e di pena dare consigli sulla scelta o ricevere la nomina del difensore di fiducia, salvo quanto è stabilito nell'articolo 80.
Art. 135.
(Colloqui del difensore con l'imputato detenuto)
Durante l'istruzione formale, quando sono terminati gli interrogatori, il giudice può autorizzare il difensore a conferire con l'imputato detenuto. Dopo il deposito degli atti a norma dell'articolo 372, o dopo che la citazione fu ordinata dal pretore o richiesta dal pubblico ministero, il difensore può conferire con l'imputato stesso senza bisogno di autorizzazione.
Art. 136.
(Procuratori speciali per determinati atti)
Quando la legge consente che un atto del procedimento penale sia compiuto per mezzo di un procuratore speciale, non può giovarsi di tale facoltà l'imputato che si è sottratto all'esecuzione di un mandato o di un ordine di cattura o di una sentenza di condanna a pena detentiva ovvero all'applicazione di misure di sicurezza detentive o che si trova all'estero per essere uscito illegittimamente dal territorio dello Stato.
Il mandato speciale deve a pena d'inammissibilità essere rilasciato per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, e deve contenere, oltre le indicazioni che la legge particolarmente richiede, la determinazione dell'oggetto per cui è conferito e dei fatti ai quali si riferisce. Il mandato è unito agli atti.
Per le pubbliche Amministrazioni basta che il mandato sia sottoscritto dal capo dell'Amministrazione nella circoscrizione in cui si fa l'istruzione o il giudizio, e sia munito del sigillo dell'ufficio.
Non è ammessa alcuna ratifica degli atti compiuti nell'interesse altrui senza mandato speciale nei casi in cui questo è richiesto dalla legge.
Titolo quarto.
Degli atti processuali.
Capo I.
Disposizioni generali.
Art. 137.
(Uso della lingua italiana)
Tutti gli atti del procedimento penale devono essere compiuti in lingua italiana a pena di nullità.
Le persone che sanno esprimersi in lingua italiana sono obbligate a servirsi di questa nel rendere le loro dichiarazioni o deposizioni.
Il rifiuto di esprimersi in lingua italiana da parte di persona che la conosca e la falsa attestazione di ignorarla sono puniti con l'ammenda da lire cinquecento a duemila, salve le maggiori pene quando il fatto costituisce un più grave reato.
Art. 138.
(Oralità degli esami e interrogatori)
Chi è esaminato o interrogato deve rispondere oralmente, e non gli è consentito di leggere dichiarazioni scritte. Tuttavia il giudice o il pubblico ministero procedente all'istruzione sommaria può permettere, facendone menzione nel processo verbale, di consultare note in aiuto alla memoria, avuto riguardo alla qualità della persona e alla natura dei fatti. Tale permesso deve essere dato in ogni caso ai periti e ai consulenti tecnici che ne facciano domanda.
Art. 139.
(Sottoscrizione degli atti)
Quando è richiesta la sottoscrizione di un atto o di un documento, è sufficiente se la legge non dispone altrimenti la scrittura di propria mano, in fine dell'atto, del nome e del cognome di chi deve firmare.
Se questi non può o non sa scrivere, il pubblico ufficiale al quale è presentato l'atto scritto o che riceve l'atto orale, accertata l'identità della persona, ne fa annotazione in fine dell'atto medesimo.
Non è valida la sottoscrizione apposta con mezzi meccanici o con segni diversi dalla scrittura.
Art. 140.
(Data degli atti)
Quando la legge richiede la data di un atto, devono indicarsi il giorno, il mese, l'anno e il luogo in cui l'atto è compiuto. Non è necessaria l'indicazione dell'ora se non è espressamente prescritta.
Se l'indicazione della data di un atto è richiesta a pena di nullità, questa sussiste soltanto nel caso in cui la data non possa stabilirsi con certezza in base ad elementi contenuti nell'atto medesimo o in atti con questo connessi.
Art. 141.
(Eliminazione degli scritti anonimi)
Gli scritti anonimi non possono essere uniti agli atti del procedimento, né può farsene alcun uso processuale, salvo che costituiscano corpo del reato, ovvero provengano comunque dall'imputato.
Art. 142.
(Giuramento)
L'Autorità che riceve il giuramento ammonisce previamente chi deve prestarlo dell'importanza morale dell'atto, del vincolo religioso che con esso contrae dinanzi a Dio e delle pene stabilite contro i colpevoli di falsità in giudizio. Nei giudizi collegiali l'ammonizione è fatta dal presidente. Chi deve prestare il giuramento sta in piedi a capo scoperto al cospetto dell'Autorità che lo riceve. Questa ne legge la formula e il giuramento si presta pronunciando le parole: Lo giuro.
Il giuramento, una volta prestato, non deve più rinnovarsi nello stesso procedimento, salvo che l'atto nel quale fu prestato sia stato annullato. Fuori di questo caso, quando la persona viene richiamata per atti successivi, il giudice le rammenta soltanto il giuramento prestato e ne fa menzione nel processo verbale.
Le disposizioni della prima parte di questo articolo si osservano a pena di nullità.
La prestazione del giuramento nei casi in cui la legge non la esige non è causa di nullità.
Art. 143.
(Interrogatorio o esame di sordi, muti o sordomuti)
Per interrogare, esaminare o far giurare un sordo, un muto o un sordomuto: al sordo si presentano in iscritto le ammonizioni, le domande, le osservazioni e la formula del giuramento ed egli dà le sue risposte e giura oralmente; al muto si fanno oralmente le ammonizioni, le domande, le osservazioni, ed egli risponde in iscritto; la formula del giuramento letta dall'Autorità che lo riceve gli è poi presentata ed egli scrive sotto di essa le parole: Lo giuro, e le sottoscrive; al sordomuto si fanno le ammonizioni, le domande, le osservazioni e si presenta la formula del giuramento ed egli risponde in iscritto e giura scrivendo sotto la formula le parole: Lo giuro, e le sottoscrive.
Se il sordo, il muto o il sordomuto non sa leggere o scrivere, l'Autorità che deve esaminarlo nomina uno o più interpreti, scelti di preferenza tra le persone abituate a trattare con lui, osservando nel resto le disposizioni relative agli interpreti.
Art. 144.
(Accompagnamento coattivo di persone obbligate a presentarsi all'Autorità giudiziaria e sanzioni contro di esse)
Se il testimonio, il perito, l'interprete o il custode di cose sottoposte a sequestro, regolarmente citato o chiamato, omette senza un legittimo impedimento di comparire nel luogo, giorno e ora stabiliti, il giudice o il pubblico ministero può ordinarne l'accompagnamento per mezzo della forza pubblica, e può altresì condannarlo con ordinanza al pagamento di una somma da lire cento a duemila a favore della Cassa delle ammende e alle spese alle quali la mancata comparizione ha dato causa.
Art. 145.
(Facoltà delle parti di presentare memorie e istanze)
In ogni stato e grado del procedimento le parti e i loro difensori hanno facoltà di presentare al giudice o al pubblico ministero memorie o istanze scritte, mediante deposito nella cancelleria o segreteria, senza obbligo di comunicarle alle altre parti, salvo che la legge disponga altrimenti.
Capo II.
Degli atti e dei provvedimenti del giudice.
Art. 146.
(Poteri coercitivi del giudice)
Ogni giudice nell'esercizio delle sue funzioni può richiedere l'intervento della forza pubblica e può prescrivere tutto ciò che è necessario per il sicuro ed ordinato compimento degli atti ai quali procede.
Art. 147.
(Assistenza del cancelliere)
Il giudice in tutti gli atti ai quali procede è assistito dal cancelliere, se la legge non dispone altrimenti.
Art. 148.
(Forme dei provvedimenti del giudice)
La legge stabilisce i casi nei quali l'atto del giudice deve assumere la forma della sentenza, quella dell'ordinanza o quella del decreto.
La sentenza è sempre pronunciata in nome del Re.
Le sentenze e le ordinanze devono essere motivate, a pena di nullità, se la legge non stabilisce altrimenti. I decreti devono essere motivati, a pena di nullità, soltanto quando è richiesta espressamente la motivazione.
I provvedimenti per l'attuazione di disposizioni ordinatorie del procedimento o regolamentari sono dati senza l'osservanza di speciali formalità e, quando non è disposto altrimenti, anche oralmente.
Art. 149.
(Correzione di errori materiali)
Oltre che nei casi particolarmente preveduti dalla legge, quando nelle sentenze, nelle ordinanze o nei decreti sono contenuti omissioni od errori, che non producono nullità e la cui correzione non importa una modificazione essenziale dell'atto, la correzione è disposta anche d'ufficio con ordinanza in camera di consiglio dal giudice che ha compiuto l'atto, previa citazione, se è possibile, della parte che vi ha interesse.
Nel processo verbale è fatta menzione delle dichiarazioni della parte interessata.
Nell'originale dell'atto è fatta annotazione dell'ordinanza di correzione.
L'ordinanza che dispone la correzione è soggetta soltanto al ricorso per cassazione.
Quando è stata proposta impugnazione contro un provvedimento contenente omissioni o errori materiali, se l'impugnazione è dichiarata inammissibile la correzione è disposta dal giudice che ha emesso il provvedimento; altrimenti vi provvede il giudice competente a decidere sull'impugnazione.
Art. 150.
(Conclusioni delle parti relative ai provvedimenti del giudice)
Nel dibattimento le sentenze e le ordinanze sono precedute dalle conclusioni orali del pubblico ministero e delle parti private, a pena di nullità, se la legge non dispone altrimenti.
Art. 151.
(Deposito in cancelleria dei provvedimenti del giudice e relativo avviso)
Gli originali delle sentenze pronunciate in seguito al dibattimento sono depositati nella cancelleria non oltre il decimoquinto giorno da quello della pronuncia.
Gli originali dei provvedimenti emessi in seguito a procedimento in camera di consiglio sono depositati in cancelleria entro cinque giorni dalla loro deliberazione.
Nei casi preveduti dalla prima parte e dal primo capoverso di questo articolo, se si tratta di provvedimenti soggetti a impugnazione, l'avviso dell'avvenuto deposito è comunicato al pubblico ministero ed è notificato alle parti private a cui spetta il diritto d'impugnazione. Tale avviso, quando riguarda i provvedimenti menzionati nel primo capoverso, deve contenere a pena di nullità l'indicazione del dispositivo.
Art. 152.
(Obbligo dell'immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità)
In ogni stato e grado del procedimento il giudice il quale riconosce che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso, o che la legge non lo prevede come reato, o che il reato è estinto, o che l'azione penale non poteva essere iniziata o proseguita, deve dichiararlo d'ufficio con sentenza.
Quando risulta una causa di estinzione del reato, ma già esistono prove le quali rendono evidente che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non è preveduto dalla legge come reato, il giudice pronuncia in merito, prosciogliendo con la formula prescritta.
Art. 153.
(Deliberazioni del giudice in camera di consiglio)
Il giudice delibera in camera di consiglio senza la presenza del pubblico ministero e del cancelliere e senza intervento delle parti private e dei difensori, salvo che la legge disponga altrimenti.
Alle corti e ai tribunali prima della deliberazione è fatta relazione da uno dei componenti, previamente designato dal presidente.
I provvedimenti in camera di consiglio, di competenza della corte d'assise, quando è chiusa la sessione, sono deliberati dalla corte d'appello.
Art. 154.
(Obbligo d'osservanza delle norme processuali)
I magistrati, i cancellieri, gli ufficiali giudiziari, gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria sono obbligati ad osservare le norme stabilite in questo codice anche quando l'inosservanza non importa nullità od altra sanzione particolare.
Il presidente della corte d'appello vigila sotto la propria responsabilità perchè i giudici dei tribunali e delle corti, i cancellieri e gli ufficiali giudiziari si attengano rigorosamente alle prescrizioni della legge. Altrettanto fa il presidente del tribunale rispetto ai magistrati e funzionari soggetti alla sua sorveglianza.
Il procuratore generale e il procuratore del Re esercitano per lo stesso scopo la vigilanza sui magistrati del pubblico ministero e sui pretori; le stesse Autorità ed il pretore esercitano tale vigilanza sui funzionari di cancelleria e di segreteria, sugli ufficiali giudiziari e sugli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria.
Capo III.
Dei processi verbali.
Art. 155.
(Nozione del processo verbale)
Il processo verbale è atto compilato da un pubblico ufficiale per fare fede delle operazioni compiute o delle dichiarazioni ricevute da lui o da un altro pubblico ufficiale ch'egli assiste.
Art. 156.
(Regola generale)
Quando occorre compilare processi verbali il giudice è assistito dal cancelliere; il magistrato del pubblico ministero è assistito dal segretario o da un ufficiale di polizia giudiziaria.
Art. 157.
(Contenuto e formalità del processo verbale)
Il processo verbale contiene la menzione del luogo, dell'anno, del mese, del giorno e occorrendo dell'ora in cui è cominciato e chiuso, i nomi delle persone intervenute, le cause, se conosciute, per cui non siasi avuta la presenza delle persone che sarebbero dovute intervenire, l'indicazione delle operazioni a cui ha preso parte ciascuno degli intervenuti e dei risultati ottenuti, e le dichiarazioni ricevute dal pubblico ufficiale che compila l'atto.
Nel processo verbale deve essere indicato, per ogni dichiarazione in esso inserita, se è stata fatta spontaneamente o a domanda; se è stata dettata dal dichiarante, ne è fatta menzione.
Il processo verbale previa lettura è sottoscritto in fine di ogni foglio dalle persone intervenute, anche quando la continuazione delle operazioni è rimessa ad altro giorno.
Se alcuno degli intervenuti non può o non vuole sottoscrivere, ne è fatta menzione.
Art. 158.
(Valore probatorio del processo verbale)
Il processo verbale fa fede fino ad impugnazione di falso di quanto il pubblico ufficiale attesta di aver fatto o essere avvenuto in sua presenza, ma non pregiudica la libera valutazione da parte del giudice dei fatti attestati o delle dichiarazioni ricevute nel verbale medesimo.
Art. 159.
(Incapacità di intervenire come testimoni ad atti processuali)
Non possono intervenire come testimoni ad atti processuali: 1° i minori degli anni quattordici e le persone palesemente affette da infermità di mente o in stato di manifesta ubriachezza: la capacità si presume sino a prova contraria; 2° le persone sottoposte a misure di sicurezza detentive o alla libertà vigilata.
Art. 160.
(Dichiarazioni orali delle parti)
Quando la legge non prescrive la forma scritta, le parti possono fare dichiarazioni, istanze o deduzioni orali personalmente o per mezzo di procuratore speciale.
Salvo quanto è disposto nell'articolo 80 in relazione all'imputato detenuto, il pubblico ufficiale che riceve la dichiarazione, l'istanza o le deduzioni ne compila processo verbale al quale unisce se ne è il caso il mandato speciale.
Se la parte ne fa richiesta, le è rilasciato un certificato a sue spese.
Art. 161.
(Nullità dei processi verbali)
Salve le particolari disposizioni di legge, il processo verbale è nullo se manca l'indicazione della data, la designazione delle persone intervenute o la sottoscrizione del pubblico ufficiale che lo ha compilato.
Capo IV.
Della rinnovazione, pubblicazione e copia degli atti.
Art. 162.
(Surrogazione di copie agli originali mancanti)
Fuori dei casi particolarmente regolati dalle leggi, quando per qualsivoglia causa sono distrutti, smarriti o sottratti gli originali di sentenze o di altri atti processuali dei quali occorre far uso e non è possibile ricuperarli, la copia autentica ha valore di originale ed è posta nel luogo in cui questo dovrebbe trovarsi.
A tal fine il presidente della corte o del tribunale o il pretore, d'ufficio o a richiesta del pubblico ministero o della parte privata interessata, ordina con decreto a chi detiene la copia di consegnarla alla cancelleria, salvo a costui il diritto di averne gratuitamente un'altra copia autentica.
Art. 163.
(Ricostituzione di atti)
Quando non è possibile provvedere nel modo indicato nell'articolo precedente, il pubblico ministero e le parti private possono presentare al giudice prove per accertare la preesistenza e il contenuto degli atti mancanti. Il giudice, assunte le prove, stabilisce con ordinanza se e in quale tenore l'atto mancante deve essere ricostituito.
Se esiste la minuta dell'atto mancante, l'originale è ricostituito anche d'ufficio secondo il tenore della medesima, quando il pretore, il presidente o in mancanza di lui alcuno dei giudici che sottoscrissero l'originale mancante, riconosce che questo era conforme alla predetta minuta.
Qualora non si possa provvedere alla ricostituzione dell'atto mancante in uno dei modi sopra indicati, il giudice determina se è possibile e necessaria la rinnovazione, prescrivendone il modo. Quando occorre, stabilisce inoltre quali altri atti debbono essere rinnovati insieme con quello mancante.
Art. 164.
(Divieto di pubblicazione di determinati atti)
E' vietata la pubblicazione, col mezzo della stampa o con altri mezzi di divulgazione, fatta da chiunque in qualsiasi modo, totale o parziale, anche per riassunto o a guisa d'informazione, del contenuto di qualunque documento e di ogni atto scritto od orale relativo: 1° all'istruzione formale o sommaria, fino a che del documento o dell'atto non siasi data lettura nel dibattimento a porte aperte; 2° ad una istruzione chiusa con sentenza che dichiara non doversi procedere, fino a che ne sia possibile la riapertura; 3° all'istruzione o al giudizio se il dibattimento è tenuto a porte chiuse, fino a che siano trascorsi i termini stabiliti dalle norme sugli archivi di Stato.
Nei casi preveduti dai numeri 2° e 3° è fatta eccezione per le sentenze e per le ordinanze, purché non si tratti di sentenze pronunciate in seguito a dibattimento a porte chiuse a' termini dell'articolo 425.
Art. 165.
(Rilascio di copie, di estratti o di certificati)
Durante il procedimento e dopo la sua definizione possono essere chiesti, da chiunque vi abbia interesse, copie, estratti o certificati di singoli atti. Le spese sono a carico del richiedente.
Il rilascio può essere consentito dal giudice istruttore, dal pretore o dal pubblico ministero che procede all'istruzione e, dopo che questa è chiusa con sentenza che dichiara non doversi procedere, dal giudice istruttore o dal pretore. Durante il giudizio o dopo la sua definizione il rilascio può essere consentito dal presidente della corte o del tribunale o dal pretore.
Il rilascio predetto non fa venire meno il divieto di pubblicazione stabilito nell'articolo precedente.
Se si tratta di scrittura sequestrata, si osservano le disposizioni dell'articolo 343.
Capo V.
Della notificazione.
Art. 166.
(Organo e forme delle notificazioni)
La notificazione di un atto, salvo che sia disposto altrimenti, è eseguita, per ordine del giudice o del pubblico ministero o a richiesta della parte privata, dall'ufficiale giudiziario o da chi ne esercita le funzioni.
L'atto è rimesso all'ufficiale giudiziario che deve immediatamente formarne un numero di copie eguale a quello delle persone alle quali deve notificarsi.
Fuori dei casi eccettuati dalla legge, l'atto deve essere notificato per intero.
Gli avvisi che in qualsiasi stato e grado del procedimento sono dati dal giudice verbalmente agli interessati in loro presenza sostituiscono le notificazioni, purché ne sia fatta menzione nel processo verbale.
Art. 167.
(Modi della notificazione)
Le notificazioni al pubblico ministero sono eseguite mediante consegna di una copia dell'atto in ufficio al segretario del procuratore del Re o del procuratore generale. Le comunicazioni di atti o provvedimenti del giudice al pubblico ministero sono eseguite a cura del cancelliere nello stesso modo; il cancelliere fa annotazione, nell'originale dell'atto, dell'eseguita consegna e della data in cui questa è avvenuta.
Le notificazioni alla parte civile si eseguono nel domicilio indicato nella dichiarazione di costituzione.
La prima notificazione al responsabile civile citato è eseguita nelle forme stabilite per la prima notificazione all'imputato non detenuto. Se si tratta di persona che non abbia il libero esercizio dei suoi diritti, di persona giuridica o di pubblica Amministrazione, la notificazione si esegue con le forme stabilite dalle leggi di procedura civile.
Dopo la notificazione della citazione o nella dichiarazione di intervento volontario, il responsabile civile deve dichiarare o eleggere il proprio domicilio nel luogo in cui si procede con atto ricevuto dal cancelliere dell'ufficio giudiziario competente. In mancanza di tale dichiarazione o elezione, le notificazioni sono eseguite mediante deposito nella cancelleria.
Le notificazioni alla persona civilmente obbligata per l'ammenda si eseguono con le forme stabilite per il responsabile civile.
Art. 168.
(Notificazioni all'imputato detenuto)
Le notificazioni all'imputato detenuto si eseguono dall'ufficiale giudiziario mediante consegna della copia alla persona.
Questa disposizione si applica anche quando dagli atti risulta che l'imputato è detenuto per causa diversa dal procedimento per il quale deve eseguirsi la notificazione o che è internato in uno stabilimento per misura di sicurezza.
Art. 169.
(Prima notificazione all'imputato non detenuto)
Fuori dei casi preveduti dall'articolo precedente, quando il domicilio per le notificazioni non è stato ancora designato a norma dell'articolo 171 e non è possibile consegnare personalmente la copia all'imputato, la prima notificazione è eseguita nella casa di abitazione dell'imputato stesso o nel luogo in cui egli abitualmente esercita la sua attività professionale, mediante consegna a una persona che conviva anche temporaneamente con lui, o, in mancanza, al portiere o a chi ne fa le veci.
Qualora i luoghi sopra indicati siano ignoti, la notificazione si esegue nel luogo dove l'imputato ha temporanea dimora o recapito, mediante consegna a una delle predette persone.
La copia non può in alcun caso essere consegnata a persona minore degli anni quattordici o palesemente affetta da infermità di mente o in stato di manifesta ubriachezza o che sia stata offesa dal reato.
Art. 170.
(Notificazioni all'imputato irreperibile)
Se, per mancanza o inidoneità delle persone indicate nell'articolo precedente o per essere ignoto ogni recapito dell'imputato, non è possibile eseguire le notificazioni nei modi nell'articolo stesso stabiliti, l'ufficiale giudiziario ne fa relazione al giudice davanti al quale è in corso il procedimento o al pubblico ministero, quando la notificazione è stata da lui richiesta.
Il giudice o il pubblico ministero, qualora non sia il caso di disporre nuove ricerche, emette decreto con il quale, nominato un difensore all'imputato che già non ne abbia uno nel luogo in cui si procede, ordina che le notificazioni non potute fare e quelle che occorressero in seguito per tutta la durata del procedimento siano eseguite mediante deposito nella cancelleria o segreteria dell'ufficio giudiziario nel quale si procede. Di ogni deposito deve essere dato avviso senza ritardo al difensore.
Le notificazioni in tal modo eseguite sono valide per ogni effetto; ma, se la legge non dispone altrimenti, esse non conferiscono al difensore il diritto di sostituirsi all'imputato negli atti che questi deve compiere personalmente o per mezzo di procuratore speciale. Per ogni altro atto il difensore rappresenta l'imputato.
Art. 171.
(Domicilio dichiarato o eletto per le notificazioni all'imputato)
Il giudice o il pubblico ministero nel primo atto compiuto con l'intervento dell'imputato, se questi non è detenuto né internato in uno stabilimento per misura di sicurezza, lo invita a dichiarare o eleggere il proprio domicilio per le notificazioni; del domicilio indicato è fatta menzione nel processo verbale. Se l'imputato non fa tale dichiarazione o elezione o se la indicazione è insufficiente o inidonea, le notificazioni sono eseguite mediante deposito nella cancelleria o segreteria del magistrato procedente, a norma del primo capoverso dell'articolo 170.
L'imputato detenuto che deve essere scarcerato per causa diversa dal proscioglimento definitivo o l'imputato che deve essere dimesso da uno stabilimento dove era stato internato per misura di sicurezza, nell'atto della scarcerazione o della liberazione ha obbligo di fare la dichiarazione o elezione di domicilio preveduta dalla prima parte di questo articolo. Tale dichiarazione o elezione è ricevuta dal direttore dello stabilimento, il quale ne fa menzione nel registro indicato nell'articolo 80 e ne dà immediata comunicazione all'Autorità giudiziaria che ha disposto la scarcerazione o la liberazione. Se l'imputato non fa la predetta dichiarazione o elezione ovvero se l'indicazione è insufficiente o inidonea, le notificazioni sono eseguite a norma del primo capoverso dell'articolo precedente.
Ogni mutazione di domicilio deve essere resa nota dall'imputato alla cancelleria o alla segreteria del magistrato procedente, con dichiarazione raccolta a processo verbale. Sono valide altrimenti le notificazioni nel domicilio risultante dagli atti.
Art. 172.
(Durata del domicilio legale per le notificazioni all'imputato)
La determinazione del domicilio legale, fatta a norma dei due articoli precedenti, vale per ogni stato e grado del procedimento, salvo quanto è disposto nella prima parte dell'articolo 532.
Art. 173.
(Notificazioni all'imputato latitante, evaso o renitente)
Le notificazioni all'imputato latitante od evaso ovvero che senza un legittimo impedimento non si è presentato per l'interrogatorio si eseguono mediante deposito nella cancelleria o segreteria, a' termini del primo capoverso dell'articolo 170. Il giudice o il pubblico ministero nomina un difensore all'imputato che ne è privo.
Art. 174.
(Notificazione all'imputato in servizio militare)
Quando l'imputato è un militare in servizio attivo, o una persona a questo equiparata, la notificazione è fatta nel luogo in cui egli risiede per ragione del suo servizio mediante consegna personale, o quando la consegna personale non è possibile, mediante consegna della copia all'ufficio del comandante da cui dipende.
Se il militare è detenuto, ovvero se è latitante od evaso o non si è presentato per l'interrogatorio senza un legittimo impedimento, le notificazioni si eseguono nel modo prescritto per gli imputati non militari che si trovano nelle medesime condizioni.
Art. 175.
(Notificazioni ad altre persone)
Le notificazioni a persone diverse da quelle indicate negli articoli precedenti sono eseguite secondo le norme dell'articolo 169, tutte le volte che non sia possibile la consegna personale. Se neppure in quel modo è possibile la notificazione, l'ufficiale giudiziario si fa rilasciare dal podestà un certificato attestante che è ignoto il recapito della persona, ovvero se ne è il caso che essa è morta o assente dal Regno.
Art. 176.
(Relazione di notificazione)
Di ogni notificazione l'ufficiale giudiziario o chi ne esercita le funzioni scrive, in fine dell'atto da restituire al richiedente e di ciascuna copia notificata, la relazione in cui indica le ricerche fatte, le generalità della persona alla quale ha consegnato la copia e la data della consegna. La relazione è sottoscritta dall'ufficiale che ha eseguito la notificazione.
La relazione fa fede sino a impugnazione di falso per quanto l'ufficiale che eseguì la notificazione attesta aver fatto o essere avvenuto in sua presenza.
Quando vi è contraddizione tra la relazione scritta nella copia consegnata e quella contenuta nell'atto restituito, fanno fede per ciascun interessato le attestazioni contenute nella copia a lui notificata.
Se la legge non dispone altrimenti, la notificazione produce effetto per ciascun interessato dal giorno della sua esecuzione.
Quando la notificazione è ordinata dal giudice o dal pubblico ministero, l'atto restituito, la relazione di irreperibilità, il certificato del podestà e gli altri documenti sono uniti agli atti del procedimento.
Art. 177.
(Estensione territoriale delle regole sulle notificazioni)
In mancanza di speciali disposizioni le regole stabilite per le notificazioni nel Regno si osservano anche per quelle che occorre eseguire nelle colonie o in altri luoghi soggetti alla sovranità dello Stato e nei territori esteri in cui si esercita la giurisdizione italiana.
Art. 178.
(Notificazioni col messo della posta)
Le notificazioni possono essere eseguite anche col mezzo degli uffici postali, nei modi stabiliti dalle relative norme speciali.
E' valida la notificazione anche se eseguita col mezzo di un ufficio postale diverso da quello a cui inizialmente fu diretto il piego.
Qualora l'ufficio postale restituisca il piego per irreperibilità del destinatario, l'ufficiale giudiziario provvede alla notificazione nei modi ordinari.
Art. 179.
(Nullità delle notificazioni)
La notificazione è nulla se l'atto è stato notificato incompletamente, fuori dei casi in cui la legge consente la notificazione per estratto; se nella relazione della copia notificata manca la sottoscrizione di chi l'ha eseguita; se sono state violate le disposizioni circa la persona a cui deve essere consegnata la copia; se vi è incertezza assoluta sulla data della notificazione ovvero sul richiedente o sul destinatario, e, nel caso preveduto dal primo capoverso dell'articolo 170, se non è stato dato avviso al difensore dell'avvenuto deposito.
Capo VI.
Dei termini.
Art. 180.
(Regole generali)
I termini processuali sono stabiliti a ore, a giorni, a mesi o ad anni.
I termini a giorni, a mesi e ad anni si computano secondo il calendario comune.
Il termine stabilito a giorni, il quale scade in giorno festivo, è prorogato di diritto al giorno successivo non festivo.
Nel computo dei termini non si comprende l'ora o il giorno in cui ne è iniziata la decorrenza; l'ultima ora o l'ultimo giorno del termine è in questo computato, se la legge non dispone altrimenti.
Quando è prefisso soltanto il momento finale del termine, le unità di tempo stabilite per il termine stesso si computano intere e libere.
Art. 181.
(Scadenza speciale dei termini)
Il termine per fare dichiarazioni, depositare documenti o compiere altri atti in un ufficio giudiziario si considera scaduto nel momento in cui secondo i regolamenti l'ufficio viene chiuso al pubblico.
Art. 182.
(Termini stabiliti a pena di decadenza. Abbreviazione di termini)
I termini stabiliti a pena di decadenza non possono essere prorogati, salvi i casi eccettuati dalla legge.
La parte a favore della quale è stabilito un termine può chiederne o consentirne l'abbreviazione con dichiarazione ricevuta dal cancelliere del giudice o dal segretario del pubblico ministero procedente.
Art. 183.
(Prolungamento dei termini di comparizione)
Per l'imputato la cui residenza, risultante dagli atti o indicata a norma dell'articolo 171, è fuori del Comune nel quale ha sede il giudice o il pubblico ministero procedente, il termine per comparire è prolungato del numero dei giorni necessari per il viaggio. Il prolungamento non può essere minore di un giorno per ogni duecento chilometri di distanza, quando è possibile l'uso di mezzi ferroviari, e per ogni trenta chilometri negli altri casi. Lo stesso prolungamento ha luogo per gli imputati detenuti o internati fuori del Comune predetto.
Per l'imputato residente all'estero il prolungamento del termine è stabilito dal magistrato.
Le stesse disposizioni si applicano quando si tratta di termine stabilito per la presentazione di ogni altra persona per la quale l'Autorità giudiziaria emette ordine o invito di presentazione.
Capo VII.
Della nullità.
Art. 184.
(Regole generali)
L'inosservanza delle forme prescritte per gli atti processuali è causa di nullità soltanto nei casi in cui questa è comminata espressamente dalla legge.
Tutte le nullità possono essere sanate nei modi stabiliti dalla legge.
Art. 185.
(Nullità d'ordine generale)
S'intende sempre prescritta a pena di nullità l'osservanza delle disposizioni concernenti: 1° la nomina e le altre condizioni di capacità del giudice stabilite dalle leggi d'ordinamento giudiziario, e il numero dei giudici necessario per costituire i collegi giudicanti; 2° l'iniziativa del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale; la sua partecipazione al procedimento e ad ogni atto in cui la legge la dichiara obbligatoria; 3° l'intervento, l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato, nei casi e nelle forme che la legge stabilisce.
Art. 186.
(Inosservanza delle norme sulla tassa di bollo)
Quando la legge assoggetta alla tassa di bollo un determinato atto, la mancanza o l'insufficienza del bollo ne rende inammissibile o ne impedisce il compimento; ma, se ciò nonostante l'atto è stato ammesso o compiuto, tale mancanza o insufficienza non produce nullità rispetto al procedimento penale e all'azione civile in questo proposta.
Art. 187.
(Sanatorie generali)
Il giudice che rileva una causa di nullità provvede immediatamente ad eliminarla, se è possibile. Se non è possibile, pronuncia ordinanza con la quale, dichiarata la nullità, dà i provvedimenti indicati nell'articolo 189, salvo quanto è disposto nella prima parte dell'articolo 522.
Il pubblico ministero e le altre parti non possono opporre le nullità alle quali hanno dato o sono concorsi a dar causa o relative a disposizioni alla cui osservanza non hanno interesse.
La nullità di un atto è sanata se nonostante l'irregolarità l'atto ha egualmente conseguito il suo scopo rispetto a tutti gli interessati. La nullità è pure sanata se l'interessato ha anche tacitamente accettato gli effetti dell'atto.
Art. 188.
(Sanatoria delle nullità delle citazioni)
La nullità d'una richiesta o d'un decreto di citazione e della sua notificazione, oltre che per le cause generali prevedute dalla legge, è sanata dal fatto che la parte interessata sia comparsa, anche se essa dichiara che la comparizione è determinata dal solo intento di far rilevare l'irregolarità. Il giudice tuttavia, se riconosce che l'irregolarità ha potuto pregiudicare il diritto di difesa dell'imputato nel dibattimento, sospende o rinvia il dibattimento stesso a' termini dell'articolo 431 o dell'articolo 432.
Art. 189.
(Effetti della dichiarazione di nullità)
La nullità di un atto, quando è dichiarata, rende nulli quelli consecutivi che da esso dipendono. La nullità della notificazione rende nullo il decreto di citazione.
Il giudice, nel dichiarare la nullità di un atto, stabilisce anche d'ufficio se la nullità si comunica a determinati atti anteriori o contemporanei connessi con quello annullato.
Il giudice che dichiara la nullità ordina la rinnovazione o la rettificazione degli atti, qualora sia necessaria e possibile, disponendo altresì che venga eseguita a spese del cancelliere, del segretario o dell'ufficiale giudiziario, se la causa della nullità è imputabile ad una di tali persone per dolo o colpa grave nell'esercizio delle sue funzioni.
Capo VIII.
Delle impugnazioni.
Art. 190.
(Regole generali)
La legge stabilisce i casi nei quali i provvedimenti del giudice sono soggetti a impugnazione, e determina il mezzo con cui possono essere impugnati.
I provvedimenti che la legge non dichiara espressamente soggetti ad un determinato mezzo d'impugnazione sono inoppugnabili, anche se sono connessi con provvedimenti impugnabili.
Il diritto d'impugnazione spetta soltanto a colui al quale la legge espressamente lo conferisce. Se la legge non distingue fra le diverse parti, tale diritto spetta a ciascuna di esse.
Per proporre un mezzo d'impugnazione è in ogni caso necessario avervi interesse.
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche ai provvedimenti dati dal giudice nei procedimenti speciali o incidentali.
Art. 191.
(Impugnazioni del pubblico ministero)
Il procuratore del Re e il procuratore generale presso la corte d'appello possono proporre impugnazione, nei casi stabiliti dalla legge, quali che siano state nel procedimento le conclusioni del rappresentante del pubblico ministero. Possono altresì proporre impugnazione nonostante l'impugnazione del pubblico ministero di grado inferiore, ovvero l'acquiescenza di questo.
Art. 192.
(Impugnazioni dell'imputato e del difensore)
L'imputato può proporre l'impugnazione personalmente o per mezzo di procuratore speciale.
L'impugnazione può anche essere proposta dall'avvocato o dal procuratore, che ha assistito o rappresentato l'imputato nel procedimento.
Art. 193.
(Dichiarazione dell'imputato contraria all'impugnazione proposta dal difensore; concorso delle due dichiarazioni)
Nel caso indicato nel capoverso dell'articolo precedente, l'imputato può togliere effetto, con la propria dichiarazione contraria, all'impugnazione per lui proposta dal difensore, salvo che sia impugnata una sentenza di condanna alla pena di morte. La dichiarazione è fatta nei modi indicati nell'ultimo capoverso dell'articolo 206. Per la validità di tale dichiarazione, quando si tratta di minorenni o di altri incapaci, è necessario il concorso della volontà di chi esercita su essi la patria potestà o l'autorità tutoria.
Se tanto l'imputato quanto il difensore hanno proposto l'impugnazione, si tien conto per ogni effetto soltanto dell'impugnazione proposta dall'imputato, quando tra i due atti siavi contraddizione. Negli altri casi la regolarità di un'impugnazione sana l'irregolarità dell'altra anche in relazione ai motivi.
Art. 194.
(Impugnazioni del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per l'ammenda)
Il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per l'ammenda possono proporre l'impugnazione nei casi in cui questa è consentita all'imputato, oltre che contro i capi della sentenza che pronunciano la loro condanna, anche contro quelli che dichiarano la colpevolezza dell'imputato, sempre che la loro responsabilità sia stata ritenuta nella sentenza.
Le dette persone possono proporre le impugnazioni ad esse spettanti nonostante l'inazione dell'imputato, la sua dichiarazione di non volere impugnare o la rinuncia all'impugnazione ovvero l'inammissibilità di questa per causa diversa dalla inoppugnabilità del provvedimento.
Art. 195.
(Impugnazione della parte civile)
La parte civile, se trattasi di sentenza impugnabile dal pubblico ministero, può proporre l'impugnazione contro le disposizioni della sentenza che concernono i suoi interessi civili, quando vi è stata condanna dell'imputato, e contro la condanna alle spese e al risarcimento del danno pronunciata a carico di essa, quando l'imputato è stato prosciolto.
Art. 196.
(Impugnazioni del pubblico ministero per interessi civili)
Il pubblico ministero può proporre impugnazione, nel caso di condanna dell'imputato, contro i capi della sentenza riguardanti le istanze proposte a norma dell'articolo 105.
Art. 197.
(Forma della dichiarazione d'impugnazione)
L'impugnazione si propone a pena d'inammissibilità con dichiarazione, nella quale debbono essere indicati il provvedimento impugnato, la data del medesimo, il giudice che lo ha emesso e il procedimento al quale si riferisce.
Art. 198.
(Ricezione della dichiarazione)
Salvi i casi espressamente eccettuati dalla legge, la dichiarazione d'impugnazione è ricevuta dal cancelliere del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato.
Il pubblico ministero può proporre l'impugnazione con dichiarazione scritta da trasmettersi anche col mezzo del telegrafo al cancelliere predetto, il quale, dopo avervi apposto l'indicazione del giorno in cui la riceve e la propria sottoscrizione, la unisce agli atti del procedimento.
Le parti private quando hanno diritto alla notificazione del provvedimento possono, dopo avvenuta la notificazione, fare la dichiarazione anche davanti al cancelliere del pretore del luogo in cui si trovano, se tale luogo è diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento; ovvero davanti a un Regio agente consolare all'estero, nella forma e nei termini stabiliti in questo capo. L'ufficiale che riceve l'atto lo trasmette immediatamente al cancelliere del giudice che emise il provvedimento impugnato.
Art. 199.
(Termini per l'impugnazione)
Il termine per la dichiarazione d'impugnazione è di tre giorni a decorrere da quello in cui è emesso il provvedimento da impugnarsi, salvo che la legge disponga altrimenti.
Per i provvedimenti emessi in camera di consiglio il termine predetto decorre dal giorno della comunicazione o della notificazione prescritta nel secondo capoverso dell'articolo 151.
Per le sentenze indicate nell'articolo 500 il termine per l'imputato decorre dal giorno della notificazione.
Il termine è di venti giorni per le impugnazioni del procuratore del Re contro i provvedimenti emessi in udienza dal pretore e di trenta giorni per le impugnazioni del procuratore generale contro i provvedimenti emessi in udienza da qualsiasi giudice della sua circoscrizione diverso dalla corte d'appello. Tale termine decorre dalla pronuncia del provvedimento.
I termini predetti sono stabiliti a pena di decadenza.
Art. 200.
(Impugnazione di ordinanze emesse nel giudizi)
Quando non sia diversamente stabilito, l'impugnazione nei casi consentiti dalla legge contro ordinanze emesse nel periodo degli atti preliminari al giudizio ovvero durante il dibattimento può essere proposta soltanto con l'impugnazione contro la sentenza, purché, trattandosi di ordinanza emessa nel dibattimento, siasi fatta di ciò espressa riserva nel processo verbale, immediatamente dopo la pubblicazione dell'ordinanza medesima.
Con la dichiarazione d'impugnazione deve essere impugnata tanto la sentenza quanto l'ordinanza a pena d'inammissibilità; ma l'impugnazione è ammessa anche se la sentenza è impugnata per il solo motivo della sua connessione con l'ordinanza.
L'inoppugnabilità della sentenza rende inoppugnabile l'ordinanza.
L'impugnazione dell'ordinanza è giudicata congiuntamente a quella proposta contro la sentenza, salvi i casi nei quali la legge dispone altrimenti.
Art. 201.
(Motivi d'impugnazione)
I motivi d'impugnazione possono essere enunciati nello stesso atto della dichiarazione; altrimenti devono presentarsi per iscritto, con atto sottoscritto da chi propose l'impugnazione o dal difensore, nel termine di giorni venti a decorrere da quello in cui venne eseguita la comunicazione o la notificazione preveduta dal secondo capoverso dell'articolo 151. Nello stesso termine il difensore può esaminare nella cancelleria gli atti e i documenti del procedimento, e ivi estrarne copia.
In ogni caso d'impugnazione i motivi devono essere esposti specificamente a pena d'inammissibilità.
Essi si presentano entro il termine suindicato anche con più atti successivi al cancelliere del giudice che emise il provvedimento impugnato.
I termini indicati in questo articolo sono stabiliti a pena di decadenza.
Art. 202.
(Impugnazione per i soli interessi civili)
Salvo che la legge disponga altrimenti, un provvedimento del giudice può essere impugnato per i soli interessi civili soltanto con quel mezzo d'impugnazione che è consentito per le disposizioni penali del provvedimento medesimo.
La parte che impugna una sentenza o un altro provvedimento per i soli interessi civili deve far notificare la dichiarazione entro tre giorni alle altre parti a pena di decadenza.
Il giudizio sull'impugnazione è proposto, trattato e deciso con le forme ordinarie del giudizio penale, ma tutti gli atti della parte privata che ha proposto la impugnazione si considerano agli effetti fiscali come atti giudiziari civili.
L'impugnazione per i soli interessi civili limita la cognizione del giudice esclusivamente alla responsabilità civile e alle spese e non sospende l'esecuzione delle disposizioni penali del provvedimento impugnato, delle pene accessorie da questo derivanti e delle misure di sicurezza.
Art. 203.
(Effetto estensivo dell'impugnazione)
Nel caso di concorso di più persone in uno stesso reato la dichiarazione d'impugnazione proposta da una di esse e i motivi da questa addotti, purché non siano esclusivamente personali, giovano anche alle altre.
Nel caso di unione di procedimenti per reati diversi, l'impugnazione proposta da un imputato giova a tutti gli altri imputati soltanto se i motivi riguardano violazioni della legge processuale e non sono esclusivamente personali.
La dichiarazione fatta e i motivi addotti dal responsabile civile o dalla persona civilmente obbligata per l'ammenda giovano anche all'imputato, quando con tale dichiarazione e con tali motivi s'impugna che il fatto sussista o che l'imputato lo abbia commesso o che il fatto costituisca reato, o si sostiene che il reato è estinto o che l'azione non poteva essere iniziata o proseguita.
Art. 204.
(Cessazione dell'effetto estensivo)
Se l'impugnazione è inammissibile o se ne è fatta rinuncia a norma dell'articolo 206, ne cessano gli effetti in relazione a tutte le persone indicate nell'articolo precedente.
Art. 205.
(Effetto sospensivo dell'impugnazione)
Durante il termine per impugnare un provvedimento e durante il giudizio sull'impugnazione l'esecuzione è sospesa, salvo che la legge disponga altrimenti.
Art. 206.
(Rinuncia all'impugnazione)
Il pubblico ministero può rinunciare all'impugnazione proposta. Egualmente possono rinunciare alla impugnazione proposta le parti private, anche per mezzo di procuratore speciale.
L'ufficio del pubblico ministero di grado superiore può rinunciare all'impugnazione proposta dal rappresentante del pubblico ministero di grado inferiore.
La rinuncia si fa con dichiarazione ricevuta dal cancelliere del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato ovvero dal cancelliere del giudice che deve giudicare sull'impugnazione. La rinuncia può farsi anche con dichiarazione inserita nel processo verbale dell'udienza, prima che sia iniziata la relazione del processo.
Art. 207.
(Dichiarazione d'inammissibilità dell'impugnazione pronunciata dal giudice a quo)
Quando l'impugnazione è stata proposta da chi non ne aveva il diritto o contro un provvedimento non soggetto all'impugnazione stessa o quando la dichiarazione o i motivi non sono stati presentati nella forma, nel tempo e nel luogo prescritti o non sono state eseguite le notificazioni stabilite a pena di decadenza o vi è stata rinuncia all'impugnazione, il giudice che emise il provvedimento impugnato pronuncia in camera di consiglio ordinanza con cui dichiara inammissibile l'impugnazione e ordina l'esecuzione.
L'ordinanza è notificata per estratto a chi propose l'impugnazione ed è soggetta al ricorso per cassazione.
Art. 208.
(Trasmissione di atti conseguente all'impugnazione)
Fuori dei casi preveduti dall'articolo precedente, scaduti i termini per l'adempimento di tutte le prescritte formalità, il cancelliere del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato trasmette senza ritardo alla cancelleria del giudice che deve conoscere dell'impugnazione tutti gli atti del procedimento, la copia del provvedimento impugnato e la dichiarazione d'impugnazione con i motivi, i documenti e le memorie presentate.
Art. 209.
(Dichiarazione d'inammissibilità dell'impugnazione pronunciata dal giudice ad quem)
Quando ricorre alcuno dei casi indicati nell'articolo 207 e non è stato già provveduto dal giudice che emise il provvedimento impugnato, ovvero quando risulta che l'impugnazione fu proposta da chi non vi aveva interesse e in ogni altro caso espressamente preveduto dalla legge, il giudice dell'impugnazione pronuncia in camera di consiglio ordinanza con cui dichiara inammissibile l'impugnazione, ordina l'esecuzione del provvedimento impugnato e condanna alle spese la parte privata che ha proposto l'impugnazione.
L'ordinanza è notificata per estratto a chi propose l'impugnazione ed è soggetta al ricorso per cassazione.
Art. 210.
(Inammissibilità dell'impugnazione proposta dal latitante od evaso non costituito in carcere)
L'impugnazione proposta dall'imputato latitante od evaso o dal suo difensore contro una sentenza di condanna a pena detentiva che debba essere ancora scontata in misura non inferiore a un anno è dichiarata inammissibile, se l'imputato non si è costituito in carcere anteriormente al giorno fissato per il giudizio sull'impugnazione medesima.
Art. 211.
(Obbligo di rispettare i vari gradi di giurisdizione)
Salvi i casi espressamente eccettuati dalla legge, in grado d'impugnazione non può giudicarsi, a pena di nullità, di un reato che non sia stato giudicato nel grado precedente.
Art. 212.
(Impugnazione di sentenze che dispongono misure di sicurezza)
Contro le sentenze di condanna o di proscioglimento è data impugnazione anche per ciò che concerne le misure di sicurezza, se l'impugnazione è proposta per un altro capo della sentenza che non riguardi esclusivamente gli interessi civili. Negli altri casi l'interessato può proporre ricorso a norma dell'articolo 640.
Art. 213.
(Attribuzione delle spese nei giudizi d'impugnazione per gli effetti penali)
Con la sentenza che rigetta o dichiara inammissibile l'impugnazione l'imputato che l'ha proposta è condannato alle spese del procedimento.
I coimputati che hanno partecipato al giudizio in conseguenza dell'effetto estensivo dell'impugnazione sono condannati alle spese in solido con l'imputato che propose l'impugnazione.
L'imputato che nel giudizio d'impugnazione riporta condanna penale è condannato alle spese anche dei precedenti giudizi, quantunque in questi sia stato prosciolto.
Art. 214.
