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PRIN 2012 - Accademia della Crusca
Vittorio Emanuele III per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d'Italia e di Albania Imperatore d'Etiopia Vista la legge 30 dicembre 1923, n. 2814, che autorizza il Governo del Re Imperatore ad emanare un nuovo Codice di procedura civile; Sentito il parere della Commissione delle Assemblee legislative, a termini dell'art. 2 della legge 30 dicembre 1923, n. 2814, e dell'art. 3 della legge 24 dicembre 1925, n. 2260; Udito il Consiglio dei Ministri; Sulla proposta del Nostro Guardasigilli, Ministro Segretario di Stato per la grazia e giustizia; Abbiamo decretato e decretiamo:
Art. 1.
Il testo del Codice di procedura civile è approvato ed avrà esecuzione a cominciare dal 21 aprile 1942-XX.
Art. 2.
Un esemplare del Codice di procedura civile, firmato da Noi e contrassegnato dal Nostro Ministro Segretario di Stato per la grazia e giustizia, servirà di originale e sarà depositato e custodito nell'Archivio del Regno.
Art. 3.
La pubblicazione del Codice di procedura civile si eseguirà col trasmetterne un esemplare stampato a ciascuno del Comuni del Regno, per essere depositato nella sala comunale e tenuto ivi esposto, durante un mese successivo, per sei ore in ciascun giorno, affinché ognuno possa prenderne cognizione.
Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a San Rossore, addì 28 ottobre 1940-XVIII
Vittorio Emanuele
Mussolini - Grandi
Visto, il Guardasigilli: Grandi
Registrato alla Corte dei conti, addì 28 ottobre 1940-XVIII
Atti del Governo, registro 426, foglio 72. - Mancini
Codice di procedura civile
Libro Primo
Disposizioni generali
Titolo I.
Degli organi giudiziari
Capo I.
Del giudice.
Sezione I. -
Della giurisdizione e della competenza in generale.
Art. 1.
(Giurisdizione dei giudici ordinari).
La giurisdizione civile, salvo speciali disposizioni di legge, è esercitata dai giudici ordinari secondo le norme del presente codice.
Art. 2.
(Inderogabilità convenzionale della giurisdizione).
La giurisdizione italiana non può essere convenzionalmente derogata a favore di una giurisdizione straniera, nè di arbitri che pronuncino all'estero, salvo che si tratti di causa relativa ad obbligazioni tra stranieri o tra uno straniero e un cittadino non residente nè domiciliato nel Regno e la deroga risulti da atto scritto.
Art. 3.
(Pendenza di lite davanti a giudice straniero).
La giurisdizione italiana non è esclusa dalla pendenza davanti a un giudice straniero della medesima causa o di altra con questa connessa.
Art. 4.
(Giurisdizione rispetto allo straniero).
Lo straniero può essere convenuto davanti ai giudici del Regno: 1) se quivi è residente o domiciliato anche elettivamente, o vi ha un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio a norma dell'articolo 77, oppure se ha accettato la giurisdizione italiana, salvo che la domanda sia relativa a beni immobili situati all'estero; 2) se la domanda riguarda beni esistenti nel Regno o successioni ereditarie di cittadino italiano o aperte nel Regno, oppure obbligazioni quivi sorte o da eseguirsi; 3) se la domanda è connessa con altra pendente davanti al giudice italiano, oppure riguarda provvedimenti cautelari da eseguirsi nel Regno o relativi a rapporti dei quali il giudice italiano può conoscere; 4) se, nel caso reciproco, il giudice dello Stato al quale lo straniero appartiene può conoscere delle domande proposte contro un cittadino italiano.
Art. 5.
(Momento determinante della giurisdizione e della competenza).
La giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, e non hanno rilevanza rispetto ad esse i successivi mutamenti dello stato medesimo.
Art. 6.
(Inderogabilità convenzionale della competenza).
La competenza non può essere derogata per accordo delle parti, salvo che nei casi stabiliti dalle legge.
Sezione II. -
Della competenza per materia e valore.
Art. 7.
(Competenza del conciliatore).
Il conciliatore è competente per le cause relative a beni mobili di valore non superiore a lire mille, quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di altro giudice.
Il conciliatore è altresì competente per le cause di sfratto per finita locazione e, in generale, per tutte le cause relative a contratti di locazione di beni immobili, il valore delle quali non eccede lire duemila.
Art. 8.
(Competenza del pretore).
Il pretore è competente per le cause di valore non superiore a lire diecimila, in quanto non siano di competenza del conciliatore.
E' competente, qualunque ne sia il valore: 1) per le azioni possessorie, per le denunce di nuova opera e di danno temuto e per i provvedimenti di urgenza previsti nell'articolo 700, salvo il disposto degli articoli 688, 701 e 704; 2) per le cause relative ad apposizione di termini e osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi; 3) per le cause di sfratto per finita mezzadria e piccola affittanza, e per quelle per finita locazione in quanto non siano di competenza del conciliatore; 4) per le cause relative alla misura e alle modalità di uso dei servizi del condominio di case.
Art. 9.
(Competenza del tribunale).
Il tribunale è competente per tutte le cause che non sono di competenza del conciliatore o del pretore.
Il tribunale è altresì esclusivamente competente per tutte le cause in materia di imposte e tasse, per quelle relative allo stato e alla capacità delle persone e ai diritti onorifici, per la querela di falso e, in generale, per ogni causa di valore indeterminabile.
Art. 10.
(Determinazione del valore).
Il valore della causa, ai fini della competenza, si determina dalla domanda a norma delle disposizioni seguenti.
A tale effetto le domande proposte nello stesso processo contro la medesima persona si sommano tra loro, e gli interessi scaduti, le spese e i danni anteriori alla proposizione si sommano col capitale.
Art. 11.
(Cause relative a quote di obbligazione tra più parti).
Se è chiesto da più persone o contro più persone l'adempimento per quote di un'obbligazione, il valore della causa si determina dall'intera obbligazione.
Art. 12.
(Cause relative a rapporti obbligatori, a locazione e a divisioni).
Il valore delle cause relative all'esistenza, alla validità o alla risoluzione di un rapporto giuridico obbligatorio si determina in base a quella parte del rapporto che è in contestazione.
Nelle cause per finita locazione d'immobili il valore si determina in base all'ammontare del fitto o della pigione per un anno, ma se sorge controversia sulla continuazione della locazione, il valore si determina cumulando i fitti o le pigioni relativi al periodo controverso.
Il valore delle cause per divisione si determina da quello della massa attiva da dividersi.
Art. 13.
(Cause relative a prestazioni alimentari e a rendite).
Nelle cause per prestazioni alimentari periodiche, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all'ammontare delle somme dovute per due anni.
Nelle cause relative a rendite perpetue, se il titolo è controverso, il valore si determina cumulando venti annualità; nalle cause relative a rendite temporanee o vitalizie, cumulando le annualità domandate fino a un massimo di dieci.
Le regole del comma precedente si applicano anche per determinare il valore delle cause relative al diritto del concedente.
Art. 14.
(Cause relative a somme di danaro e a beni mobili).
Nelle cause relative a somme di danaro o a beni mobili, il valore si determina in base alla somma indicata o al valore dichiarato dall'attore; in mancanza di indicazione o dichiarazione, la causa si presume di competenza del giudice adito.
Il convenuto può contestare, ma soltanto nella prima difesa, il valore come sopra dichiarato o presunto; in tal caso il giudice decide, ai soli fini della competenza, in base a quello che risulta dagli atti e senza apposita istruzione.
Se il convenuto non contesta il valore dichiarato o presunto, questo rimane fissato, anche agli effetti del merito, nei limiti della competenza del giudice adito.
Art. 15.
(Cause relative a beni immobili).
Il valore delle cause relative alla proprietà dei beni immobili si determina moltiplicando per duecento il tributo diretto verso lo Stato: quello delle cause relative all'usufrutto, all'uso, all'abitazione, alla nuda proprietà e al diritto dell'enfiteuta, moltiplicando il tributo per cento; quello delle cause relative alla servitù, moltiplicando per cinquanta il tributo gravante sul fondo servente.
Il valore delle cause per il regolamento di confini si desume da quello della parte di proprietà controversa, se questa è determinata; altrimenti il giudice lo determina a norma del comma seguente.
Se l'immobile non è sottoposto a tributo, il giudice determina il valore della causa secondo quanto risulta dagli atti, e se questi non offrono elementi per la stima, ritiene la causa di valore indeterminabile.
Art. 16.
(Esecuzione forzata).
Per la consegna e il rilascio di cose e per l'espropriazione forzata di cose mobili e di crediti è competente il pretore.
Per l'espropriazione forzata di cose immobili è competente il tribunale.
Se cose mobili sono soggette all'espropriazione forzata insieme con l'immobile nel quale si trovano, per l'espropriazione è competente il tribunale anche relativamente ad esse.
Per l'esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare è competente il pretore.
Art. 17.
(Cause relative all'esecuzione forzata).
Il valore delle cause di opposizione all'esecuzione forzata si determina dal credito per cui si procede: quello delle cause relative alle opposizioni proposte da terzi a norma dell'articolo 619, dal valore dei beni controversi; quello delle cause relative a controversie sorte in sede di distribuzione, dal valore del maggiore dei crediti contestati.
Sezione III. -
Della competenza per territorio.
Art. 18.
(Foro generale delle persone fisiche).
Salvo che la legge disponga altrimenti, è competente il giudice del luogo in cui il convenuto ha la residenza o il domicilio, e, se questi sono sconosciuti, quello del luogo in cui il convenuto ha la dimora.
Se il convenuto non ha residenza, nè domicilio, nè dimora nel Regno o se la dimora è sconosciuta, è competente il giudice del luogo in cui risiede l'attore.
Art. 19.
(Foro generale delle persone giuridiche e delle associazioni non riconosciute).
Salvo che la legge disponga altrimenti, qualora sia convenuta una persona giuridica, è competente il giudice del luogo dove essa ha sede. E' competente altresì il giudice del luogo dove la persona giuridica ha uno stabilimento e un rappresentante autorizzato a stare in giudizio per l'oggetto della domanda.
Ai fini della competenza, le società non aventi personalità giuridica, le associazioni non riconosciute e i comitati di cui agli articoli 34 e seguenti del libro primo del codice civile hanno sede dove svolgono attività in modo continuativo.
Art. 20.
(Foro facoltativo per le cause relative a diritti di obbligazione).
Per le cause relative a diritti di obbligazione è anche competente il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l'obbligazione dedotta in giudizio.
Art. 21.
(Foro per le cause relative a diritti reali e ad azioni possessorie).
Per le cause relative a diritti reali su beni immobili e per quelle di cui ai numeri 2 e 3 dell'articolo 8 è competente il giudice del luogo dove è posto l'immobile. Qualora l'immobile sia compreso in più circoscrizioni giudiziarie, è competente il giudice della circoscrizione nella quale è compresa la parte soggetta a maggior tributo verso lo Stato; quando non è sottoposto a tributo, è competente ogni giudice nella cui circoscrizione si trova una parte dell'immobile.
Per le azione possessorie e per la denuncia di nuova opera e di danno temuto è competente il giudice del luogo nel quale è avvenuto il fatto denunciato.
Art. 22.
(Foro per le cause ereditarie).
E' competente il giudice del luogo dell'aperta successione per le cause: 1) relative a petizione o divisione di eredità e per qualunque altra tra coeredi fino alla divisione; 2) relative alla rescissione della divisione e alla garanzia delle quote, purchè proposte entro un biennio dalla divisione; 3) relative a crediti verso il defunto o a legati dovuti dall'erede, purchè proposte prima della divisione e in ogni caso entro un biennio dall'apertura della successione; 4) contro l'esecutore testamentario, purchè proposte entro i termini indicati nel numero precedente.
Se la successione si è aperta fuori del Regno, le cause suindicate sono di competenza del giudice del luogo in cui è posta la maggior parte dei beni situati nel Regno, o, in mancanza di questi, del luogo di residenza del convenuto o di alcuno dei convenuti.
Art. 23.
(Foro per le cause tra soci e tra condomini).
Per le cause tra soci è competente il giudice del luogo dove ha sede la società; per le cause tra condomini, il giudice del luogo dove si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi.
Tale norma si applica anche dopo lo scioglimento della società o del condominio, purchè la domanda sia proposta entro un biennio dalla divisione.
Art. 24.
(Foro per le cause relative alle gestioni tutelari e patrimoniali).
Per le cause relative alla gestione di una tutela o di un'amministrazione patrimoniale conferita per legge o per provvedimento dell'autorità è competente il giudice del luogo d'esercizio della tutela o dell'amministrazione.
Art. 25.
(Foro della pubblica amministrazione).
Per le cause nelle quali è parte un'amministrazione dello Stato è competente, a norma delle leggi speciali sulla rappresentanza e difesa dello Stato in giudizio e nei casi ivi previsti, il giudice del luogo dove ha sede l'ufficio dell'avvocatura dello Stato, nel cui distretto si trova il giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie. Quando l'amministrazione è convenuta, tale distretto si determina con riguardo al giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l'obbligazione o in cui si trova la cosa mobile o immobile oggetto della domanda.
Art. 26.
(Foro dell'esecuzione forzata).
Per l'esecuzione forzata su cose mobili o immobili è competente il giudice del luogo in cui le cose si trovano. Se le cose immobili soggette all'esecuzione non sono interamente comprese nella circoscrizione di un solo tribunale, si applica l'articolo 21.
Per l'espropriazione forzata di crediti è competente il giudice del luogo dove risiede il terzo debitore.
Per l'esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare è competente il giudice del luogo dove l'obbligo deve essere adempiuto.
Art. 27.
(Foro relativo alle opposizioni all'esecuzione).
Per le cause di opposizione all'esecuzione forzata di cui agli articoli 615 e 619 è competente il giudice del luogo dell'esecuzione, salva la disposizione dell'articolo 480 terzo comma.
Per le cause di opposizione a singoli atti esecutivi è competente il giudice davanti al quale si svolge l'esecuzione.
Art. 28.
(Foro stabilito per accordo delle parti).
La competenza per territorio può essere derogata per accordo delle parti, salvo che per le cause previste nei numeri 1, 2, 3 e 5 dell'articolo 70, per i casi di esecuzione forzata, di opposizione alla stessa, di procedimenti cautelari e possessori, di procedimenti in camera di consiglio e per ogni altro caso in cui l'inderogabilità sia disposta espressamente dalla legge.
Art. 29.
(Forma ed effetti dell'accordo delle parti).
L'accordo delle parti per la deroga della competenza territoriale deve riferirsi ad uno o più affari determinati e risultare da atto scritto.
L'accordo non attribuisce al giudice designato competenza esclusiva quando ciò non è espressamente stabilito.
Art. 30.
(Foro del domicilio eletto).
Chi ha eletto domicilio a norma dell'articolo 44 del libro primo del codice civile può essere convenuto davanti al giudice del domicilio stesso.
Sezione IV. -
Delle modificazioni della competenza per ragione di connessione.
Art. 31.
(Cause accessorie).
La domanda accessoria può essere proposta al giudice territorialmente competente per la domanda principale affinchè sia decisa nello stesso processo, osservata, quanto alla competenza per valore, la disposizione dell'articolo 10 secondo comma.
Può tuttavia essere proposta allo stesso giudice anche se eccede la sua competenza per valore, qualora la competenza per la causa principale sia determinata per ragione di materia.
Art. 32.
(Cause di garanzia).
La domanda di garanzia può essere proposta al giudice competente per la causa principale affinchè sia decisa nello stesso processo, anche se eccede la sua competenza per valore.
Art. 33.
(Cumulo soggettivo).
Le cause contro più persone che a norma degli articoli 18 e 19 dovrebbero essere proposte davanti a giudici diversi, se sono connesse per l'oggetto o per il titolo possono essere proposte davanti al giudice del luogo di residenza o domicilio di una di esse, per essere decise nello stesso processo.
Art. 34.
(Accertamenti incidentali).
Il giudice, se per legge o per esplicita domanda di una delle parti è necessario decidere con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale che appartiene per materia o valore alla competenza di un giudice superiore, rimette tutta la causa a quest'ultimo, assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione della causa davanti a lui.
Art. 35.
(Eccezione di compensazione).
Quando è opposto in compensazione un credito che è contestato ed eccede la competenza per valore del giudice adito, questi, se la domanda è fondata su titolo non controverso o facilmente accertabile, può decidere su di essa e rimettere le parti al giudice competente per la decisione relativa all'eccezione di compensazione, subordinando, quando occorre, l'esecuzione della sentenza alla prestazione di una cauzione; altrimenti provvede a norma dell'articolo precedente.
Art. 36.
(Cause riconvenzionali).
Il giudice competente per la causa principale conosce anche delle domande riconvenzionali che dipendono dal titolo dedotto in giudizio dall'attore o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione, purchè non eccedano la sua competenza per materia o valore; altrimenti applica le disposizioni dei due articoli precedenti.
Sezione V. -
Del difetto di giurisdizione, dell'incompetenza e della litispendenza.
Art. 37.
(Difetto di giurisdizione).
Il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione o dei giudici speciali è rilevato, anche d'ufficio, in qualunque stato e grado del processo.
Il difetto di giurisdizione del giudice italiano nei confronti dello straniero è rilevato dal giudice d'ufficio in qualunque stato e grado del processo relativamente alle cause che hanno per oggetto beni immobili situati all'estero; in ogni altro caso è rilevato egualmente d'ufficio dal giudice se il convenuto è contumace, e può essere rilevato soltanto dal convenuto costituito che non abbia accettato espressamente o tacitamente la giurisdizione italiana.
Art. 38.
(Incompetenza).
L'incompetenza per materia e quella per territorio nei casi previsti nell'articolo 28 sono rilevate, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo.
L'incompetenza per valore può essere rilevata, anche d'ufficio, in ogni momento del giudizio di primo grado.
L'incompetenza per territorio, fuori dei casi previsti nell'articolo 28, può essere eccepita soltanto nella comparsa di risposta o, in generale, nel primo atto difensivo del giudizio di primo grado. L'eccezione si ha per non proposta se non contiene l'indicazione del giudice che la parte ritiene competente. Quando le altre parti aderiscono a tale indicazione, la competenza del giudice indicato rimane ferma se la causa è riassunta entro tre mesi dalla cancellazione dal ruolo.
Art. 39.
(Litispendenza e continenza di cause).
Se una stessa causa è proposta davanti a giudici diversi, quello successivamente adito, in qualunque stato e grado del processo, anche d'ufficio, dichiara con sentenza la litispendenza e dispone con ordinanza la cancellazione della causa dal ruolo.
Nel caso di continenza di cause, se il giudice preventivamente adito è competente anche per la causa proposta successivamente, il giudice di questa dichiara con sentenza la continenza e fissa un termine perentorio entro il quale le parti debbono riassumere la causa davanti al primo giudice. Se questi non è competente anche per la causa successivamente proposta, la dichiarazione della continenza e la fissazione del termine sono da lui pronunciate.
La prevenzione è determinata dalla notificazione della citazione.
Art. 40.
(Connessione).
Se sono proposte davanti a giudici diversi più cause le quali, per ragione di connessione, possono essere decise in un solo processo, il giudice fissa con sentenza alle parti un termine perentorio per la riassunzione della causa accessoria davanti al giudice della causa principale, e negli altri casi davanti a quello preventivamente adito.
La connessione non può essere eccepita dalle parti nè rilevata d'ufficio dopo la prima udienza, e la rimessione non può essere ordinata quando lo stato della causa principale o preventivamente proposta non consente l'esauriente trattazione e decisione delle cause connesse.
Sezione VI -
Del regolamento di giurisdizione e di competenza.
Art. 41.
(Regolamento di giurisdizione).
Finchè la causa non sia decisa nel merito in primo grado, ciascuna parte può chiedere alle sezioni unite della corte di cassazione che risolvano le questioni di giurisdizione di cui all'articolo 37. L'istanza si propone con ricorso a norma degli articoli 364, e seguenti, e produce gli effetti di cui all'articolo 367.
La pubblica amministrazione che non è parte in causa può chiedere in ogni stato e grado del processo che sia dichiarato dalle sezioni unite della corte di cassazione il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a causa dei poteri attribuiti dalla legge all'amministrazione stessa, finchè la giurisdizione non sia stata affermata con sentenza passata in giudicato.
Art. 42.
(Regolamento necessario di competenza).
La sentenza che, pronunciando sulla competenza anche a norma degli articoli 39 e 40, non decide il merito della causa, può essere impugnata soltanto con istanza di regolamento di competenza.
Art. 43.
(Regolamento facoltativo di competenza).
La sentenza che ha pronunciato sulla competenza insieme col merito può essere impugnata con l'istanza di regolamento di competenza, oppure nei modi ordinari quando insieme con la pronuncia sulla competenza si impugna quella sul merito.
La proposizione dell'inpugnazione ordinaria non toglie alle altre parti la facoltà di proporre l'istanza di regolamento.
Se l'istanza di regolamento è proposta prima dell'impugnazione ordinaria, i termini per la proposizione di questa riprendono a decorrere dalla comunicazione della sentenza che regola la competenza; se è proposta dopo, si applica la disposizione dell'articolo 48.
Art. 44.
(Efficacia della sentenza che pronuncia sulla competenza).
La sentenza che anche a norma degli articoli 39 e 40, dichiara l'incompetenza del giudice che l'ha pronunciata, se non è impugnata con l'istanza di regolamento, rende incontestabile l'incompetenza dichiarata e la competenza del giudice in essa indicato se la causa è riassunta nei termini di cui all'articolo 50, salvo che si tratti di incompetenza per materia o di incompetenza per territorio nei casi previsti nell'articolo 28.
Art. 45.
(Conflitto di competenza).
Quando, in seguito alla sentenza che dichiara l'incompetenza del giudice adito per ragione di materia o per territorio nei casi di cui all'articolo 28, la causa nei termini di cui all'articolo 50 è riassunta davanti ad altro giudice, questi, se ritiene di essere a sua volta incompetente, richiede d'ufficio il regolamento di competenza.
Art. 46.
(Casi di inapplicabilità del regolamento di competenza).
Le disposizioni degli articoli 42 e 43 non si applicano nei giudizi davanti ai conciliatori.
Art. 47.
(Procedimento del regolamento di competenza).
L'istanza di regolamento di competenza si propone alla corte di cassazione con ricorso sottoscritto dal procuratore o dalla parte, se questa si è costituita personalmente.
Il ricorso deve essere notificato alle parti che non vi hanno aderito entro il termine perentorio di venti giorni dalla comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla competenza o dalla notificazione dell'impugnazione ordinaria nel caso previsto nell'articolo 43 secondo comma. L'adesione delle parti può risultare anche dalla sottoscrizione del ricorso.
La parte che propone l'istanza, nei cinque giorni successivi all'ultima notificazione del ricorso alle parti, deve chiedere ai cancellieri degli uffici davanti ai quali pendono i processi che i relativi fascicoli siano rimessi alla cancelleria della corte di cassazione. Nel termine perentorio di venti giorni dalla stessa notificazione deve depositare nella cancelleria il ricorso con i documenti necessari.
Il regolamento d'ufficio è richiesto con ordinanza dal giudice, il quale dispone la rimessione del fascicolo di ufficio alla cancelleria della corte di cassazione.
Le parti, alle quali è notificato il ricorso o comunicata l'ordinanza del giudice, possono nei venti giorni successivi, depositare nella cancelleria della corte di cassazione scritture difensive e documenti.
Art. 48.
(Sospensione dei processi).
I processi relativamente ai quali è chiesto il regolamento di competenza sono sospesi dal giorno in cui è presentata l'istanza al cancelliere a norma dell'articolo precedente o dalla pronuncia dell'ordinanza che richiede il regolamento.
Il giudice può autorizzare il compimento degli atti che ritiene urgenti.
Art. 49.
(Sentenza di regolamento di competenza).
Il regolamento è pronunciato con sentenza in camera di consiglio entro i venti giorni successivi alla scadenza del termine previsto nell'articolo 47 ultimo comma.
Con la sentenza la corte di cassazione statuisce sulla competenza, dà i provvedimenti necessari per la prosecuzione del processo davanti al giudice che dichiara competente e rimette, quando occorre, le parti in termini affinchè provvedano alla loro difesa.
Art. 50.
(Riassunzione della causa).
Se la riassunzione della causa davanti al giudice dichiarato competente avviene nel termine fissato nella sentenza dal giudice e in mancanza in quello di tre mesi dalla comunicazione della sentenza di regolamento o della sentenza che dichiara l'incompetenza del giudice adito, il processo continua davanti al nuovo giudice.
Se la riassunzione non avviene nei termini su indicati, il processo si estingue.
Sezione VII. -
Dell'astensione, della ricusazione e della responsabilità dei giudici.
Art. 51.
(Astensione del giudice).
Il giudice ha l'obbligo di astenersi: 1) se ha interesse nella causa o in altra vertente su indicata questione di diritto; 2) se egli stesso o la moglie è parente fino al quarto grado o legato da vincoli di affiliazione, o è convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori; 3) se egli stesso o la moglie ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito e debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori; 4) se ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa, o ha deposto in essa come testimone, oppure ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo o come arbitro o vi ha prestato assistenza come consulente tecnico; 5) se è tutore, curatore, procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti; se, inoltre, è amministratore o gerente di un ente, di un'associazione anche non riconosciuta, di un comitato, di una società o stabilimento che ha interesse nella causa.
In ogni altro caso in cui esistono gravi ragioni di convenienza, il giudice può richiedere al capo dell'ufficio l'autorizzazione ad astenersi; quando l'astensione riguarda il capo dell'ufficio, l'autorizzazione è chiesta al capo dell'ufficio superiore.
Art. 52.
(Ricusazione del giudice).
Nei casi in cui è fatto obbligo al giudice di astenersi ciascuna delle parti può proporne la ricusazione mediante ricorso contenente i motivi specifici e i mezzi di prova.
Il ricorso, sottoscritto dalla parte o dal difensore, deve essere depositato in cancelleria due giorni prima dell'udienza, se al ricusante è noto il nome dei giudici che sono chiamati a trattare o decidere la causa, e prima dell'inizio della trattazione o discussione di questa nel caso contrario.
La ricusazione sospende il processo.
Art. 53.
(Giudice competente).
Sulla ricusazione decide il pretore se è ricusato un conciliatore o un vice pretore del mandamento; il presidente del tribunale se è ricusato un pretore della circoscrizione; il collegio se è ricusato uno dei componenti del tribunale o della corte.
La decisione è pronunciata con ordinanza non impugnabile, udito il giudice ricusato e assunte, quando occorre le prove offerte.
Art. 54.
(Ordinanza sulla ricusazione).
L'ordinanza che accoglie il ricorso designa il giudice che deve sostituire quello ricusato.
La ricusazione è dichiarata inammissibile, se non è stata proposta nelle forme e nei termini fissati nell'articolo 52.
L'ordinanza, che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione, provvede sulle spese e condanna la parte o il difensore che l'ha proposta a una pena pecuniaria non superiore a lire mille.
Dell'ordinanza è data notizia dalla cancelleria al giudice e alle parti, le quali debbono provvedere alla riassunzione della causa nel termine perentorio di venti giorni.
Art. 55.
(Responsabilità civile del giudice).
Il giudice è civilmente responsabile soltanto: 1) quando nell'esercizio delle sue funzioni è imputabile di dolo, frode o concussione; 2) quando senza giusto motivo rifiuta, omette o ritarda di provvedere sulle domande o istanze delle parti e, in generale, di compiere un atto del suo ministero.
Le ipotesi previste nel numero 2 possono aversi per avverate solo quando la parte ha depositato in cancelleria istanza al giudice per ottenere il provvedimento o l'atto, e sono decorsi inutilmente dieci giorni dal deposito.
Art. 56.
(Autorizzazione).
La domanda per la dichiarazione di responsabilità del giudice non può essere proposta senza l'autorizzazione del Ministro di grazia e giustizia.
A richiesta della parte autorizzata la corte di cassazione designa, con decreto emesso in camera di consiglio, il giudice che deve pronunciare sulla domanda.
Le disposizioni del presente articolo e del precedente non si applicano in caso di costituzione di parte civile nel processo penale o di azione civile in seguito a condanna penale.
Capo II.
Del cancelliere e dell'ufficiale giudiziario.
Art. 57.
(Attività del cancelliere).
Il cancelliere documenta a tutti gli effetti, nei casi e nei modi previsti dalla legge, le attività proprie e quelle degli organi giudiziari e delle parti.
Egli assiste il giudice in tutti gli atti dei quali deve essere formato processo verbale.
Quando il giudice provvede per iscritto, salvo che la legge disponga altrimenti, il cancelliere stende la scrittura e vi appone la sua sottoscrizione dopo quella del giudice.
Art. 58.
(Altre attività del cancelliere).
Il cancelliere attende al rilascio di copie ed estratti autentici dei documenti prodotti, all'iscrizione delle cause a ruolo, alla formazione del fascicolo d'ufficio e alla conservazione di quelli delle parti, alle comunicazioni e alle notificazioni prescritte dalla legge o dal giudice, nonchè alle altre incombenze che la legge gli attribuisce.
Art. 59.
(Attività dell'ufficiale giudiziario).
L'ufficale giudiziario assiste il giudice in udienza, provvede all'esecuzione dei suoi ordini, esegue la notificazione degli atti e attende alle altre incombenze che la legge gli attribuisce.
Art. 60.
(Responsabilità del cancelliere e dell'ufficiale giudiziario).
Il cancelliere e l'ufficiale giudiziario sono civilmente responsabili: 1) quando, senza giusto motivo, ricusano di compiere gli atti che sono loro legalmente richiesti oppure omettono di compierli nel termine che, su istanza di parte, è fissato dal giudice dal quale dipendono o dal quale sono stati delegati; 2) quando hanno compiuto un atto nullo con dolo o colpa grave.
Capo III.
Del consulente tecnico, del custode e degli altri ausiliari del giudice.
Art. 61.
(Consulente tecnico).
Quando è necessario, il giudice può farsi assistere, per il compimento di singoli atti o per tutto il processo, da uno o più consulenti di particolare competenza tecnica.
La scelta dei consulenti tecnici deve essere normalmente fatta tra le persone iscritte in albi speciali formati a norma del regolamento al presente codice.
Art. 62.
(Attività del consulente).
Il consulente compie le indagini che gli sono commesse dal giudice e fornisce, in udienza e in camera di consiglio, i chiarimenti che il giudice gli richiede a norma degli articoli 194 e seguenti, e degli articoli 441 e 463.
Art. 63.
(Obbligo di assumere l'incarico e ricusazione del consulente).
Il consulente scelto tra gli iscritti in un albo ha l'obbligo di prestare il suo ufficio, tranne che il giudice riconosca che ricorre un giusto motivo di astensione.
Il consulente può essere ricusato dalle parti per i motivi indicati nell'articolo 51.
Della ricusazione del consulente conosce il giudice che l'ha nominato.
Art. 64.
(Responsabilità del consulente).
Si applicano al consulente tecnico le disposizioni del codice penale relative ai periti.
In ogni caso, qualora il consulente tecnico incorra in colpa grave nell'esecuzione degli atti che gli sono richiesti, è condannato dal giudice a una pena pecuniaria non superiore a lire cinquemila. Egli è inoltre tenuto al risarcimento dei danni causati alle parti.
Art. 65.
(Custode).
La conservazione e l'amministrazione dei beni pignorati o sequestrati sono affidate a un custode, quando la legge non dispone altrimenti.
Il compenso al custode è stabilito, con decreto, dal pretore nel caso di nomina fatta dall'ufficiale giudiziario, e in ogni altro caso dal giudice che l'ha nominato.
Art. 66.
(Sostituzione del custode).
Il giudice, d'ufficio o su istanza di parte, può disporre in ogni tempo la sostituzione del custode.
Il custode che non ha diritto a compenso può chiedere in ogni tempo di essere sostituito; altrimenti può chiederlo soltanto per giusti motivi.
Il provvedimento di sostituzione è dato, con ordinanza non impugnabile, dal pretore o dal giudice di cui al secondo comma dell'articolo precedente.
Art. 67.
(Responsabilità del custode).
Ferme le disposizioni del codice penale, il custode che non esegue l'incarico assunto può essere condannato dal giudice a una pena pecuniaria non superiore a lire cinquemila.
Egli è tenuto al risarcimento dei danni cagionati alle parti, se non esercita la custodia da buon padre di famiglia.
Art. 68.
(Altri ausiliari).
Nei casi previsti dalla legge o quando ne sorge necessità, il giudice, il cancelliere o l'ufficiale giudiziario si può fare assistere da esperti in una determinata arte o professione e, in generale, da persona idonea al compimento di atti che egli non è in grado di compiere da sè solo.
Il giudice può commettere a un notaio il compimento di determinati atti nei casi previsti dalla legge.
Il giudice può sempre richiedere l'assistenza della forza pubblica.
Titolo II.
Del pubblico ministero
Art. 69.
(Azione del pubblico ministero).
Il pubblico ministero esercita l'azione civile nei casi stabiliti dalla legge.
Art. 70.
(Intervento in causa del pubblico ministero).
Il pubblico ministero deve intervenire, a pena di nullità rilevabile d'ufficio: 1) nelle cause che egli stesso potrebbe proporre; 2) nelle cause matrimoniali, comprese quelle di separazione personale dei coniugi; 3) nelle cause riguardanti lo stato e la capacità delle persone; 4) nelle cause collettive e nelle cause individuali di lavoro in grado di appello; negli altri casi previsti dalla legge.
Deve intervenire in ogni causa davanti alla corte di cassazione.
Può infine intervenire in ogni altra causa in cui ravvisa un pubblico interesse.
Art. 71.
(Comunicazione degli atti processuali al pubblico ministero).
Il giudice, davanti al quale è proposta una delle cause indicate nel primo comma dell'articolo precedente, ordina la comunicazione degli atti al pubblico ministero affinchè possa intervenire.
Lo stesso ordine il giudice può dare ogni volta che ravvisi uno dei casi previsti nell'ultimo comma dell'articolo precedente.
Art. 72.
(Poteri del pubblico ministero).
Il pubblico ministero, che interviene nelle cause che avrebbe potuto proporre, ha gli stessi poteri che competono alle parti e li esercita nelle forme che la legge stabilisce per queste ultime.
Negli altri casi di intervento previsti nell'articolo 70, tranne che in quello di cui al secondo comma, il pubblico ministero può produrre documenti, dedurre prove e prendere conclusioni nei limiti delle domande proposte dalle parti, ma non può proporre impugnazioni contro le sentenze, salvo che nel caso previsto nell'articolo 397.
Art. 73.
(Astensione del pubblico ministero).
Ai magistrati del pubblico ministero che intervengono nel processo civile si applicano le disposizioni del presente codice relative all'astensione dei giudici, ma non quelle relative alla ricusazione.
Art. 74.
(Responsabilità del pubblico ministero).
Le norme sulla responsabilità del giudice e sull'esercizio dell'azione relativa si applicano anche ai magistrati del pubblico ministero che intervengono nel processo civile, quando nell'esercizio delle loro funzioni sono imputabili di dolo, frode o concussione.
Titolo III.
Delle parti e dei difensori
Capo I.
Delle parti.
Art. 75.
(Capacità processuale).
Sono capaci di stare in giudizio le persone che hanno il libero esercizio dei diritti che vi si fanno valere.
Le persone che non hanno il libero esercizio dei diritti non possono stare in giudizio se non rappresentate, assistite o autorizzate secondo le norme che regolano la loro capacità.
Le persone giuridiche stanno in giudizio per mezzo di chi le rappresenta a norma della legge o dello statuto.
Le associazioni e i comitati, che non sono persone giuridiche, stanno in giudizio per mezzo delle persone indicate negli articoli 34 e seguenti del libro primo del codice civile.
Art. 76.
(Famiglia Reale).
Al Re Imperatore, alla Regina Imperatrice e ai Principi della Casa Reale è sostituito in giudizio il Ministro della Real Casa.
Art. 77.
(Rappresentanza del procuratore e dell'institore).
Il procuratore generale e quello preposto a determinati affari non possono stare in giudizio per il preponente, quando questo potere non è stato loro conferito espressamente per iscritto, tranne che per gli atti urgenti e per le misure cautelari.
Tale potere si presume conferito al procuratore generale di chi non ha residenza o domicilio nel Regno e all'institore.
Art. 78.
(Curatore speciale).
Se manca la persona a cui spetta la rappresentanza o l'assistenza, e vi sono ragioni di urgenza, può essere nominato all'incapace, alla persona giuridica o all'associazione non riconosciuta un curatore speciale che lo rappresenti o assista finchè subentri colui al quale spetta la rappresentanza o l'assistenza.
Si procede altresì alla nomina di un procuratore speciale al rappresentato, quando vi è conflitto d'interessi col rappresentante.
Art. 79.
(Istanza di nomina del curatore speciale).
La nomina del curatore speciale di cui all'articolo precedente può essere in ogni caso chiesta dal pubblico ministero. Può essere chiesta anche dalla persona che deve essere rappresentata o assistita, sebbene incapace, nonchè dai suoi prossimi congiunti e in caso di conflitto di interessi, dal rappresentante.
Può essere inoltre chiesta da qualunque altra parte in causa che vi abbia interesse.
Art. 80.
(Provvedimento di nomina del curatore speciale).
L'istanza per la nomina del curatore speciale si propone al conciliatore, al pretore o al presidente dell'ufficio giudiziario davanti al quale s'intende proporre la causa.
Il giudice, assunte le opportune informazioni e sentite possibilmente le persone interessate, provvede con decreto. Questo è comunicato al pubblico ministero affinchè provochi, quando occorre, i provvedimenti per la costituzione della normale rappresentanza o assistenza dell'incapace, della persona giuridica o dell'associazione non riconosciuta.
Art. 81.
(Sostituzione processuale).
Fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui.
Capo II.
Dei difensori.
Art. 82.
(Patrocinio).
Davanti ai conciliatori le parti possono stare in giudizio senza ministero di difensore.
Davanti ai pretori le parti non possono stare in giudizio se non col ministero o con l'assistenza di un difensore. Il pretore tuttavia, in considerazione della natura ed entità della causa, con decreto emesso anche su istanza verbale della parte può autorizzarla a stare in giudizio di persona.
Salvi i casi in cui la legge dispone altrimenti, davanti ai tribunali e alle corti d'appello le parti debbono stare in giudizio col ministero di un procuratore legalmente esercente; e davanti alla corte di cassazione col ministero di un avvocato iscritto nell'apposito albo.
Art. 83.
(Procura alle liti).
Quando la parte sta in giudizio col ministero di un difensore, questi deve essere munito di procura.
La procura alle liti può essere generale o speciale, e deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata.
La procura speciale può essere anche apposta in calce o a margine della citazione, del ricorso, del controricorso, della comparsa di risposta o d'intervento, del precetto o della domanda d'intervento nell'esecuzione. In tali casi l'autografia della sottoscrizione della parte deve essere certificata dal difensore.
La procura speciale si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo, quando nell'atto non è espressa volontà diversa.
Art. 84.
(Poteri del difensore).
Quando la parte sta in giudizio col ministero del difensore, questi può compiere e ricevere, nell'interesse della parte stessa, tutti gli atti del processo che dalla legge non sono ad essa espressamente riservati.
In ogni caso non può compiere atti che importano disposizione del diritto in contesa, se non ne ha ricevuto espressamente il potere.
Art. 85.
(Revoca e rinuncia alla procura).
La procura può essere sempre revocata e il difensore può sempre rinunciarvi, ma la revoca e la rinuncia non hanno effetto nei confronti dell'altra parte finchè non sia avvenuta la sostituzione del difensore.
Art. 86.
(Difesa personale della parte).
La parte o la persona che la rappresenta o assiste, quando ha la qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore con procura presso il giudice adito, può stare in giudizio senza il ministero di altro difensore.
Art. 87.
(Assistenza degli avvocati e del consulente tecnico).
La parte può farsi assistere da uno o più avvocati, e anche da un consulente tecnico nei casi e con i modi stabiliti nel presente codice.
Capo III.
Dei doveri delle parti e dei difensori
Art. 88.
(Dovere di lealtà e di probità).
Le parti e i loro difensori hanno il dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità.
In caso di mancanza dei difensori a tale dovere, il giudice deve riferirne alle autorià che esercitano il potere disciplinare su di essi.
Art. 89.
(Espressioni sconvenienti ed offensive).
Negli scritti presentati e nei discorsi pronunciati davanti al giudice, le parti e i loro difensori non debbono usare espressioni sconvenienti od offensive.
Il giudice, in ogni stato dell'istruzione, può disporre con ordinanza che si cancellino le espressioni sconvenienti od offensive, e, con la sentenza che decide la causa, può inoltre assegnare alla persona offesa una somma a titolo di risarcimento del danno anche non patrimoniale sofferto, quando le espressioni offensive non riguardano l'oggetto della causa.
capo IV.
Della responsabilità delle parti per le spese e per i danni processuali.
Art. 90.
(Onere delle spese).
Salve le disposizioni relative al gratuito patrocinio, nel corso del processo ciascuna delle parti deve provvedere alle spese degli atti che compie e di quelli che chiede, e deve anticiparle per gli altri atti necessari al processo quando l'anticipazione è posta a suo carico dalla legge o dal giudice.
Art. 91.
(Condanna alle spese).
Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa. Eguale provvedimento emette nella sua sentenza il giudice che regola la competenza.
Le spese della sentenza sono liquidate dal cancelliere con nota in margine alla stessa; quelle della notificazione della sentenza, del titolo esecutivo e del precetto sono liquidate dall'ufficiale giudiziario con nota in margine all'originale e alla copia notificata.
I reclami contro le liquidazioni di cui al comma precedente sono decisi con le forme previste negli articoli 287 e 288 dal capo dell'ufficio a cui appartiene il cancelliere o l'ufficiale giudiziario.
Art. 92.
(Condanna alle spese per singoli atti. Compensazione delle spese).
Il giudice, nel procunciare la condanna di cui all'articolo precedente, può escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice, se le ritiene eccessive o superflue; e può, indipendentemente dalla soccombenza, condannare una parte al rimborso delle spese, anche non ripetibili, che, per trasgressione al dovere di cui all'articolo 88, essa ha causato all'altra parte.
Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti.
Se le parti si sono conciliate, le spese, si intendono compensate, salvo che le parti stesse abbiano diversamente convenuto nel processo verbale di conciliazione.
Art. 93.
(Distrazione delle spese).
Il difensore con procura può chiedere che il giudice, nella stessa sentenza in cui condanna alle spese, distragga in favore suo e degli altri difensori gli onorari non riscossi e le spese che dichiara di avere anticipate.
Finchè il difensore non abbia conseguito il rimborso che gli è stato attribuito, la parte può chiedere al giudice, con le forme stabilite per la correzione delle sentenze, la revoca del provvedimento, qualora dimostri di aver soddisfatto il credito del difensore per gli onorari e le spese.
Art. 94.
(Condanna di rappresentanti o curatori).
Gli eredi beneficiati, i tutori, i curatori e in generale coloro che rappresentano o assistono la parte in giudizio possono essere condannati personalmente, per motivi gravi che il giudice deve specificare nella sentenza, alle spese dell'intero processo o di singoli atti, anche in solido con la parte rappresentata o assistita.
Art. 95.
(Spese del processo di esecuzione).
Le spese sostenute dal creditore procedente e da quelli intervenuti che partecipano utilmente alla distribuzione sono a carico di chi ha subito l'esecuzione, fermo il privilegio stabilito dal codice civile.
Art. 96.
(Responsabilità aggravata).
Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell'altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche di ufficio, nella sentenza.
Il giudice che accerta l'inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziale, o iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l'esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l'attore o il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione dei danni è fatta a norma del comma precedente.
Art. 97.
(Responsabilità di più soccombenti).
Se le parti soccombenti sono più, il giudice condanna ciascuna di esse alle spese e ai danni in proporzione del rispettivo interesse nella causa. Può anche pronunciare condanna solidale di tutte o di alcune tra esse, quando hanno interesse comune.
Se la sentenza non statuisce sulla ripartizione delle spese e dei danni, questa si fa per quote uguali.
Art. 98.
(Cauzione per le spese).
Il giudice istruttore, il pretore o il conciliatore, su istanza del convenuto, può disporre con ordinanza che l'attore non ammesso al gratuito patrocinio presti cauzione per il rimborso delle spese, quando vi è fondato timore che l'eventuale condanna possa restare ineseguita.
Se la cauzione non è prestata nel termine stabilito, il processo si estingue.
Titolo IV.
Dell'esercizio dell'azione
Art. 99.
(Principio della domanda).
Chi vuole far valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al giudice competente.
Art. 100.
(Interesse ad agire).
Per proporre una domanda o per contradire alla stessa è necessario avervi interesse.
Art. 101.
(Principio del contradittorio).
Il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti, non può statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa.
Art. 102.
(Litisconsorzio necessario).
Se la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo.
Se questo è promosso da alcune o contro alcune soltanto di esse, il giudice ordina l'integrazione del contradittorio in un termine perentorio da lui stabilito.
Art. 103.
(Litisconsorzio facoltativo).
Più parti possono agire o essere convenute nello stesso processo, quando tra le cause che si propongono esiste connessione per l'oggetto o per il titolo dal quale dipendono, oppure quando la decisione dipende, totalmente o parzialmente, dalla risoluzione di identiche questioni.
Art. 104.
(Pluralità di domande contro la stessa parte).
Contro la stessa parte possono proporsi nel medesimo processo più domande anche non altrimenti connesse, purchè sia osservata la norma dell'articolo 10 secondo comma.
Il giudice può ordinare la separazione delle cause quando la loro riunione ritarderebbe o renderebbe più gravoso il processo, e può rimettere al giudice inferiore le cause di sua competenza.
Art. 105.
(Intervento volontario).
Ciascuno può intervenire in un processo tra altre persone per far valere, in confronto di tutte le parti o di alcune di esse, un diritto relativo all'oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo.
Può altresì intervenire per sostenere le ragioni di alcuna delle parti, quando vi ha un proprio interesse.
Art. 106.
(Intervento su istanza di parte).
Ciascuna parte può chiamare nel processo un terzo al quale ritiene comune la causa o dal quale pretende esser garantita.
Art. 107.
(Intervento per ordine del giudice).
Il giudice, quando ritiene opportuno che il processo si svolga in confronto di un terzo al quale la causa è comune, ne ordina l'intervento.
Art. 108.
(Estromissione del garantito).
Se il garante comparisce e accetta di assumere la causa in luogo del garantito, questi può chiedere, qualora le altri parti non si oppongano, la propria estromissione. Questa è disposta dal giudice con ordinanza; ma la sentenza di merito pronunciata nel giudizio spiega i suoi effetti anche contro l'estromesso.
