(Mentre Loris se ne va, Lazinski ha terminato il suo pezzo. Tutti battono le mani.)
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(Fedora, trovandosi presso il canapè, con dolce violenza vi fa sedere Loris, e quindi siede al suo fianco.)
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(Fedora s’è nuovamente gettata nelle braccia di Loris, che la stringe al suo petto e la bacia lunghissimamente.)
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(Loris la stringe al suo petto: Fedora lo trae a sé, e lo fisa nel profondo degli occhi.)
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(Fedora, sempre accompagnata da Loris, continuando il suo giro, scende nell’antisala. A un tratto, scorge De Siriex, entrato allora dalla sinistra.)
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(Olga va a staccare la sua bicicletta deposta sul fianco della gradinata. – Fedora ricade nel suo abbattimento: De Siriex, tra le due, non sa
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(Nel salone tutti applaudiscono Lazinski, che ha terminato il primo tempo del suo pezzo: il concertista polacco si alza per ringraziare goffamente
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, è andato a riprendere il suo berretto.)
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escono fuor dal cancello, e scompajono dietro le piante. – Fedora ripiomba nel suo dolore.)
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il suo a Fedora. – De Siriex, che presso la ribalta ha finito di leggere, le si accosta vivamente.)
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(Olga vacilla, si piega e cade riversa tra le braccia di De Siriex, il quale la depone sulla sedia più vicina. – A un suo cenno, Fedora accorre; e
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l’uscio di mezzo, e viene a sedersi presso il tavolino di destra sul sofà, il fazzoletto alla bocca e l’occhio fisso, tutta posseduta dal suo dolore
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E Kyoto sogghigna, sporgendosi sul parapetto della sua verandah, bonariamente ammiccando degli occhi scaltri all’amico suo e suo padrone, il pubblico!
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La mousmé guarda, guarda essa pure quello spettacolo nuovo – sente quella gran vampata di desiderii sul suo viso e sul suo corpo – ma non comprende l
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La Notte abbandona il cielo; – il suo lavoro vivificatore è finito; – uomini e cose hanno riposato e sognato; – essa cede il governo della vita al
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Il Cieco crolla sdegnosamente il capo; il dramma non inganna la sua esperienza, ma l’armonia suo malgrado lo vince benché egli non lo voglia… non lo
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Bouddah, lontano, dietro a lei, la grand’epa floscia a sfascio sul suo piedestallo fatto del loto mistico, ride sempre, i piccoli inesprimibili occhi
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La Luce è l’idioma degli eterni. E Iris, già eterna, sente la sua anima divenire fulgida come un raggio, alla voce ben nota del suo Sole che la
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Ed è in quella trionfante visione che gli occhi della mousmé si chiudono, onde sul suo pallido viso è ancora la calma della tenera giovinezza
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fieramente nel suo candore e colla sua ingenuità il bisogno delle passioni di tutti.
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(Un norimon si fa largo nella folla; è quello di Osaka, che sporge fuori curiosamente la testa. Ed egli rivede così la fanciulla e il suo errore
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più angoscie, affanni, paure, dolori. – Il suo sogno è di luce – è di fiori! – E raggi e fiori parlano il linguaggio eterno della pietà, dell’amore! –
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E Iris, la mite, la buona Iris crede a quella falsa dolcezza! — Tacitamente essa ha abbandonato la siepe del suo giardino per accostarsi al Teatro, e
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suo capriccio, come iddii, le rivelate l’angoscia dell’anima sua!
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a lei gli steli, steli che si snodano e si stendono intorno al corpo suo come braccia umane, e lo sollevano alto,… alto,… là,… lontano,… lontano,… su
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Ecco la scena: la allegra casetta di Iris; – il suo giardino colla piccola siepe di biancospine in fiore; – nettamente ora spiccano i pallidi e
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col suo Jor fra le mani gli fa ripetere le dolcissime parole che le sono rimaste nella mente e nel cuore, le dolcissime parole colle quali, nel dramma
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