(Attribuzione delle spese nei giudizi d'impugnazione per gli effetti civili)
Nei giudizi d'impugnazione per i soli interessi civili si pronuncia condanna alle spese contro la parte privata soccombente.
Capo IX.
Degli incidenti di falso.
Art. 215.
(Diritto di proporre l'incidente di falso)
Il pubblico ministero può impugnare per falsità un atto o documento del processo in qualsiasi stato e grado del procedimento. La stessa facoltà spetta alle parti private, le quali possono esercitarla personalmente o per mezzo di procuratore speciale.
Art. 216.
(Dichiarazione d'impugnazione di falso)
L'impugnazione di falso deve a pena d'inammissibilità essere presentata con atto scritto e contenere: 1° l'indicazione dell'atto o documento che ne forma oggetto, con la determinazione quando occorre della parte di esso che viene impugnata; 2° i motivi che inducono a ritenere la falsità, con l'indicazione dei fatti, delle circostanze e delle prove.
Durante l'istruzione l'incidente di falso è proposto davanti al magistrato procedente, con dichiarazione presentata nella cancelleria o segreteria.
Negli altri stati del procedimento l'incidente è proposto davanti al giudice che deve procedere o che procede al giudizio, con dichiarazione presentata nella cancelleria ovvero al cancelliere che assiste all'udienza.
Assieme alla dichiarazione o successivamente possono essere presentate memorie.
Art. 217.
(Provvedimenti conseguenti all'impugnazione di falso)
Proposto l'incidente di falso, il pubblico ministero che procede con istruzione sommaria, se ritiene di non poter proseguire nell'istruzione senza che si sia giudicato sull'incidente medesimo, trasmette gli atti al giudice istruttore, con la richiesta di istruzione formale.
Il giudice, davanti al quale è proposto l'incidente di falso, se ritiene che l'impugnazione abbia apparenza di fondamento, sospende quando è necessario l'istruzione o rinvia il giudizio; altrimenti procede agli atti ulteriori dell'istruzione o del giudizio, tenendo conto quando occorre anche dell'atto o documento impugnato. La decisione è pronunciata con ordinanza.
Il giudice stesso, appena proposto l'incidente di falso, deve assicurare l'identità e la custodia dell'atto o del documento impugnato.
Se il giudice ordina la sospensione o il rinvio, l'atto o il documento con la dichiarazione d'impugnazione e con quant'altro vi si riferisce è trasmesso immediatamente a cura del cancelliere al pubblico ministero competente ad iniziare l'azione penale per la falsità.
Quando il giudice non ordina la sospensione o il rinvio, la trasmissione è disposta dopo chiusa l'istruzione con la sentenza che dichiara non doversi procedere non più soggetta a impugnazione o dopo terminato il giudizio con la sentenza divenuta irrevocabile.
Art. 218.
(Sanzioni contro le impugnazioni di falso temerarie)
Con la sentenza che dichiara non sussistere la falsità, la parte privata che ha proposto l'incidente può essere condannata alle spese cagionate dalla sospensione o dal rinvio, al pagamento di una somma da lire cinquecento a cinquemila a favore della Cassa delle ammende e al risarcimento del danno verso chi ne abbia diritto.
Libro secondo
Dell'istruzione
Titolo primo.
Disposizioni generali.
Capo I.
Degli atti preliminari all'istruzione.
Sezione I. -
Degli atti di polizia giudiziaria.
Art. 219.
(Funzioni della polizia giudiziaria)
La polizia giudiziaria deve anche di propria iniziativa prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, assicurarne le prove, ricercare i colpevoli e raccogliere quant'altro possa servire all'applicazione della legge penale.
Art. 220.
(Subordinazione della polizia giudiziaria)
Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria esercitano le loro attribuzioni sotto la direzione e alla dipendenza del procuratore generale presso la corte d'appello e del procuratore del Re, osservate le disposizioni che nei rispettivi ordinamenti ne regolano i rapporti interni di dipendenza gerarchica.
Devono anche eseguire gli ordini del giudice istruttore e del pretore.
Art. 221.
(Qualità di ufficiali od agenti di polizia giudiziaria)
Salve le disposizioni delle leggi speciali, sono ufficiali di polizia giudiziaria: 1° i funzionari di pubblica sicurezza ai quali gli ordinamenti di polizia riconoscono tale qualità; 2° gli ufficiali e i sottufficiali dei Reali carabinieri e degli agenti di pubblica sicurezza; i graduati del Corpo degli agenti di custodia; gli ufficiali e i sottufficiali della Regia guardia di finanza; gli ufficiali e i sottufficiali della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, secondo le norme che ne regolano il servizio; 3° il podestà nei Comuni ove non è alcuno dei predetti ufficiali di polizia giudiziaria.
Sono agenti di polizia giudiziaria i Reali carabinieri, gli agenti di pubblica sicurezza, gli agenti di custodia, le guardie di finanza, i militi della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale secondo le norme che ne regolano il servizio, le guardie delle Provincie e dei Comuni.
Sono ufficiali od agenti di polizia giudiziaria, nei limiti del servizio a cui sono destinate e secondo le attribuzioni ad esse conferite dalle leggi e dai regolamenti, tutte le altre persone incaricate di ricercare ed accertare determinate specie di reati.
Art. 222.
(Atti concernenti l'arresto; assicurazione del corpo del reato)
Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono di loro iniziativa all'arresto in caso di flagranza di reato a norma degli articoli 235 e 236, e negli altri casi vi procedono per ordine o mandato dell'Autorità competente, salvo quanto è disposto nell'articolo 238.
Gli ufficiali ed agenti predetti curano che il corpo e le tracce del reato siano conservati e che lo stato delle cose non venga mutato prima che giunga nel luogo l'Autorità giudiziaria. Se vi è fondato motivo di temere che frattanto le cose o le tracce predette si alterino o si disperdano, procedono ai necessari accertamenti e sequestrano il corpo del reato, osservando per quanto è possibile le norme sull'istruzione formale.
Art. 223.
(Ausiliari della polizia giudiziaria)
Agli accertamenti, ai rilievi segnaletici, descrittivi o fotografici e ad ogni altra operazione tecnica relativa alle loro funzioni, gli ufficiali di polizia giudiziaria procedono direttamente o anche quando è necessario per mezzo di persone idonee da essi richieste, le quali non possono rifiutare l'opera propria. Gli atti compiuti da tali persone in concorso con gli ufficiali di polizia giudiziaria sono ricevuti nel processo verbale delle operazioni o ad esso allegati.
Quando occorre, gli ufficiali di polizia giudiziaria possono farsi assistere da interpreti, senza deferire loro il giuramento.
Art. 224.
(Perquisizioni di polizia giudiziaria)
Nella flagranza del reato o nel caso d'evasione, gli ufficiali di polizia giudiziaria possono procedere anche in tempo di notte a perquisizione personale o domiciliare in qualsiasi luogo abbiano fondato motivo di ritenere che l'indiziato o l'evaso si sia rifugiato o che si trovino cose da sottoporre a sequestro o tracce che possano essere cancellate o disperse. In tali atti osservano per quanto è possibile le norme sull'istruzione formale.
Art. 225.
(Sommarie informazioni)
Gli ufficiali di polizia giudiziaria, in caso di flagranza e quando vi è urgenza di raccogliere le prove del reato o di conservarne le tracce, possono procedere a sommario interrogatorio dell'arrestato, a sommarie informazioni testimoniali e ai necessari atti di ricognizione, ispezione o confronto, osservate per quanto è possibile le norme sull'istruzione formale, senza deferire il giuramento, salvo che la legge stabilisca altrimenti.
Art. 226.
(Sequestro di carte sigillate; facoltà relative alla corrispondenza)
Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, nel procedere alle loro operazioni, non possono aprire carte sigillate o altrimenti chiuse, ma debbono trasmetterle intatte all'Autorità giudiziaria competente. Se hanno fondato motivo di ritenere che in esse si contengano elementi utili per lo svolgimento delle operazioni loro commesse, devono ricorrere immediatamente all'Autorità giudiziaria più vicina, la quale, qualora lo ritenga opportuno, può autorizzare gli ufficiali di polizia giudiziaria ad aprire le predette carte.
Quando è ammesso dalla legge il sequestro di lettere, pieghi, pacchi, valori, telegrammi o altra corrispondenza negli uffici delle poste o dei telegrafi ed è urgente procedervi, gli ufficiali di polizia giudiziaria ne fanno immediato rapporto all'Autorità giudiziaria, e possono ordinare a chi è preposto al servizio di trattenere tale corrispondenza fino al provvedimento giudiziale.
Gli ufficiali di polizia giudiziaria, per i fini del loro servizio, possono anche accedere agli uffici o impianti telefonici di pubblico servizio per trasmettere, intercettare o impedire comunicazioni, prenderne cognizione o assumere altre informazioni.
Art. 227.
(Trasmissione di atti e informazioni all'Autorità giudiziaria)
Gli ufficiali di polizia giudiziaria, terminate le loro operazioni, devono trasmettere immediatamente al procuratore del Re o al pretore gli atti compilati e le cose sequestrate.
Devono inoltre riferire all'Autorità giudiziaria competente ogni notizia che loro successivamente perviene e compiere in qualsiasi momento gli atti necessari per l'assicurazione delle prove.
Art. 228.
(Doveri degli ufficiali di polizia giudiziaria per la tutela della libertà personale)
Gli ufficiali di polizia giudiziaria i quali abbiano notizia che alcuno sia illegittimamente privato della libertà personale devono trasferirsi senza ritardo nel luogo e, se non è dimostrato un motivo legale di detenzione, devono porre in libertà la persona detenuta o sequestrata.
Se si tratta di un minorenne o di un altro incapace, lo consegnano a chi esercita su lui la patria potestà o la tutela o provvedono altrimenti alla sicura protezione della persona, facendone in ogni caso rapporto al procuratore del Re o al pretore.
Art. 229.
(Sanzioni disciplinari per gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria)
Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, che violano disposizioni di legge per le quali non è stabilita una sanzione speciale o che ricusano o ritardano l'esecuzione d'un ordine dell'Autorità giudiziaria ovvero lo eseguono soltanto in parte o negligentemente, sono puniti con la censura, alla quale può essere aggiunta la condanna al pagamento di una somma da lire cinquecento a mille a favore della Cassa delle ammende, senza pregiudizio dell'azione penale se ne è il caso.
Le predette sanzioni si applicano dal procuratore generale presso la corte d'appello, sentito il trasgressore nelle sue discolpe, e sono comunicate per l'esecuzione all'Autorità dalla quale l'ufficiale od agente gerarchicamente dipende.
Art. 230.
(Obbligo del segreto)
Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria e le altre persone che compiono o concorrono a compiere atti di polizia giudiziaria o ne hanno conoscenza per ragioni di pubblico ufficio o servizio, sono obbligati al segreto per tutto ciò che riguarda gli atti medesimi e i loro risultati.
Sezione II. -
Degli atti di istruzione preliminare del pretore, del procuratore del Re e del procuratore generale presso la corte d'appello.
Art. 231.
(Atti e informative del pretore)
Il pretore, quando si tratta di reati attribuiti alla sua competenza, prima di emettere il decreto di citazione a giudizio o di provvedere al giudizio direttissimo o per decreto, ordina o compie gli atti di polizia giudiziaria e d'istruzione sommaria che reputa necessari.
Il pretore informa senza ritardo il procuratore del Re delle querele, delle denuncie, delle istanze, delle richieste, dei rapporti e dei referti che gli pervengono, di ogni altra notizia di reati e dei provvedimenti dati. Se trattasi di reato per il quale egli non è competente, deve trasmettere al procuratore del Re gli atti del procedimento e ogni cosa che vi si riferisce. Procede tuttavia in ogni caso agli atti urgenti di accertamento e d'assicurazione delle prove e, se la legge autorizza il mandato di cattura, può provvisoriamente emettere mandato d'arresto.
Art. 232.
(Atti di polizia giudiziaria del procuratore del Re)
Il procuratore del Re prima di richiedere l'istruzione formale o di iniziare l'istruzione sommaria può procedere ad atti di polizia giudiziaria direttamente ovvero per mezzo degli ufficiali di polizia giudiziaria.
Art. 233.
(Informative del procuratore del Re al procuratore generale)
Il procuratore del Re informa il procuratore generale presso la corte d'appello delle querele, delle denuncie, delle istanze, delle richieste, dei rapporti e dei referti che gli pervengono, di ogni altra notizia di reati e dei provvedimenti dati.
Art. 234.
(Atti del procuratore generale presso la corte d'appello)
Il procuratore generale trasmette al procuratore del Re le querele, le denuncie, le istanze, le richieste, i rapporti, i referti e le autorizzazioni che ha ricevuto, quando non ritiene di esercitare la facoltà attribuita al procuratore del Re dall'articolo 232 o di procedere egli stesso a istruzione sommaria.
Il procuratore generale può con provvedimento insindacabile, prima della sentenza che chiude l'istruzione formale o prima del decreto di citazione quando si procede con istruzione sommaria, richiamare gli atti e rimettere l'istruzione alla sezione istruttoria.
Capo II.
Della libertà personale dell'imputato.
Sezione I. -
Dell'arresto.
Art. 235.
(Arresto obbligatorio in flagranza)
Gli ufficiali e gli agenti della polizia giudiziaria e della forza pubblica devono arrestare chiunque è colto in flagranza di un delitto contro la personalità dello Stato punibile con pena detentiva o con pena più grave, o di un altro delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a un anno o una pena più grave.
Devono altresì procedere all'arresto di chi è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, o si trova sottoposto a misura di sicurezza personale, degli oziosi e dei mendicanti, di coloro che non hanno residenza fissa nel territorio dello Stato e di coloro che sono già stati condannati alla pena della reclusione o ad una pena più grave, quando sono còlti nella flagranza di qualsiasi delitto punibile con pena detentiva o con una pena più grave.
Se si tratta di un delitto punibile a querela della persona offesa, l'arresto in flagranza deve essere eseguito nei casi preveduti da questo articolo qualora l'offeso dal reato dichiari all'ufficiale od agente di polizia giudiziaria o della forza pubblica presente nel luogo di voler proporre la querela.
Art. 236.
(Arresto facoltativo in flagranza)
Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria e della forza pubblica hanno facoltà di arrestare chi è còlto in flagranza di un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a sei mesi.
Se si tratta di un delitto punibile a querela della persona offesa per il quale è stabilita la predetta pena, l'arresto in flagranza può essere eseguito qualora l'offeso dal reato dichiari all'ufficiale od agente della polizia giudiziaria o della forza pubblica presente nel luogo di voler proporre querela.
Gli ufficiali e gli agenti della polizia giudiziaria e della forza pubblica hanno altresì facoltà di arrestare chi è còlto in flagranza delle contravvenzioni concernenti le armi o le materie esplodenti, prevedute dal codice penale o da altre leggi, o delle contravvenzioni prevedute dagli articoli 670, 671, 688, 707 e 708 del codice penale, e chi è stato dichiarato contravventore abituale o professionale, quando ha commesso una contravvenzione della stessa indole di quelle per le quali riportò la dichiarazione di abitualità o di professionalità.
Art. 237.
(Flagranza)
E' flagrante il reato che si commette attualmente. Il reato permanente è flagrante fino a che sia cessata la permanenza.
E' in stato di flagranza chi viene còlto nell'atto di commettere il reato.
Si considera pure in stato di flagranza chi immediatamente dopo il reato è inseguito dalla forza pubblica, dall'offeso dal reato o da altre persone, ovvero è sorpreso con cose o tracce le quali facciano presumere che egli abbia commesso poco prima il reato.
Art. 238.
(Fermo di indiziati di reato)
Anche fuori dei casi di flagranza, quando v'è fondato sospetto di fuga, gli ufficiali e gli agenti della polizia giudiziaria o della forza pubblica possono fermare, e i primi possono anche trattenere sotto custodia, le persone gravemente indiziate di un reato per cui sia obbligatorio il mandato di cattura, in attesa del provvedimento dell'Autorità giudiziaria, alla quale deve esser data immediata partecipazione del fermo compiuto. Si osservano in tal caso in quanto siano applicabili le norme degli articoli riguardanti l'arresto in flagranza.
Art. 239.
(Persone arrestate fuori dei casi consentiti)
Fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti, la persona arrestata senza ordine o mandato dell'Autorità giudiziaria deve essere immediatamente liberata dallo stesso ufficiale che ha proceduto all'arresto o da quello al quale l'arrestato è presentato.
Art. 240.
(Divieto d'arresto in determinate circostanze)
L'arresto senza ordine o mandato dell'Autorità giudiziaria non è ammesso quando, tenuto conto delle circostanze del fatto, appare che questo venne compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima. Se l'arresto è avvenuto, deve disporsi la liberazione anche da parte dell'ufficiale che lo ha eseguito o di quello al quale l'arrestato è presentato, appena constatate le dette condizioni.
Art. 241.
(Regole per l'esercizio della facoltà d'arresto)
Quando la legge dà facoltà di eseguire l'arresto senza ordine o mandato dell'Autorità giudiziaria, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria o della forza pubblica devono tener conto delle qualità morali e sociali della persona e delle circostanze del fatto. Se reputano di non eseguire l'arresto, gli ufficiali di polizia giudiziaria possono far sottoscrivere all'interessato un atto di sottomissione con il quale con o senza cauzione o malleveria egli si obbliga a rimanere a disposizione dell'Autorità. Se l'interessato rifiuta di sottomettersi a tale obbligo o non l'osserva, si procede all'arresto.
Art. 242.
(Facoltà d'arresto da parte dei privati)
Nei casi indicati nell'articolo 235 ogni persona è autorizzata a procedere all'arresto in flagranza, quando si tratta di reati perseguibili d'ufficio.
Chi procede all'arresto può altresì prendere in custodia le cose costituenti il corpo del reato, nel qual caso assume, fino a che non ne abbia fatto la consegna all'Autorità, la qualità e gli obblighi del custode di cose sequestrate.
La persona che ha eseguito l'arresto deve senza ritardo consegnare l'arrestato e le cose costituenti il corpo del reato a un ufficiale od agente di polizia giudiziaria o della forza pubblica il quale compila il processo verbale della consegna e, se richiesto, ne dà un certificato a chi l'ha eseguita.
Art. 243.
(Ordine di cattura emesso dal procuratore del Re o dal pretore)
Nei casi indicati negli articoli 235 e 236, il procuratore del Re o il pretore può ordinare la cattura. Se l'ordine è stato dato oralmente, deve essere confermato per iscritto nella forma ordinaria appena è possibile.
Art. 244.
(Doveri degli ufficiali o agenti della polizia giudiziaria e della forza pubblica nel caso di arresto senza ordine o mandato)
Gli ufficiali della polizia giudiziaria i quali, senza ordine o mandato dell'Autorità giudiziaria, hanno eseguito l'arresto di una persona o hanno avuto in consegna l'arrestato, qualora non debbano liberarlo in osservanza degli articoli 239, 240 e 241 o per mancanza di querela, devono porlo immediatamente, e in ogni caso non oltre le ventiquattro ore, a disposizione del procuratore del Re o del pretore del luogo del commesso reato o del luogo dell'arresto, salvo che il procuratore del Re o il pretore informato dell'arresto riconosca necessaria una dilazione maggiore. Al procuratore del Re o al pretore è pure trasmesso il processo verbale d'arresto.
Gli ufficiali e gli agenti della polizia giudiziaria o della forza pubblica che hanno arrestato un minore degli anni diciotto, una donna, un ecclesiastico o un religioso, devono custodirlo separatamente.
Art. 245.
(Interrogatorio dell'arrestato)
Il procuratore del Re o il pretore procede all'interrogatorio appena l'arrestato è stato posto a sua disposizione. L'interrogatorio può essere per giustificato motivo ritardato, ma in tal caso deve aver luogo al più presto possibile e il motivo del ritardo è dichiarato nel processo verbale.
Fuori dei casi preveduti dal primo capoverso dell'articolo 88, se l'arrestato è affetto da tale infermità da non poter essere condotto in carcere o al cospetto dell'Autorità giudiziaria, il procuratore del Re o il pretore si reca ad interrogarlo e quando non deve ordinarne la liberazione ne ordina con decreto la custodia nel luogo in cui si trova, per mezzo degli agenti della forza pubblica, ovvero il ricovero in un pubblico ospedale sotto la medesima custodia, se appare necessaria, fino a che possa essere trasferito al carcere.
Art. 246.
(Provvedimenti del procuratore del Re e del pretore relativi alla libertà personale dell'arrestato)
Dopo l'interrogatorio, il procuratore del Re o il pretore ordina con decreto motivato che l'arrestato sia posto immediatamente in libertà, se risulta evidente che l'arresto avvenne fuori dei casi preveduti dalla legge o per errore ovvero che il fatto non sussiste o che l'arrestato non lo ha commesso o che la legge non prevede il fatto come reato o che l'azione penale non può essere iniziata. In questi casi è ordinata la trasmissione degli atti all'archivio, a norma dell'articolo 74.
La liberazione è altresì ordinata se l'arresto è avvenuto, fuori dei casi preveduti dagli articoli 235, 236 e 238, senza ordine o mandato dell'Autorità giudiziaria.
Se non deve ordinare la liberazione e non ritiene di procedere a giudizio direttissimo, il procuratore del Re o il pretore dispone che l'imputato rimanga in stato d'arresto a disposizione dell'Autorità competente per il procedimento e a questa ne è data immediata notizia.
Se l'arrestato non ha compiuto gli anni quattordici, ne è ordinata con decreto la consegna all'Autorità di pubblica sicurezza, affinchè provveda a norma di legge.
Se l'arrestato ha compiuto gli anni quattordici ma non ancora i diciotto e si tratta di reato per il quale è imposto o autorizzato il mandato di cattura, il procuratore del Re o il pretore può ordinarne con decreto il ricovero in un riformatorio giudiziario, salva in ogni caso la facoltà del procuratore generale stabilita nell'articolo 40.
Art. 247.
(Casi nei quali può ordinarsi la custodia in casa)
Se è arrestata una donna incinta o che allatta la propria prole o persona che si trova in condizioni di salute particolarmente gravi, ovvero quando le circostanze del fatto e le qualità morali e sociali dell'arrestato lo consentono, il procuratore del Re o il pretore può disporre con decreto motivato che in luogo di essere custodita in carcere la persona arrestata rimanga provvisoriamente in stato d'arresto nella sua abitazione. Sono applicabili le altre disposizioni dell'articolo 259.
La disposizione precedente non si applica nei casi preveduti dall'articolo 253 e dal numero 2° dell'articolo 254.
Art. 248.
(Doveri degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria o della forza pubblica nel caso d'arresto per ordine o mandato)
Gli ufficiali e gli agenti della polizia giudiziaria o della forza pubblica che hanno proceduto ad un arresto per ordine o mandato dell'Autorità giudiziaria, devono condurre l'arrestato in carcere e trasmettere il processo verbale d'arresto, secondo le norme stabilite nell'articolo 244, all'Autorità che ha emesso l'ordine o il mandato.
Art. 249.
(Liberazione di arrestati per errore di persona)
Quando è assolutamente certo che vi è errore di persona, l'arrestato deve essere posto immediatamente in libertà anche dagli ufficiali od agenti della polizia giudiziaria o della forza pubblica che hanno eseguito l'arresto.
Il provvedimento è sempre comunicato al procuratore del Re o al pretore del luogo dell'avvenuto arresto e, quando vi sia ordine o mandato, anche all'Autorità che lo ha emesso.
Sezione II. -
Della presentazione spontanea e dei mandati.
Art. 250.
(Presentazione spontanea)
Chi ha notizia che contro di lui è iniziato o è per iniziarsi un procedimento penale ha facoltà di presentarsi al magistrato competente per l'istruzione, allo scopo di fare le sue dichiarazioni.
Quando il fatto per cui si procede è contestato a chi si presentò spontaneamente e questi è ammesso ad esporre le sue discolpe, l'atto così compiuto equivale per ogni effetto all'interrogatorio assunto dopo l'emissione del mandato di comparizione.
La presentazione spontanea non pregiudica l'emissione del mandato o dell'ordine di cattura, nei casi in cui tale emissione è imposta o consentita dalla legge.
Art. 251.
(Specie ed effetti dei mandati e degli ordini relativi alla presentazione dell'imputato)
Col mandato di comparizione il giudice istruttore o il pretore ordina che l'imputato si presenti dinanzi a lui; col mandato di cattura e col mandato d'arresto, che l'imputato sia condotto in carcere o rimanga altrove in stato d'arresto a disposizione dell'Autorità che lo ha emesso; col mandato d'accompagnamento, che sia condotto alla presenza della stessa Autorità, anche con la forza.
Gli ordini di comparizione, di cattura e d'accompagnamento, emessi dal pubblico ministero a norma dell'articolo 393, hanno gli stessi effetti dei mandati corrispondenti.
Il mandato o l'ordine d'arresto emesso dal pretore, da un altro giudice o dal pubblico ministero cessa di aver effetto se entro venti giorni dall'esecuzione non è emesso mandato od ordine di cattura o non è pronunciata sentenza di condanna a pena detentiva.
Art. 252.
(Condizioni generali per l'emissione dei mandati od ordini)
Per poter emettere un mandato o un ordine è necessario che esistano sufficienti indizi di colpevolezza a carico di colui contro il quale il provvedimento viene emesso. Tuttavia, quando il magistrato ritiene che l'istruzione debba essere chiusa con dichiarazione di non doversi procedere per insufficienza di prove e l'imputato non è stato già interrogato, è emesso mandato od ordine di comparizione.
Art. 253.
(Casi nei quali il mandato di cattura è obbligatorio)
Deve essere emesso il mandato di cattura contro l'imputato: 1° di delitto contro la personalità dello Stato per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a due anni o nel massimo a dieci anni, o una pena più grave; 2° di omicidio volontario consumato o tentato, di lesioni personali volontarie gravi o gravissime, di rapina, di estorsione o di sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione; 3° di ogni altro delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni o una pena più grave.
Deve essere parimenti emesso il mandato di cattura contro l'imputato di delitto non colposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione, quando l'imputato è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza o si trova nelle condizioni richieste dall'articolo 102 del codice penale per la dichiarazione di abitualità nel delitto, ovvero è assegnato ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro o sottoposto a libertà vigilata.
Art. 254.
(Casi nei quali il mandato di cattura è facoltativo)
Può essere emesso il mandato di cattura contro l'imputato; 1° di delitto non colposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a un anno o nel massimo a tre anni; 2° di delitto non colposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione, quando l'imputato è stato più di due volte condannato per delitto non colposo o è stato altra volta condannato per delitto della stessa indole, ovvero non ha residenza fissa nel territorio dello Stato o risulta che si è dato o è per darsi alla fuga; 3° di delitto colposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a due anni o nel massimo a cinque anni; 4° di contravvenzione per la quale la legge stabilisce la pena dell'arresto, quando l'imputato è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, ovvero contravventore abituale o professionale.
Il giudice, nel decidere se debba valersi della facoltà di emettere il mandato di cattura, deve tener conto delle qualità morali e sociali della persona e delle circostanze del fatto.
Art. 255.
(Determinazione della pena agli effetti degli articoli precedenti)
Per il computo della pena agli effetti degli articoli precedenti si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per ciascun reato consumato o tentato e alle circostanze aggravanti; delle circostanze attenuanti non si tien conto, fatta eccezione per l'età.
Art. 256.
(Divieto del mandato di cattura in determinate circostanze)
Non deve emettersi il mandato di cattura in alcun caso, quando appare che il fatto venne compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima. Se il mandato è stato emesso, deve essere revocato con ordinanza appena risultino le dette condizioni.
Art. 257.
(Provvedimenti in sostituzione del mandato di cattura per i minorenni)
Se l'imputato, nel momento in cui si procede, ha compiuto gli anni quattordici ma non ancora i diciotto, il giudice ha facoltà di sostituire al mandato di cattura il provvedimento indicato nell'ultimo capoverso dell'articolo 246.
Art. 258.
(Provvedimenti riguardanti gli infermi di mente)
Se l'imputato è persona che, nel momento in cui ha commesso il fatto, si trovava in tale stato d'infermità di mente da escludere la capacità d'intendere o di volere, il giudice quando occorre ne dispone con decreto motivato il ricovero provvisorio in un manicomio, salvo quanto è stabilito nell'articolo 301.
Se l'infermità di mente sopravviene al reato, si applica la disposizione dell'articolo 88.
Art. 259.
(Casi nei quali può sospendersi l'esecuzione del mandato di cattura)
Fuori dei casi preveduti dall'articolo 253 e dal numero 2° dell'articolo 254, se l'imputata è una donna incinta o che allatta la propria prole o persona che si trova in condizioni di salute particolarmente gravi, ovvero quando le circostanze del fatto e le qualità morali e sociali dell'arrestato giustificano il provvedimento, il giudice può disporre con decreto motivato la sospensione dell'esecuzione del mandato di cattura, con o senza cauzione o malleveria.
Ordinata la sospensione, il giudice, quando ne abbia bisogno, può far accompagnare l'imputato dinanzi a sé dalla forza pubblica.
Il provvedimento indicato nella prima parte di questo articolo è sempre revocabile con decreto motivato.
Art. 260.
(Revoca e nuova emissione del mandato di cattura)
In ogni stato dell'istruzione, quando vengono a mancare le condizioni che legittimano il mandato di cattura, il giudice deve revocarlo.
Fuori dei casi preveduti dall'articolo 253, il giudice in ogni stato dell'istruzione, quando non ritiene più necessario mantenere il mandato di cattura, può revocarlo ed emettere se occorre mandato di comparizione o d'accompagnamento.
La revoca è disposta con ordinanza.
Il mandato di cattura già revocato o convertito può essere, quando ne ricorrono le condizioni, nuovamente emesso.
Art. 261.
(Casi nei quali può emettersi mandato di comparizione o d'accompagnamento; successiva emissione del mandato di cattura)
Fuori dei casi preveduti dagli articoli 253 e 254, può essere emesso soltanto mandato di comparizione o di accompagnamento.
Il mandato di comparizione può essere convertito in quello d'accompagnamento, se l'imputato non si presenta senza un legittimo impedimento.
Il mandato d'accompagnamento può emettersi nei casi preveduti dall'articolo 254 quando il giudice non ritiene di emettere mandato di cattura o di comparizione o quando vi è fondato motivo per ritenere che il mandato di comparizione abbia a rimanere senza effetto.
L'imputato contro il quale è stato emesso mandato d'accompagnamento non può essere privato della libertà in forza di tale mandato oltre il giorno successivo a quello del suo arrivo nel luogo in cui si trova il giudice.
Dopo il mandato di comparizione o d'accompagnamento può essere emesso il mandato di cattura, se risultano elementi che autorizzano la cattura.
Art. 262.
(Conclusioni obbligatorie del pubblico ministero; mandati d'arresto del giudice istruttore)
Prima di ordinare l'emissione o la revoca del mandato di cattura, il giudice istruttore deve sentire il pubblico ministero. Il pretore provvede d'ufficio informandone il procuratore del Re.
Il giudice istruttore che compie atti fuori della propria residenza e senza l'intervento del pubblico ministero può, nei casi in cui la legge autorizza il mandato di cattura, emettere provvisoriamente mandato d'arresto, e lo converte quando occorre in mandato di cattura, sentito il pubblico ministero.
Art. 263.
(Impugnabilità delle ordinanze del giudice)
Il pubblico ministero può richiedere l'emissione del mandato di cattura nei casi preveduti dalla legge.
Se il giudice non accoglie la richiesta, o se dispone la revoca del mandato di cattura, la relativa ordinanza può essere appellata dal procuratore del Re o dal procuratore generale.
Se l'ordinanza è emessa dal pretore, sull'appello decide il giudice istruttore; negli altri casi, la sezione istruttoria.
Art. 264.
(Requisiti formali del mandato)
Ogni mandato è emesso con le forme del decreto e contiene, quando la legge non richiede altri elementi: 1° le generalità dell'imputato o quant'altro valga ad identificarlo e se è possibile l'indicazione del luogo in cui probabilmente si trova; 2° un cenno sommario del fatto, con l'indicazione degli articoli di legge che lo prevedono; 3° la data, la sottoscrizione del magistrato che lo emette e del cancelliere ed il sigillo dell'ufficio.
Nel mandato di cattura se occorre ed è possibile sono indicati anche i connotati dell'imputato, e in ogni caso è contenuto l'ordine di arrestarlo e di condurlo in carcere a disposizione dell'Autorità che ha emesso il mandato.
Nel mandato di comparizione o d'accompagnamento sono indicati l'Autorità davanti alla quale l'imputato deve comparire, il luogo, il giorno e l'ora della comparizione.
Per il mandato di comparizione il termine per comparire è di tre giorni, salvo quanto è disposto nell'articolo 183; il giudice può abbreviare il termine per motivi di urgenza, lasciando all'imputato il tempo strettamente necessario per presentarsi.
Art. 265.
(Nullità dei mandati)
Il mandato è nullo: 1° se vi è incertezza assoluta circa l'Autorità che lo ha emesso, se non è in alcun modo determinata la persona dell'imputato, ovvero se vi è incertezza assoluta circa il luogo o il tempo in cui l'imputato deve comparire; 2° se manca la data o la sottoscrizione del magistrato che lo ha emesso.
Nondimeno la nullità è sanata quando in conseguenza di un mandato nullo è arrestato il vero imputato nei casi in cui è prescritto o autorizzato il mandato di cattura, ovvero quando l'imputato stesso si è presentato all'Autorità davanti alla quale doveva comparire.
L'irregolarità del mandato che non produce nullità non esime gli ufficiali od agenti incaricati dell'esecuzione o della notificazione dall'adempimento del loro dovere, quando è possibile.
Art. 266.
(Esecuzione dei mandati)
Il mandato di comparizione è notificato all'imputato.
I mandati d'accompagnamento, d'arresto e di cattura, quando non devono essere notificati all'imputato già detenuto per altra causa, sono eseguiti dagli ufficiali od agenti della polizia giudiziaria o della forza pubblica, i quali consegnano all'imputato copia del mandato e compilano un sommario processo verbale dell'esecuzione. Se non trovano l'imputato, dopo aver esaurito le ricerche opportune, compilano il processo verbale, esponendo le indagini fatte. Il processo verbale è in ogni caso trasmesso all'Autorità che ha emesso il mandato.
Art. 267.
(Limitazioni di tempo per l'esecuzione dei mandati)
Senza permesso scritto dell'Autorità che ha emesso il mandato o l'ordine ovvero del giudice istruttore o del pretore del luogo in cui deve essere eseguito, gli ufficiali ed agenti della polizia giudiziaria o della forza pubblica non possono, per eseguirlo, introdursi nelle abitazioni o nei luoghi chiusi adiacenti ad esse dopo un'ora dal tramonto e prima di un'ora avanti la levata del sole.
Se peraltro si deve eseguire un mandato o un ordine di cattura o d'arresto e vi è fondato motivo di sospettare che l'imputato voglia sottrarsi all'esecuzione o che il ritardo possa cagionare gravi difficoltà per l'esecuzione o che vada disperso in tutto od in parte il corpo del reato, l'esecuzione può avvenire nei luoghi predetti incondizionatamente anche di notte.
Art. 268.
(Latitanza)
E' latitante chi volontariamente si sottrae all'esecuzione di un mandato di cattura ovvero di un ordine di cattura, d'arresto o di carcerazione.
La qualità di latitante permane fino a che sia pronunciata sentenza di proscioglimento o sia revocato il mandato o l'ordine di cattura, ovvero sia estinto il reato per il quale fu emesso il predetto ordine o mandato o sia estinta la pena per l'esecuzione della quale fu emesso l'ordine di carcerazione.
Quando alla latitanza sono attribuiti determinati effetti giuridici, questi si verificano anche se essa riguarda un procedimento penale diverso da quello nel quale gli effetti medesimi debbono verificarsi.
Al latitante per ogni effetto è equiparato l'evaso.
Sezione III. -
Della custodia preventiva.
Art. 269.
(Scarcerazione ordinata dal giudice istruttore o dal pretore)
Durante l'istruzione e dopo l'interrogatorio, il giudice istruttore o il pretore nei procedimenti per reati di sua competenza ordina immediatamente anche di ufficio la scarcerazione dell'imputato, quando vengono a mancare a carico di questi indizi sufficienti, ovvero se risulta che la legge non autorizza il mandato di cattura.
La scarcerazione può essere chiesta dal pubblico ministero o dall'imputato.
Se la scarcerazione è ordinata per mancanza di sufficienti indizi, ma rimangono motivi di sospetto, può essere imposto all'imputato uno o più fra gli obblighi indicati nell'articolo 282.
In ogni caso il giudice provvede con ordinanza contro la quale il pubblico ministero può proporre appello. Se l'ordinanza è emessa dal pretore, sull'appello decide il giudice istruttore; negli altri casi, la sezione istruttoria.
Art. 270.
(Scarcerazione ordinata dal pubblico ministero)
Quando la cattura è stata ordinata dal pubblico ministero, anche la scarcerazione deve essere immediatamente ordinata dal pubblico ministero, se ricorrono le condizioni prevedute dalla prima parte dell'articolo precedente. Si applica pure in questo caso la disposizione del secondo capoverso del medesimo articolo.
Art. 271.
(Decorrenza della custodia preventiva)
La durata della custodia preventiva si inizia per ogni effetto dal giorno in cui l'imputato venne arrestato in seguito a mandato o ad ordine dell'Autorità giudiziaria ovvero in conseguenza di uno degli atti menzionati negli articoli 235, 236 e 238.
Se l'imputato è detenuto per un altro reato, la predetta decorrenza rispetto al nuovo reato si inizia dal giorno della notificazione del mandato o dell'ordine di cattura. Tuttavia, nel caso di condanna dell'imputato per un reato precedente, la notificazione del mandato o dell'ordine di cattura non può produrre l'effetto indicato nell'articolo 137 del codice penale, se non dal giorno in cui è stata scontata la pena per quel reato.
Art. 272.
(Provvedimenti relativi alla durata della custodia preventiva)
Quando nell'istruzione formale la durata della custodia preventiva per il reato per cui si procede ha oltrepassato i quattro mesi, il giudice istruttore deve fare immediatamente rapporto al presidente del tribunale dei motivi per i quali l'istruzione non è stata ancora chiusa. Il presidente, esaminati gli atti se lo ritiene necessario, dà gli opportuni provvedimenti per accelerare il procedimento e qualora ne sia il caso per accertare la responsabilità del ritardo. Il consigliere delegato della sezione istruttoria fa rapporto al presidente della sezione il quale provvede in egual modo. Il presidente che ha dato i predetti provvedimenti vigila sul proseguimento dell'istruzione.
Quando nell'istruzione sommaria la durata della custodia preventiva per il reato per cui si procede ha oltrepassato i quaranta giorni, senza che il pubblico ministero abbia fatto la richiesta per il decreto di citazione a giudizio o per la sentenza di proscioglimento, il pubblico ministero medesimo deve trasmettere gli atti al giudice istruttore perchè proceda all'istruzione formale e deve immediatamente fare rapporto al procuratore generale, enunciando i motivi che determinarono il ritardo. Il procuratore generale esamina se vi è responsabilità per il ritardo.
Quando nei procedimenti di competenza del pretore la durata della custodia preventiva per il reato per cui si procede ha oltrepassato i trenta giorni, il pretore deve fare immediatamente rapporto al procuratore del Re enunciando i motivi per i quali non è stato emesso il decreto di citazione a giudizio. Il procuratore del Re, esaminati gli atti se lo ritiene necessario, dà gli opportuni provvedimenti per accelerare il procedimento e qualora ne sia il caso per accertare la responsabilità del ritardo; vigila in seguito sul proseguimento dell'istruzione, informandone il procuratore generale.
Quando ricorrono le condizioni prevedute dal capoverso dell'articolo 298, il procuratore generale provvede a' termini dell'articolo medesimo.
Art. 273.
(Mandato di cattura dopo il rinvio a giudizio)
Dopo ordinata la scarcerazione, il mandato di cattura deve essere emesso, successivamente alla sentenza di rinvio o al decreto di citazione a giudizio, dal pretore o dal presidente del collegio che deve giudicare, secondo la rispettiva competenza, nei casi preveduti dall'articolo 254, qualora l'imputato si sia dato o sia per darsi alla fuga.
Art. 274.
(Spese della custodia preventiva)
Quando l'imputato è condannato a pena detentiva per il reato per il quale subì la custodia preventiva, sono poste a suo carico le spese per il mantenimento in carcere.
Se la custodia preventiva supera in durata la pena inflitta, sono detratte le spese relative alla maggior durata.
All'esazione si provvede secondo le norme stabilite per le spese conseguenti alla carcerazione per l'esecuzione della condanna.
Art. 275.
(Divieto di scarcerazione dopo condanna a pena detentiva)
Con la sentenza di condanna a pena detentiva anche se soggetta ad impugnazione non può essere ordinata la scarcerazione dell'imputato detenuto.
Quando però si tratta di pena che il giudice dichiara completamente scontata per effetto della custodia preventiva, l'imputato è immediatamente scarcerato.
Art. 276.
(Condizioni generali per la liberazione di detenuti)
Non può essere disposta la liberazione di una persona detenuta, se la detenzione deve continuare per un altro reato o se la persona stessa deve essere consegnata ad un'altra Autorità.
Chi si trova detenuto per disposizione dell'Autorità giudiziaria non può essere liberato senza ordine scritto, sottoscritto e munito del sigillo d'ufficio, emesso dal pubblico ministero o dal pretore secondo la rispettiva competenza.
Sezione IV -
Della libertà provvisoria.
Art. 277.
(Casi nei quali la libertà provvisoria è ammessa o vietata)
All'imputato che si trova nello stato di custodia preventiva può essere conceduta la libertà provvisoria.
La libertà provvisoria non è ammessa nei casi preveduti dall'articolo 253.
Art. 278.
(Momento in cui può concedersi la libertà provvisoria)
La libertà provvisoria può essere conceduta a norma dell'articolo precedente in ogni stato dell'istruzione o grado del giudizio, escluso il giudizio di cassazione.
Art. 279.
(Competenza relativa alla libertà provvisoria)
Nei procedimenti di competenza del pretore decide sulla domanda di libertà provvisoria il pretore che procede all'istruzione o che ha decretato la citazione. In quelli di competenza del tribunale durante l'istruzione formale decide il giudice istruttore; nel corso degli atti preliminari al giudizio o durante il dibattimento di primo grado o d'appello decide secondo la rispettiva competenza il tribunale o la corte d'appello. Nei procedimenti di competenza della corte d'assise durante l'istruzione decide il giudice istruttore; nel corso degli atti preliminari al giudizio, la sezione istruttoria, e durante il dibattimento, la corte d'assise. Quando l'istruzione è stata rimessa alla sezione istruttoria, decide la sezione medesima. Se la domanda è proposta nelle conclusioni finali del dibattimento, provvede con la sentenza il pretore, il tribunale o la corte.
I provvedimenti concernenti la libertà provvisoria sono dati con ordinanza, eccetto il caso che siano dati con la sentenza che definisce il giudizio.
Art. 280.
(Facoltà d'impugnazione delle ordinanze sulla libertà provvisoria)
Il pubblico ministero e l'imputato possono appellare contro le ordinanze che decidono sulla libertà provvisoria, emesse dal pretore prima del dibattimento o dal giudice istruttore. Sull'appello giudica rispettivamente il giudice istruttore o la sezione istruttoria.
Il pubblico ministero e l'imputato possono proporre ricorso per cassazione contro le ordinanze della sezione istruttoria o contro quelle emesse in grado d'appello dal giudice istruttore.
Il pubblico ministero e l'imputato hanno facoltà di impugnare le ordinanze sulla libertà provvisoria emesse nel periodo degli atti preliminari al giudizio e nel dibattimento. Si osservano, in tal caso, le disposizioni dell'articolo 200.
Art. 281.
(Facoltà del pubblico ministero di concedere la libertà provvisoria)
Nei procedimenti di competenza del tribunale o della corte d'assise durante l'istruzione sommaria la libertà provvisoria può concedersi, prima della richiesta di citazione, con decreto motivato del pubblico ministero. Contro il provvedimento del pubblico ministero che rigetta la domanda dell'imputato non è dato reclamo.
Si osservano nel resto in quanto sono applicabili le disposizioni degli articoli seguenti.
Quando l'istruzione sommaria è trasformata in istruzione formale, il provvedimento continua ad aver effetto, salvo quanto è stabilito nell'articolo 292.
Art. 282.
(Sottoposizione a cauzione o malleveria)
Con l'ordinanza che concede la libertà provvisoria o con un'altra successiva il giudice, salvo quanto è disposto nel capoverso dell'articolo 284, può sottoporre l'imputato a cauzione o malleveria.
In ogni caso il giudice con la predetta ordinanza può vietare all'imputato di dimorare in un dato luogo ovvero può imporgli l'obbligo di dimorare in un determinato Comune, lontano dai luoghi dove fu commesso il reato o nei quali il denunciante, il querelante o la persona offesa dal reato o alcuno dei suoi prossimi congiunti o lo stesso imputato, ha residenza. Queste prescrizioni possono essere revocate o modificate con un'altra ordinanza.
L'ordinanza concernente la cauzione o la malleveria e quella che impone, modifica o revoca gli altri obblighi, anche se successive all'ordinanza che concede la libertà provvisoria, possono essere impugnate dal pubblico ministero a norma dell'articolo 280.
Art. 283.
(Scopo ed essenza della cauzione e della malleveria)
La cauzione e la malleveria sono imposte per assicurare che l'imputato adempia agli obblighi indicati nell'articolo precedente, obbedisca agli ordini dell'Autorità giudiziaria e si sottometta all'esecuzione della sentenza.
La cauzione consiste nel deposito nella Cassa delle ammende di una somma in denaro o in titoli di Stato o garantiti dallo Stato ovvero nell'iscrizione di ipoteca su immobili idonei a garantire il doppio della somma iscritta.
La malleveria consiste nell'obbligazione che l'imputato assume con il concorso di uno o più fideiussori idonei e solidali di pagare la somma stabilita dal giudice nel caso preveduto dall'articolo 292.
Art. 284.
(Ammontare della cauzione o della malleveria: provvedimento per chi non può prestarla)
L'ammontare della cauzione o della malleveria deve essere fissato in modo che possa costituire per l'imputato un efficace ritegno all'infrazione degli obblighi impostigli.
Se il giudice accerta l'impossibilità dell'imputato di prestare la cauzione o la malleveria e ritiene di poter concedere egualmente il beneficio, stabilisce l'obbligo per l'imputato di presentarsi periodicamente all'ufficio di polizia giudiziaria indicato nell'ordinanza, in giorni ed ore prestabiliti, avuto riguardo alle occupazioni dell'imputato stesso e alla distanza della sua residenza dal luogo della presentazione. Di questo provvedimento è data immediata comunicazione all'ufficio predetto, che ne vigila l'osservanza e fa rapporto al giudice di ogni infrazione.
Art. 285.
(Decisione sulla idoneità della cauzione e dei fideiussori; verbale di ricezione)
Il giudice, prima di concedere la libertà provvisoria, decide con ordinanza sulla idoneità della cauzione e dei fideiussori.
La cauzione o la malleveria è ricevuta con processo verbale compilato dal cancelliere a ciò particolarmente designato nell'ordinanza che concede la libertà provvisoria o in quella che riconosce l'idoneità della cauzione o dei fideiussori.
Nello stesso processo verbale i fideiussori devono dichiarare o eleggere il proprio domicilio per le notificazioni.
Art. 286.
(Provvedimenti nel caso di cessazione o di diminuzione della malleveria)
Se nel corso del procedimento viene a cessare o risulta diminuita la garanzia relativa alla malleveria, l'Autorità che ha conceduto la libertà provvisoria fa notificare all'imputato l'invito a presentare nel termine di dieci giorni a pena di decadenza uno o più fideiussori nuovi con l'avvertimento che, scaduto il termine senza che l'imputato abbia provveduto, si procederà al suo arresto.
Fino a quando sia prestata la nuova malleveria permane quella già prestata.
Art. 287.