Art. 109.
(Estromissione dell'obbligato).
Se si contende a quale di più parti spetta una prestazione e l'obbligato si dichiara pronto a eseguirla a favore di chi ne ha diritto, il giudice può ordinare il deposito della cosa o della somma dovuta e, dopo il deposito, può estromettere l'obbligato dal processo.
Art. 110.
(Successione nel processo).
Quando la parte vien meno per morte o per altra causa, il processo è proseguito dal successore universale o in suo confronto.
Art. 111.
(Successione a titolo particolare nel diritto controverso).
Se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie.
Se il trasferimento a titolo particolare avviene a causa di morte, il processo è proseguito dal successore universale o in suo confronto.
In ogni caso il successore a titolo particolare può intervenire o essere chiamato nel processo e, se le altre parti vi consentono, l'alienante o il successore universale può esserne estromesso.
La sentenza pronunciata contro questi ultimi spiega sempre i suoi effetti anche contro il successore a titolo particolare ed è impugnabile anche da lui, salve le norme sull'acquisto in buona fede dei mobili e sulla trascrizione per gli immobili.
Titolo V.
Dei poteri del giudice
Art. 112.
(Corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato).
Il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa; e non può pronunciare d'ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti.
Art. 113.
(Pronuncia secondo diritto).
Nel pronunciare sulla causa il giudice deve seguire le norme del diritto, salvo che la legge gli attribuisca il potere di decidere secondo equità.
Il conciliatore decide secondo equità le cause il cui valore non eccede le lire seicento.
Art. 114.
(Pronuncia secondo equità a richiesta di parte).
Il giudice, sia in primo grado che in appello, decide il merito della causa secondo equità quando esso riguarda diritti disponibili delle parti e queste gliene fanno concorde richiesta.
Art. 115.
(Disponibilità delle prove).
Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero.
Può tuttavia, senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza.
Art. 116.
(Valutazione delle prove).
Il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti.
Il giudice può desumere argomenti di prova dalle risposte che le parti gli danno a norma dell'articolo seguente, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni che egli ha ordinate e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo.
Art. 117.
(Interrogatorio non formale delle parti).
Il giudice, in qualunque stato e grado del processo, ha facoltà di ordinare la comparizione personale delle parti in contradittorio tra loro per interrogarle liberamente sui fatti della causa. Le parti possono farsi assistere dai difensori.
Art. 118.
(Ordine d'ispezione di persone e di cose).
Il giudice può ordinare alle parti e ai terzi di consentire sulla loro persona o sulle cose in loro possesso le ispezioni che appaiono indispensabili per conoscere i fatti della causa, purchè ciò possa compiersi senza grave danno per la parte o per il terzo, e senza costringerli a violare uno dei segreti previsti negli articoli 351 e 352 del codice di procedura penale.
Se la parte rifiuta di eseguire tale ordine senza giusto motivo, il giudice può da questo rifiuto desumere argomenti di prova a norma dell'articolo 116 secondo comma.
Se rifiuta il terzo, il giudice lo condanna a una pena pecuniaria non superiore a lire duemila.
Art. 119.
(Imposizione di cauzione).
Il giudice, nel provvedimento col quale impone una cauzione, deve indicare l'oggetto di essa, il modo di prestarla, e il termine entro il quale la prestazione deve avvenire.
Art. 120.
(Pubblicità della sentenza).
Nei casi in cui la pubblicità della decisione di merito può contribuire a riparare il danno, il giudice, su istanza di parte, può ordinarla a cura e spese del soccombente, mediante inserzione per estratto in uno o più giornali da lui designati.
Se l'inserzione non avviene nel termine stabilito dal giudice, può procedervi la parte a favore della quale è stata disposta, con diritto a ripetere le spese dall'obbligato.
Titolo VI.
Degli atti processuali
Capo I.
Delle forme degli atti e dei provvedimenti.
Sezione I. -
Degli atti in generale.
Art. 121.
(Libertà di forme).
Gli atti del processo, per i quali la legge non richiede forme determinate, possono essere compiuti nella forma più idonea al raggiungimento del loro scopo.
Art. 122.
(Uso della lingua italiana - Nomina dell'interprete).
In tutto il processo è prescritto l'uso della lingua italiana.
Quando deve essere sentito chi non conosce la lingua italiana, il giudice può nominare un interprete.
Questi, prima di esercitare le sue funzioni, presta giuramento davanti al giudice di adempiere fedelmente il suo ufficio.
Art. 123.
(Nomina del traduttore).
Quando occorre procedere all'esame di documenti che non sono scritti in lingua italiana, il giudice può nominare un traduttore, il quale presta giuramento a norma dell'articolo precedente.
Art. 124.
(Interrogazione del sordo e del muto).
Se nel procedimento deve essere sentito un sordo, un muto o un sordomuto, le interrogazioni e le risposte possono essere fatte per iscritto.
Quando occorre, il giudice nomina un interprete, il quale presta giuramento a norma dell'articolo 122 ultimo comma.
Art. 125.
(Contenuto e sottoscrizione degli atti di parte).
Salvo che la legge disponga altrimenti, la citazione, il ricorso, la comparsa, il controricorso, il precetto debbono indicare l'ufficio giudiziario, le parti, l'oggetto, le ragioni della domanda e le conclusioni o la istanza, e, tanto nell'originale quanto nelle copie da notificare, debbono essere sottoscritti dalla parte, se essa sta in giudizio personalmente, oppure dal difensore munito di procura.
Art. 126.
(Contenuto del processo verbale).
Il processo verbale deve contenere l'indicazione delle persone intervenute e delle circostanze di luogo e di tempo nelle quali gli atti che documenta sono compiuti; deve inoltre contenere la descrizione delle attività svolte e delle rilevazioni fatte, nonchè le dichiarazioni ricevute.
Il processo verbale è sottoscritto dal cancelliere. Se vi sono altri intervenuti, il cancelliere, quando la legge non dispone altrimenti, dà loro lettura del processo verbale e li invita a sottoscriverlo. Se alcuno di essi non può o non vuole sottoscrivere, ne è fatta espressa menzione.
Sezione II. -
Delle udienze.
Art. 127.
(Direzione dell'udienza).
L'udienza è diretta dal giudice singolo o dal presidente del collegio.
Il giudice che la dirige può fare o prescrivere quanto occorre affinchè la trattazione delle cause avvenga in modo ordinato e proficuo, regola la discussione, determina i punti sui quali essa deve svolgersi e la dichiara chiusa quando la ritiene sufficiente.
Art. 128.
(Udienza pubblica).
L'udienza in cui si discute la causa è pubblica a pena di nullità, ma il giudice che la dirige può disporre che si svolga a porte chiuse, se ricorrono ragioni di sicurezza dello Stato, di ordine pubblico o di buon costume.
Il giudice esercita i poteri di polizia per il mantenimento dell'ordine e del decoro e può allontanare chi contravviene alle sue prescrizioni.
Art. 129.
(Doveri di chi interviene o assiste all'udienza).
Chi interviene o assiste all'udienza non può portare armi o bastoni e deve stare a capo scoperto e in silenzio.
E' vietato fare segni di approvazione o di disapprovazione o cagionare in qualsiasi modo disturbo.
Art. 130.
(Redazione del processo verbale).
Il cancelliere redige il processo verbale di udienza sotto la direzione del giudice.
Il processo verbale è sottoscritto da chi presiede l'udienza e dal cancelliere; di esso non si dà lettura, salvo espressa istanza di parte.
Sezione III. -
Dei provvedimenti.
Art. 131.
(Forma dei provvedimenti in generale).
La legge prescrive in quali casi il giudice pronuncia sentenza, ordinanza o decreto.
In mancanza di tali prescrizioni, i provvedimenti sono dati in qualsiasi forma idonea al raggiungimento del loro scopo.
Art. 132.
(Contenuto della sentenza).
La sentenza è pronunciata in nome del Re d'Italia e d'Albania Imperatore d'Etiopia.
Essa deve contenere: 1) l'indicazione del giudice che l'ha pronunciata; 2) l'indicazioni delle parti e dei loro difensori; 3) le conclusioni del pubblico ministero e quelle delle parti; 4) la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi in fatto e in diritto della decisione; 5) il dispositivo, la data della deliberazione e la sottoscrizione del giudice.
Se alcuno dei giudici che ha deliberato la sentenza non può sottoscrivere per morte o altro impedimento, è sufficiente la sottoscrizione degli altri componenti il collegio, purchè prima di essa sia menzionato l'impedimento.
Art. 133.
(Pubblicazione e comunicazione della sentenza).
La sentenza è resa pubblica mediante deposito nella cancelleria del giudice che l'ha pronunciata.
Il cancelliere dà atto del deposito in calce alla sentenza e vi appone la data e la firma, ed entro cinque giorni, mediante biglietto contenente il dispositivo, ne dà notizia alle parti che si sono costituite.
Art. 134.
(Forma, contenuto e comunicazione dell'ordinanza).
L'ordinanza è succintamente motivata. Se è pronunciata in udienza, è inserita nel processo verbale; se è pronunciata fuori dell'udienza, è scritta in calce al processo verbale oppure in foglio separato, munito della data e della sottoscrizione del giudice o, quando questo è collegiale, del presidente.
Il cancelliere comunica alle parti l'ordinanza pronunciata fuori dell'udienza, salvo che la legge ne prescriva la notificazione.
Art. 135.
(Forma e contenuto del decreto).
Il decreto è pronunciato d'ufficio o su istanza anche verbale della parte.
Se è pronunciato su ricorso, è scritto in calce al medesimo.
Quando l'istanza è proposta verbalmente, se ne redige processo verbale e il decreto è inserito nello stesso.
Il decreto non è motivato, salvo che la motivazione sia prescritta espressamente dalla legge; è datato ed è sottoscritto dal giudice o, quando questo è collegiale, dal presidente.
Sezione IV. -
Delle comunicazioni e delle notificazioni.
Art. 136.
(Comunicazioni).
Il cancelliere, con biglietto di cancelleria in carta non bollata, fa le comunicazioni che sono prescritte dalla legge o dal giudice al pubblico ministero, alle parti, al consulente, agli altri ausiliari del giudice e ai testimoni, e dà notizia di quei provvedimenti per i quali è disposta dalla legge tale forma abbreviata di comunicazione.
Il biglietto è consegnato dal cancelliere al destinatario, che ne rilascia ricevuta, o è rimesso per posta in piego raccomandato, oppure a mezzo di ufficiale giudiziario.
Art. 137.
(Notificazioni).
Le notificazioni, quando non è disposto altrimenti, sono eseguite dall'ufficiale giudiziario, su istanza di parte o su richiesta del pubblico ministero o del cancelliere.
L'ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante consegna al destinatario di copia conforme all'originale dell'atto da notificarsi.
Art. 138.
(Notificazione in mani proprie).
L'ufficiale giudiziario può sempre eseguire la notificazione mediante consegna della copia nelle mani proprie del destinatario, ovunque lo trovi nell'ambito della circoscrizione dell'ufficio giudiziario al quale è addetto.
Se il destinatario rifiuta di ricevere la copia, l'ufficiale giudiziario ne dà atto nella relazione, e la notificazione si considera fatta in mani proprie.
Art. 139.
(Notificazione nella residenza, nella dimora o nel domicilio).
Se non avviene nel modo previsto nell'articolo precedente, la notificazione deve essere fatta nel comune di residenza del destinatario, ricercandolo nella casa di abitazione o dove ha l'ufficio o esercita l'industria o il commercio.
Se il destinatario non viene trovato in uno di tali luoghi l'ufficiale giudiziario consegna copia dell'atto a una persona di famiglia o addetta alla casa, allo ufficio o all'azienda, purchè non minore di quattordici anni o non palesemente incapace.
In mancanza delle persone indicate nel comma precedente, la copia è consegnata al portiere dello stabile dove è l'abitazione, l'ufficio o l'azienda, e, quando anche il portiere manca, a un vicino di casa che accetti di riceverla.
Il portiere o il vicino deve sottoscrivere l'originale, e l'ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell'avvenuta notificazione dell'atto, a mezzo di lettera raccomandata.
Se il destinatario vive abitualmente a bordo di una nave mercantile, l'atto può essere consegnato al capitano o a chi ne fa le veci.
Quando non è noto il comune di residenza, la notificazione si fa nel comune di dimora, e, se anche questa è ignota, nel comune di domicilio, osservate in quanto è possibile le disposizioni precedenti.
Art. 140.
(Irreperibilità o rifiuto di ricevere la copia).
Se non è possibile eseguire la consegna per irreperibilità o per incapacità o rifiuto delle persone indicate nell'articolo precedente, l'ufficiale giudiziario deposita la copia nella casa del comune dove la notificazione deve eseguirsi, affigge avviso del deposito alla porta dell'abitazione o dell'ufficio o dell'azienda del destinatario e gliene dà notizia per raccomandata con avviso di ricevimento.
Art. 141.
(Notificazione presso il domiciliatario).
La notificazione degli atti a chi ha eletto domicilio presso una persona o un ufficio può essere fatta mediante consegna di copia alla persona o al capo dell'ufficio in qualità di domiciliatario, nel luogo indicato nell'elezione.
Quando l'elezione di domicilio è stata inserita in un contratto, la notificazione presso il domiciliatario è obbligatoria, se così è stato espressamente dichiarato.
La consegna, a norma dell'articolo 138, della copia nelle mani della persona o del capo dell'ufficio presso i quali si è eletto domicilio, equivale a consegna nelle mani proprie del destinatario.
La notificazione non può essere fatta nel domicilio eletto se è chiesta dal domiciliatario o questi è morto o si è trasferito fuori della sede indicata nell'elezione di domicilio o è cessato l'ufficio.
Art. 142.
(Notificazione a persona non residente, nè dimorante, nè domiciliata nel Regno).
Se il destinatario non ha residenza, dimora e domicilio nel Regno e non vi ha eletto domicilio o costituito un procuratore a norma dell'articolo 77, l'atto è notificato mediante affissione di copia nell'albo dell'ufficio giudiziario davanti al quale si procede e mediante spedizione di altra copia al destinatario per mezzo della posta, in piego raccomandato.
Una terza copia è consegnata al pubblico ministero che ne cura la trasmissione al Ministero degli affari esteri per la consegna alla persona alla quale è diretta.
Art. 143.
(Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti).
Se non sono conosciuti la residenza, la dimora e il domicilio del destinatario e non vi è il procuratore previsto nell'articolo 77, l'ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante deposito di copia dell'atto nella casa comunale dell'ultima residenza o, se questa è ignota, in quella del luogo di nascita del destinatario, e mediante affissione di altra copia nell'albo dell'ufficio giudiziario davanti al quale si procede.
Se non sono noti nè il luogo dell'ultima residenza nè quello di nascita, l'ufficiale giudiziario consegna una copia dell'atto al pubblico ministero.
Nei casi previsti nel presente e nel precedente articolo la notificazione si ha per eseguita nel ventesimo giorno successivo a quello in cui sono compiute le formalità prescritte.
Art. 144.
(Notificazione alle amministrazioni dello Stato).
Per le amministrazioni dello Stato si osservano le disposizioni delle leggi speciali che prescrivono la notificazione presso gli uffici dell'avvocatura dello Stato.
Fuori dei casi previsti nel comma precedente, le notificazioni si fanno direttamente, presso l'amministrazione destinataria, a chi la rappresenta nel luogo in cui risiede il giudice davanti al quale si procede. Esse si eseguono mediante consegna di copia nella sede dell'ufficio al titolare o alle persone indicate nell'articolo seguente.
Art. 145.
(Notificazione alle persone giuridiche).
La notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede, mediante consegna di copia dell'atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa.
La notificazione alle società non aventi personalità giuridica, alle associazioni non riconosciute e ai comitati di cui agli articoli 34 e seguenti del libro primo del codice civile si fanno a norma del comma precedente, nella sede indicata nell'articolo 19 secondo comma.
Se la notificazione non può essere eseguita a norma dei commi precedenti e nell'atto è indicata la persona fisica che rappresenta l'ente, si osservano le disposizioni degli articoli 138, 139 e 141.
Art. 146.
(Notificazioni a militari in attività di servizio).
Se il destinatario è militare in attività di servizio e la notificazione non è eseguita in mani proprie, osservate le disposizioni di cui agli articoli 139 e seguenti, si consegna una copia al pubblico ministero, che ne cura l'invio al comandante del corpo al quale il militare appartiene.
Art. 147.
(Tempo delle notificazioni).
Le notificazioni non possono farsi dal 1 ottobre al 31 marzo prima delle ore 7 e dopo le ore 19; dal 1 aprile al 30 settembre prima delle ore 6 e dopo le ore 20.
Art. 148.
(Relazione di notificazione).
L'ufficiale giudiziario certifica l'eseguita notificazione mediante relazione da lui datata e sottoscritta, apposta in calce all'originale e alla copia dell'atto.
La relazione indica la persona alla quale è consegnata la copia e le sue qualità, nonchè il luogo della consegna, oppure le ricerche, anche anagrafiche, fatte dall'ufficiale giudiziario, i motivi della mancata consegna e le notizie raccolte sulla reperibilità del destinatario.
Art. 149.
(Notificazione a mezzo del servizio postale).
Se non ne è fatto espresso divieto dalla legge, la notificazione può eseguirsi anche a mezzo del servizio postale.
In tal caso l'ufficiale giudiziario scrive la relazione di notificazione sull'originale e sulla copia dell'atto, facendovi menzione dell'ufficio postale per mezzo del quale spedisce la copia al destinatario in piego raccomandato con avviso di ricevimento. Quest'ultimo è allegato all'originale.
Art. 150.
(Notificazione per pubblici proclami).
Quando la notificazione nei modi ordinari è sommamente difficile per il rilevante numero dei destinatari o per la difficoltà di identificarli tutti, il capo dell'ufficio giudiziario davanti al quale si procede e, in caso di procedimento davanti al pretore, il presidente del tribunale, nella cui circoscrizione è posta la pretura, può autorizzare, su istanza della parte interessata e sentito il pubblico ministero, la notificazione per pubblici proclami.
L'autorizzazione è data con decreto steso in calce all'atto da notificarsi; in esso sono designati, quando occorre, i destinatari ai quali la notificazione deve farsi nelle forme ordinarie e sono indicati i modi che appaiono più opportuni per portare l'atto a conoscenza degli altri interessati.
In ogni caso, copia dell'atto è depositata nella casa comunale del luogo in cui ha sede l'ufficio giudiziario davanti al quale si promuove o si svolge il processo, e un estratto di esso è inserito nella Gazzetta Ufficiale del Regno e nel Foglio degli annunzi legali delle province dove risiedono i destinatari o si presume che risieda la maggior parte di essi.
La notificazione si ha per avvenuta quando, eseguito ciò che è prescritto nel presente articolo, l'ufficiale giudiziario deposita una copia dell'atto, con la relazione e i documenti giustificativi dell'attività svolta, nella cancelleria del giudice davanti al quale si procede.
Questa forma di notificazione non è ammessa nei procedimenti davanti al conciliatore.
Art. 151.
(Forme di notificazione ordinate dal giudice).
Il giudice può prescrivere, anche d'ufficio, con decreto steso in calce all'atto, che la notificazione sia eseguita in modo diverso da quello stabilito dalla legge, e anche per mezzo di telegramma collazionato con avviso di ricevimento quando lo consigliano circostanze particolari o esigenze di maggiore celerità.
Capo II.
Dei termini.
Art. 152.
(Termini legali e termini giudiziari).
I termini per il compimento degli atti del processo sono stabiliti dalla legge; possono essere stabiliti dal giudice anche a pena di decadenza, soltanto se la legge lo permette espressamente.
I termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori.
Art. 153.
(Improrogabilità dei termini perentori).
I termini perentori non possono essere abbreviati o prorogati, nemmeno sull'accordo delle parti.
Art. 154.
(Prorogabilità del termine ordinatorio).
Il giudice, prima della scadenza, può abbreviare o prorogare, anche d'ufficio, il termine che non sia stabilito a pena di decadenza. La proroga non può avere una durata superiore al termine originario. Non può essere consentita proroga ulteriore, se non per motivi particolarmente gravi e con provvedimento motivato.
Art. 155.
(Computo dei termini).
Nel computo dei termini a giorni o ad ore, si escludono il giorno o l'ora iniziali.
Per il computo dei termini a mesi o ad anni, si osserva il calendario comune.
I giorni festivi si computano nel termine.
Se il giorno di scadenza è festivo, la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo.
Capo III.
Della nullità degli atti.
Art. 156.
(Rilevanza della nullità).
Non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nullità non è comminata dalla legge.
Può tuttavia essere pronunciata quando l'atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo.
La nullità non può mai essere pronunciata, se l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato.
Art. 157.
(Rilevabilità e sanatoria della nullità).
Non può pronunciarsi la nullità senza istanza di parte, se la legge non dispone che sia pronunciata di ufficio.
Soltanto la parte nel cui interesse è stabilito un requisito può opporre la nullità dell'atto per la mancanza del requisito stesso, ma deve farlo nella prima istanza o difesa successiva all'atto o alla notizia di esso.
La nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, nè da quella che vi ha rinunciato anche tacitamente.
Art. 158.
(Nullità derivante dalla costituzione del giudice).
La nullità derivante da vizi relativi alla costituzione del giudice o all'intervento del pubblico ministero è insanabile e deve essere rilevata d'ufficio, salva la disposizione dell'articolo 161.
Art. 159.
(Estensione della nullità).
La nullità di un atto non importa quella degli atti precedenti, nè di quelli successivi che ne sono indipendenti.
La nullità di una parte dell'atto non colpisce le altre parti che ne sono indipendenti.
Se il vizio impedisce un determinato effetto, l'atto può tuttavia produrre gli altri effetti ai quali è idoneo.
Art. 160.
(Nullità della notificazione).
La notificazione è nulla se non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia, o se vi è incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data, salva l'applicazione degli articoli 156 e 157.
Art. 161.
(Nullità della sentenza).
La nullità delle sentenze soggette ad appello o a ricorso per cassazione può essere fatta valere soltanto nei limiti e secondo le regole proprie di questi mezzi di impugnazione.
Questa disposizione non si applica quando la sentenza manca della sottoscrizione del giudice.
Art. 162.
(Pronuncia sulla nullità).
Il giudice che pronuncia la nullità deve disporre, quando sia possibile, la rinnovazione degli atti ai quali la nullità si estende.
Se la nullità degli atti del processo è imputabile al cancelliere, all'ufficiale giudiziario o al difensore il giudice, col provvedimento col quale la pronuncia, pone le spese della rinnovazione a carico del responsabile e, su istanza di parte, con la sentenza che decide la causa può condannare quest'ultimo al risarcimento dei danni causati dalla nullità a norma dell'articolo 60 numero 2.
Libro Secondo
Del processo di cognizione
Titolo I.
Del procedimento davanti al tribunale
Capo I.
Dell'introduzione della causa.
Sezione I. -
Della citazione e della costituzione delle parti.
Art. 163.
(Contenuto della citazione).
La domanda si propone mediante atto di citazione.
Questo deve contenere: 1) l'indicazione del tribunale davanti al quale la domanda è proposta: 2) il nome, il cognome e la residenza dell'attore, il nome, il cognome, la residenza o il dimicilio o la dimora del convenuto e delle persone che rispettivamente li rappresentano o li assistono. Se attore o convenuto è una persona giuridica, un'associazione non riconosciuta o un comitato, la citazione deve contenere la denominazione o la ditta, con l'indicazione dell'organo o ufficio che ne ha la rappresentanza in giudizio; 3) la determinazione della cosa oggetto della domanda; 4) l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni; 5) l'indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l'attore intende valersi e in paricolare dei documenti che offre in comunicazione; 6) il nome e cognome del procuratore e l'indicazione della procura, quando questa non è già apposta sulla stessa citazione; 7) l'invito rivolto al convenuto di costituirsi nel termine che l'attore deve indicare a norma dell'articolo 166, con l'esplicita avvertenza che, non costituendosi, sarà proceduto in sua contumacia.
L'atto di citazione, sottoscritto a norma dell'articolo 125, è consegnato dalla parte o dal procuratore all'ufficiale giudiziario, il quale lo notifica a norma degli articoli 137 e seguenti.
Art. 164.
(Nullità della citazione).
La citazione è nulla se è omesso o risulta assolutamente incerto alcuno dei requisiti richiesti nei numeri 1, 2 e 3 dell'articolo precedente. La nullità è rilevata d'ufficio dal giudice, quando il convenuto non si è costituito in giudizio.
La costituzione del convenuto sana ogni vizio della citazione, ma restano salvi i diritti anteriormente quesiti nei casi richiamati nel comma precedente.
Art. 165.
(Costituzione dell'attore).
L'attore, entro dieci giorni dalla notificazione della citazione al convenuto, deve costituirsi in giudizio a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, depositando in cancelleria la nota d'iscrizione a ruolo e il proprio fascicolo contenente l'originale della citazione, la procura e i documenti offerti in comunicazione. Se si costituisce personalmente, deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune dove ha sede il tribunale.
Se la citazione è notificata a più persone, l'originale della citazione deve essere inserito nel fascicolo entro dieci giorni dall'ultima notificazione.
Art. 166.
(Costituzione del convenuto).
Il convenuto deve costituirsi in giudizio a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, depositando in cancelleria il proprio fascicolo contenente la comparsa di cui all'articolo seguente con le copie necessarie per le altre parti, la copia della citazione notificatagli, la procura e i documenti che offre in comunicazione: entro venti giorni dalla notificazione, se il luogo in cui questa è avveuta si trova nella circoscrizione del tribunale adito; entro trenta giorni, se il luogo della notificazione si trova fuori della circoscrizione del tribunale, ma entro quella della corte d'appello dalla quale dipende; entro quaranta giorni, se il luogo della notificazione si trova nella circoscrizione di altra corte d'appello; entro novanta giorni, se il luogo della notificazione si trova nelle province libiche, in territori del bacino del Mediterraneo soggetti alla sovranità italiana o in Stati europei o posti nel bacino del Mediterraneo; entro centottanta giorni, se il luogo della notificazione si trova in altro Stato o in altro territorio soggetto alla sovranità italiana, e quando la notificazione è eseguita a norma dell'articolo 150.
Questi temini possono essere, su istanza di parte, abbreviati fino alla metà dal presidente con decreto motivato e steso in calce alla citazione. In tal caso i termini di cui all'articolo precedente sono ridotti alla metà.
Art. 167.
(Comparsa di risposta).
Nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese e le eventuali domande riconvenzionali, indicare specificamente i mezzi di prova dei quali intende valersi e formulare le conclusioni.
Se intende chiamare un terzo in causa per la prima udienza, deve farne dichiarazione nella stessa comparsa.
Art. 168.
(Iscrizione della causa a ruolo e formazione del fascicolo d'ufficio).
All'atto della costituzione dell'attore o, se questi non si è costituito, all'atto della costituzione del convenuto, su presentazione della nota d'iscrizione a ruolo, il cancelliere iscrive la causa sul ruolo generale.
Contemporaneamente il cancelliere forma il fascicolo d'ufficio, nel quale inserisce la nota d'iscrizione a ruolo, copia dell'atto di citazione, delle comparse e delle memorie in carta non bollata e, successivamente, i processi verbali d'udienza, i provvedimenti del giudice, gli atti di istruzione e la copia del dispositivo delle sentenze.
Art. 169.
(Ritiro dei fascicoli di parte).
Ciascuna parte può ottenere dal giudice istruttore l'autorizzazione di ritirare il proprio fascicolo dalla cancelleria; ma il fascicolo deve essere di nuovo depositato ogni volta che il giudice lo disponga, e in ogni caso non oltre l'udienza prevista nell'articolo 189.
Art. 170.
(Notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento).
Dopo la costituzione in giudizio tutte le notificazioni e le comunicazioni si fanno al procuratore costituito, salvo che la legge disponga altrimenti.
E' sufficiente la consegna di una sola copia dell'atto, anche se il procuratore è costituito per più parti.
Le notificazioni e le comunicazioni alla parte che si è costituita personalmente si fanno nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto.
Le comparse e le memorie consentite dal giudice si comunicano mediante deposito in cancelleria oppure mediante notificazione o mediante scambio documentato con l'apposizione sull'originale, in calce o in margine, del visto della parte o del procuratore. Il giudice può prescrivere per singoli atti che si segua una o altra di queste forme.
Art. 171.
(Mancata o ritardata costituzione).
Se nessuna delle parti si costituisce nei termini stabiliti, il processo si estingue.
Se una delle parti si è costituita nel termine assegnatole, l'altra può costituirsi successivamente fino alla prima udienza davanti al giudice istruttore.
La parte che non si costituisce neppure nella prima udienza è dichiarata contumace con ordinanza del giudice istruttore, salva la disposizione dell'articolo 291.
Sezione II. -
Della designazione del giudice istruttore.
Art. 172.
(Istanza per la designazione del giudice istruttore).
Nella citazione o nella comparsa di risposta le parti possono proporre istanza al presidente del tribunale affinchè designi il giudice istruttore.
L'istanza può anche essere proposta con separato ricorso.
Se l'istanza non è presentata entro trenta giorni dalla scadenza del termine per la costituzione del convenuto, il processo si estingue.
Art. 173.
(Designazione del giudice istruttore).
Se è stata proposta l'istanza di cui all'articolo precedente, il cancelliere, decorso il termine per la costituzione del convenuto, presenta i fascicoli degli atti al presidente del tribunale, il quale designa un giudice del tribunale per procedere all'istruzione della causa, se non crede di procedervi egli stesso.
Nel decreto, col quale designa il giudice, il presidente fissa l'udienza in cui le parti debbono comparire davanti al giudice medesimo.
Se il tribunale è diviso in sezioni, il presidente può assegnare la causa a una di esse, demandando al presidente della sezione il provvedimento di cui ai due commi precedenti.
Il cancelliere comunica il decreto alle parti costituite almeno cinque giorni prima dell'udienza e provvede all'iscrizione della causa nel ruolo del giudice designato.
Art. 174.
(Immutabilità del giudice istruttore).
Il giudice designato è investito di tutta l'istruzione della causa e della relazione al collegio.
Soltanto in caso di assoluto impedimento o di gravi esigenze di servizio può essere sostituito con decreto del presidente. La sostituzione può essere disposta, quando è indispensabile, anche per il compimento di singoli atti.
Capo II.
Dell'istruzione della causa.
Sezione I. -
Dei poteri del giudice istruttore in generale.
Art. 175.
(Direzione del procedimento).
Il giudice istruttore esercita tutti i poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento del procedimento.
Egli fissa le udienze successive e i termini entro i quali le parti debbono compiere gli atti processuali.
Quando il giudice ha omesso di provvedere a norma del comma precedente, si applica la disposizione dell'articolo 289.
Art. 176.
(Forma dei provvedimenti).
Tutti i provvedimenti del giudice istruttore, salvo che la legge disponga altrimenti, hanno la forma dell'ordinanza.
Le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che dovevano comparirvi; quelle pronunciate fuori dell'udienza sono comunicate a cura del cancellere entro i tre giorni successivi.
Art. 177.
(Effetti e revoca delle ordinanze).
Le ordinanze, comunque motivate, non possono mai pregiudicare la decisione della causa.
Salvo che la legge le dichiari espressamente non impugnabili o predisponga uno speciale mezzo di reclamo contro di esse, le ordinanze possono essere sempre modificate o revocate dal giudice che le ha pronunciate; ma se la pronuncia è avvenuta sull'accordo delle parti, in materia della quale queste possono disporre, non sono revocabili, neppure dal collegio, se non con l'accordo di tutte.
Art. 178.
(Controllo del collegio sulle ordinanze).
Le parti, senza bisogno di mezzi d'impugnazione, possono proporre al collegio, quando la causa è rimessa a questo, tutte le questioni risolute dal giudice istruttore con ordinanza revocabile.
Art. 179.
(Ordinanze di condanna a pene pecuniarie).
Se la legge non dispone altrimenti, le condanne a pene pecuniarie previste nel presente codice sono pronunciate con ordinanza del giudice istruttore.
L'ordinanza pronunciata in udienza in presenza dell'interessato e previa contestazione dell'addebito non è impugnabile; altrimenti il cancelliere la notifica al condannato, il quale, nel termine perentorio di tre giorni, può proporre reclamo con ricorso allo stesso giudice che l'ha pronunciata. Questi, valutate le giustificazioni adottate, pronuncia sul reclamo con ordinanza non impugnabile.
Le ordinanze di condanna previste nel presente articolo costituiscono titolo esecutivo.
Sezione II. -
Della trattazione della causa.
Art. 180.
(Forma della trattazione).
La trattazione della causa davanti al giudice istruttore è sempre orale.
Di essa si redige processo verbale, nel quale si inseriscono le conclusioni delle parti e i provvedimenti che il giudice pronuncia in udienza.
Art. 181.
(Mancata comparizione delle parti).
Se alla prima udienza non compariscono le parti già costituite o alcune di esse, il giudice istruttore verifica la regolarità della comunicazione prescritta nell'ultimo comma dell'articolo 173, e ne ordina, quando occorre, la rinnovazione, fissando una nuova udienza.
Se la comunicazione risulta regolare e nessuna delle parti è presente, il giudice dispone che sia cancellata la causa dal ruolo, e il processo si estingue.
Se non comparisce l'attore e il convenuto non chiede che si proceda in assenza di lui, il giudice fissa una nuova udienza e ordina che gliene sia data comunicazione.
Se l'attore non comparisce alla nuova udienza e il convenuto non chiede che si proceda in assenza di lui, il giudice dispone che sia cancellata la causa dal ruolo, e il processo si estingue.
Art. 182.
(Difetto di rappresentanza o di autorizzazione).
Il giudice istruttore verifica d'ufficio la regolarità della costituzione delle parti e, quando occorre, le invita a completare o a mettere in regola gli atti e i documenti che riconosce difettosi.
Quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione, il giudice può assegnare alle parti un termine per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l'assistenza, o per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, salvo che si sia avverata una decadenza.
Art. 183.
(Prima udienza di trattazione).
Nella prima udienza di trattazione le parti possono precisare e, quando occorre, modificare le domande, eccezioni e conclusioni formulate nell'atto di citazione e nella comparsa di risposta, sulle quali intendono insistere.
Le parti, in ogni caso, possono proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza diretta di quelle già formulate; e, quando il giudice istruttore riconosce che sono rispondenti ai fini di giustizia, possono proporre altre eccezioni o chiedere nuovi mezzi di prova e produrre nuovi documenti.
Il giudice richiede alle parti gli schiarimenti necessari e indica loro le questioni rilevabili d'ufficio, delle quali ritiene opportuna la trattazione.
Quando è necessario, il giudice può fissare altra udienza per il compimento di quanto è prescritto nel presente articolo, autorizzando le parti a presentare memorie.
Art. 184.
(Limiti delle nuove deduzioni e produzioni).
Durante l'ulteriore corso del giudizio, soltanto quando concorrono gravi motivi il giudice istruttore può autorizzare le parti a produrre nuovi documenti, chiedere nuovi mezzi di prova e proporre nuove eccezioni che non siano precluse.
Art. 185.
(Tentativo di conciliazione).
Se la natura della causa lo consente, il giudice istruttore, nella prima udienza o in quella successiva stabilita a norma dell'articolo 183 ultimo comma, deve cercare di conciliare le parti, disponendo, quando occorre, la loro comparizione personale.
Il tentativo di conciliazione può essere rinnovato in qualunque momento dell'istruzione.
Quando le parti si sono conciliate, si forma processo verbale della convenzione conclusa. Il processo verbale costituisce titolo esecutivo.
Art. 186.
(Pronuncia dei provvedimenti).
Sulle domande e sulle eccezioni delle parti, il giudice istruttore, sentite le loro ragioni, dà in udienza i provvedimenti opportuni; ma può anche riservarsi di pronunciarli entro i cinque giorni successivi.
Art. 187.
(Provvedimenti del giudice istruttore).
Il giudice istruttore, se ritiene che la causa sia matura per la decisione di merito senza bisogno di assunzione di mezzi di prova, rimette le parti davanti al collegio.
Può rimettere le parti al collegio affinchè sia decisa separatamente una questione di merito avente carattere preliminare, solo quando la decisione di essa può definire il giudizio.
Il giudice provvede analogamente se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali, ma può anche disporre che siano decise unitamente al merito.
Se ritiene che siano ammissibili e rilevanti, ammette i mezzi di prova proposti dalle parti, ordina gli altri che può disporre d'ufficio, tranne quelli riservati al collegio, e da ogni altra disposizione relativa al processo.
Art. 188.
(Attività istruttoria del giudice).
Il giudice istruttore provvede all'assunzione dei mezzi di prova e, esaurita l'istruzione, rimette le parti al collegio per la decisione a norma dell'articolo seguente.
Art. 189.
(Rimessione al collegio).
Il giudice istruttore, quando rimette la causa al collegio, invita le parti a precisare davanti a lui le conclusioni che intendono sottoporre al collegio stesso, e, quando siano stati assunti mezzi di prova, le invita a indicare le eventuali modificazioni che ritengono di dover apportare alle conclusioni già prese. Le conclusioni di merito debbono essere interamente formulate anche nei casi dell'articolo 187 secondo e terzo comma.
La rimessione investe il collegio di tutta la causa, anche quando avviene a norma dell'articolo 187 secondo e terzo comma.
Art. 190.
(Comparse conclusionali).
Nel rimettere le parti al collegio, il giudice istruttore fissa l'udienza per la discussione davanti a questo. Le parti, cinque giorni prima di tale udienza, debbono comunicarsi le comparse contenenti le sole conclusioni già fissate davanti al giudice istruttore e le relative ragioni di fatto e di diritto.
Questa disposizione si applica anche al pubblico ministero che sia intervenuto nel processo a norma dell'articolo 70.
Sezione III. -
Dell'istruzione probatoria.
§ 1. -
Della nomina e delle indagini del consulente tecnico.
Art. 191.
(Nomina del consulente tecnico).
Nei casi di cui agli articoli 61 e seguenti il giudice istruttore, con l'ordinanza prevista nell'articolo 187 ultimo comma o con altra successiva, nomina un consulente tecnico e fissa l'udienza nella quale questi deve comparire.
Possono essere nominati più consulenti soltanto in caso di grave necessità o quando la legge espressamente lo dispone.
Art. 192.
(Astensione e ricusazione del consulente).
L'ordinanza è notificata al consulente tecnico a cura del cancelliere, con invito a comparire all'udienza fissata dal giudice.
Il consulente che non ritiene di accettare l'incarico o quello che, obbligato a prestare il suo ufficio, intende astenersi, deve farne denuncia o istanza al giudice che l'ha nominato almeno tre giorni prima dell'udienza di comparizione; nello stesso termine le parti debbono proporre le loro istanze di ricusazione, depositando nella cancelleria ricorso al giudice istruttore.
Questi provvede con ordinanza non impugnabile.
Art. 193.
(Giuramento del consulente).
All'udienza di comparizione il giudice istruttore ricorda al consulente l'importanza delle funzioni che è chiamato ad adempiere, e ne riceve il giuramento di bene e fedelmente adempiere le funzioni affidategli al solo scopo di fare conoscere ai giudici la verità.
Art. 194.
(Attività del consulente).
Il consulente tecnico assiste alle udienze alle quali è invitato dal giudice istruttore; compie, anche fuori della circoscrizione giudiziaria, le indagini di cui all'articolo 62, da sè solo o insieme col giudice secondo che questi dispone. Può essere autorizzato a domandare chiarimenti alle parti, ad assumere informazioni da terzi e a eseguire piante, calchi e rilievi.
Anche quando il giudice dispone che il consulente compia indagini da sè solo, le parti possono intervenire alle operazioni in persona e a mezzo dei propri consulenti tecnici e dei difensori, e possono presentare al consulente, per iscritto o a voce, osservazioni e istanze.
Art. 195.
(Processo verbale e relazione).
Delle indagini del consulente si forma processo verbale, quando sono compiute con l'intervento del giudice istruttore, ma questi può anche disporre che il consulente rediga relazione scritta.
Se le indagini sono compiute senza l'intervento del giudice, il consulente deve farne relazione, nella quale inserisce anche le osservazioni e le istanze delle parti.
La relazione deve essere depositata in cancelleria nel termine che il giudice fissa.
Art. 196.
(Rinnovazione delle indagini e sostituzione del consulente).
Il giudice ha sempre la facoltà di disporre la rinnovazione delle indagini e, per gravi motivi, la sostituzione del consulente tecnico.
Art. 197.
(Assistenza all'udienza e audizione in camera di consiglio).
Quando lo ritiene opportuno il presidente invita il consulente tecnico ad assistere alla discussione davanti al collegio e ad esprimere il suo parere in camera di consiglio in presenza delle parti, le quali possono chiarire e svolgere le loro ragioni per mezzo dei difensori.
Art. 198.
(Esame contabile).
Quando è necessario esaminare documenti contabili e registri, il giudice istruttore può darne incarico al consulente tecnico, affidandogli il compito di tentare la conciliazione delle parti.
Il consulente sente le parti e, previo consenso di tutte, può esaminare anche documenti e registri non prodotti in causa. Di essi tuttavia senza il consenso di tutte le parti non può fare menzione nei processi verbali o nella relazione di cui all'articolo 195.
Art. 199.
(Processo verbale di conciliazione).
Se le parti si conciliano, si redige processo verbale della conciliazione, che è sottoscritto dalle parti e dal consulente tecnico e inserito nel fascicolo d'ufficio.
Il giudice istruttore attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo al processo verbale.
Art. 200.
(Mancata conciliazione).
Se la conciliazione delle parti non riesce, il consulente espone i risultati delle indagini compiute e il suo parere in una relazione, che deposita in cancelleria nel termine fissato dal giudice istruttore.
Le dichiarazioni delle parti, riportate dal consulente nella relazione, possono essere valutate dal giudice a norma dell'articolo 116 secondo comma.
Art. 201.
(Consulente tecnico di parte).
Il giudice istruttore, con l'ordinanza di nomina del consulente, assegna alle parti un termine entro il quale possono nominare, con dichiarazione ricevuta dal cancelliere, un loro consulente tecnico.
Il consulente della parte, oltre ad assistere a norma dell'articolo 194 alle operazioni del consulente del giudice, partecipa all'udienza e alla camera di consiglio ogni volta che vi interviene il consulente del giudice, per chiarire e svolgere, con l'autorizzazione del presidente, le sue osservazioni sui risultati delle indagini tecniche.
§ 2. -
Dell'assunzione dei mezzi di prova in generale.
Art. 202.
(Tempo, luogo e modo dell'assunzione).
Quando dispone mezzi di prova, il giudice istruttore, se non può assumerli nella stessa udienza, stabilisce il tempo, il luogo e il modo dell'assunzione.
Se questa non si esaurisce nell'udienza fissata, il giudice ne differisce la prosecuzione ad un giorno prossimo.
Art. 203.
(Assunzione fuori della circoscrizione del tribunale).
Se i mezzi di prova debbono assumersi fuori della circoscrizione del tribunale, il giudice istruttore delega a procedervi il pretore del luogo, salvo che le parti richiedano concordemente e il presidente del tribunale consenta che vi si trasferisca il giudice stesso.
Nell'ordinanza di delega al pretore, il giudice fissa il termine entro il quale la prova deve assumersi e l'udienza di comparazione delle parti per la prosecuzione del giudizio.
Il pretore, su istanza della parte interessata, procede all'assunzione del mezzo di prova e d'ufficio ne rimette il processo verbale al giudice istruttore prima dell'udienza fissata per la prosecuzione del giudizio, anche se l'assunzione non è esaurita.
Le parti possono rivolgere al giudice istruttore, direttamente o a mezzo del pretore delegato, istanza per la proroga del termine.
Art. 204.
(Rogatorie alle autorità estere e ai consoli italiani).
Le rogatorie dei giudici italiani alle autorità estere per l'esecuzione di provvedimenti istruttori sono trasmesse per via diplomatica.
Quando la rogatoria riguarda cittadini italiani residenti all'estero, il giudice istruttore delega il console competente, che provvede a norma della legge consolare.
Per l'assunzione dei mezzi di prova e la prosecuzione del giudizio il giudice pronuncia i provvedimenti previsti negli ultimi tre commi dell'articolo precedente.
Art. 205.
(Risoluzione degli incidenti relativi alla prova).
Il giudice che procede all'assunzione dei mezzi di prova, anche se delegato a norma dell'articolo 203, pronuncia con ordinanza su tutte le questioni che sorgono nel corso della stessa.
Art. 206.
(Assistenza delle parti all'assunzione).
Le parti possono assistere personalmente all'assunzione dei mezzi di prova.
Art. 207.
(Processo verbale dell'assunzione).
Dell'assunzione dei mezzi di prova si redige processo verbale sotto la direzione del giudice.
Le dichiarazioni delle parti e dei testimoni sono riportate in prima persona e sono lette al dichiarante che le sottoscrive.
Il giudice, quando lo ritiene opportuno, nel riportare le dichiarazioni descrive il contegno della parte e del testimone.
Art. 208.
(Decadenza dall'assunzione).
Se nessuna delle parti si presenta nel giorno fissato per l'inizio o la prosecuzione della prova, il giudice istruttore le dichiara decadute dal diritto di farla assumere.
Il giudice provvede analogamente, su istanza della parte comparsa, se non si presenta quella su istanza della quale deve iniziarsi o proseguirsi la prova.
La parte interessata può chiedere nell'udienza successiva al giudice istruttore la revoca dell'ordinanza che ha pronunciato la sua decadenza dal diritto di assumere la prova. Il giudice dispone la revoca con ordinanza, quando riconosce che la mancata comparizione è stata cagionata da gravi motivi.
Art. 209.
(Chiusura dell'assunzione).
Il giudice istruttore dichiara chiusa l'assunzione quando sono eseguiti i mezzi ammessi o quando, dichiarata la decadenza di cui all'articolo precedente, non vi sono altri mezzi da assumere, oppure quando egli ravvisa superflua, per i risultati già raggiunti, la ulteriore assunzione.
§ 3. -
Dell'esibizione delle prove.
Art. 210.
(Ordine di esibizione alla parte o al terzo).
Negli stessi limiti entro i quali può essere ordinata a norma dell'articolo 118 l'ispezione di cose in possesso di una parte o di un terzo, il giudice istruttore, su istanza di parte, può ordinare all'altra parte o a un terzo di esibire in giudizio un documento o altra cosa di cui ritenga necessaria l'acquisizione al processo.
Nell'ordinare l'esibizione, il giudice dà i provvedimenti opportuni circa il tempo, il luogo e il modo dell'esibizione.
Se l'esibizione importa una spesa, questa deve essere in ogni caso anticipata dalla parte che ha proposta l'istanza di esibizione.
Art. 211.