(Verbale di sottomissione agli obblighi)
Con il processo verbale menzionato nei capoversi dell'articolo 285 o con un altro successivo l'imputato deve assumere gli obblighi che gli sono imposti a norma di legge.
Nel caso preveduto dal capoverso dell'articolo 284, l'imputato assume con le medesime forme l'obbligo ivi preveduto.
Art. 288.
(Condizione per la liberazione)
L'imputato obbligato a prestare la cauzione o la malleveria non può essere liberato prima che tale garanzia sia stata prestata e siano state compiute tutte le formalità prevedute dagli articoli precedenti.
Art. 289.
(Notificazioni ai fideiussori)
Le citazioni all'imputato per presentarsi davanti all'Autorità giudiziaria sono notificate anche ai fideiussori.
Art. 290.
(Doveri dei fideiussori nel caso di temuta fuga del liberato)
Se il fideiussore ha fondato motivo di ritenere che l'imputato sia per darsi alla fuga, deve avvertire immediatamente l'Autorità giudiziaria che ha conceduto la libertà provvisoria, e se in conseguenza di tale avvertimento l'imputato viene arrestato prima che la fuga sia avvenuta, il fideiussore rimane liberato dalla obbligazione di pagare la somma stabilita per la malleveria.
Se il giudice riconosce che il fideiussore ha affermato il falso, pronuncia ordinanza con cui lo condanna al pagamento di una somma da lire mille a cinquemila a favore della Cassa delle ammende, ferma rimanendo la sua obbligazione.
Art. 291.
(Domanda di sostituzione del fideiussore)
Il fideiussore che per giustificato motivo non può più adempiere ai suoi obblighi ha facoltà di chiedere al giudice di essere sostituito da persona da lui presentata che offra non minori garanzie, e il giudice, se ritiene idonea tale persona, può con ordinanza provvedere alla sostituzione. Questa libera il precedente fideiussore soltanto per l'avvenire.
Art. 292.
(Revoca del beneficio e provvedimenti relativi)
Contro l'imputato che viola gli obblighi a lui imposti con l'ordinanza di libertà provvisoria o con provvedimento successivo il giudice pronuncia ordinanza di revoca del beneficio ed emette mandato di cattura.
Il giudice provvede nello stesso modo se in qualsiasi momento risulta che l'imputato ammesso alla libertà provvisoria si è dato o è per darsi alla fuga.
Se fu prestata cauzione o malleveria, con la predetta ordinanza è pure pronunciata condanna al pagamento della cauzione o della somma fissata per la malleveria e ne è ordinata la devoluzione alla Cassa delle ammende.
L'ordinanza del giudice vale come titolo esecutivo per l'espropriazione dei beni ipotecati.
Quando il condannato non si presenta per l'espiazione della pena, il provvedimento suddetto circa la cauzione o la malleveria è dato con ordinanza dal giudice che ha pronunciato la sentenza di condanna, con le forme stabilite per gli incidenti d'esecuzione.
Art. 293.
(Revoca della condanna al pagamento della garanzia)
La condanna al pagamento della cauzione o della somma fissata per la malleveria è notificata all'imputato e ai fideiussori. La detta condanna è revocata se entro il termine di decadenza di dieci giorni dalla notificazione l'imputato dimostra di essersi trovato nell'impossibilità di adempiere ai suoi obblighi esclusivamente per causa di forza maggiore. Questa prova può essere fornita nello stesso termine anche dal fideiussore.
Se nel termine predetto la prova non è fornita o non è ritenuta attendibile dal giudice, questi dichiara esecutiva l'ordinanza.
Art. 294.
(Restituzione della cauzione e liberazione dei fideiussori)
La cauzione è restituita e i fideiussori sono liberati soltanto dopo che l'imputato ha ottemperato a tutti gli obblighi indicati nell'articolo 283, senza distinzione se è stato condannato o prosciolto.
Nondimeno, nel caso di condanna, dall'ammontare della cauzione sono detratte le somme dovute dal condannato a' termini degli articoli 274 e 627 di questo codice e dell'articolo 189 del codice penale.
Titolo secondo.
Dell'istruzione formale.
Capo I.
Disposizioni generali.
Art. 295.
(Casi d'istruzione formale)
Per i delitti di competenza della corte d'assise o del tribunale si procede con istruzione formale, salvo che la legge disponga altrimenti.
Art. 296.
(Attività e delegazioni del giudice istruttore)
L'istruzione formale è compiuta dal giudice istruttore, a richiesta del pubblico ministero.
Per gli atti da eseguire fuori del Comune in cui risiede il giudice istruttore può delegare il pretore del luogo, il quale ha facoltà di procedere di propria iniziativa anche agli atti che dallo svolgimento di quelli specificamente delegati appaiono necessari o utili per l'accertamento della verità, escluse le perizie non assolutamente urgenti.
Per gli atti da eseguire nella circoscrizione di un altro tribunale è richiesto il giudice istruttore o il pretore del luogo, al quale spetta pure la facoltà stabilita nel capoverso precedente. Il giudice istruttore che compie l'istruzione formale può per ragione d'urgenza o per un altro grave motivo procedere a tali atti personalmente, nel quale caso deve darne avviso senza ritardo al giudice istruttore del luogo.
Art. 297.
(Attribuzioni del consigliere delegato della sezione istruttoria)
La sezione istruttoria presso la corte d'appello quando è investita dell'istruzione conferisce le funzioni del giudice istruttore a uno dei suoi componenti, il quale per gli atti da compiersi fuori del Comune di sua residenza anche in un altro distretto di corte di appello può delegare il giudice istruttore o il pretore del luogo, al quale pure spetta la facoltà menzionata nel primo capoverso dell'articolo precedente.
Il consigliere delegato della sezione istruttoria ha tutte le attribuzioni del giudice istruttore, salvo che la legge disponga altrimenti.
Art. 298.
(Vigilanza del procuratore generale sull'istruzione)
Il procuratore generale presso la corte d'appello vigila perchè le istruzioni si compiano speditamente e siano osservate dai giudici istruttori e dalla sezione istruttoria le forme e i termini stabiliti dalla legge.
In ogni caso in cui un'istruzione aperta da oltre un anno non sia stata ancora chiusa, il procuratore generale ne informa il Ministro della giustizia, indicando i motivi del ritardo.
Art. 299.
(Doveri del giudice istruttore)
Il giudice istruttore ha obbligo di compiere prontamente tutti e soltanto quegli atti che in base agli elementi raccolti e allo svolgimento dell'istruzione appaiono necessari per l'accertamento della verità. Egli deve altresì accertare i danni prodotti dal reato, se ciò è necessario per il giudizio sul reato stesso o su una circostanza, ovvero se vi è costituzione di parte civile.
Se durante l'istruzione il giudice istruttore viene a conoscenza di un altro reato per il quale si deve procedere d'ufficio, trasmette gli atti e le informazioni che vi si riferiscono al procuratore del Re, senza sospendere l'istruzione in corso.
Art. 300.
(Facoltà del giudice istruttore di sentire il denunciante, il querelante o l'offeso in contraddittorio col reo)
Prima di emettere un mandato, il giudice istruttore può sentire il denunciante, il querelante o l'offeso in contraddittorio di chi è indicato come reo.
Art. 301.
(Applicazione provvisoria di pene accessorie o di misure di sicurezza)
L'applicazione provvisoria delle pene accessorie nei casi consentiti dalla legge è disposta dal giudice anche d'ufficio con decreto motivato, in qualunque stato dell'istruzione, dopo l'interrogatorio dell'imputato o, se questo non è possibile, dopo l'emissione di un mandato. Il decreto è immediatamente comunicato al pubblico ministero per l'esecuzione.
Le stesse disposizioni si osservano per l'applicazione provvisoria delle misure di sicurezza, le quali possono essere ordinate anche prima dell'interrogatorio dell'imputato o dell'emissione di un mandato, senza facoltà di reclamo.
Art. 302.
(Processi verbali di atti istruttori)
Nel processo verbale compilato dal cancelliere si raccolgono le domande del giudice istruttore, le risposte della persona esaminata o interrogata, le dichiarazioni spontanee di essa, e si fa menzione della facoltà che il giudice abbia conceduto di servirsi di note scritte.
Le domande sono dettate, se occorre, dal giudice. Le risposte sono dettate dal giudice; ma, col permesso di questo, possono essere dettate dalla persona esaminata o interrogata, facendosene menzione nel processo verbale.
Art. 303.
(Facoltà del pubblico ministero nell'istruzione formale)
Il pubblico ministero può fare richieste, assistere agli atti d'istruzione e prenderne visione in ogni stato del procedimento.
Il giudice istruttore, prima di procedere agli atti ai quali il pubblico ministero ha chiesto di assistere, lo avverte in tempo per mezzo del cancelliere, senza ritardare le operazioni.
Quando è richiesto o delegato un altro giudice istruttore, il procuratore generale o il procuratore del Re può farsi rappresentare da un magistrato del pubblico ministero del luogo.
Il pubblico ministero, mentre assiste ad un atto dell'istruzione, può fare istanze, osservazioni e riserve, delle quali è fatta menzione nel processo verbale, con l'indicazione, se occorre, del provvedimento dato.
Art. 304.
(Nomina del difensore)
Il giudice, nel primo atto del procedimento in cui è presente l'imputato, lo invita a scegliersi un difensore, o glielo nomina d'ufficio se l'imputato non lo sceglie; lo invita altresì, qualora non sia detenuto o internato, a dichiarare o eleggere il domicilio per le notificazioni, a norma dell'articolo 171.
Art. 305.
(Memorie e istanze delle parti private. Copia del mandato al difensore)
Le istanze e le memorie presentate a norma dell'articolo 145 non dànno diritto all'imputato, alla persona civilmente obbligata per l'ammenda, al responsabile civile, alla parte civile ed ai rispettivi difensori di ottenere un provvedimento del giudice, salvi i casi in cui la legge dispone altrimenti.
Il difensore dell'imputato ha diritto di avere copia del mandato notificato od eseguito.
Art. 306.
(Facoltà della persona offesa dal reato)
In ogni momento dell'istruzione la persona offesa dal reato, anche se non si è costituita parte civile, può presentare memorie, indicare elementi di prova e proporre indagini per l'accertamento della verità.
L'esercizio di questa facoltà non conferisce alla predetta persona alcun altro diritto nel procedimento.
Art. 307.
(Obbligo del segreto)
I magistrati, anche se appartenenti al pubblico ministero, i cancellieri, i segretari, i periti, gli interpreti e le altre persone, eccettuate le parti private e i testimoni, che compiono o concorrono a compiere atti d'istruzione o assistono al compimento di essi, sono obbligati al segreto per tutto ciò che concerne gli atti medesimi e i loro risultati.
Art. 308.
(Limitazioni in ordine alla prova)
Le limitazioni che le leggi civili stabiliscono relativamente alla prova non si osservano nel procedimento penale, eccettuate quelle che riguardano lo stato delle persone.
Capo II.
Delle ispezioni e degli esperimenti giudiziali.
Art. 309.
(Ispezioni giudiziali in genere)
Il giudice istruttore accerta con l'ispezione delle persone, dei luoghi e delle cose le tracce e gli altri effetti materiali che il reato abbia lasciato.
Se il reato non ha lasciato tracce od effetti materiali, o se questi sono scomparsi, o sono stati in qualsivoglia modo cancellati o dispersi, alterati o rimossi, il giudice descrive lo stato attuale e in quanto sia possibile verifica quello preesistente. Nel caso di scomparsa o di alterazione, ne accerta il modo, il tempo e le cause.
Per i predetti accertamenti il giudice può compiere rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ogni altra operazione tecnica, valendosi, se lo ritiene opportuno, anche degli ufficiali di polizia giudiziaria.
I rilievi di impronte o di altri segni utili per l'identificazione delle persone sono inviati d'urgenza, quando ne è il caso, al competente ufficio di polizia, il quale, eseguite le opportune ricerche, ne comunica senza ritardo il risultato al giudice istruttore.
Art. 310.
(Norme relative all'ispezione corporale)
Il giudice istruttore quando lo ritiene utile può procedere all'ispezione corporale dell'imputato, curando che nei limiti della possibilità il pudore della persona sia rispettato. All'ispezione corporale di altra persona può procedere nei casi di grave e fondato sospetto o di assoluta necessità, sempre con la limitazione predetta.
L'ispezione corporale può essere eseguita dal giudice personalmente o per mezzo di un perito da lui nominato. In quest'ultimo caso il giudice può astenersi dall'assistere all'operazione.
All'ispezione può assistere una persona di fiducia di chi vi è sottoposto, qualora questi ne faccia domanda, la persona sia prontamente reperibile e la scelta sia approvata dal giudice, il quale deve avvertire l'interessato della facoltà che gli compete.
Art. 311.
(Facoltà coercitive del giudice durante l'ispezione locale)
Il giudice istruttore, nel procedere all'ispezione dei luoghi, può disporre che taluno non si allontani prima della chiusura del processo verbale. Il trasgressore è per ordine del giudice ricondotto e trattenuto nel luogo dagli agenti della forza pubblica.
Art. 312.
(Esperimenti giudiziali)
Per accertare se un fatto sia o possa essere avvenuto in un determinato modo, il giudice ha facoltà di procedere ad esperimento, curando per quanto le circostanze lo consentono che sia esclusa ogni pubblicità.
L'esperimento è disposto con ordinanza e consiste per quanto è possibile nella riproduzione del fatto nelle condizioni in cui si afferma o si ritiene essere avvenuto.
Sono vietati gli esperimenti che offendono il sentimento nazionale o religioso o di pietà verso i defunti o la moralità pubblica o che possono esporre a pericolo l'ordine pubblico.
Art. 313.
(Testimoni e periti nelle ispezioni e negli esperimenti giudiziali)
I testimoni e i periti che negli atti di ispezione o di esperimento sono assunti per stabilire l'identità di persone, di luoghi o di cose o per attestare le modalità di un fatto, prestano giuramento, a pena di nullità.
Capo III.
Dei periti e dei consulenti tecnici.
Art. 314.
(Facoltà del giudice di procedere a perizia)
Qualora sia necessaria un'indagine che richieda particolari cognizioni di determinate scienze o arti, il giudice può disporre la perizia.
Non sono ammesse perizie per stabilire l'abitualità o la professionalità nel reato, la tendenza a delinquere, il carattere e la personalità dell'imputato, e in genere le qualità psichiche indipendenti da cause patologiche.
La perizia è disposta d'ufficio con ordinanza. Se non si provvede d'ufficio, il pubblico ministero o la parte privata che vi abbia interesse può proporne istanza al giudice istruttore.
In ogni caso il perito è scelto e nominato d'ufficio dal giudice tra le persone che egli reputa idonee, e preferibilmente tra coloro che hanno conseguito la qualifica di specialista. La prestazione dell'ufficio di perito è obbligatoria.
Il giudice, quando lo ritiene necessario, può nominare contemporaneamente o successivamente più periti.
L'ordinanza è comunicata al pubblico ministero prima che sia dato inizio alle operazioni peritali. Nondimeno nei casi urgenti tale formalità non sospende la esecuzione della perizia.
Art. 315.
(Incapacità e incompatibilità dei periti)
Non può prestare ufficio di perito, a pena di nullità: 1° il minore degli anni ventuno, chi si trova in stato d'interdizione legale o giudiziale e chi è affetto da infermità di mente; 2° chi non può essere assunto come testimonio o ha facoltà di astenersi dal deporre nel procedimento e chi è chiamato a deporre come testimonio o a prestare ufficio d'interprete nel procedimento medesimo; 3° chi fu interdetto dai pubblici uffici, ovvero interdetto o sospeso dall'esercizio della professione o dell'arte per effetto di condanna penale e chi è stato o si trova sottoposto a misure di sicurezza detentive o a libertà vigilata.
Art. 316.
(Atti preliminari alla perizia)
Il perito è citato a comparire nel giorno e nel luogo che il giudice stabilisce. Nei casi urgenti la citazione può essere fatta anche oralmente per mezzo dell'ufficiale giudiziario o di un agente di polizia giudiziaria.
Avuta la presenza del perito, il giudice lo ammonisce a' termini dell'articolo 142 e lo avverte del dovere che egli ha di conservare il segreto; gli fa quindi prestare giuramento, con la formula seguente: Consapevole della responsabilità che col giuramento assumete davanti a Dio e agli uomini, giurate di bene e fedelmente procedere nelle indagini a voi affidate, senz'altro scopo che quello di far conoscere la verità, e di mantenere il segreto su tutti gli atti che dovrete compiere o che si faranno in vostra presenza.
Subito dopo il giudice chiede al perito le generalità e gli propone i quesiti che ritiene opportuni. Al perito possono essere proposti nuovi quesiti in ogni stato dell'istruzione.
Quando per la natura o per la difficoltà delle indagini il parere del perito non può essere dato immediatamente, il giudice stabilisce un termine per la presentazione in iscritto della relazione. Questo termine non può superare la durata di tre mesi e non può essere prorogato, salvo che, su richiesta del procuratore generale presso la corte d'appello informato dal procuratore del Re, la sezione istruttoria ne conceda la proroga per assoluta necessità. Se il perito non presenta la relazione entro il termine prefissogli, il giudice lo sostituisce senz'altro ed applica la disposizione del capoverso dell'articolo 321.
Degli atti indicati nelle disposizioni precedenti il giudice fa compilare processo verbale.
Art. 317.
(Poteri direttivi del giudice nella perizia)
Il giudice dirige la perizia e, se lo ritiene opportuno, vi assiste. In ogni caso egli provvede, con le disposizioni che reputa convenienti, a rendere possibili le indagini del perito, e quando occorre si accerta che le operazioni procedano speditamente.
Date le disposizioni necessarie perchè le cose che formano oggetto dell'esame siano possibilmente conservate e perchè siano assicurate la sincerità e la segretezza delle operazioni, il giudice può ordinare che queste si facciano in un laboratorio o in un istituto pubblico o privato.
Quando lo riconosce necessario, il giudice può disporre che il perito assista all'interrogatorio dell'imputato o all'esame dei testimoni e può autorizzarlo a prendere cognizione di atti dell'istruzione.
Se il perito ritiene necessario alcuno degli esperimenti indicati nell'articolo 312, il giudice può provvedere secondo le disposizioni dell'articolo stesso.
Art. 318.
(Norme relative alle perizie psichiatriche)
Ordinata la perizia psichiatrica, il giudice chiede al perito anche se l'imputato è persona socialmente pericolosa, tutte le volte che tale accertamento è prescritto dalla legge per l'applicazione di una misura di sicurezza.
Le perizie psichiatriche sono eseguite: 1° se si tratta di imputati soggetti a custodia preventiva o a misure di sicurezza detentive, nel luogo ove essi si trovano qualora ciò sia possibile o altrimenti in un manicomio pubblico, preferibilmente giudiziario; 2° se si tratta di minorenni ricoverati in un riformatorio giudiziario, nel riformatorio stesso, qualora ciò sia possibile, o altrimenti in un manicomio pubblico, preferibilmente giudiziario; 3° negli altri casi, nel luogo designato dal giudice, il quale può anche disporre, qualora lo ritenga opportuno, che le operazioni si compiano in tutto o in parte in un manicomio pubblico o in una clinica psichiatrica universitaria.
Art. 319.
(Norme relative alle perizie sulle falsità in atti. Scritti dell'imputato)
Nei procedimenti per delitti di falsità in atti il giudice ordina che siano presentate le scritture di comparazione, se queste si trovano presso pubblici ufficiali o presso incaricati di un pubblico servizio.
Le scritture private possono essere ammesse come scritture di comparazione, se non vi è dubbio sulla loro autenticità.
Se le scritture di comparazione si trovano presso un privato, il giudice, qualora non si tratti di persona che ha facoltà di astenersi dal deporre come testimonio, procede occorrendo a perquisizione e a sequestro.
Le scritture di comparazione sono contrassegnate con la sottoscrizione del giudice e del cancelliere.
Anche fuori del caso in cui si proceda per delitto di falsità in atti, il giudice può ordinare, quando occorre, che l'imputato presenti uno scritto di propria mano o scriva sotto sua dettatura. Se l'imputato rifiuta o usa artifici, ne è fatta menzione nel processo verbale.
Art. 320.
(Compimento della perizia)
Il parere del perito è ricevuto dal giudice ed è trascritto nel processo verbale. Se è presentata una relazione scritta, questa è ricevuta dal giudice che la contrassegna con la propria sottoscrizione e la allega al processo verbale.
La perizia è depositata entro tre giorni a cura del giudice nella cancelleria e del deposito è notificato avviso ai difensori delle parti, con l'avvertimento che entro il termine prefisso dal giudice essi hanno facoltà di prendere cognizione e copia nella stessa cancelleria della perizia e degli atti a questa allegati.
Art. 321.
(Sanzioni disciplinari contro i periti)
Il perito che non osserva le disposizioni date dal giudice o è negligente nell'adempimento del proprio ufficio, deve essere sostituito.
Il giudice, senza ritardare il provvedimento di sostituzione, pronuncia ordinanza con la quale condanna il perito al pagamento di una somma da lire duecento a tremila a favore della Cassa delle ammende, dopo averlo citato a comparire, volendo, per discolparsi.
Art. 322.
(Procedimento per il delitto di falsa perizia)
Quando il perito commette alcuno dei fatti preveduti dall'articolo 373 del codice penale, si osservano le disposizioni dell'articolo 359, in quanto siano applicabili.
Art. 323.
(Facoltà delle parti di nominare consulenti tecnici)
La parte privata che vi abbia interesse, entro tre giorni dalla scadenza del termine stabilito dal giudice a norma del capoverso dell'articolo 320, ha facoltà di nominare per mezzo del suo difensore e a proprie spese un consulente tecnico, scegliendolo fra le persone che reputa idonee.
Di tale nomina è dato avviso nello stesso termine, a pena di decadenza, al giudice istruttore e al pubblico ministero, con dichiarazione scritta presentata rispettivamente nella cancelleria o nella segreteria.
Se le parti che intendono valersi della detta facoltà sono più, esse non possono essere assistite da più di due consulenti tecnici complessivamente, eccetto il caso di conflitto d'interessi; se esiste o sorge conflitto di interessi, ciascun gruppo di parti, che hanno interessi comuni, non può essere assistito da più di due consulenti tecnici. Il giudice occorrendo provvede anche d'ufficio, con ordinanza, a far osservare questa disposizione.
Non può essere nominato consulente tecnico chi si trova nelle condizioni indicate nell'articolo 315. Se una di tali persone è stata nominata, il giudice fa notificare alla parte un invito a sostituirla nel termine di due giorni, trascorso il quale senza che la sostituzione sia avvenuta il giudice con decreto dichiara decaduta la parte dal diritto di farsi assistere da un consulente tecnico.
Art. 324.
(Facoltà dei consulenti tecnici)
I consulenti tecnici hanno facoltà di esaminare e di aver copia a spese della parte dei pareri e delle relazioni peritali. Possono altresì chiedere al giudice di essere ammessi all'esame della persona o della cosa, oggetto della perizia. Se il giudice ritiene di accogliere in tutto o in parte l'istanza, emette ordinanza con cui provvede perchè l'esame segua alla sua presenza o a quella del cancelliere ovvero del perito da lui nominato, nel modo e nel tempo che stabilisce.
In nessun caso la chiusura dell'istruzione può essere ritardata per l'esecuzione di tali provvedimenti.
Art. 325.
(Facoltà dei difensori in ordine alle osservazioni dei consulenti tecnici)
I difensori delle parti interessate hanno facoltà di depositare nella cancelleria del giudice le osservazioni che loro sono state presentate dai rispettivi consulenti tecnici. Tale facoltà deve essere esercitata, a pena di decadenza, almeno cinque giorni prima del dibattimento.
Il processo verbale di deposito è sottoscritto dal difensore.
Capo IV.
Degli interpreti.
Art. 326.
(Casi in cui è ammessa la nomina di un interprete)
Per interpretare uno scritto in lingua straniera ovvero in un dialetto non facilmente intelligibile il giudice nomina un interprete.
Se la persona che vuole o deve fare dichiarazioni o deposizioni non conosce la lingua italiana, il giudice nomina un interprete. La dichiarazione o deposizione può essere fatta per iscritto, nel quale caso è inserita nel processo verbale con la versione eseguita dall'interprete.
L'interprete deve essere nominato anche quando il giudice ha conoscenza personale della lingua o del dialetto che si tratta d'interpretare.
Art. 327.
(Citazione dell'interprete)
La prestazione dell'ufficio d'interprete è obbligatoria.
La nomina è comunicata all'interprete mediante notificazione del relativo decreto di citazione. Nei casi urgenti l'interprete può essere citato dal giudice oralmente, per mezzo dell'ufficiale giudiziario o di un agente di polizia giudiziaria.
Art. 328.
(Incapacità e incompatibilità dell'interprete)
Non può prestare ufficio d'interprete, a pena di nullità: 1° il minore degli anni ventuno, chi si trova in stato d'interdizione legale o giudiziale e chi è affetto da infermità di mente; 2° chi non può essere assunto come testimonio o ha facoltà di astenersi dal deporre nel procedimento e chi è chiamato a deporre come testimonio o a prestare ufficio di perito nel procedimento medesimo; 3° chi fu interdetto dai pubblici uffici ovvero interdetto o sospeso dall'esercizio della professione o dell'arte per effetto di condanna penale e chi è stato o si trova sottoposto a misure di sicurezza detentive o a libertà vigilata.
Art. 329.
(Assunzione dell'interprete)
Avuta la presenza dell'interprete, il giudice lo ammonisce a' termini dell'articolo 142 e lo avverte del dovere che egli ha di conservare il segreto sugli atti del suo ufficio; gli fa quindi prestare il giuramento, con la formula seguente: Consapevole della responsabilità che col giuramento assumete davanti a Dio e agli uomini, giurate di bene e fedelmente adempiere al vostro ufficio, senz'altro scopo che quello di far conoscere la verità, e di mantenere il segreto su tutti gli atti che si faranno per vostro mezzo o in vostra presenza.
Immediatamente dopo il giudice chiede all'interprete le generalità e lo invita a prestare il suo ufficio.
Art. 330.
(Termine per le traduzioni scritte; sanzione disciplinare)
Per le traduzioni di scritture che richiedono un lavoro di lunga durata, il giudice può fissare all'interprete un termine per presentare la versione scritta e per giusta causa può prorogarlo.
L'interprete che non presenta la versione entro il termine predetto è sostituito. Il giudice, senza ritardare il provvedimento di sostituzione, emette ordinanza con la quale condanna l'interprete al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma da lire cento a mille, dopo averlo citato a comparire, volendo, per discolparsi.
Art. 331.
(Procedimento per il delitto di falsa interpretazione)
Quando l'interprete commette alcuno dei fatti preveduti dall'articolo 373 del codice penale, si osservano le disposizioni dell'articolo 359, in quanto siano applicabili.
Capo V.
Delle perquisizioni.
Art. 332.
(Casi e forme delle perquisizioni)
Quando il giudice ha fondato motivo di sospettare che taluno occulti sulla persona cose pertinenti al reato, dispone la perquisizione personale. Quando ha fondato motivo di sospettare che tali cose si trovino in un determinato luogo, ovvero che in esso possa eseguirsi l'arresto dell'imputato o di un'altra persona indiziata od evasa, dispone la perquisizione domiciliare.
La perquisizione è disposta con decreto; il giudice vi può procedere personalmente e occorrendo con l'assistenza della forza pubblica. Può anche delegare col medesimo decreto un ufficiale di polizia giudiziaria.
Art. 333.
(Tempo delle perquisizioni domiciliari)
Non si può cominciare la perquisizione in un'abitazione o nei luoghi chiusi adiacenti ad essa dopo un'ora dal tramonto e prima di un'ora avanti la levata del sole.
Nondimeno nei casi urgenti il giudice può disporre per iscritto che la perquisizione avvenga anche in tempo di notte.
Art. 334.
(Doveri e facoltà del giudice nelle perquisizioni)
All'imputato e a chi abita o possiede il luogo in cui è eseguita una perquisizione domiciliare è consegnata, nell'atto d'iniziare le operazioni, copia del decreto del giudice, con invito orale di assistervi o farsi rappresentare da persona che sia sul posto. La copia, se non può essere consegnata alle indicate persone, è consegnata e l'invito è fatto ad un congiunto o domestico, al portiere o ad un vicino se vi si trovi, purché abbia capacità di essere testimonio ad atti processuali.
Se le dette formalità non possono essere compiute, ne è fatta menzione nel processo verbale.
Il giudice, nel procedere alla perquisizione domiciliare, ha facoltà di ordinare anche oralmente che siano perquisite le persone presenti o sopraggiunte, quando ritiene che possano occultare cose pertinenti al reato.
Può altresì ordinare che taluno non si allontani prima del compimento delle operazioni, e può farlo sorvegliare dagli agenti della forza pubblica. Il trasgressore è per ordine del giudice trattenuto o ricondotto con la forza sul posto.
Art. 335.
(Invito ad esibire. Riguardi nelle perquisizioni personali)
Se si ricerca una cosa determinata, il giudice, prima di procedere alla perquisizione personale, può invitare la persona ad esibirla. Se la cosa viene presentata, la perquisizione è omessa, salvo che si ritenga utile procedervi per altre ragioni.
La perquisizione sul corpo di una donna è fatta eseguire da un'altra donna, quando ciò è possibile e non importa ritardo o pregiudizio per le operazioni.
In ogni caso le perquisizioni personali devono essere eseguite separatamente ed in modo che, nei limiti della possibilità, sia rispettato il pudore della persona.
Art. 336.
(Processo verbale e sequestro)
Di ogni perquisizione è compilato processo verbale immediatamente dopo compiute le operazioni.
Le cose rinvenute nella perquisizione sono sottoposte a sequestro, con l'osservanza di quanto è prescritto negli articoli 344 e 345.
Capo VI.
Del sequestro per il procedimento penale.
Art. 337.
(Formalità relative al sequestro)
Nel corso dell'istruzione il giudice può disporre anche d'ufficio con decreto il sequestro di cose pertinenti al reato. Al sequestro il giudice può procedere personalmente e occorrendo con l'assistenza della forza pubblica. Può anche delegare con lo stesso decreto un ufficiale di polizia giudiziaria.
Art. 338.
(Sequestro in uffici postali o telegrafici)
Il giudice può disporre il sequestro, negli uffici postali o telegrafici, di lettere, pieghi, pacchi, valori, telegrammi o di altri oggetti di corrispondenza, che abbia ragione di ritenere spediti dall'imputato o a lui diretti anche sotto nome diverso o per mezzo di persona diversa o che comunque possano avere relazione con il reato.
Quando al sequestro procede un ufficiale di polizia giudiziaria, questi deve rimettere al giudice gli oggetti di corrispondenza sequestrati, senza aprirli e senza prendere altrimenti conoscenza del loro contenuto.
Art. 339.
(Accesso a uffici telefonici)
Il giudice può accedere agli uffici o impianti telefonici di pubblico servizio per trasmettere, intercettare o impedire comunicazioni o assumerne cognizione. Può anche delegarvi con decreto un ufficiale di polizia giudiziaria.
Art. 340.
(Sequestro presso banche o altri istituti)
Il giudice può procedere al sequestro di titoli, valori, somme depositate in conto corrente e di ogni altra cosa depositata, anche se contenuti in cassette di sicurezza, presso banche o altri istituti pubblici o privati, quando ritiene che siano pertinenti al reato, quantunque non appartengano all'imputato o non siano inscritti al suo nome.
Il giudice ha facoltà di esaminare la corrispondenza e tutti gli atti e documenti della banca o dell'istituto per rintracciare le cose da sequestrare o per accertare altre circostanze utili alla scoperta della verità. In caso di rifiuto, procede a perquisizione e al sequestro della corrispondenza e di quant'altro è necessario.
Gli atti preveduti dal capoverso precedente non possono mai essere compiuti, neppure per delegazione, da ufficiali od agenti di polizia giudiziaria.
Art. 341.
(Sequestro presso i difensori e i consulenti tecnici)
Presso i difensori e i consulenti tecnici non si può procedere al sequestro delle carte o dei documenti che hanno ricevuto in consegna per l'adempimento del loro ufficio, salvo che tali carte o documenti facciano parte del corpo del reato.
Art. 342.
(Dovere di esibizione da parte dei pubblici ufficiali e di altre persone)
I pubblici ufficiali e impiegati, gli incaricati di un pubblico servizio e le persone indicate nell'articolo 351 devono consegnare immediatamente all'Autorità giudiziaria, che ne faccia richiesta, gli atti e i documenti, anche in originale se così è ordinato, e ogni altra cosa esistente presso di essi per ragione del loro ufficio, incarico, professione od arte, salvo che dichiarino per iscritto anche senza motivazione che si tratta di segreto politico o militare, ovvero di segreto d'ufficio o professionale.
Quando la dichiarazione concerne un segreto politico o militare, l'Autorità procedente, se non la ritiene fondata, provvede a norma del secondo capoverso dell'articolo 352.
Quando la dichiarazione concerne un segreto d'ufficio o professionale, l'Autorità procedente, se non la ritiene fondata, può ordinare il sequestro.
Art. 343.
(Copie di documenti sequestrati)
Il giudice può far estrarre copie degli atti e dei documenti sequestrati, restituendo gli originali, e, quando mantiene il sequestro di questi, può autorizzare il cancelliere a rilasciare gratuitamente copie autentiche a coloro che li avevano in deposito.
I pubblici ufficiali possono rilasciare copie, estratti o certificati dei documenti loro restituiti dal giudice in originale o in copia, ma devono fare menzione in tali copie, estratti o certificati del sequestro esistente.
In ogni caso la persona o l'ufficio, presso cui fu eseguito il sequestro, ha diritto di avere un certificato dell'avvenuto sequestro.
Se il documento sequestrato fa parte di un volume o registro da cui non possa essere separato, e il giudice non ritiene di farne estrarre copia, l'intero volume o registro rimane in deposito giudiziario. Il cancelliere con l'autorizzazione del giudice spedisce agli interessati che li richiedano copie, estratti o certificati delle parti del volume o registro non soggette al sequestro, facendo menzione del sequestro parziale nelle copie, negli estratti e nei certificati.
Al depositario o detentore è consegnata gratuitamente, nel caso preveduto dal capoverso precedente, copia autentica del processo verbale di sequestro.
Art. 344.
(Custodia delle cose sequestrate)
Le cose sequestrate sono date in custodia al cancelliere.
Se il giudice riconosce che non è possibile o che non conviene custodirle nella cancelleria, può ordinare che la custodia avvenga in luogo diverso, determinandone il modo e nominando un altro custode, che non sia una delle persone indicate nell'articolo 159. All'atto della consegna il giudice avverte il custode dell'obbligo di conservare e di presentare le cose ad ogni richiesta dell'Autorità giudiziaria, e delle pene comminate dal codice penale per chi trasgredisce ai doveri della custodia. Può anche imporre al custode una cauzione. Dell'avvenuta consegna, dell'avvertimento dato e della cauzione imposta è fatta menzione nel processo verbale. La cauzione è ricevuta, con separato processo verbale, dal cancelliere.
Art. 345.
(Apposizione dei sigilli alle cose sequestrate; cose deperibili)
Le cose sequestrate si assicurano con il sigillo dell'ufficio d'istruzione e con le sottoscrizioni del giudice e del cancelliere.
Il giudice fa estrarre copia dei documenti e fa eseguire fotografie o altre riproduzioni delle cose sequestrate che possono alterarsi, o che sono di difficile custodia, le unisce agli atti, e fa custodire in cancelleria gli originali dei documenti, disponendo quanto alle cose in conformità dell'articolo precedente.
Se si tratta di cose che possono alterarsi, il giudice ne ordina, secondo i casi, l'alienazione o la distruzione.
Art. 346.
(Rimozione e riapposizione dei sigilli)
Il giudice, quando occorre procedere alla rimozione dei sigilli, ne verifica prima l'identità e l'integrità con l'assistenza del cancelliere. Dopo compiuto l'atto per cui fu necessaria la rimozione dei sigilli, le cose sequestrate sono nuovamente sigillate dal cancelliere in presenza del giudice. Il giudice e il cancelliere appongono presso il sigillo la data e la loro sottoscrizione.
Per quanto non è preveduto da questo capo, si osservano le norme degli articoli 622 e seguenti.
Art. 347.
(Ordine di sequestro dopo l'istruzione)
Quando nel corso dell'istruzione non è stato possibile eseguire in tutto o in parte il sequestro delle cose pertinenti al reato, il sequestro è ordinato appena ne risulta la possibilità, in qualsiasi grado del giudizio, dal presidente o dal pretore anche d'ufficio. Divenuta irrevocabile la sentenza di condanna, il sequestro delle dette cose è ordinato anche d'ufficio dal giudice competente per l'esecuzione, in qualsiasi momento se ne presenti la possibilità, nonostante che la pena sia scontata o altrimenti estinta. Si osservano, in quanto siano applicabili, le norme stabilite negli articoli precedenti, e per la restituzione delle cose sequestrate si applicano le disposizioni degli articoli 622 e seguenti.
Capo VII.
Dei testimoni.
Art. 348.
(Testimoni da esaminare; capacità e doveri dei testimoni)
Il giudice deve esaminare i testimoni informati dei fatti per cui si procede e che ritiene utili all'accertamento della verità.
Ogni persona ha capacità di testimoniare, salvo al giudice di valutarne la credibilità. Eccettuati i casi espressamente indicati dalla legge, nessuno può sottrarsi all'obbligo di deporre.
Non possono essere assunti, a pena di nullità, come testimoni gli imputati dello stesso reato o di un reato connesso, anche se sono stati prosciolti o condannati, salvo che il proscioglimento sia stato pronunciato in giudizio per non aver commesso il fatto.
Art. 349.
(Regole per l'esame testimoniale)
Il giudice deve evitare ogni domanda suggestiva o che possa altrimenti nuocere alla spontaneità e alla sincerità delle risposte.
I testimoni devono essere interrogati su fatti determinati.
Il giudice non deve chiedere ai testimoni, né permettere che essi esprimano, apprezzamenti personali, salvo che non sia possibile scindere tali apprezzamenti dalla deposizione sui fatti.
I testimoni non devono deporre sulle voci correnti nel pubblico intorno ai fatti di cui si tratta nel processo.
Non devono parimenti deporre sulla moralità dell'imputato o di altre persone, salvo che per fatti specifici riguardanti l'imputato e idonei a qualificare la personalità di costui in relazione al reato o ad accertare o ad escludere la sua qualità di persona socialmente pericolosa. La stessa eccezione vale per i fatti che servono a definire la personalità di colui contro il quale fu commesso il reato, quando il fatto dell'imputato deve essere valutato in relazione al fatto o alle qualità morali di quella persona.
Il giudice non può obbligare gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria a rivelare i nomi delle persone che hanno ad essi fornito notizie, e non può ricevere, a pena di nullità, dagli ufficiali od agenti predetti notizie avute da persone i cui nomi essi non ritengono di dovere manifestare.
Art. 350.
(Diritto dei prossimi congiunti d'astenersi dal testimoniare)
I prossimi congiunti dell'imputato o di uno dei coimputati del medesimo reato possono astenersi dal deporre.
Non possono tuttavia astenersi quando sono denuncianti, querelanti o parti civili, o quando il reato è stato commesso in danno di un altro prossimo congiunto dell'imputato o di uno dei coimputati e non si può altrimenti ottenere od integrare la prova del reato o delle sue circostanze.
Il giudice, se ne è il caso, deve avvertire le persone predette della facoltà di astenersi dal deporre, facendo menzione dell'avvertimento nel processo verbale.
Art. 351.
(Diritto d'astenersi dal testimoniare determinato dal segreto professionale)
Non possono, a pena di nullità, essere obbligati a deporre su ciò che a loro fu confidato o è pervenuto a loro conoscenza per ragione del proprio ministero od ufficio o della propria professione: 1° i ministri della Religione cattolica o di un culto ammesso nello Stato; 2° gli avvocati, i procuratori, i consulenti tecnici ed i notari; 3° i medici e i chirurghi, i farmacisti, le levatrici e ogni altro esercente una professione sanitaria, salvi i casi nei quali la legge impone loro l'obbligo di informare l'Autorità.
Se l'Autorità procedente non ritiene fondata la dichiarazione fatta da tali persone per esimersi dal deporre, procede senz'altro all'esame testimoniale.
Art. 352.
(Diritto d'astenersi dal testimoniare e divieto d'esame determinati dal segreto d'ufficio)
I pubblici ufficiali, i pubblici impiegati e gli incaricati di un pubblico servizio non possono, a pena di nullità, essere obbligati a deporre sui fatti conosciuti per ragione d'ufficio e che debbono rimanere segreti.
Essi, a pena di nullità, non debbono essere interrogati sui segreti politici o militari dello Stato o su altre notizie che palesate possono nuocere alla sicurezza dello Stato o all'interesse politico, interno o internazionale, dello Stato medesimo.
Se l'Autorità procedente non ritiene fondata la dichiarazione fatta da alcuna delle predette persone, ne fa rapporto al procuratore generale presso la corte d'appello che ne informa il Ministro della giustizia. Non si procede in tal caso per il delitto di cui all'articolo 372 del codice penale, senza l'autorizzazione del Ministro della giustizia.
Art. 353.
(Citazione dei testimoni)
Per l'esame dei testimoni il giudice emette decreto di citazione che contiene: 1° le generalità del testimonio; 2° il giorno, l'ora e il luogo della comparizione, e l'Autorità davanti alla quale il testimonio deve presentarsi; 3° l'indicazione delle sanzioni in cui il testimonio incorre se non si presenta.
Art. 354.
(Citazione orale e presentazione spontanea di testimoni)
Nei casi urgenti i testimoni possono essere fatti citare, anche oralmente, per mezzo dell'ufficiale giudiziario o di un agente di polizia giudiziaria.
I testimoni nell'istruzione possono altresì presentarsi spontaneamente. Se il giudice ritiene di esaminarli, è fatta menzione della presentazione spontanea nel processo verbale.
Art. 355.
(Divieto di concessione di salvacondotti)
In nessun caso possono essere conceduti salvacondotti a testimoni o ad altre persone.
Art. 356.
(Norme relative all'assunzione di determinati testimoni)
Salve le disposizioni di altre leggi, se un Principe Reale, un Cardinale o un Grande Ufficiale dello Stato, deve essere sentito come testimonio, il giudice, presi gli opportuni accordi, si reca con il cancelliere nel luogo indicato dal testimonio per riceverne la deposizione. Se per l'esame è richiesto un altro giudice, sono specificati nella richiesta i fatti su cui il testimonio dovrà essere esaminato e si procede con l'osservanza delle forme predette.
Se deve essere sentito come testimonio un Regio agente diplomatico o l'incaricato di una missione diplomatica all'estero, durante la sua residenza fuori del territorio dello Stato, la richiesta per l'esame è trasmessa, per mezzo del Ministero della giustizia, all'Autorità consolare del luogo, la quale procede all'esame nel modo indicato nella prima parte di questo articolo.
Nondimeno, nei procedimenti per delitti di competenza della corte d'assise o del tribunale, il giudice, se ritiene indispensabile, per eseguire un atto di ricognizione o di confronto o per un'altra necessità, la comparizione di alcuna delle persone sopra menzionate, procede, osservati gli opportuni riguardi, con le forme ordinarie. In ogni caso le predette persone hanno facoltà di rinunciare al trattamento speciale che a loro spetta.
Per ricevere le deposizioni di agenti diplomatici della Santa Sede accreditati presso lo Stato italiano ovvero di agenti diplomatici di uno Stato estero accreditati presso lo Stato italiano o la Santa Sede, si osservano le convenzioni e gli usi internazionali.
Art. 357.
(Atti preliminari alla deposizione; giuramento dei testimoni a futura memoria)
Ciascun testimonio è esaminato separatamente. Il giudice lo avverte dell'obbligo di dire tutta la verità, null'altro che la verità e gli rammenta le pene stabilite contro i colpevoli di falsa testimonianza. Indi lo interroga sulle sue generalità e intorno a qualsiasi vincolo di parentela o d'interessi che abbia con le parti private o ad altre circostanze che servano per valutare la sua credibilità. Procede quindi al suo esame.
I testimoni nell'istruzione non giurano, salvo che la legge disponga altrimenti. Il giudice peraltro deve ricevere con giuramento la deposizione di quei testimoni che egli ritiene necessari, quando prevede che non possano, per infermità o per altro grave impedimento, comparire in giudizio. In tal caso il testimonio giura a' termini dell'articolo 449.
Di tutto è fatta menzione nel processo verbale.
Art. 358.
(Testimoni non comparsi)
Il testimonio regolarmente citato che non è comparso per legittimo impedimento può essere esaminato nel luogo in cui si trova, anche mediante delegazione o richiesta.
Se il testimonio non è comparso senza giustificare la sua assenza o se dalla giustificazione non risulta l'esistenza di un legittimo impedimento, il giudice provvede a norma dell'articolo 144.
Art. 359.
(Testimoni renitenti, falsi o reticenti)
Se il testimonio rifiuta di deporre senza legittimo motivo o se vi è fondato motivo di ritenere che egli abbia affermato il falso o negato il vero ovvero taciuto in tutto o in parte ciò che sa intorno ai fatti sui quali è esaminato, il giudice può nuovamente ammonirlo circa la responsabilità penale alla quale si espone, e ordinare che sia trattenuto in arresto provvisorio fino a che venga richiamato, nello stesso giorno o nel giorno immediatamente successivo. Se il giudice non ritiene di provvedere in tal modo, ovvero se il testimonio richiamato persiste nel rifiuto, nella falsità o nella reticenza, il giudice emette anche d'ufficio mandato di arresto e fa compilare processo verbale, che viene trasmesso al pubblico ministero per il relativo procedimento penale.
Anche se non è stato emesso il mandato d'arresto o compilato il processo verbale, il pubblico ministero può esercitare l'azione penale.
Se il testimonio, prima che l'istruzione sia chiusa, ritratta il falso e manifesta il vero nel procedimento penale in cui ha prestato il suo ufficio, il giudice, sentito il pubblico ministero, pronuncia sentenza con cui dichiara non doversi procedere perchè l'imputato non è punibile.
Capo VIII.
Delle ricognizioni e dei confronti.
Art. 360.
(Ricognizione di persone)
Quando occorre procedere alla ricognizione di una persona, il giudice invita chi deve eseguirla a fare la descrizione della persona da riconoscere. Gli chiede, poi, se è mai stato chiamato a tale esperimento da un'altra Autorità, o se, successivamente al fatto per cui si procede, gli è mai stata indicata la persona da riconoscere, se ne ha veduto immagini ritratte in fotografia o in un altro modo, e se non si trova in altre condizioni atte a prevenire il riconoscimento. Delle dichiarazioni dell'interrogato è fatta menzione, a pena di nullità, nel processo verbale.
Il giudice procura quindi la presenza di altre due o più persone che abbiano qualche somiglianza con quella che è oggetto dell'esperimento. Questa deve essere possibilmente presentata nelle stesse condizioni in cui può essere stata veduta dalla persona chiamata alla ricognizione. Dopo che la persona da riconoscere ha scelto il suo posto, chi deve eseguire la ricognizione è introdotto e il giudice lo invita a dichiarare se fra i presenti riconosca con sicurezza la persona. In caso affermativo lo invita a indicarla. Della risposta è fatta menzione, a pena di nullità, nel processo verbale.
Se vi è ragione di ritenere che la persona chiamata per la ricognizione possa subire intimidazione o altra influenza contraria alla verità per l'immediata presenza della persona da riconoscere, il giudice può disporre, facendone menzione nel processo verbale, che l'atto sia compiuto senza che la persona da riconoscere possa vedere chi è chiamato per la ricognizione. Questa disposizione non si applica nel dibattimento.
Art. 361.
(Ricognizione di cose)
Il giudice, prima della ricognizione di una cosa, invita la persona che deve eseguirla a farne la descrizione e a dichiarare se tale descrizione è dovuta alla sua conoscenza anteriore e diretta oppure a notizie avute altrimenti. Di tutto si fa menzione, a pena di nullità, nel processo verbale.
Il giudice procede poi alla ricognizione osservando, in quanto sono applicabili, le regole stabilite nell'articolo precedente.
Art. 362.
(Pluralità di persone chiamate a riconoscere, o di persone o cose da riconoscere)
Quando più persone sono chiamate ad eseguire la ricognizione di una persona o di una cosa, si procede con atti separati, curando che sia impedita ogni comunicazione tra chi ha eseguito la ricognizione e coloro che devono ancora eseguirla.
Se una stessa persona deve eseguire la ricognizione di più persone o di più cose, il giudice per ogni ricognizione provvede a collocare la persona o la cosa da riconoscersi fra altri individui o altri oggetti.
Art. 363.
(Ricognizioni eseguite da testimoni)
Quando la persona o la cosa deve essere riconosciuta da chi ha la qualità di testimonio, il giudice, prima delle dichiarazioni indicate negli articoli precedenti e dell'esperimento di ricognizione, gli fa prestare giuramento, a pena di nullità, a' termini dell'articolo 449.
Del prestato giuramento e di quant'altro è prescritto negli articoli precedenti deve essere fatta menzione, a pena di nullità, nel processo verbale.
Art. 364.
(Confronti)
Il confronto è ammesso esclusivamente fra persone già esaminate o interrogate, quando vi è disaccordo fra esse su fatti o circostanze importanti.
Nel processo verbale è fatta menzione delle domande rivolte dal giudice, delle dichiarazioni rese dalle persone messe a confronto e di quant'altro è avvenuto durante il confronto, senza far cenno delle impressioni riportate dal giudice circa il contegno tenuto dalle persone che hanno preso parte all'atto.
Capo IX.
Dell'interrogatorio dell'imputato.
Art. 365.
(Obbligo del giudice; presentazione dell'imputato)
Il giudice procede all'interrogatorio dell'imputato nel termine stabilito dalla legge e, quando un termine non è stabilito, senza ritardo. Se vi sono imputati in stato d'arresto, essi hanno la precedenza sugli altri.
L'imputato in stato d'arresto è presentato libero nella persona al giudice, se non sono necessarie cautele per prevenire il pericolo di fuga o di violenze.
Art. 366.
(Preliminari dell'interrogatorio)
Prima di procedere all'interrogatorio, il giudice invita l'imputato a dichiarare le proprie generalità, ammonendolo delle conseguenze a cui si espone chi si rifiuta di dare le proprie generalità o le dà false.
Gli chiede quindi se già abbia o voglia nominarsi un difensore di fiducia. Altrimenti gli nomina un difensore d'ufficio, quando non è già stato nominato, e occorrendo gli rivolge l'invito prescritto nella prima parte dell'articolo 171.
Nel processo verbale il giudice può far precedere alle menzioni relative all'interrogatorio l'indicazione delle ricerche che egli abbia fatto per identificare l'imputato e la descrizione della persona di lui, con i connotati e i contrassegni particolari.
Art. 367.
(Interrogatorio nel merito)
Il giudice contesta in forma chiara e precisa all'imputato il fatto che gli è attribuito, gli fa noti gli elementi di prova esistenti contro di lui, e, se non può derivarne pregiudizio all'istruzione, gliene comunica le fonti.
Invita quindi l'imputato a discolparsi e a indicare le prove in suo favore. Se l'imputato rifiuta di rispondere, ne è fatta menzione nel processo verbale e si procede oltre nell'istruzione.
Art. 368.
(Risultati dell'interrogatorio)
Il giudice deve investigare su tutti i fatti e su tutte le circostanze che l'imputato ha esposto nell'interrogatorio, in quanto possono condurre all'accertamento della verità.
Capo X.
Della chiusura dell'istruzione formale.
Art. 369.
(Rapporti tra il giudice istruttore e il pubblico ministero)
Compiuta l'istruzione, il giudice istruttore, se il reato è di competenza della corte d'assise, comunica gli atti al procuratore generale presso la corte d'appello; in ogni altro caso li comunica al procuratore del Re.
Il procuratore generale e il procuratore del Re presenta le sue requisitorie al giudice istruttore.
Art. 370.
(Richiesta di ulteriore istruzione)
Se il pubblico ministero ritiene che l'istruzione deve essere proseguita, restituisce con le proprie requisitorie specifiche gli atti al giudice istruttore. Questi, compiute senza ritardo le indagini richieste, rimette nuovamente gli atti al pubblico ministero.
Art. 371.
(Requisitorie del pubblico ministero)
Le requisitorie con le quali il pubblico ministero chiede che l'istruzione sia chiusa sono notificate alle parti private per estratto, che contiene: 1° le generalità dell'imputato o quant'altro valga a identificarlo, e, se è il caso, le generalità delle altre parti private; 2° l'enunciazione del fatto, del titolo del reato, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono importare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge; 3° le conclusioni.
Art. 372.
(Deposito in cancelleria e facoltà dei difensori)
Gli atti e i documenti del processo sono depositati in cancelleria. Il giudice, quando le cose sequestrate non sono depositate in cancelleria, può ordinare che siano lasciate nel luogo dove si trovano custodite.
I difensori hanno facoltà di prendere visione di ogni cosa, di estrarre copia degli atti e dei documenti e di presentare le istanze e le memorie che ritengono opportune, entro cinque giorni dall'avviso che deve essere fatto notificare a cura del cancelliere ai difensori medesimi.
Il giudice istruttore può, a domanda dei difensori e per giusta causa, prorogare il termine per una volta sola e per quel tempo che egli ritiene assolutamente indispensabile.
Scaduto il termine, il giudice istruttore deve provvedere entro quindici giorni nel modo indicato negli articoli seguenti.
Art. 373.
(Dissenso tra il giudice istruttore e il pubblico ministero sulla competenza del giudice ordinario)
Il giudice istruttore, se ritiene che la cognizione del fatto appartiene all'Autorità giudiziaria ordinaria, e il pubblico ministero ha chiesto invece la trasmissione degli atti ad un'altra Autorità, provvede con ordinanza alla restituzione degli atti al pubblico ministero, il quale ha obbligo di presentare senz'altro le sue requisitorie definitive in merito, salva la facoltà di proporre la questione di competenza nel dibattimento.
Art. 374.
(Sentenza di rinvio a giudizio)
Il giudice istruttore, se riconosce che il fatto costituisce un reato di competenza dell'Autorità giudiziaria ordinaria, e che vi sono sufficienti prove a carico dell'imputato per rinviarlo a giudizio, ordina con sentenza il rinvio dell'imputato avanti la corte, il tribunale o il pretore competente, salvo che ritenga di concedere il perdono giudiziale.
Con la stessa sentenza, se non ha disposto anteriormente, può dare i provvedimenti menzionati nell'articolo 301 ovvero può modificarli o revocarli.
Art. 375.
(Provvedimenti relativi alla libertà personale dell'imputato in caso di rinvio a giudizio)
Con la sentenza che rinvia a giudizio per un reato per il quale la legge non consente il mandato di cattura, il giudice ordina la liberazione dell'imputato detenuto o soggetto ad altri vincoli della libertà.
Il giudice con la sentenza che rinvia a giudizio ordina la cattura dell'imputato se questi non è già detenuto per il reato per cui si procede, quando si tratta di delitto per il quale la legge impone il mandato di cattura. Quando il mandato di cattura è facoltativo o è stato sospeso a' termini dell'articolo 259, il giudice può ordinare la cattura.
Quando è stata conceduta la libertà provvisoria, il giudice istruttore ha facoltà di ordinare la cattura.
Per l'esecuzione delle disposizioni della sentenza di rinvio a giudizio concernenti la cattura, il giudice istruttore emette mandato di cattura.
Se non vi è sospetto di fuga, il giudice istruttore, prima di far eseguire il mandato di cattura, può far notificare all'imputato l'ingiunzione di costituirsi in carcere entro ventiquattro ore.
Art. 376.
(Condizioni per il rinvio a giudizio o per il proscioglimento)
Non si può ordinare il rinvio a giudizio, né dichiarare non doversi procedere per insufficienza di prove, se l'imputato non è stato interrogato sul fatto costituente l'oggetto dell'imputazione ovvero se il fatto non è stato enunciato in un mandato rimasto senza effetto.
Questa disposizione si osserva a pena di nullità.
Art. 377.
(Sanatoria delle nullità verificatesi nell'istruzione)
Le nullità incorse nell'istruzione formale sono sanate, se non vengono dedotte con dichiarazione scritta e motivata ricevuta dal cancelliere del giudice istruttore, entro cinque giorni dalla scadenza del termine indicato nell'articolo 372.
Art. 378.
(Sentenza di proscioglimento)
Se il fatto non sussiste, se l'imputato non lo ha commesso, se si tratta di persona non imputabile o di persona non punibile perchè il fatto non costituisce reato o per un'altra ragione, se il reato è estinto, se l'azione penale non avrebbe potuto essere iniziata, se l'azione penale non può essere proseguita, il giudice istruttore dichiara con sentenza non doversi procedere, enunciandone la causa nel dispositivo. Il giudice pronuncia sentenza con cui dichiara non doversi procedere perchè il fatto non sussiste o perchè l'imputato non lo ha commesso, tanto nel caso in cui vi è la prova che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso, quanto nel caso in cui manca del tutto la prova che il fatto sussiste o che l'imputato lo ha commesso.
Se non risultano sufficienti prove per rinviare l'imputato a giudizio, il giudice dichiara con sentenza non doversi procedere per insufficienza di prove.
Se sono ignoti coloro che hanno commesso il reato, il giudice pronuncia sentenza con cui dichiara non doversi procedere per tale causa.
Art. 379.
(Concessione del perdono giudiziale)
Quando i risultati dell'istruzione sarebbero tali da autorizzare il rinvio a giudizio dell'imputato, il giudice, se ritiene di concedere il perdono giudiziale ai termini dell'articolo 169 del codice penale, pronuncia sentenza con cui dichiara non doversi procedere, enunciandone la causa nel dispositivo.
Art. 380.
(Provvedimenti della sentenza di proscioglimento che accerta la falsità in atti)
Qualora, nonostante la dichiarazione di non doversi procedere, sia accertata la falsità di un atto o di un documento, questa deve essere dichiarata nella sentenza e si osservano le disposizioni degli articoli 480 e 481.
Art. 381.
(Provvedimenti relativi alla libertà personale del prosciolto)
In ogni caso di proscioglimento, se il prosciolto si trova detenuto o soggetto a libertà vincolata, il giudice con la sentenza ne ordina la liberazione.
E' ordinata parimenti la cessazione delle pene accessorie e delle misure di sicurezza già provvisoriamente applicate e che debbono essere revocate in conseguenza del proscioglimento e sono applicate le misure di sicurezza a norma del codice penale.
Art. 382.
(Condanna del querelante, in caso di proscioglimento dell'imputato, alle spese e ai danni)
Con la sentenza di proscioglimento, quando si tratta di reato per il quale si procede a querela della persona offesa, il querelante è condannato alle spese del procedimento anticipate dallo Stato, salvo che il proscioglimento sia pronunciato per concessione del perdono giudiziale o per un'altra causa estintiva del reato sopravvenuta dopo la presentazione della querela.
Il giudice, quando ne è fatta domanda, condanna inoltre il querelante alla rifusione delle spese a favore dell'imputato e, se il querelante si è costituito parte civile, anche a favore del responsabile civile, citato o intervenuto. Quando concorrono giusti motivi, queste spese possono essere compensate in tutto o in parte. Non è pronunciata condanna alle spese nel caso di proscioglimento per insufficienza di prove o per una causa estintiva del reato sopravvenuta dopo la presentazione della querela. Il giudice, se vi è colpa grave, può altresì condannare, quando ne è fatta domanda, il querelante a risarcire i danni all'imputato e al responsabile civile.
Se il reato è estinto per remissione, si applicano le disposizioni dell'articolo 14.
Art. 383.
(Competenza esclusiva del giudice penale per statuire sulle domande civili dell'imputato prosciolto)
Sulle domande per rifusione di spese e per risarcimento di danni, menzionate nell'articolo precedente, è competente a provvedere soltanto il giudice penale con la sentenza di proscioglimento.
Art. 384.
(Requisiti formali della sentenza istruttoria)
La sentenza del giudice istruttore contiene: 1° le generalità dell'imputato o le altre indicazioni personali che valgano a identificarlo, e le generalità della parte civile, della persona civilmente obbligata per l'ammenda e del responsabile civile; 2° l'enunciazione del fatto, del titolo del reato, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono importare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge; 3° l'indicazione delle richieste del pubblico ministero e delle istanze proposte dalle parti; 4° l'esposizione sommaria dei motivi di fatto e di diritto della decisione; 5° il dispositivo; 6° l'indicazione del giorno, mese ed anno in cui è pronunciata; 7° la sottoscrizione del giudice che l'ha pronunciata e del cancelliere.
Art. 385.
(Nullità e rettificazione della sentenza istruttoria)
La sentenza è nulla se manca l'enunciazione del fatto o del titolo del reato, se manca o è contradittoria la motivazione, se manca o è incompleto nei suoi elementi essenziali il dispositivo. E' parimenti nulla se manca la sottoscrizione del giudice che l'ha pronunciata. Quando per assoluta impossibilità non è sottoscritta da questo giudice, è sottoscritta dal presidente del tribunale, con menzione della causa della sostituzione. Se la sentenza è pronunciata dalla sezione istruttoria si provvede, in caso d'impedimento di alcuno dei giudici, a norma del capoverso dell'articolo 474.
Quando si tratta di sentenza di rinvio a giudizio le predette nullità e quella preveduta dall'articolo 376 possono farsi valere soltanto nel giudizio, purché siano proposte immediatamente dopo compiute per la prima volta le formalità d'apertura del dibattimento.
Se mancano altri requisiti non richiesti a pena di nullità, il giudice che ha pronunciato la sentenza provvede, anche d'ufficio, con le forme stabilite per la correzione degli errori materiali, a norma dell'articolo 149.
Art. 386.
(Trasmissione delle sentenze di rinvio a giudizio)
Le sentenze di rinvio a giudizio sono trasmesse, entro due giorni da quello in cui vennero depositate ai termini dell'articolo 151, alla cancelleria del giudice competente. Con le dette sentenze sono trasmessi gli atti del procedimento e le cose sequestrate, qualora non sia necessario custodirle altrove.
Art. 387.
(Impugnazioni delle sentenze istruttorie di proscioglimento)
Il procuratore generale e il procuratore del Re possono appellare contro la sentenza con la quale il giudice istruttore ha dichiarato non doversi procedere. Sull'appello decide la sezione istruttoria.
Il procuratore generale può ricorrere per cassazione contro la sentenza con la quale la sezione istruttoria, in primo grado o in grado d'appello, ha dichiarato non doversi procedere.
L'imputato può appellare alla sezione istruttoria contro la sentenza del giudice istruttore e può ricorrere per cassazione contro la sentenza della sezione istruttoria, quando è stato dichiarato non doversi procedere per insufficienza di prove o per concessione del perdono giudiziale, se si tratta di delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione o una pena più grave.
Art. 388.
(Procedimento in caso di rimessione dell'istruzione alla sezione istruttoria)
Quando l'istruzione è stata rimessa alla sezione istruttoria, si applicano le disposizioni di questo titolo, sostituito al procuratore del Re il procuratore generale e al giudice istruttore rispettivamente il consigliere delegato e la sezione istruttoria, alla quale esclusivamente spettano le decisioni sulla competenza e quelle definitive sull'istruzione.
Titolo terzo.
Dell'istruzione sommaria.
Art. 389.
(Casi in cui si procede con istruzione sommaria)
Per i reati di competenza della corte d'assise e del tribunale il procuratore del Re deve procedere con istruzione sommaria quando l'imputato è stato sorpreso in flagranza o ha commesso il reato mentre era arrestato, detenuto o internato per misura di sicurezza, e non si possa procedere a giudizio direttissimo.
Il procuratore del Re deve procedere con istruzione sommaria, anche se è stata iniziata l'istruzione formale, quando l'imputato nell'interrogatorio ha confessato di aver commesso il reato e non appaiono necessari ulteriori atti d'istruzione. A tal uopo il giudice istruttore o il consigliere delegato della sezione istruttoria deve trasmettere gli atti al pubblico ministero appena avvenuta la confessione.
Deve infine procedersi nello stesso modo, per i reati di competenza della corte d'assise o del tribunale punibili con pena detentiva temporanea o con pena meno grave, in ogni caso in cui la prova appare evidente.
Il pretore, per i reati di sua competenza, procede con istruzione sommaria, quando non procede a giudizio direttissimo o con decreto.
Art. 390.
(Nomina del difensore)
Nei procedimenti con istruzione sommaria la nomina del difensore d'ufficio all'imputato, che non ne ha nominato uno di fiducia, è fatta dal pubblico ministero nell'interrogatorio, o anche prima quando occorre.
Art. 391.
(Istruzione sommaria del procuratore del Re)
Nei procedimenti con istruzione sommaria di competenza della corte d'assise o del tribunale, il procuratore del Re compie tutti gli atti che nell'istruzione formale sono di competenza del giudice istruttore, salvo che la legge disponga altrimenti, e purché, data la loro complessità o durata, non appaiano incompatibili con il rito dell'istruzione sommaria, nei quali casi deve trasmettere immediatamente gli atti al giudice perchè proceda all'istruzione formale.
Il procuratore del Re, se ritiene necessaria l'assistenza di un perito e si tratta di indagine facile e breve, lo nomina affinchè riferisca, previa prestazione del giuramento, prima della richiesta di citazione.
In ogni altro caso in cui occorre una perizia, trasmette gli atti al giudice affinchè proceda all'istruzione formale.
Il procuratore del Re assume il testimonio con giuramento nei casi in cui tale formalità è prescritta nell'istruzione formale.
Art. 392.
(Forme, avocazione e trasformazione dell'istruzione sommaria)
Nell'istruzione sommaria si osservano le norme stabilite per l'istruzione formale, in quanto sono applicabili.
Il procuratore del Re, per singoli atti che debbono compiersi fuori del Comune di sua residenza, può richiedere il procuratore del Re, il pretore o un ufficiale di polizia giudiziaria del luogo. In tal caso spetta al magistrato richiesto o all'ufficiale di polizia giudiziaria la facoltà preveduta dal primo capoverso dell'articolo 296.
Il procuratore generale può avocare a sé l'istruzione sommaria, e può altresì rimettere gli atti alla sezione istruttoria, fuori dei casi preveduti dall'articolo 389.
Il procuratore del Re, compiuta l'istruzione sommaria, se si tratta di reato di competenza della corte d'assise, trasmette gli atti al procuratore generale.
Art. 393.
(Ordini di cattura, d'accompagnamento e di comparizione emessi dal pubblico ministero)
In luogo del mandato di cattura, quando la legge lo prescrive o lo consente, il procuratore del Re o il procuratore generale emette ordine di cattura, attenendosi alle norme stabilite per il mandato di cattura e con la facoltà preveduta dall'articolo 259.
Per l'interrogatorio dell'imputato, quando non si è emesso ordine di cattura, il procuratore del Re o il procuratore generale in luogo del mandato emette ordine di comparizione o d'accompagnamento, attenendosi alle norme stabilite per il relativo mandato. L'ordine di comparizione o d'accompagnamento può essere convertito in quello di cattura, quando ricorrono le condizioni indicate nell'ultimo capoverso dell'articolo 261.
L'uno e l'altro ordine sono dati con le forme stabilite nell'articolo 264, sostituito al giudice il procuratore del Re o il procuratore generale, e al cancelliere il segretario. Si applicano le disposizioni degli articoli 260 e 265. Gli ordini si eseguono a norma dell'articolo 266.
Art. 394.
(Validità degli atti di istruzione sommaria nel caso di trasformazione in istruzione formale)
Nel caso preveduto dal primo capoverso dell'articolo 272 e in ogni altro in cui l'istruzione sommaria è trasformata in istruzione formale, rimangono validi gli atti compiuti nel corso della prima.
Art. 395.
(Richiesta di proscioglimento e sentenza del giudice istruttore)
Il procuratore del Re o il procuratore generale, se ritiene che non si debba procedere anche solo per taluno fra più coimputati, trasmette gli atti, rispettivamente, al giudice istruttore o alla sezione istruttoria, con le opportune richieste. Il giudice istruttore o la sezione istruttoria, se accoglie tali richieste, pronuncia sentenza con cui dichiara non doversi procedere; altrimenti dispone con ordinanza che l'istruzione sia proseguita in via formale contro tutti gli imputati.
Alla sentenza del giudice istruttore e della sezione istruttoria si applicano, secondo i casi, le regole degli articoli 378 e seguenti.
Contro la sentenza che dichiara non doversi procedere pronunciata su richiesta del procuratore del Re, spettano al procuratore generale e all'imputato le facoltà indicate nell'articolo 387.
Non può, a pena di nullità, essere pronunciata sentenza di non doversi procedere per insufficienza di prove, se l'imputato non è stato interrogato sul fatto costituente l'oggetto dell'imputazione ovvero se il fatto non è stato enunciato nell'ordine di cattura, di comparizione o d'accompagnamento, rimasto senza effetto.
Art. 396.
(Richiesta di citazione a giudizio)
Il procuratore generale o il procuratore del Re, se ritiene che si debba procedere al giudizio contro l'imputato, richiede al presidente della corte o del tribunale competente il decreto di citazione.
La richiesta contiene: 1° le generalità dell'imputato o le altre indicazioni personali che valgano a identificarlo, e le generalità della parte civile, della persona civilmente obbligata per l'ammenda e del responsabile civile; 2° l'enunciazione del fatto, del titolo del reato, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono importare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge; 3° la domanda diretta al presidente della corte o del tribunale, affinchè emetta il decreto di citazione a giudizio; 4° la data della richiesta e la sottoscrizione.
Non può, a pena di nullità, essere fatta richiesta di citazione a giudizio, se l'imputato non è stato interrogato sul fatto, ovvero se il fatto non è stato enunciato nell'ordine di cattura, di comparizione o d'accompagnamento rimasto senza effetto.
Art. 397.
(Provvedimenti conseguenti alla richiesta di citazione a giudizio)
La richiesta è notificata all'imputato insieme con il decreto di citazione, a' termini degli articoli 405 e 408.
Il procuratore generale o il procuratore del Re, contemporaneamente alla richiesta di citazione, emette ordine di cattura dell'imputato, se ricorrono le condizioni prevedute dal primo capoverso dell'articolo 375. Al procuratore generale e al procuratore del Re spettano le facoltà prevedute dal secondo e dall'ultimo capoverso dello stesso articolo.
La richiesta, quando si tratta di reato di competenza della corte d'assise, è depositata nella cancelleria della corte d'appello; se si tratta di reato di competenza del tribunale, è depositata nella cancelleria del tribunale. Con la richiesta sono trasmessi gli atti del procedimento e le cose sequestrate, qualora non sia necessario custodirle altrove.
Art. 398.
(Poteri del pretore nel procedimento con istruzione sommaria)
Nei procedimenti con istruzione sommaria di competenza del pretore le indagini occorrenti sono eseguite dal pretore stesso, quando questi non ritiene di richiedere all'uopo gli ufficiali di polizia giudiziaria.
In ogni caso il pretore, negli stessi procedimenti, può spedire un mandato contro l'imputato, sentire il denunciante, il querelante o l'offeso in contraddittorio di chi è indicato come reo e compiere tutti gli atti istruttori che la legge attribuisce al giudice istruttore nel procedimento con istruzione formale.
Qualora, in seguito agli atti compiuti, il pretore riconosca non doversi procedere, pronuncia sentenza a norma degli articoli 378 e seguenti; altrimenti emette decreto di citazione a giudizio.
Il pretore non può, a pena di nullità, pronunciare sentenza di non doversi procedere per insufficienza di prove, se l'imputato non è stato interrogato sul fatto, ovvero se il fatto non è stato enunciato in un mandato rimasto senza effetto.
Art. 399.
(Impugnazione delle sentenze istruttorie di proscioglimento pronunciate dal pretore)
Il procuratore del Re può appellare contro la sentenza del pretore che dichiara non doversi procedere. Sull'appello decide il giudice istruttore con sentenza soggetta al ricorso per cassazione da parte del procuratore del Re o del procuratore generale presso la corte d'appello.
L'imputato può appellare al giudice istruttore contro la sentenza del pretore nei casi indicati nell'ultimo capoverso dell'articolo 387. La sentenza del giudice istruttore è soggetta al ricorso per cassazione da parte del procuratore del Re o del procuratore generale presso la corte d'appello quando ha riformato quella del pretore, e da parte dell'imputato, quando l'ha confermata.
Art. 400.
(Provvedimenti per l'applicazione provvisoria di pene accessorie o di misure di sicurezza)
In qualsiasi stato dell'istruzione sommaria il procuratore generale o il procuratore del Re, se ritiene applicabile alcuno dei provvedimenti indicati nell'articolo 301, fa richiesta al giudice istruttore perchè provveda a norma dell'articolo medesimo.
Il pretore provvede d'ufficio.
Art. 401.
(Sanatoria delle nullità verificatesi nel procedimento con istruzione sommaria)
Le nullità incorse nel procedimento con istruzione sommaria sono sanate, se non sono dedotte con dichiarazione scritta e motivata, ricevuta dal cancelliere del giudice competente per il giudizio, nel termine di giorni cinque da quello della notificazione del decreto di citazione.
Titolo quarto.
Della riapertura dell'istruzione.
Art. 402.
(Casi di riapertura)
Chi è stato prosciolto nell'istruzione può essere sottoposto a procedimento per il medesimo fatto, purché non sia intervenuta una causa di estinzione del reato, quando sopravvengono nuove prove a suo carico.
Quando è stato dichiarato non doversi procedere per insufficienza di prove, chi fu in tal modo prosciolto ha diritto di chiedere, purché non sia intervenuta una causa di estinzione del reato, la riapertura dell'istruzione adducendo nuove prove a suo favore.
Sono considerate nuove prove le nuove deposizioni di testimoni, le ritrattazioni o le nuove dichiarazioni di persone che hanno commesso il reato, i nuovi accertamenti tecnici, gli atti o documenti che non hanno potuto essere sottoposti all'esame del giudice, e che integrano le prove già esaminate o forniscono nuovi mezzi per l'accertamento della verità.
Art. 403.
(Domanda di riapertura)
Il pubblico ministero promuove la riapertura dell'istruzione con richiesta scritta al giudice che ha pronunciato la sentenza di proscioglimento.
Il prosciolto domanda la riapertura dell'istruzione con istanza scritta al predetto giudice, indicando i motivi e proponendo le nuove prove.
Il pretore, nel caso contemplato nella prima parte dell'articolo precedente, può provvedere d'ufficio per i reati di sua competenza.
Art. 404.
(Procedimento conseguente alla riapertura)
Il prosciolto è, per ogni effetto giuridico, di nuovo considerato come imputato dal momento in cui viene ordinata la riapertura dell'istruzione e, in caso di richiesta di riapertura da parte del pubblico ministero, dal momento della richiesta.
Prima di ordinare la riapertura il giudice può interrogare il prosciolto e, quando la riapertura è richiesta dal pubblico ministero, può emettere mandato di cattura, se questo è ammesso dalla legge, tutte le volte che il prosciolto si sia dato o sia per darsi alla fuga. Altrettanto può fare il pretore quando intende provvedere d'ufficio alla riapertura dell'istruzione per reato di sua competenza.
Il giudice provvede con ordinanza, con la quale accoglie, dichiara inammissibile o rigetta la domanda.
L'ordinanza, che dichiara inammissibile o rigetta la domanda, non pregiudica il diritto del pubblico ministero e del prosciolto di presentare un'ulteriore domanda fondata sopra nuovi elementi.
Riaperta l'istruzione, si applicano le norme ordinarie sull'istruzione formale, salvo che si tratti di procedimenti di competenza del pretore. L'imputato può essere rinviato al giudizio anche se l'istanza di riapertura è stata proposta soltanto da lui.
Libro terzo
Del giudizio
Titolo primo.
Degli atti preliminari al giudizio.
Art. 405.
(Atti del presidente della corte d'assise)
Nei procedimenti di competenza della corte d'assise il cancelliere presenta al primo presidente della corte d'appello la sentenza di rinvio o la richiesta di citazione a giudizio, appena pervenuta. Il primo presidente, sentito il pubblico ministero, emette immediatamente decreto di convocazione della corte d'assise per ogni circolo nel quale è necessaria, anche per un solo giudizio, quando vi sono imputati detenuti. Negli altri casi può fissare più giudizi per ogni sessione in ciascun circolo.
Il decreto di citazione per ciascun dibattimento è emesso dal presidente della corte d'assise subito dopo quello di apertura della sessione; è compilato in conformità dell'articolo 407 ed è notificato, a' termini dell'articolo 408, con la sentenza di rinvio a giudizio, omessa la motivazione, o con la richiesta del pubblico ministero.
Il termine per comparire non può essere inferiore a quindici giorni, salvo quanto è disposto nell'articolo 183.
Art. 406.
(Citazione davanti al tribunale e al pretore)
La citazione davanti al tribunale è ordinata con decreto del presidente, senza ritardo, dopo pervenuta nella cancelleria la sentenza di rinvio o la richiesta di citazione a giudizio.
Il pretore emette d'ufficio il decreto di citazione.
L'udienza per il dibattimento, quando l'imputato è detenuto, deve essere fissata al più presto e con precedenza assoluta su ogni altro giudizio relativo a imputati non detenuti.
Il presidente del tribunale, sentito il pubblico ministero, fa iscrivere il giudizio nel ruolo delle udienze.
Il pretore provvede d'ufficio.
Art. 407.
(Requisiti del decreto di citazione davanti al tribunale)
Il decreto di citazione davanti al tribunale contiene: 1° le generalità o le altre indicazioni atte a identificare l'imputato, e le generalità delle altre parti; 2° l'indicazione del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione e l'avvertimento all'imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia; 3° la nomina del difensore, se l'imputato ne è privo; 4° l'avvertimento che durante il termine per comparire i difensori delle parti hanno facoltà di prendere visione, nel luogo ove si trovano, delle cose sequestrate, di esaminare in cancelleria gli atti e i documenti e ivi estrarne copia; 5° l'indicazione del termine utile per proporre le prove a difesa; 6° la data e le sottoscrizioni del presidente e del cancelliere.
Il termine per comparire non può essere inferiore a otto giorni, salvo quanto è disposto nell'articolo 183.
Art. 408.
(Notificazione del decreto di citazione davanti al tribunale)
Il decreto di citazione, con la sentenza di rinvio a giudizio, omessa la motivazione, o con la richiesta del pubblico ministero, è notificato a tutte le parti private.
La parte civile è citata a comparire anche nella qualità di testimonio se è informata dei fatti per i quali si procede. Sono altresì citati come testimoni l'offeso dal reato, il querelante o il denunciante. Questa citazione non pregiudica il diritto di costituirsi parte civile.
Art. 409.
(Requisiti del decreto di citazione davanti al pretore)
Nel decreto di citazione a giudizio emesso dal pretore secondo le forme prescritte nell'articolo 407 è aggiunta l'enunciazione del fatto, del titolo del reato, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono importare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione degli articoli di legge relativi. Il decreto deve altresì contenere la nomina del difensore all'imputato, se ne è privo, quando la legge ne prescrive l'assistenza. L'avvertimento di cui al numero 4° dell'articolo 407 deve essere diretto alla parte, quando la legge non richiede l'intervento del difensore.
Si osservano le disposizioni dell'articolo 408.
Il pretore indica inoltre nel decreto di citazione i testimoni, tanto a carico quanto a discarico dell'imputato, che reputa utili per l'accertamento della verità.
Il termine per comparire non può essere minore di giorni cinque, salvo quanto è disposto nell'articolo 183.
Art. 410.
(Partecipazione ai difensori e loro facoltà)
Il cancelliere fa notificare senza ritardo ai difensori l'avviso del giorno fissato per il dibattimento.
Durante il termine per comparire le cose sequestrate, gli atti e i documenti rimangono depositati in cancelleria, salva per le cose sequestrate la facoltà del presidente o del pretore di prescrivere che rimangano fino a nuova disposizione nel luogo ove ne fu stabilita la custodia.
Art. 411.
(Annullamento del decreto di citazione per nullità precedenti)
Se nel termine stabilito nell'articolo 401 sono state dedotte nullità incorse nell'istruzione sommaria, il presidente o il pretore, qualora ne riconosca l'esistenza, pronuncia ordinanza con cui le dichiara e annulla il decreto di citazione. Il presidente ordina altresì la trasmissione degli atti al pubblico ministero affinchè gli atti nulli siano rinnovati o rettificati; il pretore provvede d'ufficio. Si osservano le disposizioni dell'articolo 189.
Art. 412.
(Nullità del decreto di citazione)
Il decreto di citazione è nullo se con esso non è stata notificata la sentenza di rinvio a giudizio o la richiesta del pubblico ministero ovvero se, per inosservanza delle norme stabilite negli articoli precedenti, vi è incertezza assoluta sulla persona dell'imputato, sul titolo del reato, sui fatti che determinano l'imputazione, o sull'Autorità da cui emanano gli atti, o davanti alla quale si deve comparire. E' nullo altresì se sono state violate le disposizioni relative alla citazione delle persone indicate nell'articolo 408, al termine per comparire, alla nomina del difensore dell'imputato ovvero le disposizioni dell'articolo 410.
Art. 413.
(Riunione di giudizi)
Il presidente o il pretore, prima del dibattimento, può ordinare anche d'ufficio, purché giovi alla speditezza dei procedimenti, l'unione dei giudizi, se si tratta di procedimenti connessi, ovvero se, per lo stesso reato attribuito a più imputati, sono state pronunciate più sentenze di rinvio a giudizio o sono stati richiesti o emessi più decreti di citazione, e i procedimenti sono tutti in stato di essere definiti.
L'unione dei giudizi può essere ordinata, sentiti il pubblico ministero e le altre parti, in ogni altro caso in cui il presidente o il pretore ne riconosce la convenienza, quando non può derivarne notevole ritardo.
Il provvedimento è dato con ordinanza.
Art. 414.
(Separazione di giudizi)
Se la sentenza di rinvio a giudizio ovvero la richiesta o il decreto di citazione ha per oggetto un reato attribuito a più imputati o più reati attribuiti a uno o a più imputati, la separazione dei giudizi può essere disposta dal giudice soltanto nel dibattimento.
Art. 415.
(Liste testimoniali)
Le liste dei testimoni che il pubblico ministero e le parti private intendono far assumere sono, a pena di decadenza, presentate nella cancelleria in tempo sufficiente per le citazioni e almeno tre giorni prima del dibattimento.
Nei procedimenti davanti al pretore le parti private possono nondimeno, anche se non hanno proposto lista, presentare i loro testimoni direttamente all'udienza fissata per il dibattimento, salva al pretore la facoltà di ammetterli o di escluderli.
Se i testimoni non sono stati esaminati nell'istruzione, i fatti e le circostanze, su cui è chiesto l'esame, devono essere specificamente indicati nella lista, a pena d'inammissibilità.
Il pubblico ministero e le parti private, nella rispettiva lista, possono chiedere la citazione dei testimoni assunti dal giudice o dal pubblico ministero nell'istruzione con o senza giuramento e di quelli assunti per richiesta dell'Autorità giudiziaria da ufficiali di polizia giudiziaria, ovvero chiedere solamente che sia data lettura nel dibattimento delle loro deposizioni.
Art. 416.
(Richiamo di documenti; citazione di periti)
Nel termine indicato nella prima parte dell'articolo precedente, il pubblico ministero e le altre parti possono domandare che siano richiamati documenti. Il pubblico ministero può richiedere che siano citati a dare chiarimenti i periti nominati nell'istruzione; la stessa facoltà appartiene alle parti private, ma in nessun caso è ammessa la citazione dei consulenti tecnici.
Il pretore può provvedere anche d'ufficio.
Art. 417.
(Perizia nuova)
Nel termine indicato nella prima parte dell'articolo 415 il pubblico ministero e le parti private possono chiedere che il presidente o il pretore nomini un perito per un accertamento che non abbia anteriormente formato oggetto di esame. Se il presidente o il pretore ritiene di accogliere tale domanda, nomina un perito e gli fa prestare giuramento. Questo perito è ammesso a esporre il suo parere nel dibattimento.
Il presidente o il pretore, quando ritiene utile il parere di un perito su questioni anteriormente non esaminate, può nominarlo d'ufficio, deferendogli il giuramento, affinchè riferisca all'udienza nel modo sopra indicato. Qualora ritenga di proporre nuovi quesiti al perito nominato durante l'istruzione, glieli comunica affinchè riferisca all'udienza.
I provvedimenti menzionati nelle disposizioni precedenti di questo articolo sono emessi con ordinanza.
Nei casi predetti le parti private possono presentare nel dibattimento, anche senza citazione, un consulente tecnico per ciascuna, per esporre le sue osservazioni sulle conclusioni del perito, con divieto assoluto di ogni discussione tra il perito e il consulente tecnico. Non sono ammesse le persone che si trovano nelle condizioni indicate nell'articolo 315 e, se le parti interessate sono più, deve essere osservata la disposizione del secondo capoverso dell'articolo 323.
Art. 418.
(Esame di testimoni a futura memoria)
Nelle circostanze prevedute dal primo capoverso dell'articolo 357, il presidente o il pretore può esaminare un testimonio anche prima dell'apertura del dibattimento, con le forme stabilite nell'articolo 454.
Art. 419.
(Anticipazione di spese)
Le parti private non ammesse al gratuito patrocinio debbono anticipare le spese per le citazioni e per le indennità all'interprete e ai testimoni, e le spese per le citazioni dei consulenti tecnici, da esse richieste.
Art. 420.
(Riduzione delle liste testimoniali)
Il presidente o il pretore deve ridurre le liste sovrabbondanti ed eliminare le testimonianze inammissibili per legge o non pertinenti direttamente all'oggetto del giudizio.
Il provvedimento è dato d'ufficio con decreto motivato, del quale il pubblico ministero e le parti private possono prendere cognizione in cancelleria.
Art. 421.
(Proscioglimento prima del dibattimento)
Salvo quanto è stabilito nel capoverso dell'articolo 152, se sussiste una causa che estingue il reato o per la quale l'azione penale non poteva essere iniziata o non può essere proseguita e se per accertarla non è necessario procedere al dibattimento, il giudice, in camera di consiglio, anche d'ufficio, pronuncia sentenza di proscioglimento, enunciandone la causa nel dispositivo. Con la stessa sentenza revoca i provvedimenti ordinati per il dibattimento, dispone la liberazione del prosciolto che sia detenuto o soggetto a libertà vincolata e ordina la cessazione delle pene accessorie e delle misure di sicurezza già provvisoriamente applicate.
Si osservano, in quanto sono applicabili, le disposizioni degli articoli 382 e 383.
La sentenza è soggetta al ricorso per cassazione da parte del pubblico ministero.
Art. 422.
(Sanatoria delle nullità verificatesi negli atti preliminari al giudizio)
Le nullità verificatesi negli atti preliminari al giudizio sono sanate se non sono dedotte immediatamente dopo compiute le formalità d'apertura del dibattimento.
Titolo secondo.
Del giudizio di primo grado.
Capo I.
Del dibattimento.
Sezione I. -
Delle udienze.
Art. 423.
(Pubblicità del dibattimento; eccezioni)
Le udienze nei dibattimenti davanti alla corte d'assise, ai tribunali ed ai pretori sono pubbliche, a pena di nullità.
Il presidente o il pretore può tuttavia disporre anche d'ufficio con ordinanza che il dibattimento o alcuni atti di esso abbiano luogo a porte chiuse, quando la pubblicità, a cagione della natura dei fatti o della qualità delle persone, può nuocere alla sicurezza dello Stato, all'ordine pubblico o alla morale o può eccitare riprovevole curiosità, ovvero quando avvengono da parte del pubblico manifestazioni che possono turbare la serenità del dibattimento.
Il presidente o il pretore può disporre che l'intero dibattimento sia tenuto a porte chiuse per ragioni di pubblica igiene, in tempo di diffusione di morbi epidemici o di altre malattie contagiose.
Quando si è ordinato di procedere a porte chiuse non possono, per alcun motivo, essere ammesse nella sala d'udienza persone diverse da quelle che hanno dovere o diritto d'intervenire. I testimoni, gli interpreti e, nei casi preveduti dalla legge, i periti e i consulenti tecnici sono ammessi secondo l'ordine e per il tempo in cui vengono chiamati, fatta eccezione per quelli che sia necessario trattenere nella sala d'udienza.
Art. 424.
(Ordinanza che dispone di procedere a porte chiuse)
L'ordinanza, con la quale si prescrive che il dibattimento o alcuni atti di esso abbiano luogo a porte chiuse, è emessa in pubblica udienza; essa è revocata, quando sono cessati i motivi del provvedimento, con dichiarazione del presidente o del pretore da inserirsi nel processo verbale. Le porte della sala d'udienza sono riaperte al pubblico immediatamente dopo la revoca.
Art. 425.
(Dibattimento con imputati minori di diciotto anni)
Sono destinate speciali udienze per i dibattimenti in cui sono imputati minori di diciotto anni. Tali dibattimenti hanno luogo a porte chiuse, ma il presidente o il pretore può concedere ai genitori, ai tutori o ai rappresentanti d'istituti di assistenza dei minorenni d'intervenire all'udienza.
Queste disposizioni non si applicano, salvo che il presidente o il pretore ritenga di disporre altrimenti, quando insieme con i minori sono presenti imputati maggiori dei diciotto anni.
Art. 426.
(Norme per l'accesso del pubblico alle sale d'udienza)
Devono essere impediti l'ingresso e la permanenza nella sala d'udienza e nelle sue adiacenze a chi è stato o si trova sottoposto a misure di sicurezza personali, a chi è noto come ozioso, vagabondo o dedito a delitti contro la persona o la proprietà, a chi è affetto da squilibrio mentale, agli ubriachi, e alle persone vestite in modo contrario alla decenza.
Lo stesso divieto vale per chi apparisce di età inferiore agli anni diciotto.
Se alcuna delle predette persone deve intervenire all'udienza come testimonio, è fatta allontanare appena la sua presenza non è più necessaria.
Il presidente o il pretore può altresì ordinare per ragioni d'ordine, di moralità o di decoro che sia allontanata dalla sala d'udienza ogni altra persona della quale non ritiene necessaria la presenza.
Può inoltre per motivi di ordine o di igiene limitare l'ammissione nella sala d'udienza a un determinato numero di persone.
Il presidente o il pretore non può riservare posti speciali nella sala d'udienza per persone del pubblico.
I provvedimenti menzionati in questo articolo sono dati oralmente e senza alcuna formalità, d'ufficio o a richiesta del pubblico ministero. Essi devono essere immediatamente eseguiti.
Art. 427.
(Assistenza all'udienza dell'imputato detenuto)
L'imputato in stato d'arresto assiste all'udienza libero nella persona, se non sono necessarie cautele per prevenire il pericolo di fuga o di violenze.
Se in qualunque momento egli rifiuta di assistervi, senza che ricorra alcuna delle circostanze prevedute dall'articolo 497, il giudice ordina che si proceda come se fosse presente; in tal caso l'imputato per tutti gli effetti è rappresentato dal difensore.
La stessa disposizione si applica se l'imputato evade in qualunque momento durante l'udienza ovvero nell'attesa o negli intervalli di essa.
Art. 428.
(Assistenza all'udienza dell'imputato libero)
Se l'imputato, essendo libero, si allontana dall'udienza o si astiene dal comparire in qualsiasi momento dopo l'interrogatorio, si applica la disposizione del primo capoverso dell'articolo precedente, senza che il dibattimento possa essere sospeso o rinviato.
Il presidente o il pretore deve sospendere o rinviare il dibattimento soltanto se l'imputato comparso si assenta prima di aver reso l'interrogatorio e la sua assenza è determinata da assoluta necessità.
Art. 429.
(Casi in cui può ordinarsi l'accompagnamento coattivo dell'imputato)
Se occorre procedere ad atti di ricognizione o di confronto, il presidente o il pretore, nei casi preveduti dal primo capoverso dell'articolo 427, ordina che l'imputato sia condotto in udienza dalla forza pubblica, e in quelli preveduti dalla prima parte dell'articolo precedente può emettere contro l'imputato il mandato d'accompagnamento, salva l'emissione del mandato di cattura a' termini dell'articolo 273.
Art. 430.
(Formalità di apertura del dibattimento)
Il presidente o il pretore, premessi gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti, alla presenza o all'assenza di testimoni, periti e interpreti, e fatta dare lettura delle imputazioni, dichiara aperto il dibattimento.
Art. 431.
(Sospensione del dibattimento)
Se il dibattimento non può essere terminato nell'udienza in cui è cominciato, viene proseguito nel seguente giorno non festivo, salvo che il presidente o il pretore ravvisi necessario differirlo di non più di un giorno per dare riposo alle persone che vi partecipano. Il presidente o il pretore dà oralmente gli avvisi opportuni e il cancelliere ne fa menzione nel processo verbale.
Il presidente o il pretore può sospendere il dibattimento per uno o più intervalli soltanto a cagione di assoluta necessità, e per un termine massimo che, computate tutte le dilazioni, non oltrepassi i dieci giorni, esclusi i festivi.
Ciascuna sospensione, con l'indicazione del giorno e dell'ora della nuova udienza, è annunciata dal presidente o dal pretore. Tale annuncio sostituisce le citazioni e le notificazioni per coloro che sono comparsi o che debbono considerarsi presenti. Il dibattimento è ripreso dall'ultimo atto compiuto nell'udienza in cui fu disposta la sospensione.
Se alla scadenza del termine il presidente o il pretore accerta che la necessità della sospensione perdura, e non è sufficiente prorogare di altri dieci giorni al più il termine massimo scaduto, il dibattimento, fuori del caso preveduto dal primo capoverso dell'articolo 131, è rinviato.
I provvedimenti di sospensione indicati nei capoversi precedenti sono dati dal presidente o dal pretore con ordinanza.
I giudici, gli assessori e il rappresentante del pubblico ministero, nel tempo della sospensione, possono partecipare ad altri giudizi.
Art. 432.
(Rinvio del dibattimento a tempo indeterminato)
Quando la legge lo autorizza espressamente o se ne verifica l'assoluta necessità, la corte, il tribunale o il pretore può disporre con ordinanza che il dibattimento sia rinviato.
Il nuovo dibattimento è richiesto e stabilito, e la citazione è eseguita, secondo le disposizioni degli articoli 405 e seguenti.
In conseguenza del provvedimento che rinvia il dibattimento, il giudice può valersi di tutte le facoltà e il pubblico ministero e le parti private possono esercitare tutti i diritti ad essi spettanti nel corso degli atti preliminari al giudizio, eccettuati quei diritti per i quali siasi già verificata la decadenza. Gli atti preveduti dagli articoli 415, 416 e 417 rimangono validi rispetto al nuovo dibattimento, se le parti non li rinnovano.
Art. 433.
(Polizia e disciplina delle udienze)
Il potere di polizia e di disciplina delle udienze appartiene al presidente o al pretore; tutto ciò che egli prescrive per il mantenimento dell'ordine deve essere immediatamente eseguito.
Nel tempo in cui il giudice non si trova in udienza, il potere di polizia e di disciplina appartiene al pubblico ministero.
Art. 434.
(Obblighi e sanzioni per coloro che assistono alle udienze; allontanamento dell'imputato)
Coloro che assistono all'udienza stanno a capo scoperto, con rispetto e in silenzio. E' vietato di portare armi od altre cose atte ad offendere o a molestare, di fare tumulto, di tenere contegno tale da intimidire o provocare o contrario al decoro del giudizio, di cagionare comunque disturbo ovvero di manifestare in qualsiasi modo opinioni o sentimenti.
Per ordine di chi esercita il potere di polizia della udienza il trasgressore, quando non deve essere arrestato, è espulso dalla sala, con divieto di assistere alla continuazione del dibattimento.
Le predette disposizioni si applicano anche all'imputato, ma l'allontanamento di esso è limitato all'udienza nella quale è stato ordinato.