(Tutela dei diritti del terzo).
Quando l'esibizione è ordinata ad un terzo, il giudice istruttore deve cercare di conciliare nel miglior modo possibile l'interesse della giustizia col riguardo dovuto ai diritti del terzo, e prima di ordinare l'esibizione può disporre che il terzo sia citato in giudizio, assegnando alla parte istante un termine per provvedervi.
Il terzo può sempre fare opposizione contro l'ordinanza di esibizione, intervenendo nel giudizio prima della scadenza del termine assegnatogli.
Art. 212.
(Esibizione di copia del documento e dei libri di commercio).
Il giudice istruttore può disporre che, in sostituzione dell'originale, si esibisca una copia anche fotografica o un estratto autentico del documento.
Nell'ordinare l'esibizione di libri di commercio o di registri al fine di estrarne determinate partite, il giudice, su istanza dell'interessato, può disporre che siano prodotti estratti, per la formazione dei quali nomina un notaio e, quando occorre, un esperto affinchè lo assista.
Art. 213.
(Richiesta d'informazioni alla pubblica amministrazione).
Fuori dei casi previsti negli articoli 210 e 211, il giudice può richiedere d'ufficio alla pubblica amministrazione le informazioni scritte relative ad atti e documenti dell'amministrazione stessa, che è necessario acquisire al processo.
§ 4. -
Del riconoscimento e della verificazione della scrittura privata.
Art. 214.
(Disconoscimento della scrittura privata).
Colui contro il quale è prodotta una scrittura privata, se intende disconoscerla, è tenuto a negare formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione.
Gli eredi o aventi causa possono limitarsi a dichiarare di non conoscere la scrittura o la sottoscrizione del loro autore.
Art. 215.
(Riconoscimento tacito della scrittura privata).
La scrittura privata prodotta in giudizio si ha per riconosciuta: 1) se la parte alla quale la scrittura è attribuita o contro la quale è prodotta, è contumace, salva la disposizione dell'articolo 293 terzo comma; 2) se la parte comparsa non la disconosce o non dichiara di non conoscerla nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione.
Quando nei casi ammessi dalla legge la scrittura è prodotta in copia autentica, il giudice istruttore può concedere un termine per deliberare alla parte che ne fa istanza nei modi di cui al numero 2.
Art. 216.
(Istanza di verificazione).
La parte che intende valersi della scrittura disconosciuta deve chiederne la verificazione, proponendo i mezzi di prova che ritiene utili e producendo o indicando le scritture che possono servire di comparazione.
L'istanza per la verificazione può anche proporsi in via principale con citazione, quando la parte dimostra di avervi interesse; ma se il convenuto riconosce la scrittura, le spese sono poste a carico dell'attore.
Art. 217.
(Custodia della scrittura e provvedimenti istruttori).
Quando è chiesta la verificazione, il giudice istruttore dispone le cautele opportune per la custodia del documento, stabilisce il termine per il deposito in cancelleria delle scritture di comparazione, nomina, quando occorre, un consulente tecnico e provvede all'ammissione delle altre prove.
Nel determinare le scritture che debbono servire di comparazione, il giudice ammette, in mancanza di accordo delle parti, quelle la cui provenienza dalla persona che si afferma autrice della scrittura è riconosciuta oppure accertata per sentenza di giudice o per atto pubblico.
Art. 218.
(Scrittura di comparazione presso depositari).
Se le scritture di comparazione si trovano presso depositari pubblici o privati e l'asportazione non ne è vietata, il giudice istruttore può disporne il deposito in cancelleria in un termine da lui fissato.
Se la comparazione deve eseguirsi nel luogo dove si trovano le scritture, il giudice dà le disposizioni necessarie per le operazioni, che debbono compiersi in presenza del depositario.
Art. 219.
(Redazione di scritture di comparazione).
Il giudice istruttore può ordinare alla parte di scrivere sotto dettatura, anche alla presenza del consulente tecnico.
Se la parte invitata a comparire personalmente non si presenta o rifiuta di scrivere senza giustificato motivo, la scrittura si può ritenere riconosciuta.
Art. 220.
(Pronuncia del collegio).
Sull'istanza di verificazione pronuncia sempre il collegio.
Il collegio, nella sentenza che dichiara la scrittura e la sottoscrizione di mano della parte che l'ha negata, può condannare quest'ultima a una pena pecuniaria non inferiore a lire cinquecento e non superiore a lire diecimila.
§ 5. -
Della querela di falso.
Art. 221.
(Modo di proposizione e contenuto della querela).
La querela di falso può proporsi tanto in via principale quanto in corso di causa in qualunque stato e grado di giudizio, finchè la verità del documento non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato.
La querela deve contenere, a pena di nullità, l'indicazione degli elementi e delle prove della falsità, e deve essere proposta personalmente dalla parte oppure a mezzo di procuratore speciale, con atto di citazione o con dichiarazione da unirsi al verbale d'udienza.
E' obbligatorio l'intervento nel processo del pubblico ministero.
Art. 222.
(Interpello della parte che ha prodotto la scrittura).
Quando è proposta querela di falso in corso di causa, il giudice istruttore interpella la parte che ha prodotto il documento se intende valersene in giudizio. Se la risposta è negativa, il documento non è utilizzabile in causa; se è affermativa, il giudice, che ritiene il documento rilevante, autorizza la presentazione della querela nella stessa udienza o in una successiva; ammette i mezzi istruttori che ritiene idonei, e dispone i modi e i termini della loro assunzione.
Art. 223.
(Processo verbale di deposito del documento).
Nell'udienza in cui è presentata la querela, si forma processo verbale di deposito nelle mani del cancelliere del documento impugnato.
Il processo verbale è redatto in presenza del pubblico ministero e delle parti, e deve contenere la descrizione dello stato in cui il documento si trova, con indicazione delle cancellature, abrasioni, aggiunte, scritture interlineari e di ogni altra particolarità che vi si riscontra.
Il giudice istruttore, il pubblico ministero e il cancelliere appongono la firma sul documento. Il giudice può anche ordinare che di esso sia fatta copia fotografica.
Art. 224.
(Sequestro del documento).
Se il documento impugnato di falso si trova presso un depositario, il giudice istruttore può ordinare il sequestro con le forme previste nel codice di procedura penale, dopo di che si redige il processo verbale di cui all'articolo precedente.
Se non è possibile il deposito del documento in cancelleria, il giudice dispone le necessarie cautele per la conservazione di esso e redige il processo verbale alla presenza del depositario, nel luogo dove il documento si trova.
Art. 225.
(Decisione sulla querela).
Sulla querela di falso pronuncia sempre il collegio.
Il giudice istruttore può rimettere le parti al collegio per la decisione sulla querela indipendentemente dal merito. In tal caso su istanza di parte, può disporre che la trattazione della causa continui davanti a lui relativamente a quelle domande che possono essere decise indipendentemente dal documento impugnato.
Art. 226.
(Contenuto della sentenza).
Il collegio, con la sentenza che rigetta la querela di falso, ordina la restituzione del documento e dispone che, a cura del cancelliere, sia fatta menzione della sentenza sull'originale o sulla copia che ne tiene luogo; condanna inoltre la parte querelante a una pena pecuniaria non inferiore a lire mille e non superiore a lire diecimila.
Con la sentenza che accerta la falsità il collegio, anche d'ufficio, dà le disposizioni di cui all'articolo 480 del codice di procedura penale.
Art. 227.
(Esecuzione della sentenza che ha pronunciato sulla querela).
L'esecuzione delle sentenze previste nell'articolo precedente non può aver luogo prima che siano passate in giudicato.
Se non è richiesta dalle parti, l'esecuzione è promossa dal pubblico ministero a spese del soccombente con l'osservanza, in quanto applicabili, delle norme dell'articolo 481 del codice di procedura penale.
§ 6. -
Della confessione giudiziale e dell'interrogatorio formale.
Art. 228.
(Confessione giudiziale).
La confessione giudiziale è spontanea o provocata mediante interrogatorio formale.
Art. 229.
(Confessione spontanea).
La confessione spontanea può essere contenuta in qualsiasi atto processuale firmato dalla parte personalmente, salvo il caso dell'articolo 117.
Art. 230.
(Modo dell'interrogatorio).
L'interrogatorio deve essere dedotto per articoli separati e specifici.
Il giudice istruttore procede all'assunzione dell'interrogatorio nei modi e termini stabiliti nell'ordinanza che l'ammette.
Non possono farsi domande su fatti diversi da quelli formulati nei capitoli, a eccezione delle domande su cui le parti concordano e che il giudice ritiene utili; ma il giudice può sempre chiedere i chiarimenti opportuni sulle risposte date.
Art. 231.
(Risposta).
La parte interrogata deve rispondere personalmente. Essa non può servirsi di scritti preparati, ma il giudice istruttore può consentirle di valersi di note o appunti, quando deve fare riferimento a nomi o a cifre, o quando particolari circostanze lo consigliano.
Art. 232.
(Mancata risposta).
Se la parte non si presenta o rifiuta di rispondere senza giustificato motivo, il collegio, valutato ogni altro elemento di prova, può ritenere come ammessi i fatti dedotti nell'interrogatorio.
Il giudice istruttore, che riconosce giustificata la mancata presentazione della parte per rispondere all'interrogatorio, dispone per l'assunzione di esso anche fuori della sede giudiziaria.
§ 7. -
Del giuramento.
Art. 233.
(Deferimento del giuramento decisorio).
Il giuramento decisorio può essere deferito in qualunque stato della causa davanti al giudice istruttore, con dichiarazione fatta all'udienza dalla parte o dal procuratore munito di mandato speciale o con atto sottoscritto dalla parte.
Esso deve essere formulato in articoli separati, in modo chiaro e specifico.
Art. 234.
(Riferimento).
Finchè non abbia dichiarato di essere pronta a giurare, la parte, alla quale il giuramento decisorio è stato deferito, può riferirlo all'avversario nei limiti fissati dal codice civile.
Art. 235.
(Irrevocabilità).
La parte, che ha deferito o riferito il giuramento decisorio non può più revocarlo quando l'avversario ha dichiarato di essere pronto a prestarlo.
Art. 236.
(Caso di revocabilità).
Se nell'ammettere il giuramento decisorio il giudice modifica la formula proposta dalla parte, questa può revocarlo.
Art. 237.
(Risoluzione delle contestazioni).
Le contestazioni sorte tra le parti circa l'ammissione del giuramento decisorio sono decise dal collegio.
L'ordinanza del collegio che ammette il giuramento deve essere notificata personalmente alla parte.
Art. 238.
(Prestazione).
Il giuramento decisorio è prestato personalmente dalla parte ed è ricevuto dal giudice istruttore. Questi ammonisce il giurante sull'importanza religiosa e morale dell'atto e sulle conseguenze penali delle dichiarazioni false, e quindi lo invita a giurare.
Il giurante, in piedi, pronuncia a chiara voce le parole: «consapevole della responsabilità che col giuramento assumo davanti a Dio e agli uomini, giuro....», e continua ripetendo le parole della formula su cui giura.
Art. 239.
(Mancata prestazione).
La parte alla quale il giuramento decisorio è deferito, se non si presenta senza giustificato motivo all'udienza all'uopo fissata, o, comparendo, rifiuta di prestarlo o non lo riferisce all'avversario, soccombe rispetto alla domanda o al punto di fatto relativamente al quale il giuramento è stato ammesso; e del pari soccombe la parte avversaria, se rifiuta di prestare il giuramento che le è riferito.
Il giudice istruttore se ritiene giustificata la mancata comparizione della parte che deve prestare il giuramento, provvede a norma dell'articolo 232 secondo comma.
Art. 240.
(Deferimento del giuramento suppletorio).
Il giuramento suppletorio può essere deferito esclusivamente dal collegio.
Art. 241.
(Ammissibilità e contenuto del giuramento d'estimazione).
Il giuramento sul valore della cosa domandata può essere deferito dal collegio a una delle parti, soltanto se non è possibile accertare altrimenti il valore della cosa stessa. In questo caso il collegio deve anche determinare la somma fino a concorrenza della quale il giuramento avrà efficacia.
Art. 242.
(Divieto di riferire il giuramento suppletorio).
Il giuramento deferito d'ufficio a una delle parti non può da questa essere riferito all'altra.
Art. 243.
(Rinvio alle norme sul giuramento decisorio).
Per la prestazione del giuramento deferito d'ufficio si applicano le disposizioni relative al giuramento decisorio.
§ 8. -
Della prova per testimoni.
Art. 244.
(Modo di deduzione).
La prova per testimoni deve essere dedotta mediante indicazione specifica delle persone da interrogare e dei fatti, formulati in articoli separati, sui quali ciascuna di esse deve essere interrogata.
La parte contro la quale la prova è proposta, anche quando si oppone all'ammissione, deve indicare a sua volta nella prima risposta le persone che intende fare interrogare e deve dedurre per articoli separati i fatti sui quali debbono essere interrogate.
Il giudice istruttore, secondo le circostanze, può assegnare un termine perentorio alle parti per formulare o integrare tali indicazioni.
Art. 245.
(Ordinanza di ammissione).
Con l'ordinanza che ammette la prova il giudice istruttore riduce le liste dei testimoni sovrabbondanti ed elimina i testimoni che non possono essere sentiti per legge.
La rinuncia fatta da una parte all'audizione dei testimoni da essa indicati non ha effetto se le altre non vi aderiscono e se il giudice non vi consente.
Art. 246.
(Incapacità a testimoniare).
Non possono essere assunte come testimoni le persone aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio.
Art. 247.
(Divieto di testimoniare).
Non possono deporre il coniuge ancorchè separato, i parenti o affini in linea retta e coloro che sono legati a una delle parti da vincoli di affiliazione, salvo che la causa verta su questioni di stato, di separazione personale o relative a rapporti di famiglia.
Art. 248.
(Audizione dei minori degli anni quattordici).
I minori degli anni quattordici possono essere sentiti solo quando la loro audizione è resa necessaria da particolari circostanze. Essi non prestano giuramento.
Art. 249.
(Facoltà d'astensione).
Si applicano all'audizione dei testimoni le disposizioni degli articoli 351 e 352 del codice di procedura penale relative alla facoltà d'astensione dei testimoni.
Art. 250.
(Intimazione ai testimoni).
L'ufficiale giudiziario, su richiesta della parte interessata, intima ai testimoni ammessi dal giudice istruttore di comparire nel luogo, nel giorno e nell'ora fissati, indicando il giudice che assume la prova e la causa nella quale debbono essere sentiti.
Art. 251.
(Giuramento dei testimoni).
I testimoni sono esaminati separatamente.
Il giudice istruttore ammonisce il testimone sulla importanza religiosa e morale del giuramento e sulle conseguenze penali delle dichiarazioni false o reticenti, e legge la formula: «consapevole della responsabilità che con il giuramento assumete davanti a Dio e agli uomini, giurate di dire la verità, null'altro che la verità». Quindi il testimone, in piedi, presta il giuramento pronunciando le parole: «lo giuro».
Art. 252.
(Identificazione dei testimoni).
Il giudice istruttore richiede al testimone il nome, il cognome, la paternità, l'età e la professione, lo invita a dichiarare se ha rapporti di parentela, affinità, affiliazione o dipendenza con alcuna delle parti, oppure interesse nella causa.
Le parti possono fare osservazioni sull'attendibilità del testimone, e questi deve fornire in proposito i chiarimenti necessari. Delle osservazioni e dei chiarimenti si fa menzione nel processo verbale prima dell'audizione del testimone.
Art. 253.
(Interrogazioni e risposte).
Il giudice istruttore interroga il testimone sui fatti intorno ai quali è chiamato a deporre. Può altresì rivolgergli, d'ufficio o su istanza di parte, tutte le domande che ritiene utili a chiarire i fatti medesimi.
E' vietato alle parti e al pubblico ministero di interrogare direttamente i testimoni.
Alle risposte dei testimoni si applica la disposizione dell'articolo 231.
Art. 254.
(Confronto dei testimoni).
Se vi sono divergenze tra le deposizioni di due o più testimoni, il giudice istruttore, su istanza di parte o d'ufficio, può disporre che essi siano messi a confronto.
Art. 255.
(Mancata comparizione dei testimoni).
Se il testimone regolarmente intimato non si presenta, il giudice istruttore può ordinare una nuova intimazione oppure disporne l'accompagnamento all'udienza stessa o ad altra successiva. Con la medesima ordinanza lo condanna a una pena pecuniaria non inferiore a lire cento e non superiore a lire duemila, oltre che alle spese causate dalla mancata presentazione.
Se il testimone si trova nell'impossibilità di presentarsi o ne è esentato dalla legge o dalle convenzioni internazionali, il giudice si reca nella sua abitazione o nel suo ufficio; e, se questi sono situati fuori della circoscrizione del tribunale, delega all'esame il pretore del luogo.
Art. 256.
(Rifiuto di deporre e falsità della testimonianza).
Se il testimone, presentandosi, rifiuta di giurare o di deporre senza giustificato motivo, o se vi è fondato sospetto che egli non abbia detto la verità o sia stato reticente, il giudice istruttore lo denuncia al pubblico ministero, al quale trasmette copia del processo verbale. Il giudice può anche ordinare l'arresto del testimone.
Art. 257.
(Assunzione di nuovi testimoni e rinnovazione dell'esame).
Se alcuno dei testimoni si riferisce, per la conoscenza dei fatti, ad altre persone, il giudice istruttore può disporre d'ufficio che esse siano chiamate a deporre.
Il giudice può anche disporre che siano sentiti i testimoni dei quali ha ritenuto l'audizione superflua a norma dell'articolo 245 o dei quali ha consentito la rinuncia; e del pari può disporre che siano nuovamente esaminati i testimoni già interrogati, al fine di chiarire la loro deposizione o di correggere irregolarità avveratesi nel precedente esame.
§ 9. -
Delle ispezioni, delle riproduzioni meccaniche e degli esperimenti.
Art. 258.
(Ordinanza d'ispezione).
L'ispezione di luoghi, di cose mobili e immobili, o delle persone è disposta dal giudice istruttore, il quale fissa il tempo, il luogo e il modo dell'ispezione.
Art. 259.
(Modo dell'ispezione).
All'ispezione procede personalmente il giudice istruttore, assistito, quando occorre, da un consulente tecnico, anche se l'ispezione deve eseguirsi fuori della circoscrizione del tribunale, tranne che esigenze di servizio gli impediscano di allontanarsi dalla sede. In tal caso delega il pretore a norma dell'articolo 203.
Art. 260.
(Ispezione corporale).
Il giudice istruttore può astenersi dal partecipare all'ispezione corporale e disporre che vi proceda il solo consulente tecnico.
All'ispezione corporale deve procedersi con ogni cautela diretta a garantire il rispetto della persona.
Art. 261.
(Riproduzioni, copie ed esperimenti).
Il giudice istruttore può disporre che siano eseguiti rilievi, calchi e riproduzioni anche fotografiche di oggetti, documenti e luoghi, e, quando occorre, rilevazioni cinematografiche o altre che richiedono l'impiego di mezzi, strumenti o procedimenti meccanici.
Egualmente, per accertare se un fatto sia o possa essersi verificato in un dato modo, il giudice può ordinare di procedere alla riproduzione del fatto stesso, facendone eventualmente eseguire la rilevazione fotografica o cinematografica.
Il giudice presiede all'esperimento e, quando occorre, ne affida l'esecuzione a un esperto che presta giuramento a norma dell'articolo 193.
Art. 262.
(Poteri del giudice istruttore).
Nel corso dell'ispezione o dell'esperimento il giudice istruttore può sentire testimoni per informazioni e dare i provvedimenti necessari per l'esibizione della cosa o per accedere alla località.
Può anche disporre l'accesso in luoghi appartenenti a persone estranee al processo, sentite se è possibile queste ultime, e prendendo in ogni caso le cautele necessarie alla tutela dei loro interessi.
§ 10. -
Del rendimento dei conti.
Art. 263.
(Presentazione e accettazione del conto).
Se il giudice ordina la presentazione di un conto, questo deve essere depositato in cancelleria, con i documenti giustificativi, almeno cinque giorni prima dell'udienza fissata per la discussione di esso.
Se il conto viene accettato, il giudice istruttore ne dà atto nel processo verbale e ordina il pagamento delle somme che risultano dovute. L'ordinanza non è impugnabile e costituisce titolo esecutivo.
Art. 264.
(Impugnazione e discussione).
La parte che impugna il conto deve specificare le partite che intende contestare. Se chiede un termine per la specificazione, il giudice istruttore fissa un'udienza per tale scopo.
Se le parti, in seguito alla discussione, concordano nel risultato del conto, il giudice provvede a norma del secondo comma dell'articolo precedente.
In ogni caso il giudice può disporre, con ordinanza non impugnabile, il pagamento del sopravanzo che risulta dal conto o dalla discussione dello stesso.
Art. 265.
(Giuramento).
Il collegio può ammettere il creditore a determinare con giuramento le somme a lui dovute, se la parte tenuta al rendiconto non lo presenta o rimane contumace. Si applica in tal caso la disposizione dell'articolo 241.
Il collegio può altresì ordinare a chi rende il conto di asseverare con giuramento le partite per le quali non si può o non si suole richiedere ricevuta; ma può anche ammetterle senza giuramento, quando sono verosimili e ragionevoli.
Art. 266.
(Revisione del conto approvato).
La revisione del conto che la parte ha approvato può essere chiesta, anche in separato processo, soltanto in caso di errore materiale, omissione, falsità o duplicazione di partite.
Sezione IV. -
Dell'intervento di terzi e della riunione di procedimenti.
§ 1. -
Dell'intervento di terzi.
Art. 267.
(Costituzione del terzo interveniente).
Per intervenire nel processo a norma dell'articolo 105, il terzo deve costituirsi presentando in udienza o depositando in cancelleria una comparsa formata a norma dell'articolo 167 con le copie per le altre parti, i documenti e la procura.
Il cancelliere dà notizia dell'intervento alle altre parti, se la costituzione del terzo non è avvenuta in udienza.
Art. 268.
(Costituzione dopo la prima udienza).
L'intervento può aver luogo finchè la causa non sia rimessa dal giudice istruttore al collegio.
Se l'intervento ha luogo dopo la prima udienza, il terzo non può compiere atti che non sono più consentiti alle altre parti, salvo che comparisca volontariamente per l'integrazione necessaria del contradittorio.
Art. 269.
(Chiamata di un terzo in causa).
Alla chiamata di un terzo nel processo a norma dell'articolo 106, la parte deve provvedere mediante citazione nei modi ordinari o mediante citazione a comparire all'udienza fissata dal presidente, purchè siano rispettati i termini stabiliti nell'articolo 166.
Il giudice istruttore, quando ne è richiesto nella prima udienza, può concedere un termine per la chiamata del terzo, fissando all'uopo una nuova udienza.
La parte che chiama un terzo deve depositare la citazione entro il termine di cui all'articolo 165, mentre il terzo può costituirsi a norma dell'articolo 166 o alla udienza.
Art. 270.
(Chiamata di un terzo per ordine del giudice).
La chiamata di un terzo nel processo a norma dell'articolo 107 può essere ordinata in ogni momento dal giudice istruttore per un'udienza che all'uopo egli fissa.
Se nessuna delle parti provvede alla citazione del terzo, il giudice istruttore dispone con ordinanza non impugnabile la cancellazione della causa dal ruolo, e il processo si estingue.
Art. 271.
(Costituzione del terzo chiamato).
Il terzo che si costituisce deve depositare la comparsa di risposta con la procura e i documenti.
Nella comparsa deve proporre le istanze, difese e prove che ritiene di suo interesse.
Art. 272.
(Decisione delle questioni relative all'intervento).
Le questioni relative all'intervento sono decise dal collegio insieme col merito, salvo che il giudice istruttore disponga a norma dell'articolo 187 secondo comma.
§ 2. -
Della riunione dei procedimenti.
Art. 273.
(Riunione di procedimenti relativi alla stessa causa).
Se più procedimenti relativi alla stessa causa pendono davanti allo stesso giudice, questi, anche d'ufficio, ne ordina la riunione.
Se il giudice istruttore o il presidente della sezione ha notizia che per la stessa causa pende procedimento davanti ad altro giudice o ad altra sezione dello stesso tribunale, ne riferisce al presidente, il quale, sentite le parti, ordina con decreto la riunione, determinando la sezione o designando il giudice davanti al quale il procedimento deve proseguire.
Art. 274.
(Riunione di procedimenti relativi a cause connesse).
Se più procedimenti relativi a cause connesse pendono davanti allo stesso giudice, questi, anche d'ufficio, può disporne la riunione.
Se il giudice istruttore o il presidente della sezione ha notizia che per una causa connessa pende procedimento davanti ad altro giudice o davanti ad altra sezione dello stesso tribunale, ne riferisce al presidente, il quale, sentite le parti, ordina con decreto che le cause siano chiamate alla medesima udienza davanti allo stesso giudice o alla stessa sezione per i provvedimenti opportuni.
Capo III.
Della decisione della causa.
Art. 275.
(Relazione e discussione).
All'udienza del collegio il giudice istruttore fa la relazione della causa, esponendo i fatti e le questioni.
Dopo la relazione, il presidente ammette le parti alla discussione.
Art. 276.
(Deliberazione).
La decisione è deliberata in segreto nella camera di consiglio. Ad essa possono partecipare soltanto i giudici che hanno assistito alla discussione.
Il collegio sotto la direzione del presidente, decide gradatamente le questioni pregiudiziali proposte dalle parti o rilevabili d'ufficio e quindi il merito della causa.
La decisione è presa a maggioranza di voti. Il primo a votare è il relatore, quindi l'altro giudice e infine il presidente.
Se intorno a una questione si prospettano più soluzioni e non si forma la maggioranza alla prima votazione, il presidente mette ai voti due delle soluzioni per escluderne una, quindi mette ai voti la non esclusa e quella eventualmente restante, e così successivamente finchè le soluzioni siano ridotte a due, sulle quali avviene la votazione definitiva.
Chiusa la votazione, il presidente scrive e sottoscrive il dispositivo. La motivazione è quindi stesa dal relatore, a meno che il presidente non creda di stenderla egli stesso o affidarla all'altro giudice.
Art. 277.
(Pronuncia sul merito).
Il collegio nel deliberare sul merito deve decidere tutte le domande proposte e le relative eccezioni, definendo il giudizio.
Tuttavia il collegio, anche quando il giudice istruttore gli ha rimesso la causa a norma dell'articolo 187 primo comma, può limitare la decisione ad alcune domande, se riconosce che per esse soltanto non sia necessaria un'ulteriore istruzione, e se la loro sollecita definizione è di interesse apprezzabile per la parte che ne ha fatto istanza.
Art. 278.
(Condanna generica - Provvisionale).
Quando è già accertata la sussistenza di un diritto, ma è ancora controversa la quantità della prestazione dovuta, il collegio, su istanza di parte, può limitarsi a pronunciare con sentenza parziale la condanna generica alla prestazione, disponendo con ordinanza che il processo prosegua per la liquidazione.
In tal caso il collegio, con la stessa sentenza parziale e sempre su istanza di parte, può altresì condannare il debitore al pagamento di una provvisionale, nei limiti della quantità per cui ritiene già raggiunta la prova.
Art. 279.
(Forme delle decisioni del collegio).
Il collegio, quando sospende la decisione della causa perchè ritiene necessaria un'ulteriore istruzione, dà con ordinanza le disposizioni opportune.
Quando decide il merito o una questione di competenza o altra pregiudiziale definendo il giudizio, il collegio pronuncia sentenza definitiva.
Quando decide parzialmente il merito, anche a norma dei due articoli precedenti, o una questione di competenza o altra pregiudiziale senza definire il giudizio, il collegio pronuncia la decisione con sentenza parziale, e con separata ordinanza dà i provvedimenti opportuni per l'ulteriore istruzione sulle questioni non decise.
L'ordinanza è depositata in cancelleria insieme con la sentenza.
Art. 280.
(Contenuto e disciplina dell'ordinanza del collegio).
Con la sua ordinanza il collegio fissa l'udienza per la comparizione delle parti davanti al giudice istruttore o davanti a sè nel caso previsto nell'articolo seguente.
Il cancelliere inserisce l'ordinanza nel fascicolo d'ufficio e ne dà comunicazione alle parti a norma dell'articolo 176 secondo comma.
All'ordinanza del collegio si applicano le disposizioni dell'articolo 177. Per effetto di essa il giudice istruttore è investito di tutti i poteri per l'ulteriore trattazione della causa.
Art. 281.
(Rinnovazione di prove davanti al collegio).
Quando ne ravvisa la necessità, il collegio, anche d'ufficio, può disporre la riassunzione davanti a sè di uno o più mezzi di prova.
Capo IV.
Dell'esecutorietà e della notificazione delle sentenze.
Art. 282.
(Esecuzione provvisoria).
Su istanza di parte, la sentenza appellabile può essere dichiarata provvisoriamente esecutiva tra le parti, con cauzione o senza, se la domanda è fondata su atto pubblico, scrittura privata riconosciuta o sentenza passata in giudicato, oppure se vi è pericolo nel ritardo.
L'esecuzione provvisoria deve essere concessa, sempre su istanza di parte, nel caso di sentenze che pronunciano condanna al pagamento di provvisionali o a prestazioni alimentari, tranne quando ricorrono particolari motivi per rifiutarla.
Art. 283.
(Concessione o revoca dell'esecuzione provvisoria in appello).
Se il giudice di primo grado ha omesso di pronunciare sull'istanza di esecuzione provvisoria o l'ha rigettata, la parte interessata può riproporla al giudice d'appello con l'impugnazione principale o con quella incidentale.
Allo stesso giudice e con le stesse forme si può chiedere che revochi la concessione della provvisoria esecuzione e sospenda l'esecuzione iniziata.
Art. 284.
(Concessione o revoca dell'esecuzione provvisoria relativa a sentenze parziali).
Se l'esecuzione provvisoria riguarda sentenze parziali, l'istanza di concessione o di revoca di cui all'articolo precedente può essere proposta con ricorso contenente, quando è chiesta la revoca, la dichiarazione di cui all'articolo 340, se non è stata già fatta.
Il ricorso deve essere presentato, a norma dell'articolo 351 secondo comma, nel termine per proporre appello decorrente dalla comunicazione della sentenza.
Art. 285.
(Modo di notificazione della sentenza).
La notificazione della sentenza, al fine della decorrenza del termine per l'impugnazione, si fa, su istanza di parte, a norma dell'articolo 170 primo e terzo comma.
Art. 286.
(Notificazione nel caso d'interruzione).
Se dopo la chiusura della discussione si è avverato uno dei casi previsti nell'articolo 299, la notificazione della sentenza si può fare, anche a norma dell'articolo 303 secondo comma, a coloro ai quali spetta stare in giudizio.
Se si è avverato uno dei casi previsti nell'articolo 301, la notificazione si fa alla parte personalmente.
Capo V.
Della correzione delle sentenze e delle ordinanze.
Art. 287.
(Casi di correzione).
Le sentenze contro le quali non sia stato proposto appello e le ordinanze non revocabili possono essere corrette, su ricorso di parte, dallo stesso giudice che le ha pronunciate, qualora egli sia incorso in omissioni o in errori materiali o di calcolo.
Art. 288.
(Procedimento di correzione).
Se tutte le parti concordano nel chiedere la stessa correzione, il giudice provvede con decreto.
Se è chiesta da una della parti, il giudice, con decreto da notificarsi insieme col ricorso a norma dell'articolo 170 primo e terzo comma, fissa l'udienza nella quale le parti debbono comparire davanti a lui. Sull'istanza il giudice provvede con ordinanza, che deve essere annotata sull'originale del provvedimento.
Se è chiesta la correzione di una sentenza dopo un anno dalla pubblicazione, il ricorso e il decreto debbono essere notificati alle altre parti personalmente.
Le sentenze possono essere impugnate relativamente alle parti corrette nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata l'ordinanza di correzione.
Art. 289.
(Integrazione dei provvedimenti istruttori).
I provvedimenti istruttori, che non contengono la fissazione dell'udienza successiva o del termine entro il quale le parti debbono compiere gli atti processuali, possono essere integrati, su istanza di parte o d'ufficio, entro il termine perentorio di tre mesi dall'udienza in cui i provvedimenti furono pronunciati, oppure dalla loro notificazione o comunicazione se prescritte.
L'integrazione è disposta dal presidente del collegio nel caso di provvedimento collegiale e dal giudice istruttore negli altri casi, con decreto che è comunicato a tutte le parti a cura del cancelliere.
Capo VI.
Del procedimento in contumacia.
Art. 290.
(Contumacia dell'attore).
Nel dichiarare la contumacia dell'attore a norma dell'articolo 171 ultimo comma, il giudice istruttore, se il convenuto ne fa richiesta, ordina che sia proseguito il giudizio e dà le disposizioni previste nell'articolo 187, altrimenti dispone che la causa sia cancellata dal ruolo, e il processo si estingue.
Art. 291.
(Contumacia del convenuto).
Se il convenuto non si costituisce e il giudice istruttore rileva un vizio importante nullità nella notificazione della citazione, fissa all'attore un termine perentorio per rinnovarla. La rinnovazione impedisce ogni decadenza.
Se il convenuto non si costituisce neppure all'udienza fissata a norma del comma precedente, il giudice provvede a norma dell'articolo 171 ultimo comma.
Art. 292.
(Notificazione e comunicazione di atti al contumace).
L'ordinanza che ammette l'interrogatorio o il giuramento, e le comparse contenenti domande nuove o riconvenzionali da chiunque proposte sono notificate personalmente al contumace nei termini che il giudice istruttore fissa con ordinanza.
Le altre comparse si considerano comunicate con il deposito in cancelleria e con l'apposizione del visto del cancelliere sull'originale.
Tutti gli altri atti non sono soggetti a notificazione o comunicazione.
Le sentenze sono notificate alla parte personalmente.
Art. 293.
(Costituzione del contumace).
La parte che è stata dichiarata contumace può costituirsi in ogni momento del procedimento fino all'udienza in cui la causa è rimessa al collegio a norma dell'articolo 189.
La costituzione può avvenire mediante deposito di una comparsa, della procura e dei documenti in cancelleria o mediante comparizione all'udienza.
In ogni caso il contumace che si costituisce può disconoscere, nella prima udienza o nel termine assegnatogli dal giudice istruttore, le scritture contro di lui prodotte.
Art. 294.
(Rimessione in termini).
Il contumace che si costituisce può chiedere al giudice istruttore di essere ammesso a compiere attività che gli sarebbero precluse, se dimostra che la nullità della citazione o della sua notificazione gli ha impedito di avere conoscenza del processo o che la costituzione è stata impedita da caso fortuito o forza maggiore.
Il giudice, se ritiene verosimili i fatti allegati, ammette, quando occorre, la prova dell'impedimento, e quindi provvede sulla rimessione in termini delle parti.
I provvedimenti previsti nel comma precedente sono pronunciati con ordinanza non impugnabile.
Capo VII.
Della sospensione, interruzione ed estinzione del processo.
Sezione I. -
Della sospensione del processo.
Art. 295.
(Sospensione necessaria).
Il giudice dispone che il processo sia sospeso nel caso previsto nell'articolo 3 del codice di procedura penale e in ogni altro caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia civile o amministrativa, dalla cui definizione dipende la decisione della causa.
Art. 296.
(Sospensione su istanza delle parti).
Il giudice istruttore, su istanza di tutte le parti, può disporre che il processo rimanga sospeso per un periodo non superiore a quattro mesi.
Art. 297.
(Fissazione della nuova udienza dopo la sospensione).
Se col provvedimento di sospensione non è stata fissata l'udienza in cui il processo deve proseguire, le parti debbono chiederne la fissazione entro il termine perentorio di trenta giorni dalla cessazione della causa di sospensione di cui all'articolo 3 del codice di procedura penale o dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce la controversia civile o amministrativa di cui all'articolo 295.
Nell'ipotesi dall'articolo precedente l'istanza deve essere proposta dieci giorni prima della scadenza del termine di sospensione.
L'istanza si propone con ricorso al giudice istruttore o, in mancanza, al presidente del tribunale.
Il ricorso, col decreto che fissa l'udienza, è notificato a cura dell'istante alle altre parti nel termine stabilito dal giudice.
Art. 298.
(Effetti della sospensione).
Durante la sospensione non possono essere compiuti atti del procedimento.
La sospensione interrompe i termini in corso, i quali ricominciano a decorrere dal giorno della nuova udienza fissata nel provvedimento di sospensione o nel decreto di cui all'articolo precedente.
Sezione II. -
Dell'interruzione del processo.
Art. 299.
(Morte o perdita della capacità prima della costituzione).
Se prima della costituzione in cancelleria o all'udienza davanti al giudice istruttore, sopravviene la morte oppure la perdita della capacità di stare in giudizio di una delle parti o del suo rappresentante legale o la cessazione di tale rappresentanza, il processo è interrotto, salvo che coloro ai quali spetta di proseguirlo si costituiscano volontariamente, oppure l'altra parte provveda a citarli in riassunzione, osservati i termini di cui all'articolo 166.
Art. 300.
(Morte o perdita della capacità della parte costituita o del contumace).
Se alcuno degli eventi previsti nell'articolo precedente si avvera nei riguardi della parte che si è costituita a mezzo di procuratore, questi lo dichiara in udienza o lo notifica alle altre parti.
Dal momento di tale dichiarazione o notificazione il processo è interrotto, salvo che avvenga la costituzione volontaria o la riassunzione a norma dell'articolo precedente.
Se la parte è costituita personalmente, il processo è interrotto al momento dell'evento.
Se questo riguarda la parte dichiarata contumace, il processo è interrotto dal momento in cui il fatto interruttivo è notificato o è certificato dall'ufficiale giudiziario nella relazione di notificazione di uno dei provvedimenti di cui all'articolo 292.
Se alcuno degli eventi previsti nell'articolo precedente si avvera o è notificato dopo la chiusura della discussione davanti al collegio, esso non produce effetto se non nel caso di riapertura dell'istruzione.
Art. 301.
(Morte o impedimento del procuratore).
Se la parte è costituita a mezzo di procuratore, il processo è interrotto dal giorno della morte, radiazione o sospensione del procuratore stesso.
In tal caso si applica la disposizione dell'articolo 299.
Non sono cause d'interruzione la revoca della procura o la rinuncia ad essa.
Art. 302.
(Prosecuzione del processo).
Nei casi previsti negli articoli precedenti la costituzione per proseguire il processo può avvenire all'udienza o a norma dell'articolo 166. Se non è fissata alcuna udienza, la parte può chiedere con ricorso al giudice istruttore o, in mancanza, al presidente del tribunale la fissazione dell'udienza. Il ricorso e il decreto sono notificati alle altre parti a cura dell'istante.
Art. 303.
(Riassunzione del processo).
Se non avviene la prosecuzione del processo a norma dell'articolo precedente, l'altra parte può chiedere la fissazione dell'udienza, notificando quindi il ricorso e il decreto a coloro che debbono costituirsi per proseguirlo.
In caso di morte della parte il ricorso deve contenere gli estremi della domanda, e la notificazione entro un anno dalla morte può essere fatta collettivamente e impersonalmente agli eredi, nell'ultimo domicilio del defunto.
Se vi sono altre parti in causa, il decreto è notificato anche ad esse.
Se la parte che ha ricevuto la notificazione non comparisce all'udienza fissata, si procede in sua contumacia.
Art. 304.
(Effetti dell'interruzione).
In caso d'interruzione del processo si applica la disposizione dell'articolo 298.
Art. 305.
(Mancata prosecuzione o riassunzione).
Il processo deve essere proseguito o riassunto entro il termine perentorio di quattro mesi dall'interruzione, altrimenti si estingue.
Sezione III. -
Dell'estinzione del processo.
Art. 306.
(Rinuncia agli atti del giudizio).
Il processo si estingue per rinuncia agli atti del giudizio quando questa è accettata dalle parti costituite che potrebbero aver interesse alla prosecuzione. L'accettazione non è efficace se contiene riserve o condizioni.
Le dichiarazioni di rinuncia e di accettazione sono fatte dalle parti o da loro procuratori speciali, verbalmente all'udienza o con atti sottoscritti e notificati alle altre parti.
Il giudice, se la rinucia e l'accettazione sono regolari, dichiara l'estinzione del processo.
Il rinunciante deve rimborsare le spese alle altre parti, salvo diverso accordo tra loro. La liquidazione delle spese è fatta dal giudice istruttore con ordinanza non impugnabile.
Art. 307.
(Estinzione per inattività delle parti).
Oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge, il processo si estingue quando le parti, alle quali spetta di rinnovare la citazione o di proseguire, riassumere o integrare il giudizio, non vi hanno proceduto nel termine perentorio stabilito dalla legge o dal giudice.
L'estinzione è dichiarata con ordinanza, anche d'ufficio. Tuttavia se il processo è stato proseguito o riassunto fuori del termine ed è intervenuta sentenza o è stata data esecuzione a una ordinanza istruttoria, l'estinzione non può essere dichiarata.
Art. 308.
(Comunicazione e impugnabilità dell'ordinanza).
L'ordinanza che dichiara l'estinzione è comunicata a cura del cancelliere se è pronunciata fuori dell'udienza. Contro di essa è ammesso reclamo nei modi di cui all'articolo 179 secondo comma.
Art. 309.
(Mancata comparizione all'udienza).
Se nel corso del processo nessuna delle parti si presenta all'udienza, il giudice fissa un'udienza successiva di cui il cancelliere dà comunicazione alle parti costituite.
Se nessuna delle parti si presenta alla nuova udienza, il giudice, con ordinanza non impugnabile, dichiara l'estinzione del processo.
Art. 310.
(Effetti dell'estinzione del processo).
L'estinzione del processo non estingue l'azione.
L'estinzione rende inefficaci gli atti compiuti, ma non le sentenze di merito pronunciate nel corso del processo e quelle che regolano la competenza.
Le prove raccolte sono valutate dal giudice a norma dell'articolo 116 secondo comma.
Le spese del processo estinto stanno a carico delle parti che le hanno anticipate.
Titolo II.
Del procedimento davanti al pretore e al conciliatore
Capo I.
Disposizioni comuni.
Art. 311.
(Rinvio alle norme relative al procedimento davanti al tribunale).
Il procedimento davanti ai pretori e ai conciliatori, per tutto ciò che non è regolato nel presente titolo o in altre espresse disposizioni, è retto dalle norme relative al procedimento davanti al tribunale, in quanto applicabili.
Art. 312.
(Forme della domanda).
Davanti al pretore e al conciliatore la domanda si propone mediante citazione a comparire ad udienza fissa.
Si può anche proporre verbalmente davanti al conciliatore e davanti al pretore per le cause che non eccedono il valore di lire duemila. Di tale domanda il pretore o il conciliatore fa redigere processo verbale che, a cura dell'attore, è notificato con citazione a comparire a udienza fissa.
Art. 313.
(Contenuto della domanda).
La domanda, comunque proposta, deve contenere, oltre l'indicazione del giudice e delle parti, l'esposizione dei fatti e l'indicazione dell'oggetto.
Tra il giorno della notificazione di cui all'articolo precedente e quello della comparizione debbono intercorrere almeno tre giorni, se la notificazione avviene nella circoscrizione territoriale del giudice adito.
Negli altri casi si applicano i termini di cui all'articolo 166, ridotti a metà. Inoltre il pretore o il conciliatore può ulteriormente abbreviare fino alla metà i termini così ridotti, su istanza dell'attore stesa in calce alla citazione o proposta verbalmente nel caso di cui al secondo comma dell'articolo precedente.
Il convenuto può controcitare a un'udienza più vicina, osservati i termini sopra determinati.
Se la citazione indica un giorno in cui non si tiene udienza presso l'ufficio giudiziario o la sezione di esso al quale il capo ha destinato la causa, la comparizione deve avvenire all'udienza successiva.
Art. 314.
(Costituzione delle parti).
Le parti si costituiscono depositando in cancelleria la citazione o il processo verbale di cui all'articolo 312 con la relazione della notificazione e, quando occorre, la procura, oppure presentando tali documenti al giudice in udienza.
Le parti, che non hanno precedentemente dichiarato la residenza o eletto domicilio nel comune in cui ha sede l'ufficio giudiziario, debbono farlo con dichiarazione ricevuta nel processo verbale al momento della costituzione.
Art. 315.
(Prima udienza).
Nella prima udienza la parte attrice, quando occorre, deve chiarire i fatti e l'oggetto della domanda, proponendo i mezzi di prova e producendo i documenti; la parte convenuta deve proporre le sue difese, eccezioni, mezzi di prova, e produrre i documenti. A tal fine il giudice, se è necessario, può fissare altra udienza.
I documenti possono essere inseriti nel fascicolo di ufficio e ivi conservati fino alla definizione del giudizio.
Art. 316.
(Rettificazione o integrazione di atti).
Il pretore o il conciliatore può indicare alle parti in ogni momento le lacune che ravvisa nell'istruzione e le irregolarità degli atti e dei documenti che possono essere riparate, assegnando un termine per provvedervi, salvi a ciascuna parte gli eventuali diritti quesiti.
Art. 317.
(Poteri istruttori del giudice).
Il pretore o il conciliatore può disporre d'ufficio la prova testimoniale formulandone i capitoli, quando le parti nell'esposizione dei fatti si sono riferite a persone che appaiono in grado di conoscere la verità.
Art. 318.
(Querela di falso).
Se è proposta querela di falso, il pretore o il conciliatore, quando ritiene il documento impugnato rilevante per la decisione, sospende il giudizio e rimette le parti davanti al tribunale per il relativo procedimento. Può anche disporre a norma dell'articolo 225 secondo comma.
Capo II.
Disposizioni speciali per il procedimento davanti al conciliatore.
Art. 319.
(Rappresentanza davanti al conciliatore).
Davanti al conciliatore, fuori della sede di pretura, le parti possono farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto in calce alla citazione o in atto separato, salvo al giudice il potere di ordinare la loro comparizione personale.
Il mandato a rappresentare comprende sempre quello a transigere e a consentire alla conciliazione.
Art. 320.
(Tentativo di conciliazione nell'ipotesi di costituzione delle parti in cancelleria).
Se la costituzione avviene in cancelleria a norma dell'articolo 314, il conciliatore può convocare le parti e, qualora si presentino, cerca di conciliarle.
Se la conciliazione riesce, se ne fa processo verbale a norma dell'articolo 185 ultimo comma.
Art. 321.
(Conciliazione in sede non contenziosa).
L'istanza per la conciliazione in sede non contenziosa è proposta anche verbalmente al conciliatore del comune in cui una delle parti ha residenza, domicilio o dimora, oppure si trova la cosa controversa.
Art. 322.
(Processo verbale di conciliazione).