L'imputato allontanato in qualunque momento per ordine del presidente o del pretore, o, nell'assenza del giudice, per ordine del pubblico ministero, è considerato presente ed è per ogni effetto rappresentato dal difensore.
Art. 435.
(Reati commessi in udienza; giudizio immediato)
Quando viene commesso in udienza un reato, il presidente o il pretore, o in sua assenza il pubblico ministero, fa compilare dal cancelliere il relativo processo verbale ed ordina l'immediato arresto di coloro che hanno commesso il reato, quando è obbligatorio o facoltativo l'arresto in flagranza. Dell'ordine dato e dell'avvenuto arresto è fatta menzione nello stesso verbale.
Se la cognizione del reato commesso in udienza appartiene alla competenza del giudice procedente o di un giudice inferiore e non si tratta di reato punibile a querela dell'offeso, il pubblico ministero nella stessa udienza richiede l'immediato giudizio. Il giudice, salvo quanto è disposto nel primo capoverso dell'articolo 458, sospeso il dibattimento in corso o subito dopo la pronuncia della sentenza, e nominato, se occorre, un difensore all'imputato, procede al giudizio. Se trattasi di reato punibile a querela dell'offeso, si procede nello stesso modo qualora la querela venga proposta anche con dichiarazione orale ricevuta con separato processo verbale nella stessa udienza.
La sentenza è soggetta alle ordinarie impugnazioni; ma, quando il tribunale abbia giudicato di un reato di competenza del pretore o la corte d'appello o d'assise di un reato di competenza di un giudice inferiore, la sentenza è soggetta soltanto al ricorso per cassazione.
Art. 436.
(Casi nei quali non può procedersi immediatamente per reati commessi in udienza)
Non si applicano le disposizioni dell'articolo precedente se il reato commesso in udienza: non può essere giudicato a norma del predetto articolo, data la sua natura o per altre gravi ragioni; è punibile con la pena della reclusione superiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni, o con una pena più grave; appartiene alla competenza di un giudice superiore o speciale o è tale da determinare la rimessione del procedimento; non è punibile senza la richiesta o non è perseguibile senza l'autorizzazione; è commesso all'udienza della corte di cassazione.
Nei casi sopra indicati il giudice, emesso mandato d'arresto quando è obbligatorio o facoltativo l'arresto in flagranza, ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero perchè proceda con le forme ordinarie, facendone menzione nel processo verbale. La corte o il tribunale, nella cui udienza fu commesso il reato, delega immediatamente uno dei suoi componenti perchè riceva in camera di consiglio le dichiarazioni dell'imputato e le deposizioni dei testimoni presenti al fatto.
Queste sono ricevute dal pretore in camera di consiglio quando il reato è stato commesso nell'udienza da lui tenuta. I processi verbali delle dichiarazioni e deposizioni, e quant'altro interessa il procedimento, sono trasmessi insieme col processo verbale indicato nell'articolo precedente, al pubblico ministero presso il giudice competente.
L'imputato che sia stato arrestato rimane detenuto fino a che il giudice competente abbia provveduto sulla sua libertà personale, a' termini del secondo capoverso dell'articolo 251.
Sezione II. -
Degli atti del dibattimento.
Art. 437.
(Direzione del dibattimento)
La direzione del dibattimento spetta al presidente o al pretore.
Il presidente o il pretore ordina le letture; fa gli avvertimenti e le ammonizioni che la legge prescrive e riceve i giuramenti; procede agli interrogatori e agli esami; reprime le intimidazioni, le interruzioni e le altre manifestazioni illecite; vieta le domande suggestive o inopportune; dirige e modera la discussione e fa i richiami che ritiene necessari contro ogni eccesso in sostegno di accuse o di difese, valendosi dei poteri a lui attribuiti dall'articolo 433.
Art. 438.
(Discussione e decisione delle questioni incidentali)
Nella discussione delle questioni incidentali può parlare uno solo dei difensori della medesima parte, brevemente e non oltre il tempo prefissogli dal presidente o dal pretore; le repliche non sono ammesse. Il presidente o il pretore impedisce in tutti i casi l'esposizione di ciò che non si riferisce direttamente ed esclusivamente all'oggetto della questione. Se il difensore prolunga il suo discorso oltre il termine predetto, il presidente o il pretore lo invita a concludere e in caso di persistenza gli toglie la facoltà di parlare.
Le ordinanze, con le quali il giudice decide sugli incidenti o provvede su altro oggetto, sono, a pena di nullità, pubblicate mediante lettura in udienza e inserite per intero nel processo verbale del dibattimento. Il testo delle ordinanze inserite nel verbale ha valore d'originale.
Tali ordinanze sono impugnabili a' termini dell'articolo 200.
Art. 439.
(Questioni preliminari)
Le questioni relative all'osservanza delle disposizioni menzionate nell'articolo 185, quelle concernenti la costituzione della parte civile, la citazione o l'intervento del responsabile civile o della persona civilmente obbligata per l'ammenda e quelle riguardanti la nullità della sentenza di rinvio a giudizio sono, a pena di decadenza, trattate e decise subito dopo compiute per la prima volta le formalità di apertura del dibattimento a' termini dell'articolo 430.
Le questioni sulla competenza per territorio, sull'unione o la separazione dei giudizi a norma degli articoli 413 e 414, sull'ammissibilità di testimoni, periti, interpreti o consulenti tecnici, sulla mancata comparizione dei testimoni, periti o interpreti, sulla presentazione o richiesta di documenti e le eccezioni di nullità indicate nell'articolo 422, sono, a pena di decadenza, proposte e trattate subito dopo compiute per la prima volta le formalità di apertura del dibattimento, salvo che la possibilità di proporle sorga soltanto nel corso del dibattimento medesimo.
Le questioni indicate nella prima parte e nel primo capoverso di questo articolo sono trattate con unica discussione. Nondimeno, il presidente o il pretore può consentire, quando ciò non importa notevole ritardo nel dibattimento, che le questioni indicate nel capoverso precedente vengano discusse l'una dopo l'altra, secondo l'ordine da lui prescritto, ovvero che la discussione di taluna di esse sia differita.
Art. 440.
(Interrogatori ed esami)
Adempiuto quanto è prescritto nell'articolo precedente e qualora in seguito ai provvedimenti emessi il dibattimento debba proseguire, il presidente o il pretore procede agli interrogatori ed all'assunzione delle prove.
Art. 441.
(Interrogatorio dell'imputato)
Il presidente o il pretore procede, a pena di nullità, all'interrogatorio dell'imputato se questi è presente o se non è presente del suo procuratore speciale quando è ammesso.
Anzitutto domanda all'imputato le generalità; indi espone in forma chiara il fatto che gli è attribuito e le circostanze di esso, e lo invita a indicare le sue discolpe e quanto altro ritenga utile per la sua difesa. Se l'imputato rifiuta di rispondere, se ne fa menzione nel processo verbale e il dibattimento prosegue.
Il presidente o il pretore può contestare all'imputato le dichiarazioni da lui fatte precedentemente, dando lettura in tutto od in parte dell'interrogatorio da lui reso durante l'istruzione o del verbale di sommarie informazioni menzionato nell'articolo 225.
Art. 442.
(Interrogatori separati di coimputati)
Se gli imputati sono più, il presidente o il pretore può in ogni stato del dibattimento interrogarne uno o più separatamente, facendo allontanare gli altri dalla sala d'udienza; dopo gli interrogatori separati, il presidente o il pretore deve, a pena di nullità, informare sommariamente ciascuno degli imputati di quanto avvenne in sua assenza.
Art. 443.
(Facoltà dell'imputato)
Nel corso del dibattimento l'imputato ha facoltà di fare tutte le dichiarazioni che ritiene opportune, purché si riferiscano alla sua difesa. Il presidente o il pretore impedisce ogni divagazione, e, se l'imputato persiste, lo fa allontanare dall'udienza.
L'imputato ha pure facoltà di conferire col suo difensore, tranne durante l'interrogatorio o prima di rispondere a domande rivoltegli. L'esercizio di questa facoltà non può mai autorizzare la sospensione dell'udienza.
E' vietato al difensore e ad ogni altra persona di dare suggerimenti all'imputato durante l'interrogatorio o prima che egli risponda a particolari domande. Dell'infrazione di questo divieto è fatta menzione nel processo verbale, senza pregiudizio dell'esercizio dei poteri disciplinari da parte del presidente o del pretore per la direzione del dibattimento.
Art. 444.
(Nuovi fatti punibili risultanti dal dibattimento)
Salvo quanto è disposto negli articoli 435 e 436, e qualora non sia applicabile la disposizione dell'articolo 445, il pubblico ministero ovvero il pretore nei limiti della sua competenza, procede a norma di legge se nel dibattimento risulta a carico dell'imputato alcun altro fatto preveduto dalla legge come reato e per il quale si debba procedere d'ufficio, diverso da quello enunciato nella sentenza di rinvio a giudizio ovvero nella richiesta o nel decreto di citazione.
Se l'imputato detenuto è prosciolto e per il fatto nuovo risultato nel dibattimento la legge impone o consente il mandato di cattura, il pubblico ministero può emettere ordine d'arresto con gli effetti preveduti dall'articolo 251. Il pretore, qualora si tratti di reati di sua competenza, emette mandato di cattura se ne è il caso; quando non è competente, può emettere mandato d'arresto.
Art. 445.
(Reati concorrenti o circostanze aggravanti non contestati nell'imputazione)
Qualora dagli atti istruttori o nel dibattimento risulti un reato concorrente o la continuazione di reato, ovvero una circostanza aggravante, e non ve ne sia menzione nella sentenza di rinvio, nella richiesta o nel decreto di citazione, il presidente, purché la cognizione non appartenga alla competenza di un giudice superiore o speciale, li contesta, a richiesta del pubblico ministero, all'imputato, e, quando occorre, alla persona civilmente obbligata per l'ammenda e al responsabile civile, inserendone menzione nel processo verbale. Il pretore provvede anche d'ufficio.
Quando l'imputato assente è rappresentato per mandato speciale dal difensore, la contestazione è fatta al difensore stesso, il quale esercita i diritti dell'imputato. Questa disposizione non si applica quando si tratta di reato che non consente la rappresentanza mediante mandato speciale.
La sentenza di condanna pronunciata per il reato concorrente, per il reato continuato o per la circostanza nuova, senza che siano state osservate le disposizioni precedenti, è nulla anche in relazione ai fatti regolarmente contestati.
Art. 446.
(Concessione di un termine per la difesa)
Qualora la contestazione preveduta dall'articolo precedente abbia per oggetto un reato concorrente o la continuazione di reato o una circostanza aggravante diversa dalla recidiva, il presidente o il pretore avverte l'imputato che può chiedere un termine non maggiore di cinque giorni per preparare la difesa. Questo termine è improrogabile.
Il presidente o il pretore, quando l'imputato ha chiesto il termine predetto, sospende il dibattimento a norma dell'articolo 431. In tal caso il pubblico ministero e le parti private hanno facoltà di presentare nuove prove. Se l'imputato non chiede il termine o se la circostanza contestata è la recidiva, il reato concorrente, la continuazione di reato e la circostanza aggravante restano compresi senz'altro nell'imputazione e nel giudizio.
Art. 447.
(Interrogatori delle parti private diverse dall'imputato)
Dopo l'interrogatorio dell'imputato, il presidente o il pretore procede all'interrogatorio della persona civilmente obbligata per l'ammenda e del responsabile civile; sente quindi la parte civile, qualora non debba essere esaminata come testimonio.
Art. 448.
(Esame dei testimoni)
Il presidente o il pretore procede in seguito all'esame dei testimoni, nell'ordine che ritiene più opportuno, dando però la precedenza all'offeso dal reato, anche se si è costituito parte civile.
I testimoni sono esaminati, a pena di nullità, l'uno dopo l'altro.
L'esame deve avvenire possibilmente in modo che nessun testimonio prima di deporre possa comunicare con alcuna delle parti o con i loro difensori o consulenti tecnici, assistere all'esame degli altri o vedere o udire o essere altrimenti informato di ciò che si fa nella sala di udienza.
Prima di procedere all'esame di ciascun testimonio, il presidente o il pretore gli fa prestare giuramento, a pena di nullità; quindi gli chiede le generalità e lo interroga intorno a qualsiasi vincolo di parentela o d'interessi o ad altre circostanze, che servano a valutare la sua credibilità.
Art. 449.
(Giuramento dei testimoni)
Tutti i testimoni, anche se hanno qualità di denunciante, querelante o parte civile, devono prestare giuramento, quando non l'hanno precedentemente prestato o non ne sono espressamente dispensati dalla legge.
Osservate le disposizioni dell'articolo 142, il presidente o il pretore fa prestare individualmente il giuramento ai testimoni, nell'atto in cui ciascuno di essi si presenta per essere esaminato, con la formula seguente: Consapevole della responsabilità che col giuramento assumete davanti a Dio e agli uomini, giurate di dire tutta la verità e null'altro che la verità.
Non è ammesso a prestare giuramento chi nel momento in cui depone non ha compiuto gli anni quattordici. Nondimeno il giudice lo ammonisce circa l'obbligo di dire tutta la verità, null'altro che la verità, e gli fa presenti i provvedimenti che possono essere ordinati per i minori degli anni quattordici i quali commettono un fatto che la legge prevede come delitto.
Art. 450.
(Norme applicabili per l'esame dei testimoni)
Si osservano per l'esame dei testimoni le disposizioni degli articoli 348, 349, 350, 351 e 352.
I giudici, i magistrati del pubblico ministero, i cancellieri e i segretari, anche se appartenenti a giurisdizioni speciali, i quali hanno avuto parte per ragione del loro ufficio negli atti del procedimento, non possono essere assunti come testimoni.
Art. 451.
(Relazioni, pareri e chiarimenti di periti e consulenti tecnici. Giuramento dei periti e degli interpreti)
Se nell'istruzione sono intervenuti periti o consulenti tecnici, il presidente o il pretore fa dare lettura delle loro relazioni od osservazioni, dopo l'esame dei testimoni, ordinando l'omissione d'ogni superfluità che vi sia contenuta. Nessuno ha diritto di opporsi alle prescrizioni del presidente o del pretore su tale oggetto.
I periti, citati a norma dell'articolo 416, sono sentiti rispettivamente dopo la lettura predetta. Essi devono limitarsi a rispondere alle domande loro rivolte dal presidente o dal pretore con divieto di ogni discussione.
I periti e i consulenti tecnici, intervenuti a norma dell'articolo 417, devono limitarsi al riassunto delle loro conclusioni e all'esposizione delle ragioni essenziali che le giustificano, con divieto di ogni discussione.
Quando un perito o un interprete deve giurare nel dibattimento, la formula è quella rispettivamente indicata negli articoli 316 e 329, omessa la menzione della segretezza.
Art. 452.
(Mancata comparizione di persone citate)
Quando un testimonio, un perito o un interprete, del quale sia stata ordinata la citazione, non sia comparso, il giudice, sentiti il pubblico ministero e le parti private, può decidere che il dibattimento sia continuato, ma può in seguito disporre diversamente qualora riconosca necessaria la comparizione.
Si applica, quando ne sia il caso, la disposizione dell'articolo 144.
Se non è comparso un consulente tecnico, il dibattimento è proseguito senz'altro in ogni caso.
Art. 453.
(Casi in cui i testimoni o i periti possono assumersi a domicilio)
Il testimonio o il perito non comparso per legittimo impedimento può essere esaminato nel luogo in cui si trova.
La corte o il tribunale può delegare all'esame uno dei suoi componenti o può richiedere rispettivamente al presidente della corte d'appello o del tribunale del luogo in cui il testimonio o il perito si trova, la delegazione di un giudice che lo esamini. La corte, il tribunale o il pretore può anche delegare il pretore di quel luogo.
Queste regole si applicano altresì quando occorre esaminare alcuna delle persone indicate nella prima parte dell'articolo 356.
Per l'esame dei Regi agenti diplomatici o degli incaricati di missione diplomatica all'estero, si applica la disposizione del primo capoverso dell'articolo 356, e, per gli agenti diplomatici della Santa Sede o di Stati esteri, quella dell'ultimo capoverso dell'articolo stesso.
Art. 454.
(Norme per l'esame a domicilio)
All'esame indicato nell'articolo precedente il giudice procede con l'assistenza del cancelliere e occorrendo dell'ufficiale giudiziario, esclusa la presenza del pubblico. Il pubblico ministero ha facoltà di intervenire. L'imputato, la persona civilmente obbligata per l'ammenda, il responsabile civile e la parte civile possono farsi rappresentare dal rispettivo difensore o da un altro avvocato o procuratore all'uopo nominato. Se l'imputato ha due difensori, uno solo di essi può rappresentarlo e non è ammesso l'intervento contemporaneo del sostituto. Il presidente o il pretore può permettere eccezionalmente che le parti private o alcuna di esse intervengano anche di persona.
Il pubblico ministero e i difensori sono avvertiti, a pena di nullità, del giorno, dell'ora e del luogo dell'esame.
Il giudice delegato, se accerta non sussistere o non essere legittimo l'impedimento addotto dal testimonio o perito, procede egualmente all'esame, ma ne informa subito l'Autorità delegante la quale può provvedere a norma dell'articolo 452, ponendo inoltre a carico del testimonio o perito le spese del trasferimento del giudice, del cancelliere e delle altre persone intervenute. Tali provvedimenti sono dati senza dilazione dalla corte, dal tribunale o dal pretore che procede al giudizio, qualora si sia trasferito nel luogo.
Nei casi preveduti dall'articolo 366 del codice penale, il giudice delegato fa compilare processo verbale e lo trasmette al pubblico ministero per il procedimento.
Art. 455.
(Perizia nel dibattimento)
Se nel dibattimento risultano circostanze importanti, di cui non hanno avuto notizia i periti assunti nell'istruzione, ovvero se è necessario chiedere chiarimenti su questioni sulle quali quei periti non hanno già espresso il loro parere, la corte, il tribunale, o il pretore ha facoltà di disporne anche d'ufficio la citazione.
Se risultano gravi e fondati indizi che rendono necessaria un'indagine sullo stato di mente dell'imputato, ovvero se il giudice ritiene di non poter pronunciare il giudizio senza altri accertamenti e non vi è stato nell'uno e nell'altro caso un precedente esame sul medesimo oggetto, la corte, il tribunale o il pretore può nominare con ordinanza un perito.
Quando occorre, il giudice, anche senza sentire il parere del perito, può provvedere a' termini dell'articolo 88.
Art. 456.
(Provvedimenti conseguenti all'ammissione della perizia nel dibattimento)
Nei casi preveduti dalla prima parte dell'articolo precedente, il dibattimento può essere sospeso, ma non rinviato, e le parti private hanno facoltà di presentare un proprio consulente tecnico, senza che il dibattimento possa per l'esercizio di tale facoltà essere sospeso o rinviato. Quando il dibattimento è sospeso, il perito e il consulente tecnico devono presentare le loro conclusioni e osservazioni per iscritto e non sono ammessi nel dibattimento.
Nei casi preveduti dal primo capoverso dell'articolo precedente, il perito è immediatamente citato a comparire e deve esporre il suo parere nello stesso dibattimento. Se non è possibile provvedere in tal modo, e il giudice ritiene di non poter procedere al giudizio senza la perizia, pronuncia ordinanza con cui, rinviato il dibattimento, dispone che gli atti siano trasmessi al giudice istruttore, o al consigliere delegato della sezione istruttoria se l'istruzione fu da lui compiuta, perchè provveda secondo le disposizioni degli articoli 314 e seguenti, in quanto sono applicabili. Terminata la perizia, il giudice istruttore o il consigliere delegato trasmette gli atti alla cancelleria del giudice che ha ordinato la perizia, e si provvede per il nuovo dibattimento a' termini degli articoli 405 e seguenti. Il pretore provvede da sé per l'assunzione della perizia, terminata la quale fissa il nuovo dibattimento.
Quando il perito e il consulente tecnico sono ammessi nel dibattimento, si osservano le limitazioni indicate nell'articolo 451.
Art. 457.
(Ispezione locale; assunzione di nuove prove)
La corte, il tribunale o il pretore può disporre con ordinanza anche d'ufficio, purché risulti assolutamente necessario per l'accertamento della verità, il proprio accesso nel luogo in cui fu commesso il reato, osservando le norme stabilite nella prima parte e nel primo capoverso dell'articolo 454.
Se nel corso del dibattimento si ha notizia di nuovi mezzi di prova, l'esistenza dei quali risulta dimostrata in modo certo, e si riconosce la necessità di assumerli, la corte, il tribunale o il pretore può disporre, anche d'ufficio, con ordinanza, che siano citati testimoni, da esaminarsi occorrendo a' termini degli articoli 453 e 454, e che siano richiamati o accettati nuovi documenti. Nello stesso modo può provvedere in relazione a quei mezzi di prova che, già assunti nell'istruzione, non sono stati prodotti nel giudizio, quando nel dibattimento risultano necessari per l'accertamento della verità.
Art. 458.
(Falsa testimonianza, perizia o interpretazione)
Se il testimonio, il perito o l'interprete commette alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 372 e 373 del codice penale, il presidente o il pretore, premessa se crede una nuova ammonizione circa la responsabilità penale conseguente a quei fatti, ne fa compilare il processo verbale e lo trasmette al pubblico ministero, qualora non si possa applicare la disposizione del primo capoverso dell'articolo 435; in ogni caso ordina l'arresto del colpevole, facendone menzione nello stesso verbale. E' applicabile la disposizione dell'ultimo capoverso dell'articolo 436.
Se il giudice ritiene che non sia necessario attendere il giudizio sulla falsità, il dibattimento prosegue.
Se il giudice ritiene assolutamente necessario attendere il giudizio sulla falsità, o se, per alcuna delle cause prevedute dall'articolo 436, il delitto non può essere giudicato immediatamente, il dibattimento è rinviato.
Se il testimonio, il perito o l'interprete ritratta il falso e manifesta il vero, prima che il dibattimento sia chiuso o sia rinviato a cagione della falsità, il giudice pronuncia immediatamente sentenza, con cui dichiara non doversi procedere perchè l'imputato non è punibile.
Art. 459.
(Licenziamento di testimoni, periti e consulenti tecnici)
Dopo l'esame, il presidente o il pretore, sentiti il pubblico ministero e le parti private, può licenziare il testimonio, il perito o il consulente tecnico, con riserva di richiamarlo quando occorra. Può vietare al testimonio di rimanere in udienza e anche disporre che si ritiri nella camera all'uopo assegnata e vi rimanga fino a nuovo ordine.
Art. 460.
(Presentazione del corpo del reato)
I documenti, il corpo del reato e ogni altra cosa che può servire a convinzione o a discolpa sono presentati, occorrendo, alle parti e ai testimoni, con invito a dichiarare quando ne è il caso se li riconoscono.
Della presentazione e delle conseguenti dichiarazioni è fatta menzione nel processo verbale.
Art. 461.
(Norme dell'istruzione formale applicabili nel dibattimento)
Le regole stabilite per l'istruzione formale relativamente alle ispezioni, agli esperimenti giudiziali, alle perquisizioni, ai sequestri, alle ricognizioni, ai periti, agli interpreti, ai consulenti tecnici, ai testimoni, ai confronti e ai mezzi di prova in generale si osservano anche nel giudizio, in quanto sono applicabili e se non è altrimenti disposto.
Si osserva anche nel dibattimento la disposizione dell'articolo 308.
Art. 462.
(Letture permesse di deposizioni testimoniali)
Può essere data lettura delle deposizioni testimoniali ricevute: 1° dal giudice o dal pubblico ministero nell'istruzione, purché il pubblico ministero e le parti private vi consentano, i testimoni siano indicati nelle liste e ne sia stata ordinata la citazione, anche se non sono comparsi; 2° dal giudice o dal pubblico ministero nell'istruzione, quando si debbono far risultare contraddizioni o variazioni fra le deposizioni rese nell'istruzione e quelle rese nel dibattimento o quando occorre aiutare la memoria del testimonio; 3° dal giudice o dal pubblico ministero nell'istruzione, qualora il testimonio che le ha rese sia morto, assente dal Regno, irreperibile o divenuto inabile a deporre per qualsiasi causa, anche se il testimonio non sia compreso nelle liste; 4° all'estero in seguito a rogatoria, purché il testimonio sia indicato nelle liste.
Può essere inoltre data lettura delle deposizioni testimoniali indicate nel terzo e quarto capoverso dell'articolo 41, negli articoli 313, 356, nel primo capoverso dell'articolo 357, negli articoli 363 e 364, nell'ultimo capoverso dell'articolo 391, nel terzo capoverso dell'articolo 415, nell'articolo 418 e nel capoverso dell'articolo 457.
Fuori dei casi predetti, la lettura di deposizioni testimoniali è vietata a pena di nullità.
Art. 463.
(Letture permesse di altri atti o documenti)
I processi verbali di ispezioni, esperimenti giudiziali, perquisizioni, sequestri, ricognizioni e confronti, compiuti dal giudice, dal pubblico ministero o da ufficiali di polizia giudiziaria per richiesta dell'Autorità giudiziaria, possono essere letti nel dibattimento.
E' pure permessa la lettura degli atti predetti e del sommario interrogatorio dell'arrestato compiuti ad iniziativa di ufficiali di polizia giudiziaria, salvo che il pubblico ministero o le parti private abbiano chiesto la citazione degli ufficiali medesimi, nel qual caso la lettura è vietata a pena di nullità. Nondimeno, se l'ufficiale è presente, la lettura di tali atti è permessa, quando si debbono far risultare contraddizioni o variazioni, o per aiuto alla memoria.
Se l'ufficiale non è comparso, la lettura è permessa a condizione che le parti vi consentano. Se non vi consentono, la lettura è parimenti permessa, quando la corte, il tribunale o il pretore riconosce giustificata da legittimo impedimento la mancata comparizione. Di tale riconoscimento e delle ragioni su cui si fonda è fatta menzione nell'ordinanza che dispone la lettura.
In ogni caso possono essere letti i verbali degli atti menzionati nell'articolo 223 e può prendersi cognizione dei rilievi indicati nell'articolo stesso.
Art. 464.
(Letture vietate)
E' vietata, a pena di nullità, la lettura di informazioni sulle voci correnti nel pubblico intorno ai fatti di cui si tratta nel giudizio.
E' pure vietata, a pena di nullità, la lettura di informazioni sulla moralità in genere delle parti o dei testimoni, fatta eccezione per i certificati del casellario giudiziale, per le sentenze irrevocabili di qualunque giudice, italiano o straniero, anche se non si trovano iscritte nel casellario, e per le informazioni delle pubbliche Autorità che espongono fatti specifici atti a stabilire la personalità dell'imputato in relazione al reato, o ad accertarne o ad escluderne la qualità di persona socialmente pericolosa. La stessa eccezione vale per quei fatti che servono a definire la personalità di chi fu offeso dal reato, quando il fatto dell'imputato deve essere valutato in relazione al fatto o alle qualità morali di quella persona.
Art. 465.
(Lettura di documenti o di dichiarazioni degli imputati)
Può essere ordinata, anche d'ufficio, la lettura di qualsiasi documento proveniente dall'imputato, anche se sequestrato presso altri o da altri prodotto.
Parimenti è permessa la lettura degli interrogatori d'imputati dello stesso reato o di reato connesso, anche se prosciolti o condannati, ma tali persone non possono, a pena di nullità, essere assunte come testimoni, salvo che il proscioglimento sia stato pronunciato in giudizio per non aver commesso il fatto.
Art. 466.
(Lettura di rapporti, referti, denuncie, querele e altri atti)
Salve le disposizioni dei quattro articoli precedenti, il presidente o il pretore può ordinare anche d'ufficio la lettura, nel momento che ritiene opportuno, dei rapporti, dei referti, delle querele, delle richieste, delle istanze, delle denuncie e di ogni altro atto o documento del procedimento, ovvero presentato dal pubblico ministero e dalle parti private e previamente ammesso.
E' pure permessa la lettura di atti relativi ad un altro procedimento penale definito con sentenza irrevocabile o di un giudizio civile definito con sentenza che ha acquistato autorità di cosa giudicata, quando il presidente o il pretore ne riconosce la pertinenza e l'utilità.
E' infine permessa la lettura di ogni atto o documento non espressamente vietata a norma degli articoli precedenti.
Art. 467.
(Domande alle parti private, ai testimoni, periti e consulenti tecnici)
I giudici, il pubblico ministero, le parti private e i difensori, durante il dibattimento, possono per mezzo del presidente o del pretore fare domande all'imputato, alla persona civilmente obbligata per l'ammenda, al responsabile civile, alla parte civile, ai testimoni, ai periti e ai consulenti tecnici.
Sull'ammissibilità di tali domande, quando sorge opposizione, decide definitivamente senza formalità di deliberazione il presidente o il pretore, e della decisione è fatta menzione nel processo verbale.
Art. 468.
(Discussione finale)
Terminata l'assunzione delle prove, la parte civile legge e può svolgere le sue conclusioni, che debbono comprendere, quando sia chiesto il risarcimento dei danni, anche la determinazione del loro ammontare; indi il pubblico ministero pronuncia le sue requisitorie, e successivamente i difensori dell'imputato, della persona civilmente obbligata per l'ammenda e del responsabile civile espongono le loro difese.
Ciascun difensore della medesima parte può parlare una sola volta, salvo il diritto di replica per il difensore dell'imputato. Se l'imputato ha due difensori, possono parlare entrambi, purché si dividano tra loro la materia della difesa.
Nessun difensore può parlare per un tempo superiore a quello prefissogli dal presidente o dal pretore. Se il difensore prolunga il suo discorso oltre tale termine, il presidente o il pretore lo invita a concludere, e in caso di persistenza gli toglie la facoltà di parlare.
Un discorso non può mai essere continuato in una udienza successiva, e nessun difensore, invitato dal presidente o dal pretore, può rifiutarsi di parlare quando mancano due ore alla fine dell'udienza, secondo l'orario normale. In tal caso l'udienza è prolungata, occorrendo, per il tempo necessario a terminare il discorso, osservata sempre la disposizione del capoverso precedente.
Soltanto il pubblico ministero e il difensore dell'imputato possono replicare, ma per una sola volta. Se i difensori del medesimo imputato sono due, uno solo può replicare. La replica deve essere contenuta nei limiti di ciò che è strettamente necessario per la confutazione degli argomenti avversari che non sono già stati precedentemente discussi, e non può in alcun caso durare più di mezz'ora.
L'imputato e il difensore, a pena di nullità, devono avere per ultimi la parola, se la domandano; ma soltanto per brevi dichiarazioni riguardanti esclusivamente l'oggetto della difesa.
Art. 469.
(Interruzione della discussione per assumere nuove prove)
La discussione non può essere interrotta per l'assunzione di nuove prove, se non in caso di assoluta ed evidente necessità. Se questa si verifica, il giudice pronuncia ordinanza, indicando specificamente i motivi del provvedimento e stabilendo i limiti nei quali la sua applicazione deve essere contenuta.
Art. 470.
(Provvedimenti contro l'ingiustificato prolungamento della discussione)
Quando nella discussione i difensori, pur mantenendosi nei limiti di tempo indicati negli articoli 438 e 468, ovvero il pubblico ministero, abusano della facoltà di parlare, per prolissità, divagazioni o in altro modo, e non sono valsi due successivi richiami, il presidente o il pretore toglie la facoltà di parlare a chi ne ha abusato. In tal caso, e in ogni altro nel quale sia stata tolta la facoltà di parlare, si procede alla deliberazione dell'ordinanza o della sentenza anche senza le conclusioni del pubblico ministero o del difensore al quale è stata tolta la facoltà predetta.
Art. 471.
(Sanatoria delle nullità verificatesi nel dibattimento)
Le nullità verificatesi nel dibattimento sono sanate, se la parte interessata non le ha fatte rilevare prima che l'atto sia compiuto, e, quando ciò non è possibile, immediatamente dopo il compimento dell'atto, con dichiarazione inserita nel processo verbale.
Capo II.
Della sentenza.
Art. 472.
(Chiusura del dibattimento e pronuncia della sentenza)
Il dibattimento è chiuso appena terminata la discussione.
La sentenza è deliberata dagli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento, senza interruzione, salvi i casi di assoluta impossibilità, e il dispositivo è letto immediatamente all'udienza pubblica dal presidente o da un giudice del collegio o dal pretore, fuori dei casi preveduti dal secondo capoverso dell'articolo 423 e dalla prima parte dell'articolo 425, nei quali la lettura avviene a porte chiuse.
La lettura del dispositivo sostituisce la notificazione della sentenza per tutte le parti che sono state o che debbono considerarsi presenti nel dibattimento, anche se non sono presenti alla lettura.
Art. 473.
(Norme per la deliberazione della sentenza)
Nel deliberare la sentenza il presidente sottopone separatamente a decisione le questioni pregiudiziali, quelle incidentali la cui decisione sia stata differita, quelle di fatto e di diritto riguardanti l'imputazione, e quindi, se occorre, quelle sull'applicazione delle pene e delle misure di sicurezza. Tutti i giudici dànno il loro voto su ciascuna questione, qualunque sia stato quello sulle altre.
Il presidente raccoglie i voti cominciando dal giudice meno elevato in grado o a parità di grado dal giudice meno anziano, e vota per ultimo. Nei procedimenti davanti alla corte d'assise votano prima gli assessori, cominciando dall'assessore meno anziano in ordine di età.
Se i giudici presenti al dibattimento eccedono il numero legale, i meno elevati in grado o i meno anziani non possono partecipare alla votazione, a pena di nullità, salvo che uno di essi sia stato relatore all'udienza, nel qual caso egli prende il posto del meno elevato in grado o del meno anziano fra coloro che avrebbero dovuto votare.
Qualora nella votazione si manifestino più di due opinioni, i giudici che hanno votato per la pena più grave si riuniscono a quelli che hanno votato per la pena gradatamente più prossima alla più grave, fino a che venga a risultare la maggioranza. In ogni altro caso, quando su una questione vi è parità di voti, prevale l'opinione più favorevole all'imputato.
La deliberazione è sempre segreta, e nessuno può opporre l'inosservanza delle disposizioni precedenti come causa di nullità o d'impugnazione, salvo quanto è stabilito nel secondo capoverso di questo articolo.
Il dispositivo è scritto e firmato dal presidente o dal pretore e, dopo la lettura all'udienza, viene unito agli atti.
Art. 474.
(Requisiti formali della sentenza)
La sentenza contiene: 1° l'intestazione al nome del Re e la menzione dell'Autorità che l'ha pronunciata; 2° le generalità dell'imputato o quant'altro valga a identificarlo, le generalità della persona civilmente obbligata per l'ammenda, del responsabile civile e della parte civile; 3° l'enunciazione del fatto e delle circostanze che formano l'oggetto dell'imputazione; 4° la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto, su cui la sentenza è fondata; 5° l'indicazione degli articoli di legge applicati; 6° il dispositivo; 7° la data e la sottoscrizione dei giudici che l'hanno deliberata e del cancelliere.
Se, per impedimento sopraggiunto dopo la pubblicazione della sentenza, alcuno dei giudici non può sottoscriverla, ne è fatta menzione prima della sottoscrizione degli altri giudici. Se trattasi di sentenza pronunciata dal pretore, e questi non può sottoscriverla, il presidente del tribunale del circondario vi appone la propria sottoscrizione, menzionando la causa della sostituzione.
Art. 475.
(Nullità della sentenza)
La sentenza è nulla: 1° se la persona dell'imputato non è sufficientemente indicata, salvo quanto è disposto nell'articolo 81; 2° se manca l'enunciazione dei fatti imputati; 3° se manca o è contradittoria la motivazione; 4° se manca o è incompleto nei suoi elementi essenziali il dispositivo, salvo quanto è stabilito nel numero 3° dell'articolo seguente; 5° se la sentenza è priva della data o della sottoscrizione dei giudici o di alcuno di essi, o del pretore, salvo quanto è disposto nell'articolo precedente.
Art. 476.
(Rettificazione della sentenza)
Si provvede, anche d'ufficio, a norma dell'articolo 149: 1° quando occorre rettificare le generalità dell'imputato o di altre persone, sempre che non sia dubbia la loro identità fisica; 2° quando occorre completare la motivazione insufficiente; 3° quando il dispositivo della sentenza è difforme da quello letto all'udienza ed esistente negli atti; 4° nel caso di mancanza di requisiti non prescritti a pena di nullità.
Art. 477.
(Relazioni tra la sentenza e l'accusa contestata)
Nella sentenza il giudice può dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nella sentenza di rinvio a giudizio, nella richiesta o nel decreto di citazione, infliggere le pene corrispondenti, quantunque più gravi, e applicare le misure di sicurezza, purché la cognizione del reato non appartenga alla competenza di un giudice superiore o speciale.
Se risulta dal dibattimento che il fatto è diverso da quello enunciato negli atti predetti, il giudice, fuori dei casi contemplati nell'articolo 445, dispone con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero.
Art. 478.
(Proscioglimento per perdono giudiziale)
Quando i risultati del giudizio sarebbero tali da legittimare la condanna dell'imputato, il giudice, il quale ritiene di concedere invece il perdono giudiziale a norma dell'articolo 169 del codice penale, pronuncia sentenza con la quale dichiara non doversi procedere, enunciandone la causa nel dispositivo.
Art. 479.
(Proscioglimento per altri motivi)
Fuori del caso preveduto dall'articolo precedente, se il fatto non sussiste, se l'imputato non lo ha commesso, se si tratta di persona non imputabile, o di persona non punibile perchè il fatto non costituisce reato o per un'altra ragione, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione, enunciandone la causa nel dispositivo.
Il giudice pronuncia sentenza di assoluzione perchè il fatto non sussiste o perchè l'imputato non lo ha commesso, tanto nel caso in cui vi è la prova che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso, quanto nel caso in cui manca del tutto la prova che il fatto sussiste o che l'imputato lo ha commesso.
Se non risultano sufficienti prove per condannare, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione per insufficienza di prove.
Se il reato è estinto, se l'azione penale non avrebbe potuto essere iniziata, se l'azione penale non può essere proseguita, il giudice pronuncia sentenza con cui dichiara non doversi procedere, enunciandone la causa nel dispositivo.
Quando occorre, il giudice ordina la liberazione del prosciolto e la cessazione delle pene accessorie provvisoriamente applicate.
Con la sentenza è ordinata la cessazione delle misure di sicurezza già provvisoriamente applicate e che debbono essere revocate in conseguenza del proscioglimento, e sono applicate quelle che il giudice ritiene di dover ordinare a norma del codice penale.
Art. 480.
(Provvedimenti della sentenza che accerta la falsità di documenti)
La falsità di un atto pubblico o di una scrittura privata, accertata con sentenza di condanna o di proscioglimento pronunciata nel giudizio per qualsiasi reato, deve essere dichiarata nel dispositivo della sentenza stessa. Con lo stesso dispositivo deve essere ordinata la cancellazione totale o parziale, secondo le circostanze, e se è il caso la ripristinazione, la rinnovazione o la riforma del documento, con la prescrizione del modo con cui deve essere eseguita. La cancellazione, la ripristinazione, la rinnovazione o la riforma non è ordinata quando può pregiudicare interessi di terzi non intervenuti come parti nel procedimento.
Art. 481.
(Esecuzione della sentenza che dichiara la falsità di documenti)
Nel caso preveduto dall'articolo precedente, la sentenza di condanna o di proscioglimento che dichiara la falsità totale o parziale di un atto pubblico o di una scrittura privata, è eseguita per questa parte o capo da un giudice delegato dal presidente della corte o del tribunale che ha pronunciato la sentenza stessa, a richiesta e con l'intervento del pubblico ministero, e con l'assistenza del cancelliere che ne compila il processo verbale. Il pretore provvede d'ufficio.
La cancellazione totale del documento si effettua mediante annotazione della sentenza in margine di ciascuna pagina del medesimo, e mediante compilazione del processo verbale, in cui si attesta questo adempimento, con la dichiarazione che il documento non può avere alcun effetto giuridico. Il documento rimane allegato al processo verbale, e una copia di questo è rilasciata in sostituzione del documento a chi lo possedeva o lo aveva in deposito, quando costui la chiede dimostrando di avervi legittimo interesse.
Negli altri casi il testo del documento, quale risulta stabilito in seguito alla cancellazione parziale o alla ripristinazione, rinnovazione o riforma, è inserito per intero nel processo verbale. Se il documento era in deposito pubblico, è restituito al depositario unitamente a una copia autentica del processo verbale a cui deve rimanere annesso. Se il documento era posseduto da un privato, il cancelliere lo conserva annesso al processo verbale e rilascia copia di questo atto alla detta persona, quando la chieda dimostrando di avervi legittimo interesse. Tale copia vale come originale per ogni effetto giuridico.
Nel processo verbale il giudice dà le disposizioni occorrenti per l'osservanza di quanto è stabilito nei due capoversi precedenti.
Art. 482.
(Condanna alle spese e ai danni in caso di proscioglimento)
Nel caso di proscioglimento, quando si tratta di reato punibile a querela della persona offesa, si applicano le disposizioni degli articoli 382 e 383 per ciò che concerne la condanna alle spese anticipate dallo Stato, e alle spese e al risarcimento del danno a favore dell'imputato o del responsabile civile.
Se si tratta di reato per il quale si procede d'ufficio, il giudice può, quando l'interessato ne fa domanda, condannare la parte civile alle spese e al risarcimento del danno a favore dell'imputato e del responsabile civile, citato o intervenuto nel giudizio. Si osserva anche in questo caso la disposizione dell'articolo 383.
Art. 483.
(Sentenza di condanna)
Fuori dei casi preveduti dagli articoli 478 e 479, il giudice pronuncia sentenza di condanna, infliggendo le pene e, se occorre, applicando le misure di sicurezza.
Il giudice, quando con la stessa sentenza pronuncia condanna per più reati, stabilisce la pena incorsa per ciascuno di essi, e quindi determina la pena che deve essere applicata in osservanza delle norme sul concorso di reati e di pene.
Con la sentenza di condanna il condannato è dichiarato quando occorre delinquente o contravventore abituale o professionale, o delinquente per tendenza.
Art. 484.
(Pubblicazione della sentenza come effetto della condanna)
Nei casi in cui a' termini dell'articolo 36 del codice penale la sentenza di condanna deve essere pubblicata, il giudice stabilisce nel dispositivo se la sentenza deve essere pubblicata per intero o per estratto, e designa il giornale o i giornali in cui la sentenza deve essere inserita.
Art. 485.
(Esecuzione provvisoria di pene accessorie o di misure di sicurezza)
Qualora dalla condanna inflitta derivi l'interdizione dai pubblici uffici o da alcuno di essi, o l'interdizione o la sospensione da una professione o da un'arte, ovvero la perdita o la sospensione della patria potestà o dell'autorità maritale, il giudice, il quale ritiene di valersi della facoltà consentitagli dall'articolo 140 del codice penale, ordina con la sentenza che l'imputato sia provvisoriamente privato dell'esercizio dei pubblici uffici o di alcuno di essi ovvero dell'esercizio di una professione o di un'arte o della patria potestà o dell'autorità maritale.
Nello stesso modo il giudice provvede quanto alla provvisoria esecuzione delle misure di sicurezza, nei casi consentiti dall'articolo 206 del codice penale.
La sentenza non è impugnabile per il capo che dispone l'applicazione provvisoria delle pene accessorie e l'esecuzione provvisoria delle misure di sicurezza.
Art. 486.
(Esecuzione immediata dei provvedimenti preveduti dall'articolo precedente)
I provvedimenti dati dal giudice a norma dell'articolo precedente debbono essere eseguiti immediatamente, anche durante il termine per impugnare la sentenza e nonostante l'impugnazione proposta.
Art. 487.
(Provvedimenti relativi alla sospensione condizionale della pena e alla non menzione della condanna nel certificato penale)
Quando la legge consente il beneficio della sospensione condizionale dell'esecuzione della pena, il giudice, se ritiene di concederlo, provvede con la sentenza di condanna a norma degli articoli 163, 164 e 165 del codice penale.
Quando il giudice, nei casi preveduti dall'articolo 175 del codice penale, intende disporre che non sia fatta menzione della condanna nel certificato penale rilasciato a richiesta di privati, provvede con la sentenza in conformità dell'articolo stesso.
Art. 488.
(Disposizioni della sentenza di condanna relative alle spese)
Con la sentenza di condanna è dichiarato l'obbligo del condannato al pagamento delle spese processuali, salvo che si tratti di condanna alla pena di morte.
I condannati per lo stesso reato o per reati connessi sono obbligati in solido al pagamento delle predette spese. I condannati in uno stesso giudizio per reati non connessi sono obbligati in solido alle sole spese comuni relative ai reati per i quali riportarono condanna.
Sono poste a carico del condannato anche le spese per il suo mantenimento durante la custodia preventiva, a' termini dell'articolo 274.
Il responsabile civile citato o intervenuto nel giudizio è obbligato al pagamento delle spese processuali in solido con l'imputato condannato, se la sua responsabilità è dichiarata con la sentenza.
Qualora il giudice non abbia provveduto circa le spese a norma delle disposizioni precedenti, la sentenza è rettificata nel modo indicato nell'articolo 149.
Art. 489.
(Disposizioni della sentenza di condanna relative ai danni)
Con la sentenza di condanna l'imputato o gli imputati sono condannati a' termini dell'articolo 185 del codice penale alle restituzioni e al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile che ne ha fatto domanda, quando il giudice riconosce che essa vi ha diritto. Se il responsabile civile è stato citato o è intervenuto nel giudizio, tale condanna è pronunciata anche contro di lui in solido, quando la sua responsabilità è riconosciuta. L'imputato prosciolto non può essere condannato come responsabile civile per il tatto dei coimputati condannati, se non è stato citato anche in tale qualità nel giudizio.
La sentenza decide altresì sulla liquidazione dei danni quando è possibile, salvo che sia stabilita la competenza di un altro giudice. Se il giudice ritiene di non poter decidere allo stato degli atti su tale liquidazione, lo dichiara indicandone i motivi e rimette le parti davanti al giudice civile competente in primo grado per valore nel luogo ove si svolse il giudizio penale di primo grado, salvo che sia stabilita la competenza di un altro giudice. Se il giudice penale ritiene di non poter decidere sulla liquidazione dei danni, può con la stessa sentenza di condanna assegnare alla parte civile una somma da imputarsi nella liquidazione definitiva.
L'imputato e il responsabile civile sono inoltre condannati in solido alle spese sostenute dalla parte civile, il cui ammontare deve essere determinato in ogni caso nella sentenza penale.
Art. 490.
(Condanna all'ammenda del civilmente obbligato)
Nei casi preveduti dagli articoli 196 e 197 del codice penale il giudice condanna la persona civilmente obbligata a pagare, se il condannato risulterà insolvibile, una somma pari all'ammenda a questo inflitta.
Art. 491.
(Pubblicazione della sentenza come riparazione del danno)
La pubblicazione della sentenza di condanna a' termini dell'articolo 186 del codice penale è ordinata dal giudice, su istanza dell'interessato, con la stessa sentenza. La pubblicazione ha luogo a spese del condannato, e se è il caso anche del responsabile civile, per una o due volte in giornali designati dal giudice.
Il giudice con la medesima sentenza assegna all'obbligato un termine per provvedere alla pubblicazione. Se questa non è avvenuta nel termine prefisso, può provvedervi direttamente l'interessato, con diritto di ripetere le spese dalla persona obbligata.
Capo III.
Del processo verbale di dibattimento.
Art. 492.
(Enunciazioni del verbale di dibattimento)
Di ogni dibattimento il cancelliere compila il processo verbale, a pena di nullità.
Nel processo verbale si iscrivono: 1° il luogo, l'anno, il mese, il giorno in cui è tenuta l'udienza, l'ora dell'apertura e quella della chiusura di essa; la menzione delle sospensioni d'una stessa udienza e dell'ora stabilita per ciascuna ripresa; 2° i nomi e i cognomi dei giudici e del rappresentante del pubblico ministero; 3° le generalità dell'imputato o quant'altro valga a identificarlo; le generalità delle altre parti private; i nomi e i cognomi dei rappresentanti e dei difensori; 4° le generalità dei testimoni, dei periti, degli interpreti, dei consulenti tecnici e la menzione della prestazione del giuramento dei testimoni, periti e interpreti; 5° le istanze e le conclusioni del pubblico ministero e delle parti private; 6° le altre menzioni, che siano particolarmente prescritte dalla legge, o che il presidente o il pretore, di ufficio o ad istanza di una delle parti, ordini che vi siano inserite.