Il processo verbale di conciliazione in sede non contenziosa costituisce titolo esecutivo a norma dell'articolo 185 ultimo comma, se la controversia rientra nella competenza del conciliatore.
Negli altri casi il processo verbale ha valore di scrittura privata riconosciuta in giudizio.
Titolo III.
Delle impugnazioni
Capo I.
Delle impugnazioni in generale.
Art. 323.
(Mezzi di impugnazione).
I mezzi per impugnare le sentenze, oltre al regolamento di competenza nei casi previsti dalla legge, sono: l'appello, il ricorso per cassazione, la revocazione e l'opposizione di terzo.
Art. 324.
(Cosa giudicata formale).
S'intende passata in giudicato la sentenza che non è più soggetta nè a regolamento di competenza, nè ad appello, nè a ricorso per cassazione, nè a revocazione per i motivi di cui ai numeri 4 e 5 dell'articolo 395.
Art. 325.
(Termini per le impugnazioni).
Il termine per proporre l'appello, la revocazione e l'opposizione di terzo di cui all'articolo 404 secondo comma, contro le sentenze dei conciliatori è di dieci giorni, e contro le sentenze dei pretori e dei tribunali è di trenta giorni. E' anche di trenta giorni il termine per proporre la revocazione e l'opposizione di terzo sopra menzionata contro le sentenze delle corti di appello.
Il termine per proporre il ricorso per cassazione è di giorni sessanta.
Art. 326.
(Decorrenza dei termini).
I termini stabiliti nell'articolo precedente sono perentori e decorrono dalla notificazione della sentenza, tranne per i casi previsti nei numeri 1, 2, 3 e 6 dell'articolo 395 e negli articoli 397 e 404 secondo comma, riguardo ai quali il termine decorre dal giorno in cui è stato scoperto il dolo o la falsità o la collusione o è stato recuperato il documento o è passata in giudicato la sentenza di cui al numero 6 dell'articolo 395, o il pubblico ministero ha avuto conoscenza della sentenza.
Nel caso previsto nell'articolo 332, l'impugnazione proposta contro una parte fa decorrere nei confronti dello stesso soccombente il termine per proporla contro le altre parti.
Art. 327.
(Decadenza dell'impugnazione).
Indipendentemente dalla notificazione, l'appello, il ricorso per cassazione e la revocazione per i motivi indicati nei numeri 4 e 5 dell'articolo 395 non possono proporsi dopo decorso un anno dalla pubblicazione della sentenza.
Questa disposizione non si applica quando la parte contumace dimostra di non aver avuto conoscenza del processo per nullità della citazione o della notificazione di essa, e per nullità della notificazione degli atti di cui all'articolo 292.
Art. 328.
(Decorrenza dei termini contro gli eredi della parte defunta).
Se, durante la decorrenza del termine di cui all'articolo 325, sopravviene alcuno degli eventi previsti nell'articolo 299, il termine stesso è interrotto e il nuovo decorre dal giorno in cui la notificazione della sentenza è rinnovata.
Tale rinnovazione può essere fatta agli eredi collettivamente e impersonalmente, nell'ultimo domicilio del defunto.
Se dopo sei mesi dalla pubblicazione della sentenza si verifica alcuno degli eventi previsti nell'articolo 299, il termine di cui all'articolo precedente è prorogato per tutte le parti di sei mesi dal giorno dell'evento.
Art. 329.
(Acquiescenza totale o parziale).
Salvi i casi di cui ai numeri 1, 2, 3 e 6 dell'articolo 395, l'acquiescenza risultante da accettazione espressa o da atti incompatibili con la volontà di avvalersi delle impugnazioni ammesse dalla legge ne esclude la proponibilità.
L'impugnazione parziale importa acquiescenza alle parti della sentenza non impugnate.
Art. 330.
(Luogo di notificazione dell'impugnazione).
Se nell'atto di notificazione della sentenza la parte ha dichiarato la sua residenza o eletto domicilio nella circoscrizione del giudice che l'ha pronunciata, l'impugnazione deve essere notificata nel luogo indicato; altrimenti si notifica presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio.
L'impugnazione può essere notificata nei luoghi sopra menzionati collettivamente e impersonalmente agli eredi della parte defunta dopo la notificazione della sentenza.
Quando manca la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio e, in ogni caso, dopo un anno dalla pubblicazione della sentenza, l'impugnazione, se è ancora ammessa dalla legge, si notifica personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti.
Art. 331.
(Integrazione del contradittorio in cause inscindibili).
Se la sentenza pronunciata tra più parti in causa inscindibile o in cause tra loro dipendenti non è stata impugnata nei confronti di tutte, il giudice ordina l'integrazione del contradittorio fissando il termine nel quale la notificazione deve essere fatta e, se è necessario, l'udienza di comparizione.
L'impugnazione è dichiarata inammissibile se nessuna delle parti provvede all'integrazione nel termine fissato.
Art. 332.
(Notificazione dell'impugnazione relativa a cause scindibili).
Se l'impugnazione di una sentenza pronunciata in cause scindibili è stata proposta soltanto da alcuna delle parti o nei confronti di alcuna di esse, il giudice ne ordina la notificazione alle altre, in confronto delle quali l'impugnazione non è preclusa o esclusa, fissando il termine nel quale la notificazione deve essere fatta e, se è necessario, l'udienza di comparizione.
Se la notificazione ordinata dal giudice non avviene, il processo rimane sospeso fino a che non siano decorsi i termini previsti negli articoli 325 e 327 primo comma.
Art. 333.
(Impugnazioni incidentali).
Le parti alle quali sono state fatte le notificazioni previste negli articoli precedenti debbono proporre, a pena di decadenza, le loro impugnazioni in via incidentale nello stesso processo.
Art. 334.
(Impugnazioni incidentali tardive).
Le parti, contro le quali è stata proposta impugnazione e quelle chiamate ad integrare il contradittorio a norma dell'articolo 331, possono proporre impugnazione incidentale anche quando per esse è decorso il termine o hanno fatto acquiescenza alla sentenza.
In tal caso, se l'impugnazione principale è dichiarata inammissibile, l'impugnazione incidentale perde ogni efficacia.
Art. 335.
(Riunione delle impugnazioni separate).
Tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza debbono essere riunite, anche d'ufficio, in un solo processo.
Art. 336.
(Effetti della riforma e della cassazione).
La riforma o la cassazione parziale ha effetto anche sulle parti della sentenza dipendenti dalla parte riformata o cassata.
La riforma o la cassazione estende i suoi effetti agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata.
Art. 337.
(Sospensione dell'esecuzione e dei processi).
L'esecuzione delle sentenze, delle quali non è ordinata l'esecuzione provvisoria, rimane sospesa se è proposto appello; l'esecuzione non è sospesa per effetto delle altre impugnazioni, salve le disposizioni degli articoli 373, 401 e 407.
Quando l'autorità di una sentenza è invocata in un diverso processo, questo può essere sospeso se tale sentenza è impugnata.
Art. 338.
(Effetti dell'estinzione del procedimento di impugnazione).
L'estinzione del procedimento d'appello o di revocazione nei casi previsti nei numeri 4 e 5 dell'articolo 395 fa passare in giudicato la sentenza impugnata, salvo che ne siano stati modificati gli effetti con provvedimenti pronunciati nel procedimento estinto.
Capo II.
Dell'appello.
Art. 339.
(Appellabilità delle sentenze).
Possono essere impugnate con appello le sentenze definitive pronunciate in primo grado, purchè l'appello non sia escluso dalla legge o dall'accordo delle parti a norma dell'articolo 360 secondo comma.
Le sentenze parziali possono essere impugnate soltanto insieme con la sentenza definitiva.
E' inappellabile la sentenza che il giudice ha pronunciato secondo equità a norma dell'articolo 114.
Le sentenze del conciliatore, quando il valore della causa non eccede le lire seicento, sono inappellabili, tranne che per difetto di giurisdizione o per incompetenza.
Art. 340.
(Riserva d'appello contro le sentenze parziali).
La parte che intende conservare il diritto di appellare contro una sentenza parziale deve farne espressa riserva, a pena di decadenza, nella prima udienza successiva alla comunicazione della sentenza, salvo il disposto dell'articolo 284.
Art. 341.
(Giudice dell'appello).
L'appello contro le sentenze del conciliatore, del pretore e del tribunale si propone rispettivamente al pretore, al tribunale e alla corte d'appello nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha pronunciato la sentenza.
Art. 342.
(Forma dell'appello).
L'appello si propone con citazione contenente la esposizione sommaria dei fatti e i motivi specifici dell'impugnazione, nonchè le indicazioni prescritte nell'articolo 163 se l'appello è proposto davanti alla corte d'appello o davanti al tribunale, e quelle prescritte nell'articolo 313 se è proposto davanti al pretore.
Art. 343.
(Modo e termine dell'appello incidentale).
L'appello incidentale si propone nella prima comparsa o, in mancanza di costituzione in cancelleria, nella prima udienza o in quelle previste negli articoli 331 e 332.
Se l'interesse a proporre l'appello incidentale sorge dall'impugnazione proposta da altra parte che non sia l'appellante principale, tale appello si propone nella prima udienza successiva alla proposizione dell'impugnazione stessa.
Art. 344.
(Intervento in appello).
Nel giudizio d'appello è ammesso soltanto l'intervento dei terzi che potrebbero proporre opposizione a norma dell'articolo 404.
Art. 345.
(Domande ed eccezioni nuove).
Nel giudizio d'appello non possono proporsi domande nuove e, se proposte, debbono rigettarsi d'ufficio. Possono però domandarsi gli interessi, i frutti e gli accessori maturati dopo la sentenza impugnata, nonchè il risarcimento dei danni sofferti dopo la sentenza stessa.
Salvo che esistano gravi motivi accertati dal giudice, le parti non possono proporre nuove eccezioni, produrre documenti e chiedere l'ammissione di mezzi di prova.
Può sempre deferirsi il giuramento decisorio.
Art. 346.
(Decadenza dalle domande e dalle eccezioni non riproposte).
Le domande e le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, che non sono espressamente riproposte in appello, si intendono rinunciate.
Art. 347.
(Forme e termini della costituzione in appello).
La costituzione in appello avviene secondo le forme e i termini rispettivamente stabiliti per i procedimenti davanti al tribunale o davanti al pretore.
L'appellante deve inserire nel proprio fascicolo copia della sentenza appellata.
Il cancelliere provvede a norma dell'articolo 168 e richiede la trasmissione del fascicolo d'ufficio al cancelliere del giudice di primo grado.
Art. 348.
(Improcedibilità dell'appello).
L'appello è improcedibile: 1) se l'appellante non si costituisce; 2) se l'appellante non presenta il proprio fascicolo salvo che il giudice, per giustificati motivi, gli conceda nella prima udienza una dilazione; 3) se l'appellante, benchè costituito, non comparisce alla prima udienza senza giusto motivo.
Art. 349.
(Nomina dell'istruttore).
Il presidente designa un componente del collegio per l'istruzione della causa, e fissa con decreto un'udienza per la comparizione davanti a lui.
Il decreto è comunicato alle parti dal cancelliere.
Art. 350.
(Attività dell'istruttore).
All'udienza di comparizione l'istruttore verifica la regolare costituzione del giudizio e, quando occorre, ordina l'integrazione di esso o la notificazione prevista nell'articolo 332 oppure dispone che si rinnovi la notificazione dell'atto d'appello o la comunicazione del decreto di fissazione dell'udienza.
Dichiara l'inammissibilità dell'appello proposto fuori termine o l'improcedibilità di esso nei casi previsti nell'articolo 348, quando al riguardo non sorgono contestazioni.
Dichiara inoltre la contumacia dell'appellato, provvede alla riunione degli appelli proposti contro la stessa sentenza, e procede al tentativo di conciliazione ordinando, quando occorre, la comparizione personale delle parti.
Tutti i provvedimenti sono dati con ordinanza e sono soggetti a reclamo a norma dell'articolo 357 nei casi ivi previsti.
Art. 351.
(Provvedimenti sull'esecuzione provvisoria).
Sull'istanza di concessione, di revoca o di sospensione dell'esecuzione provvisoria l'istruttore provvede con ordinanza nella prima udienza.
La parte, mediante ricorso al presidente del collegio o al pretore, può chiedere che la decisione sulla concessione o sulla revoca dell'esecuzione provvisoria o sulla sospensione dell'esecuzione iniziata sia pronunciata prima dell'udienza di comparizione.
Il presidente del collegio o il pretore, se riconosce che ricorrono giusti motivi d'urgenza, fissa un'udienza di comparizione delle parti davanti a sè, e decide con ordinanza, che è soggetta a reclamo a norma dell'articolo 357.
Le disposizioni dei due commi precedenti si applicano in ogni caso al ricorso previsto nell'articolo 284.
Art. 352.
(Rimessione della causa al collegio).
L'istruttore, pronunciati i provvedimenti previsti negli articoli precedenti, invita le parti a precisare le conclusioni e le rimette a una udienza prossima del collegio, prima della quale le parti debbono comunicarsi le comparse a norma dell'articolo 190.
La discussione è preceduta dalla relazione dell'istruttore.
Art. 353.
(Rimessione al primo giudice per ragioni di giurisdizione o di competenza).
Il giudice d'appello, se riforma la sentenza di primo grado dichiarando che il giudice ordinario ha sulla causa la giurisdizione negata dal primo giudice, pronuncia sentenza con la quale rimanda le parti davanti a lui. Le parti debbono riassumere il processo nel termine perentorio di sessanta giorni dalla notificazione della sentenza.
Se contro la sentenza d'appello è proposto ricorso per cassazione, il termine è interrotto.
La disposizione del primo comma si applica anche quando il pretore, in riforma della sentenza del conciliatore, dichiara la competenza di questo.
Art. 354.
(Rimessione al primo giudice per altri motivi).
Fuori dei casi previsti nell'articolo precedente, il giudice d'appello non può rimettere la causa al primo giudice, tranne che dichiari nulla la notificazione della citazione introduttiva, oppure riconosca che nel giudizio di primo grado doveva essere integrato il contradditorio o non doveva essere estromessa una parte, oppure dichiari la nullità della sentenza di primo grado a norma dell'articolo 161 secondo comma. In tali casi si applica l'articolo precedente.
Se il giudice d'appello dichiara la nullità di altri atti compiuti in primo grado, ne ordina, in quanto possibile, la rinnovazione a norma dell'articolo 356.
Art. 355.
(Provvedimenti sulla querela di falso).
Se nel giudizio d'appello è proposta querela di falso, il giudice, quando ritiene il documento impugnato rilevante per la decisione della causa, sospende con ordinanza il giudizio e fissa alle parti un termine perentorio entro il quale debbono riassumere la causa di falso davanti al tribunale.
Art. 356.
(Ammissione e assunzione di prove).
Il giudice d'appello, se dispone l'assunzione di una prova oppure la rinnovazione totale o parziale dell'assunzione già avvenuta in primo grado, o comunque dà disposizioni per effetto delle quali il procedimento deve continuare, pronuncia ordinanza con la quale rimette le parti a udienza fissa davanti all'istruttore. Questi provvede a norma degli articoli 191 e seguenti.
Art. 357.
(Reclamo contro ordinanze).
Contro le ordinanze pronunciate a norma degli articoli 350 secondo comma e 351 può essere proposto reclamo mediante ricorso al collegio entro il termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione.
Il presidente fissa con decreto l'udienza di comparizione per la discussione del reclamo. Il decreto è comunicato alle parti a cura del cancelliere.
La decisione è pronunciata con sentenza se è respinto il reclamo contro l'ordinanza prevista nell'articolo 350 secondo comma; negli altri casi è pronunciata con ordinanza non impugnabile.
Art. 358.
(Non riproponibilità d'appello dichiarato inammissibile o improcedibile).
L'appello dichiarato inamissibile o improcedibile non può essere riproposto, anche se non è decorso il termine fissato dalla legge.
Art. 359.
(Rinvio alle norme relative al procedimento davanti al tribunale).
Nei procedimenti d'appello davanti alla corte o al tribunale si osservano, in quanto applicabili, le norme dettate per il procedimento di primo grado davanti al tribunale, se non sono incompatibili con le disposizioni del presente capo.
Davanti al pretore si osservano anche nei procedimenti d'appello le norme del procedimento di primo grado, in quanto applicabili.
Capo III.
Del ricorso per cassazione.
Sezione I. -
Dei provvedimenti impugnabilie dei ricorsi.
Art. 360.
(Sentenze definitive dei giudici ordinari).
Le sentenze definitive pronunciate in grado d'appello o in unico grado, escluse quelle del conciliatore; possono essere impugnate con ricorso per cassazione: 1) per difetto di giurisdizione; 2) per violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza; 3) per violazione o falsa applicazione di norme di diritto; 4) per nullità della sentenza o del procedimento; 5) per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
Può inoltre essere impugnata con ricorso per cassazione una sentenza appellabile del tribunale, se le parti sono d'accordo per omettere l'appello; ma in tal caso l'impugnazione può proporsi soltanto per violazione o falsa applicazione di norme di diritto.
Le sentenze parziali possono essere impugnate con ricorso per cassazione soltanto insieme con la sentenza definitiva.
Art. 361.
(Riserva al ricorso contro le sentenze parziali).
La parte che intende conservare il diritto di impugnare con ricorso per cassazione una sentenza parziale deve farne espressa riserva, a pena di decadenza, nella prima udienza successiva alla comunicazione della sentenza, salvo il disposto dell'articolo 373 secondo comma.
Art. 362.
(Altri casi di ricorso).
Possono essere impugnate con ricorso per cassazione, nel termine di cui all'articolo 325 secondo comma, le decisioni in grado d'appello o in unico grado di un giudice speciale, per motivi attinenti alla giurisdizione del giudice stesso.
Possono essere denunciati in ogni tempo con ricorso per cassazione: 1) i conflitti positivi o negativi di giurisdizione tra giudici speciali, o tra questi e i giudici ordinari; 2) i conflitti negativi di attribuzione tra la pubblica amministrazione e il giudice ordinario.
Art. 363.
(Ricorso nell'interesse della legge).
Quando le parti non hanno proposto ricorso nei termini di legge o vi hanno rinunciato, il procuratore generale presso la corte di cassazione può proporre ricorso per chiedere che sia cassata la sentenza nell'interesse della legge.
In tal caso le parti non possono giovarsi della cassazione della sentenza.
Art. 364.
(Deposito per il caso di soccombenza).
Il ricorso deve essere preceduto dal deposito, per il caso di soccombenza, di lire centocinquanta se la sentenza impugnata è del pretore, di lire trecento se la sentenza impugnata è del tribunale, di lire seicento in ogni altro caso.
E' sufficiente un solo deposito quando più parti ricorrono con lo stesso atto contro una o più parti, anche se per motivi diversi.
Non è richiesto deposito: 1) per i ricorsi di cui ai numeri 1 e 2 dell'articolo 362; 2) per i ricorsi nell'interesse dello Stato e per quelli proposti a norma dell'articolo 368; 3) per i ricorsi nell'interesse delle persone ammesse al beneficio del gratuito patrocinio per il giudizio di cassazione; 4) per i ricorsi relativi a controversie del lavoro e della previdenza e assistenza obbligatorie; 5) negli altri casi indicati dalla legge.
Art. 365.
(Sottoscrizione del ricorso).
Il ricorso è diretto alla corte e sottoscritto, a pena d'inammissibilità, da un avvocato iscritto nell'apposito albo, munito di procura speciale.
Art. 366.
(Contenuto del ricorso).
Il ricorso deve contenere, a pena d'inammissibilità: 1) l'indicazione delle parti; 2) l'indicazione della sentenza o decisione impugnata; 3) l'esposizione sommaria dei fatti della causa; 4) i motivi per i quali si chiede la cassazione, con l'indicazione delle norme di diritto su cui si fondano; 5) l'indicazione della procura, se conferita con atto separato, e della quietanza del deposito o del decreto di concessione del gratuito patrocinio.
Se il ricorrente non ha eletto domicilio in Roma, le notificazioni gli sono fatte presso la cancelleria della corte di cassazione.
Nel caso previsto nell'articolo 360 secondo comma, l'accordo delle parti deve risultare mediante visto apposto sul ricorso dalle altre parti o dai loro difensori muniti di procura speciale, oppure mediante atto separato da unirsi al ricorso stesso.
Art. 367.
(Sospensione del processo di merito).
Una copia del ricorso per cassazione proposto a norma dell'articolo 41 primo comma è depositata, dopo la notificazione alle altre parti, nella cancelleria del giudice davanti a cui pende la causa, il quale sospende il processo con ordinanza non impugnabile.
Se la corte di cassazione dichiara la giurisdizione. del giudice ordinario, le parti debbono riassumere il processo entro il termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione della sentenza.
Art. 368.
(Questione di giurisdizione sollevata dal prefetto).
Nel caso previsto nell'articolo 41 secondo comma, la richiesta per la decisione della corte di cassazione è fatta dal prefetto con decreto motivato.
Il decreto è notificato, su richiesta del prefetto, alle parti e al procuratore del Re presso il tribunale, se la causa pende davanti a questo o davanti a un pretore, oppure al procuratore generale presso la corte d'appello, se pende davanti alla corte.
Il pubblico ministero comunica il decreto del prefetto al capo dell'ufficio giudiziario davanti al quale pende la causa. Questi sospende il procedimento con decreto che è notificato alle parti a cura del pubblico ministero entro dieci giorni dalla sua pronuncia, sotto pena di decadenza della richiesta.
La corte di cassazione è investita della questione di giurisdizione con ricorso a cura della parte più diligente, nel termine perentorio di trenta giorni dalla notificazione del decreto.
Si applica la disposizione dell'ultimo comma dell'articolo precedente.
Art. 369.
(Deposito del ricorso).
Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della corte, a pena d'improcedibilità, nel termine di giorni venti dall'ultima notificazione alle parti contro le quali è proposto.
Insieme col ricorso debbono essere depositati, sempre a pena d'improcedibilità: 1) la quietanza del deposito prescritto nell'articolo 364 o il decreto di concessione del gratuito patrocinio; 2) copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta, tranne che nei casi di cui ai due articoli precedenti; oppure copia autentica dei provvedimenti dai quali risulta il conflitto nei casi di cui ai numeri 1 e 2 dell'articolo 362; 3) la procura speciale, se questa è conferita con atto separato; 4) gli atti e i documenti sui quali il ricorso si fonda.
Il ricorrente deve chiedere alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata o del quale si contesta la giurisdizione la trasmissione alla cancelleria della corte di cassazione del fascicolo d'ufficio; tale richiesta è restituita dalla cancelleria al richiedente munita di visto, e deve essere depositata insieme col ricorso.
Art. 370.
(Controricorso).
La parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contradire, deve farlo mediante controricorso da notificarsi al ricorrente nel domicilio eletto entro venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso. In mancanza di tale notificazione, essa non può presentare memorie, ma soltanto partecipare alla discussione orale.
Al controricorso si applicano le norme degli articoli 365 e 366, in quanto è possibile.
Il controricorso è depositato nella cancelleria della corte entro venti giorni dalla notificazione, insieme con gli atti e i documenti e con la procura speciale, se conferita con atto separato.
Art. 371.
(Ricorso incidentale).
La parte di cui all'articolo precedente deve proporre con l'atto contenente il controricorso l'eventuale ricorso incidentale contro la stessa sentenza.
La parte alla quale è stato notificato il ricorso per integrazione a norma degli articoli 331 e 332 deve proporre l'eventuale ricorso incidentale nel termine di quaranta giorni dalla notificazione, con atto notificato al ricorrente principale e alle altre parti nello stesso modo del ricorso principale.
Al ricorso incidentale si applicano le disposizioni degli articoli 364, 365, 366 e 369.
Per resistere al ricorso incidentale può essere notificato un controricorso a norma dell'articolo precedente.
Se il ricorrente principale deposita la copia della sentenza o della decisione impugnata, non è necessario che la depositi anche il ricorrente per incidente.
Art. 372.
(Produzione di altri documenti).
Non è ammesso il deposito di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi del processo, tranne di quelli che riguardano la nullità della sentenza impugnata e l'ammissibilità del ricorso e del controricorso.
Il deposito dei documenti relativi all'ammissibilità può avvenire indipendentemente da quello del ricorso e del controricorso, ma deve essere notificato, mediante elenco, alle altre parti.
Art. 373.
(Sospensione dell'esecuzione).
La corte di cassazione, con ordinanza pronunciata in camera di consiglio su istanza di parte, sentito il pubblico ministero, può sospendere l'esecuzione della sentenza soggetta a ricorso, quando dall'esecuzione stessa può derivare grave o irreparabile danno.
L'istanza di sospensione deve essere proposta nel ricorso contro la sentenza o con apposito ricorso, contenente, in caso di sentenza parziale, la dichiarazione di cui all'articolo 361 se non è stata già fatta.
L'apposito ricorso deve essere proposto nelle forme ordinarie entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza.
Sezione II. -
Del procedimento e dei provvedimenti.
Art. 374.
(Pronuncia a sezioni unite).
La corte pronuncia a sezioni unite nei casi previsti nel numero 1 dell'articolo 360 e nell'articolo 362.
Inoltre il primo presidente può disporre che la corte pronunci a sezioni unite sui ricorsi che presentano una questione di diritto già decisa in senso difforme dalle sezioni semplici, e su quelli che presentano una questione di massima di particolare importanza.
In tutti gli altri casi la corte pronuncia a sezione semplice.
Art. 375.
(Pronuncia in camera di consiglio).
Oltre che per il caso di regolamento di competenza e per quello previsto nell'articolo 373, la corte, a sezione semplice, pronuncia in camera di consiglio con ordinanza quando, su richiesta del pubblico ministero o d'ufficio, riconosce di dover dichiarare l'inammissibilità del ricorso principale e di quello incidentale, pronuciare il rigetto di entrambi per mancanza dei motivi previsti nell'articolo 360, ordinare l'integrazione del contradittorio, o la notificazione di cui all'articolo 332, oppure dichiarare l'estinzione del processo per avvenuta rinuncia.
Le conclusioni del pubblico ministero sono notificate almeno venti giorni prima dell'adunanza della corte in camera di consiglio agli avvocati delle parti, i quali hanno facoltà di presentare memorie entro il termine di cui all'articolo 378.
Art. 376.
(Assegnazione dei ricorsi alle sezioni).
I ricorsi sono assegnati alle sezioni unite o alle sezioni semplici dal primo presidente.
La parte, che ritiene di competenza delle sezioni unite un ricorso assegnato a una sezione semplice, può proporre al primo presidente istanza di rimessione alle sezioni unite, fino a dieci giorni prima dell'udienza di discussione del ricorso.
All'udienza della sezione semplice, la rimessione può essere disposta sotanto su richiesta del pubblico ministero o d'ufficio, con ordinanza inserita nel processo verbale.
Art. 377.
(Fissazione dell'udienza o dell'adunanza in camera di consiglio).
Il primo presidente, su presentazione del ricorso a cura del cancelliere, fissa l'udienza o l'adunanza della camera di consiglio e nomina il relatore.
Dell'udienza è data comunicazione dal cancelliere agli avvocati delle parti almeno venti giorni prima.
Art. 378.
(Deposito di memorie di parte).
Le parti possono presentare le loro memorie in cancelleria non oltre cinque giorni prima dell'udienza.
Art. 379.
(Discussione).
All'udienza il relatore riferisce i fatti rilevanti per la decisione del ricorso, il contenuto del provvedimento impugnato e, in riassunto, se non vi è discussione delle parti, i motivi del ricorso e del controricorso.
Dopo la relazione il presidente invita gli avvocati delle parti a svolgere le loro difese.
Quindi il pubblico ministero espone oralmente le sue conclusioni motivate.
Non sono ammesse repliche, ma gli avvocati delle parti possono nella stessa udienza presentare alla corte brevi osservazioni per iscritto sulle conclusioni del pubblico ministero.
Art. 380.
(Deliberazione della sentenza).
La corte, dopo la discussione della causa, delibera la sentenza in camera di consiglio con l'assistenza del pubblico ministero.
Si applica alla deliberazione della corte la disposizione dell'articolo 276.
Art. 381.
(Provvedimento sul deposito).
La corte, se dichiara inammissibile o improcedibile il ricorso o lo rigetta nel merito, condanna il ricorrente alla perdita del deposito; ne ordina invece la restituzione anche se accoglie il ricorso solo in parte.
Art. 382.
(Decisione delle questioni di giurisdizione e di competenza).
La corte, quando decide una questione di giurisdizione, statuisce su questa, determinando, quando occorre, il giudice competente.
Quando cassa per violazione delle norme sulla competenza, statuisce su questa.
Se riconosce che il giudice del quale si impugna il provvedimento e ogni altro giudice difettano di giurisdizione, cassa senza rinvio. Egualmente provvede in ogni altro caso in cui ritiene che la causa non poteva essere proposta o il processo proseguito.
Art. 383.
(Cassazione con rinvio).
La corte, quando accoglie il ricorso per motivi diversi da quelli richiamati nell'articolo precedente, rinvia la causa ad altro giudice di grado pari a quello che ha pronunciato la sentenza cassata.
Nel caso previsto nell'articolo 360 secondo comma, la causa può essere rinviata al giudice che avrebbe dovuto pronunciare sull'appello al quale le parti hanno rinunciato.
La corte, se riscontra una nullità del giudizio di primo grado per la quale il giudice d'appello avrebbe dovuto rimettere le parti al primo giudice, rinvia la causa a quest'ultimo.
Art. 384.
(Enunciazione del principio di diritto e sua efficacia).
La corte, quando accoglie il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, enuncia il principio al quale il giudice di rinvio deve uniformarsi.
Non sono soggette a cassazione le sentenze erroneamente motivate in diritto, quando il dispositivo sia conforme al diritto; in tal caso la corte si limita a correggere la motivazione.
Art. 385.
(Provvedimenti sulle spese).
La corte, se rigetta il ricorso, condanna il ricorrente alle spese.
Se cassa senza rinvio o per violazione delle norme sulla competenza, provvede sulle spese di tutti i precedenti giudizi, liquidandole essa stessa o rimettendone la liquidazione al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata.
Se rinvia la causa ad altro giudice, può provvedere sulle spese del giudizio di cassazione o rimetterne la pronuncia al giudice di rinvio.
Art. 386.
(Effetti della decisione sulla giurisdizione).
La decisione sulla giurisdizione è determinata dall'oggetto della domanda e, quando prosegue il giudizio, non pregiudica le questioni sulla pertinenza del diritto e sulla proponibilità della domanda.
Art. 387.
(Non riproponibilità del ricorso dichiarato inammissibile o improcedibile).
Il ricorso dichiarato inammissibile o improcedibile non può essere riproposto, anche se non è scaduto il termine fissato dalla legge.
Art. 388.
(Trasmissione di copia del dispositivo al giudice di merito).
Copia del dispositivo della sentenza è trasmessa dal cancelliere della corte a quello del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata affinchè ne sia presa nota in margine all'originale di quest'ultima.
Art. 389.
(Domande conseguenti alla cassazione).
Le domande di restituzione o di riduzione in pristino e ogni altra conseguente alla sentenza di cassazione si propongono al giudice di rinvio e, in caso di cassazione senza rinvio, al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata.
Art. 390.
(Rinuncia).
La parte può rinunciare al ricorso principale o incidentale finchè non sia cominciata la relazione alla udienza o sia notificata la richiesta del pubblico ministero di cui all'articolo 375.
La rinuncia deve farsi con atto sottoscritto dalla parte e dal suo avvocato o anche da questo solo se è munito di mandato speciale a tale effetto.
L'atto di rinuncia è notificato alle parti costituite o comunicato agli avvocati delle stesse, che vi appongono il visto.
Art. 391.
(Pronuncia sulla rinuncia).
Sulla rinuncia la corte provvede con sentenza quando deve decidere altri ricorsi contro lo stesso provvedimento, altrimenti provvede con ordinanza.
L'ordinanza o la sentenza, che provvede sulla rinuncia, dispone la restituzione del deposito e condanna il rinunciante alle spese.
L'ordinanza ha efficacia di titolo esecutivo.
La condanna non è pronunciata, se alla rinuncia hanno aderito le altre parti personalmente o i loro avvocati autorizzati con mandato speciale.
Sezione III. -
Del giudizio di rinvio.
Art. 392.
(Riassunzione della causa).
La riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio può essere fatta da ciascuna delle parti non oltre un anno dalla pubblicazione della sentenza della corte di cassazione.
La riassunzione si fa con citazione, la quale è notificata personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti.
Art. 393.
(Estinzione del processo).
Se la riassunzione non avviene entro il termine di cui all'articolo precedente, o si avvera successivamente a essa una causa di estinzione del giudizio di rinvio, l'intero processo si estingue; ma la sentenza della corte di cassazione conserva il suo effetto vincolante anche nel nuovo processo che sia instaurato con la riproposizione della domanda.
Art. 394.
(Procedimento in sede di rinvio).
In sede di rinvio si osservano le norme stabilite per il procedimento davanti al giudice al quale la corte ha rinviato la causa. In ogni caso deve essere prodotta copia autentica della sentenza di cassazione.
Le parti conservano la stessa posizione processuale che avevano nel procedimento in cui fu pronunciata la sentenza cassata.
Nel giudizio di rinvio può deferirsi il giuramento decisorio, ma le parti non possono prendere conclusioni diverse da quelle prese nel giudizio nel quale fu pronunciata la sentenza cassata, salvo che la necessità delle nuove conclusioni sorga dalla sentenza di cassazione.
Capo IV.
Della revocazione.
Art. 395.
(Casi di revocazione).
Le sentenze pronunciate in grado d'appello o in unico grado possono essere impugnate per revocazione: 1) se sono l'effetto del dolo in una delle parti in danno dell'altra; 2) se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza; 3) se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario; 4) se la sentenza è l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell'uno quanto nell'altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare; 5) se la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata, purchè non abbia pronunciato sulla relativa eccezione; 6) se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato.
Art. 396.
(Revocazione delle sentenze per le quali è scaduto il termine per l'appello).
Le sentenze per le quali è scaduto il termine per l'appello possono essere impugnate per revocazione nei casi dei numeri 1, 2, 3 e 6 dell'articolo precedente, purchè la scoperta del dolo o della falsità o il ricupero dei documenti o la pronuncia della sentenza di cui al numero 6 siano avvenuti dopo la scadenza del termine suddetto.
Se i fatti menzionati nel comma precedente avvengono durante il corso del termine per l'appello, il termine stesso è prorogato dal giorno dell'avvenimento in modo da raggiungere i trenta giorni da esso.
Art. 397.
(Revocazione proponibile dal pubblico ministero).
Nelle cause in cui l'intervento del pubblico ministero è obbligatorio a norma dell'articolo 70 primo comma, le sentenze previste nei due articoli precedenti possono essere impugnate per revocazione dal pubblico ministero: 1) quando la sentenza è stata pronunciata senza che egli sia stato sentito; 2) quando la sentenza è l'effetto della collusione posta in opera dalle parti per frodare la legge.
Art. 398.
(Proposizione della domanda).
La revocazione si propone con citazione davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata.
La citazione deve indicare, a pena d'inammissibilità, il motivo della revocazione e le prove relative alla dimostrazione dei fatti di cui ai numeri 1, 2, 3 e 6 dell'articolo 395, del giorno della scoperta o dell'accertamento del dolo o della falsità, o del recupero dei documenti.
La citazione deve essere sottoscritta da un difensore munito di procura speciale e deve essere preceduta dal deposito prescritto per il ricorso in cassazione nell'articolo 364. Se la sentenza della quale si chiede la revocazione è pronunciata dal conciliatore, il deposito è di lire cento.
La proposizione della revocazione sospende il termine per proporre il ricorso per cassazione o il procedimento relativo, fino alla comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla revocazione.
Art. 399.
(Deposito della citazione e della risposta).
Se la revocazione è proposta davanti al tribunale o alla corte d'appello, la citazione deve essere depositata, a pena di improcedibilità, entro venti giorni dalla notificazione nella cancelleria del giudice adito insieme con la quietanza del deposito e con la copia autentica della sentenza impugnata.
Le altre parti debbono costituirsi nello stesso termine mediante deposito in cancelleria di una comparsa contenente le loro conclusioni.
Se la revocazione è proposta davanti al pretore o al conciliatore il deposito e la costituzione di cui ai due commi precedenti debbono farsi a norma dell'articolo 314.
Art. 400.
(Procedimento).
Davanti al giudice adito si osservano le norme stabilite per il procedimento davanti a lui, in quanto non derogate da quelle del presente capo.
Art. 401.
(Sospensione dell'esecuzione).
Il giudice della revocazione può pronunciare, su istanza di parte inserita nell'atto di citazione, l'ordinanza prevista nell'articolo 373, con lo stesso procedimento in camera di consiglio ivi stabilito, esclusa la necessità di sentire il pubblico ministero.
Art. 402.
(Decisione).
Il giudice, se dichiara inammissibile o improcedibile la domanda o la rigetta per infondatezza dei motivi, condanna l'attore alla perdita del deposito.
Con la sentenza che pronuncia la revocazione il giudice ordina la restituzione del deposito, decide il merito della causa e dispone l'eventuale restituzione di ciò che siasi conseguito con la sentenza revocata.
Il giudice, se per la decisione del merito della causa ritiene di dover disporre nuovi mezzi istruttori, pronuncia, con sentenza parziale, la revocazione della sentenza impugnata e rimette con ordinanza le parti davanti all'istruttore.
Art. 403.
(Impugnazione della sentenza di revocazione).
Non può essere impugnata per revocazione la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione.
Contro di essa sono ammessi i mezzi d'impugnazione ai quali era originariamente soggetta la sentenza impugnata per revocazione.
Capo V.
Dell'opposizione di terzo.
Art. 404.
(Casi di opposizione di terzo).
Un terzo può fare opposizione contro la sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva pronunciata tra altre persone quando pregiudica i suoi diritti.
Gli aventi causa e i creditori di una delle parti possono fare opposizione alla sentenza, quando è l'effetto di dolo o collusione a loro danno.
Art. 405.
(Domanda di opposizione).
L'opposizione è proposta davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza, secondo le forme prescritte per il procedimento davanti a lui.
La citazione deve contenere, oltre agli elementi di cui all'articolo 163, anche l'indicazione della sentenza impugnata e, nel caso del secondo comma dell'articolo precedente, l'indicazione del giorno in cui il terzo è venuto a conoscenza del dolo o della collusione, e della relativa prova.
Art. 406.
(Procedimento).
Davanti al giudice adito si osservano le norme stabilite per il procedimento davanti a lui, in quanto non derogate da quelle del presente capo.
Art. 407.
(Sospensione dell'esecuzione).
Il giudice dell'opposizione può pronunciare, su istanza di parte inserita nell'atto di citazione, l'ordinanza prevista nell'articolo 373, con lo stesso procedimento in camera di consiglio ivi stabilito, esclusa la necessità di sentire il pubblico ministero.
Art. 408.
(Decisione).
Il giudice se dichiara inammissibile o improcedibile la domanda o la rigetta per infondatezza dei motivi, condanna l'opponente al pagamento di una pena pecuniaria di lire cento se la sentenza impugnata è del conciliatore, di lire centocinquanta se è del pretore, di lire trecento se è del tribunale e di lire seicento in ogni altro caso.
Titolo IV.
Norme per le controversie in materia corporativa
Capo I.
Delle controversie collettive.
Art. 409.
(Competenza per materia).
La magistratura del lavoro, costituita a norma dell'articolo 14 della legge 3 aprile 1926, n. 563, è competente per le controversie collettive relative: 1) all'applicazione dei contratti collettivi di lavoro e delle norme a questi equiparate; 2) alle richieste di nuove condizioni di lavoro; 3) all'applicazione degli accordi collettivi economici e delle norme corporative che regolano rapporti collettivi economici.
Nella formulazione di nuove condizioni di lavoro la magistratura del lavoro giudica secondo equità, contemperando gli interessi dei datori di lavoro con quelli dei lavoratori e tutelando in ogni caso gli interessi superiori della produzione.
Art. 410.
(Competenza per territorio).
Per le controversie di cui all'articolo precedente è competente la magistratura del lavoro nella cui circoscrizione ha vigore il contratto collettivo, la norma corporativa o l'accordo da applicare, o in cui si svolgono i rapporti di lavoro da regolare.
Se il contratto collettivo, la norma corporativa o l'accordo economico hanno vigore o i rapporti da regolare si svolgono in più circoscrizioni, per le controversie relative è competente la magistratura del lavoro di Roma.
Art. 411.
(Capacità e rappresentanza processuale).
Possono stare in giudizio per le controversie di cui all'articolo 409 le associazioni sindacali legalmente riconosciute.
Il curatore speciale di cui all'articolo 17 della legge 3 aprile 1926, n. 563 è scelto, quando è possibile, tra i datori di lavoro o i lavoratori interessati che hanno i requisiti previsti nell'articolo 1 della legge stessa.
Il curatore nominato non può rifiutare l'incarico sotto pena di risarcimento dei danni.
Nel caso di nomina del curatore speciale possono intervenire nel processo singoli interessati, ma in numero non maggiore di tre, tranne che intervengano per mezzo di unico procuratore speciale.
Art. 412.
(Tentativo di conciliazione corporativa).
La domanda relativa a una delle controversie di cui all'articolo 409 può essere proposta solo dopo che è stata tentata la conciliazione davanti alla corporazione competente.
L'associazione che propone la domanda deve produrre il processo verbale dal quale risulta l'esperimento del tentativo di conciliazione.
Art. 413.
(Patrocinio).
Le parti possono stare in giudizio personalmente o col ministero di un procuratore legalmente esercente. Possono farsi assistere da non più di un avvocato e da uno o più consulenti tecnici.
Il giudice può ordinare in ogni stato del processo la comparizione personale delle parti e può limitare il numero dei consulenti tecnici.
Art. 414.
(Proposizione unilaterale della domanda).
La domanda si propone mediante ricorso.
Questo deve contenere: 1) l'indicazione della magistratura del lavoro davanti alla quale la domanda è proposta; 2) l'indicazione dell'associazione che la propone e di quella nei confronti della quale è proposta, o dell'ufficio del pubblico ministero se la domanda è proposta da quest'ultimo; 3) l'oggetto della domanda; 4) l'esposizione dei fatti e delle ragioni sulle quali la domanda è fondata e le relative conclusioni; 5) l'indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l'attore intende valersi e in particolare dei documenti che offre in comunicazione; 6) il nome e cognome del procuratore e l'indicazione della procura, se questa non è apposta sullo stesso ricorso, o la dichiarazione della residenza o l'elezione di domicilio, nel comune in cui ha sede la magistratura del lavoro, del rappresentante dell'associazione che si costituisce senza ministero di procuratore.
Art. 415.
(Proposizione bilaterale della domanda).
Le parti possono d'accordo chiedere la decisione della controversia con ricorso sottoscritto da tutte e contenente le indicazioni di cui all'articolo precedente.
La domanda può anche essere proposta verbalmente dalle parti, d'accordo, al presidente della magistratura del lavoro. Di essa si redige processo verbale.
Art. 416.
(Deposito del ricorso).
Il ricorso è depositato in cancelleria insieme con i documenti allegati.
Il cancelliere forma subito un fascicolo d'ufficio in cui inserisce il ricorso e i documenti delle parti, e lo presenta immediatamente al presidente.
Art. 417.
(Fissazione dell'udienza di comparizione).
Il presidente della magistratura del lavoro, entro ventiquattro ore dalla presentazione del fascicolo, fissa con decreto scritto in calce al ricorso l'udienza di comparizione delle parti e il termine entro il quale la parte convenuta si deve costituire in cancelleria. Con lo stesso decreto nomina, quando occorre, il curatore speciale di cui all'articolo 411 secondo comma.
In caso di domanda proposta a norma dell'articolo 415 secondo comma, il decreto di fissazione dell'udienza è steso in calce al processo verbale redatto a norma dell'articolo stesso.
Art. 418.
(Notificazione e pubblicazione del ricorso).
Copia del ricorso e del decreto del presidente è notificata a cura del cancelliere alle parti interessate e comunicata al pubblico ministero. A questo è anche comunicato il processo verbale di cui all'articolo 415 secondo comma col decreto del presidente.
Un estratto del ricorso o del processo verbale col decreto del presidente è pubblicato a cura del cancelliere, e senza spese, nel Foglio degli annunzi legali della provincia, se la controversia interessa datori di lavoro o lavoratori di una sola provincia, altrimenti nella Gazzetta Ufficiale del Regno.
Art. 419.
(Costituzione in giudizio della parte convenuta e svolgimento del procedimento).
L'associazione convenuta o il curatore speciale di cui all'articolo 411 secondo comma si debbono costituire in giudizio nei modi indicati negli articoli 166 e 167.
L'iscrizione a ruolo è fatta d'ufficio dal cancelliere.
Il procedimento si svolge con le norme ordinarie quando non è diversamente disposto nel presente capo.
Art. 420.
(Tentativo di conciliazione).
Il presidente, nella prima udienza e in ogni momento del processo in cui se ne manifesti l'opportunità, deve cercare di indurre le parti ad un equo componimento.
Il processo verbale di conciliazione ha l'efficacia di un contratto collettivo o di un accordo economico.
Art. 421.
(Istruzione della causa).
All'ammissione dei mezzi di prova provvede con ordinanza il collegio, il quale procede all'assunzione dei mezzi stessi in udienza, oppure delega uno dei suoi componenti all'assunzione di determinati mezzi di prova.
Salvo il caso di consenso delle parti, la prova della potenzialità economica dell'azienda e dei costi di produzione non può farsi che mediante atti e documenti esibiti dalle parti o pubblicati, interrogatorio delle parti, accesso giudiziale, e testimonianza di cittadini esperti estranei all'azienda.
Art. 422.
(Discussione e decisione).
Finita l'istruzione il presidente può disporre l'immediata discussione della causa oppure fissare un'apposita udienza non oltre i dieci giorni successivi.
In questo secondo caso le parti possono essere autorizzate a scambiarsi, nel termine stabilito dal presidente, delle comparse contenenti le conclusioni già prese in udienza e lo svolgimento delle ragioni che le assistono.
La decisione è deliberata subito dopo chiusa la discussione e pubblicata mediante lettura del dispositivo in udienza.
La sentenza è depositata in cancelleria entro quindici giorni successivi.
Art. 423.
(Notificazione ed efficacia formale della sentenza).
Subito dopo il deposito in cancelleria, la sentenza, a cura del cancelliere, è notificata alle parti in causa e comunicata al pubblico ministero.
La sentenza che stabilisce nuove condizioni di lavoro è anche depositata presso gli uffici competenti a norma delle disposizioni vigenti.
La sentenza della magistratura del lavoro acquista efficacia con la sua pubblicazione eseguita nelle forme prescritte per il contratto collettivo di lavoro.
Art. 424.
(Prosecuzione del giudizio a istanza del pubblico ministero).
Il pubblico ministero può sempre impedire l'estinzione del processo per rinuncia o mancanza di comparizione delle parti, facendo istanza di prosecuzione di esso in contumacia od assenza delle parti stesse.
Art. 425.
(Mezzi di impugnazione).
La sentenza della magistratura del lavoro è impugnabile con ricorso per cassazione, o per revocazione o per revisione.
Art. 426.
(Ricorso per cassazione).
Il ricorso per cassazione si propone nei modi ordinari entro quindici giorni dalla notificazione. Il ricorso può anche essere proposto dal pubblico ministero entro quindici giorni dalla comunicazione.
Art. 427.
(Ricorso per revocazione).
Il ricorso per revocazione si propone nei casi e con gli effetti di cui agli articoli 395 e seguenti. Il termine di cui agli articoli 325 e 326 decorre per il pubblico ministero dalla comunicazione o dal verificarsi degli avvenimenti ivi previsti.
Art. 428.
(Ricorso per revisione).
Quando sopravviene un notevole mutamento dello stato di fatto, la parte che vi ha interesse e il pubblico ministero possono chiedere la revisione della sentenza alla stessa magistratura del lavoro che l'ha pronunciata anche prima del termine in essa stabilito per la sua durata, a norma del secondo comma dell'articolo 16 della legge 3 aprile 1926, n. 563.
Se la domanda è respinta, la parte che l'ha proposta è condannata a una pena pecuniaria non superiore a lire diecimila.
Capo II.
Delle controversie individuali di lavoro.
Sezione I. -
Disposizioni generali.
Art. 429.
(Controversie individuali di lavoro).
Si osservano le disposizioni del presente capo nelle controversie relative a: 1) rapporti di lavoro o di impiego che sono o possono essere disciplinati da contratti collettivi o da norme equiparate; 2) rapporti di mezzadria, di colonia parziaria e di piccola affittanza; 3) rapporti di lavoro e di impiego dei dipendenti di enti pubblici inquadrati nelle associazioni sindacali; 4) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici, che dalla legge non sono devoluti ad altro giudice.
Art. 430.
(Denuncia all'associazione sindacale).
Chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti previsti nei numeri 1, 2 e 3 dell'articolo precedente deve farne denuncia, anche a mezzo di lettera raccomandata, all'associazione legalmente riconosciuta che rappresenta la categoria alla quale appartiene.
L'associazione, ricevuta la denuncia, insieme con l'associazione della categoria alla quale appartiene l'altra parte, interpone i suoi uffici per la conciliazione.
Art. 431.
(Processo verbale di conciliazione).
Se la conciliazione riesce, si forma processo verbale che deve essere sottoscritto dalle parti e dai rappresentanti delle associazioni sindacali, i quali certificano l'autografia delle sottoscrizioni delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere.
Il processo verbale, depositato a cura di una delle parti o di una delle associazioni entro dieci giorni dalla sottoscrizione nella cancelleria della pretura nella cui circoscrizione è stato formato, acquista forza di titolo esecutivo mediante decreto del pretore, che ne accerta la regolarità formale.
Il processo verbale che non è depositato a norma del comma precedente, ha valore di scrittura privata autenticata.
Art. 432.
(Processo verbale di mancata conciliazione).
Se la conciliazione non riesce, i rappresentanti delle associazioni formano processo verbale, dal quale deve risultare il mancato componimento.
Nel processo verbale i rappresentanti delle associazioni indicano la soluzione nella quale eventualmente concordano, precisando, quando è possibile, l'ammontare del credito che a loro avviso spetta a una delle parti.
In quest'ultimo caso il processo verbale costituisce documento idoneo per ottenere decreto d'ingiunzione di pagamento della somma che vi si trova indicata.
In ogni caso l'associazione, alla quale fu fatta denuncia, deve trasmettere immediatamente al denunciante copia autentica del processo verbale.
Art. 433.
(Rilevanza processuale della denuncia).
La domanda relativa alle controversie previste nei numeri 1, 2 e 3 dell'articolo 429 può essere proposta soltanto dopo che è pervenuta al denunciante la copia del processo verbale di cui all'articolo precedente o dopo che sono decorsi quindici giorni dalla denuncia.
Il giudice, se non risulta che sia stata fatta la denuncia a norma dell'articolo 430 o se questa è stata fatta ad un'associazione che non rappresenta la categoria alla quale il denunciante appartiene, sospende anche d'ufficio il procedimento, affinchè sia fatta la denuncia, e fissa all'attore un termine perentorio per riassumere la causa.
Eguale provvedimento il giudice può dare quando sono proposte domande riconvenzionali fondate su alcuno dei rapporti previsti nell'articolo 429.
L'omissione della denuncia non può essere rilevata per la prima volta in appello.
Art. 434.
(Giudice competente).
Le controversie previste nell'articolo 429 sono di competenza del pretore, se hanno un valore non superiore alle lire diecimila, e del tribunale negli altri casi.
Competente per territorio è il giudice nella cui circoscrizione si trova l'azienda o una qualsiasi dipendenza di questa, alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto. Tale competenza permane dopo il trasferimento dell'azienda o la cessazione di essa e della sua dipendenza, purchè la domanda sia proposta entro tre mesi dal trasferimento o dalla cessazione.
Art. 435.
(Rappresentanza in giudizio).
Le parti possono farsi rappresentare in giudizio dal presidente o dal segretario delle associazioni legalmente riconosciute delle categorie alle quali appartengono, o da un funzionario da essi delegato.
La procura al rappresentante dell'associazione sindacale può essere apposta in calce o a margine della citazione, della comparsa di risposta o d'intervento e l'autografia della sottoscrizione della parte è certificata dal rappresentante stesso.
Art. 436.
(Patrocinio).
Nelle cause davanti al pretore, la parte o il rappresentante di cui all'articolo precedente può stare in giudizio personalmente.
La procura alle liti attribuisce al procuratore il potere di consentire alla conciliazione della controversia, salvo contrarie disposizioni della parte.
Sezione II. -
Del procedimento.
§ 1. -
Del procedimento di primo grado.
Art. 437.
(Forma della domanda davanti al pretore).
Davanti al pretore la domanda può essere proposta verbalmente, a norma dell'articolo 312 secondo comma, anche fuori dei casi ivi previsti.
Art. 438.
(Costituzione in giudizio).
L'attore, all'atto della costituzione, deve depositare copia del processo verbale di cui all'articolo 432 o, in mancanza, il documento che prova la denuncia della controversia.
Il deposito di tali atti può essere fatto anche dal convenuto.
Art. 439.
(Poteri istruttori del giudice).
Il giudice può disporre d'ufficio tutti i mezzi di prova che ritiene opportuni. Può disporre la prova testimoniale anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile.
Si applica anche davanti al tribunale la disposizione dell'articolo 316.
Art. 440.
(Comparizione personale delle parti e di rappresentanti sindacali).
Il giudice interroga di regola le parti a norma dell'articolo 117 e chiede alle associazioni sindacali di cui all'articolo 430 le informazioni opportune; può inoltre disporre la comparizione personale dei rappresentanti che hanno partecipato al tentativo di conciliazione.
Art. 441.
(Assistenza del consulente tecnico).
I consulenti tecnici, nominati a norma dell'articolo 61, sono scelti in albi speciali.
Il consulente tecnico interviene in camera di consiglio, anche senza la presenza delle parti, per esprimere il suo parere sulle questioni tecniche che la controversia presenta.
Del parere del consulente è redatto processo verbale, tranne che il consulente lo presenti per iscritto.
Art. 442.
(Accertamento tecnico in materia di cottimi).
Quando è necessario un accertamento tecnico rilevante per l'applicazione, determinazione o variazione delle tariffe di cottimo, il giudice può demandarlo al capo dell'ispettorato corporativo competente per territorio, il quale provvede direttamente o a mezzo di suo delegato. Le parti possono assistere a tale accertamento anche a mezzo di un loro consulente.
Sui fatti che hanno formato oggetto dell'accertamento non sono ammesse nuove indagini o prove, salvo che l'accertamento sia viziato da errore manifesto.
Art. 443.
(Intervento delle associazioni sindacali).
Le associazioni legalmente riconosciute delle categorie alle quali appartengono le parti possono intervenire in qualunque stato e grado del processo per la tutela degli interessi di categoria.
Art. 444.
(Sospensione del processo).
Se la controversia riguarda l'applicazione di una disposizione di contratto collettivo o di una norma equiparata, ed è in corso un processo collettivo riguardante l'applicazione di quella disposizione o norma, il giudice sospende il processo fino alla definizione di quello collettivo.
Art. 445.
(Passaggio dal rito ordinario al rito speciale).
Il giudice, quando rileva che una causa promossa nelle forme ordinarie riguarda uno dei rapporti previsti nell'articolo 429, sospende il processo affinchè abbia luogo il tentativo di conciliazione sindacale, fissando il termine perentorio per la riassunzione della causa col rito speciale.
Nel pronunciare il provvedimento di cui al comma precedente, il collegio può disporre che il giudizio venga riassunto davanti al giudice istruttore per il compimento dei nuovi atti di istruzione che siano necessari.
Art. 446.
(Passaggio dal rito speciale al rito ordinario).
Quando il giudice rileva che una causa promossa nelle forme stabilite dal presente capo riguarda un rapporto che non rientra fra quelli previsti nell'articolo 429, perchè relativa a diverso rapporto, dispone con ordinanza che gli atti siano messi in regola con le disposizioni fiscali che debbono essere osservate nel procedimento ordinario.
Nel decidere la causa il giudice non può tener conto delle prove che sono state ammesse e assunte in deroga alle norme ordinarie.
Art. 447.
(Controversia di lavoro proposta al conciliatore).
Il conciliatore, quando rileva che una causa proposta davanti a lui riguarda alcuno dei rapporti previsti nell'articolo 429, la rimette con ordinanza al pretore.
Il pretore decide le cause che sono proposte davanti a lui dalle parti o gli sono rimesse dal conciliatore perchè relative ad alcuno dei rapporti indicati nel comma precedente, anche quando ritiene che siano cause ordinarie di valore inferiore alle lire mille.
Art. 448.
(Rimessione al collegio).
Il giudice istruttore nel rimettere la causa al collegio per la discussione fissa l'udienza di cui all'articolo 190 entro i venti giorni successivi.
Nei processi riguardanti controversie di cottimo, il termine è ridotto a metà e la sentenza deve essere pubblicata all'udienza di discussione.
Art. 449.
(Disposizioni sulle spese).
Nelle cause di valore non superiore alle lire duemila non possono essere posti a carico del soccombente gli onorari dell'avvocato dal quale l'altra parte si è fatta assistere.
Nelle cause di valore superiore alle lire duemila, il giudice, quando condanna alle spese, determina, secondo le circostanze, se in esse siano da comprendere, in tutto o in parte, gli onorari dell'avvocato.
§ 2. -
Delle impugnazioni.
Art. 450.
(Giudice d'appello).
L'appello contro le sentenze pronunciate nei processi relativi a controversie previste nell'articolo 429 deve essere proposto davanti alla sezione della corte d'appello che funziona come magistratura del lavoro, la quale è integrata da due consiglieri designati dal primo presidente in sostituzione degli esperti.
Anche quando il giudizio di primo grado si è svolto con rito ordinario, se la sentenza è impugnata perchè il pretore o il tribunale ha ritenuto che il rapporto dedotto in giudizio non rientra fra quelli previsti nell'articolo 429, l'appello deve essere proposto alla sezione speciale e, se è proposto in forma incidentale davanti al giudice ordinario, questi, con ordinanza, rimette il processo alla sezione speciale.
Art. 451.
(Cambiamento del rito in appello).
La sezione della corte di cui all'articolo precedente, se ritiene che il procedimento in primo grado non si è svolto secondo il rito prescritto, provvede, quando occorre, a norma degli articoli 445 e 446.
Art. 452.
(Appellabilità delle sentenze).
Sono inappellabili le sentenze che hanno deciso una controversia di valore non superiore a lire cinquemila.
Art. 453.
(Consulente tecnico in appello).
Quando l'appello riguarda decisioni fondate su accertamenti compiuti da consulenti tecnici, è obbligatoria la nomina del consulente tecnico.
Art. 454.
(Ricorso per cassazione).
Il termine per proporre ricorso per cassazione contro le sentenze pronunciate secondo il rito speciale è di trenta giorni.
Si può proporre ricorso per cassazione a norma del numero 3 dell'articolo 360 anche per violazione o falsa applicazione delle disposizioni dei contratti collettivi e delle norme equiparate.
Sezione III. -
Dell'arbitrato dei consulenti tecnici.
Art. 455.
(Arbitrato dei consulenti tecnici).
Quando la controversia ha contenuto prevalentemente tecnico, le parti, d'accordo, possono chiedere al giudice che la decisione sia rimessa al consulente tecnico, oppure a un collegio composto dal consulente tecnico nominato d'ufficio, che lo presiede, e dai consulenti tecnici delle parti.
Il giudice provvede con ordinanza, assegnando ai consulenti un termine perentorio per la pronuncia del lodo.
Art. 456.
(Pronuncia dei consulenti tecnici).
I consulenti tecnici decidono secondo equità.
Il lodo deve essere depositato, a pena di nullità, nel termine di cui all'articolo precedente, nella cancelleria dell'ufficio al quale appartiene il giudice che ha rimesso la decisione ai consulenti, ed è dichiarato esecutivo con decreto del pretore o del presidente del tribunale.
Contro il decreto che nega l'esecutorietà è ammesso reclamo mediante ricorso a norma dell'articolo 825 ultimo comma al presidente della sezione della corte d'appello indicata nell'articolo 450.
Art. 457.
(Decadenza dei consulenti tecnici ed estinzione del processo).
Se il lodo non è depositato nel termine di cui all'articolo 455 secondo comma, il giudice che ha disposto la rimessione, su istanza della parte più diligente, pronuncia la decadenza e provvede sulla causa.
Se l'istanza non è proposta entro sessanta giorni dalla scadenza del termine suddetto, il giudice dichiara, anche d'ufficio, l'estinzione del processo.
Art. 458.
(Impugnazione delle sentenze dei consulenti).
Le sentenze dei consulenti sono impugnabili a norma degli articoli 827 e seguenti, in quanto applicabili, davanti alla sezione della corte d'appello indicata nell'articolo 450.
Capo III.
Delle controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie.
Art. 459.
(Controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie).
Si osservano le disposizioni del presente capo nei processi relativi a controversie derivanti dall'applicazione delle norme relative alle assicurazioni sociali, agli infortuni sul lavoro industriale e agricolo, alle malattie professionali, agli assegni familiari e ad ogni altra forma di previdenza e di assistenza obbligatorie inerenti ai rapporti indicati nell'articolo 429.
Si osservano le norme del capo secondo di questo titolo per le controversie tra lavoratori e datori di lavoro relative all'inosservanza da parte di questi ultimi degli obblighi di assistenza e previdenza derivanti da contratti collettivi di lavoro o norme equiparate.
Art. 460.
(Improponibilità della domanda).
La domanda relativa a controversie previste nel presente capo non può essere proposta, se non quando sono esauriti i procedimenti prescritti dalle leggi speciali per la composizione in sede amministrativa o sono decorsi i termini ivi fissati per il compimento dei procedimenti stessi.
Art. 461.
(Giudice competente).
Le controversie indicate nell'articolo 459 primo comma sono di competenza del tribunale.
Per le controversie relative al diritto alle prestazioni previdenziali o assistenziali dei lavoratori o loro aventi causa, in materia di infortuni sul lavoro e di malattie professionali, è competente il tribunale del luogo in cui è avvenuto l'infortunio o si è manifestata la malattia professionale, e, per le altre controversie, il tribunale del luogo in cui ha sede l'organo locale dell'ente al quale è stata fatta la richiesta della prestazione. Se la controversia riguarda gli addetti alla navigazione marittima o alla pesca marittima, è competente il tribunale del luogo in cui ha sede l'ufficio del porto di iscrizione della nave.
Per le controversie relative agli obblighi dei datori di lavoro e all'applicazione delle sanzioni civili per l'inadempimento di tali obblighi, in materia di infortuni sul lavoro e di malattie professionali, è competente il tribunale nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio dell'ente al quale deve essere fatta la denuncia dei lavori ai fini dell'assicurazione, e per le altre controversie è competente il tribunale del luogo in cui si è svolto il rapporto di lavoro.
Art. 462.
(Patrocinio).
Le parti che chiedono le prestazioni possono stare in giudizio personalmente, oppure con il ministero di un procuratore legale scelto in appositi albi, e possono valersi dell'assistenza di avvocati scelti negli stessi albi.
Art. 463.
(Assistenza del consulente tecnico).
Nei processi regolati nel presente capo, relativi a domande di prestazioni previdenziali o assistenziali, il giudice è normalmente assistito, a norma dell'articolo 441, da uno o più consulenti tecnici, scelti in appositi albi.
Art. 464.
(Rinvio).
Si osservano nel procedimento le disposizioni degli articoli 439, 440, 441 e 448 primo comma.
Le associazioni sindacali possono intervenire nel giudizio a norma dell'articolo 443.
Le parti possono chiedere che la decisione sia rimessa ad uno o più consulenti tecnici, a norma degli articoli 455 e seguenti.
Art. 465.
(Giudice d'appello).
L'appello contro le sentenze pronunciate nelle controversie previste nell'articolo 459 si propone alla sezione della corte d'appello che funziona come magistratura del lavoro, composta nel modo indicato nell'articolo 450.
Si applica la disposizione dell'articolo 453.
Art. 466.
(Appellabilità delle sentenze).
Sono inappellabili le sentenze che hanno deciso una controversia di valore non superire alle lire diecimila.
Capo IV.
Delle controversie individuali in materie regolate da norme corporative o da accordi economici.
Art. 467.
(Denuncia all'associazione sindacale).
Le norme degli articoli 430, 431, 432 e 433 si applicano anche nelle controversie individuali in materie regolate da norme corporative o da accordi collettivi economici, quando l'obbligo del tentativo di conciliazione è stabilito dalle norme o dall'accordo.
Art. 468.
(Nomina del consulente tecnico).
Nelle controversie indicate nell'articolo precedente i consulenti tecnici sono scelti possibilmente negli appositi albi.
Art. 469.
(Intervento delle associazioni sindacali).
Le associazioni sindacali possono intervenire in giudizio a norma dell'articolo 443, quando si contenda sull'applicazione delle norme corporative o dell'accordo economico.
Art. 470.
(Sospensione del procedimento).
Il procedimento deve essere sospeso a norma dell'articolo 444, quando pende un processo collettivo riguardante l'applicazione della norma corporativa o dell'accordo economico.
Art. 471.
(Ricorso per cassazione).
Si può proporre ricorso per cassazione a norma del numero 3 dell'articolo 360 anche per violazione o falsa applicazione delle disposizioni delle norme corporative o degli accordi economici.
Art. 472.
(Accertamento tecnico preventivo).
Quando la controversia riguarda le modalità di una prestazione o la qualità di una merce o altro elemento tecnico relativo a una norma corporativa o alle clausole di un accordo economico, la parte può chiedere, nei modi stabiliti nell'articolo 696, che sia eseguito un accertamento tecnico preventivo.
Art. 473.
(Procedimento ed efficacia dell'accertamento).
Il presidente, il pretore o il conciliatore, quando ritiene di dovere accogliere l'istanza, nomina con decreto il consulente, scegliendolo in ogni caso nell'apposito albo. Nello stesso decreto il presidente, il pretore o il conciliatore formula i quesiti ai quali il cosulente deve rispondere e gli assegna un breve termine per il compimento dell'indagine e per la presentazione della relazione.
Alle risposte del consulente si applica la disposizione dell'articolo 442 ultimo comma.
Libro Terzo
Del processo di esecuzione
Titolo I.
Del titolo esecutivo e del precetto
Art. 474.
(Titolo esecutivo).
L'esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile.
Sono titoli esecutivi: 1) le sentenze, e i provvedimenti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva; 2) le cambiali, nonchè gli altri titoli di credito e gli atti ai quali la legge attribuisce espressamente la stessa efficacia; 3) gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli, relativamente alle obbligazioni di somme di danaro in essi contenute.
Art. 475.
(Spedizione in forma esecutiva).
Le sentenze e gli altri provvedimenti dell'autorità giudiziaria e gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale, per valere come titolo per l'esecuzione forzata, debbono essere muniti della formula esecutiva, salvo che la legge disponga altrimenti.
La spedizione del titolo in forma esecutiva può farsi soltanto alla parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento o stipulata l'obbligazione, o ai suoi successori, con indicazione in calce della persona alla quale è spedita.
La spedizione in forma esecutiva consiste nell'intestazione in nome del Re Imperatore e nell'apposizione da parte del cancelliere o notaio o altro pubblico ufficiale, sull'originale o sulla copia, della seguente formula: «Comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e a chiunque spetti, di mettere a esecuzione il presente titolo, al pubblico ministero di darvi assistenza, e a tutti gli ufficiali della forza pubblica di concorrervi, quando ne siano legalmente richiesti».
Art. 476.
(Altre copie in forma esecutiva).
Non può spedirsi senza giusto motivo più di una copia in forma esecutiva alla stessa parte.
Le ulteriori copie sono chieste dalla parte interessata, in caso di provvedimento con ricorso al capo dell'ufficio che l'ha pronunciato, e negli altri casi al presidente del tribunale nella cui circoscrizione l'atto fu formato.
Sull'istanza si provvede con decreto.
Il cancelliere, il notaio o altro pubblico ufficiale che contravviene alle disposizioni del presente articolo è condannato a una pena pecuniaria non superiore a lire mille, con decreto del capo dell'ufficio o del presidente del tribunale competente a norma del secondo comma.
Art. 477.
(Efficacia del titolo esecutivo contro gli eredi).
Il titolo esecutivo contro il defunto ha efficacia contro gli eredi, ma si può loro notificare il precetto soltanto dopo dieci giorni dalla notificazione del titolo.
Entro un anno dalla morte, la notificazione può farsi agli eredi collettivamente e impersonalmente, nell'ultimo domicilio del defunto.
Art. 478.
(Prestazione della cauzione).
Se l'efficacia del titolo esecutivo è subordinata a cauzione, non si può iniziare l'esecuzione forzata finchè quella non sia stata prestata. Della prestazione si fa constare con annotazione in calce o in margine al titolo spedito in forma esecutiva, o con atto separato che deve essere unito al titolo.
Art. 479.
(Notificazione del titolo esecutivo e del precetto).
Se la legge non dispone altrimenti, l'esecuzione forzata deve essere preceduta dalla notificazione del titolo in forma esecutiva e del precetto.
La notificazione del titolo esecutivo deve essere fatta alla parte personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti; ma, se esso è costituito da una sentenza, la notificazione, entro l'anno dalla pubblicazione, può essere fatta a norma dell'articolo 170.
Il precetto può essere redatto di seguito al titolo esecutivo ed essere notificato insieme con questo, purchè la notificazione sia fatta alla parte personalmente.
Art. 480.
(Forma del precetto).
Il precetto consiste nell'intimazione di adempiere l'obbligo, risultante dal titolo esecutivo entro un termine non minore di dieci giorni, salva l'autorizzazione di cui all'articolo 482, con l'avvertimento che, in mancanza, si procederà a esecuzione forzata.
Il precetto deve contenere a pena di nullità l'indicazione delle parti, della data di notificazione del titolo esecutivo, se questa è fatta separatamente, o la trascrizione integrale del titolo stesso, quando è richiesta dalla legge. In quest'ultimo caso l'ufficiale giudiziario, prima della relazione di notificazione, deve certificare di avere riscontrato che la trascrizione corrisponde esattamente al titolo originale.
Il precetto deve inoltre contenere la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio della parte istante nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione. In mancanza le opposizioni al precetto si propongono davanti al giudice del luogo in cui è stato notificato, e le notificazioni alla parte istante si fanno presso la cancelleria del giudice stesso.
Il precetto deve essere sottoscritto a norma dell'articolo 125 e notificato alla parte personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti.
Art. 481.
(Cessazione dell'efficacia del precetto).
Il precetto diventa inefficace, se nel termine di novanta giorni dalla sua notificazione non è iniziata la esecuzione.
Se contro il precetto è proposta opposizione, il termine rimane sospeso e riprende a decorrere a norma dell'articolo 627.
Art. 482.
(Termine ad adempiere).
Non si può iniziare l'esecuzione forzata prima che sia decorso il termine indicato nel precetto e in ogni caso non prima che siano decorsi dieci giorni dalla notificazione di esso; ma il capo dell'ufficio competente per l'esecuzione, se vi è pericolo nel ritardo, può autorizzare l'esecuzione immediata, con cauzione o senza. L'autorizzazione è data con decreto scritto in calce al precetto e trascritto a cura dell'ufficiale giudiziario nella copia da notificarsi.
Titolo II.
Dell'espropriazione forzata
Capo I.
Dell'espropriazione forzata in generale.
Sezione I. -
Dei modi e delle forme dell'espropriazione forzata in generale.
Art. 483.
(Cumulo dei mezzi di espropriazione).
Il creditore può valersi cumulativamente dei diversi mezzi di espropriazione forzata previsti dalla legge: ma, su opposizione del debitore, il giudice dell'esecuzione immobiliare, quando è iniziata anche questa, e negli altri casi il pretore, con ordinanza non impugnabile, possono limitare l'espropriazione al mezzo che il creditore sceglie o, in mancanza, a quello che il giudice stesso determina.
Art. 484.
(Giudice dell'esecuzione).
L'espropriazione è diretta da un giudice.
Nei tribunali la nomina del giudice dell'esecuzione è fatta dal presidente, su presentazione a cura del cancelliere del fascicolo entro due giorni da che è stato formato.
Nelle preture fornite di più magistrati la nomina è fatta dal dirigente a norma del comma precedente.
Si applicano al giudice dell'esecuzione le disposizioni degli articoli 174 e 175.
Art. 485.
(Audizione degli interessati).
Quando la legge richiede o il giudice ritiene necessario che le parti ed eventualmente altri interessati siano sentiti, il giudice stesso fissa con decreto l'udienza alla quale il creditore pignorante, i creditori intervenuti, il debitore ed eventualmente gli altri interessati debbono comparire davanti a lui.
Il decreto è comunicato dal cancelliere.
Se risulta o appare probabile che alcuna delle parti non sia comparsa per cause indipendenti dalla sua volontà, il giudice dell'esecuzione fissa una nuova udienza della quale il cancelliere dà comunicazione alla parte non comparsa.
Art. 486.
(Forma delle domande e delle istanze).
Le domande e le istanze che si propongono al giudice dell'esecuzione, se la legge non dispone altrimenti, sono proposte oralmente quando avvengono all'udienza, e con ricorso da depositarsi in cancelleria negli altri casi.
Art. 487.
(Forma dei provvedimenti del giudice).
Salvo che la legge disponga altrimenti, i provvedimenti del giudice dell'esecuzione sono dati con ordinanza, che può essere dal giudice stesso modificata o revocata finchè non abbia avuto esecuzione.
Per le ordinanze del giudice dell'esecuzione si osservano le disposizioni degli articoli 176 e seguenti in quanto applicabili e quella dell'articolo 186.
Art. 488.
(Fascicolo dell'esecuzione).
Il cancelliere forma per ogni procedimento d'espropriazione un fascicolo, nel quale sono inseriti tutti gli atti compiuti dal giudice, dal cancelliere e dall'ufficiale giudiziario, e gli atti e documenti depositati dalle parti e dagli eventuali interessati.
Il pretore o il presidente del tribunale competente per l'esecuzione o il giudice dell'esecuzione stessa può autorizzare il creditore a depositare, in luogo dell'originale, una copia autentica del titolo esecutivo, con obbligo di presentare l'originale a ogni richiesta del giudice.
Art. 489.
(Luogo delle notificazioni e delle comunicazioni).
Le notificazioni e le comunicazioni ai creditori pignoranti si fanno nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto nell'atto di precetto; quelle ai creditori intervenuti, nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto nella domanda d'intervento.
In mancanza di dichiarazione di residenza o di elezione di domicilio le notificazioni possono farsi presso la cancelleria del giudice competente per l'esecuzione.
Art. 490.
(Pubblicità degli avvisi).
Quando la legge dispone che di un atto esecutivo sia data pubblica notizia, un avviso contenente tutti i dati, che possono interessare il pubblico, deve essere affisso per tre giorni continui nell'albo dell'ufficio giudiziario davanti al quale si svolge il procedimento esecutivo.
In caso d'espropriazione immobiliare il medesimo avviso è inserito nel Foglio degli annunzi legali della provincia in cui ha sede lo stesso ufficio giudiziario.
Il giudice può anche disporre che l'avviso sia inserito una o più volte in determinati giornali e, quando occorre, che sia divulgato con le forme della pubblicità commerciale.
Sezione II. -
Del pignoramento.
Art. 491.
(Inizio dell'espropriazione).
Salva l'ipotesi prevista nell'articolo 502, l'espropriazione forzata si inizia col pignoramento.
Art. 492.
(Forma del pignoramento).
Salve le forme particolari previste nei capi seguenti, il pignoramento consiste in un'ingiunzione che l'ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano alle espropriazione e i frutti di essi.
Quando la legge richiede che l'ufficiale giudiziario nel compiere il pignoramento sia munito del titolo esecutivo, il pretore o il presidente del tribunale competente per l'esecuzione può concedere al creditore l'autorizzazione prevista nell'articolo 488 secondo comma.
Art. 493.
(Pignoramenti su istanza di più creditori).
Più creditori possono con unico pignoramento colpire il medesimo bene.
Il bene sul quale è stato compiuto un pignoramento può essere pignorato successivamente su istanza di uno o più creditori.
Ogni pignoramento ha effetto indipendente, anche se è unito ad altri in unico processo.
Art. 494.
(Pagamento nelle mani dell'ufficiale giudiziario).
Il debitore può evitare il pignoramento versando nelle mani dell'ufficiale giudiziario la somma per cui si procede e l'importo delle spese, con l'incarico di consegnarli al creditore.
All'atto del versamento si può fare riserva di ripetere la somma versata.
Art. 495.
(Conversione del pignoramento).
In qualsiasi momento anteriore alla vendita, il debitore può chiedere di sostituire alle cose pignorate una somma di danaro pari all'importo delle spese e dei crediti del creditore pignorante e dei creditori intervenuti.
La somma da sostituire al bene pignorato è determinata con ordinanza dal giudice dell'esecuzione, sentite le parti.
Con l'ordinanza che ammette la sostituzione, il giudice dispone che le cose pignorate siano liberate dal pignoramento e che la somma versata vi sia sottoposta in loro vece.
Art. 496.
(Riduzione del pignoramento).
Su istanza del debitore o anche d'ufficio, quando il valore dei beni pignorati è superiore all'importo delle spese e dei crediti di cui all'articolo precedente, il giudice, sentiti il creditore pignorante e i creditori intervenuti, può disporre la riduzione del pignoramento.
Art. 497.
(Cessazione dell'efficacia del pignoramento).
Il pignoramento perde efficacia quando dal suo compimento sono trascorsi novanta giorni senza che sia stata chiesta l'assegnazione o la vendita.
Sezione III. -
Dell'intervento dei creditori.
Art. 498.
(Avviso ai creditori iscritti).
Debbono essere avvertiti dell'espropriazione i creditori che sui beni pignorati hanno un diritto di prelazione risultante da pubblici registri.
A tale fine è notificato a ciascuno di essi, a cura del creditore pignorante ed entro cinque giorni dal pignoramento, un avviso contenente l'indicazione del creditore pignorante, del credito per il quale si procede, del titolo e delle cose pignorate.
In mancanza della prova di tale notificazione, il giudice non può provvedere sull'istanza di assegnazione o di vendita.
Art. 499.
(Intervento).
Oltre i creditori indicati nell'articolo precedente, possono intervenire nell'esecuzione gli altri creditori, ancorchè non privilegiati.
Il ricorso deve contenere l'indicazione del credito e quella del titolo di esso, la domanda per partecipare alla distribuzione della somma ricavata e la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione.
Art. 500.
(Effetti dell'intervento).
L'intervento dà diritto a partecipare alla distribuzione della somma ricavata, e, secondo le disposizioni contenute nei capi seguenti, può anche dare diritto a partecipare all'espropriazione del bene pignorato e a provocarne i singoli atti.
Sezione IV. -
Della vendita e dell'assegnazione.
Art. 501.
(Termine dilatorio dal pignoramento).
L'istanza di assegnazione o di vendita dei beni pignorati non può essere proposta se non decorsi dieci giorni dal pignoramento, tranne che per le cose deteriorabili, delle quali può essere disposta l'assegnazione o la vendita immediata.
Art. 502.
(Termine per l'assegnazione o la vendita del pegno).
Salve le disposizioni speciali del codice civile, per l'espropriazione delle cose date in pegno si seguono le norme del presente codice, ma l'assegnazione o la vendita può essere chiesta senza che sia stata preceduta da pignoramento.
In tal caso il termine per l'istanza di assegnazione o di vendita decorre dalla notificazione del precetto.
Art. 503.
(Modi della vendita forzata).
La vendita forzata può farsi con incanto o senza, secondo le forme previste nei capi seguenti.
Art. 504.
(Cessazione della vendita forzata).
Se la vendita è fatta in più volte o in più lotti, deve cessare quando il prezzo già ottenuto raggiunge l'importo delle spese e dei crediti menzionati nell'articolo 495 primo comma.
Art. 505.
(Assegnazione).
Il creditore pignorante può chiedere l'assegnazione dei beni pignorati, nei limiti e secondo le regole contenute nei capi seguenti.
Se sono intervenuti altri creditori, l'assegnazione può essere chiesta a vantaggio di uno solo o di più, d'accordo fra tutti.
Art. 506.
(Valore minimo per l'assegnazione).
L'assegnazione può essere fatta soltanto per un valore non inferiore alle spese di esecuzione e ai crediti aventi diritto a prelazione anteriore a quello dell'offerente.
Se il valore eccede quello indicato nel comma precedente, sull'eccedenza concorrono l'offerente e gli altri creditori, osservate le cause di prelazione che li assistono.
Art. 507.
(Forma dell'assegnazione).
L'assegnazione si fa mediante ordinanza del giudice dell'esecuzione contenente l'indicazione dell'assegnatario, del creditore pignorante, di quelli intervenuti, del debitore, ed eventualmente del terzo proprietario, del bene assegnato e del prezzo di assegnazione.
Art. 508.
(Assunzione di debiti da parte dell'aggiudicatario o dell'assegnatario).
Nel caso di vendita o di assegnazione di un bene gravato da pegno o da ipoteca, l'aggiudicatario o assegnatario, con l'autorizzazione del giudice dell'esecuzione, può concordare col creditore pignoratizio o ipotecario l'assunzione del debito con le garanzie ad esso inerenti, liberando il debitore.
In tal caso nel provvedimento di vendita o di assegnazione si deve menzionare l'assunzione del debito.
Sezione V. -
Della distribuzione della somma ricavata.
Art. 509.
(Composizione della somma ricavata).
La somma da distribuire è formata da quanto proviene a titolo di prezzo o conguaglio delle cose vendute o assegnate, di rendita o provento delle cose pignorate, di multa e risarcimento di danno da parte dell'aggiudicatario.
Art. 510.
(Distribuzione della somma ricavata).
Se vi è un solo creditore pignorante senza intervento di altri creditori, il giudice dell'esecuzione, sentito il debitore, dispone a favore del creditore pignorante il pagamento di quanto gli spetta per capitale, interessi e spese.
In caso diverso, la somma ricavata è dal giudice distribuita tra i creditori a norma delle disposizioni contenute nei capi seguenti, con riguardo alle cause legittime di prelazione.
Il residuo della somma ricavata è consegnato al debitore o al terzo che ha subito l'espropriazione.
Art. 511.
(Domanda di sostituzione).
I creditori di un creditore avente diritto alla distribuzione possono chiedere di essere a lui sostituiti, proponendo domanda a norma dell'articolo 499 secondo comma.
Il giudice dell'esecuzione provvede alla distribuzione anche nei loro confronti, ma le contestazioni relative alle loro domande non possono ritardare la distribuzione tra gli altri creditori concorrenti.
Art. 512.
(Risoluzione delle controversie).
Se, in sede di distribuzione, sorge controversia tra creditori concorrenti o tra creditore e debitore o terzo assoggettato all'espropriazione, circa la sussistenza o l'ammontare di uno o più crediti o circa la sussistenza di diritti di prelazione, il giudice dell'esecuzione provvede all'istruzione della causa, se è competente; altrimenti rimette le parti davanti al giudice competente a norma dell'articolo 17, fissando un termine perentorio per la costituzione.
Il giudice, se non sospende totalmente il procedimento, provvede alla distribuzione della parte della somma ricavata non controversa.
Capo II.
Dell'espropriazione mobiliare presso il debitore.
Sezione I. -
Del pignoramento.
Art. 513.
(Ricerca delle cose da pignorare).
L'ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto, può ricercare le cose da pignorare nella casa del debitore e negli altri luoghi a lui appartenenti. Può anche ricercarle sulla persona del debitore, osservando le opportune cautele per rispettarne il decoro.
Quando è necessario aprire porte, ripostigli o recipienti, vincere la resistenza opposta dal debitore o da terzi, oppure allontanare persone che disturbano l'esecuzione del pignoramento, l'ufficiale giudiziario provvede secondo le circostanze, richiedendo, quando occorre, l'assistenza della forza pubblica.
Il pretore, su ricorso del creditore, può autorizzare con decreto l'ufficiale giudiziario a pignorare cose determinate che non si trovano in luoghi appartenenti al debitore, ma delle quali egli può direttamente disporre.
In ogni caso l'ufficiale giudiziario può sottoporre a pignoramento, secondo le norme della presente sezione, le cose del debitore che il terzo possessore consente di esibirgli.
Art. 514.
(Cose mobili assolutamente impignorabili).
Oltre alle cose dichiarate impignorabili da speciali disposizioni di legge, non si possono pignorare: 1) le cose sacre e quelle che servono all'esercizio del culto; 2) l'anello nunziale, i vestiti, la biancheria, i letti, gli utensili di casa e di cucina, in quanto indispensabili al debitore e alle persone della sua famiglia che convivono con lui; 3) i commestibili e i combustibili necessari per un mese al mantenimento del debitore e delle altre persone indicate nel numero precedente; 4) gli strumenti, gli oggetti e i libri indispensabili per l'esercizio della professione, dell'arte o del mestiere del debitore; 5) le armi e gli oggetti che il debitore ha l'obbligo di conservare per l'adempimento di un pubblico servizio; 6) le decorazioni al valore, le lettere, i registri e in generale gli scritti di famiglia, nonchè i manoscritti, salvo che formino parte di una collezione.
Art. 515.
(Cose mobili relativamente impignorabili).
Le cose, che il proprietario di un fondo vi tiene per il servizio e la coltivazione del medesimo, possono essere pignorate separatamente dall'immobile soltanto in mancanza di altri mobili; tuttavia il pretore, su istanza del debitore e sentito il creditore, può escludere dal pignoramento, con ordinanza non impugnabile, quelle tra le cose suindicate che sono di uso necessario per la coltura del fondo, o può anche permetterne l'uso, sebbene pignorate, con le opportune cautele per la loro conservazione e ricostituzione.
Le stesse disposizioni il pretore può dare relativamente alle cose destinate dal coltivatore al servizio o alla coltivazione del fondo.
Art. 516.
(Cose pignorabili in particolari circostanze di tempo).
I frutti non ancora raccolti o separati dal suolo non possono essere pignorati separatamente dall'immobile a cui accedono, se non nelle ultime sei settimane anteriori al tempo ordinario della loro maturazione, tranne che il creditore pignorante si assuma le maggiori spese della custodia.
I bachi da seta possono essere pignorati solo quando sono nella maggior parte sui rami per formare il bozzolo.
Art. 517.
(Scelta delle cose da pignorare).
Il pignoramento, quando non v'è pregiudizio per il creditore, deve essere eseguito preferibilmente sulle cose indicate dal debitore.
In ogni caso l'ufficiale giudiziario deve preferire il danaro contante, gli oggetti preziosi e i titoli di credito che ritiene di sicura realizzazione.
Art. 518.
(Forma del pignoramento).
L'ufficiale giudiziario redige delle sue operazioni processo verbale, nel quale dà atto dell'ingiunzione di cui all'articolo 492 e descrive le cose pignorate, determinandone approssimativamente il valore, con l'assistenza, quando occorre, di uno stimatore da lui scelto. Se il pignoramento cade su frutti non ancora raccolti o separati dal suolo o su bachi da seta, l'ufficiale giudiziario ne descrive la natura, la qualità e l'ubicazione.
Nel processo verbale l'ufficiale giudiziario fa relazione delle disposizioni date per conservare le cose pignorate.
Se il debitore non è presente, l'ufficiale giudiziario rivolge l'ingiunzione alle persone indicate nell'articolo 139 secondo comma, e consegna loro un avviso dell'ingiunzione stessa per il debitore. In mancanza di dette persone affigge l'avviso alla porta dell'immobile in cui ha eseguito il pignoramento.
Il processo verbale col titolo esecutivo e il precetto deve essere depositato in cancelleria entro le ventiquattro ore dal compimento delle operazioni. Il cancelliere al momento del deposito forma il fascicolo dell'esecuzione.
Art. 519.
(Tempo del pignoramento).
Il pignoramento non può essere eseguito nei giorni festivi, nè fuori delle ore indicate nell'articolo 147, salvo che ne sia data autorizzazione dal pretore.
Il pignoramento iniziato nelle ore prescritte può essere proseguito fino al suo compimento.
Art. 520.
(Custodia dei mobili pignorati).
L'ufficiale giudiziario consegna al cancelliere della pretura il danaro, i titoli di credito e gli oggetti preziosi colpiti dal pignoramento. Il danaro deve essere depositato dal cancelliere nelle forme dei depositi giudiziari, mentre i titoli di credito e gli oggetti preziosi sono custoditi nei modi che il pretore determina.
Per la conservazione delle altre cose l'ufficiale giudiziario provvede trasportandole in un luogo di pubblico deposito o affidandole a un custode.
Art. 521.
(Nomina e obblighi del custode).
Non possono essere nominati custode il creditore o il suo coniuge senza il consenso del debitore, nè il debitore o le persone della sua famiglia che convivono con lui senza il consenso del creditore.
Il custode sottoscrive il processo verbale dal quale risulta la sua nomina.
Al fine della conservazione delle cose pignorate, l'ufficiale giudiziario autorizza il custode a lasciarle nell'immobile appartenente al debitore o a trasportarle altrove.
Il custode non può usare delle cose pignorate senza l'autorizzazione del pretore e deve rendere il conto a norma dell'articolo 593.
Art. 522.
(Compenso del custode).
Il custode non ha diritto a compenso se non l'ha chiesto e se non gli è stato riconosciuto dall'ufficiale giudiziario all'atto della nomina.
Nessun compenso può attribuirsi alle pessone indicate nel primo comma dell'articolo precedente.
Art. 523.
(Unione di pignoramenti).
L'ufficiale giudiziario, che trova un pignoramento già iniziato da altro ufficiale giudiziario, continua le operazioni insieme con lui. Essi redigono unico processo verbale.
Art. 524.
(Pignoramento successivo).
L'ufficiale giudiziario, che trova un pignoramento già compiuto, ne dà atto nel processo verbale descrivendo i mobili precedentemente pignorati, e quindi procede al pignoramento degli altri beni o fa constare nel processo verbale che non ve ne sono.
Il processo verbale è depositato in cancelleria e inserito nel fascicolo formato in base al primo pignoramento, se quello successivo è compiuto anteriormente all'udienza prevista nell'articolo 525 secondo comma. In tal caso il cancelliere ne dà notizia al creditore primo pignorante e l'esecuzione si svolge in unico processo.
Il pignoramento successivo, se è compiuto dopo l'udienza di cui sopra, ha gli effetti di un intervento tardivo rispetto ai beni colpiti dal primo pignoramento. Se colpisce altri beni, per questi ha luogo separato processo.
Sezione II. -
Dell'intervento dei creditori.
Art. 525.
(Condizione e tempo dell'intervento).
Possono intervenire a norma dell'articolo 499 tutti coloro che nei confronti dei debitori hanno un credito certo, liquido ed esigibile.
Per gli effetti di cui agli articoli seguenti l'intervento deve avere luogo non oltre la prima udienza fissata per l'autorizzazione della vendita o per l'assegnazione. Di tale intervento il cancelliere dà notizia al creditore pignorante.
Art. 526.
(Facoltà dei creditori intervenuti).
I creditori intervenuti a norma del secondo comma dell'articolo precedente partecipano all'espropriazione dei mobili pignorati e, se muniti di titolo esecutivo, possono provocarne i singoli atti.
Art. 527.
(Diritto dei creditori intervenuti alla distribuzione).
Ai creditori intervenuti a norma dell'articolo 525 secondo comma il creditore pignorante ha facoltà di indicare, all'udienza o con atto notificato e, in ogni caso, non oltre i cinque giorni successivi alla comunicazione fattagli dal cancelliere, l'esistenza di altri beni del debitore utilmente pignorabili, e di invitarli ad estendere il pignoramento se sono forniti di titolo esecutivo o, altrimenti, ad anticipare le spese neccessarie per l'estensione.
Se i creditori intervenuti non si giovano, senza giusto motivo, delle indicazioni loro fatte o non rispondono all'invito entro il termine di dieci giorni, il creditore pignorante ha diritto di essere loro preferito in sede di distribuzione.
Art. 528.
(Intervento tardivo).
I creditori chirografari che intervengono oltre l'udienza indicata nell'articolo 525 secondo comma, ma prima del provvedimento di distribuzione, concorrono alla distribuzione della parte della somma ricavata che sopravanza dopo soddisfatti i diritti del creditore pignorante e di quelli intervenuti in precedenza.
I creditori che hanno privilegio sulle cose pignorate, anche se intervengono a norma del comma precedente, concorrono alla distribuzione della somma ricavata in ragione dei loro diritti di prelazione.
Sezione III. -
Dell'assegnazione e della vendita.
Art. 529.
(Istanza di assegnazione o di vendita).
Decorso il termine di cui all'articolo 501, il creditore pignorante e ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo possono chiedere la distribuzione del danaro e la vendita di tutti gli altri beni.
Dei titoli di credito e delle altre cose il cui valore risulta dal listino di borsa o di mercato possono chiedere anche l'assegnazione.
Al ricorso si deve unire il certificato d'iscrizione dei privilegi gravanti sui mobili pignorati.
Art. 530.
(Provvedimento per l'assegnazione o per l'autorizzazione della vendita).
Sull'istanza di cui all'articolo precedente il pretore fissa l'udienza per l'audizione delle parti.