La mancanza o l'insufficienza delle predette enunciazioni non produce nullità, se questa non è espressamente stabilita dalla legge.
Art. 493.
(Domande d'inserzione nel verbale)
Le parti hanno diritto di far inserire nel verbale ogni enunciazione a cui abbiano interesse e che non sia contraria alla legge. L'enunciazione deve essere contenuta entro i limiti strettamente necessari.
L'ordinanza del presidente o del pretore che rifiuta o limita l'inserzione è impugnabile a norma degli articoli 200 e 438.
Art. 494.
(Sottoscrizione del verbale)
Il processo verbale, terminato il giudizio, è sottoscritto in fine di ogni foglio dal presidente o dal pretore e dal cancelliere, ed è unito agli atti del procedimento. Questa sottoscrizione vale anche per le singole ordinanze inserite nel processo verbale.
Se il presidente è impedito, sottoscrive per lui il giudice più elevato in grado, o a parità di grado il più anziano. In caso di impedimento del pretore, è sufficiente la sottoscrizione del cancelliere. Degli impedimenti e delle loro cause deve farsi espressa menzione prima delle sottoscrizioni.
Art. 495.
(Dichiarazione e deposizioni da riassumersi nel verbale)
Nel processo verbale il cancelliere deve riassumere le dichiarazioni dell'imputato, della persona civilmente obbligata per l'ammenda e del responsabile civile, le deposizioni dei testimoni, le conclusioni orali dei periti e dei consulenti tecnici, le relative conferme, variazioni o aggiunte e ogni altro elemento che può interessare. Il presidente o il pretore vigila affinchè sia riprodotta integralmente e nella sua originaria e genuina espressione quella parte delle dichiarazioni orali che egli ritiene essenziale ai fini della prova.
In ogni caso il presidente o il pretore può dettare le predette dichiarazioni o deposizioni, o può invitare la persona che le ha rese a dettarle, facendo menzione di tale circostanza nel processo verbale.
Art. 496.
(Uso della stenografia)
Il cancelliere ha in ogni caso facoltà di compilare il processo verbale stenograficamente. Nei dibattimenti di primo grado, e in quelli rinnovati in grado d'appello o per rinvio dopo annullamento, il presidente o il pretore, se il pubblico ministero o alcuna delle parti private non ammesse al patrocinio gratuito ne fa domanda motivata, ha facoltà di ordinare che le dichiarazioni o deposizioni indicate nell'articolo precedente siano in tutto o in parte stenografate, sempre che sia disponibile un adatto funzionario di cancelleria.
La domanda deve essere presentata nel termine stabilito per la produzione delle liste testimoniali o al più tardi subito dopo compiute le formalità d'apertura del dibattimento e, se è presentata da una parte privata, deve essere accompagnata dal deposito della somma occorrente per l'indennità stabilita dal regolamento. Nondimeno, se il cancelliere che assiste all'udienza è capace di stenografare, la domanda può essere proposta anche durante il dibattimento. Il presidente o il pretore provvede senza alcuna formalità e il suo provvedimento non è soggetto a reclamo. La domanda non può mai essere causa della sospensione o del rinvio del dibattimento.
I fogli stenografati sono sottoscritti dal presidente o dal pretore e devono essere tradotti dal cancelliere in caratteri comuni entro il giorno successivo a quello in cui furono scritti. I fogli stenografati e quelli scritti in caratteri comuni sono uniti agli atti del procedimento e si considerano ad ogni effetto come un solo originale; ma, se differiscono tra loro, fa prova l'originale stenografico. Se il cancelliere è assolutamente impedito, la traduzione è affidata ad un interprete, il quale presta giuramento.
Capo IV.
Dei giudizi speciali.
Sezione I. -
Del giudizio in contumacia.
Art. 497.
(Mancata comparizione dell'imputato per legittimo impedimento)
Quando l'imputato anche se detenuto non si presenta all'udienza, ed è provato che l'assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, la corte, il tribunale o il pretore, salvo quanto è disposto nell'articolo 88, sospende o rinvia anche d'ufficio il dibattimento, secondo le circostanze, e prescrive, se occorre, che il provvedimento sia notificato all'imputato.
Questa disposizione non si applica quando l'imputato, legittimamente impedito, chiede o consente che il dibattimento avvenga in sua assenza, e il giudice non ritiene necessaria la sua comparizione personale.
La prova dell'impedimento legittimo è in ogni caso liberamente valutata dal giudice. Tale valutazione non può formare oggetto di discussione successiva, né motivo d'impugnazione.
Se alcuno fra più imputati è legittimamente impedito e non ricorre il caso preveduto dal primo capoverso, il giudice ordina la separazione dei giudizi e procede immediatamente al dibattimento contro gli altri imputati, a meno che per evidente e assoluta necessità del giudizio ritenga di rinviare il dibattimento.
Quando l'imputato, nel caso preveduto dal primo capoverso dell'articolo 125, ha conferito mandato speciale al difensore perchè lo rappresenti nel giudizio, non si applicano le disposizioni precedenti, a meno che sia provato che l'assoluta impossibilità di comparire riguarda tanto l'imputato quanto il procuratore speciale.
Art. 498.
(Dichiarazione di contumacia)
Se l'imputato non si presenta all'udienza e non è provato che l'assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, il presidente o il pretore fa dare lettura della relazione di notificazione del decreto di citazione.
La corte, il tribunale o il pretore, sentiti il pubblico ministero e i difensori, se risulta che le notificazioni furono legalmente eseguite e i termini osservati, prescrive con ordinanza che si proceda oltre nel giudizio in contumacia dell'imputato medesimo, salvo che l'imputato abbia chiesto o consentito che il dibattimento avvenga in sua assenza. Se non può procedersi in contumacia, il giudice pronuncia ordinanza con la quale rinvia il dibattimento e dispone la rinnovazione degli atti, dei quali abbia accertato la nullità.
La prova dell'impedimento legittimo, pervenuta dopo la pubblicazione della sentenza, non invalida il giudizio contumaciale.
Art. 499.
(Forme del giudizio contumaciale)
Il giudizio in contumacia, in primo grado e in grado d'appello, ha luogo con le forme ordinarie.
In questo giudizio, e in ogni altro caso in cui si procede in assenza dell'imputato, è data lettura dell'interrogatorio dell'imputato medesimo e di ogni altra dichiarazione ch'egli abbia resa nel procedimento.
Il difensore rappresenta l'imputato per tutti gli effetti.
Art. 500.
(Impugnazioni contro sentenze contumaciali)
Quando si è proceduto in contumacia, la sentenza è notificata per estratto all'imputato ed è soggetta alle impugnazioni stabilite per le sentenze pronunciate in contraddittorio, salvo quanto è disposto nel secondo capoverso dell'articolo 199 e nell'articolo 210.
Art. 501.
(Comparizione del contumace)
Se il contumace compare nel corso del dibattimento, prima che sia cominciata la discussione finale, ne è fatta menzione nel processo verbale e l'ordinanza che ha dichiarato la contumacia è revocata di diritto. Il presidente o il pretore informa sommariamente l'imputato di quanto è avvenuto in sua assenza e ne assume l'interrogatorio.
In ogni caso il dibattimento prosegue dall'ultimo atto compiuto prima della comparizione del contumace, e non può essere sospeso o rinviato per cause che dipendano dalla precedente contumacia.
Queste disposizioni si applicano anche se alcuni degli imputati sono presenti e altri contumaci ovvero se tutti sono contumaci, e tutti o alcuni si presentano contemporaneamente o successivamente.
In nessun caso la discussione finale può essere interrotta o rinnovata per la presentazione di imputati contumaci.
Sezione II. -
Del giudizio direttissimo.
Art. 502.
(Casi e modi del giudizio direttissimo)
Quando una persona è stata arrestata nella flagranza di un reato di competenza del tribunale, il procuratore del Re al quale l'arrestato è presentato a' termini dell'articolo 244, se ritiene di dover procedere e se non sono necessarie speciali indagini, dopo averlo sommariamente interrogato, può farlo subito condurre in stato d'arresto davanti al tribunale, se questo siede in udienza penale; altrimenti, dopo aver disposto perchè l'arresto sia mantenuto, può farlo presentare ad una udienza prossima, non oltre il quinto giorno dall'arresto. Se non è possibile provvedere in tal modo, il procuratore del Re procede con le forme ordinarie, osservate le disposizioni dei capoversi dell'articolo 246.
Se si tratta di reato di competenza della corte d'assise, si può procedere a giudizio direttissimo nel modo predetto, soltanto se la corte si trova convocata in sessione, ovvero se deve essere convocata entro cinque giorni da quello dell'arresto.
Nello stesso modo si può procedere quando il reato viene commesso da persona arrestata, detenuta o internata per misura di sicurezza.
Art. 503.
(Atti del giudizio direttissimo)
Nel giudizio direttissimo, se l'imputato non sceglie subito un difensore, questi è nominato dal pubblico ministero nel primo atto del procedimento, e, se ciò non è avvenuto, dal presidente prima dell'apertura del dibattimento. L'offeso dal reato e i testimoni possono, a cura del pubblico ministero, essere citati anche oralmente da un ufficiale giudiziario o da un agente di polizia giudiziaria.
Il pubblico ministero, l'imputato e chi si costituisce parte civile nel dibattimento possono presentare testimoni senza citazione. L'imputato può farsi assistere da un consulente tecnico, qualora il giudice ritenga di nominare un perito, a norma dell'articolo 455.
Se l'imputato ne fa domanda, il giudice, quando lo ritiene necessario, può accordargli un termine massimo improrogabile di cinque giorni per preparare la difesa, fissando per il dibattimento l'udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine. Nel frattempo l'imputato rimane in stato d'arresto.
Art. 504.
(Sostituzione del procedimento ordinario al giudizio direttissimo)
Chiuso il dibattimento, il giudice può disporre che si proceda con istruzione formale.
Se il giudizio direttissimo risulta promosso fuori delle circostanze prevedute dall'articolo 502, il giudice anche all'inizio del dibattimento ordina che gli atti siano trasmessi al pubblico ministero perchè proceda con le forme ordinarie.
In entrambi i casi il giudice ordina la liberazione dell'arrestato, se la legge non consente il mandato di cattura.
I provvedimenti predetti sono dati con ordinanza.
Art. 505.
(Giudizio direttissimo davanti al pretore)
Nelle circostanze indicate nell'articolo 502 quando il reato è di competenza del pretore, questi, dopo avere interrogato l'arrestato, può procedere a giudizio direttissimo.
Il pretore esercita i poteri conferiti al pubblico ministero e al giudice con gli articoli precedenti.
Sezione III. -
Del giudizio per decreto.
Art. 506.
(Casi di giudizio per decreto e poteri del pretore)
Il pretore che, nei procedimenti per reati perseguibili d'ufficio, in seguito all'esame degli atti e alle investigazioni che reputa necessarie, ritiene di dover infliggere soltanto la multa o l'ammenda in misura non superiore a lire cinquemila, può pronunciare la condanna con decreto senza procedere al dibattimento. Col decreto di condanna il pretore applica la pena, pone a carico del condannato le spese del procedimento, e ordina occorrendo la confisca o la restituzione delle cose sequestrate. Nei casi preveduti dagli articoli 196 e 197 del codice penale dichiara altresì la responsabilità della persona civilmente obbligata per l'ammenda.
Può anche disporre quando la legge lo consente la sospensione condizionale della pena, e la non menzione della condanna nel certificato penale rilasciato a istanza privata.
Il procedimento per decreto non è ammesso quando l'imputato è stato dichiarato delinquente o contravventore abituale o professionale o delinquente per tendenza e in ogni altro caso in cui risulta la possibilità di applicare all'imputato una misura di sicurezza detentiva.
Se il decreto è stato pronunciato fuori dei casi consentiti dalla legge, il procuratore del Re inizia, prima che sia sopravvenuta una causa estintiva del reato, l'azione penale nei modi ordinari. Il giudice con la sentenza pronuncia anche la revoca del decreto e degli atti d'esecuzione del medesimo, ordinando in caso di proscioglimento la restituzione delle somme pagate, e in caso di condanna la detrazione della pena già eseguita da quella inflitta con la medesima sentenza.
Art. 507.
(Requisiti formali del decreto penale. Opposizione)
Il decreto di condanna contiene: 1° le generalità dell'imputato e se ne è il caso della persona civilmente obbligata per l'ammenda; 2° l'enunciazione del fatto, del titolo del reato e delle circostanze; 3° la sommaria esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui è fondata la decisione; 4° il dispositivo, con l'indicazione degli articoli di legge applicati; 5° la data e le sottoscrizioni del pretore e del cancelliere.
Copia del decreto insieme con il precetto menzionato nell'articolo 586 è notificata all'imputato, e quando ne è il caso alla persona civilmente obbligata per l'ammenda, con avvertimento che hanno facoltà di proporre opposizione nel termine di cinque giorni dalla notificazione.
Trascorso questo termine senza che si sia proposta opposizione, il decreto diventa senz'altro esecutivo.
Art. 508.
(Opposizione proposta soltanto da alcuni interessati)
Il decreto penale, quando è pronunciato a carico di più persone concorrenti nello stesso reato, diviene esecutivo contro quelle fra esse che non hanno proposto opposizione, salvo quanto è stabilito nell'ultimo capoverso dell'articolo 510.
Se l'opposizione è stata proposta dal solo imputato o dalla sola persona civilmente obbligata per l'ammenda, gli effetti di essa si estendono anche a quella fra le dette parti che non fece opposizione.
Art. 509.
(Procedimento relativo all'opposizione)
L'opposizione è proposta dall'interessato personalmente o per mezzo di procuratore speciale.
Nella dichiarazione di opposizione deve essere chiesto il dibattimento e devono essere indicati specificamente a pena d'inammissibilità i motivi dell'opposizione. Si osservano nel resto, in quanto sono applicabili, le disposizioni degli articoli 197 e 198.
Se la dichiarazione d'opposizione è stata fatta fuori termine o è stata proposta da chi non ne aveva il diritto o è priva delle indicazioni prescritte o se queste non sono specifiche, il pretore che ha emesso il decreto di condanna dichiara, con ordinanza, inammissibile l'opposizione, ordina l'esecuzione del decreto, pone a carico del condannato le spese ulteriori e può revocare i beneficî indicati nel primo capoverso dell'articolo 506. Contro questa ordinanza l'opponente può ricorrere per cassazione.
Fuori dei casi preveduti dal capoverso precedente, il pretore emette e fa notificare senza ritardo all'opponente il decreto di citazione per il dibattimento, a' termini dell'articolo 409.
Art. 510.
(Giudizio conseguente all'opposizione)
Se l'opponente non si presenta all'udienza, senza giustificare un legittimo impedimento, il pretore pronuncia sentenza con la quale ordina l'esecuzione del decreto di condanna e dà gli altri provvedimenti indicati nel secondo capoverso dell'articolo precedente.
Se l'opponente si presenta, il decreto è revocato. Qualora il pretore pronunci sentenza di condanna, può infliggere entro i limiti stabiliti dalla legge una pena maggiore di quella fissata nel decreto, negare i benefici indicati nel primo capoverso dell'articolo 506 e applicare le misure di sicurezza consentite dalla legge. Sono poste a carico del condannato anche le spese successive all'opposizione.
Quando l'opposizione è stata proposta dal solo imputato o dalla sola persona civilmente obbligata per l'ammenda, il decreto è revocato anche se si presenta soltanto quella fra le dette parti che non ha proposto opposizione.
Se la sentenza che decide sull'opposizione riconosce che il fatto non sussiste o non costituisce reato, il decreto di condanna è revocato anche in rapporto a coloro che erano imputati dello stesso reato e che non hanno proposto opposizione.
Titolo terzo.
Del giudizio sulle impugnazioni.
Capo I.
Dell'appello.
Art. 511.
(Motivi e casi d'appello)
L'appello è proposto entro i termini e nei modi stabiliti nel capo ottavo del titolo quarto del libro primo.
L'appello, oltre che nei casi e con gli effetti determinati da particolari disposizioni, può proporsi contro le sentenze pronunciate nel giudizio e indicate negli articoli seguenti.
Art. 512.
(Appello contro sentenze del pretore)
Contro le sentenze del pretore possono appellare al tribunale: 1° l'imputato, nel caso di condanna, quando con la sentenza gli è stata inflitta una pena detentiva o una pena pecuniaria superiore a lire duemila ovvero quando egli è stato dichiarato delinquente o contravventore abituale o professionale, o delinquente per tendenza; 2° l'imputato, nel caso di proscioglimento per insufficienza di prove o per concessione del perdono giudiziale, se l'imputazione riguardava un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione; 3° il rappresentante del pubblico ministero nel dibattimento davanti al pretore e il procuratore del Re, nel caso di proscioglimento, se l'imputazione riguardava un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione; e, nel caso di condanna, se è stata inflitta una pena detentiva, o una pena pecuniaria superiore a lire duemila.
Art. 513.
(Appello contro sentenze del tribunale)
Contro le sentenze del tribunale, comprese quelle pronunciate in seguito alla rimessione preveduta dal capoverso dell'articolo 31, possono appellare alla corte d'appello, salvo che la legge disponga altrimenti: 1° l'imputato, nel caso di condanna, quando con la sentenza gli è stata inflitta una pena detentiva o una pena pecuniaria superiore a lire duemila ovvero quando egli è stato dichiarato delinquente o contravventore abituale o professionale, o delinquente per tendenza; 2° l'imputato, nel caso di proscioglimento per insufficienza di prove o per concessione del perdono giudiziale, se l'imputazione riguardava un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione; 3° il procuratore del Re e il procuratore generale presso la corte d'appello, nel caso di proscioglimento, se l'imputazione riguardava un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione; e, nel caso di condanna, se è stata inflitta una pena detentiva, o una pena pecuniaria superiore a lire duemila.
Art. 514.
(Appello contro sentenze su reati connessi)
La sentenza pronunciata per reati connessi è appellabile per tutti i capi, quando l'appello è ammesso per alcuno dei reati medesimi, purché tale appello venga proposto da chi ne ha il diritto.
Art. 515.
(Cognizione del giudice d'appello. Appello incidentale del pubblico ministero)
L'appello tanto del pubblico ministero quanto dell'imputato attribuisce al giudice superiore la cognizione del procedimento limitatamente ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti.
Entro questi limiti, quando appellante è il pubblico ministero; 1° se l'appello riguarda una sentenza di condanna, il giudice può entro i limiti della competenza del giudice di primo grado dare al reato una diversa definizione anche più grave, mutare la specie o aumentare la quantità della pena, revocare benefici e applicare quando occorre le misure di sicurezza e ogni altro provvedimento imposto o consentito dalla legge; 2° se l'appello riguarda una sentenza di proscioglimento, il giudice pronunciando condanna può applicare insieme con la pena gli altri provvedimenti menzionati nel numero 1°; 3° se l'appello riguarda una sentenza di condanna ovvero una sentenza di proscioglimento, il giudice che la conferma può applicare, modificare o escludere, nei casi determinati dalla legge, le misure di sicurezza.
Quando appellante è il solo imputato, il giudice non può infliggere una pena più grave per specie o quantità, nè revocare benefici, salva la facoltà, entro i limiti indicati nella prima parte di questo articolo, di dare al reato una diversa definizione anche più grave, purché non venga superata la competenza del giudice di primo grado.
Quando l'appello è stato proposto dal solo imputato, il pubblico ministero presso il giudice d'appello, entro otto giorni da quello in cui ricevè la comunicazione prescritta nell'articolo 517, può presentare dichiarazione d'appello incidentale nella cancelleria del giudice predetto. Con la dichiarazione devono essere presentati i motivi a pena di decadenza. L'appello incidentale del pubblico ministero produce gli effetti preveduti dal primo capoverso e mantiene efficacia nonostante la successiva rinuncia dell'imputato alla propria impugnazione. L'appello incidentale del pubblico ministero non produce effetto in confronto del coimputato non appellante che non ha partecipato al giudizio d'appello.
Art. 516.
(Appello dell'imputato per gli interessi civili)
L'imputato può appellare contro le disposizioni della sentenza di proscioglimento relative alle istanze da lui proposte per il risarcimento dei danni e per la rifusione delle spese.
L'imputato può appellare anche contro le sole disposizioni della sentenza di condanna relative al risarcimento dei danni cagionati dal reato e alle restituzioni.
Art. 517.
(Atti preliminari al giudizio d'appello)
Gli atti indicati nell'articolo 208, appena pervengono nella cancelleria, sono comunicati al pubblico ministero. Esaminati gli atti, il pubblico ministero li restituisce alla cancelleria e il presidente ordina senza ritardo la citazione dell'imputato appellante; ordina pure quella dell'imputato che non ha appellato, se vi è appello del pubblico ministero o se ricorre alcuno dei casi contemplati nell'articolo 203 ovvero se l'appello è proposto per i soli interessi civili.
Il presidente dispone inoltre in ogni caso la citazione della persona civilmente obbligata per l'ammenda, del responsabile civile e della parte civile; questa è citata anche quando ha appellato il solo imputato contro una sentenza di proscioglimento.
Il decreto di citazione, osservate le prescrizioni stabilite nei numeri 1°, 2°, 3°, 4° e 6° dell'articolo 407, è notificato alle parti predette, a pena di nullità.
Il termine minimo per comparire è di dieci giorni davanti al tribunale e di quindici giorni davanti alla corte.
Si osserva la disposizione dell'articolo 410.
Il decreto di citazione è nullo per le cause indicate nell'articolo 412, esclusa quella che concerne la sentenza di rinvio a giudizio o la richiesta del procuratore del Re.
Art. 518.
(Dibattimento d'appello)
Il presidente o un giudice da lui delegato, prima che si proceda all'interrogatorio dell'imputato, fa la relazione dei fatti che hanno determinato il procedimento e dello svolgimento di questo.
La lettura degli atti è limitata a quelli per i quali ne è riconosciuta la necessità, ed è disposta dal presidente d'ufficio ovvero a richiesta dei giudici o del pubblico ministero o ad istanza delle parti private. Quando il presidente non intende aderire a tale richiesta o istanza, o sorge opposizione, il tribunale o la corte provvede con ordinanza.
Non si procede all'esame di testimoni e non intervengono periti o consulenti tecnici.
Nella discussione parla per primo l'appellante. L'imputato non appellante, la persona civilmente obbligata per l'ammenda, il responsabile civile e la parte civile, anche se non appellanti, qualora siano stati citati, sono ammessi alla discussione e possono concludere. L'imputato e il difensore devono avere per ultimi la parola, se la domandano. Il difensore che già ha concluso è ammesso a parlare per ultimo soltanto per brevi dichiarazioni. Quando hanno appellato tanto il pubblico ministero quanto l'imputato o il suo difensore, il pubblico ministero deve parlare prima del difensore.
Art. 519.
(Estensione delle norme sul giudizio di primo grado al giudizio d'appello)
Nel giudizio d'appello si osservano le disposizioni relative al giudizio di primo grado in quanto sono applicabili.
Art. 520.
(Facoltà del giudice d'appello; rinnovazione del dibattimento)
Se il giudice d'appello ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli atti, può anche d'ufficio ordinare la presentazione di nuovi documenti, la rinnovazione in tutto o in parte del dibattimento, l'esame anche su nuove circostanze dei testimoni del primo giudizio o l'assunzione di altre prove nuove; può sentire altresì i periti e i consulenti tecnici, nei limiti in cui sono ammessi nel giudizio di primo grado, e nei casi di assoluta necessità può disporre una nuova perizia a norma dell'articolo 455.
La rinnovazione parziale o totale del dibattimento è disposta con ordinanza.
A tale rinnovazione si procede con le forme del giudizio di primo grado, in quanto sono applicabili, anche relativamente alle prove, senza sospendere o rinviare il dibattimento, se è possibile. Il pubblico ministero e le parti private possono presentare direttamente all'udienza in cui intendono proporre la rinnovazione le prove nuove e quelle da riassumersi. Quando non è possibile provvedere in tale modo, si osservano le norme degli articoli 431 e 432, evitando ogni dilazione non assolutamente necessaria.
Art. 521.
(Processo verbale)
Il processo verbale del dibattimento è compilato ai termini degli articoli 492, 493, 494 e dell'articolo 495 per ciò che concerne le dichiarazioni delle parti; si osservano pure le altre disposizioni dello stesso articolo 495 quando il dibattimento è rinnovato.
Art. 522.
(Questioni di nullità)
Se nel giudizio di primo grado si è verificata la nullità indicata nel secondo capoverso dell'articolo 445, il giudice d'appello pronuncia sentenza con la quale, annullata la decisione appellata, ordina che gli atti siano trasmessi al pubblico ministero.
Il giudice d'appello, se accerta alcuna delle nullità indicate nell'articolo 185, e questa non è stata sanata a norma dell'articolo 187, ritiene il giudizio e pronuncia ordinanza con cui dispone la rinnovazione del dibattimento, decide quindi in merito inappellabilmente.
Se si tratta di altre nullità che non sono state sanate, il giudice d'appello può ordinare la rinnovazione degli atti nulli o anche, dichiarata la nullità, decidere in merito, qualora riconosca che l'atto nullo non fornisce elementi necessari al giudizio.
Quando il giudice di primo grado ha dichiarato che il reato è estinto o che l'azione penale non poteva essere iniziata o proseguita, il giudice d'appello, se riconosce erronea tale dichiarazione, ordina occorrendo la rinnovazione del dibattimento e decide in merito inappellabilmente.
Art. 523.
(Sentenza d'appello)
Fuori dei casi preveduti dall'articolo precedente, il giudice d'appello in seguito al dibattimento pronuncia sentenza con la quale conferma o riforma la sentenza appellata.
L'imputato prosciolto, che è detenuto o soggetto ad altri vincoli della libertà personale, deve essere immediatamente liberato.
Copia della sentenza del giudice d'appello con gli atti del procedimento è trasmessa senza ritardo a cura del cancelliere al giudice di primo grado, quando questi è competente per l'esecuzione, e non è stato proposto ricorso per cassazione.
Capo II.
Del ricorso per cassazione.
Sezione I. -
Dei casi nei quali si può ricorrere.
Art. 524.
(Motivi di ricorso; provvedimenti impugnabili)
Il ricorso per cassazione può proporsi per i seguenti motivi: 1° inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale; 2° esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge ad organi legislativi o amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri; 3° inosservanza delle norme di questo codice stabilite a pena di nullità, d'inammissibilità o di decadenza.
Il ricorso, oltre che nei casi e con gli effetti determinati da particolari disposizioni, può essere proposto entro i termini e nei modi stabiliti nel capo ottavo del titolo quarto del libro primo contro le sentenze pronunciate nel giudizio inappellabilmente o in grado d'appello dall'Autorità giudiziaria ordinaria.
Il ricorso è inammissibile se è proposto per motivi non consentiti dalla legge o manifestamente infondati.
Art. 525.
(Nullità incorse nel giudizio di primo grado)
Il ricorso contro la sentenza pronunciata in grado di appello non può essere fondato sulle nullità determinate dall'inosservanza di norme di diritto processuale non verificatesi nel giudizio d'appello, se tali nullità non sono state dedotte con i motivi d'impugnazione nel predetto giudizio.
Art. 526.
(Ricorso dell'imputato)
L'imputato può ricorrere per cassazione contro la sentenza di condanna.
Può ricorrere altresì contro la sentenza di proscioglimento per insufficienza di prove o per concessione del perdono giudiziale, quando la legge commina per il reato che fu oggetto dell'imputazione una pena detentiva o una pena più grave.
Può anche ricorrere contro le sole disposizioni della sentenza di condanna relative alle restituzioni, al risarcimento dei danni e alle spese; e può infine ricorrere contro le disposizioni della sentenza di proscioglimento pronunciata in contraddittorio che hanno respinto le domande da lui proposte per il risarcimento dei danni o per la rifusione delle spese.
Art. 527.
(Ricorso del pubblico ministero)
Il procuratore generale presso la corte d'appello può ricorrere per cassazione contro ogni sentenza di condanna o di proscioglimento.
Il procuratore del Re può ricorrere per cassazione contro le sentenze di condanna o di proscioglimento pronunciate dal tribunale o dal pretore.
Art. 528.
(Ricorso straordinario contro sentenze di giudici speciali)
Contro le sentenze di condanna di un giudice penale speciale, eccettuato il Senato costituito in Alta Corte di giustizia, può essere proposto in ogni tempo, prima che la pena sia estinta, ricorso per cassazione per i motivi indicati nell'articolo 524, qualora tali sentenze non possano essere altrimenti impugnate e la legge non le dichiari espressamente sottratte ad ogni impugnazione.
Il ricorso non ha effetto sospensivo; ma, se è stata inflitta la pena di morte, la sospensione dell'esecuzione può essere ordinata dal Ministro della giustizia.
Sezione II. -
Del ricorso e del procedimento relativo.
Art. 529.
(Sottoscrizione dei motivi)
I motivi del ricorso presentati a norma dell'articolo 201, quando non sono enunciati nella dichiarazione d'impugnazione, devono a pena d'inammissibilità essere sottoscritti dall'avvocato che difese il ricorrente nell'ultimo giudizio, purché sia iscritto nell'albo speciale della corte di cassazione, o da un altro avvocato iscritto nell'albo medesimo a cui sia stato conferito espresso incarico con la dichiarazione di ricorso ovvero con atto ricevuto successivamente dal cancelliere dinanzi al quale venne fatta la dichiarazione o ricevuto o autenticato da notaio.
Se i motivi sono stati presentati in termine, possono esserne aggiunti altri nel termine indicato nell'articolo 533.
Art. 530.
(Atti preliminari al giudizio di cassazione)
Il primo presidente della corte di cassazione provvede all'assegnazione del ricorso a una delle sezioni penali, quando la legge non stabilisce la competenza delle sezioni penali unite.
Il primo presidente, se ritiene conveniente che, data la speciale importanza delle questioni proposte con il ricorso, il giudizio segua davanti alle sezioni penali unite fuori dei casi in cui la legge stabilisce la competenza di queste, assegna il ricorso alle sezioni stesse.
Art. 531.
(Decisioni in camera di consiglio)
Quando è proposta da una parte o viene rilevata d'ufficio una causa d'inammissibilità del ricorso, la questione è decisa preliminarmente dalla corte di cassazione in camera di consiglio.
Oltre che nei casi particolarmente preveduti dalla legge, la corte giudica pure in camera di consiglio sui conflitti di competenza, sui ricorsi in materia di rimessione dei procedimenti e di astensione o ricusazione del giudice, e su ogni altro ricorso contro provvedimenti non emessi nel dibattimento.
In tutti i casi predetti la corte giudica, sulle requisitorie scritte del pubblico ministero, senza intervento di difensori.
Art. 532.
(Difensori)
Le parti private possono farsi rappresentare davanti alla corte di cassazione dai loro difensori che siano iscritti nell'albo speciale della corte medesima. Per tutti gli atti che occorrono davanti alla corte, il domicilio delle parti è presso i rispettivi difensori. La nomina del difensore può essere fatta nell'atto della dichiarazione di ricorso o anche posteriormente.
Al ricorrente, che non ha nominato un difensore, il presidente del collegio che deve giudicare lo nomina d'ufficio con il decreto stesso con cui stabilisce l'udienza per la discussione.
Quando il ricorso concerne i soli interessi civili, il presidente nomina un difensore al ricorrente se questi ne fa domanda e presenta i documenti richiesti per l'ammissione al patrocinio gratuito.
Art. 533.
(Avviso ai difensori)
Il cancelliere della corte di cassazione appena pervenuti gli atti nella cancelleria avvisa il difensore che durante il termine di quindici giorni dalla notificazione dell'avviso può esaminare nella stessa cancelleria gli atti e i documenti, estrarne copia e presentare nuovi documenti.
Art. 534.
(Fissazione dell'udienza e provvedimenti conseguenti)
Per i ricorsi da discutersi in udienza pubblica, scaduto il termine stabilito nell'articolo precedente, il presidente fissa l'udienza e designa il relatore.
Il cancelliere comunica immediatamente gli atti al procuratore generale, che deve restituirli almeno cinque giorni prima dell'udienza.
Il procuratore generale, se ritiene conveniente, data la speciale importanza delle questioni proposte con il ricorso, di promuovere il giudizio delle sezioni penali unite, ne fa richiesta al primo presidente, il quale se l'accoglie fissa la nuova udienza e designa il relatore.
Il cancelliere fa notificare ai difensori l'avviso del giorno stabilito per l'udienza almeno quindici giorni prima.
Art. 535.
(Costituzione in carcere per l'ammissibilità del ricorso)
Salvo quanto è stabilito nell'articolo 210, il ricorso contro la sentenza di condanna a pena detentiva che deve ancora essere espiata per una durata superiore ad un anno ovvero a una pena più grave è dichiarato inammissibile se, anteriormente al giorno stabilito per la discussione del ricorso, l'imputato non si è costituito in carcere o non si è posto a disposizione dell'Autorità competente quando la pena dovrebbe essere espiata in uno stabilimento speciale.
Le disposizioni precedenti non si applicano quando è stata sospesa l'esecuzione del mandato o dell'ordine di cattura a norma dell'articolo 259, o l'imputato si trova in stato di libertà provvisoria o si tratta di pena la cui esecuzione è stata sospesa condizionalmente.
Art. 536.
(Dibattimento)
Le regole stabilite circa la pubblicità, la polizia e la disciplina delle udienze e la direzione della discussione per i giudizi di primo e di secondo grado si osservano davanti alla corte di cassazione, in quanto sono applicabili.
Le parti private possono comparire soltanto per mezzo dei loro difensori iscritti nell'albo speciale della corte di cassazione ed hanno facoltà di depositare, non più tardi di otto giorni prima dell'udienza fissata per la discussione del ricorso, memorie a svolgimento dei motivi legalmente proposti sottoscritte da un avvocato iscritto nell'albo predetto.
Tali memorie devono essere comunicate nello stesso termine anche al procuratore generale a pena di inammissibilità.
Nell'udienza stabilita il presidente o il consigliere da lui delegato fa la relazione della causa. Non è necessario che siano presenti e che concludano i difensori delle parti. In luogo dell'avvocato nominato nell'atto della dichiarazione o con atto successivo, può parlare un altro avvocato iscritto nell'albo speciale della corte di cassazione al quale sia stato conferito l'incarico con mandato speciale.
Dopo la relazione parla per primo il rappresentante del ricorrente. Quando hanno proposto ricorso tanto il pubblico ministero, quanto l'imputato o il suo difensore, il pubblico ministero deve parlare prima del difensore. Non sono ammesse repliche; ma il difensore dell'imputato ha facoltà di presentare nella stessa udienza prima della deliberazione della sentenza brevi note scritte.
Sezione III. -
Della sentenza.
Art. 537.
(Deliberazione e pubblicazione della sentenza)
La corte di cassazione delibera la sentenza in camera di consiglio subito dopo terminata la pubblica udienza, salvo che per la molteplicità o per l'importanza delle questioni da decidersi il presidente ritenga opportuno di differire la deliberazione ad altra udienza prossima.
La sentenza è pubblicata in udienza subito dopo la deliberazione, mediante lettura del dispositivo fatta dal presidente o da un consigliere da lui delegato.
Si osservano, in quanto sono applicabili, le disposizioni degli articoli 473 e 474.
Art. 538.
(Rettificazione d'errori non determinanti annullamento)
Gli errori di diritto nella motivazione e le erronee indicazioni di testi di legge non producono l'annullamento della sentenza impugnata, se non hanno avuto influenza decisiva sul dispositivo. La corte tuttavia deve specificare nella sentenza le censure e le rettificazioni occorrenti e ordinare che siano comunicate al giudice che pronunciò la sentenza impugnata.
Quando nella sentenza impugnata si deve soltanto rettificare la specie o la quantità della pena per errore di denominazione o di computo, la rettificazione è fatta dalla corte di cassazione senza pronunciare annullamento.
Nello stesso modo si provvede quando occorre applicare disposizioni di legge più favorevoli all'imputato, anche se sopravvenute dopo la dichiarazione di ricorso, qualora non siano necessari nuovi accertamenti di fatto.
Art. 539.
(Annullamento senza rinvio)
Oltre che nei casi particolarmente preveduti dalla legge, la corte pronuncia l'annullamento senza rinvio: 1° se il fatto non è preveduto dalla legge come reato, se il reato è estinto, o se l'azione non poteva essere iniziata o proseguita; 2° se il reato non è di competenza del giudice ordinario; 3° se il provvedimento impugnato contiene disposizioni che eccedono i poteri della giurisdizione; 4° se la decisione impugnata consiste in un provvedimento non consentito dalla legge; 5° se ricorre il caso preveduto dal secondo capoverso dell'articolo 445, ovvero se è stata violata la disposizione del capoverso dell'articolo 477; 6° se la condanna è stata pronunciata per errore di persona nel caso preveduto dall'articolo 87; 7° se vi è contraddizione fra la sentenza o l'ordinanza impugnata ed un'altra anteriore concernente la stessa persona e il medesimo oggetto, pronunciata dallo stesso o da un altro giudice penale; 8° se la sentenza impugnata ha deciso in secondo grado su materia per la quale non è ammesso l'appello; 9° in ogni altro caso in cui la corte ritiene superfluo il rinvio, ovvero può essa medesima nei limiti della propria competenza dare i provvedimenti necessari.
Art. 540.
(Effetti dell'annullamento senza rinvio)
Nel caso preveduto dal numero 2° dell'articolo precedente, la corte ordina che gli atti siano trasmessi all'Autorità competente, che essa designa; in quello preveduto dal numero 5°, ordina la trasmissione degli atti all'ufficio competente del pubblico ministero; in quello preveduto dal numero 7°, ordina l'esecuzione della prima sentenza o dell'ordinanza, ma se si tratta di una sentenza di condanna, ordina l'esecuzione della sentenza che inflisse la condanna meno grave; in quello preveduta dal numero 8°, ordina l'esecuzione della sentenza di primo grado; e in quello preveduto dal numero 9°, dà i provvedimenti che occorrono.
La corte di cassazione quando ne è il caso dichiara la cessazione delle pene accessorie e delle misure di sicurezza ordinate con la sentenza annullata.
Art. 541.
(Annullamento delle sole disposizioni civili della sentenza)
La corte di cassazione, se annulla solamente le disposizioni o i capi della sentenza che riguardano la azione civile proposta a norma dell'articolo 23, rinvia la causa quando occorre al giudice civile competente per valore in grado d'appello anche se l'annullamento ha per oggetto una sentenza inappellabile.
Art. 542.
(Decisione delle questioni di competenza)
Quando la corte di cassazione riconosce l'incompetenza del giudice che ha deciso, si attiene alle disposizioni dell'articolo 37 e del primo capoverso dell'articolo 43, e la sua decisione ha gli effetti ivi preveduti.
Art. 543.
(Annullamento con rinvio)
Fuori dei casi preveduti dall'articolo 539 e dai due articoli precedenti: 1° se è annullata un'ordinanza, la corte di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi al giudice che l'ha pronunciata, il quale provvede uniformandosi alla sentenza di annullamento; 2° se è annullata la sentenza di una corte d'appello, il giudizio è rinviato ad un'altra sezione della stessa corte d'appello o ad un'altra corte d'appello fra le più vicine; 3° se è annullata la sentenza di una corte d'assise, di un tribunale o di un pretore, il giudizio è rinviato rispettivamente ad un'altra corte d'assise, ad un'altra sezione dello stesso tribunale o ad un altro tribunale nel distretto della stessa corte d'appello o ad un altro pretore dello stesso circondario, anche se la pretura in cui fu pronunciata la sentenza annullata è divisa in più sezioni o ha sedi distaccate; 4° se è annullata la sentenza di un giudice istruttore o di una sezione istruttoria, gli atti sono trasmessi per nuova deliberazione rispettivamente allo stesso ufficio di istruzione o alla stessa sezione istruttoria; ma il giudice che ha pronunciato la sentenza annullata deve essere sostituito, e la sezione istruttoria deve essere composta con giudici diversi da quelli che pronunciarono la sentenza annullata. Se peraltro la cognizione del fatto per cui è stato dichiarato non doversi procedere spetta al pretore, la corte di cassazione ordina che gli atti siano trasmessi per il giudizio al pretore competente; 5° se è annullata la sentenza pronunciata in grado d'appello dal giudice istruttore, a norma dell'articolo 399, con la quale è stata confermata la dichiarazione di non doversi procedere, gli atti sono trasmessi al pretore competente perchè proceda al giudizio. Se questo risulta di competenza del tribunale o della corte d'assise, gli atti sono invece trasmessi al giudice istruttore per nuova deliberazione.
Art. 544.
(Giudizio di rinvio dopo l'annullamento)
Nel giudizio di rinvio non è ammessa discussione sulla competenza attribuita con la sentenza di annullamento, salvo quanto è stabilito nel capoverso dell'articolo 37. Se altre persone comprese nel precedente giudizio debbono essere giudicate per lo stesso reato, il giudice di rinvio in primo grado può disporre l'unione dei giudizi a norma dell'articolo 413.
L'imputato nel giudizio di rinvio può proporre nuovi mezzi di difesa, entro i limiti fissati dalla corte di cassazione per il giudizio stesso, anche se l'annullamento è stato pronunciato su ricorso del pubblico ministero.
Non possono proporsi nel giudizio di rinvio nullità, che si affermano incorse nei precedenti giudizi o nell'istruzione.
Se fra più imputati condannati con la medesima sentenza taluno non ha proposto ricorso, l'annullamento pronunciato rispetto al ricorrente si estende di diritto agli altri, salvo che il motivo dell'annullamento concerna esclusivamente la persona che lo ha proposto.
Il giudice di rinvio giudica sui punti che furono oggetto dell'annullamento, con gli stessi poteri che aveva il giudice la cui sentenza fu annullata, salve le limitazioni stabilite dalla legge.
In ogni caso, se l'imputato viene condannato, deve essere pronunciata contro di lui condanna anche al pagamento delle spese dei precedenti giudizi, escluso quello di cassazione quando l'annullamento è stato determinato dal suo ricorso.
Art. 545.
(Annullamento parziale)
Se l'annullamento non è pronunciato per tutte le disposizioni della sentenza, questa ha autorità di cosa giudicata nelle parti che non hanno connessione essenziale con la parte annullata.
La corte di cassazione dichiara nel dispositivo quando occorre quali parti della sentenza rimangono in vigore. L'omissione di tale dichiarazione è riparata dalla corte stessa in camera di consiglio con ordinanza che deve trascriversi in margine o in fine della sentenza e di ogni copia di essa posteriormente rilasciata. La detta ordinanza può essere pronunciata d'ufficio, ovvero promossa con domanda del presidente del collegio che deve giudicare per rinvio, del pubblico ministero presso il medesimo collegio, del pretore o della parte privata interessata. La domanda si propone con ricorso non soggetto ad alcuna formalità.
Art. 546.
(Impugnabilità della sentenza del giudice di rinvio)
Il giudice di rinvio deve uniformarsi alla sentenza della corte di cassazione per ciò che concerne ogni questione di diritto con essa decisa.
La sentenza del giudice di rinvio può essere impugnata soltanto per motivi non riguardanti i punti già decisi dalla corte di cassazione ovvero per inosservanza della disposizione della prima parte di questo articolo.
Art. 547.
(Procedimento a sezioni unite)
La corte di cassazione procede a sezioni penali unite: 1° quando deve deliberare su di un ricorso proposto contro la sentenza di un giudice speciale, salvo che non sia diversamente stabilito; 2° negli altri casi particolarmente preveduti dalla legge.
La sentenza delle sezioni unite ha in ogni caso autorità di giudicato irrevocabile sulle questioni con essa decise.
Art. 548.
(Decisione circa la competenza delle sezioni singole o delle sezioni unite)
Alle sezioni unite spetta di giudicare sul dubbio circa la competenza delle sezioni stesse o delle sezioni singole.
La corte in camera di consiglio, se ritiene che il ricorso appartiene alla competenza delle sezioni singole, pronuncia ordinanza e il presidente designa la sezione che deve giudicare.
Art. 549.
(Spese e sanzione pecuniaria in caso di rigetto o d'inammissibilità del ricorso)
Con la sentenza che dichiara inammissibile o rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto è condannata al pagamento delle spese del procedimento. E' inoltre condannata con la stessa sentenza a pagare alla Cassa delle ammende una somma da lire cinquecento a cinquemila.
Questa disposizione non si applica se è stato rigettato o dichiarato inammissibile il ricorso contro una sentenza che abbia inflitto la pena di morte.
Art. 550.
(Provvedimenti esecutivi della sentenza di cassazione)
In ogni caso di annullamento senza rinvio o di rettificazione, il procuratore generale trasmette copia della sentenza della corte di cassazione al pubblico ministero presso la corte o il tribunale che ha emesso il provvedimento annullato, censurato o rettificato, ovvero, se tale provvedimento è stato emesso dal pretore, al procuratore del Re presso il tribunale nel cui circondario il pretore risiede. Il pubblico ministero comunica immediatamente la sentenza predetta al primo presidente della corte, al presidente del tribunale o al pretore, con la richiesta di farne eseguire dal cancelliere annotazione in margine od in fine dell'originale del provvedimento annullato o rettificato e si accerta dell'adempimento, provvedendo anche ad ogni altro atto d'esecuzione che sia necessario.
Se l'annullamento fu pronunciato con rinvio, il procuratore generale trasmette senza ritardo gli atti del procedimento con la copia della sentenza al pubblico ministero presso il giudice di rinvio o al pretore che deve procedere al nuovo giudizio. Nel caso preveduto dall'articolo 541, la copia della sentenza e gli atti sono trasmessi alla cancelleria del giudice che emise il provvedimento impugnato.
Per l'osservanza delle disposizioni precedenti il cancelliere della corte di cassazione deve trasmettere le necessarie copie della sentenza al procuratore generale entro otto giorni da quello in cui la sentenza fu depositata nella cancelleria.
Quando la corte di cassazione ha dichiarato inammissibile o rigettato il ricorso, il cancelliere entro tre giorni da quello in cui fu pronunciata la decisione ne comunica il dispositivo all'Autorità competente per l'esecuzione.
Art. 551.
(Liberazione)
Quando in seguito alla sentenza della corte di cassazione deve cessare per qualsiasi causa la detenzione dell'imputato o la sua sottoposizione a pene accessorie o a misure di sicurezza, il procuratore generale presso la corte di cassazione al più tardi nel giorno successivo a quello in cui la sentenza fu pronunciata ne comunica il dispositivo al pubblico ministero presso la corte o il tribunale che pronunciò la sentenza impugnata o al pretore, affinchè ordini la immediata liberazione del detenuto e dia gli altri provvedimenti occorrenti.
Art. 552.
(Inoppugnabilità delle sentenze della corte di cassazione)
Tutti i provvedimenti della corte di cassazione in materia penale, anche se emessi dalle singole sezioni, sono inoppugnabili.
Capo III.
Della revisione.
Art. 553.
(Sentenze soggette a revisione)
E' ammessa in ogni tempo a favore dei condannati, nei casi determinati dalla legge, la revisione delle sentenze di condanna divenute irrevocabili pronunciate in primo grado o in grado d'appello dall'Autorità giudiziaria ordinaria, anche se la pena è già espiata o è estinta, quando si tratta: 1° di condanna per delitto; 2° di condanna per contravvenzione, se in conseguenza di essa il condannato è stato dichiarato contravventore abituale o professionale.
Art. 554.