All'udienza le parti possono fare osservazioni circa l'assegnazione e circa il tempo e le modalità della vendita, e debbono proporre a pena di decadenza, le opposizioni agli atti esecutivi, se non sono già decadute dal diritto di proporle.
Se non vi sono opposizioni o se su di esse si raggiunge l'accordo delle parti comparse, il pretore dispone con ordinanza l'assegnazione o la vendita.
Se vi sono opposizioni il pretore le decide con sentenza e dispone con ordinanza l'assegnazione o la vendita.
Art. 531.
(Vendita di frutti pendenti o di speciali beni mobili).
La vendita di frutti pendenti non può essere disposta se non per il tempo della loro maturazione, salvo diverse consuetudini locali.
La vendita di bachi da seta non può essere fatta prima che siano in bozzoli.
Delle cose indicate nell'articolo 515 il pretore può differire la vendita per il periodo che ritiene neccessario a soddisfare le esigenze dell'azienda agraria.
Art. 532.
(Vendita a mezzo di commissionario).
Quando lo ritiene opportuno il pretore può disporre che le cose pignorate siano affidate a un commissionario, affinchè proceda alla vendita.
Nella stessa ordinanza il pretore, sentito quando occorre uno stimatore, fissa il prezzo minimo della vendita e l'importo globale fino al raggiungimento del quale la vendita deve essere eseguita, e può imporre al commissionario una cauzione,
Se il valore delle cose risulta da listino di borsa o di mercato, la vendita non può essere fatta a prezzo inferiore al minimo ivi segnato.
Art. 533.
(Obblighi del commissionario).
Il commissionario non può vendere se non per contanti. Egli è tenuto in ogni caso a documentare le operazioni di vendita mediante certificato, fattura o fissato bollato in doppio esemplare, uno dei quali deve essere consegnato al cancelliere col prezzo ricavato dalla vendita, nel termine stabilito dal pretore nella sua ordinanza.
Qualora la vendita senza incanto non avvenga nel termine di un mese dalla ordinanza di autorizzazione, il commissionario, salvo che il termine sia prorogato su istanza di tutti i creditori intervenuti, deve riconsegnare i beni affinchè siano venduti all'incanto.
Il compenso al commissionario è stabilito dal pretore con decreto.
Art. 534.
(Vendita all'incanto).
Quando la vendita deve essere fatta ai pubblici incanti, il pretore, con l'ordinanza di cui all'articolo 530, stabilisce il giorno, l'ora e il luogo in cui deve eseguirsi, e ne affida l'esecuzione al cancelliere o all'ufficiale giudiziario o a un istituto all'uopo autorizzato.
Nella stessa ordinanza il pretore determina le eventuali forme di pubblicità straordinaria a norma dell'articolo 490 terzo comma.
Art. 535.
(Prezzo base dell'incanto).
Se il valore delle cose risulta da listino di borsa o di mercato, il prezzo base è determinato dal minimo del giorno precedente alla vendita.
In ogni altro caso il pretore, nell'ordinanza di cui all'articolo 530, sentito quando occorre uno stimatore, fissa il prezzo di apertura dell'incanto o autorizza, se le circostanze lo consigliano, la vendita al migliore offerente senza determinare il prezzo minimo.
Art. 536.
(Trasporto e ricognizione delle cose da vendere).
Chi è incaricato della vendita fa trasportare, quando occorre, le cose pignorate, nel luogo stabilito per l'incanto e può richiedere l'intervento della forza pubblica.
In ogni caso, prima di addivenire agli incanti deve fare, in concorso col custode, la ricognizione degli oggetti da vendersi, confrontandoli con la descrizione contenuta nel processo verbale di pignoramento.
Art. 537.
(Modo dell'incanto).
Le cose da vendere si offrono singolarmente oppure a lotti secondo la convenienza, per il prezzo base di cui all'articolo 535. L'aggiudicazione al maggior offerente segue quando, dopo una duplice pubblica enunciazione del prezzo raggiunto, non è fatta una maggiore offerta.
Se la vendita non può compiersi nel giorno stabilito, è continuata nel primo giorno seguente non festivo.
Dell'incanto si redige processo verbale, che si deposita immediatamente nella cancelleria.
Art. 538.
(Nuovo incanto).
Quando una cosa messa all'incanto resta invenduta. il cancelliere ne dà notizia alle parti.
Se delle cose invendute nessuno dei creditori chiede l'assegnazione per il prezzo fissato a norma dell'articolo 535 secondo comma, il pretore ordina un nuovo incanto, nel quale è ammessa qualsiasi offerta.
Art. 539.
(Vendita o assegnazione degli oggetti d'oro e d'argento).
Gli oggetti d'oro e d'argento non possono in nessun caso essere venduti per un prezzo inferiore al valore intrinseco.
Se restano invenduti, sono assegnati per tale valore ai creditori.
Art. 540.
(Pagamento del prezzo e rivendita).
La vendita all'incanto si fa per contanti.
Se il prezzo non è pagato, si procede immediatamente a nuovo incanto, a spese e sotto la responsabilità dell'aggiudicatario inadempiente.
La somma ricavata dalla vendita è immediatamente consegnata al cancelliere per essere depositata con le forme dei depositi giudiziari.
Sezione IV. -
Della distribuzione della somma ricavata.
Art. 541.
(Distribuzione amichevole).
Se i creditori concorrenti chiedono la distribuzione della somma ricavata secondo un piano concordato, il pretore, sentito il debitore, provvede in conformità.
Art. 542.
(Distribuzione giudiziale).
Se i creditori non raggiungono l'accordo di cui all'articolo precedente o il pretore non l'approva, ognuno di essi può chiedere che si proceda alla distribuzione della somma ricavata.
Il pretore, sentite le parti, distribuisce la somma ricavata a norma degli articoli 510 e seguenti e ordina il pagamento delle singole quote.
Capo III.
Dell'espropriazione presso terzi.
Sezione I. -
Del pignoramento e dell'intervento.
Art. 543.
(Forma del pignoramento).
Il pignoramento di crediti del debitore verso terzi o di cose del debitore che sono in possesso di terzi, si esegue mediante atto notificato personalmente al terzo e al debitore a norma degli articoli 137 e seguenti.
L'atto deve contenere, oltre all'ingiunzione al debitore di cui all'articolo 492: 1) l'indicazione del credito per il quale si procede, del titolo esecutivo e del precetto; 2) l'indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute e l'intimazione al terzo di non disporne senza ordine di giudice; 3) la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il pretore competente; 4) la citazione del terzo e del debitore a comparire davanti al pretore del luogo di residenza del terzo, affinchè questi faccia la dichiarazione di cui all'articolo 547 e il debitore sia presente alla dichiarazione e agli atti ulteriori.
Nell'indicare l'udienza di comparizione si deve rispettare il termine previsto nell'articolo 501.
L'ufficiale giudiziario, che ha proceduto alla notificazione dell'atto, è tenuto a depositare immediatamente l'originale nella cancelleria della pretura per la formazione del fascicolo previsto nell'articolo 488. In tale fascicolo debbono essere inseriti il titolo esecutivo e il precetto che il creditore pignorante deve depositare in cancelleria al momento della costituzione prevista nell'articolo 314.
Art. 544.
(Pegno o ipoteca a garanzia del credito pignorato).
Se il credito pignorato è garantito da pegno, s'intima a chi detiene la cosa data in pegno di non eseguirne la riconsegna senza ordine di giudice.
Se il credito pignorato è garantito da ipoteca, l'atto di pignoramento deve essere annotato nei libri fondiari.
Art. 545.
(Crediti impignorabili).
Non possono essere pignorati i crediti alimentari, tranne che per causa di alimenti, e sempre con l'autorizzazione del pretore e per la parte da lui determinata mediante decreto.
Non possono essere pignorati crediti aventi per oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell'elenco dei poveri, oppure sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da istituti di beneficenza.
Le somme dovute da privati a titolo di stipendio o di salario possono essere pignorate soltanto per la parte eccedente le lire settecentocinquanta; le somme dagli stessi dovute per indennità di licenziamento possono essere pignorate soltanto per la parte eccedente le lire cinquemila. Le somme suddette possono essere in ogni caso pignorate fino alla misura di un quinto per imposte e tasse dovute allo Stato ed ai comuni, e nella misura autorizzata dal pretore per causa di alimenti.
Restano in ogni caso ferme le altre limitazioni contenute in speciali disposizioni di legge.
Art. 546.
(Obblighi del terzo).
Dal giorno in cui gli è notificato l'atto previsto nell'articolo 543, il terzo è soggetto, relativamente alle cose e alle somme da lui dovute, agli obblighi che la legge impone al custode.
Art. 547.
(Dichiarazione del terzo).
Con dichiarazione all'udienza il terzo, personalmente o a mezzo di mandatario speciale, deve specificare di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso, e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna.
Deve altresì specificare i sequestri precedentemente eseguiti presso di lui e le cessioni che gli sono state notificate o che ha accettato.
Il creditore pignorante deve chiamare nel processo il sequestrante nel termine perentorio fissato dal giudice.
Art. 548.
(Mancata o contestata dichiarazione del terzo).
Se il terzo non comparisce all'udienza stabilita o, comparendo, rifiuta di fare la dichiarazione, o se intorno a questa sorgono contestazioni, il pretore, su istanza di parte, provvede all'istruzione della causa a norma del libro secondo, se essa non eccede i limiti della sua competenza altrimenti rimette le parti davanti al tribunale competente, assegnando loro un termine perentorio per la costituzione.
Se il terzo non fa la dichiarazione neppure nel corso del giudizio di primo grado, può essere applicata nei suoi confronti la disposizione dell'articolo 232 primo comma.
Art. 549.
(Accertamento dell'obbligo del terzo).
Con la sentenza che definisce il giudizio di cui all'articolo precedente, il giudice, se accerta l'esistenza del diritto del debitore nei confronti del terzo, fissa alle parti un termine perentorio per la prosecuzione del processo esecutivo.
Art. 550.
(Pluralità di pignoramento).
Il terzo deve indicare i pignoramenti che sono stati eseguiti presso di lui.
Se altri pignoramenti sono eseguiti dopo che il terzo abbia fatto la sua dichiarazione, egli può limitarsi a richiamare la dichiarazione precedente e i pignoramenti ai quali si riferiva.
Si applicano le disposizioni dell'articolo 524 secondo e terzo comma.
Art. 551.
(Intervento).
L'intervento di altri creditori è regolato a norma degli articoli 525 e seguenti.
Agli effetti di cui all'articolo 526 l'intervento non deve avere luogo oltre la prima udienza di comparizione delle parti.
Sezione II. -
Dell'assegnazione e della vendita.
Art. 552.
(Assegnazione e vendita di cose dovute dal terzo).
Se il terzo si dichiara o è dichiarato possessore di cose appartenenti al debitore, il pretore, sentite le parti, provvede per l'assegnazione o la vendita delle cose mobili a norma degli articoli 529 e seguenti, o per l'assegnazione dei crediti a norma dell'articolo seguente.
Art. 553.
(Assegnazione e vendita di crediti).
Se il terzo si dichiara o è dichiarato debitore di somme esigibili immediatamente o in termine non maggiore di novanta giorni, il pretore le assegna in pagamento, salvo esazione, ai creditori concorrenti.
Se le somme dovute dal terzo sono esigibili in termine maggiore, o si tratta di censi o di rendite perpetue o temporanee, e i creditori non ne chiedono d'accordo l'assegnazione, si applicano le regole richiamate nell'articolo precedente per la vendita di cose mobili.
Il valore delle rendite perpetue e dei censi, quando sono assegnati ai creditori, deve essere ragguagliato in ragione di cento lire di capitale per cinque lire di rendita.
Art. 554.
(Pegno o ipoteca a garanzia del credito assegnato).
Se il credito assegnato o venduto è garantito da pegno, il pretore dispone che la cosa data in pegno sia affidata all'assegnatario o aggiudicatario del credito oppure ad un terzo che designa, sentite le parti.
Se il credito assegnato o venduto è garantito da ipoteca, il provvedimento di assegnazione o l'atto di vendita va annotato nei libri fondiari.
Capo IV.
Dell'espropriazione immobiliare.
Sezione I. -
Del pignoramento.
Art. 555.
(Forma del pignoramento).
Il pignoramento immobiliare si esegue mediante notificazione al debitore e successiva trascrizione di un atto nel quale gli si indicano esattamente con gli estremi richiesti dal codice civile per l'individuazione dell'immobile ipotecato, i beni e i diritti immobiliari che si intendono sottoporre a esecuzione, e gli si fa l'ingiunzione prevista nell'articolo 492.
Immediatamente dopo la notificazione l'ufficiale giudiziario consegna copia autentica dell'atto con le note di trascrizione al competente conservatore delle ipoteche, che trascrive l'atto e gli restituisce una delle note.
Le attività previste nel comma precedente possono essere compiute anche dal creditore pignorante, al quale l'ufficiale giudiziario, se richiesto, deve consegnare gli atti di cui sopra.
Art. 556.
(Espropriazione di mobili insieme con immobili).
Il creditore può fare pignorare insieme coll'immobile anche i mobili che lo arredano, quando appare opportuno che l'espropriazione avvenga unitamente.
In tal caso l'ufficiale giudiziario forma atti separati per l'immobile e per i mobili, ma li deposita insieme nella cancelleria del tribunale.
Art. 557.
(Deposito dell'atto di pignoramento).
L'ufficiale giudiziario che ha eseguito il pignoramento deve depositare immediatamente nella cancelleria del tribunale competente per l'esecuzione l'atto di pignoramento e, appena possibile, la nota di trascrizione restituitagli dal conservatore delle ipoteche.
Il creditore pignorante deve depositare il titolo esecutivo e il precetto entro cinque giorni dal pignoramento e, nell'ipotesi di cui all'articolo 555 ultimo comma, la nota di trascrizione appena restituitagli dal conservatore delle ipoteche.
Il cancelliere al momento del deposito dell'atto di pignoramento forma il fascicolo dell'esecuzione.
Art. 558.
(Limitazione dell'espropriazione).
Se un creditore ipotecario estende il pignoramento a immobili non ipotecati a suo favore, il giudice dell'esecuzione può applicare il disposto dell'articolo 496, oppure può sospenderne la vendita fino al compimento di quella relativa agli immobili ipotecati.
Art. 559.
(Custodia dei beni pignorati).
Col pignoramento il debitore è costituito custode dei beni pignorati e di tutti gli accessori, compresi gli immobili per destinazione e i frutti, senza diritto a compenso.
Su istanza del creditore pignorante o di un creditore intervenuto, il giudice dell'esecuzione, sentito il debitore, può nominare custode una persona diversa dallo stesso debitore.
Art. 560.
(Modo della custodia).
Il debitore e il terzo nominato custode debbono rendere il conto a norma dell'articolo 593.
Ad essi è fatto divieto di dare in locazione l'immobile pignorato se non sono autorizzati dal giudice dell'esecuzione.
Con l'autorizzazione del giudice il debitore può continuare ad abitare nell'immobile pignorato, occupando i locali strettamente necessari a lui e alla sua famiglia.
Se il debitore dimostra di non avere altri mezzi di sostentamento, il giudice può anche concedergli un assegno alimentare sulle rendite, nei limiti dello stretto necessario.
Art. 561.
(Pignoramento successivo).
Il conservatore delle ipoteche, se nel trascrivere un atto di pignoramento trova che sugli stessi beni è stato eseguito un altro pignoramento, ne fa menzione nella nota di trascrizione che restituisce.
L'atto di pignoramento con gli altri documenti indicati nell'articolo 557 è depositato in cancelleria e inserito nel fascicolo formato in base al primo pignoramento se quello successivo è compiuto anteriormente all'udienza prevista nell'articolo 563 secondo comma. In tale caso l'esecuzione si svolge in unico processo.
Se il pignoramento successivo è compiuto dopo la udienza di cui sopra, si applica l'articolo 524 ultimo comma.
Art. 562.
(Inefficacia del pignoramento e cancellazione della trascrizione).
Se il pignoramento diviene inefficace per il decorso del termine previsto nell'articolo 497, il giudice dell'esecuzione con l'ordinanza di cui all'articolo 630 dispone che sia cancellata la trascrizione.
Il conservatore delle ipoteche provvede alla cancellazione su presentazione dell'ordinanza.
Sezione II. -
Dell'intervento dei creditori.
Art. 563.
(Condizioni e tempo dell'intervento).
Possono intervenire a norma dell'articolo 499 tutti coloro che nei confronti del debitore hanno un credito, anche se sottoposto a termine o a condizione.
Per gli effetti di cui all'articolo seguente l'intervento deve avere luogo non oltre la prima udienza fissata per l'autorizzazione della vendita.
Art. 564.
(Facoltà dei creditori intervenuti).
I creditori intervenuti a norma del secondo comma dell'articolo precedente partecipano all'espropriazione dell'immobile pignorato e, se muniti di titolo esecutivo, possono provocarne i singoli atti.
Art. 565.
(Intervento tardivo).
I creditori chirografari che intervengono oltre l'udienza indicata nell'articolo 563 secondo comma, ma prima di quella prevista nell'articolo 596, concorrono alla distribuzione di quella parte della somma ricavata che sopravanza dopo soddisfatti i diritti del creditore pignorante e di quelli intervenuti in precedenza e a norma dell'articolo seguente.
Art. 566.
(Intervento dei creditori iscritti e privilegiati).
I creditori iscritti e i privilegiati che intervengono oltre l'udienza indicata nell'articolo 563 secondo comma, ma prima di quella prevista nell'articolo 596, concorrono alla distribuzione della somma ricavata in ragione dei loro diritti di prelazione e, quando sono muniti di titolo esecutivo, possono provocare atti dell'espropriazione.
Sezione III. -
Della vendita e dell'assegnazione.
§ 1. -
Disposizioni generali.
Art. 567.
(Istanza di vendita).
Decorso il termine di cui all'articolo 501, il creditore pignorante e ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo possono chiedere la vendita dell'immobile pignorato.
Al ricorso si debbono unire l'estratto del catasto e delle mappe censuarie, i certificati delle iscrizioni e trascrizioni relative all'immobile pignorato e il certificato del tributo diretto verso lo Stato.
Art. 568.
(Determinazione del valore dell'immobile).
Agli effetti dell'espropriazione il valore dell'immobile si determina a norma dell'articolo 15 primo comma.
Per il diritto del direttario, il valore, agli effetti indicati, si determina in base agli otto decimi di quello calcolato a norma dell'articolo 13 ultimo comma.
Se il bene non è soggetto a tributo diretto verso lo Stato o se per qualsiasi ragione il giudice ritiene che il valore determinato a norma delle disposizioni precedenti sia manifestamente inadeguato, il valore è determinato dal giudice stesso sulla base degli elementi forniti dalle parti e di quelli che gli può fornire un esperto da lui nominato.
Art. 569.
(Provvedimento per l'autorizzazione della vendita).
Sull'istanza di cui all'articolo 567 il giudice dell'esecuzione fissa l'udienza per l'audizione delle parti e dei creditori di cui all'articolo 498 che non siano intervenuti.
All'udienza le parti possono fare osservazioni circa il tempo e le modalità della vendita, e debbono proporre, a pena di decadenza, le opposizioni agli atti esecutivi, se non sono già decadute dal diritto di proporle.
Se non vi sono opposizioni o se su di esse si raggiunge l'accordo delle parti comparse, il giudice dispone con ordinanza la vendita, la quale si fa a norma degli articoli seguenti, se egli non ritiene opportuno che si svolga col sistema dell'incanto.
Se vi sono opposizioni il tribunale le decide con sentenza e quindi il giudice dell'esecuzione dispone la vendita con ordinanza.
Con la medesima ordinanza il giudice fissa il termine entro il quale essa deve essere notificata, a cura del creditore che ha chiesto la vendita o di un altro autorizzato, ai creditori di cui all'articolo 498 che non sono comparsi.
§ 2. -
Vendita senza incanto.
Art. 570.
(Avviso della vendita).
Dell'ordine di vendita è dato dal cancelliere, a norma dell'articolo 490, pubblico avviso contenente l'indicazione del debitore, degli estremi previsti nell'articolo 555 e del valore dell'immobile determinato a norma dell'articolo 568, con l'avvertimento che maggiori informazioni possono essere fornite dalla cancelleria del tribunale.
Art. 571.
(Offerte d'acquisto).
Ognuno, tranne il debitore, è ammesso a offrire per l'acquisto dell'immobile pignorato personalmente o a mezzo di procuratore legale anche a norma dell'articolo 579 ultimo comma. L'offerente deve presentare nella cancelleria dichiarazione contenente l'indicazione del prezzo, del tempo e modo del pagamento e ogni altro elemento utile alla valutazione dell'offerta. Se un termine più lungo non è fissato dall'offerente, l'offerta non può essere revocata prima di venti giorni.
L'offerta non è efficace se è inferiore al prezzo determinato a norma dell'articolo 568 e se l'offerente non presta cauzione in misura non inferiore al decimo del prezzo da lui proposto.
Art. 572.
(Deliberazione sull'offerta).
Sull'offerta il giudice dell'esecuzione sente le parti e i creditori iscritti non intervenuti.
Se l'offerta non supera di almeno un quarto il valore dell'immobile determinato a norma dell'articolo 568, è sufficiente il dissenso di un creditore intervenuto a farla respingere.
Se supera questo limite, il giudice può fare luogo alla vendita, quando ritiene che non vi è seria probabilità di migliore vendita all'incanto.
Si applica anche in questo caso la disposizione dell'articolo 577.
Art. 573.
(Gara tra gli offerenti).
Se vi sono più offerte, il giudice dell'esecuzione convoca gli offerenti e li invita a una gara sull'offerta più alta.
Se la gara non può avere luogo per mancanza di adesione degli offerenti, il giudice può disporre la vendita a favore del maggiore offerente oppure ordinare l'incanto.
Art. 574.
(Provvedimenti relativi alla vendita).
Il giudice dell'esecuzione, quando fa luogo alla vendita, dispone con decreto il modo del versamento del prezzo e il termine, dalla comunicazione del decreto, entro il quale il versamento deve farsi, e, quando questo è avvenuto, pronuncia il decreto previsto nell'articolo 586.
Si applica anche a questa forma di vendita la disposizione dell'articolo 583.
Se il prezzo non è depositato a norma del decreto di cui al primo comma, il giudice provvede a norma dell'articolo 587.
Art. 575.
(Termine delle offerte senza incanto).
Se il decreto di cui al primo comma dell'articolo precedente non è pronunciato entro due mesi dalla pubblicazione dell'avviso previsto nell'articolo 570, il giudice dell'esecuzione ordina l'incanto.
Su istanza del creditore pignorante o di un creditore intervenuto il giudice può prorogare tale termine fino a quattro mesi.
§ 3. -
Vendita con incanto.
Art. 576.
(Contenuto del provvedimento che dispone la vendita).
Il giudice dell'esecuzione, quando ordina l'incanto, stabilisce, sentito quando occorre un esperto: 1) se la vendita si deve fare in uno o più lotti; 2) il prezzo base dell'incanto determinato a norma dell'articolo 568; 3) il giorno e l'ora dell'incanto; 4) il termine che deve decorrere tra il compimento delle forme di pubblicità e l'incanto, nonchè le eventuali forme di pubblicità straordinaria a norma dell'articolo 490 ultimo comma; 5) l'ammontare della cauzione e il termine entro il quale deve essere prestata dagli offerenti; 6) la misura minima dell'aumento da apportarsi alle offerte; 7) il termine, non superiore a sessanta giorni dall'aggiudicazione, entro il quale il prezzo deve essere depositato e le modalità del deposito.
L'ordinanza è pubblicata a cura del cancelliere.
Art. 577.
(Indivisibilità dei fondi).
La divisione in lotti non può essere disposta se l'immobile costituisce un'unità culturale e se il frazionamento ne potrebbe impedire la razionale coltivazione.
Art. 578.
(Delega a compiere la vendita).
Se una parte dei beni pignorati è situata nella circoscrizione di altro tribunale, con l'ordinanza che dispone la vendita il giudice dell'esecuzione può stabilire che l'incanto avvenga per quella parte, davanti al tribunale del luogo in cui è situata.
In tale caso, copia dell'ordinanza è trasmessa dal cancelliere al presidente del tribunale delegato, il quale nomina un giudice per l'esecuzione della vendita.
Art. 579.
(Persone ammesse agli incanti).
Salvo quanto è disposto nell'articolo seguente, ognuno, eccetto il debitore, è ammesso a fare offerte all'incanto.
Le offerte debbono essere fatte personalmente o a mezzo di mandatario munito di procura speciale.
I procuratori legali possono fare offerte per persone da nominare.
Art. 580.
(Prestazione della cauzione).
Per offrire all'incanto è neccessario avere prestato la cauzione a norma dell'ordinanza di cui all'articolo 576, e avere depositato in cancelleria l'ammontare approssimativo delle spese di vendita.
Se l'offerente non diviene aggiudicatario, la cauzione e il deposito per le spese gli vengono restituiti dopo la chiusura dell'incanto.
Art. 581.
(Modalità dell'incanto).
L'incanto ha luogo davanti al giudice dell'esecuzione, nella sala delle udienze pubbliche, col sistema della candela vergine.
Le offerte non sono efficaci se non superano il prezzo base o l'offerta precedente nella misura indicata nelle condizioni di vendita.
Subito dopo ciascuna offerta si accendono successivamente fino a tre candele che durino ciascuna un minuto circa. Quando la terza candela si è spenta senza che sia fatta una maggiore offerta, l'immobile è aggiudicato all'ultimo offerente.
Ogni offerente cessa di essere tenuto per la sua offerta quando essa è superata da un'altra, anche se poi questa è dichiarata nulla.
Art. 582.
(Dichiarazione di residenza o elezione di domicilio dell'aggiudicatario).
L'aggiudicatario deve dichiarare la propria residenza o eleggere domicilio nel comune in cui ha sede il giudice che ha proceduto alla vendita. In mancanza le notificazioni e comunicazioni possono essergli fatte presso la cancelleria del giudice stesso.
Art. 583.
(Aggiudicazione per persona da nominare).
Il procuratore legale, che è rimasto aggiudicatario per persona da nominare, deve dichiarare in cancelleria nei tre giorni dall'incanto il nome della persona per la quale ha fatto l'offerta, depositanto il mandato.
In mancanza, l'aggiudicazione diviene definitiva al nome del procuratore.
Art. 584.
(Offerte dopo l'incanto).
Avvenuto l'incanto, possono ancora essere fatte offerte di acquisto entro il termine di dieci giorni, ma non sono efficaci se il prezzo offerto non supera di un sesto quello raggiunto nell'incanto.
Tali offerte si fanno a norma dell'articolo 571 e, prima di procedere alla gara di cui all'articolo 573, il cancelliere dà pubblico avviso dell'offerta più alta a norma dell'articolo 570.
Art. 585.
(Versamento del prezzo).
L'aggiudicatario deve versare il prezzo nel termine e nel modo fissati dall'ordinanza che dispone la vendita a norma dell'articolo 576, e consegnare al cancelliere il documento comprovante l'avvenuto versamento.
Se l'immobile è stato aggiudicato a un creditore ipotecario o l'aggiudicatario è stato autorizzato ad assumersi un debito garantito da ipoteca, il giudice dell'esecuzione può limitare, con suo decreto, il versamento alla parte del prezzo occorrente per le spese e per la soddisfazione degli altri creditori che potranno risultare capienti.
Art. 586.
(Trasferimento del bene espropriato).
Avvenuto il versamento del prezzo, il giudice dell'esecuzione pronuncia decreto col quale trasferisce all'aggiudicatario il bene espropriato, ripetendo la descrizione contenuta nell'ordinanza che dispone la vendita, e ordinando che si cancellino le trascrizioni dei pignoramenti e le iscrizioni ipotecarie, se queste ultime non si riferiscono a obbligazioni assuntesi dall'aggiudicatario a norma dell'articolo 508.
Il decreto contiene altresì l'ingiunzione al debitore o al custode di rilasciare l'immobile venduto.
Esso costituisce titolo per la trascrizione della vendita sui libri fondiari e titolo esecutivo per il rilascio.
Art. 587.
(Inadempienza dell'aggiudicatario).
Se il prezzo non è depositato nel termine stabilito, il giudice dell'esecuzione con decreto dichiara la decadenza dell'aggiudicatario, pronuncia la perdita della cauzione a titolo di multa e quindi dispone un nuovo incanto.
Per il nuovo incanto si procede a norma degli articoli 576 e seguenti. Se il prezzo che se ne ricava, unito alla cauzione confiscata, risulta inferiore a quello dell'incanto precedente, l'aggiudicatario inadempiente è tenuto al pagamento della differenza.
Art. 588.
(Esito negativo dell'incanto).
Se la vendita all'incanto non ha luogo per mancanza di offerte, ogni creditore nel termine di dieci giorni può fare istanza di assegnazione a norma dell'articolo seguente.
Art. 589.
(Istanza di assegnazione).
L'istanza di assegnazione deve contenere l'offerta di pagamento di una somma non inferiore a quella prevista nell'articolo 506 e al prezzo determinato a norma dell'articolo 568.
Art. 590.
(Provvedimento di assegnazione).
Decorsi dieci giorni da quello dell'incanto andato deserto, il giudice dell'esecuzione dispone l'audizione delle parti e dei creditori iscritti non intervenuti.
All'udienza il giudice, se vi sono domande di assegnazione, provvede su di esse, fissando il termine entro il quale l'assegnatario deve versare l'eventuale conguaglio.
Avvenuto il versamento, il giudice pronuncia il decreto di trasferimento a norma dell'articolo 586.
Art. 591.
(Provvedimento di amministrazione giudiziaria o di nuovo incanto).
All'udienza di cui all'articolo precedente il giudice dell'esecuzione, se non vi sono domande di assegnazione o se non crede di accoglierle, dispone l'amministrazione giudiziaria a norma dell'articolo 592 e seguenti, oppure ordina che si proceda a nuovo incanto.
In quest'ultimo caso il giudice può stabilire diverse condizioni di vendita e diverse forme di pubblicità, fissando un prezzo base inferiore di un quinto a quello precedente.
Sezione IV. -
Dell'amministrazione giudiziaria.
Art. 592.
(Nomina dell'amministratore giudiziario).
L'amministrazione giudiziaria dell'immobile è disposta per un tempo non superiore a tre anni e affidata a uno o più creditori o a un istituto all'uopo autorizzato, oppure allo stesso debitore se tutti i creditori vi consentono.
All'amministratore si applica il disposto degli articoli 65 e seguenti.
Art. 593.
(Rendiconto).
L'amministratore, nel termine fissato dal giudice dell'esecuzione, e in ogni caso alla fine di ciascun trimestre, deve presentare in cancelleria il conto della sua gestione e depositare le rendite disponibili nei modi stabiliti dal giudice.
Al termine della gestione l'amministratore deve presentare il rendiconto finale.
I conti parziali e quello finale debbono essere approvati dal giudice. Questi, con ordinanza non impugnabile, risolve le contestazioni che sorgono in merito ad essi, applicando le disposizioni degli articoli 263 e seguenti.
Art. 594.
(Assegnazione delle rendite).
Durante il corso dell'amministrazione giudiziaria, il giudice dell'esecuzione può disporre che le rendite riscosse siano assegnate ai creditori secondo le norme degli articoli 596 e seguenti.
Art. 595.
(Cessazione dell'amministrazione giudiziaria).
In ogni momento il creditore pignorante o uno dei creditori intervenuti può chiedere che il giudice dell'esecuzione, sentite le altre parti, proceda a nuovo incanto o all'assegnazione dell'immobile. Durante l'amministrazione giudiziaria ognuno può fare offerta d'acquisto a norma degli articoli 571 e seguenti.
L'amministrazione cessa, e deve essere ordinato un nuovo incanto, quando viene a scadere il termine previsto nell'ordinanza di cui all'articolo 592, tranne che il giudice, su richiesta di tutte le parti, non ritenga di poter concedere una o più proroghe che non prolunghino complessivamente l'amministrazione oltre i tre anni.
Sezione V. -
Della distribuzione della somma ricavata.
Art. 596.
(Formazione del progetto di distribuzione).
Se non si può provvedere a norma dell'articolo 510 primo comma, il giudice dell'esecuzione, non più tardi di trenta giorni dal versamento del prezzo, provvede a formare un progetto di distribuzione contenente la graduazione dei creditori che vi partecipano, e lo deposita in cancelleria affinchè possa essere consultato dai creditori e dal debitore, fissando l'udienza per la loro audizione.
Tra la comunicazione dell'invito e l'udienza debbono intercorrere almeno dieci giorni.
Art. 597.
(Mancata comparizione).
La mancata comparizione alla prima udienza e in quella fissata a norma dell'articolo 485 ultimo comma importa approvazione del progetto per gli effetti di cui all'articolo seguente.
Art. 598.
(Approvazione del progetto).
Se il progetto è approvato o si raggiunge l'accordo tra tutte le parti, se ne dà atto nel processo verbale e il giudice dell'esecuzione ordina il pagamento delle singole quote, altrimenti si applica la disposizione dell'articolo 512.
Capo V.
Dell'espropriazione di beni indivisi.
Art. 599.
(Pignoramento).
Possono essere pignorati i beni indivisi anche quando non tutti i comproprietari sono obbligati verso il creditore.
In tal caso del pignoramento è notificato avviso, a cura del creditore pignorante, anche agli altri comproprietari, ai quali è fatto divieto di lasciare separare dal debitore la sua parte delle cose comuni senza ordine di giudice.
Art. 600.
(Convocazione dei comproprietari).
Il giudice dell'esecuzione, su istanza del creditore pignorante o dei comproprietari e sentiti tutti gli interessati, provvede, quando è possibile, alla separazione della quota in natura spettante al debitore.
Se la separazione non è possibile, può ordinare la vendita della quota indivisa o disporre che si proceda alla divisione a norma del codice civile.
Art. 601.
(Divisione).
Se si deve procedere alla divisione, l'esecuzione è sospesa finchè sulla divisione stessa non sia intervenuto un accordo fra le parti o pronunciata una sentenza avente i requisiti di cui all'articolo 627.
Avvenuta la divisione, la vendita o l'assegnazione dei beni attribuiti al debitore ha luogo secondo le norme contenute nei capi precedenti.
Capo VI. -
Dell'espropriazione contro il terzo proprietario.
Art. 602.
(Modo dell'espropriazione).
Quando oggetto dell'espropriazione è un bene gravato da pegno o da ipoteca per un debito altrui, oppure un bene la cui alienazione da parte del debitore è stata revocata per frode, si applicano le disposizioni contenute nei capi precedenti, in quanto non siano modificate dagli articoli che seguono.
Art. 603.
(Notificazione del titolo esecutivo e del precetto).
Il titolo esecutivo e il precetto debbono essere notificati anche al terzo.
Nel precetto deve essere fatta espressa menzione del bene del terzo che si intende espropriare.
Art. 604.
(Disposizioni particolari).
Il pignoramento e in generale gli atti d'espropriazione si compiono nei confronti del terzo, al quale si applicano tutte le disposizioni relative al debitore, tranne il divieto di cui all'articolo 579 primo comma.
Ogni volta che a norma dei capi precedenti deve essere sentito il debitore, è sentito anche il terzo.
Titolo III.
Dell'esecuzione per consegna o rilascio
Art. 605.
(Precetto per consegna o rilascio).
Il precetto per consegna di beni mobili o rilascio di beni immobili deve contenere, oltre le indicazioni di cui all'articolo 480, anche la descrizione sommaria dei beni stessi.
Se il titolo esecutivo dispone circa il termine della consegna o del rilascio, l'intimazione va fatta con riferimento a tale termine.
Art. 606.
(Modo della consegna).
Decorso il termine indicato nel precetto, l'ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto, si reca sul luogo in cui le cose si trovano e le ricerca a norma dell'articolo 513; quindi ne fa consegna alla parte istante o a persona da lui designata.
Art. 607.
(Cose pignorate).
Se le cose da consegnare sono pignorate, la consegna non può avere luogo, e la parte istante deve fare valere le sue ragioni mediante opposizione a norma degli articoli 619 e seguenti.
Art. 608.
(Modo del rilascio).
L'ufficiale giudiziario comunica almeno tre giorni prima alla parte, che è tenuta a rilasciare l'immobile, il giorno e l'ora in cui procederà.
Nel giorno e nell'ora stabiliti l'ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto, si reca sul luogo dell'esecuzione e, facendo uso, quando occorre, dei poteri a lui consentiti dall'articolo 513, immette la parte istante o una persona da lei designata nel possesso dell'immobile; del quale le consegna le chiavi, ingiungendo agli eventuali detentori di riconoscere il nuovo possessore.
Art. 609.
(Provvedimenti circa i mobili estranei all'esecuzione).
Se nell'immobile si trovano cose mobili appartenenti alla parte tenuta al rilascio e che non debbono essere consegnate, l'ufficiale giudiziario, se la stessa parte non le asporta immediatamente, può disporre la custodia sul posto anche a cura della parte istante, se consente di custodirle, o il trasporto in altro luogo.
Se le cose sono pignorate o sequestrate, l'ufficiale giudiziario dà immediatamente notizia dell'avvenuto rilascio al creditore su istanza del quale fu eseguito il pignoramento o il sequestro e al pretore per l'eventuale sostituzione del custode.
Art. 610.
(Provvedimenti temporanei).
Se nel corso dell'esecuzione sorgono difficoltà che non ammettono dilazione, ciascuna parte può chiedere al pretore, anche verbalmente, i provvedimenti temporanei occorrenti.
Art. 611.
(Spese dell'esecuzione).
Nel processo verbale l'ufficiale giudiziario specifica tutte le spese anticipate dalla parte istante.
La liquidazione delle spese è fatta dal pretore con decreto che costituisce titolo esecutivo.
Titolo IV.
Dell'esecuzione forzata di obblighi di fare e di non fare
Art. 612.
(Provvedimento).
Chi intende ottenere l'esecuzione forzata di una sentenza di condanna per violazione di un obbligo di fare o di non fare, dopo la notificazione del precetto, deve chiedere con ricorso al pretore che siano determinate le modalità dell'esecuzione.
Il pretore provvede sentita la parte obbligata. Nella sua ordinanza designa l'ufficiale giudiziario che deve procedere all'esecuzione e le persone che debbono provvedere al compimento dell'opera non eseguita o alla distruzione di quella compiuta.
Art. 613.
(Difficoltà sorte nel corso dell'esecuzione).
L'ufficiale giudiziario può farsi assistere dalla forza pubblica e deve chiedere al pretore le opportune disposizioni per eliminare le difficoltà che sorgono nel corso dell'esecuzione. Il pretore provvede con decreto.
Art. 614.
(Rimborso delle spese).
Al termine dell'esecuzione o nel corso di essa, la parte istante presenta al pretore la nota delle spese anticipate vistata dall'ufficiale giudiziario, con domanda di decreto d'ingiunzione.
Il pretore, quando riconosce giustificate le spese denunciate, provvede con decreto a norma dell'articolo 642.
Titolo V.
Delle opposizioni
Capo I.
Delle opposizioni del debitore e del terzo assoggettato all'esecuzione.
Sezione I. -
Delle opposizioni all'esecuzione.
Art. 615.
(Forma dell'opposizione).
Quando si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata e questa non è ancora iniziata, si può proporre opposizione al precetto con citazione davanti al giudice competente per materia o valore e per territorio a norma dell'articolo 27.
Quando è iniziata l'esecuzione, l'opposizione di cui al comma precedente e quella che riguarda la pignorabilità dei beni si propongono con ricorso al giudice dell'esecuzione stessa. Questi fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti davanti a sè e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto.
Art. 616.
(Provvedimenti del giudice dell'esecuzione).
Se competente per la causa è l'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice dell'esecuzione, questi provvede all'istruzione a norma degli articoli 175 e seguenti; altrimenti rimette le parti davanti all'ufficio giudiziario competente per valore, assegnando un termine perentorio per la riassunzione della causa.
Sezione II. -
Delle opposizioni agli atti esecutivi.
Art. 617.
(Forma dell'opposizione).
Le opposizioni relative alla regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto si propongono, prima che sia iniziata l'esecuzione, davanti al giudice indicato nell'articolo 480 terzo comma, con atto di citazione da notificarsi nel termine perentorio di cinque giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto.
Le opposizioni di cui al comma precedente che sia stato impossibile proporre prima dell'inizio dell'esecuzione e quelle relative alla notificazione del titolo esecutivo e del precetto e ai singoli atti di esecuzione si propongono con ricorso al giudice dell'esecuzione nel termine perentorio di cinque giorni dal primo atto di esecuzione, se riguardano il titolo esecutivo o il precetto, oppure dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti.
Art. 618.
(Provvedimenti del giudice dell'esecuzione).
Il giudice dell'esecuzione fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti davanti a sè e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto, e dà, nei casi urgenti, i provvedimenti opportuni.
All'udienza dà con ordinanza i provvedimenti che ritiene indilazionabili e provvede a norma degli articoli 175 e seguenti all'istruzione della causa, che è poi decisa dal collegio con sentenza non impugnabile.
Sono altresì non impugnabili le sentenze pronunciate a norma dell'articolo precedente primo comma.
Capo II.
Delle opposizioni di terzi.
Art. 619.
(Forma dell'opposizione).
Il terzo che pretende avere la proprietà o altro diritto reale sui beni pignorati può proporre opposizione con ricorso al giudice dell'esecuzione, prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione dei beni.
Il giudice fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti davanti a sè e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto.
Se all'udienza le parti non raggiungono un accordo, il giudice, quando è competente l'ufficio giudiziario al quale appartiene, provvede all'istruzione della causa a norma degli articoli 175 e seguenti; altrimenti fissa all'opponente un termine perentorio per la riassunzione della causa davanti all'ufficio giudiziario competente per valore.
Art. 620.
(Opposizione tardiva).
Se in seguito all'opposizione il giudice non sospende la vendita dei beni mobili o se l'opposizione è proposta dopo la vendita stessa, i diritti del terzo si fanno valere sulla somma ricavata.
Art. 621.
(Limiti della prova testimoniale).
Il terzo opponente non può provare con testimoni il suo diritto sui beni mobili pignorati nella casa o nell'azienda del debitore, tranne che l'esistenza del diritto stesso sia resa verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal terzo o dal debitore.
Art. 622.
(Opposizione della moglie del debitore).
L'opposizione non può essere proposta dalla moglie convivente col debitore, relativamente ai beni mobili pignorati nella casa di lui, tranne che per i beni dotati o per i beni che essa provi, con atto di data certa, esserle appartenuti prima del matrimonio o esserle pervenuti per donazione o successione a causa di morte.
Titolo VI.
Della sospensione e dell'estinzione del processo
Capo I.
Della sospensione del processo.
Art. 623.
(Limiti della sospensione).
Salvo che la sospensione sia disposta dalla legge o dal giudice davanti al quale è impugnato il titolo esecutivo, l'esecuzione forzata non può essere sospesa che con provvedimento del giudice dell'esecuzione.
Art. 624.
(Sospensione per opposizione all'esecuzione).
Se è proposta opposizione all'esecuzione a norma degli articoli 615 secondo comma e 619, il giudice dell'esecuzione, concorrendo gravi motivi, sospende, su istanza di parte, il processo con cauzione o senza.
Il giudice sospende totalmente o parzialmente la distribuzione della somma ricavata quando sorge una delle controversie previste nell'articolo 512.
Art. 625.
(Procedimento).
Sull'istanza per la sospensione del processo di cui all'articolo precedente, il giudice dell'esecuzione provvede con ordinanza, sentite le parti.
Nei casi urgenti, il giudice può disporre la sospensione con decreto, nel quale fissa l'udienza di comparizione delle parti. All'udienza provvede con ordinanza.
Art. 626.
(Effetti della sospensione).
Quando il processo è sospeso, nessun atto esecutivo può essere compiuto, salvo diversa disposizione del giudice dell'esecuzione.
Art. 627.
(Riassunzione).
Il processo deve essere riassunto con ricorso nel termine perentorio fissato dal giudice dell'esecuzione e, in ogni caso, non più tardi di tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado o dalla comunicazione della sentenza d'appello che rigetta l'opposizione.
Art. 628.
(Sospensione del termine d'efficacia del pignoramento).
L'opposizione ai singoli atti esecutivi sospende il decorso del termine previsto nell'articolo 497.
Capo II.
Dell'estinzione del processo.
Art. 629.
(Rinuncia).
Il processo si estingue se, prima dell'aggiudicazione o dell'assegnazione, il creditore pignorante e quelli intervenuti muniti di titolo esecutivo rinunciano agli atti.
Dopo la vendita il processo si estingue se rinunciano agli atti tutti i creditori concorrenti.
In quanto possibile, si applicano le disposizioni dell'articolo 306.
Art. 630.
(Inattività delle parti).
Oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge, il processo esecutivo si estingue quando le parti non lo proseguono o non lo riassumono nel termine perentorio stabilito dalla legge o dal giudice.
L'estinzione è dichiarata dal giudice dell'esecuzione, anche d'ufficio. Se il processo è stato proseguito o riassunto ed è stato eseguito un provvedimento del giudice, l'estinzione non può essere dichiarata.
Si applica la disposizione dell'articolo 308.
Art. 631.
(Mancata comparizione all'udienza).
La mancata comparizione delle parti all'udienza, fissata a norma dell'articolo 309, produce l'estinzione del processo esecutivo.
Art. 632.
(Effetti dell'estinzione del processo).
Se l'estinzione del processo esecutivo si verifica prima dell'aggiudicazione o dell'assegnazione, essa rende inefficaci gli atti compiuti; se avviene dopo l'aggiudicazione o l'assegnazione, la somma ricavata è consegnata al debitore.
Avvenuta l'estinzione del processo, il custode rende al debitore il conto, che è discusso e chiuso davanti al giudice dell'esecuzione.
Si applica la disposizione dell'articolo 310 ultimo comma.
Libro Quarto
Dei procedimenti speciali
Titolo I.
Dei procedimenti sommari
Capo I.
Del procedimento d'ingiunzione.
Art. 633.
(Condizioni di ammissibilità).
Su domanda di chi è creditore di una somma liquida di danaro o di una determinata quantità di cose fungibili, o di chi ha diritto alla consegna di una cosa mobile determinata, il giudice competente pronuncia ingiunzione di pagamento o di consegna: 1) se del diritto fatto valere si dà prova scritta; 2) se il credito riguarda onorari per prestazioni giudiziali o stragiudiziali o rimborso di spese fatte da avvocati, procuratori, cancellieri, ufficiali giudiziari o da chiunque altro ha prestato la sua opera in occasione di un processo; 3) se il credito riguarda onorari, diritti o rimborsi spettanti ai notai a norma della loro legge professionale, oppure ad altri esercenti una libera professione o arte, per la quale esiste una tariffa legalmente approvata.
L'ingiunzione può essere pronunciata anche se il diritto dipende da una controprestazione o da una condizione, purchè il ricorrente offra elementi atti a far presumere l'adempimento della controprestazione o lo avveramento della condizione.
L'ingiunzione non può essere pronunciata se la notificazione all'intimato di cui all'articolo 643 deve avvenire fuori dal Regno o dei territori soggetti alla sovranità italiana.
Art. 634.
(Prova scritta).
Sono prove scritte idonee a norma del numero 1 dell'articolo precedente le polizze e promesse unilaterali per scrittura privata e i telegrammi, anche se mancanti dei requisiti prescritti dal codice civile.
Per i crediti relativi a somministrazioni di merci e di danaro fatte da commercianti, anche a non commercianti, sono altresì prove scritte idonee gli estratti autentici dei libri di commercio e di quelli prescritti dalle leggi tributarie, purchè regolarmente tenuti.
Art. 635.
(Prova scritta per i crediti dello Stato e degli enti pubblici).
Per i crediti dello Stato, o di enti o istituti soggetti a tutela o vigilanza dello Stato, sono prove idonee anche i libri o registri della pubblica amministrazione, quando un funzionario all'uopo autorizzato o un notaio ne attesta la regolare tenuta a norma delle leggi e dei regolamenti. Restano salve le disposizioni delle leggi sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli enti o istituti sopra indicati.
Per i crediti derivanti da omesso versamento agli enti di previdenza e di assistenza dei contributi relativi a rapporti indicati nell'articolo 459 secondo comma, sono altresì prove idonee gli accertamenti eseguiti dall'ispettorato corporativo e dai funzionari degli enti.
Art. 636.
(Parcella delle spese e prestazioni).
Nei casi previsti nei numeri 2 e 3 dell'articolo 633, la domanda deve essere accompagnata dalla parcella delle spese e prestazioni, munita della sottoscrizione del ricorrente e corredata dal parere della competente associazione professionale. Il parere non occorre se l'ammontare delle spese e delle prestazioni è determinato in base a tariffe obbligatorie.
Il giudice, se non rigetta il ricorso a norma dell'articolo 640, deve attenersi al parere nei limiti della somma domandata, salva la correzione degli errori materiali.
Art. 637.
(Giudice competente).
Per l'ingiunzione è competente il conciliatore, il pretore o il presidente del tribunale, che sarebbe competente per la domanda proposta in via ordinaria.
Per i crediti previsti nel numero 2 dell'articolo 633 è competente anche il capo dell'ufficio giudiziario che ha deciso la causa alla quale il credito si riferisce.
Gli avvocati e procuratori possono altresì proporre domanda d'ingiunzione contro i propri clienti al giudice competente per valore del luogo dove ha sede l'associazione professionale alla quale sono iscritti; e i notai possono proporla, osservate le disposizioni relative alla competenza per valore, al pretore del mandamento in cui si trova il loro ufficio o al presidente del tribunale nella cui circoscrizione ha sede il sindacato dal quale dipendono.
Art. 638.
(Forma della domanda e deposito).
La domanda d'ingiunzione si propone con ricorso contenente, oltre i requisiti indicati nell'articolo 125, l'indicazione delle prove che si producono. Il ricorso deve contenere altresì l'indicazione del procuratore del ricorrente oppure, quando è ammessa la costituzione di persona, la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito.
Se manca l'indicazione del procuratore oppure la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio, le notificazioni al ricorrente possono essere fatte presso la cancelleria.
Il ricorso è depositato in cancelleria insieme con i documenti che si allegano; questi non possono essere ritirati fino alla scadenza del termine stabilito nel decreto d'ingiunzione a norma dell'articolo 641.
Art. 639.
(Ricorso per consegna di cose fungibili).
Quando la domanda riguarda la consegna di una determinata quantità di cose fungibili, il ricorrente deve dichiarare la somma di danaro che è disposto ad accettare in mancanza della prestazione in natura, a definitiva liberazione dell'altra parte. Il giudice, se ritiene la somma dichiarata non proporzionata, prima di pronunciare sulla domanda può invitare il ricorrente a produrre un certificato del consiglio provinciale delle corporazioni.
Art. 640.
(Rigetto della domanda).
Il giudice, se ritiene insufficientemente giustificata la domanda, dispone che il cancelliere ne dia notizia al ricorrente, invitandolo a provvedere alla prova.
Se il ricorrente non risponde all'invito o non ritira il ricorso oppure se la domanda non è accoglibile, il giudice la rigetta con decreto motivato.
Tale decreto non pregiudica la riproposizione della domanda, anche in via ordinaria.
Art. 641.
(Accoglimento della domanda).
Se esistono le condizioni previste nell'articolo 633, il giudice, con decreto motivato, ingiunge all'altra parte di pagare la somma o di consegnare la cosa o la quantità di cose chieste o invece di queste la somma di cui all'articolo 639 nel termine di venti giorni, con l'espresso avvertimento che nello stesso termine può essere fatta a norma degli articoli seguenti e che, in mancanza di opposizione, si procederà a esecuzione forzata.
Quando concorrono giusti motivi, il termine può essere ridotto fino a cinque giorni oppure aumentato fino a trenta. Se l'intimato risiede nelle province libiche o in territori soggetti alla sovranità italiana, il termine non può essere minore di trenta, nè maggiore di centoventi giorni.
Nel decreto il giudice liquida le spese e ne ingiunge il pagamento.
Art. 642.
(Esecuzione provvisoria).
Se il credito è fondato su cambiale, assegno bancario, assegno circolare, certificato di liquidazione di borsa, o su atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato, il giudice, su istanza del ricorrente, ingiunge al debitore di pagare o consegnare senza dilazione, autorizzando in mancanza l'esecuzione provvisoria del decreto e fissando il termine ai soli effetti dell'opposizione.
L'esecuzione provvisoria può essere concessa anche se vi è pericolo di grave pregiudizio nel ritardo, ma il giudice può imporre al ricorrente una cauzione.
In tali casi il giudice può anche autorizzare l'esecuzione senza l'osservanza del termine di cui all'articolo 482.
Art. 643.
(Notificazione del decreto).
L'originale del ricorso e del decreto rimane depositato in cancelleria.
Il ricorso e il decreto sono notificati per copia autentica a norma degli articoli 137 e seguenti.
La notificazione determina la pendenza della lite.
Art. 644.
(Mancata notificazione del decreto).
Il decreto d'ingiunzione diventa inefficace qualora la notificazione non sia eseguita nel termine di quaranta giorni dalla pronuncia, se deve avvenire nel territorio del Regno escluse le province libiche, e di novanta giorni negli altri casi; ma la domanda può essere riproposta.
Art. 645.
(Opposizione).
L'opposizione si propone davanti all'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto, con atto di citazione notificato al ricorrente nei luoghi di cui all'articolo 638. Contemporaneamente l'ufficiale giudiziario deve notificare avviso dell'opposizione al cancelliere affinchè ne prenda nota sull'originale del decreto.
In seguito all'opposizione il giudizio si svolge secondo le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito; ma i termini di costituzione sono ridotti alla metà.
Art. 646.
(Opposizione ai decreti riguardanti crediti di lavoro).
Quando il decreto è stato pronunciato per crediti dipendenti da rapporti individuali di lavoro, entro cinque giorni dalla notificazione l'atto di opposizione deve essere denunciato a norma dell'articolo 430 all'associazione sindacale legalmente riconosciuta alla quale appartiene l'opponente.
In tale caso il termine per la costituzione in giudizio decorre dalla scadenza del ventesimo giorno successivo a quello della notificazione dell'opposizione.
Durante il corso del termine stabilito per il tentativo di conciliazione, l'opponente può chiedere con ricorso al pretore o al presidente la sospensione dell'esecuzione provvisoria del decreto. Il giudice provvede con decreto, che, in caso di accoglimento dell'istanza, deve essere notificato alla controparte.
Art. 647.
(Esecutorietà per mancata opposizione o per mancata attività dell'opponente).
Se non è stata fatta opposizione nel termine stabilito, oppure l'opponente non si è costituito, il conciliatore, il pretore o il presidente, su istanza anche verbale del ricorrente, dichiara esecutivo il decreto. Nel primo caso il giudice deve ordinare che sia rinnovata la notificazione, quando risulta o appare probabile che l'intimato non abbia avuto conoscenza del decreto.
Quando il decreto è stato dichiarato esecutivo a norma del presente articolo, l'opposizione non può essere più proposta nè proseguita, salvo il disposto dell'articolo 650, e la cauzione eventualmente prestata e liberata.
Art. 648.
(Esecuzione provvisoria in pendenza di opposizione).
Il giudice istruttore, se l'opposizione non è fondata su prova scritta o di pronta soluzione, può concedere, con ordinanza non impugnabile, l'esecuzione provvisoria del decreto, qualora non sia già stata concessa a norma dell'articolo 642.
Deve in ogni caso concederla, se la parte che l'ha chiesta offre cauzione per l'ammontare delle eventuali restituzioni, spese e danni.
Art. 649.
(Sospensione dell'esecuzione provvisoria).
Il giudice istruttore, su istanza dell'opponente, quando ricorrono gravi motivi, può, con ordinanza non impugnabile, sospendere l'esecuzione provvisoria del decreto concesso a norma dell'articolo 642.
Art. 650.
(Opposizione tardiva).
L'intimato può fare opposizione anche dopo scaduto il termine fissato nel decreto, se prova di non averne avuta tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore.
In questo caso l'esecutorietà può essere sospesa a norma dell'articolo precedente.
L'opposizione non è più ammessa decorsi dieci giorni dal primo atto di esecuzione.
Art. 651.
(Deposito per il caso di soccombenza).
L'opposizione di cui all'articolo precedente e quella contro il decreto pronunciato nei casi previsti nell'articolo 642 primo comma, debbono essere precedute dal deposito di lire cento, se proposte davanti al conciliatore o al pretore, di lire duecento, se proposte davanti al tribunale o alla corte d'appello. A tale deposito si applicano le norme relative al deposito per il ricorso per cassazione.
Art. 652.
(Conciliazione).
Se nel giudizio di opposizione le parti si conciliano, il giudice, con ordinanza non impugnabile, dichiara o conferma l'esecutorietà del decreto, oppure riduce la somma o la quantità a quella stabilita dalle parti. In quest'ultimo caso, rimane ferma la validità degli atti esecutivi compiuti e dell'ipoteca iscritta, fino a concorrenza della somma o quantità ridotta. Della riduzione deve effettuarsi apposita annotazione nei registri ipotecari.
Art. 653.
(Rigetto o accoglimento parziale dell'opposizione).
Se l'opposizione è rigettata con sentenza passata in giudicato o provvisoriamente esecutiva, oppure è dichiarata con ordinanza l'estinzione del processo, il decreto, che non ne sia già munito, acquista efficacia esecutiva.
Se l'opposizione è accolta solo in parte, il titolo esecutivo è costituito esclusivamente dalla sentenza, ma gli atti di esecuzione già compiuti in base al decreto conservano i loro effetti nei limiti della somma o della quantità ridotta.
Art. 654.
(Dichiarazione di esecutorietà ed esecuzione).
L'esecutorietà non disposta con la sentenza o con l'ordinanza di cui all'articolo precedente è conferita con decreto del conciliatore, del pretore o del presidente scritto in calce all'originale del decreto d'ingiunzione.
Ai fini dell'esecuzione non occorre una nuova notificazione del decreto esecutivo; ma nel precetto deve farsi menzione del provvedimento che ha disposto l'esecutorietà e dell'apposizione della formula.
Art. 655.
(Iscrizione d'ipoteca).
I decreti dichiarati esecutivi a norma degli articoli 642, 647 e 648, e quelli rispetto ai quali è rigettata l'opposizione costituiscono titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale.
Art. 656.
(Impugnazioni).
Il decreto d'ingiunzione, divenuto esecutivo a norma dell'articolo 647, può impugnarsi per revocazione nei casi indicati nei numeri 1, 2, 5 e 6 dell'articolo 395 e con opposizione di terzo nei casi previsti nell'articolo 404 secondo comma.
Capo II.
Del procedimento per convalida di sfratto.
Art. 657.
(Intimazione di licenza e di sfratto per finita locazione).
Il locatore può intimare al conduttore, mezzadro, mezzaiuolo o colono licenza per finita locazione, prima della scadenza del contratto, con la contestuale citazione per la convalida, rispettando i termini prescritti dal contratto, dalla legge o dagli usi locali.
Può altresì intimare lo sfratto, con la contestuale citazione per la convalida, dopo la scadenza del contratto, se, in virtù del contratto stesso o per effetto di atti o intimazioni precedenti, è esclusa la tacita riconduzione.
Art. 658.
(Intimazione di sfratto per morosità).
Il locatore può intimare al conduttore lo sfratto con le modalità stabilite nell'articolo precedente anche in caso di mancato pagamento del canone d'affitto alle scadenze, e chiedere nello stesso atto l'ingiunzione di pagamento per i canoni scaduti, se non superano, nel loro ammontare, la competenza del conciliatore o del pretore.
Se il canone consiste in derrate, il locatore deve dichiarare a norma dell'articolo 639 la somma che è disposto ad accettare in sostituzione.
Art. 659.
(Rapporto di locazione d'opera).
Se il godimento di un immobile è il corrispettivo anche parziale di una prestazione d'opera, l'intimazione di licenza o di sfratto con la contestuale citazione per la convalida, a norma degli articoli precedenti, può essere fatta quando il contratto viene a cessare per qualsiasi causa.
Art. 660.
(Forma dell'intimazione).
Le intimazioni di licenza o di sfratto indicate negli articoli precedenti debbono essere notificate a norma degli articoli 137 e seguenti, esclusa la notificazione al domicilio eletto.
Il locatore deve dichiarare nell'atto la propria residenza o eleggere domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito, altrimenti l'opposizione prevista nell'articolo 668 e qualsiasi altro atto del giudizio possono essergli notificati presso la cancelleria.
Se l'intimazione non è stata notificata in mani proprie, l'ufficiale giudiziario deve spedire avviso all'intimato dell'effettuata notificazione a mezzo di lettera raccomandata, e allegare all'originale dell'atto la ricevuta di spedizione.
Art. 661.
(Giudice competente).
Quando si intima la licenza o lo sfratto, la citazione a comparire deve farsi, osservate le regole della competenza per valore, inderogabilmente davanti al conciliatore o al pretore del luogo in cui si trova la cosa locata.
Art. 662.
(Mancata comparizione del locatore).
Gli effetti dell'intimazione cessano, se il locatore non comparisce all'udienza fissata nell'atto di citazione.
Art. 663.
(Mancata comparizione o mancata opposizione dell'intimato).
Se l'intimato non comparisce o comparendo non si oppone, il giudice convalida la licenza o lo sfratto e dispone con ordinanza in calce alla citazione l'apposizione su di essa della formula esecutiva; ma il giudice deve ordinare che sia rinnovata la citazione, se risulta o appare probabile che l'intimato non abbia avuto conoscenza della citazione stessa o non sia potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore.
Se lo sfratto è stato intimato per mancato pagamento del canone, la convalida è subordinata all'attestazione in giudizio del locatore o del suo procuratore che la morosità persiste. In tale caso il giudice può ordinare al locatore di prestare una cauzione.
Art. 664.
(Pagamento dei canoni).
Nel caso previsto nell'articolo 658, il giudice adito pronuncia separato decreto d'ingiunzione per l'ammontare dei canoni scaduti e da scadere fino all'esecuzione dello sfratto, e per le spese relative all'intimazione.
Il decreto è steso in calce ad una copia dell'atto di intimazione presentata dall'istante, da conservarsi in cancelleria.
Il decreto è immediatamente esecutivo, ma contro di esso può essere proposta opposizione a norma del capo precedente. L'opposizione non toglie efficacia all'avvenuta risoluzione del contratto.
Art. 665.
(Opposizione, provvedimenti del giudice).
Se l'intimato comparisce e oppone eccezioni non fondate su prova scritta, il giudice, su istanza del locatore, se non sussistono gravi motivi in contrario, pronuncia ordinanza non impugnabile di rilascio, con riserva delle eccezioni del convenuto.
L'ordinanza è immediatamente esecutiva, ma può essere subordinata alla prestazione di una cauzione per i danni e le spese.
In caso d'intimazione di sfratto per morosità, se è possibile a norma del codice civile concedere una dilazione, il giudice, prima di pronunciare il provvedimento di cui ai commi precedenti, con ordinanza non impugnabile può concedere al convenuto un termine non superiore a venti giorni per il pagamento.
Art. 666.
(Contestazione sull'ammontare dei canoni).
Se è intimato lo sfratto per mancato pagamento del canone, e il convenuto nega la propria morosità contestando l'ammontare della somma pretesa, il giudice può disporre con ordinanza il pagamento della somma non controversa e concedere all'uopo al convenuto un termine non superiore a venti giorni.
Se il conduttore non ottempera all'ordine di pagamento, il giudice convalida l'intimazione di sfratto e, nel caso previsto nell'articolo 658, pronuncia decreto ingiuntivo per il pagamento dei canoni.
Art. 667.
(Decisione del merito).
Per la pronuncia dei provvedimenti previsti nei due articoli precedenti è sempre competente il conciliatore o il pretore adito, davanti al quale il giudizio prosegue per la decisione del merito, se la causa è di sua competenza.
Se, anche in dipendenza delle eccezioni opposte dal convenuto, la causa eccede la competenza del conciliatore o del pretore adito, questi rimette le parti al giudice competente e fissa un termine perentorio per la riassunzione della causa.
Nel caso previsto nell'articolo 659, se la controversia riguarda uno dei rapporti indicati nei numeri 1, 2 e 3 dell'articolo 429, il termine per la riassunzione non può essere inferiore a venti giorni, e la parte interessata deve provvedere alla denuncia all'associazione sindacale a norma dell'articolo 430 entro cinque giorni dall'ordinanza di rimessione.
Art. 668.
(Opposizione dopo la convalida).
Se l'intimazione di licenza o di sfratto è stata convalidata in assenza dell'intimato, questi può farvi opposizione provando di non averne avuto tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore.
Se sono decorsi dieci giorni dall'esecuzione, l'opposizione non è più ammessa, e la cauzione, prestata a norma dell'articolo 663 secondo comma, è liberata.
L'opposizione si propone davanti al conciliatore o al pretore nelle forme prescritte per l'opposizione al decreto d'ingiunzione, in quanto applicabili, e deve essere preceduta dal deposito di cui all'articolo 651.
L'opposizione non sospende il processo esecutivo, ma il giudice con ordinanza non impugnabile, può disporne la sospensione per gravi motivi, imponendo, quando lo ritiene opportuno, una cauzione all'opponente.
Art. 669.
(Giudizio separato per il pagamento di canoni).
Se nel caso previsto nell'articolo 658 il locatore non chiede il pagamento dei canoni, la pronuncia sullo sfratto risolve la locazione, ma lascia impregiudicata ogni questione sui canoni stessi.
Capo III.
Dei procedimenti cautelari.
Sezione I. -
Del sequestro.
Art. 670.
(Sequestro giudiziario).
Il giudice può autorizzare il sequestro giudiziario: 1) di beni mobili o immobili, aziende o altre universalità di beni, quando ne è controversa la proprietà o il possesso, ed è opportuno provvedere alla loro custodia o alla loro gestione temporanea; 2) di libri, registri, documenti, modelli, campioni e di ogni altra cosa da cui si pretende desumere elementi di prova, quando è controverso il diritto alla esibizione o alla comunicazione, ed è opportuno provvedere alla loro custodia temporanea.
Art. 671.
(Sequestro conservativo).
Il giudice, su istanza del creditore che ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, può autorizzare il sequestro conservativo dei beni mobili o immobili del debitore o delle somme e cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne permette il pignoramento.
Art. 672.
(Sequestro anteriore alla causa).
L'istanza di sequestro si propone con ricorso al pretore o al presidente del tribunale competente a conoscere del merito, oppure al pretore o al presidente del tribunale competente per valore del luogo in cui il sequestro deve essere eseguito.
Se competente per la causa di merito è il conciliatore, l'istanza si propone al pretore.
Il giudice provvede con decreto motivato, assunte, quanto occorre, sommarie informazioni.
Art. 673.
(Sequestro in corso di causa).
Quando vi è causa pendente per il merito, l'istanza di sequestro deve essere proposta al giudice della stessa.
Se la causa pende davanti al tribunale o alla corte d'appello, l'istanza è proposta all'istruttore oppure, se questi non è ancora designato o il giudizio è sospeso o interrotto, al presidente del tribunale o della corte.
Il giudice provvede con ordinanza sentite le parti, ma in caso di eccezionale urgenza può provvedere con decreto motivato.
Se la causa pende davanti al conciliatore, l'istanza si propone al pretore, il quale provvede con decreto motivato.
Art. 674.
(Cauzione).
Il giudice tanto col provvedimento che autorizza il sequestro, quanto nel corso della causa di convalida, può imporre all'istante una cauzione per l'eventuale risarcimento dei danni e per le spese.
Art. 675.
(Termine d'efficacia del provvedimento).
Il provvedimento che autorizza il sequestro perde efficacia, se non è eseguito entro il termine di trenta giorni dalla pronuncia.
Art. 676.
(Custodia nel caso di sequestro giudiziario).
Nel disporre il sequestro giudiziario, il giudice nomina il custode, stabilisce i criteri e i limiti dell'amministrazione delle cose sequestrate e le particolari cautele idonee a render più sicura la custodia e a impedire la divulgazione dei segreti.
Il giudice può nominare custode quello dei contendenti che offre maggiori garanzie e dà cauzione.
Il custode della cosa sequestrata ha gli obblighi e i diritti previsti negli articoli 521, 522 e 560.
Art. 677.
(Esecuzione del sequestro giudiziario).
Il sequestro giudiziario si esegue a norma degli articoli 605 e seguenti, in quanto applicabili.
Il giudice, col provvedimento di autorizzazione del sequestro o successivamente, può ordinare al terzo detentore del bene sequestrato di esibirlo o di consentire l'immediata immissione in possesso del custode.
Al terzo si applica la disposizione dell'articolo 211.
Art. 678.
(Esecuzione del sequestro conservativo sui mobili).
Il sequestro conservativo sui mobili e sui crediti si esegue secondo le norme stabilite per il pignoramento presso il debitore o presso terzi.
Se il credito è munito di privilegio sugli oggetti da sequestrare, il giudice può provvedere, nei confronti del terzo detentore, a norma del secondo comma dell'articolo precedente.
Art. 679.
(Esecuzione del sequestro conservativo sugli immobili).
Il sequestro conservativo sugli immobili si esegue con la trascrizione del provvedimento presso l'ufficio delle ipoteche del luogo in cui i beni sono situati.
Per la custodia dell'immobile si applica la disposizione dell'articolo 559.
Art. 680.
(Convalida del sequestro autorizzato anteriormente alla causa).
Se il sequestro è stato autorizzato a norma dell'articolo 672, il sequestrante, nel termine di cinque giorni da quello in cui è stato compiuto il primo atto di esecuzione, deve notificare il decreto al sequestrato, indicando le cose sulle quali il sequestro è stato eseguito e dando notizia dell'adempimento delle attività previste negli articoli 677, 678 e 679.
Il sequestrante deve contemporaneamente citare il sequestrato per la convalida del sequestro e per la causa di merito, davanti al giudice competente per quest'ultima.
Dei successivi atti di esecuzione deve essere data notizia nei cinque giorni dal loro compimento.
Se a decidere sul merito non sono competenti i giudici del Regno, l'istanza di convalida si propone davanti al giudice che ha autorizzato il sequestro. Questi stabilisce un termine, decorso il quale il sequestro cesserà di avere effetto se la sentenza straniera che ha deciso il merito non è stata resa efficace nel Regno,
Art. 681.
(Convalida del sequestro autorizzato in corso di causa).
Quando il giudice autorizza il sequestro con ordinanza, fissa l'udienza per la trattazione delle questioni relative alla convalida del sequestro, le quali sono decise insieme col merito.
Quando il sequestro è stato concesso con decreto in corso di causa, il sequestrante, entro cinque giorni da quello in cui è stato compiuto il primo atto di esecuzione, deve domandare al giudice la fissazione dell'udienza per la trattazione di cui al comma precedente; il giudice fissa tale udienza con decreto nel quale stabilisce il termine perentorio per la notificazione del decreto stesso e di quello di autorizzazione.
Art. 682.
(Decisione separata sulla convalida).
Nei casi previsti negli articoli 680 e 681 secondo comma, il giudice istruttore, se la trattazione del merito richiede una lunga istruzione, può disporre che le questioni relative alla convalida siano decise con sentenza parziale, prima del merito.
Art. 683.
(Inefficacia del sequestro).
Il sequestro perde la sua efficacia se il sequestrante non osserva le disposizioni degli articoli 680 e 681, se l'istanza di convalida è rigettata con sentenza passata in giudicato, o se il giudizio sul merito si estingue per qualunque causa.
Il sequestro perde inoltre la sua efficacia se con sentenza passata in giudicato è dichiarato inesistente il diritto a cautela del quale era stato concesso.
In questi casi il giudice, su ricorso del sequestrato, dichiara con decreto l'inefficacia del sequestro e, quando occorre, ordina la cancellazione della trascrizione.
Art. 684.
(Revoca del sequestro).
Il debitore può ottenere dal giudice istruttore, con ordinanza non impugnabile, la revoca del sequestro conservativo, prestando idonea cauzione per l'ammontare del credito che ha dato causa al sequestro e per le spese, in ragione del valore delle cose sequestrate.
Art. 685.
(Vendita delle cose deteriorabili).
In caso di pericolo di deteriorazione delle cose che formano oggetto del sequestro, il giudice, con lo stesso provvedimento di concessione o con altro successivo, può ordinarne la vendita nei modi stabiliti per le cose pignorate.
Il prezzo ricavato dalla vendita rimane sequestrato in luogo delle cose vendute.
Art. 686.
(Conversione del sequestro conservativo in pignoramento).
Il sequestro conservativo si converte in pignoramento al momento in cui il creditore sequestrante ottiene sentenza di condanna esecutiva.
Se i beni sequestrati sono stati oggetto di esecuzione da parte di altri creditori, il sequestrante partecipa con essi alla distribuzione della somma ricavata.
Art. 687.
(Casi speciali di sequestro).
Il giudice può ordinare il sequestro delle somme o delle cose che il debitore ha offerto o messo comunque a disposizione del creditore per la sua liberazione, quando è controverso l'obbligo o il modo del pagamento o della consegna, o l'idoneità della cosa offerta.
Sezione II. -
Dei procedimenti di denuncia di nuova opera e di danno temuto.
Art. 688.
(Forma dell'istanza).
La denuncia di nuova opera o di danno temuto si propone con ricorso al pretore competente a norma dell'articolo 21.
Quando vi è causa pendente per il merito, la denuncia si propone a norma dell'articolo 673.
Art. 689.
(Provvedimenti immediati).
Il giudice può dare immediatamente con decreto i provvedimenti necessari, assunte quando occorre sommarie informazioni; ma può disporre che siano citate le parti interessate, anche a ora fissa.
Deve sempre ordinare la citazione delle parti interessate quando crede necessario procedere a ispezioni di luoghi o ad audizione di testimoni.
Può sentire i testimoni che gli sono presentati dalle parti e può richiederli personalmente quando li trova sul luogo.
Può farsi assistere da un consulente tecnico o demandargli singole indagini.
Quando ordina la citazione delle parti, pronuncia con ordinanza i provvedimenti necessari e, se è competente, procede alla trattazione della causa; altrimenti rimette le parti al giudice competente, fissando un termine perentorio per la riassunzione.
Art. 690.
(Pronuncia sui provvedimenti immediati).
Se non ha disposto la citazione delle parti interessate, il giudice, col decreto di cui al primo comma dell'articolo precedente, fissa l'udienza di comparizione delle parti davanti a sè e stabilisce il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto.
All'udienza, il giudice con ordinanza conferma, modifica o revoca i provvedimenti immediati e provvede in ordine alla trattazione della causa a norma dell'ultimo comma dell'articolo precedente.
Art. 691.
(Contravvenzione al divieto del giudice).
Se la parte alla quale è fatto divieto di compiere l'atto dannoso o di mutare lo stato di fatto contravviene all'ordine, il giudice, su ricorso della parte interessata, può disporre con ordinanza che le cose siano rimesse al pristino stato a spese del contravventore.
Sezione III. -
Dei provvedimenti di istruzione preventiva.
Art. 692.
(Assunzione di testimoni).
Chi ha fondato motivo di temere che siano per mancare uno o più testimoni, le cui deposizioni possono essere necessarie in una causa da proporre, può chiedere che ne sia ordinata l'audizione a futura memoria.
Art. 693.
(Istanza).
L'istanza si propone con ricorso al giudice che sarebbe competente per la causa di merito.
In caso d'eccezionale urgenza, l'istanza può anche proporsi al pretore del luogo in cui la prova deve essere assunta.
Il ricorso deve contenere l'indicazione dei motivi dell'urgenza e dei fatti sui quali debbono essere interrogati i testimoni, e l'esposizione sommaria delle domande o eccezioni alle quali la prova è preordinata.
Art. 694.
(Ordine di comparizione).
Il presidente del tribunale, il pretore o il conciliatore fissa, con decreto, l'udienza di comparizione e stabilisce il termine perentorio per la notificazione del decreto.
Art. 695.
(Ammissione del mezzo di prova).
Il presidente del tribunale, il pretore o il conciliatore, assunte, quando occorre, sommarie informazioni, provvede con ordinanza non impugnabile e, se ammette l'esame testimoniale, fissa l'udienza per l'assunzione e designa il giudice che deve procedervi.
Art. 696.
(Accertamento tecnico e ispezione giudiziale).
Chi ha urgenza di far verificare, prima del giudizio, lo stato di luoghi o la qualità o la condizione di cose, può chiedere, a norma degli articoli 692 e seguenti, che sia disposto un accertamento tecnico o un'ispezione giudiziale.
Il presidente del tribunale, il pretore o il conciliatore provvede nelle forme stabilite negli articoli 694 e 695, in quanto applicabili, nomina il consulente tecnico e fissa la data dell'inizio delle operazioni.
Art. 697.
(Provvedimenti in caso di eccezionale urgenza).
In caso d'eccezionale urgenza, il presidente del tribunale, il pretore o il conciliatore può pronunciare i provvedimenti indicati negli articoli 694 e 695 con decreto, dispensando il ricorrente dalla notificazione alle altre parti; in tal caso può nominare un procuratore, che intervenga per le parti non presenti all'assunzione della prova.
Non oltre il giorno successivo, a cura del cancelliere, deve essere fatta notificazione immediata del decreto alle parti non presenti all'assunzione.
Art. 698.
(Assunzione ed efficacia delle prove preventive).
Nell'assunzione preventiva dei mezzi di prova si applicano, in quanto possibile, gli articoli 191 e seguenti.
L'assunzione preventiva dei mezzi di prova non pregiudica le questioni relative alla loro ammissibilità e rilevanza, nè impedisce la loro rinnovazione nel giudizio di merito.
I processi verbali delle prove non possono essere prodotti, nè richiamati, nè riprodotti in copia nel giudizio di merito, prima che i mezzi di prova siano stati dichiarati ammissibili nel giudizio stesso.
Art. 699.
(Istruzione preventiva in corso di causa).
L'istanza di istruzione preventiva può anche essere proposta in corso di causa e durante l'interruzione o la sospensione del giudizio.
Il giudice provvede con ordinanza.
Sezione IV. -
Dei provvedimenti d'urgenza.
Art. 700.
(Condizioni per la concessione).
Fuori dei casi regolati nelle precedenti sezioni di questo capo, chi ha fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile, può chiedere con ricorso al giudice i provvedimenti d'urgenza che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito.
Art. 701.
(Competenza).
E' competente a pronunciare sulla domanda il pretore del luogo in cui l'istante teme che stia per verificarsi il fatto dannoso, oppure il giudice istruttore quando vi è causa pendente per il merito.
Art. 702.
(Procedimento).
Nel caso che il provvedimento sia chiesto al pretore, si procede a norma degli articoli 689 e seguenti, in quanto applicabili.
Nel pronunciare il provvedimento il pretore deve in ogni caso fissare un termine perentorio entro il quale l'istante è tenuto a iniziare il giudizio di merito di cui all'articolo 700.
Capo IV.
Dei procedimenti possessori.
Art. 703.
(Domande di reintegrazione e di manutenzione nel possesso).
Le domande di reintegrazione e di manutenzione nel possesso si propongono con ricorso al pretore competente a norma dell'articolo 21.
Il pretore provvede per la reintegrazione del possesso a norma degli articoli 689 e seguenti.
Egualmente provvede sulla domanda di manutenzione, quando vi è pericolo di danno grave e immediato; altrimenti fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti davanti a sè e stabilisce il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto.
Art. 704.
(Domande di provvedimento possessorio nel corso di giudizio petitorio).
Ogni domanda relativa al possesso, per fatti che avvengono durante la pendenza del giudizio petitorio, deve essere proposta davanti al giudice di quest'ultimo.
Può essere tuttavia domandata al pretore la reintegrazione del possesso; in tale caso il pretore dà i provvedimenti temporanei indispensabili e rimette le parti davanti al giudice del petitorio.
Art. 705.
(Divieto di proporre giudizio petitorio).
Il convenuto nel giudizio possessorio non può proporre giudizio petitorio, finchè il primo giudizio non sia definito e la decisione non sia stata eseguita.
Il convenuto può tuttavia proporre il giudizio petitorio quando dimostra che l'esecuzione del provvedimento possessorio non può compiersi per fatto dell'attore.
Titolo II.
Dei procedimenti in materia di famiglia e di stato delle persone
Capo I.
Della separazione personale dei coniugi.
Art. 706.
(Forma della domanda).
La domanda di separazione personale si propone al tribunale del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio, con ricorso contenente l'esposizione dei fatti sui quali la domanda è fondata.
Il presidente fissa con decreto il giorno della comparizione dei coniugi davanti a sè e il termine per la notificazione del ricorso e del decreto.
Art. 707.
(Comparizione personale delle parti).
I coniugi debbono comparire personalmente davanti al presidente senza assistenza di difensore.
Se il ricorrente non si presenta, la domanda non ha effetto.
Se non si presenta il coniuge convenuto, il presidente può fissare un nuovo giorno per la comparizione, ordinando che la notificazione del ricorso e del decreto gli sia rinnovata.
Art. 708.
(Tentativo di conciliazione, provvedimenti del presidente).
Il presidente deve sentire i coniugi prima separatamente e poi congiuntamente, procurando di conciliarli.
Se i coniugi si conciliano, il presidente fa redigere processo verbale della conciliazione.
Se il coniuge convenuto non comparisce o la conciliazione non riesce, il presidente, anche d'ufficio, dà con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell'interesse dei coniugi e della prole, nomina il giudice istruttore e fissa l'udienza di comparizione delle parti davanti a questo.
Se si verificano mutamenti nelle circostanze, l'ordinanza del presidente può essere revocata o modificata dal giudice istruttore a norma dell'articolo 177.
Art. 709.
(Notificazione della fissazione dell'udienza).
L'ordinanza con la quale il presidente fissa l'udienza di comparizione davanti al giudice istruttore è notificata a cura dell'attore al convenuto non comparso, nel termine perentorio stabilito nell'ordinanza stessa, ed è comunicata al pubblico ministero.
Art. 710.
(Modificabilità dei provvedimenti del tribunale).
Le parti possono sempre chiedere, con le forme del processo ordinario, la modificazione dei provvedimenti riguardanti i coniugi e la prole contenuti nella sentenza, compresi quelli di cui all'articolo 153 del libro primo del codice civile.
Non possono essere modificati i provvedimenti pronunciati a norma degli articoli 154 e 200 del libro primo del codice civile.
Art. 711.
(Separazione consensuale).
Nel caso di separazione consensuale previsto nell'articolo 156 del libro primo del codice civile, il presidente, su ricorso di entrambi i coniugi, deve sentirli nel giorno da lui stabilito e procurare di conciliarli nel modo indicato nell'articolo 708.
Se il ricorso è presentato da uno solo dei coniugi, si applica l'articolo 706 ultimo comma.
Se la conciliazione non riesce, si dà atto nel processo verbale del consenso dei coniugi alla separazione e delle condizioni riguardanti i coniugi stessi e la prole.
La separazione consensuale acquista efficacia con la omologazione del tribunale, il quale provvede in camera di consiglio su relazione del presidente.
Le condizioni della separazione consensuale sono modificabili a norma dell'articolo precedente.
Capo II.
Dell'interdizione e dell'inabilitazione.
Art. 712.
(Forma della domanda).
La domanda per interdizione o inabilitazione si propone con ricorso diretto al tribunale del luogo dove la persona nei confronti della quale è proposta ha residenza o domicilio.
Nel ricorso debbono essere esposti i fatti sui quali la domanda è fondata e debbono essere indicati il nome e cognome e la residenza del coniuge, dei parenti entro il quarto grado, degli affini entro il secondo grado e, se vi sono, del tutore o curatore dell'interdicendo o dell'inabilitando.
Art. 713.
(Provvedimenti del presidente).
Il presidente ordina la comunicazione del ricorso al pubblico ministero. Quando questi gliene fa richiesta, può con decreto rigettare senz'altro la domanda; altrimenti nomina il giudice istruttore e fissa l'udienza di comparizione davanti a lui del ricorrente, dell'interdicendo o dell'inabilitando e delle altre persone indicate nel ricorso, le cui informazioni ritenga utili.
Il ricorso e il decreto sono notificati a cura del ricorrente, entro il termine fissato nel decreto stesso, alle persone indicate nel comma precedente; il decreto è comunicato al pubblico ministero.
Art. 714.
(Istruzione preliminare).
All'udienza, il giudice istruttore, con l'intervento del pubblico ministero, procede all'esame dell'interdicendo o dell'inabilitando, sente il parere delle altre persone citate, interrogandole sulle circostanze che ritiene rilevanti ai fini della decisione o può disporre anche d'ufficio l'assunzione di ulteriori informazioni, esercitando tutti i poteri istruttori previsti nell'articolo 414 del libro primo del codice civile.
Art. 715.
(Impedimento a comparire dell'interdicendo o dell'inabilitando).
Se per legittimo impedimento l'interdicendo o l'inabilitando non può presentarsi davanti al giudice istruttore, questi, con l'intervento del pubblico ministero, si reca per sentirlo nel luogo dove si trova.
Art. 716.
(Capacità processuale dell'interdicendo e dell'inabilitando).
L'interdicendo e l'inabilitando possono stare in giudizio e compiere da soli tutti gli atti del procedimento, comprese le impugnazioni, anche quando è stato nominato il tutore o il curatore provvisorio previsto negli articoli 414 e 415 del libro primo del codice civile.
Art. 717.
(Nomina del tutore e del curatore provvisorio).
Il tutore o il curatore provvisorio di cui all'articolo precedente è nominato, anche d'ufficio, con decreto del giudice istruttore.
Finchè non sia pronunciata la sentenza sulla domanda d'interdizione o d'inabilitazione, lo stesso giudice istruttore può revocare la nomina, anche d'ufficio.
Art. 718.
(Legittimazione all'impugnazione).
La sentenza che provvede sulla domanda d'interdizione o d'inabilitazione può essere impugnata da tutti coloro che avrebbero avuto diritto di proporre la domanda, anche se non parteciparono al giudizio, e dal tutore o curatore nominato con la stessa sentenza.
Art. 719.
(Termine per l'impugnazione).
Il termine per l'impugnazione decorre per tutte le persone indicate nell'articolo precedente dalla notificazione della sentenza, fatta nelle forme ordinarie a tutti coloro che parteciparono al giudizio.
Se è stato nominato un tutore o curatore provvisorio, l'atto di impugnazione deve essere notificato anche a lui.
Art. 720.
(Revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione).
Per la revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione si osservano le norme stabilite per la pronuncia di esse.
Coloro che avevano diritto di promuovere l'interdizione e l'inabilitazione possono intervenire nel giudizio di revoca per opporsi alla domanda, e possono altresì impugnare la sentenza pronunciata nel giudizio di revoca, anche se non parteciparono al giudizio.
Capo III.
Disposizioni relative all'assenza e alla dichiarazione di morte presunta.
Art. 721.
(Provvedimenti conservativi nell'interesse dello scomparso).
I provvedimenti indicati nell'articolo 45 del libro primo del codice civile sono pronunciati dal tribunale in camera di consiglio, su ricorso degli interessati, sentito il pubblico ministero.
Art. 722.
(Domanda per dichiarazione d'assenza).
La domanda per dichiarazione di assenza si propone con ricorso, nel quale debbono essere indicati il nome e il cognome e la residenza dei presunti successori legittimi dello scomparso e, se esistono, del suo procuratore o rappresentante legale.
Art. 723.
(Fissazione dell'udienza di comparizione).
Il presidente del tribunale fissa con decreto l'udienza per al comparizione davanti a sè o ad un giudice da lui designato del ricorrente e di tutte le persone indicate nel ricorso a norma dell'articolo precedente, e stabilisce il termine entro il quale la notificazione deve essere fatta a cura del ricorrente. Può anche ordinare che il decreto sia pubblicato in uno o più giornali.
Il decreto è comunicato al pubblico ministero.
Art. 724.
(Procedimento).
Il giudice interroga le persone comparse sulle circostanze che ritiene rilevanti, assume, quando occorre, ulteriori informazioni e quindi riferisce in camera di consiglio per i provvedimenti del tribunale, che questo pronuncia con sentenza.
Art. 725.
(Immissione in possesso temporaneo).
Il tribunale provvede in camera di consiglio sulle domande per apertura di atti di ultima volontà e per immissione nel possesso temporaneo dei beni dell'assente, quando sono proposte da coloro che sarebbero eredi legittimi.
Se la domanda è proposta da altri interessati, il giudizio si svolge nelle forme ordinarie in contradittorio di coloro che sarebbero eredi legittimi.
Con lo stesso provvedimento col quale viene ordinata l'immissione nel possesso temporaneo, sono determinate la cauzione o le altre cautele previste nell'articolo 47 ultimo comma del libro primo del codice civile, e sono date le disposizioni opportune per la conservazione delle rendite riservate all'assente a norma dell'articolo 50 dello stesso libro.
Art. 726.
(Domande per dichiarazione di morte presunta).
La domanda per dichiarazione di morte presunta si propone con ricorso, nel quale debbono essere indicati il nome, cognome e domicilio dei presunti successori legittimi dello scomparso e, se esistono, del suo procuratore o rappresentante legale e di tutte le altre persone, che a notizia del ricorrente, perderebbero diritti o sarebbero gravate da obbligazioni, per effetto della morte dello scomparso.
Art. 727.
(Pubblicazione della domanda).
Il presidente del tribunale nomina un giudice a norma dell'articolo 723 e ordina che a cura del ricorrente la domanda, entro il termine che egli stesso fissa, sia inserita per estratto, due volte consecutive a distanza di dieci giorni, nella Gazzetta Ufficiale del Regno e in due giornali, con invito a chiunque abbia notizie dello scomparso di fare pervenire al tribunale entro sei mesi dall'ultima pubblicazione.
Se tutte le inserzioni non vengono eseguite entro il termine fissato, la domanda s'intende abbandonata.
Il presidente del tribunale può anche disporre altri mezzi di pubblicità.
Art. 728.
(Comparizione).
Decorsi sei mesi dalla data dell'ultima pubblicazione, il giudice, su istanza del ricorrente, fissa con decreto l'udienza di comparizione davanti a sè del ricorrente e delle persone indicate nel ricorso a norma dell'articolo 726 e il termine per la notificazione del ricorso e del decreto a cura del ricorrente.
Il decreto è comunicato al pubblico ministero.
Il giudice interroga le persone comparse sulle circostanze che ritiene rilevanti; può disporre che siano assunte ulteriori informazioni, e quindi riferisce in camera di consiglio per i provvedimenti del tribunale, che questo pronuncia con sentenza.
Art. 729.
(Pubblicazione della sentenza).
La sentenza che dichiara l'assenza o la morte presunta, deve essere inserita per estratto nella Gazzetta Ufficiale del Regno e in due giornali indicati nella sentenza stessa. Il tribunale può anche disporre altri mezzi di pubblicità.
Le inserzioni possono essere eseguite a cura di qualsiasi interessato e valgono come notificazione. Copia della sentenza e dei giornali nei quali è stato pubblicato l'estratto deve essere depositata nella cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza, per l'annotazione sull'originale.
Art. 730.
(Esecuzione).
La sentenza che dichiara l'assenza o la morte presunta non può essere eseguita prima che sia passata in giudicato e che sia compiuta l'annotazione di cui all'articolo precedente.
Art. 731.
(Comunicazione all'ufficio di stato civile).
Il cancelliere da notizia, a norma dell'articolo 133 secondo comma, all'ufficio dello stato civile competente della sentenza di dichiarazione di morte presunta.
Capo IV.
Disposizioni relative ai minori, agli interdetti e agli inabilitati.
Art. 732.
(Provvedimenti su parere del giudice tutelare).
I provvedimenti relativi ai minori, agli interdetti e agli inabilitati sono pronunciati dal tribunale in camera di consiglio, salvo che la legge disponga altrimenti.
Quando il tribunale deve pronunciare un provvedimento nell'interesse di minori, interdetti o inabilitati sentito il parere del giudice tutelare, il parere stesso deve essere prodotto dal ricorrente insieme col ricorso.
Qualora non sia prodotto, il presidente provvede a richiederlo d'ufficio.
Art. 733.
(Vendita di beni).
Se, nell'autorizzare la vendita di beni di minori, interdetti o inabilitati, il tribunale stabilisce che essa deve farsi ai pubblici incanti, designa per procedervi un ufficiale giudiziario della pretura del luogo in cui si trovano i beni mobili, oppure un cancelliere della stessa pretura o un notaio del luogo in cui si trovano i beni immobili.
L'ufficiale designato per la vendita procede nell'incanto con l'osservanza delle norme degli articoli 534 e seguenti, in quanto applicabili, e premesse le forme di pubblicità ordinate dal tribunale.
Art. 734.
(Esito negativo dell'incanto).
Se al primo incanto non è fatta offerta superiore o uguale al prezzo fissato dal tribunale a norma dell'articolo 374 nel libro primo del codice civile, l'ufficiale designato ne dà atto nel processo verbale e trasmette copia di questo al tribunale che ha autorizzato la vendita.
Il tribunale, se non crede di revocare l'autorizzazione o disporre una nuova vendita su prezzo base inferiore, autorizza la vendita a trattative private.
Capo V.
Dei rapporti patrimoniali tra i coniugi.