(Casi di revisione)
La revisione può domandarsi: 1° se i fatti stabiliti a fondamento della sentenza di condanna non possono conciliarsi con quelli stabiliti in un'altra sentenza penale irrevocabile dell'Autorità giudiziaria ordinaria o di giudici speciali, eccettuate le sentenze di condanna pronunciate dal Senato costituito in Alta Corte di giustizia; 2° se la sentenza penale di condanna ha ritenuto la sussistenza del reato a carico del condannato, in conseguenza di una sentenza di giudice civile o amministrativo poscia revocata che abbia deciso una delle questioni pregiudiziali prevedute dagli articoli 19 e 20, salva la riserva contenuta nel capoverso dell'articolo 21; 3° se dopo la condanna sono sopravvenuti o si scoprono nuovi fatti o nuovi elementi di prova che, soli o uniti a quelli già esaminati nel procedimento, rendono evidente che il fatto non sussiste ovvero che il condannato non lo ha commesso; 4° se è dimostrato che la condanna venne pronunciata in conseguenza di falsità in atti o in giudizio, o di un altro fatto preveduto dalla legge come reato.
Art. 555.
(Limiti della revisione)
In ogni caso gli elementi in base ai quali si chiede la revisione devono a pena d'inammissibilità della domanda esser tali da escludere, se accertati, che il fatto sussiste o che il condannato lo ha commesso, ovvero da dimostrare che manca del tutto la prova che il fatto sussiste o che l'imputato lo ha commesso.
Art. 556.
(Soggetti del diritto di chiedere la revisione)
Possono domandare la revisione: 1° il condannato o un suo prossimo congiunto ovvero la persona che ha sul condannato l'autorità tutoria e, se il condannato è morto, l'erede o un prossimo congiunto; 2° il procuratore generale presso la corte d'appello nel cui distretto fu pronunciata la sentenza di condanna o il procuratore generale presso la corte di cassazione, d'ufficio o a richiesta del Ministro della giustizia. La parte privata interessata può unire la propria istanza a quella del pubblico ministero.
Le persone indicate nel numero 1°, quando si trovano nelle condizioni richieste dalla legge, possono essere ammesse al patrocinio gratuito con decreto del presidente del collegio o del pretore che ha pronunciato la sentenza di condanna. L'ammissione vale per tutto il giudizio di revisione.
Art. 557.
(Istanza per revisione)
L'istanza per revisione può essere proposta personalmente, o per mezzo di un avvocato iscritto nell'albo speciale della corte di cassazione, all'uopo nominato. Essa è presentata, unitamente agli atti e ai documenti che la giustificano, nella cancelleria della corte di cassazione. Può anche presentarsi nella cancelleria del giudice dell'esecuzione, che la trasmette alla cancelleria della corte di cassazione.
Nei casi preveduti dai numeri 1° e 2° dell'articolo 554, all'istanza devono essere unite le copie autentiche delle sentenze ivi indicate.
Nel caso preveduto dal numero 3° dello stesso articolo se i nuovi fatti o i nuovi elementi di prova non risultano da atti già compiuti dall'Autorità giudiziaria, chi chiede la revisione deve fare istanza al giudice dell'esecuzione perchè siano ordinati i relativi accertamenti. Il giudice, qualora non ritenga che la domanda sia destituita di fondamento, procede agli atti occorrenti a spese del condannato, salvo che questi sia ammesso al patrocinio gratuito, osservando le norme sull'istruzione formale, in quanto sono applicabili. All'uopo il tribunale o la corte delega uno dei suoi componenti; il pretore provvede personalmente. Il provvedimento è dato in ogni caso con ordinanza. Degli atti compiuti è rilasciata copia autentica all'interessato, che la unisce all'istanza di revisione.
Nel caso indicato nel numero 4° dell'articolo medesimo all'istanza deve essere unita copia autentica della sentenza irrevocabile di condanna per il reato ivi preveduto. Nondimeno, se il reato è estinto o se per esso l'azione penale non può essere esercitata, chi chiede la revisione può fornire i necessari elementi di prova assunti a norma del capoverso precedente.
Art. 558.
(Procedimento davanti alla corte di cassazione)
Per il procedimento davanti alla corte di cassazione si osservano le regole stabilite nel capo precedente, in quanto sono applicabili. La corte procede in camera di consiglio e delibera con sentenza.
Prima di deliberare la corte può disporre con ordinanza le indagini e gli atti che ritiene utili e può delegarvi uno dei suoi consiglieri. Spettano rispettivamente alla corte e al consigliere in questo caso i poteri del giudice istruttore.
Quando l'istanza di revisione è inammissibile o appare manifestamente infondata, la corte provvede preliminarmente, sentito il pubblico ministero, dichiarando inammissibile o rigettando l'istanza stessa. In tal caso può condannare il privato che propose l'istanza al pagamento di una somma da lire cinquecento a cinquemila a favore della Cassa delle ammende.
Art. 559.
(Libertà provvisoria)
La corte di cassazione può sempre, e anche prima di aver deliberato definitivamente sull'istanza di revisione, concedere all'interessato a domanda o d'ufficio la libertà provvisoria. La corte può egualmente concederla con la sentenza di rinvio a nuovo giudizio o successivamente, con ordinanza. Non la può concedere in alcun caso il giudice di rinvio.
Art. 560.
(Competenza delle sezioni unite)
Quando la domanda di revisione è proposta per il motivo dell'inconciliabilità della sentenza di condanna impugnata con un'altra sentenza di condanna pronunciata da un giudice speciale, la corte di cassazione delibera a sezioni unite.
Art. 561.
(Sentenze della corte di cassazione in materia di revisione)
La corte di cassazione, se ammette la revisione, annulla la sentenza o le sentenze di condanna, ordinando il rinvio a nuovo giudizio, quando il caso lo richiede.
Il rinvio è ordinato ad un altro giudice di primo grado o d'appello, secondo che la sentenza o le sentenze annullate furono pronunciate nell'uno o nell'altro grado. Se furono pronunciate da giudici di grado diverso, la corte rinvia al giudice di grado superiore; se una delle sentenze è stata pronunciata da un giudice speciale, la corte rinvia al giudice di cui riconosce la competenza.
Il giudice di rinvio non può in alcun caso dichiararsi incompetente.
Art. 562.
(Annullamento condizionato)
Quando la corte di cassazione dispone il rinvio per revisione, l'annullamento della sentenza di condanna è sottoposto alla condizione che nel giudizio di rinvio venga accertato che il fatto non sussiste o che il condannato non lo ha commesso ovvero sia dichiarato che manca del tutto la prova che il fatto sussiste o che il condannato lo ha commesso.
Art. 563.
(Incapacità di fungere da testimoni, periti o interpreti)
Le persone condannate per alcuno dei reati indicati nel numero 4° dell'articolo 554 non possono essere assunte come testimoni, periti o interpreti dalla corte di cassazione, dal suo consigliere delegato o dal giudice di rinvio, salvo che abbiano pienamente confessato il reato commesso.
Art. 564.
(Revisione a favore del condannato defunto)
La corte di cassazione nel caso di morte del condannato, anche quando annulla senza rinvio, nomina un curatore il quale esercita i diritti che nel procedimento di revisione sarebbero spettati al condannato.
Se questi muore dopo la sentenza della corte di cassazione, il curatore è nominato dal presidente della corte o del tribunale o dal pretore che deve giudicare. Se l'istanza è proposta in vita del condannato da un suo prossimo congiunto, questi diviene curatore di diritto dopo la morte del condannato.
La corte di cassazione quando annulla senza rinvio, o il giudice di rinvio quando tale giudizio risulta favorevole al condannato estinto, dichiara che costui non era colpevole, e ordina che la sentenza sia annotata nell'atto di morte, se da questo risulti che il decesso avvenne per esecuzione di pena ovvero in carcere o in luogo destinato a misure di sicurezza detentive.
Tale annotazione è fatta, senza ritardo, a cura del pubblico ministero.
Art. 565.
(Procedimento nel giudizio di rinvio per revisione)
Quando la corte di cassazione pronuncia il rinvio a nuovo giudizio, l'interessato che si trova detenuto per l'esecuzione della sentenza di condanna annullata rimane in carcere come imputato soggetto a custodia preventiva, salvo che debba essere scarcerato perchè l'imputazione non consente il mandato di cattura o perchè la pena è interamente espiata od estinta ovvero perchè gli fu concessa la libertà provvisoria a norma dell'articolo 559. L'imputato rimane soggetto alle pene accessorie e alle misure di sicurezza che fossero state provvisoriamente applicate prima della sentenza di condanna annullata, se la corte di cassazione non ne ordina la sospensione.
Il tempo della predetta custodia preventiva è detratto dalla durata della pena detentiva, se la sentenza di condanna viene confermata.
La parte civile che è stata presente nel giudizio chiuso con la sentenza annullata ha diritto d'intervenire nel nuovo giudizio, qualora non sia stata condannata per alcuno dei reati preveduti dal numero 4° dell'articolo 554 o non si trovi in altra condizione di manifesta incompatibilità. Nel detto giudizio è citato il responsabile civile, se è stato condannato con la sentenza annullata.
Quando il giudizio è stato rinviato ad un giudice d'appello, questi provvede in ogni caso alla rinnovazione totale del dibattimento.
Art. 566.
(Sentenza nel giudizio di rinvio per revisione)
Se nel giudizio di rinvio risultano infondati o non sono pienamente provati gli elementi per i quali fu ammessa la revisione, il giudice non può pronunciare assoluzione per effetto di una nuova valutazione delle sole prove assunte nel precedente giudizio, né per altra ragione.
Il giudice di rinvio per revisione può assolvere soltanto quando vi è la prova che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o quando viene del tutto a mancare la prova che il fatto sussiste o che l'imputato lo ha commesso. In ogni altro caso, egli deve confermare la sentenza di condanna.
Nel caso di conferma, se l'esecuzione della prima condanna non è o non deve ritenersi completamente terminata, è ripresa dal momento in cui cessò per effetto del rinvio a nuovo giudizio, salvo quanto è stabilito nel primo capoverso dell'articolo precedente.
Art. 567.
(Provvedimenti circa le spese e gli effetti civili in caso di assoluzione)
La corte di cassazione quando annulla senza rinvio la sentenza di condanna, o il giudice di rinvio quando pronuncia sentenza di assoluzione anche nel caso preveduto dall'articolo 564, provvede altresì alla restituzione delle somme pagate in esecuzione della condanna per le pene pecuniarie, per le spese del procedimento e del mantenimento in carcere, per il risarcimento dei danni e per le misure di sicurezza patrimoniali.
La sentenza della corte di cassazione che annulla senza rinvio è notificata per intero senza ritardo all'interessato, a cura del cancelliere della corte, ed è comunicata al procuratore generale presso la corte medesima il quale dà i provvedimenti necessari per l'esecuzione.
Art. 568.
(Provvedimenti in caso di rigetto dell'istanza di revisione o di giudizio sfavorevole)
La corte di cassazione, se dichiara inammissibile o rigetta l'istanza di revisione, con la stessa sentenza ordina, occorrendo, la carcerazione del condannato. La dichiarazione d'inammissibilità o il rigetto dell'istanza non pregiudica il diritto di presentare una nuova domanda di revisione fondata su elementi diversi.
Il giudice di rinvio, quando non pronuncia assoluzione, emette con la sentenza ordine di carcerazione contro il colpevole non detenuto, se questi deve espiare una pena detentiva o una pena più grave.
Se la corte di cassazione dichiara inammissibile o rigetta l'istanza di revisione, fuori del caso preveduto dal secondo capoverso dell'articolo 558, ovvero se nel giudizio di rinvio non è pronunciata sentenza di assoluzione, il privato che ha domandato la revisione è condannato alle spese del procedimento.
Art. 569.
(Impugnabilità della sentenza del giudice di rinvio per revisione)
La sentenza di assoluzione pronunciata dal giudice di rinvio è soggetta al ricorso per cassazione da parte del pubblico ministero. Se è stata violata la disposizione della prima parte dell'articolo 566, la corte di cassazione decide anche nel merito.
La sentenza del giudice predetto che conferma la sentenza di condanna è inoppugnabile, anche se pronunciata in primo grado; ma non pregiudica il diritto di presentare una nuova domanda di revisione fondata su elementi diversi.
Art. 570.
(Pubblicazione della sentenza di assoluzione)
La sentenza della corte di cassazione che pronuncia l'annullamento senza rinvio, o quella di assoluzione pronunciata nel giudizio di rinvio, a richiesta dell'interessato è stampata ed affissa per estratto a cura del cancelliere nel Comune in cui la sentenza di condanna era stata pronunciata e in quello dell'ultima residenza del prosciolto. L'ufficiale giudiziario deposita in cancelleria il certificato delle eseguite affissioni.
Su richiesta dell'interessato, il giudice competente per l'esecuzione dispone con ordinanza che l'estratto della sentenza sia inserito a cura del cancelliere in un giornale designato con l'ordinanza medesima.
Le spese della pubblicazione in ogni caso sono a carico della Cassa delle ammende.
Art. 571.
(Facoltà di chiedere una riparazione pecuniaria)
Chi è stato assolto per effetto della sentenza della corte di cassazione o del giudice di rinvio, se in conseguenza della sentenza annullata ha espiato una pena detentiva per tre mesi almeno o è stato sottoposto a misura di sicurezza detentiva per non minore durata o ha risarcito il danno senza che gli rimanga la possibilità di una efficace ripetizione, può domandare una riparazione pecuniaria a titolo di soccorso, qualora sia riconosciuto che per le sue condizioni economiche ne abbia bisogno per sé o per la famiglia.
La domanda non è ammessa: 1° se è proposta dopo un anno dalla pronuncia della sentenza di annullamento senza rinvio o di assoluzione; 2° se il ricorrente ha riportato un'altra condanna per delitto, in tempo anteriore o posteriore alla pronuncia della sentenza di condanna annullata; 3° se il ricorrente per dolo o colpa grave ha dato o è concorso a dare causa all'errore del giudice.
Art. 572.
(Riparazione pecuniaria in caso di morte del prosciolto)
Nei casi preveduti dall'articolo 564, le persone che secondo le leggi civili avrebbero avuto diritto agli alimenti possono, anche per mezzo del curatore speciale, proporre nel termine indicato nel numero 1° dell'articolo precedente l'istanza per la riparazione pecuniaria o giovarsi di quella già proposta.
A queste persone non può mai essere assegnata a titolo di riparazione pecuniaria una somma complessiva maggiore di quella che, tenuto conto delle condizioni economiche e famigliari del prosciolto, avrebbe potuto essere a costui liquidata.
Art. 573.
(Domanda di riparazione pecuniaria)
La domanda di riparazione pecuniaria è presentata per iscritto nella cancelleria del giudice competente a decidere sopra di essa o in quella della corte d'appello, del tribunale o del pretore del luogo in cui l'interessato si trova, nel quale caso è trasmessa senza ritardo al giudice competente.
Alla domanda devono essere uniti a pena d'inammissibilità documenti idonei a comprovare le disagiate condizioni economiche dell'interessato, il suo stato di famiglia e, nel caso preveduto dall'articolo precedente, le condizioni ivi indicate.
Art. 574.
(Decisione sulla domanda di riparazione)
Quando la sentenza di condanna è stata annullata senza rinvio, sulla domanda di riparazione pronuncia la sezione della corte di cassazione che dichiarò l'annullamento ovvero, se questo è stato dichiarato dalle sezioni unite, la sezione penale designata dal primo presidente.
Quando l'assoluzione è stata dichiarata nel giudizio di rinvio, la competenza a pronunciare sulla predetta domanda spetta al giudice che pronunciò la sentenza di assoluzione.
In ogni caso si provvede in camera di consiglio, previe conclusioni scritte del pubblico ministero. La parte interessata può presentare memorie e documenti in aggiunta a quelli allegati alla domanda. La decisione è pronunciata con sentenza la quale, fuori del caso preveduto dalla prima parte di questo articolo, è soggetta al ricorso per cassazione da parte del pubblico ministero e dell'interessato, anche per il merito. La domanda dichiarata inammissibile o rigettata per mancanza o insufficienza di elementi atti a giustificarla può essere riproposta, non oltre il termine stabilito nel numero 1° dell'articolo 571, qualora l'interessato presenti gli elementi necessari.
Libro quarto
Dell'esecuzione
Titolo primo
Disposizioni generali.
Art. 575.
(Esecutorietà territoriale dei provvedimenti giudiziari)
I provvedimenti dell'Autorità giudiziaria in materia penale hanno forza esecutiva in tutto il territorio dello Stato.
Art. 576.
(Esecuzione delle sentenze)
Alle sentenze è data esecuzione quando sono divenute irrevocabili o quando la legge ne consente l'esecuzione provvisoria.
Sono irrevocabili le sentenze contro le quali non è ammessa impugnazione diversa dalla revisione. Se l'impugnazione è ammessa, la sentenza diviene irrevocabile dal giorno in cui sono scaduti i termini per proporla senza che sia stata proposta. Se vi è ricorso per cassazione, la sentenza diviene irrevocabile dal giorno in cui è divenuta irrevocabile l'ordinanza preveduta dall'articolo 207 e negli altri casi dal giorno in cui è pronunciata l'ordinanza o la sentenza che dichiara inammissibile o rigetta il ricorso.
Le sentenze di proscioglimento sono eseguite appena pronunciate.
Le sentenze di condanna si eseguono entro cinque giorni da quello in cui l'Autorità incaricata dell'esecuzione ha ricevuto notizia dell'irrevocabilità.
I cancellieri delle corti, dei tribunali e dei pretori trasmettono ogni quindici giorni all'Autorità locale di pubblica sicurezza l'estratto delle sentenze divenute irrevocabili portanti condanna a pena detentiva.
Art. 577.
(Funzioni esecutive del pubblico ministero e del pretore)
Il pubblico ministero presso la corte o il tribunale, che ha emesso il provvedimento, provvede d'ufficio all'esecuzione.
Il pretore fa eseguire i suoi provvedimenti.
Il pubblico ministero o il pretore quando occorre può richiedere per l'esecuzione rispettivamente un altro ufficio del pubblico ministero o un altro pretore.
Art. 578.
(Declaratoria d'estinzione del reato o della pena)
Qualora si sia verificata l'estinzione del reato o della pena, il giudice che ha pronunciato la condanna emette anche d'ufficio in camera di consiglio la relativa dichiarazione. Nell'ordinanza è enunciata la causa dell'estinzione, è revocato l'ordine di carcerazione, è disposta la liberazione del condannato che sia stato arrestato e sono dati i provvedimenti occorrenti rispetto alle misure di sicurezza.
L'ordinanza è soggetta al ricorso per cassazione da parte del pubblico ministero.
Se non si è provveduto nel modo sopra indicato o se è stata respinta un'istanza del condannato, questi o il pubblico ministero può promuovere incidente di esecuzione a' termini degli articoli 628 e seguenti.
Art. 579.
(Pluralità di condanne per il medesimo fatto contro la stessa persona)
Se più sentenze di condanna divenute irrevocabili sono state pronunciate contro la stessa persona per il medesimo fatto, il procuratore generale o il procuratore del Re della circoscrizione a cui appartiene uno dei giudici che pronunciarono le sentenze predette, promuove anche d'ufficio in qualsiasi tempo, con ricorso alla corte di cassazione, la decisione circa la sentenza che deve essere eseguita. Tale ricorso non è notificato all'interessato. La corte in camera di consiglio dichiara con ordinanza doversi eseguire la sentenza con cui si pronunciò la condanna meno grave e annulla le altre.
Qualora le decisioni importino pene di specie diversa, si procede al ragguaglio: se si tratta di pene pecuniarie e di pene detentive, si applica l'articolo 135 del codice penale; se si tratta di reclusione e d'arresto, un giorno di reclusione si computa per due giorni di arresto.
Le stesse disposizioni si applicano se si tratta di più decreti di condanna divenuti esecutivi ovvero di sentenze e di decreti.
Se il provvedimento annullato era stato in tutto o in parte eseguito, l'esecuzione si considera come conseguente al provvedimento rimasto in vigore.
Titolo secondo.
Dell'esecuzione penale.
Capo I.
Dell'esecuzione delle varie specie di pene.
Art. 580.
(Esecuzione della condanna alla pena di morte)
Quando deve eseguirsi una sentenza di condanna alla pena di morte, il pubblico ministero comunica di urgenza la sentenza, appena è divenuta irrevocabile, al Ministro della giustizia.
Il pubblico ministero, appena pervenute le disposizioni del Ministro della giustizia, stabilisce, quando ne è il caso, il giorno e l'ora dell'esecuzione nel luogo designato e ne dà partecipazione alla direzione dello stabilimento per i provvedimenti necessari.
All'esecuzione intervengono un rappresentante del pubblico ministero, assistito dal segretario, un medico designato dal pubblico ministero e un ministro del culto professato dal condannato, se questi lo richiede. Il segretario compila il processo verbale, nel quale è fatta menzione anche dell'ora dell'esecuzione ed è inserita la dichiarazione della morte del condannato accertata dal medico.
Dell'avvenuta esecuzione si fa certificazione in fine dell'originale della sentenza di condanna, a cura del cancelliere del giudice che l'ha pronunciata.
Se il condannato alla pena di morte non è detenuto, il pubblico ministero trasmette all'Autorità di pubblica sicurezza l'ordine di carcerazione del condannato, a norma dell'articolo seguente.
Art. 581.
(Esecuzione di pene detentive)
Il pubblico ministero o il pretore, competente per l'esecuzione di una sentenza di condanna a pena detentiva, trasmette all'Autorità di pubblica sicurezza l'ordine di carcerazione del condannato, se questi non è già detenuto. Tale ordine contiene le generalità del condannato o quant'altro valga a identificarlo e l'indicazione della sentenza di condanna e della pena. Per l'esecuzione dell'ordine si osservano le disposizioni dell'articolo 267.
Se non si ha sospetto di fuga e la durata della pena non è superiore a sei mesi, prima di emettere l'ordine di carcerazione il pubblico ministero o il pretore può far notificare al condannato l'ingiunzione di costituirsi in carcere entro cinque giorni.
Se il condannato è detenuto, il pubblico ministero o il pretore ne informa il Ministero della giustizia affinchè sia provveduto all'esecuzione della pena.
Se il condannato non detenuto si trova fuori della circoscrizione in cui il pubblico ministero o il pretore esercita il proprio ufficio, l'ordine di carcerazione è trasmesso per l'esecuzione al procuratore del Re o al pretore del luogo in cui il condannato si trova. L'ordine può anche essere trasmesso direttamente all'Autorità di pubblica sicurezza del luogo medesimo.
Art. 582.
(Esecuzione di pene concorrenti)
Quando contro la stessa persona sono state pronunciate due o più sentenze o decreti di condanna per reati diversi, il pubblico ministero o il pretore determina se occorre quale pena debba essere eseguita, in osservanza delle norme sul concorso di pene. Se le condanne vennero inflitte da giudici diversi, provvede il pubblico ministero presso il giudice che pronunciò l'ultima condanna o il procuratore del Re del circondario in cui risiede il pretore che pronunciò l'ultima condanna.
Il provvedimento è notificato al condannato, a pena di nullità.
Quando l'interessato dichiara di opporsi al provvedimento dato dal pubblico ministero o dal pretore, si osservano le norme concernenti gli incidenti di esecuzione stabilite negli articoli 628 e seguenti. Se l'incidente promosso dal condannato appare manifestamente infondato, il giudice con l'ordinanza che lo rigetta può infliggere al condannato stesso una punizione a norma del regolamento generale carcerario, dandone partecipazione alla direzione dello stabilimento per l'esecuzione; e, se l'opponente non è detenuto, può condannarlo al pagamento di una somma da lire cento a cinquecento a favore della Cassa delle ammende.
Quando più sentenze o decreti di condanna sono stati pronunciati da giudici ordinari e da giudici speciali la competenza per i provvedimenti indicati nelle disposizioni precedenti e per i relativi incidenti di esecuzione spetta all'Autorità giudiziaria ordinaria.
Art. 583.
(Identificazione delle persone arrestate per esecuzione di pena)
Se viene arrestata una persona per esecuzione di pena o perchè sia evasa mentre scontava una condanna, e sorge dubbio sull'identità della medesima, il procuratore del Re o il pretore del luogo dell'arresto la interroga e compie ogni altra indagine utile per l'identificazione. Quando riconosce che l'arrestato non è il condannato, ne ordina immediatamente la liberazione: se l'identità personale è dubbia, ne rimette l'accertamento al giudice competente per gli incidenti di esecuzione.
Se, nonostante gli atti compiuti, l'identità personale rimane incerta, il giudice con l'ordinanza che decide sull'incidente dichiara non raggiunta l'identificazione allo stato degli atti, e si osservano le disposizioni dell'articolo 84, in quanto sono applicabili.
La competenza per decidere sull'incidente spetta al predetto giudice anche quando la persona menzionata nella prima parte di questo articolo debba ancora essere giudicata per altri reati, nel quale caso l'ordinanza è comunicata all'Autorità procedente, che emette i provvedimenti sospensivi preveduti dall'articolo 84.
Art. 584.
(Persona condannata per errore di nome)
Se una persona è stata condannata in luogo di un'altra per errore di nome incorso negli atti del procedimento, si provvede alla correzione nella forma indicata nell'articolo 149, soltanto se la persona contro cui si doveva procedere è stata citata anche sotto altro nome nel procedimento stesso; altrimenti si provvede a' termini del numero 3° dell'articolo 554. In ogni caso l'esecuzione contro la persona erroneamente condannata è senz'altro sospesa.
Art. 585.
(Competenza del giudice di sorveglianza)
Le funzioni indicate nell'articolo 144 del codice penale sono esercitate, presso ciascun tribunale e negli altri luoghi designati con decreto del Ministro della giustizia, dal giudice di sorveglianza.
Tali funzioni appartengono al giudice del luogo in cui il condannato si trova a espiare la pena, dovunque sia stata pronunciata la sentenza di condanna.
Esse sono esercitate in confronto di tutti i condannati a qualsiasi pena detentiva, purchè tale pena venga scontata in stabilimenti dipendenti dal Ministero della giustizia.
Il pretore esercita le predette funzioni rispetto alle pene detentive che si scontano nel carcere mandamentale.
Il giudice o il pretore, sentito il direttore dello stabilimento, delibera mediante ordini di servizio i provvedimenti occorrenti e li comunica all'Autorità che deve eseguirli e al pubblico ministero.
Tali ordini di servizio non sono soggetti a reclamo, salvo che la legge disponga diversamente.
Art. 586.
(Esecuzione di pene pecuniarie)
Le condanne a pene pecuniarie sono eseguite nei modi stabiliti dalle leggi e dai regolamenti.
Per le garanzie di esecuzione si osservano gli articoli 616, 617 e 618.
Se si tratta di pena pecuniaria applicata con decreto di condanna emesso dal pretore, assieme al decreto è notificato il precetto con cui si ingiunge di pagare la multa o l'ammenda inflitta e le spese del procedimento entro i cinque giorni successivi alla scadenza del termine per proporre opposizione, qualora questa non venga proposta.
Quando sono accertate la mancanza di pagamento della pena pecuniaria e l'insolvibilità del condannato e, se ne è il caso, della persona civilmente obbligata per l'ammenda, il pubblico ministero o il pretore provvede alla conversione della pena pecuniaria in pena detentiva, a norma del codice penale. A tale effetto trasmette all'Autorità di pubblica sicurezza l'ordine di carcerazione del condannato e può fare eseguire, quando lo ritiene opportuno, la notificazione indicata nel primo capoverso dell'articolo 581. Se l'interessato dichiara di opporsi al provvedimento dato dal pubblico ministero o dal pretore, si applica il secondo capoverso dell'articolo 582 senza effetto sospensivo.
Art. 587.
(Esecuzione delle pene accessorie)
Nei casi preveduti dall'articolo 32 del codice penale, il pubblico ministero promuove, appena la sentenza di condanna è divenuta irrevocabile, i provvedimenti necessari per la costituzione della tutela.
A tal uopo trasmette per estratto la sentenza di condanna al pretore competente e accerta che siano dati i provvedimenti relativi.
Quando si deve eseguire un provvedimento che importa la perdita della patria potestà o dell'autorità maritale o che ne ordina anche provvisoriamente la sospensione, il pretore, in seguito alla predetta comunicazione, dà i provvedimenti necessari a norma delle leggi civili.
Quando da una sentenza di condanna o da un altro provvedimento derivano pene accessorie, diverse da quelle prevedute dalle disposizioni precedenti, il pubblico ministero o il pretore ne cura l'esecuzione, comunicando il dispositivo della sentenza di condanna, con l'indicazione delle pene accessorie da eseguirsi, all'Autorità di pubblica sicurezza e occorrendo alle altre Autorità interessate.
Le stesse disposizioni si osservano per l'esecuzione di pene accessorie provvisoriamente applicate.
Il procuratore del Re provvede per l'annotazione nella scheda del casellario giudiziale delle pene accessorie che a norma del codice penale conseguono a una condanna e di quelle applicate provvisoriamente.
Art. 588.
(Provvedimenti nel caso di estinzione delle pene accessorie)
Nel caso di estinzione delle pene accessorie per riabilitazione o per un'altra causa, il procuratore del Re provvede per l'annotazione nella scheda del casellario giudiziale dell'avvenuta estinzione con la menzione della causa che l'ha determinata. Dell'eseguita annotazione il procuratore del Re dà notizia al pretore ed all'Autorità amministrativa per i provvedimenti di loro rispettiva competenza.
Contro i provvedimenti riguardanti l'esecuzione delle pene accessorie il condannato può proporre incidente di esecuzione. Sono applicabili, quando ne ricorrono le condizioni, le sanzioni indicate nel secondo capoverso dell'articolo 582.
Art. 589.
(Differimento dell'esecuzione della pena)
Nei casi preveduti dai numeri 1° e 2° dell'articolo 146 del codice penale il pubblico ministero o il pretore competente per l'esecuzione dà i provvedimenti necessari perchè questa sia differita.
Nel caso preveduto dal numero 3° dello stesso articolo, non può essere ordinata l'esecuzione della pena di morte prima che sia stato provveduto sulla domanda di grazia.
La facoltà stabilita nell'articolo 147 del codice penale è esercitata dal pubblico ministero o dal pretore competente per l'esecuzione, fuori del caso preveduto dal numero 1° dello stesso articolo, nel quale spetta di provvedere esclusivamente al Ministro della giustizia.
Se è già stato eseguito l'ordine di carcerazione del condannato a pena detentiva prima non detenuto, il pubblico ministero o il pretore, appena accertata la esistenza delle condizioni prevedute dai numeri 1° e 2° dell'articolo 146 del codice penale, provvede per la liberazione. Se è già stata disposta l'esecuzione della pena di morte e viene presentata domanda di grazia, il pubblico ministero sospende l'esecuzione finchè non si è provveduto sulla domanda medesima.
Nei casi preveduti dall'articolo 147 del codice penale, quando l'ordine di carcerazione del condannato a pena detentiva è già stato eseguito, la liberazione può essere ordinata esclusivamente dal Ministro della giustizia.
Quando il differimento fu determinato dalla presentazione della domanda di grazia, il pubblico ministero o il pretore provvede per l'esecuzione della pena inflitta con la sentenza di condanna o di quella commutata per grazia, appena gli è pervenuta notizia del rigetto della domanda di grazia, o gli è comunicato il decreto Reale di grazia.
Negli altri casi l'ordine di differimento o di sospensione è revocato e la pena è immediatamente eseguita, se consta che sono cessate le cause che determinarono il differimento o la sospensione.
Art. 590.
(Revoca della sospensione condizionale della pena e di altri benefici)
La revoca della sospensione condizionale della pena preveduta dall'articolo 168 del codice penale è dichiarata con le forme stabilite per gli incidenti di esecuzione dal giudice che ha pronunciato la sentenza di condanna, se non vi fu in seguito altra condanna, e in caso contrario da quello che ha pronunciato l'ultima sentenza di condanna, se con questa non abbia già provveduto.
Nello stesso modo si provvede: 1° alla revoca dell'ordine di non menzionare la condanna nei certificati del casellario, a norma del primo capoverso dell'articolo 175 del codice penale, quando non ha provveduto la sentenza di condanna pronunciata per il delitto che determina la revoca medesima; 2° alla revoca della liberazione condizionale nei casi preveduti dall'articolo 177 dello stesso codice.
Capo II.
Dell'applicazione dell'amnistia, dell'indulto e della grazia.
Art. 591.
(Applicazione dell'ammistia o dell'indulto agli imputati)
Il decreto Reale di amnistia è applicato agli imputati, durante l'istruzione, dal giudice competente a pronunciare la sentenza di proscioglimento. Dopo la sentenza di rinvio o dopo la richiesta o il decreto di citazione a giudizio e prima del dibattimento, il decreto è applicato dal giudice competente per il giudizio. Nel corso del dibattimento è applicato, appena ne risultano i requisiti. Se è stata proposta impugnazione, il decreto può essere applicato anche prima della discussione dal giudice competente a decidere sull'impugnazione.
L'applicazione del decreto Reale d'indulto agli imputati è fatta anche d'ufficio dal giudice che procede al giudizio in qualsiasi grado con la sentenza di condanna.
La corte di cassazione non rinvia il giudizio al giudice del merito per la sola applicazione dell'amnistia o dell'indulto, ma provvede con la sua sentenza, fuori del caso in cui il decreto non possa essere applicato senza previa valutazione di elementi di fatto che non sono già stati accertati nel procedimento.
Art. 592.
(Pregiudizialità dell'amnistia ed eccezioni alla regola)
L'amnistia toglie al giudice il potere di esaminare e di decidere ogni altra questione relativa all'azione penale, quando questo esame non è assolutamente necessario per l'applicazione del beneficio, salvo quanto è disposto nel capoverso dell'articolo 152.
Art. 593.
(Applicazione dell'amnistia o dell'indulto ai condannati)
Per i condannati l'applicazione del decreto Reale di amnistia o d'indulto è promossa dal pubblico ministero con la richiesta della relativa declaratoria. Il pretore provvede d'ufficio. La liberazione del condannato detenuto può essere disposta provvisoriamente dal pubblico ministero o dal pretore, anche prima che essa sia definitivamente ordinata con il provvedimento che applica l'amnistia o l'indulto.
L'applicazione dell'amnistia o dell'indulto ha luogo con declaratoria del giudice che pronunciò la sentenza di condanna.
Se non è stato provveduto in alcuno dei modi sopra indicati, chi ritiene di avere diritto all'applicazione del beneficio ne può proporre istanza al giudice competente per la declaratoria.
L'amnistia deve essere applicata, qualora il provvedimento venga richiesto dall'interessato, anche se è terminata l'esecuzione della pena.
Art. 594.
(Forme della declaratoria d'amnistia o d'indulto; impugnazione)
La declaratoria del giudice che applica il decreto Reale d'amnistia o d'indulto è emessa, con ordinanza, in camera di consiglio, tutte le volte che non si sia già provveduto con la sentenza.
Il giudice provvede altresì, quando occorre, a' termini dell'articolo 210 del codice penale.
Le ordinanze sono soggette soltanto al ricorso per cassazione da parte del pubblico ministero e dell'imputato o condannato.
Art. 595.
(Procedimenti relativi alla grazia)
La domanda di grazia è diretta al Re ed è presentata al Ministro della giustizia; essa deve essere sottoscritta dal condannato, da un suo prossimo congiunto o dalla persona che esercita sul condannato la tutela o la cura, ovvero da un avvocato o da un procuratore. Può essere presentata al procuratore generale presso la corte d'appello del distretto nel quale ha sede il pubblico ministero o il pretore competente per l'esecuzione della condanna, o alla direzione del carcere che la trasmette con le sue osservazioni al predetto procuratore generale. Questi, raccolte le opportune informazioni ed osservazioni, trasmette la domanda e ogni altro elemento che ad essa si riferisce al Ministro della giustizia.
Il pubblico ministero presso la corte o il tribunale che ha pronunciato la condanna, e rispettivamente il pretore per le condanne da lui pronunciate, cura l'esecuzione del decreto Reale di grazia, ordinando quando ne è il caso la liberazione del condannato se questi è detenuto, e provvedendo affinché senza ritardo sia fatta annotazione del decreto medesimo in margine o in fine all'originale della sentenza o del decreto di condanna.
Nei casi preveduti dall'ultimo capoverso dell'articolo 210 del codice penale, il pubblico ministero promuove i relativi provvedimenti per l'applicazione della misura di sicurezza.
Art. 596.
(Amnistia, indulto e grazia condizionati)
L'amnistia condizionata ha per effetto di sospendere i procedimenti in corso o l'esecuzione della sentenza penale di condanna fino alla scadenza del termine stabilito nel decreto Reale o, se non fu stabilito termine, fino alla scadenza del sesto mese dal giorno della pubblicazione del decreto. Durante la sospensione del procedimento il giudice può compiere gli atti urgenti per la conservazione delle prove.
L'amnistia e l'indulto condizionati si applicano definitivamente se alla scadenza del termine è dimostrato l'adempimento delle condizioni o degli obblighi ai quali la concessione del beneficio è subordinata.
Le disposizioni relative all'indulto si osservano dal pubblico ministero, in quanto sono applicabili, anche per l'esecuzione dei decreti Reali di grazia condizionata.
Se il beneficio già applicato deve essere revocato qualora il condannato non adempia a determinate condizioni, il giudice dell'esecuzione, o il pubblico ministero quando si tratta della grazia, esamina se si sono verificate le condizioni stabilite nel decreto, nel qual caso dichiara definitivamente applicato il beneficio; altrimenti ne ordina la revoca.
I provvedimenti di revoca sono dati con le forme indicate nell'articolo 590, mediante ordinanza soggetta al ricorso per cassazione anche per il motivo dell'erronea applicazione del decreto.
Quando l'inadempimento si accerta durante il giudizio per un nuovo reato, la revoca del beneficio può essere disposta con la sentenza del giudice che procede a tale giudizio.
Capo III.
Della riabilitazione.
Art. 597.
(Istanza e competenza)
La riabilitazione è chiesta alla corte d'appello del distretto in cui fu pronunciata la condanna o l'ultima condanna.
La competenza a decidere sulla domanda di riabilitazione spetta all'Autorità giudiziaria ordinaria anche se si tratta di condanne pronunciate da giudici speciali, quando la legge non dispone altrimenti.
Se la sentenza di condanna è stata pronunciata da un giudice straniero, la domanda di riabilitazione è diretta alla corte d'appello che ha dato riconoscimento alla sentenza stessa.
Alla domanda è allegata copia autentica della sentenza o delle sentenze di condanna e sono uniti i documenti da cui risulta che sono trascorsi i termini stabiliti nel codice penale per poter proporre l'istanza e che il condannato non si trova nelle condizioni, le quali, a norma dell'articolo 179 del codice penale, impediscono di concedere la riabilitazione.
Art. 598.
(Istruzione e decisione)
La corte d'appello può assumere anche per mezzo dell'Autorità di pubblica sicurezza le informazioni che reputa opportune, e delibera in camera di consiglio sulle requisitorie scritte del procuratore generale. Il condannato può presentare memorie sottoscritte da lui ovvero da un avvocato o procuratore all'uopo nominato.
La corte decide con sentenza soggetta al ricorso per cassazione.
Art. 599.
(Effetti della decisione)
Se la riabilitazione è conceduta, ne è fatta annotazione nella sentenza o nelle sentenze di condanna. L'annotazione può essere domandata anche dall'interessato.
Se la riabilitazione è negata, l'istanza non può essere rinnovata che dopo trascorso, dal giorno in cui la sentenza è divenuta irrevocabile, un nuovo termine eguale a quello stabilito per la presentazione della prima istanza.
Se tuttavia la riabilitazione è negata per difetto o irregolarità di qualche documento, la nuova istanza può essere proposta in ogni tempo.
Art. 600.
(Revoca della sentenza di riabilitazione)
La revoca della sentenza di riabilitazione, nel caso preveduto dall'articolo 180 del codice penale, è dichiarata quando è possibile con la sentenza di condanna pronunciata dal giudice per il delitto in seguito al quale ha luogo la revoca stessa.
Quando non si sia in tal modo provveduto, la revoca è dichiarata, con le forme stabilite per gli incidenti di esecuzione, dal giudice che ha pronunciato l'ultima sentenza di condanna.
Art. 601.
(Estinzione d'incapacità derivanti da sentenze di proscioglimento)
L'estinzione delle incapacità giuridiche perpetue derivanti da sentenza di proscioglimento per insufficienza di prove, prevedute da qualsiasi legge che non dispone diversamente, può essere dichiarata dopo cinque anni dal giorno in cui la sentenza divenne irrevocabile, qualora il prosciolto abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta.
L'estinzione è dichiarata dal giudice ad istanza dell'interessato con le forme degli incidenti di esecuzione.
Se l'istanza è respinta a cagione della condotta dell'interessato, non può essere riproposta prima che sia decorso un altro quinquennio.
Art. 602.
(Divieto di determinate menzioni nelle copie, estratti o certificati degli atti dello stato civile)
Nelle copie, negli estratti e nei certificati degli atti dello stato civile non si fa menzione della circostanza risultante dai registri dello stato civile che la causa del decesso di una persona fu l'esecuzione della pena di morte, o che la persona è morta in carcere o in uno stabilimento per misura di sicurezza detentiva, ovvero che una persona è nata in uno di quei luoghi da donna imputata, condannata o sottoposta a misura di sicurezza detentiva, o che una persona è nata durante lo stato di detenzione del padre in uno dei detti luoghi.
Questa disposizione si osserva altresì tutte le volte che un atto dello stato civile contiene la menzione di essere stato compiuto in carcere o in uno stabilimento per misura di sicurezza detentiva, se tale menzione non è necessaria per la natura o per gli effetti dell'atto.
Se sorge controversia, l'interessato può proporre incidente di esecuzione a' termini degli articoli 628 e seguenti.
Capo IV.
Del casellario giudiziale.
Art. 603.
(Uffici del casellario e loro competenza territoriale)
Presso ciascun tribunale, sotto la direzione e la vigilanza immediata del procuratore del Re, un ufficio del casellario raccoglie e conserva l'estratto dei provvedimenti indicati nell'articolo seguente, concernenti le persone nate nel circondario.
Gli estratti dei provvedimenti concernenti stranieri o apolidi nati all'estero, anche se hanno successivamente ottenuto la cittadinanza italiana, o concernenti cittadini nati all'estero o cittadini dei quali non siasi potuto accertare il luogo di nascita nel territorio dello Stato, si conservano nell'ufficio del casellario presso il tribunale di Roma.
Art. 604.
(Provvedimenti da iscriversi nel casellario)
Nel casellario giudiziale si iscrivono per estratto, oltre le annotazioni prescritte da particolari disposizioni di legge: 1° nella materia penale, regolata dal codice penale o da leggi speciali: a) le sentenze di condanna, appena sono divenute irrevocabili, e i decreti di condanna appena sono divenuti esecutivi; le ordinanze emesse dal giudice di esecuzione e i provvedimenti del pubblico ministero che riguardano la pena o gli effetti penali della condanna; b) le sentenze di proscioglimento pronunciate nell'istruzione o nel giudizio, appena sono divenute irrevocabili; le sentenze che dichiarano non colpevole il condannato pronunciate dalla corte di cassazione o dal giudice di rinvio nel giudizio di revisione; c) i provvedimenti con i quali il condannato è stato dichiarato delinquente o contravventore abituale o professionale; i decreti relativi all'applicazione, alla sostituzione e alla revoca di misure di sicurezza; 2° nella materia civile: le sentenze che hanno acquistato autorità di cosa giudicata le quali pronunciano l'interdizione o l'inabilitazione e i provvedimenti che le revocano; i provvedimenti con i quali il giudice ha ordinato il ricovero della persona in un manicomio o in un riformatorio e la revoca di tali provvedimenti; 3° nella materia commerciale: le sentenze e i provvedimenti con i quali il commerciante è dichiarato o considerato fallito, quelli d'omologazione del concordato e quelli che revocano il fallimento o dichiarano la riabilitazione del fallito; 4° i provvedimenti amministrativi relativi alla perdita o alla revoca della cittadinanza e all'espulsione dello straniero.
I provvedimenti menzionati nei numeri 1°, 2° e 3° sono iscritti nel casellario qualunque sia l'Autorità giudiziaria italiana, ordinaria o speciale, che li ha emessi. Quando ne è data comunicazione ufficiale, sono pure iscritte le sentenze pronunciate da Autorità giudiziarie straniere per fatti preveduti come reati anche dalla legge italiana contro cittadini italiani, contro coloro che hanno perduto la cittadinanza italiana, o contro stranieri o apolidi residenti nel territorio dello Stato, ed è fatta menzione se sono state riconosciute nel Regno.
Nel casellario si iscrive altresì, se si tratta di condanna penale, la menzione del luogo e del tempo in cui la pena fu scontata, ovvero la menzione che non fu in tutto o in parte scontata per amnistia, indulto, grazia, liberazione condizionale o per un'altra causa; devono inoltre esservi iscritti i provvedimenti che dichiarano o revocano la riabilitazione.
Art. 605.
(Eliminazione delle iscrizioni del casellario)
Le iscrizioni del casellario sono eliminate quando dalla nascita della persona alla quale si riferiscono sono trascorsi novant'anni, ovvero appena si ha notizia ufficiale dell'accertata morte della persona alla quale le iscrizioni si riferiscono.
Art. 606.
(Certificati penali rilasciati ad Autorità o ad aziende pubbliche)
Ogni Autorità che abbia giurisdizione penale ha diritto di ottenere per ragione di giustizia penale il certificato di tutte le iscrizioni esistenti al nome di una determinata persona.
Eguale diritto, fatta eccezione per le sentenze di proscioglimento perchè il fatto non sussiste o perchè l'imputato non lo ha commesso, appartiene a tutte le Amministrazioni pubbliche e alle aziende incaricate di pubblici servizi, quando il certificato penale è necessario per provvedere ad un atto delle loro funzioni in relazione alla persona a cui il certificato stesso si riferisce.
Art. 607.
(Certificati penali rilasciati a privati)
La persona alla quale le iscrizioni del casellario si riferiscono ha diritto d'ottenere il relativo certificato senza motivare la domanda.
Il certificato concernente un'altra persona può essere chiesto da un privato solamente per produrlo in giudizio, ovvero per ragioni di elettorato o di assunzione a impieghi, servizi o lavori: nella domanda deve essere specificato lo scopo e dimostrato il legittimo interesse del richiedente.
Art. 608.
(Iscrizioni non menzionabili nei certificati penali richiesti dai privati)
Nei certificati spediti a richiesta dei privati, salvo quanto è disposto nell'articolo seguente, non si fa menzione: 1° delle decisioni di proscioglimento che non importano misure di sicurezza detentive o la libertà vigilata, e delle condanne annullate senza rinvio o seguite da assoluzione per effetto del giudizio di revisione; 2° della condanna della quale è stato ordinato che non si faccia menzione nel certificato, nei casi indicati nell'articolo 175 del codice penale, purché il beneficio non sia stato revocato; 3° di una prima condanna a pena pecuniaria, ovvero a pena detentiva sola o congiunta ad un'altra pena, non superiore a sei mesi di reclusione o a un anno di arresto, inflitta a persona che nel momento in cui ha commesso il reato non aveva compiuto i diciotto anni, se non risulta a carico di essa alcun'altra condanna posteriore a pena detentiva; 4° della condanna per reato che, per essersi verificate le condizioni menzionate nella prima parte dell'articolo 167 del codice penale, è rimasto estinto; 5° delle condanne per reati per i quali si è verificata la causa speciale di estinzione preveduta dagli articoli 544, 556, 563, 573 e 574 del codice penale; 6° delle condanne in relazione alle quali è stata definitivamente applicata l'amnistia, e di quelle per le quali è stata dichiarata, senza essere stata in seguito revocata, la riabilitazione; 7° delle condanne per fatti che la legge ha cessato di considerare come reati; 8° dei provvedimenti riguardanti misure di sicurezza conseguenti a sentenze di proscioglimento quando sono stati revocati; 9° dei provvedimenti indicati nei numeri 2°, 3° e 4° dell'articolo 604; 10° delle sentenze straniere che non hanno conseguito il riconoscimento nello Stato.
Art. 609.
(Certificati penali spediti per ragione elettorale)
Nei certificati spediti per ragione di elettorato non si fa menzione delle condanne e degli altri provvedimenti che non hanno influenza sul diritto elettorale.
Art. 610.