Art. 735.
(Sostituzione dell'amministratore del patrimonio familiare).
La sostituzione dell'amministratore del patrimonio familiare può essere chiesta, nel caso previsto nell'articolo 172 del libro primo del codice civile, dall'altro coniuge o da uno dei prossimi congiunti, o dal pubblico ministero, e, nel caso previsto nell'articolo 174 secondo comma, da uno dei figli maggiorenni o emancipati, da un prossimo congiunto o dal pubblico ministero.
Art. 736.
(Procedimento).
La domanda per i provvedimenti previsti nell'articolo precedente si propone con ricorso.
Il presidente del tribunale fissa con decreto un giorno per la comparizione degli interessi davanti a sè o a un giudice da lui designato e stabilisce il termine per la notificazione del ricorso e del decreto.
Dopo l'audizione delle parti, il presidente o il giudice designato assume le informazioni che crede opportune e quindi riferisce sulla domanda al tribunale, che decide in camera di consiglio con ordinanza non impugnabile.
Capo VI.
Disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio.
Art. 737.
(Forma della domanda e del provvedimento).
I provvedimenti, che debbono essere pronunciati in camera di consiglio, si chiedono con ricorso al giudice competente e hanno forma di decreto motivato, salvo che la legge disponga altrimenti.
Art. 738.
(Procedimento).
Il presidente nomina tra i componenti del collegio un relatore, che riferisce in camera di consiglio.
Se deve essere sentito il pubblico ministero, gli atti sono a lui previamente comunicati ed egli stende le sue conclusioni in calce al provvedimento del presidente.
Il giudice può assumere informazioni.
Art. 739.
(Reclami delle parti).
Contro i decreti del giudice tutelare si può proporre reclamo con ricorso al tribunale, che pronuncia in camera di consiglio. Contro i decreti pronunciati dal tribunale in camera di consiglio in primo grado si può proporre reclamo con ricorso alla corte d'appello, che pronuncia anch'essa in camera di consiglio.
Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni dalla pronuncia del decreto, se è dato in confronto di una sola parte, o dalla notificazione se è dato in confronto di più parti.
Salvo che la legge disponga altrimenti, non è ammesso reclamo contro i decreti della corte d'appello e contro quelli del tribunale pronunciati in sede di reclamo.
Art. 740.
(Reclami del pubblico ministero).
Il pubblico ministero, entro dieci giorni dalla comunicazione, può proporre reclamo contro i decreti del giudice tutelare e contro quelli del tribunale per i quali è necessario il suo parere.
Art. 741.
(Efficacia dei provvedimenti).
I decreti acquistano efficacia quando sono decorsi i termini di cui agli articoli precedenti senza che sia stato proposto reclamo.
Se vi sono ragioni d'urgenza, il giudice può tuttavia disporre che il decreto abbia efficacia immediata.
Art. 742.
(Revocabilità dei provvedimenti).
I decreti possono essere in ogni tempo modificati o revocati, ma restano salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in forza di convenzioni anteriori alla modificazione o alla revoca.
Titolo III.
Della copia e della collazione di atti pubblici
Art. 743.
(Copie degli atti).
Qualunque depositario pubblico, autorizzato a spedire copia degli atti che detiene, deve rilasciarne copia autentica, ancorchè l'istante o i suoi autori non siano stati parte nell'atto, sotto pena dei danni e delle spese, salve le disposizioni speciali della legge sulle tasse di registro e bollo.
La copia d'un testamento pubblico non può essere spedita durante la vita del testatore, tranne che a sua istanza, della quale si fa menzione nella copia.
Art. 744.
(Copie o estratti da pubblici registri).
I cancellieri e i depositari di pubblici registri sono tenuti, eccettuati i casi determinati dalla legge, a spedire a chiunque ne faccia istanza le copie e gli estratti degli atti giudiziali da essi detenuti, sotto pena dei danni e delle spese.
Art. 745.
(Rifiuto o ritardo nel rilascio).
Nel caso di rifiuto o di ritardo da parte dei cancellieri o dei depositari di cui all'articolo precedente, l'istante può ricorrere al conciliatore, al pretore, o al presidente del tribunale o della corte presso cui il cancelliere o depositario esercita le sue funzioni.
Nel caso di rifiuto o di ritardo da parte dei pubblici depositari di cui all'articolo 743, l'istante può ricorrere al presidente del tribunale nella cui circoscrizione il depositario esercita le sue funzioni.
Il presidente, il pretore o il conciliatore provvede con decreto, sentito il pubblico ufficiale.
Art. 746.
(Collazione di copie).
Chi ha ottenuto la copia di un atto pubblico a norma dell'articolo 743 ha diritto di collazionarla con l'originale in presenza del depositario. Se questi si rifiuta, può ricorrere al pretore del mandamento nel quale il depositario esercita le sue funzioni. Il pretore, sentito il depositario, dà con decreto le disposizioni opportune per la collazione e può eseguirla egli stesso recandosi nell'ufficio del depositario.
Titolo IV.
Dei procedimenti relativi all'apertura delle successioni
Capo I.
Disposizioni generali.
Art. 747.
(Autorizzazione alla vendita dei beni ereditari).
L'autorizzazione a vendere beni ereditari si chiede con ricorso diretto per i mobili al pretore e per gli immobili al tribunale del luogo in cui si è aperta la successione.
Nel caso in cui i beni appartengano a incapaci deve essere sentito il giudice tutelare.
Il giudice provvede sul ricorso con decreto, contro il quale è ammesso reclamo a norma dell'articolo 739.
Se l'istanza di autorizzazione a vendere riguarda l'oggetto d'un legato di specie, il ricorso deve essere notificato al legatario.
Art. 748.
(Forma della vendita).
La vendita dei beni ereditari deve compiersi nelle forme previste per la vendita dei beni dei minori.
Il giudice, quando occorre, fissa le modalità per la conservazione e il reimpiego del prezzo ricavato.
Art. 749.
(Procedimento per la fissazione dei termini).
L'istanza per fissazione di un termine entro il quale una persona deve emettere una dichiarazione o compiere un determinato atto, se non è proposta nel corso di un giudizio, si propone con ricorso al pretore del luogo in cui si è aperta la successione.
Il pretore fissa con decreto l'udienza di comparizione del ricorrente e della persona alla quale il termine deve essere imposto e stabilisce il termine entro il quale il ricorso e il decreto debbono essere notificati, a cura del ricorrente, alla persona stessa.
Il pretore provvede con ordinanza, contro la quale è ammesso reclamo a norma dell'articolo 739. Il tribunale provvede con ordinanza non impugnabile in camera di consiglio, previa audizione degli interessati a norma del comma precedente.
Le stesse forme si osservano per chiedere la proroga di un termine stabilito dalla legge. La proroga del termine stabilito dal giudice si chiede al giudice stesso.
Art. 750.
(Provvedimenti del presidente del tribunale relativi alle cauzioni e agli esecutori testamentari).
L'istanza per l'imposizione di una cauzione a carico dell'erede o del legatario, nei casi previsti dalla legge, è proposta, quando non vi è giudizio pendente, con ricorso al presidente del tribunale del luogo in cui si è aperta la successione.
Il presidente fissa con decreto l'udienza di comparizione del ricorrente e dell'erede o legatario davanti a sè e stabilisce il termine entro il quale il ricorso e il decreto debbono essere loro notificati.
Il presidente stabilisce le modalità e l'ammontare della cauzione con ordinanza, contro la quale è ammesso reclamo al presidente della corte d'appello a norma dell'articolo 739. Il presidente della corte d'appello provvede con ordinanza non impugnabile, previa audizione degli interessi a norma del comma precedente.
Le stesse forme si osservano nei casi previsti negli articoli 254 e 256 del libro del codice civile sulle successioni e donazioni, relativamente agli esecutori testamentari.
Art. 751.
(Scelta dell'onorato).
L'istanza per la scelta prevista nell'articolo 177 ultimo comma del libro del codice civile sulle successioni e donazioni è proposta con ricorso, che deve essere notificato a colui al quale spettava il diritto di scelta e all'onorato
La scelta è fatta dal presidente del tribunale con decreto.
Capo II.
Dell'apposizione e della rimozione dei sigilli.
Sezione I. -
Dell'apposizione dei sigilli.
Art. 752.
(Giudice competente).
All'apposizione dei sigilli procede il pretore.
Nei comuni in cui non ha sede il pretore, i sigilli possono essere apposti, in caso d'urgenza, dal conciliatore. Il processo verbale è trasmesso immediatamente al pretore.
Art. 753.
(Persone che possono chiedere l'apposizione).
Possono chiedere l'apposizione dei sigilli: 1) l'esecutore testamentario; 2) coloro che possono avere diritto alla successione; 3) le persone che coabitavano col defunto, o che al momento della morte erano addette al suo servizio, se il coniuge, gli eredi o alcuno di essi sono assenti dal luogo; 4) i creditori.
L'istanza si propone mediante ricorso, nel quale il proponente deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune in cui ha sede la pretura.
Art. 754.
(Apposizione d'ufficio).
L'apposizione dei sigilli è disposta d'ufficio o su richiesta del pubblico ministero nei casi seguenti: 1) se il coniuge o alcuno degli eredi è assente dal luogo; 2) se tra gli eredi vi sono minori o interdetti e manca il tutore e il curatore; 3) se il defunto è stato depositario pubblico, oppure ha rivestito cariche o funzioni per effetto delle quali si ritiene possano trovarsi presso di lui atti della pubblica amministrazione o comunque di carattere riservato.
La disposizione di questo articolo non si applica nei casi indicati nei numeri 1 e 2, se il defunto ha disposto altrimenti con testamento.
Nel caso indicato nel numero 3 i sigilli si appongono soltanto sugli oggetti depositati, o ai locali o mobili nei quali possono trovarsi gli atti ivi enunciati.
Art. 755.
(Poteri del pretore).
Se le porte sono chiuse, o s'incontrano ostacoli all'apposizione dei sigilli, o sorgono altre difficoltà, tanto prima quanto durante l'apposizione, il pretore può ordinare l'apertura delle porte e dare gli altri provvedimenti opportuni.
Art. 756.
(Custodia delle chiavi).
Le chiavi delle serrature, sulle quali sono stati apposti i sigilli, finchè non sia ordinata la rimozione di questi, debbono essere custodite dal cancelliere.
Art. 757.
(Conservazione di testamenti e di carte).
Se nel procedere all'apposizione dei sigilli si trovano testamenti o altre carte importanti, il pretore provvede alla conservazione di essi.
Se non può provvedervi nello stesso giorno, nel processo verbale descrive la forma esterna delle carte, e le chiude in un involto da lui sigillato e sottoscritto, in presenza delle parti, fissando il giorno e l'ora in cui emetterà i provvedimenti ulteriori.
Art. 758.
(Cose su cui non si possono apporre sigilli e cose deteriorabili).
Se vi sono oggetti sui quali non è possibile apporre i sigilli, o che sono necessari all'uso personale di coloro che abitano nella casa, se ne fa descrizione nel processo verbale.
Delle cose che possono deteriorarsi, il pretore può ordinare con decreto la vendita immediata, incaricando un commissionario a norma degli articoli 532 e seguenti.
Art. 759.
(Informazioni e nomina del custode).
Durante le operazioni di apposizione dei sigilli, il pretore assume le informazioni che ritiene opportune allo scopo di accertare che nessuna cosa sia stata asportata.
Per la conservazione delle cose sigillate nomina un custode.
Art. 760.
(Apposizioni di sigilli durante e dopo l'inventario).
L'apposizione dei sigilli che viene chiesta durante l'inventario può aver luogo soltanto per gli oggetti non inventariati.
Esaurito l'inventario, non si fa luogo all'apposizione dei sigilli, salvo che l'inventario sia impugnato.
Art. 761.
(Accesso nei luoghi sigillati).
Il pretore e il cancelliere non possono entrare nei luoghi chiusi con l'apposizione dei sigilli, finchè non ne sia stata ordinata la rimozione a norma dell'articolo 762, salvo che il pretore disponga con decreto motivato l'accesso per urgenti motivi.
Sezione II. -
Della rimozione dei sigilli.
Art. 762.
(Termine).
I sigilli non possono essere rimossi e l'inventario non può essere eseguito se non dopo tre giorni dall'apposizione, salvo che il pretore per cause urgenti stabilisca altrimenti con decreto motivato.
Se alcuno degli eredi è minore non emancipato, non si può procedere alla rimozione dei sigilli finchè non gli sia stato nominato un tutore o un curatore speciale.
Art. 763.
(Provvedimento di rimozione).
La rimozione dei sigilli è ordinata con decreto dal pretore su istanza di alcuna delle persone indicate nell'articolo 753 numeri 1, 2 e 4.
Nei casi previsti nell'articolo 754 può essere ordinata anche d'ufficio e, se ricorrano le ipotesi di cui ai numeri 2 e 3 la rimozione deve essere seguita dall'inventario.
L'istanza e il decreto sono stesi di seguito al processo verbale di apposizione.
Art. 764.
(Opposizione).
Chiunque vi ha interesse può fare opposizione alla rimozione dei sigilli con dichiarazione inserita nel processo verbale di apposizione o con ricorso al pretore.
Il pretore fissa con decreto un'udienza per la comparizione delle parti e stabilisce il termine perentorio entro il quale il decreto stesso deve essere notificato a cura dell'opponente.
Il pretore provvede con ordinanza non impugnabile, e, se ordina la rimozione, può disporre che essa sia seguita dall'inventario e può dare le opportune cautele per la conservazione delle cose che sono oggetto di contestazione.
Art. 765.
(Ufficiale procedente).
La rimozione dei sigilli è eseguita dall'ufficiale che può procedere all'inventario a norma dell'articolo 769.
Se non occorre l'inventario la rimozione è eseguita dal cancelliere della pretura. Nei comuni in cui non ha sede la pretura la rimozione può essere eseguita dal cancelliere del conciliatore.
Art. 766.
(Avviso alle persone interessate).
Non si può procedere alla rimozione dei sigilli senza che ne sia stato dato avviso, nelle forme stabilite nell'articolo 772, alle persone indicate nell'articolo 771.
Art. 767.
(Alterazioni nello stato dei sigilli).
L'ufficiale che procede alla rimozione dei sigilli deve innanzitutto riconoscerne lo stato.
Se trova in essi qualche alterazione, deve sospendere ogni operazione ulteriore, facendone immediatamente rapporto al pretore, il quale si trasferisce sul luogo per le verificazioni occorrenti e per i provvedimenti necessari anche per la prosecuzione dell'inventario.
Art. 768.
(Disposizione generale).
Le disposizioni di questo capo si osservano in ogni altro caso in cui si debba procedere ad apposizione o rimozione di sigilli, salvo che la legge stabilisca altrimenti.
Capo III.
Dell'inventario.
Art. 769.
(Istanza).
L'inventario può essere chiesto al pretore dalle persone che hanno diritto di ottenere la rimozione dei sigilli ed è eseguito dal cancelliere della pretura o da un notaio designato dal defunto con testamento o nominato dal pretore.
L'istanza si propone con ricorso, nel quale il richiedente deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune in cui ha sede la pretura.
Il pretore provvede con decreto.
Art. 770.
(Inventario da eseguirsi dal notaio).
Quando all'inventario deve procedere un notaio, il cancelliere gli consegna, ritirandone ricevuta: 1) le chiavi da lui custodite a norma dell'articolo 756; 2) copia del processo verbale di apposizione dei sigilli, dell'istanza e del decreto di rimozione; 3) una nota delle opposizioni che sono state proposte con indicazione del nome, cognome degli opponenti e della loro residenza o del domicilio da essi eletto.
La copia indicata nel numero 2 e la nota indicata nel numero 3 sono unite all'inventario.
Art. 771.
(Persone che hanno diritto di assistere all'inventario).
Hanno diritto di assistere alla formazione dell'inventario: 1) il coniuge superstite; 2) gli eredi legittimi presunti; 3) l'esecutore testamentario, gli eredi istituiti e i legatari; 4) i creditori che hanno fatto opposizione alla rimozione dei sigilli.
Art. 772.
(Avviso dell'inizio dell'inventario).
L'ufficiale che procede all'inventario deve dare avviso, almeno tre giorni prima, alle persone indicate nell'articolo precedente del luogo, giorno e ora in cui darà inizio alle operazioni.
L'avviso non è necessario per le persone che non hanno residenza o non hanno eletto domicilio nella circoscrizione del tribunale, nella quale si procede all'inventario; ma in loro vece deve essere avvertito il notaio che, su istanza di chi ha chiesto l'inventario, è nominato con decreto dal pretore per rappresentarli.
Art. 773.
(Nomina di stimatore).
L'ufficiale che procede all'inventario nomina, quando occorre, uno o più stimatori per la valutazione degli oggetti mobili.
Art. 774.
(Rinvio delle operazioni).
Quando l'inventario non può essere ultimato nel giorno del suo inizio, l'ufficiale che vi procede ne rinvia la continuazione a un giorno prossimo, avvertendone verbalmente le parti presenti.
Art. 775.
(Processo verbale d'inventario).
Il processo verbale d'inventario contiene: 1) la descrizione degli immobili, mediante l'indicazione della loro natura, della loro situazione, dei loro confini, e dei numeri del catasto e delle mappe censuarie; 2) la descrizione e la stima dei mobili, con la specificazione del peso e del marchio per gli oggetti d'oro e d'argento; 3) l'indicazione della quantità e specie delle monete per il danaro contante; 4) l'indicazione delle altre attività e passività; 5) la descrizione delle carte, scritture e note relative allo stato attivo e passivo, le quali debbono essere firmate in principio e in fine dall'ufficiale procedente. Lo stesso ufficiale deve accertare sommariamente lo stato dei libri e dei registri di commercio, firmarne i fogli, e lineare gli intervalli.
Se alcuno degli interessati contesta l'opportunità d'inventariare qualche oggetto, l'ufficiale lo descrive nel processo verbale, facendo menzione delle osservazioni e istanze delle parti.
Art. 776.
(Consegna delle cose mobili inventariate).
Le cose mobili e le carte inventariate sono consegnate alla persona indicata dalle parti interessate, o, in mancanza, nominata con decreto dal pretore, su istanza di una delle parti, sentite le altre.
Art. 777.
(Applicabilità delle norme agli altri casi d'inventario).
Le disposizioni contenute in questa sezione si applicano a ogni inventario ordinato dalla legge, salve le formalità speciali stabilite dal codice civile per l'inventario dei beni dei minori.
Capo IV.
Del beneficio d'inventario.
Art. 778.
(Reclami contro lo stato di graduazione).
I reclami contro lo stato di graduazione previsti nell'articolo 46 del libro del codice civile sulle successioni e donazioni sono proposti al pretore o al tribunale competente per valore.
Il valore della causa è determinato da quello dell'attivo ereditario calcolato sulla stima di inventario dei mobili e a norma dell'articolo 15 per gli immobili.
I reclami si propongono con citazione da notificarsi all'erede e a coloro i cui diritti sono contestati, e sono decisi in unico giudizio.
Art. 779.
(Istanza di liquidazione proposta dai creditori e legatari).
L'istanza dei creditori e legatari prevista nell'articolo 54 del libro del codice civile sulle successioni e donazioni si propone con ricorso.
Il pretore fissa con decreto l'udienza di comparizione dell'erede e di coloro che hanno presentato le dichiarazioni di credito. Il decreto è comunicato alle parti dal cancelliere.
Il pretore provvede sull'istanza con ordinanza, contro la quale è ammesso reclamo a norma dell'articolo 739. Il tribunale provvede con ordinanza non impugnabile in camera di consiglio, previa audizione degli interessati a norma del comma precedente.
L'istanza di nomina non può essere accolta e la nomina avvenuta deve essere revocata in sede di reclamo, se alcuno dei creditori si oppone e dichiara di voler far valere la decadenza dell'erede dal beneficio d'inventario.
Se l'erede contesta l'esistenza delle condizioni previste nell'articolo 54 del libro del codice civile sulle successioni e donazioni, il pretore rimette le parti davanti al giudice competente, fissando un termine perentorio per la costituzione e disponendo gli opportuni mezzi conservativi, compresa eventualmente la nomina del curatore.
Art. 780.
(Domanda dell'erede contro l'eredità).
Le domande dell'erede con beneficio d'inventario contro l'eredità sono proposte contro gli altri eredi. Se non vi sono eredi o se tutti propongono la stessa domanda, il giudice nomina un curatore in rappresentanza dell'eredità.
Capo V.
Del curatore dell'eredità giacente.
Art. 781.
(Notificazione del decreto di nomina).
Il decreto di nomina del curatore dell'eredità giacente è notificato alla persona nominata a cura del cancelliere, nel termine stabilito nello stesso decreto.
Art. 782.
(Vigilanza del pretore).
L'amministrazione del curatore si svolge sotto la vigilanza del pretore. Questi, quando lo crede opportuno, può prefiggere, con decreto, termini per la presentazione dei conti della gestione, e può in ogni tempo revocare o sostituire il curatore.
Gli atti del curatore che eccedono l'ordinaria amministrazione debbono essere autorizzati dal pretore.
Art. 783.
(Vendita di beni ereditari).
La vendita dei beni mobili deve essere promossa dal curatore nei trenta giorni successivi alla formazione dell'inventario, salvo che il pretore, con decreto motivato, non disponga altrimenti.
La vendita dei beni immobili può essere autorizzata dal tribunale con decreto in camera di consiglio soltanto nei casi di necessità o utilità evidente.
Titolo V.
Dello scioglimento di comunioni
Art. 784.
(Litisconsorzio necessario).
Le domande di divisione ereditaria o di scioglimento di qualsiasi altra comunione debbono proporsi in confronto di tutti gli eredi o condomini e dei creditori opponenti se vi sono.
Art. 785.
(Pronuncia sulla domanda di divisione).
Se non sorgono contestazioni sul diritto alla divisione, essa è disposta con ordinanza dal giudice istruttore; altrimenti questi provvede a norma dell'articolo 187.
Art. 786.
(Direzione delle operazioni).
Le operazioni di divisione sono dirette dal giudice istruttore, il quale, anche nel corso di esse, può delegarne la direzione a un notaio.
Art. 787.
(Vendita di mobili).
Quando occorre procedere alla vendita di mobili, censi o rendite, il giudice istruttore o il notaio delegato procede a norma degli articoli 534 e seguenti.
Art. 788.
(Vendita di immobili).
Quando occorre procedere alla vendita di immobili, il giudice istruttore provvede con ordinanza a norma degli articoli 576 e seguenti, se non sorge controversia sulla necessità della vendita.
Se sorge controversia, la vendita non può essere disposta se non con sentenza del collegio.
L'incanto si svolge davanti al giudice istruttore che, quando occorre, può disporre altri incanti a norma dell'articolo 591.
Quando le operazioni sono affidate a un notaio, questi provvede direttamente alla vendita, a norma delle disposizioni del presente articolo.
Art. 789.
(Progetto di divisione e contestazioni su di esso).
Il giudice istruttore predispone un progetto di divisione che deposita in cancelleria e fissa con decreto l'udienza di discussione del progetto, ordinando la comparizione dei condividenti e dei creditori intervenuti.
Il decreto è comunicato alle parti.
Se non sorgono contestazioni, il giudice istruttore, con ordinanza non impugnabile, dichiara esecutivo il progetto, altrimenti provvede a norma dell'articolo 187.
In ogni caso il giudice istruttore dà con ordinanza le disposizioni necessarie per l'estrazione a sorte dei lotti.
Art. 790.
(Operazioni davanti al notaio).
Se a dirigere le operazioni di divisione è stato delegato un notaio, questi dà avviso, almeno cinque giorni prima, ai condividenti e ai creditori intervenuti del luogo, giorno e ora in cui le operazioni avranno inizio.
Le operazioni si svolgono alla presenza delle parti, assistite, se lo richiedono e a loro spese, dai propri procuratori.
Se nel corso delle operazioni sorgono contestazioni in ordine alle stesse, il notaio redige apposito processo verbale che trasmette al giudice istruttore.
Questi fissa con decreto un'udienza per la comparizione delle parti, alle quali il decreto stesso è comunicato dal cancelliere.
Sulle contestazioni il giudice provvede con ordinanza.
Art. 791.
(Progetto di divisione formato dal notaio).
Il notaio redige unico processo verbale delle operazioni effettuate.
Formato il progetto delle quote e dei lotti, se le parti non si accordano su di esso, il notaio trasmette il processo verbale al giudice istruttore, entro cinque giorni dalla sottoscrizione.
Il giudice provvede come all'ultimo comma dell'articolo precedente per la fissazione dell'udienza di comparizione delle parti e quindi emette i provvedimenti di sua competenza a norma dell'articolo 187.
L'estrazione dei lotti non può avvenire se non in base a ordinanza del giudice, emessa a norma dell'articolo 789 ultimo comma o a sentenza passata in giudicato.
Titolo VI.
Del processo di liberazione degli immobili dalle ipoteche
Art. 792.
(Deposito del prezzo).
L'acquirente che ha dichiarato al precedente proprietario e ai creditori iscritti di volere liberare l'immobile acquistato dalle ipoteche deve chiedere, con ricorso al presidente del tribunale competente per la espropriazione, la determinazione dei modi per il deposito del prezzo offerto. Il presidente provvede con decreto.
Se non sono state fatte richieste di espropriazione nei quaranta giorni successivi alla notificazione della dichiarazione al precedente proprietario e ai creditori iscritti, l'acquirente, nel termine perentorio di sessanta giorni dalla notificazione, deve depositare nei modi prescritti dal presidente del tribunale il prezzo offerto e presentare nella cancelleria il certificato del deposito, il titolo d'acquisto col certificato di trascrizione, un estratto autentico dello stato ipotecario e l'originale dell'atto notificato al precedente proprietario e ai creditori iscritti.
Art. 793.
(Convocazione dei creditori).
Su presentazione da parte del cancelliere dei documenti indicati nell'articolo precedente, il presidente designa con decreto un giudice per il procedimento e fissa l'udienza di comparizione dell'acquirente, del precedente proprietario, e dei creditori iscritti, e stabilisce il termine perentorio entro il quale il decreto deve essere notificato alle altre parti, a cura dell'acquirente.
Art. 794.
(Provvedimenti del giudice).
All'udienza il giudice, accertata la regolarità del deposito e degli atti del procedimento, dispone con ordinanza la cancellazione delle ipoteche iscritte anteriormente alla trascrizione del titolo dell'acquirente che ha chiesto la liberazione, e quindi provvede alla distribuzione del prezzo a norma degli articoli 596 e seguenti.
Art. 795.
(Espropriazione).
Se è fatta istanza di espropriazione, il giudice, verificate le condizioni stabilite dalla legge per l'ammissibilità di essa, dispone con decreto che si proceda a norma degli articoli 567 e seguenti.
La vendita non può essere fatta che all'incanto a norma degli articoli 576 e seguenti.
L'incanto si apre sul prezzo offerto dal creditore istante.
Alla distribuzione della somma ricavata partecipano, oltre ai creditori privilegiati e ipotecari, i creditori dell'acquirente.
Quest'ultimo ha diritto di essere collocato nella graduazione con privilegio per le spese sopportate per la dichiarazione di liberazione.
Titolo VII.
Dell'efficacia delle sentenze straniere e dell'esecuzione di altri atti di autorità straniere.
Art. 796.
(Giudice competente).
Chi vuol far valere nel regno una sentenza straniera deve proporre domanda mediante citazione davanti alla corte d'appello del luogo in cui la sentenza deve avere attuazione.
La dichiarazione di efficacia può essere chiesta in via diplomatica, quando ciò è consentito dalle convenzioni internazionali oppure dalla reciprocità. In questo caso, se la parte interessata non ha costituito un procuratore, il presidente della corte d'appello, su richiesta del pubblico ministero, nomina un curatore speciale per proporre la domanda.
L'intervento del pubblico ministero è sempre neccessario.
Art. 797.
(Condizioni per la dichiarazione di efficacia).
La corte d'appello dichiara con sentenza l'efficacia nel regno della sentenza straniera quando accerta: 1) che il giudice dello Stato nel quale la sentenza è stata pronunciata poteva conoscere della causa secondo i principi sulla competenza giurisdizionale vigente nell'ordinamento italiano; 2) che la citazione è stata notificata in conformità alla legge del luogo dove si è svolto il giudizio ed è stato in essa assegnato un congruo termine a comparire; 3) che le parti si sono costituite in giudizio secondo la legge del luogo o la contumacia è stata accertata e dichiarata validamente in conformità della stessa legge; 4) che la sentenza è passata in giudicato secondo la legge del luogo in cui è stata pronunciata; 5) che essa non è contraria ad altra sentenza pronunciata da un giudice italiano; 6) che non è pendente davanti ad un giudice italiano un giudizio per il medesimo oggetto e tra le stesse parti, istituito prima del passaggio in giudicato della sentenza straniera; 7) che la sentenza non contiene disposizioni contrarie all'ordine pubblico italiano.
Ai fini dell'attuazione il titolo è costituito dalla sentenza straniera e da quella della corte d'appello che ne dichiara l'efficacia.
Art. 798.
(Riesame del merito).
Su domanda del convenuto la corte d'appello procede al riesame della causa, quando la sentenza è stata pronunciata in contumacia, e quando ricorre alcuno dei casi indicati nei numeri 1, 2, 3, 4 e 6 dell'articolo 395.
In questi casi la corte, secondo i risultati della istruzione e della discussione, decide sul merito, oppure dichiara l'efficacia della sentenza straniera.
Art. 799.
(Dichiarazione di efficacia in giudizio pendente).
La sentenza straniera può essere fatta valere anche in corso di giudizio, quando il giudice di questo accerta che ricorrono le condizioni indicate nell'articolo 797. Tale accertamento produce effetti soltanto nel giudizio in cui la sentenza straniera è fatta valere. Ma, se vi procede la corte d'appello competente a norma dell'articolo 796, l'efficacia della sentenza può essere, su istanza di parte, espressamente dichiarata a tutti gli effetti.
Se la parte contro la quale è fatta valere la sentenza domanda il riesame del merito a norma dell'articolo precedente, il giudice sospende il procedimento e fissa un termine perentorio per proporre la domanda di riesame davanti alla corte d'appello competente.
Art. 800.
(Sentenze arbitrali straniere).
Le disposizioni degli articoli precedenti si applicano anche alle sentenze arbitrali straniere, pronunciate tra stranieri o tra uno straniero e un cittadino oppure tra cittadini domiciliati o residenti all'estero, purchè non riguardino le controversie che non possono formare oggetto di compromesso a norma dell'articolo 806 e, secondo la legge del luogo in cui sono state pronunciate, abbiano efficacia di una sentenza dell'autorità giudiziaria.
Art. 801.
(Provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione).
Agli atti di giudici stranieri in materia di volontaria giurisdizione, quando si vuole farli valere in Italia, è attribuita efficacia nel Regno a norma degli articoli 796 e 797 in quanto applicabili.
Art. 802.
(Assunzione di mezzi di prova disposti da giudici stranieri).
Le sentenze e i provvedimenti di giudici stranieri riguardanti esami di testimoni, accertamenti tecnici, giuramenti, interrogatori o altri mezzi di prova da assumersi nel Regno sono resi esecutivi con decreto della corte d'appello del luogo in cui si deve procedere a tali atti, sentito il pubblico ministero.
Se l'assunzione dei mezzi di prova è chiesta dalla parte interessata, l'istanza è proposta alla corte mediante ricorso, al quale deve essere unita copia autentica della sentenza o del provvedimento che ha ordinato gli atti chiesti.
Se l'assunzione è domandata dallo stesso giudice, la richiesta deve essere trasmessa in via diplomatica.
La corte delibera in camera di consiglio e, qualora autorizzi l'assunzione, rimette gli atti al giudice competente.
Art. 803.
(Esecuzione richiesta in via diplomatica).
Se la richiesta per l'assunzione di mezzi di prova di atti di istruzione è fatta in via diplomatica e la parte interessata non ha costituito un procuratore che ne promuova l'assunzione, i provvedimenti necessari per questa sono pronunciati d'ufficio dal giudice procedente, e le notificazioni sono fatte a cura del cancelliere.
Quando i mezzi richiesti lo esigono, lo stesso giudice può nominare d'ufficio un procuratore che rappresenti la parte interessata.
Art. 804.
(Atti pubblici ricevuti all'estero).
L'efficacia esecutiva nel Regno degli atti contrattuali ricevuti da pubblico ufficiale in paese estero è dichiarata con sentenza dalla corte d'appello del luogo in cui l'atto deve eseguirsi, previo accertamento che l'atto ha forza esecutiva nel paese estero nel quale è stato ricevuto e che non contiene disposizioni contrarie all'ordine pubblico italiano.
Art. 805.
(Notificazione di atti giudiziari di autorità straniere).
La notificazione di citazioni a comparire davanti ad autorità straniere o di altri atti provenienti da uno Stato estero è autorizzata dal pubblico ministero presso il tribunale, nella cui giurisdizione la notificazione si deve eseguire.
La notificazione richiesta in via diplomatica è eseguita, a cura del pubblico ministero, da un ufficiale giudiziario da lui richiesto.
Titolo VIII.
Dell'arbitrato
Capo I.
Del compromesso e della clausola compromissoria.
Art. 806.
(Compromesso).
Le parti possono far decidere da arbitri le controversie tra di loro insorte, tranne quelle previste negli articoli 429 e 459, quelle che riguardano questioni di stato e di separazione personale tra coniugi e le altre che non possono formare oggetto di transazione.
Art. 807.
(Forma del compromesso).
Il compromesso deve, a pena di nullità, essere fatto per iscritto e determinare l'oggetto della controversia.
Al compromesso si applicano le disposizioni che regolano la validità dei contratti eccedenti l'ordinaria amministrazione.
Art. 808.
(Clausola compromissoria).
Le parti, nel contratto che stipulano o in un atto successivo, possono stabilire che le controversie nascenti dal medesimo siano decise da arbitri, purchè si tratti di controversie che possono formare oggetto di compromesso. La clausola compromissoria deve risultare da atto scritto a pena di nullità.
La clausola compromissoria non può essere inserita nei contratti collettivi di lavoro, negli accordi economici o nelle norme equiparate. E' altresì nulla la clausola contenuta in qualunque specie di contratto, con la quale si sottraggono alla competenza dei giudici ordinari le controversie indicate nell'articolo 467.
Art. 809.
(Numero e modo di nomina degli arbitri).
Gli arbitri possono essere uno o più, purchè in numero dispari.
Il compromesso o la clausola compromissoria deve contenere la nomina degli arbitri oppure stabilire il numero di essi e il modo di nominarli.
Queste disposizioni debbono osservarsi a pena di nullità.
Capo II.
Degli arbitri.
Art. 810.
(Nomina degli arbitri).
Quando a norma del compromesso o della clausola compromissoria, gli arbitri debbono essere nominati dalle parti, ciascuna di esse, con atto notificato a mezzo d'ufficiale giudiziario, può rendere noto all'altra l'arbitro o gli arbitri che essa nomina, con invito a procedere alla designazione dei propri. La parte, alla quale è rivolto l'invito, deve notificare, nei venti giorni successivi, le generalità dell'arbitro o degli arbitri da essa nominati.
In mancanza, la parte che ha fatto l'invito può chiedere, mediante ricorso, che la nomina sia fatta dal presidente del tribunale del luogo in cui è stato stipulato il compromesso oppure il contratto contenente la clausola compromissoria; e il presidente, sentita quando occorre l'altra parte, provvede con ordinanza non impugnabile.
La stessa disposizione si applica se la nomina di uno o più arbitri sia dal compromesso o dalla clausola compromissoria demandata all'autorità giudiziaria o se, essendo demandata a un terzo, questi non vi abbia provveduto.
Art. 811.
(Sostituzione di arbitri).
Quando per qualsiasi motivo vengono a mancare tutti o alcuni degli arbitri nominati, si provvede alla loro sostituzione secondo quanto è stabilito per la loro nomina nel compromesso o nella clusola compromissoria. Se la parte a cui spetta o il terzo non vi provvede o se il compromesso o la clausola compromissoria nulla dispongono al riguardo, si applicano le disposizioni dell'articolo precedente.
Art. 812.
(Capacità ad essere arbitro).
Gli arbitri debbono essere cittadini italiani.
Non possono essere arbitri i minori, gli interdetti, gli inabilitati, i falliti e coloro che sono sottoposti a interdizione dai pubblici uffici.
Art. 813.
(Accettazione e obblighi degli arbitri).
L'accettazione degli arbitri deve essere data per iscritto e può risultare dalla sottoscrizione del compromesso.
Gli arbitri debbono pronunciare il lodo entro il termine stabilito dalle parti o dalla legge; in mancanza, nel caso di annullamento della sentenza per questo motivo sono tenuti al risarcimento dei danni. Sono egualmente tenuti al risarcimento dei danni se dopo l'accettazione rinunciano all'incarico senza giustificato motivo.
Art. 814.
(Diritti degli arbitri).
Gli arbitri hanno diritto al rimborso delle spese e all'onorario per l'opera prestata, salvo che vi abbiano rinunciato al momento dell'accettazione o con atto scritto successivo. Le parti sono tenute solidalmente al pagamento, salvo rivalsa tra loro.
Quando gli arbitri provvedono direttamente alla liquidazione delle spese e dell'onorario, tale liquidazione non è vincolante per le parti se esse non l'accettano. In tal caso l'ammontare delle spese e dell'onorario è determinato con ordinanza non impugnabile dal presidente del tribunale indicato nell'articolo 810 secondo comma, su ricorso degli arbitri e sentite le parti.
L'ordinanza è titolo esecutivo contro le parti.
Art. 815.
(Ricusazione degli arbitri).
La parte può ricusare l'arbitro, che essa non ha nominato, per motivi indicati nell'articolo 51.
La ricusazione è proposta mediante ricorso al presidente del tribunale indicato nell'articolo 810 secondo comma entro il termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione della nomina. Il presidente pronuncia con ordinanza non impugnabile, sentito l'arbitro ricusato e assunte, quando occorre, sommarie informazioni.
Capo III.
Del procedimento.
Art. 816.
(Svolgimento del procedimento).
Le parti possono stabilire nel compromesso, nella clausola compromissoria o con atto scritto successivo, purchè anteriore all'inizio del giudizio arbitrale, le norme che gli arbitri debbono osservare nel procedimento.
In mancanza di tali norme gli arbitri hanno facoltà di regolare lo svolgimento del giudizio nel modo che ritengono più opportuno.
Essi debbono in ogni caso assegnare alle parti i termini per presentare documenti e memorie, e per esporre le loro repliche.
Gli atti di istruzione possono essere delegati dagli arbitri a uno di essi.
Su tutte le questioni che si presentano nel corso del procedimento, prima della pronuncia del lodo, gli arbitri provvedono con ordinanza non soggetta a deposito e revocabile tranne che nel caso previsto nell'articolo 819.
Art. 817.
(Eccezione d'incompetenza).
La parte, che non eccepisce nel corso del procedimento arbitrale che le conclusioni delle altre parti esorbitano dai limiti del compromesso o della clausola compromissoria, non può, per questo motivo, impugnare di nullità la sentenza.
Art. 818.
(Provvedimenti cautelari).
Gli arbitri non possono concedere sequestri, nè altri provvedimenti cautelari.
Il giudice, che ha concesso un sequestro relativamente a una controversia compromessa in arbitri, pronuncia anche sulla convalida di esso, senza pregiudizio della causa di merito. Lo stesso giudice, quando è intervenuta la pronuncia degli arbitri, provvede all'eventuale revoca del sequestro.
Art. 819.
(Questioni incidentali).
Se nel corso del procedimento sorge una questione che a norma dell'articolo 806 non può costituire oggetto di giudizio arbitrale, gli arbitri, qualora ritengano che la decisione di tale questione abbia rilevanza per il giudizio ad essi affidato, sospendono il procedimento e dispongono che le parti propongano domanda davanti al giudice competente.
In tal caso il termine stabilito nell'articolo 820 resta sospeso fino al giorno in cui una delle parti notifichi agli arbitri la sentenza passata in giudicato che ha deciso la causa incidentale; ma se il termine che resta a decorrere ha una durata inferiore a venti giorni, è prorogato di diritto fino a raggiungere i venti giorni.
Capo IV.
Della sentenza.
Art. 820.
(Termini per la decisione).
Se le parti non hanno disposto altrimenti, gli arbitri debbono pronunciare il lodo nel termine di novanta giorni dall'accettazione della nomina. Se gli arbitri sono più e l'accettazione non è avvenuta contemporaneamente da parte di tutti, il termine decorre dall'ultima accettazione. Il termine è sospeso quando è proposta istanza di ricusazione e fino alla pronuncia su di essa, ed è interrotto quando occorre procedere alla sostituzione degli arbitri.
Quando debbono essere assunti mezzi di prova, gli arbitri possono prorogare per una sola volta il termine e per non più di novanta giorni.
Nel caso di morte di una delle parti il termine è prorogato di trenta giorni.
Le parti, d'accordo, possono consentire con atto scritto la proroga del termine.
Art. 821.
(Rilevanza del decorso del termine).
Il decorso del termine indicato nell'articolo precedente non può essere fatto valere come causa di nullità della sentenza se la parte, prima della deliberazione del lodo risultante dal dispositivo sottoscritto dalla maggioranza degli arbitri, non abbia notificato alle altre parti e agli arbitri che intende far valere la loro decadenza.
Art. 822.
(Norme per la pronuncia).
Gli arbitri decidono secondo le norme di diritto, salvo che le parti li abbiano autorizzati con qualsiasi espressione a pronunciare secondo equità.
Art. 823.
(Deliberazione e requisiti del lodo).
Il lodo è deliberato a maggioranza di voti dagli arbitri riuniti in conferenza personale ed è quindi redatto per iscritto.
Esso deve contenere: 1) l'indicazione delle parti; 2) l'indicazione dell'atto di compromesso o della clausola compromissoria e dei quesiti relativi; 3) l'esposizione sommaria dei motivi; 4) il dispositivo; 5) l'indicazione del giorno, mese, anno e luogo in cui viene sottoscritto; 6) la sottoscrizione di tutti gli arbitri.
Tuttavia è valido il lodo sottoscritto dalla maggioranza degli arbitri, purchè si dia atto che esso è stato deliberato in conferenza personale di tutti, con la espressa dichiarazione che gli altri non hanno voluto o non hanno potuto sottoscriverlo.
Art. 824.
(Luogo di pronuncia).
Il lodo deve essere pronunciato nel Regno.
Art. 825.
(Deposito del lodo).
Il lodo deve essere depositato da uno degli arbitri in originale con l'atto di compromesso o con l'atto contenente la clausola compromissoria e gli atti con i quali sono stati proposti i quesiti, nel termine perentorio di cinque giorni dalla data di sottoscrizione, nella cancelleria della pretura del luogo in cui è stato pronunciato.
Il pretore, accertata la tempestività del deposito e la regolarità formale del lodo, lo dichiara esecutivo con decreto.
Il decreto del pretore conferisce al lodo efficacia di sentenza.
Del deposito del provvedimento del pretore è data notizia dalla cancelleria alle parti nei modi stabiliti nell'articolo 133 secondo comma.
Contro il decreto del pretore che nega l'esecutorietà del lodo, è ammesso reclamo mediante ricorso al presidente del tribunale che provvede con ordinanza non impugnabile, sentite le parti.
Art. 826.
(Correzione della sentenza arbitrale).
La correzione della sentenza degli arbitri può essere chiesta, nei casi indicati nell'articolo 287, al pretore del luogo in cui essa è depositata.
Si applica la disposizione dell'articolo 288.
Capo V.
Delle impugnazioni.
Art. 827.
(Mezzi di impugnazione).
La sentenza arbitrale è soggetta soltanto all'impugnazione per nullità e a quella per revocazione.
Art. 828.
(Impugnazione per nullità).
L'impugnazione per nullità si propone nel termine di trenta giorni dalla notificazione della sentenza, davanti al giudice del luogo in cui la sentenza è depositata.
Competente per l'impugnazione è il pretore, il tribunale o la corte d'appello secondo che per la causa decisa sarebbe stato competente il conciliatore, il pretore o il tribunale.
L'impugnazione non è più proponibile, quando è decorso un anno dalla data del provvedimento col quale è stato dichiarato esecutivo il lodo.
Art. 829.
(Casi di nullità).
L'impugnazione per nullità è ammessa, nonostante qualunque rinuncia, nei casi seguenti: 1) se il compromesso è nullo; 2) se gli arbitri non sono stati nominati con le forme e nei modi prescritti nel capo primo e secondo di questo titolo, purchè la nullità sia stata dedotta nel giudizio arbitrale; 3) se la sentenza è stata pronunciata da chi non poteva essere nominato arbitro a norma dell'articolo 812; 4) se la sentenza ha pronunciato fuori dei limiti del compromesso o non ha pronunciato su alcuno degli oggetti del compromesso o contiene disposizioni contradittorie, salva la disposizione dell'articolo 817; 5) se la sentenza non contiene i requisiti indicati nei numeri 3, 4, 5 e 6 dell'articolo 823, o non è depositata entro il termine stabilito dall'articolo 825; 6) se il lodo è stato pronunciato dopo la scadenza del termine indicato nell'articolo 820, salvo il disposto dell'articolo 821; 7) se nel procedimento non sono state osservate le forme prescritte per i giudizi sotto pena di nullità, quando le parti ne avevano stabilito l'osservanza a norma dell'articolo 816 e la nullità non è stata sanata.
L'impugnazione di nullità è altresì ammessa se gli arbitri nel giudicare non hanno osservate le regole di diritto, salvo che le parti li avessero autorizzati a decidere secondo equità o avessero dichiarato il lodo non impugnabile.
Art. 830.
(Decisione sull'impugnazione per nullità).
Il pretore, il tribunale o la corte d'appello, quando accoglie l'impugnazione, dichiara con sentenza la nullità del giudizio arbitrale e della sentenza, e, se la causa è in condizione di essere decisa, pronuncia anche sul merito. Se per la decisione del merito è necessaria una nuova istruzione, il collegio rimette con ordinanza la causa all'istruttore.
In pendenza del giudizio il pretore, il tribunale o la corte d'appello può sospendere con ordinanza l'esecuzione della sentenza impugnata.
Art. 831.
(Revocazione).
Quando non può proporsi l'impugnazione per nullità, la sentenza, nonostante qualunque rinuncia, è soggetta a revocazione nei casi indicati nei numeri 1, 2, 3 e 6 dell'articolo 395, osservati i termini e le forme stabilite nel libro secondo. L'impugnazione si propone davanti al pretore, al tribunale o alla corte d'appello del luogo in cui la sentenza è depositata, secondo le norme stabilite nell'articolo 828.
San Rossore, addì 28 ottobre 1940-XVIII
Vittorio Emanuele
Grandi