(Controversie concernenti le iscrizioni e i certificati del casellario)
Quando sorge controversia intorno all'esecuzione di ciò che è disposto negli articoli precedenti, o se sono chieste rettificazioni d'iscrizioni o di certificati del casellario giudiziale, provvede ad istanza dell'interessato il procuratore del Re. L'interessato, se intende opporsi al provvedimento, ha facoltà di proporre incidente di esecuzione.
Titolo terzo.
Dell'esecuzione civile in materia penale.
Capo I.
Delle spese.
Art. 611.
(Anticipazione delle spese)
Le spese dei procedimenti penali sono anticipate dallo Stato, ad eccezione di quelle relative agli atti da farsi ad istanza delle parti private non ammesse al patrocinio gratuito.
Art. 612.
(Spese di esecuzione delle condanne e di mantenimento in carcere)
Le spese relative all'esecuzione della pena di morte sono a carico dello Stato. Se la pena di morte è stata commutata in pena detentiva, si applicano le disposizioni concernenti le spese per l'esecuzione delle pene detentive.
Le spese relative all'esecuzione delle condanne a pene detentive sono a carico dello Stato senza diritto a ricupero, salvo quanto è stabilito nell'articolo 188 del codice penale.
Le spese di mantenimento nelle carceri giudiziarie e negli stabilimenti di pena si riscuotono a' termini dell'articolo 145 del codice penale.
Se sorge controversia sull'attribuzione o sulla liquidazione di tali spese, la competenza a decidere spetta al giudice dell'esecuzione che provvede con le forme stabilite dagli articoli 628 e seguenti.
Art. 613.
(Ricupero delle spese processuali anticipate dallo Stato)
Al ricupero delle spese processuali anticipate dallo Stato si procede, in esecuzione del provvedimento del giudice che dichiara l'obbligo del pagamento delle spese stesse, secondo le forme stabilite dalle leggi e dai regolamenti.
Art. 614.
(Provvedimenti in caso d'insolvibilità)
Il cancelliere del giudice, che ha pronunciato sentenza di condanna alla rifusione delle spese anticipate dallo Stato, comunica quando occorre le generalità dell'obbligato che è stato dichiarato insolvibile all'ufficio provinciale di polizia tributaria, indicando il titolo e l'ammontare del credito.
L'ufficio di polizia tributaria provvede in modo da essere prontamente informato delle vere condizioni economiche del dichiarato insolvibile e di ogni mutamento in esse avvenuto, e quando gli risulta la solvibilità comunica senza ritardo le informazioni al cancelliere che gliele ha richieste.
Il cancelliere procede sollecitamente al ricupero del credito.
Art. 615.
(Spese per la pubblicazione di sentenze nei giornali ed obbligo d'inserzione)
Il direttore o redattore responsabile di un giornale deve pubblicare senza diritto ad anticipazione o a rifusione di spese, non più tardi di tre giorni successivi a quello in cui ne ha ricevuto richiesta dall'Autorità competente per l'esecuzione, la sentenza di condanna irrevocabile pronunciata contro di lui o contro altri per pubblicazioni avvenute nel suo giornale, e della quale il giudice ha ordinato la pubblicazione.
Fuori di questo caso, quando l'inserzione di una sentenza penale in un giornale è ordinata dal giudice, il direttore o redattore responsabile del giornale designato deve eseguirla, a richiesta del pubblico ministero o ad istanza di chi è obbligato od autorizzato a provvedervi, verso anticipazione della spesa per l'importo e nei modi stabiliti dalle disposizioni relative alla tariffa penale. In caso di controversia la spesa è liquidata con ordinanza dal presidente del tribunale del luogo dove si stampa il giornale, sentite le parti, se compaiono. Tale controversia non autorizza a ritardare la pubblicazione.
La pubblicazione per intero o per estratto, così come il giudice l'ha ordinata, può farsi anche in foglio di supplemento dello stesso formato, corpo e carattere della parte principale del giornale, da unirsi a ciascuna copia di questo e deve essere eseguita in unico contesto esattamente riprodotto.
Se il direttore o redattore responsabile del giornale contravviene in qualsiasi modo alle disposizioni precedenti, è condannato in solido con l'editore e col proprietario della tipografia a pagare alla Cassa delle ammende una somma da lire cinquemila a diecimila. La condanna è pronunciata in camera di consiglio, su richiesta del pubblico ministero o a domanda del privato obbligato o autorizzato, sentiti gli interessati se compaiono, con ordinanza, dal presidente del tribunale del luogo in cui si stampa il giornale.
E' applicabile la disposizione dell'articolo 621.
Capo II.
Delle garanzie patrimoniali di esecuzione.
Art. 616.
(Procedimento per l'ipoteca legale)
Il pubblico ministero presso il tribunale o presso la corte dinanzi a cui è in corso il procedimento e il pretore nei procedimenti di sua competenza possono richiedere l'iscrizione dell'ipoteca legale, preveduta dagli articoli 189 e 190 del codice penale.
L'iscrizione può essere richiesta dopo il primo atto di procedimento contro l'imputato o successivamente.
L'ipoteca legale deve essere iscritta gratuitamente. Essa giova altresì a chi vi abbia interesse a' termini dei numeri 1°, 2° e 3° dell'articolo 191 del codice penale.
Art. 617.
(Procedimento per il sequestro conservativo)
Il pubblico ministero può domandare il sequestro preveduto dagli articoli 189 e 190 del codice penale.
Il provvedimento è emesso, durante l'istruzione formale, dal giudice che vi procede o dal presidente della sezione istruttoria e, quando si procede con istruzione sommaria o a giudizio direttissimo, dal presidente della corte o del tribunale o dal pretore competente per il giudizio; durante gli atti preliminari al giudizio e durante il giudizio, è emesso dallo stesso presidente o pretore. Se è stata pronunciata sentenza di condanna o di proscioglimento soggetta a impugnazione, il sequestro è ordinato, prima che gli atti siano trasmessi al giudice dell'impugnazione, dal presidente della corte o del tribunale o dal pretore che ha pronunciato la sentenza, e successivamente dal presidente della corte o del tribunale che deve giudicare sull'impugnazione.
Il sequestro può essere ordinato anche d'ufficio dal pretore nei procedimenti di sua competenza.
Il giudice provvede in camera di consiglio con decreto motivato. Il sequestro è eseguito dall'ufficiale giudiziario con le forme prescritte dal codice di procedura civile per il pignoramento dei beni mobili.
Il sequestro giova altresì a chi vi abbia interesse ai termini dei numeri 1°, 2° e 3° dell'articolo 191 del codice penale.
Art. 618.
(Opposizione all'iscrizione dell'ipoteca o al sequestro)
All'iscrizione dell'ipoteca legale o al sequestro può essere fatta opposizione da chiunque vi abbia interesse, con dichiarazione ricevuta nella cancelleria del giudice competente.
Sull'opposizione decide con le forme stabilite per gli incidenti di esecuzione la corte d'appello, se l'iscrizione dell'ipoteca o il sequestro fu chiesto dal procuratore generale; in ogni altro caso decide il tribunale.
L'opposizione non ha effetto sospensivo.
La cancellazione dell'ipoteca o la revoca del sequestro può essere ordinata assoggettando quando occorre l'imputato a cauzione o malleveria sufficiente per garantire i crediti indicati nell'articolo 189 del codice penale.
La corte o il tribunale nel caso di contestazione della proprietà rinvia la decisione della controversia al giudice civile del luogo competente in primo grado, mantenendo nel frattempo l'ipoteca o il sequestro.
Art. 619.
(Cancellazione dell'ipoteca e liberazione dal sequestro in caso di proscioglimento)
La cancellazione dell'ipoteca o la liberazione dal sequestro, che a' termini dell'articolo 189 del codice penale deve essere eseguita dopo la sentenza irrevocabile di proscioglimento, è fatta a cura del pubblico ministero o del pretore competente per l'esecuzione. Se il pubblico ministero o il pretore non ha provveduto, l'interessato può proporre incidente di esecuzione.
Art. 620.
(Ripartizione delle somme ricavate dalla vendita dei beni ipotecati o sequestrati o depositate per cauzione)
La ripartizione delle somme ricavate dalla vendita dei beni ipotecati o sequestrati e delle somme depositate a titolo di cauzione che non siano state devolute alla Cassa delle ammende avviene nell'ordine stabilito nell'articolo 191 del codice penale, salva l'azione civile per ottenere con le forme ordinarie il pagamento delle somme che rimangono ancora dovute.
I crediti indicati nel numero 2° dell'articolo 191 del codice penale, che non sono stati liquidati al tempo del collocamento dei crediti, vengono pagati sulla somma che avanza dopo soddisfatti, secondo il loro ordine, i crediti designati successivamente, salva l'azione civile sopra menzionata. Se è in corso per i detti crediti un giudizio di liquidazione, può essere ordinato il deposito di una somma approssimativamente congrua nell'ufficio postale del luogo e può essere prescritta cauzione per il pagamento dei crediti indicati nel numero 3° del predetto articolo.
Art. 621.
(Garanzie speciali in caso di reato commesso col mezzo della stampa periodica)
Le macchine, i caratteri e gli altri oggetti della tipografia in cui fu eseguito lo stampato col mezzo del quale fu commesso il reato costituiscono di diritto garanzia per il pagamento dei crediti indicati nell'articolo 189 del codice penale, salvi i privilegi derivanti dal contratto di lavoro o da quello di fornitura delle macchine.
Capo III.
Dei provvedimenti patrimoniali relativi alle cose sequestrate per il procedimento penale.
Art. 622.
(Durata del sequestro penale e restituzione delle cose sequestrate)
Le cose sequestrate a norma degli articoli 222, 336, 337 e seguenti sono mantenute sotto sequestro fino a che sia necessario per il procedimento.
Terminato il procedimento penale, le predette cose, se appartengono al condannato, sono devolute allo Stato quando ne è stata ordinata la confisca. Negli altri casi il sequestro è mantenuto a garanzia del pagamento dei crediti indicati nell'articolo 189 del codice penale, salvo che il condannato presti sufficiente cauzione o malleveria.
Le cose che non appartengono al condannato, se non debbono essere confiscate, sono restituite dopo che la sentenza di condanna è divenuta irrevocabile a chi prova di averne diritto.
Dopo la sentenza irrevocabile di proscioglimento le cose sequestrate sono restituite a chi prova di averne diritto, qualora non siano soggette a confisca. Se questa prova non viene fornita, non sono restituite al prosciolto, ma, conservato il sequestro, si provvede a norma dell'articolo 625.
Salvi i casi in cui è obbligatorio di mantenere il sequestro, le cose sequestrate, quando non abbiano interesse per il procedimento penale, possono essere restituite, anche prima della sentenza a chi prova di averne diritto e ne fa istanza. Il giudice prescrive a costui, se occorre, di presentare ad ogni richiesta le cose restituite ed a tal fine può imporgli cauzione o malleveria.
Art. 623.
(Requisizione di cose sequestrate presso un terzo)
Quando le cose sono state sequestrate presso un terzo, la restituzione non può essere ordinata a favore di altri senza che il terzo sia stato invitato ad esporre le sue ragioni.
Art. 624.
(Ordine di restituzione)
La restituzione delle cose sequestrate è ordinata, durante l'istruzione formale, anche d'ufficio dal giudice che ad essa procede; durante l'istruzione sommaria, dal pubblico ministero, e successivamente dal giudice che deve procedere o che procede al giudizio. Divenuta irrevocabile la sentenza, provvede il giudice competente per l'esecuzione.
Il giudice o il pubblico ministero, se sorge controversia circa la proprietà delle cose, ne rimette la risoluzione al giudice civile del luogo competente in primo grado.
I provvedimenti del giudice penale preveduti dalle disposizioni precedenti, quando non sono dati con la sentenza che chiude l'istruzione o il giudizio, sono emessi con ordinanza in camera di consiglio, sentite le parti, se compaiono. Il pubblico ministero provvede nello stesso modo con decreto.
Art. 625.
(Provvedimenti in caso di mancata prova del diritto alla restituzione)
Dopo un anno dal giorno in cui la sentenza è divenuta irrevocabile, se nessuno ha provato di avere diritto alla restituzione delle cose sequestrate e non è in corso il giudizio civile per la risoluzione della relativa controversia ovvero se nessuno ha chiesto la restituzione, il giudice pronuncia ordinanza con cui dispone che il denaro, i titoli al portatore, quelli emessi o garantiti dallo Stato anche se non al portatore e i valori di bollo siano depositati nell'ufficio del registro del luogo. Negli altri casi ordina la vendita delle cose, secondo la loro qualità, nelle pubbliche borse o all'asta pubblica, da eseguirsi senz'altro a cura del cancelliere; ma, se tali cose hanno interesse scientifico ovvero pregio di antichità o di arte, ne è invece ordinata la consegna al Ministero della giustizia.
Il termine predetto può essere abbreviato e la vendita può effettuarsi anche immediatamente dopo il sequestro, se le cose non possono essere custodite senza pericolo di deterioramento o senza rilevante dispendio.
La somma ricavata dalla vendita è versata in deposito giudiziale nell'ufficio postale del luogo. Questa somma e i valori depositati presso l'ufficio del registro, dedotte le spese indicate nell'articolo seguente, sono dopo due anni devoluti alla Cassa delle ammende se nessuno ha provato di avervi diritto.
Nei casi in cui il sequestro è mantenuto a garanzia di obbligazioni pecuniarie, si applicano le disposizioni concernenti l'esecuzione sui mobili sottoposti a sequestro per garanzia degli interessi patrimoniali.
Art. 626.
(Spese relative al sequestro penale)
Le spese occorrenti per la conservazione e per la custodia delle cose sequestrate per il procedimento penale sono anticipate dallo Stato, salvo all'erario il diritto di ricupero a preferenza di ogni altro creditore sulla somma e sui valori indicati nell'articolo precedente.
Capo IV.
Dell'esecuzione di sanzioni disciplinari pecuniarie.
Art. 627.
(Esecutorietà e riscossione delle sanzioni disciplinari pecuniarie)
Le condanne al pagamento di somme a favore della Cassa delle ammende, pronunciate in applicazione delle sanzioni disciplinari di questo codice, diventano esecutive immediatamente o appena trascorso il tempo entro il quale la legge consente che la condanna possa essere impugnata o revocata.
L'esecuzione si fa quando è possibile mediante ritenute sulle cauzioni, sugli stipendi o su altri emolumenti o indennità e negli altri casi con le norme stabilite per la riscossione delle spese processuali, osservata la disposizione dell'articolo 614.
Titolo quarto.
Degli incidenti di esecuzione.
Art. 628.
(Giudice degli incidenti)
Il giudice che ha deliberato un provvedimento è competente a giudicare in camera di consiglio con ordinanza su tutti gli incidenti riguardanti l'esecuzione del provvedimento medesimo, anche quando il pubblico ministero presso il predetto giudice o il pretore ha richiesto per l'esecuzione un altro ufficio del pubblico ministero presso un diverso giudice o un altro pretore.
L'incidente è proposto con richiesta del pubblico ministero o con istanza dell'interessato. Il pretore può provvedere anche d'ufficio.
Per gli incidenti relativi all'esecuzione di sentenze della corte d'assise si procede a' termini del secondo capoverso dell'articolo 153.
Art. 629.
(Regolamento della competenza per l'esecuzione di sentenze di condanna o di proscioglimento)
Se si tratta di sentenza pronunciata in grado d'appello, la competenza per gli incidenti di esecuzione spetta al giudice di secondo grado, salvo che la sentenza impugnata sia stata confermata o riformata soltanto in relazione alla pena, alle misure di sicurezza o alle disposizioni civili, nei quali casi la competenza spetta al giudice di primo grado.
Quando vi è stato ricorso per cassazione e questo è stato dichiarato inammissibile o rigettato ovvero quando la corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, la competenza per gli incidenti di esecuzione appartiene al giudice di primo grado, se il ricorso fu proposto contro sentenza inappellabile, e al giudice indicato nella prima parte di questo articolo, negli altri casi. Quando è stato pronunciato l'annullamento con rinvio, è competente il giudice di rinvio.
Art. 630.
(Procedimento per gli incidenti di esecuzione)
In seguito alla richiesta del pubblico ministero o all'istanza dell'interessato, il presidente o il pretore nomina un difensore d'ufficio all'interessato ammesso al patrocinio gratuito; fissa con decreto il giorno della deliberazione e ne fa comunicare avviso, non meno di cinque giorni prima di quello stabilito, al pubblico ministero anche quando l'incidente è stato proposto a sua richiesta. Lo stesso avviso nel medesimo termine deve essere notificato al privato che ha proposto l'incidente e agli altri che vi abbiano interesse.
Il pubblico ministero presso il tribunale o la corte presenta requisitorie scritte. I privati i quali ne fanno domanda, se compaiono, sono uditi personalmente o per mezzo del difensore in camera di consiglio; se sono detenuti in luogo diverso da quello in cui risiede il giudice, sono previamente uditi a loro domanda dal giudice di sorveglianza o dal pretore del luogo all'uopo delegato; essi o il difensore hanno anche facoltà di presentare memorie, senza che per ciò possa essere ritardata la decisione.
L'inosservanza delle disposizioni precedenti è causa di nullità.
Il giudice, prima di deliberare sull'incidente di esecuzione, può chiedere alle Autorità competenti tutti i documenti e le informazioni di cui abbia bisogno.
Si osservano quando occorre le disposizioni concernenti l'istruzione formale.
Art. 631.
(Impugnabilità della decisione)
L'ordinanza con cui il giudice decide sull'incidente d'esecuzione è notificata per estratto nel termine di otto giorni agli interessati ai quali è stato notificato l'avviso indicato nell'articolo precedente, ed è comunicata nello stesso termine al pubblico ministero.
Contro l'ordinanza può essere proposto ricorso per cassazione dal pubblico ministero e dai predetti interessati.
Il ricorso non sospende l'esecuzione dell'ordinanza; tuttavia il giudice che ha emesso l'ordinanza può con decreto sospenderne l'esecuzione.
Art. 632.
(Incidenti di esecuzione civile in materia penale)
Quando nell'esecuzione civile in materia penale sorge controversia, si osservano le disposizioni degli articoli precedenti se non è diversamente stabilito.
Titolo quinto.
Dell'esecuzione delle misure di sicurezza.
Capo I.
Degli atti di esecuzione in generale.
Art. 633.
(Atti iniziali)
La sentenza di condanna o di proscioglimento e gli altri provvedimenti, che dispongono una misura di sicurezza provvisoria o definitiva, sono comunicati in copia, dal pubblico ministero o dal pretore competente per l'esecuzione, all'Autorità di pubblica sicurezza.
Quando ne è il caso, il pubblico ministero o il pretore emette ordine di consegna del condannato o del prosciolto alla predetta Autorità.
Questa quando occorre procede all'arresto o provvede all'internamento della persona da sottoporre a misura di sicurezza.
Art. 634.
(Misure di sicurezza promosse dal procuratore del Re)
Quando il procuratore del Re anche di sua iniziativa ritiene di dover promuovere l'applicazione di una misura di sicurezza, ne fa richiesta scritta al giudice di sorveglianza, emettendo se occorre ordine provvisorio di consegna all'Autorità di pubblica sicurezza.
Tale ordine può essere mantenuto fino a che non si è definitivamente deliberato sull'applicazione della misura di sicurezza.
Quando una misura di sicurezza può essere applicata successivamente ad una sentenza di condanna a norma del capoverso dell'articolo 205 del codice penale, l'Autorità di pubblica sicurezza, se ritiene la persona condannata socialmente pericolosa, ne fa rapporto al procuratore del Re del luogo indicato nell'articolo 635, allegando la dimostrazione dei fatti e delle circostanze che provano tale sua qualità.
Il rapporto può anche essere richiesto dal procuratore del Re.
Art. 635.
(Competenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza)
I provvedimenti con i quali, fuori dell'istruzione o del giudizio, si applicano, si modificano, si sostituiscono o si revocano le misure di sicurezza e quelli relativi all'accertamento dell'identità personale ai fini delle dette misure sono di competenza del giudice di sorveglianza del luogo in cui si trova la persona da sottoporre o sottoposta a misura di sicurezza, quando la legge non stabilisce la competenza di un altro giudice.
Se è ignoto il luogo in cui la persona si trova, è competente il giudice di sorveglianza del luogo nel quale fu pronunciata la sentenza di condanna o di proscioglimento, e nel caso di più sentenze di condanna o di proscioglimento è competente il giudice di sorveglianza del luogo in cui fu pronunciata l'ultima sentenza.
Allo stesso giudice spetta la competenza per decidere circa le controversie concernenti l'attribuzione o la liquidazione delle spese per il mantenimento della persona sottoposta a misura di sicurezza, salva l'applicazione delle disposizioni speciali sul ricupero delle spese di spedalità.
Art. 636.
(Intervento della persona interessata)
Prima di provvedere, il giudice invita la persona che deve essere sottoposta o che è già sottoposta a misure di sicurezza, a fare le dichiarazioni che ritiene opportune nel suo interesse.
Tali dichiarazioni sono ricevute nel processo verbale, che è comunicato al pubblico ministero se questi non è stato presente.
Quando si tratta d'infermi di mente, l'invito è diretto al tutore o curatore, e in mancanza di costoro al coniuge, a un ascendente o a un discendente, che non siano in conflitto di interessi con l'infermo di mente.
Per i minori degli anni diciotto l'invito è diretto, oltre che al minore, alla persona che su di lui esercita la patria potestà o l'autorità tutoria.
Se non sono presentate dichiarazioni nel termine stabilito dal giudice, questi provvede senz'altro a norma degli articoli seguenti.
Art. 637.
(Investigazioni del giudice di sorveglianza)
Il giudice di sorveglianza ha facoltà di disporre gli opportuni accertamenti anche per mezzo dell'Autorità di pubblica sicurezza. Per gli atti da compiere fuori del Comune in cui risiede egli può delegare il pretore del luogo; per quelli da compiere nella circoscrizione di altro tribunale richiede il giudice di sorveglianza o il pretore del luogo.
Nell'esercizio delle sue funzioni il giudice o il pretore da lui delegato può richiedere direttamente l'intervento della forza pubblica. In tutti gli atti ai quali procede, egli può farsi assistere dal cancelliere ovvero da un ufficiale di pubblica sicurezza o da un funzionario degli istituti di prevenzione e di pena.
Art. 638.
(Forme dei provvedimenti del giudice di sorveglianza)
I provvedimenti indicati nell'articolo 635 sono emessi con decreto su richiesta del pubblico ministero del luogo o anche d'ufficio.
Quando il giudice ritiene di dover provvedere d'ufficio, comunica preventivamente gli atti al pubblico ministero per il suo parere.
Nel caso preveduto dal capoverso dell'articolo 201 del codice penale, il pubblico ministero promuove il giudizio di riconoscimento della sentenza straniera ai fini dell'applicazione della misura di sicurezza, a' termini dell'articolo 672.
Le richieste e i pareri del pubblico ministero sono sempre scritti e motivati.
Art. 639.
(Decreti del giudice di sorveglianza)
Il decreto col quale il giudice emette alcuno dei provvedimenti indicati nell'articolo 635 deve essere motivato e quando ne è il caso contenere la dichiarazione di abitualità o di professionalità nel reato, prima della menzione della misura di sicurezza della quale viene ordinata l'applicazione.
Il decreto è comunicato al pubblico ministero e all'interessato. Quando si tratta d'infermi di mente o di minori, il decreto è comunicato alla persona alla quale era stato diretto l'invito a norma del secondo o del terzo capoverso dell'articolo 636.
Il pubblico ministero promuove l'esecuzione del decreto.
Art. 640.
(Ricorso contro i decreti del giudice di sorveglianza)
Salvo che la legge disponga altrimenti, contro il decreto pronunciato a norma dell'articolo precedente il pubblico ministero, l'interessato e la persona alla quale fu diretto l'invito del giudice a' termini del secondo o del terzo capoverso dell'articolo 636, possono presentare ricorso.
La stessa facoltà appartiene a chi è stato sottoposto a misura di sicurezza con sentenza di condanna o di proscioglimento, quando non è possibile l'impugnazione a norma dell'articolo 212.
Il ricorso può essere presentato anche per mezzo di un procuratore speciale. La presentazione è eseguita mediante deposito dell'atto nella cancelleria della corte d'appello del distretto in cui risiede il giudice di sorveglianza, o mediante consegna dell'atto stesso alla direzione dello stabilimento in cui la persona è detenuta o internata. Questa può presentare memorie scritte, anche per mezzo di un avvocato o procuratore.
Sul ricorso decide con decreto motivato un consigliere delegato dal primo presidente della corte predetta, sentiti il pubblico ministero e, quando il consigliere delegato lo ritiene opportuno, anche il ricorrente.
Art. 641.
(Ricorso per revisione)
Il pubblico ministero e il privato, il cui ricorso è stato dichiarato inammissibile o rigettato, possono ricorrere per revisione.
Sono applicabili le disposizioni del secondo capoverso dell'articolo precedente.
La competenza a decidere anche per il merito spetta a un consigliere delegato dal primo presidente della corte di cassazione, che provvede con decreto motivato, sentito il pubblico ministero.
Contro tale decreto non è ammesso reclamo.
Art. 642.
(Effetti dei ricorsi e sanzioni disciplinari)
Le decisioni pronunciate sui ricorsi menzionati nei due articoli precedenti sono trasmesse al pubblico ministero che ne cura l'esecuzione.
Il ricorso proposto dall'interessato contro il decreto del giudice di sorveglianza ovvero contro il decreto del consigliere delegato dal primo presidente della corte d'appello non sospende l'esecuzione del provvedimento, a meno che il pubblico ministero vi consenta. Il ricorso del pubblico ministero ha effetto sospensivo.
Se il ricorso del privato è manifestamente ingiustificato, il consigliere delegato della corte d'appello o della corte di cassazione può applicare al ricorrente una punizione disciplinare a norma del regolamento, se si tratta di misura di sicurezza detentiva, e negli altri casi può condannarlo con decreto al pagamento di una somma da lire trecento a mille, a favore della Cassa delle ammende. Questi provvedimenti non sono soggetti a ricorso.
Art. 643.
(Termini per ricorrere contro provvedimenti concernenti misure di sicurezza)
Nel caso preveduto dal primo capoverso dell'articolo 640 si applicano per quanto riguarda il termine per proporre il ricorso e la decorrenza di esso le disposizioni dell'articolo 199.
In ogni altro caso in cui la legge consente il ricorso contro un provvedimento concernente una misura di sicurezza, il termine per proporlo è per il pubblico ministero di tre giorni, e decorre dal giorno della comunicazione. Il medesimo termine con la stessa decorrenza vale per il privato quando questi è reperibile; altrimenti il termine decorre dal giorno della dichiarazione di irreperibilità fatta a' termini dell'articolo 645.
Art. 644.
(Casi nei quali non è dato ricorso)
Non è ammesso ricorso contro il decreto con il quale il giudice di sorveglianza: 1° ordina, a' termini dell'articolo 226 del codice penale, che il minore degli anni ventuno, precedentemente ricoverato in un riformatorio giudiziario perchè delinquente abituale o professionale o per tendenza, sia assegnato a una colonia agricola o ad una casa di lavoro; 2° stabilisce il modo di esecuzione della misura di sicurezza, a' termini del capoverso dell'articolo 218 del codice penale; 3° limita o modifica le prescrizioni relative alla libertà vigilata a' termini dell'articolo 228 del codice penale.
Art. 645.
(Comunicazione di atti o provvedimenti)
Quando occorre comunicare all'interessato alcuno degli atti o provvedimenti indicati in questo titolo, la comunicazione è eseguita per mezzo dell'Autorità preposta allo stabilimento in cui l'interessato è detenuto o internato, ovvero per mezzo di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza. L'avvenuta consegna è provata mediante dichiarazione scritta di chi l'ha eseguita. Se l'ufficiale od agente non trova l'interessato, fa rapporto al giudice indicando le ricerche eseguite. Il giudice, se non ritiene di dover ordinare nuove ricerche, dichiara l'irreperibilità dell'interessato. In tal caso la mancanza della comunicazione non impedisce l'emissione dei provvedimenti del giudice e non ne sospende l'esecuzione.
Art. 646.
(Revoca delle misure di sicurezza)
Il decreto col quale il giudice di sorveglianza o il consigliere delegato dal primo presidente della corte d'appello dispone la revoca di una misura di sicurezza non può essere eseguito prima che sia trascorso il termine stabilito per il ricorso del pubblico ministero.
Art. 647.
(Riesame dello stato di pericolosità)
Quando si deve procedere al riesame delle condizioni di una persona socialmente pericolosa ovvero quando vi è ragione di ritenere che sia cessato il pericolo da essa derivante nel caso preveduto dal capoverso dell'articolo 208 del codice penale, il giudice di sorveglianza, compiuti gli accertamenti del caso, dà gli opportuni provvedimenti.
Contro i decreti pronunciati a norma di questo articolo può ricorrere il pubblico ministero. Si osservano le disposizioni degli articoli 640, 641, 642 e 643.
Capo II.
Dell'esecuzione di alcune misure di sicurezza in particolare.
Art. 648.
(Libertà vigilata)
Il provvedimento che sottopone una persona alla libertà vigilata è trasmesso a cura del cancelliere del giudice che l'ha emesso al giudice di sorveglianza, il quale può richiedere copia degli atti processuali che gli occorrono.
Nei casi preveduti dalla prima parte dell'articolo 232 del codice penale, il giudice di sorveglianza designa le persone o l'istituto a cui deve essere affidato il minore o l'infermo di mente.
Il giudice di sorveglianza, in base agli atti del procedimento e alle informazioni che reputi di assumere anche per mezzo dell'Autorità di pubblica sicurezza, stabilisce le prescrizioni alle quali deve essere sottoposto il vigilato a norma dell'articolo 228 del codice penale.
Art. 649.
(Comunicazione delle prescrizioni e carta precettiva per il vigilato)
Copia delle prescrizioni del giudice di sorveglianza è comunicata all'Autorità di pubblica sicurezza e agli istituti o alle persone incaricati della vigilanza.
Le prescrizioni sono trascritte in una carta precettiva che è consegnata all'interessato, facendogli obbligo di conservarla e di presentarla ad ogni richiesta dell'Autorità. Della consegna e dell'obbligo fatto all'interessato si compila processo verbale.
La vigilanza deve essere esercitata in ogni caso in modo da non rendere malagevole alla persona sottoposta alla libertà vigilata di attendere al lavoro con la necessaria tranquillità. Per l'osservanza di questa disposizione l'interessato può far reclamo al giudice di sorveglianza.
Art. 650.
(Provvedimenti speciali per la libertà vigilata di minorenni o di infermi di mente)
Nei casi indicati nell'articolo 232 del codice penale, il giudice di sorveglianza, nel prescrivere con decreto che il condannato o prosciolto da sottoporsi a libertà vigilata sia affidato ad un congiunto o ad un'altra persona o ad un istituto di assistenza sociale, impone alla persona o all'ente che ha assunto l'obbligo di vigilanza di provvedere, se si tratta di minore, anche all'educazione morale di lui.
In ogni caso può prescrivere, con lo stesso decreto o successivamente, obblighi particolari inerenti sia alla custodia sia al trattamento anche educativo della persona da vigilare.
Dell'atto di affidamento si compila processo verbale, in cui la persona o il rappresentante dell'ente dichiara di assoggettarsi agli obblighi imposti col decreto.
Nel caso di trasgressione agli obblighi di vigilanza e di educazione o agli obblighi particolari imposti col decreto, la persona o l'ente può essere condannato al pagamento, a favore della Cassa delle ammende, di una somma da lire duecento a mille.
Art. 651.
(Provvedimenti in caso di irreperibilità del vigilato)
Qualora per l'irreperibilità dell'interessato dichiarata nei modi indicati nell'articolo 645 non sia stato possibile consegnargli la carta precettiva preveduta dal primo capoverso dell'articolo 649, il giudice di sorveglianza comunica gli atti al pubblico ministero per le sue richieste in ordine ai provvedimenti indicati nell'articolo 231 del codice penale.
L'Autorità di pubblica sicurezza nel caso predetto può in ogni tempo procedere all'arresto della persona in stato di libertà vigilata. L'arresto è mantenuto fino al provvedimento del giudice di sorveglianza.
Art. 652.
(Divieto al vigilato di abbandonare la residenza o dimora senza autorizzazione)
Il vigilato non può senza l'autorizzazione del giudice di sorveglianza trasferire la propria residenza o dimora in un Comune diverso da quello che gli è stato assegnato.
Quando la vigilanza è stata affidata all'Autorità di pubblica sicurezza, egli non può abbandonare l'abitazione scelta senza l'autorizzazione dell'Autorità medesima.
Il trasferimento o l'abbandono non autorizzato costituisce trasgressione agli obblighi della libertà vigilata.
Art. 653.
(Provvedimento relativo al divieto di soggiorno)
Il provvedimento che vieta il soggiorno in determinati luoghi a' termini dell'articolo 233 del codice penale è subito comunicato, a cura del pubblico ministero presso il giudice che l'ha emesso, alle Autorità di pubblica sicurezza dei Comuni o delle Provincie in cui è inibito il soggiorno.
Le Autorità predette fanno rapporto al pubblico ministero, dal quale hanno ricevuto la comunicazione, di ogni trasgressione al divieto. Le stesse Autorità procedono all'arresto del trasgressore e lo conducono nel luogo in cui risiede il giudice competente per deliberare sulla trasgressione. L'arresto è mantenuto fino a quando il giudice abbia provveduto.
Il pubblico ministero, in base al predetto rapporto o ad altre informazioni, richiede, se occorre, il provvedimento relativo all'aggiunta della libertà vigilata.
L'Autorità di pubblica sicurezza dà esecuzione al provvedimento del giudice di sorveglianza, curando che il trasgressore raggiunga senza ritardo la residenza da lui scelta fuori dei Comuni o delle Provincie in cui è inibito il soggiorno.
Art. 654.
(Procedimento relativo alla cauzione di buona condotta)
Quando la cauzione di buona condotta può essere ordinata dopo la sentenza di condanna o di proscioglimento, provvede con decreto il giudice di sorveglianza.
Appartiene allo stesso giudice di provvedere sulle controversie a cui può dar luogo l'esecuzione della detta misura di sicurezza, anche se disposta con la sentenza.
Si osservano, in quanto siano applicabili, le norme stabilite negli articoli 282 e seguenti.
Art. 655.
(Procedimento relativo alla confisca)
Quando non si è provveduto con la sentenza di condanna o di proscioglimento alla confisca, nei casi indicati nell'articolo 240 del codice penale provvede il giudice dell'esecuzione con le forme degli incidenti, osservata la disposizione del primo capoverso dell'articolo 624.
Libro quinto
Dei rapporti giurisdizionali con autorità straniere
Titolo primo.
Disposizione generale.
Art. 656.
(Prevalenza delle convenzioni e degli usi internazionali)
Per quanto concerne le rogatorie, le estradizioni, gli effetti di condanne pronunciate all'estero ed altri rapporti con le Autorità di altri Stati, relativi all'amministrazione della giustizia in materia penale, si osservano le convenzioni e gli usi internazionali. Se si tratta di materia non regolata da tali convenzioni ed usi, si applicano le disposizioni che seguono.
Titolo secondo.
Delle rogatorie.
Art. 657.
(Trasmissione di rogatorie ad Autorità straniere)
Le rogatorie delle Autorità giudiziarie italiane alle Autorità estere per citazione od esame di testimoni, e, in genere, per atti d'istruzione o per esecuzione di provvedimenti d'istruzione, sono trasmesse per via diplomatica. Nei casi urgenti, l'Autorità giudiziaria può trasmetterle direttamente ai Regi agenti diplomatici o consolari all'estero, avvertendone per via gerarchica il Ministero della giustizia.
Art. 658.
(Esecutorietà delle rogatorie provenienti dall'estero)
Le rogatorie delle Autorità giudiziarie straniere sono rese esecutive nel territorio dello Stato, salvo quanto è disposto nell'articolo seguente, dalla sezione istruttoria della corte d'appello che ha giurisdizione nel luogo in cui deve procedersi agli atti domandati, quando questi non sono contrari a disposizioni di legge o ai principi generali dell'ordinamento giuridico del Regno. La sezione istruttoria provvede su requisitoria del procuratore generale con ordinanza.
Nell'ordinare l'esecuzione, la sezione istruttoria delega all'uopo uno dei suoi componenti ovvero il giudice istruttore o il pretore del luogo in cui gli atti devono compiersi, anche se alcuno di questi deve essere eseguito fuori del distretto della corte.
I testimoni, se l'Autorità giudiziaria straniera ne ha fatto richiesta, sono esaminati previo giuramento.
In ogni caso per il compimento degli atti richiesti si osservano le norme stabilite in questo codice.
Art. 659.
(Citazione di testimoni a richiesta di Autorità straniere)
La citazione di testimoni residenti o dimoranti nel territorio dello Stato richiesta da un'Autorità giudiziaria estera è trasmessa al procuratore del Re del luogo in cui deve essere eseguita, il quale provvede per la notificazione con le forme stabilite nell'articolo 175.
Art. 660.
(Attività del pubblico ministero per le rogatorie)
L'esecuzione delle rogatorie è promossa in ogni caso dal pubblico ministero.
Titolo terzo.
Dell'estradizione.
Art. 661.
(Poteri del Ministro della giustizia)
Appartiene al Ministro della giustizia offrire o concedere l'estradizione di un imputato o condannato all'estero nei casi non vietati dall'articolo 13 del codice penale e stabilire l'ordine di precedenza nel concorso di più domande di estradizione.
L'offerta e la concessione dell'estradizione sono sempre sottoposte alla condizione che l'estradato non venga giudicato per fatto diverso anteriore all'estradizione, né assoggettato a pena diversa da quella inflitta con la condanna per cui venne offerta o conceduta l'estradizione. Il Ministro può inoltre subordinare l'offerta o la concessione ad altre condizioni che ritenga opportune.
Art. 662.
(Garanzia giurisdizionale)
L'estradizione di un imputato o di un condannato all'estero non è ammessa senza previa deliberazione favorevole della sezione istruttoria presso la corte d'appello, nel cui distretto si trova l'imputato o il condannato.
Tuttavia non si fa luogo al giudizio della sezione istruttoria quando l'estradizione riguarda un solo Stato e l'imputato o condannato straniero fa domanda di essere consegnato a quello Stato.
La deliberazione favorevole e la domanda dell'interessato di essere consegnato allo Stato richiedente non rendono obbligatoria l'estradizione.
Art. 663.
(Arresto della persona offerta o richiesta per l'estradizione)
La persona, di cui il Ministro della giustizia intende offrire o di cui è domandata da uno Stato estero l'estradizione, è arrestata a richiesta del Ministro della giustizia mediante ordine di cattura emesso dal procuratore generale presso la corte d'appello o dal procuratore del Re del luogo in cui la persona stessa si trova.
L'Autorità di pubblica sicurezza può eseguire l'arresto, anche senza il predetto ordine, quando ha notizia dell'esistenza di un mandato di cattura o di un altro atto equivalente dell'Autorità giudiziaria straniera e vi è sospetto di fuga.
Il Ministro della giustizia deve essere in ogni caso immediatamente informato dell'arresto eseguito e può autorizzare il procuratore generale a scarcerare provvisoriamente l'estradando, con le cautele che ritiene opportune.
L'Autorità che procede all'arresto deve sottoporre a sequestro tutto ciò che può costituire corpo del reato.
Art. 664.
(Atti informativi preliminari)
L'arrestato è senza ritardo presentato al procuratore del Re o al pretore del luogo in cui fu eseguito l'arresto.
Il procuratore del Re o il pretore, dopo averne accertata l'identità personale, provvede perchè l'arrestato sia posto a disposizione del procuratore generale a cui spetta promuovere il giudizio.
Art. 665.
(Perenzione dell'arresto)
L'arrestato è posto in libertà qualora, entro sessanta giorni dall'arresto se lo Stato richiedente è in Europa, o entro novanta giorni se è fuori di Europa, non siano pervenuti al Ministro della giustizia i documenti sui quali si fonda la domanda di estradizione. Questi termini possono essere prorogati su richiesta del Governo estero per una sola volta e per un tempo non superiore a un mese.
La proroga è disposta dal Ministro della giustizia.
L'arresto non è soggetto ai termini predetti quando il Ministro della giustizia intende offrire l'estradizione.
Art. 666.
(Procedimento davanti alla sezione istruttoria)
Il procuratore generale presso la corte d'appello nel cui distretto si trova l'imputato o il condannato promuove con richiesta il giudizio della sezione istruttoria e nomina un difensore all'interessato che non abbia un difensore di fiducia.
Il presidente della sezione istruttoria delega un consigliere per l'istruzione il quale compie tutti gli accertamenti necessari e può disporre, anche per mezzo del Ministero della giustizia, le indagini che ritiene opportune.
Compiuta l'istruzione, gli atti sono comunicati al procuratore generale che presenta le sue requisitorie scritte alla sezione istruttoria.
Dopo che queste sono state presentate si procede al deposito nella cancelleria degli atti, dei documenti e delle cose sequestrate. Si osservano le disposizioni dell'articolo 372.
Trascorso il termine stabilito nello stesso articolo 372 o quello prorogato, il presidente della sezione istruttoria fissa il giorno per la deliberazione, con decreto da comunicarsi al pubblico ministero e da notificarsi al difensore almeno cinque giorni prima di quello stabilito per la deliberazione, a pena di nullità.
Art. 667.
(Deliberazione e sentenza)
La sezione istruttoria delibera in camera di consiglio, sentiti il pubblico ministero, il difensore se si presenta e l'imputato o condannato se ne ha fatto domanda.
Essa esamina se ricorrono le condizioni stabilite nell'articolo 13 del codice penale e nella convenzione internazionale che si tratta di applicare. Qualora non esista convenzione o questa non disponga diversamente, esamina inoltre se dagli atti e documenti comunicati risultano sufficienti indizi di reità ovvero se è accertata l'avvenuta condanna.
Quando la deliberazione è favorevole all'estradizione, la sezione istruttoria decide se possono essere consegnati, in tutto o in parte, al Governo estero i documenti e le cose sequestrate.
La decisione è pronunciata con sentenza, e si osservano le disposizioni dell'articolo 151.
Art. 668.
(Ricorso per cassazione)
Contro la sentenza della sezione istruttoria il procuratore generale e l'interessato possono ricorrere alla corte di cassazione anche per il merito.
La corte di cassazione assunte le informazioni e compiute le indagini che ritiene necessarie, delibera in camera di consiglio con sentenza.
Art. 669.
(Liberazione dell'arrestato. Nuova offerta o domanda)
Se il giudice con sentenza irrevocabile decide di non doversi offrire o concedere l'estradizione, il procuratore generale ordina che l'arrestato sia posto in libertà e ne informa immediatamente il Ministro della giustizia. La liberazione è pure ordinata quando in qualsiasi caso il Ministro della giustizia ha deciso di non dar corso all'estradizione.
La sentenza con la quale si è deciso di non doversi offrire o concedere l'estradizione non impedisce un'ulteriore offerta o domanda fondata sopra elementi che non siano già stati valutati dal giudice.
Art. 670.
(Esecuzione dell'atto d'estradizione)
L'estradizione è sospesa se l'imputato o condannato deve essere giudicato nel territorio dello Stato o vi deve scontare una pena per reati commessi prima o dopo di quello a cui si riferisce l'estradizione, salvo che il Ministro della giustizia ritenga di consegnarlo temporaneamente allo Stato richiedente ovvero di convenire con questo che la pena che dovrebbe scontarsi nel territorio dello Stato abbia esecuzione all'estero.
Negli altri casi è dato corso all'estradizione quando la persona da estradare è stata prosciolta con sentenza divenuta irrevocabile o ha terminato di scontare la pena nel territorio dello Stato.
Le misure di sicurezza personali, alle quali il prosciolto o il condannato estradato è stato sottoposto nel territorio dello Stato, si applicano quando l'individuo vi ritorna per qualsiasi causa.
Nondimeno, se sono decorsi cinque anni dalla consegna e non si tratta di delinquente o contravventore abituale o professionale o di delinquente per tendenza, l'esecuzione della misura di sicurezza è subordinata al riesame delle condizioni della persona ritornata nel territorio dello Stato, per accertare se essa è tuttora socialmente pericolosa.
Art. 671.
(Estradizione dall'estero)
Quando occorre chiedere a uno Stato estero l'estradizione di un imputato o di un condannato, il procuratore generale presso la corte d'appello nel cui distretto si procede o fu pronunciata la sentenza di condanna ne fa richiesta al Ministro della giustizia, trasmettendogli gli atti e i documenti necessari. L'estradizione può essere chiesta di propria iniziativa dal Ministro della giustizia.
Titolo quarto.
Del riconoscimento delle sentenze penali straniere.
Art. 672.
(Riconoscimento delle sentenze penali straniere richiesto dal pubblico ministero)
Il Ministero della giustizia, quando riceve sentenze penali di condanna o di proscioglimento pronunciate all'estero contro le persone indicate nel penultimo capoverso dell'articolo 604, ordinate le debite iscrizioni, trasmette senza ritardo al procuratore generale presso la corte d'appello, nel distretto della quale ha sede il competente ufficio del casellario, il contenuto tradotto in lingua italiana delle sentenze medesime con gli atti che vi siano allegati e le informazioni del caso.
Il procuratore generale, ricevuta la detta comunicazione, esamina se sia da richiedere il riconoscimento della sentenza straniera, a norma e per gli effetti delle disposizioni contenute nei numeri 1°, 2° e 3° dell'articolo 12 del codice penale. All'uopo può chiedere per mezzo del Ministero della giustizia alle Autorità estere competenti tutte le informazioni che ritiene opportune.
Se ritiene di dover domandare il riconoscimento della sentenza presenta richiesta scritta alla corte d'appello.
Art. 673.
(Riconoscimento delle sentenze penali straniere domandato da privati)
Chi ha interesse a far valere in giudizio nello Stato le disposizioni penali di una sentenza straniera per conseguire le restituzioni o il risarcimento del danno o per altri effetti civili, può domandarne il riconoscimento alla corte d'appello del distretto nel quale ha sede il competente ufficio del casellario.
Art. 674.
(Deliberazione della corte d'appello)
La corte d'appello non può dare riconoscimento alla sentenza straniera: 1° se il condannato non è stato citato a comparire in giudizio o non è stato assistito o rappresentato da un difensore; 2° se la sentenza non è divenuta irrevocabile per le leggi dello Stato in cui fu pronunciata; 3° se contiene disposizioni contrarie a disposizioni di legge o ai principî generali dell'ordinamento giuridico del Regno; 4° se il riconoscimento non è ammissibile a' termini dell'ultimo capoverso dell'articolo 12 del codice penale.
La corte delibera, con sentenza, osservate le forme stabilite per gli incidenti di esecuzione. Tale sentenza è soggetta al ricorso per cassazione da parte del pubblico ministero e dell'interessato.
Quando la corte dichiara il riconoscimento, il procuratore generale comunica l'estratto della sentenza al casellario competente, perchè ne sia fatta la relativa menzione.
Se gli effetti conseguenti al riconoscimento non sono stati dichiarati nella detta sentenza, la corte li dichiara successivamente con ordinanza, quando non si tratta di misure di sicurezza. Se si tratta di misure di sicurezza, provvede con decreto su richiesta del pubblico ministero il giudice di sorveglianza competente a norma dell'articolo 635.
Art. 675.
(Procedimento relativo al riconoscimento delle disposizioni civili di sentenze penali straniere)
Alle disposizioni civili della sentanza penale pronunciata all'estero, che porta condanna alle restituzioni o al risarcimento del danno, possono essere dati riconoscimento e forza esecutiva nello Stato.
Il riconoscimento e la forza esecutiva possono essere conceduti a domanda dell'interessato conla stessa sentenza indicata nell'articolo precedente.
Negli altri casi, la domanda è proposta da chi ne ha interesse alla corte d'appello, nel distretto della quale le disposizioni civili della sentenza penale straniera dovrebbero essere fatte valere. Si osservano le disposizioni della prima parte e del primo capoverso dell'articolo precedente.