bicchieroni d' intrugli amari come il fiele, che dovevano guarire Sua Maestà. Ma Sua Maestà, più intrugli prendeva e più grasso diventava. Nel palazzo reale
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spavento di Sua Maestà e di tutta la corte! Nella confusione, la vecchia era sparita. E la Cecina, che dal suo palazzo ordinava: — Datemi da mangiare
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dove fiutavan le pedate. Ma per sua buona sorte era buio fitto; e l'Orco, cercato inutilmente per un po' di tempo, andava via chiamandosi dietro i
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. Possiamo provare. — Il Re a questa notizia rimase un po' turbato; ma poi pensò: — Se questa malìa è la sua buona sorte, costei dev' essere destinata a
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In casa del ciaba trovarono una granata fitta in mezzo alla stanza, e il Re disse ai ministri — Ecco Sua Maestà la Regina! - I ministri, stupefatti
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accorto che gli era stato rubato l' anello, ed era uscito dal palazzo reale, piangendo la sua sventura. Fuori le porte della città avea trovato la
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bolliva. — Chi siete? dove andate? — La Reginotta cominciò a raccontarle la sua storia. — Zitta, zitta, chiacchierona! Zitta, zitta! — Era la pentola che
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. La sua figliuola l' ha lì, chi volesse vederla. — Dunque tu ci hai corbellati! — E la misero in prigione. Le rimaneva in tasca il sonaglino. Disperata
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con tutto il popolo, per far festa alla sua figliuola, che ritornava! Il Re e la Regina non osavano credere: dubitavano che quello sgorbio si facesse
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. — Che cosa ti senti, figliuola mia? — Maestà, non mi sento nulla; ma.... chi dà la sua parola la dovrebbe mantenere. — Come? Lei dunque voleva quel
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contorceva dalle risa con quella sua gobbetta e quelle sue gambine sbilenche. Capì subito che quel cavallo fatato era opera del nano. — Ah, Nano, nanuccio
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giornata di meno degli altri. Allora il Reuccio lo mandava dal Gran Turco per la sua figliuola. Ma l' ambasciatore arrivò troppo tardi: la figliuola
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. Quanto lo fai? — Maestà, quello che il cuore v' ispira. — Datele cento lire. - La vecchina, con quelle cento lire, si credette più ricca di Sua Maestà
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: Chicchirichì! chicchirichì! Rintronava gli orecchi. E il popolo imprecava a denti stretti: — Accidempoli al galletto e a chi lo fa allevare! — Un giorno Sua
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genero del Re! - In una città c' era un giovinotto, figlio d'un ciabattino. Un giorno, vedendo che in casa sua si moriva di fame, disse a suo padre
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comandi. — Le narrò la sua disgrazia. La Fata sorrise e gli domandò: — Le hai tu tolto di dito 1' altro anello del mago? — Mi pare di no. — Vai a
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stanze reali? — Maestà, non è più lì. — Quando il Re apprese quello che sua moglie avea fatto, cominciò a strapparsi i capelli: — La loro rovina era
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, chiama.... L' avete più visto? Figuriamoci che pianto, quella povera mamma, quando apprese la sua disgrazia! Corse subito dal Re: — Giustizia, Maestà! Mi
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abbracciarlo come un figliuolo; ma quello corse prima dalla sua mamma e non sapeva staccarsela dal petto: — Bimbo mio, tu sarai Re! Ed era già Reuccio
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presentarsi: — Sua Maestà che cosa comandava? — Comando e voglio la tua figliuola per sposa. Lei diventerà Regina e tu ministro di palazzo reale. — Maestà, c
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luna e del sole sarebbe stata sua sposa! E lui se ne tornerebbe al palazzo reale, Re come prima e più beato di prima! Ma la sua disgrazia volle che
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vera mamma siete voi! — cominciò a odiarla terribilmente, come se non fosse stata sua figliuola. E una volta disse al Re: — Maestà, no, costei non è la
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; molto più che, con tutti quei gatti per la casa, i quali miagolavano da mattina a sera, si viveva una vitaccia d'inferno. Ma Sua Maestà ordinava così
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senza pietà; e Topolino, acquattato nel suo cantuccio, li guardava e non rispondeva nulla. Giusto in quel giorno, la sua mamma, avendo bisogno d' un
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— Topolino, se mi vuoi bene, risuscita mio padre! Topolino esitava. Allora si fece avanti sua madre: — Topolino, te ne prego anch'io, risuscita il Re
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furon mature, una mattina va in giardino...; l' arance d' oro non c' eran più. Figuriamoci la sua collera! Dovette, per forza mettersi d'accordo con
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più Re di Sua Maestà. — Se fosse vero, lo sposerei. Va' a dirglielo, e torna subito. — Lo giurate? — Lo giuro. — E gli aperse la gabbia. Ma il
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! Quante lagrime ho sparse! — La tua sorte volea così. Ora il destino è compito. — Sua Maestà, conosciuto chi era quel contadino, le diè in dote 1' albero
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, ahi! Mi spezzo! Dammi da bere! - Il Re, visto che ci voleva pochino a toccar terra: — E spèzzati! — rispose. Infatti si spezzò; ma lui, per sua
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anche darsi! — Il re la guardò da capo a piedi: gli pareva e non gli pareva. Lei gli raccontò la sua storia; ma non disse nulla delle orecchie, per
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. — Babbo, che siam venuti a fare quassù? Torniamo indietro. — Siediti qui; aspetta un momento. — E l'abbandonò alla sua sorte. Vedendolo tornar solo
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poteva lavorare pochino. Faceva dei piccoli servigi alle vicine, e così lei e la sua creatura non morivano di fame. Quel figliolino era bello come il
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L'UOVO NERO C' era una volta una vecchia che campava di elemosina, e tutto quello che buscava, lo divideva esattamente: metà lei, metà la sua gallina
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disse — non vi arrischiate più a dire così, o guai a voi! - La povera donna, dalla paura, non disse più nulla. Però quel figliolino, ora che la sua mamma
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per quella figliuola? La povera balia si picchiava il petto, si strappava i capelli: — Dio! Dio! Sua Maestà l' avrebbe fatta impiccare! — Agli urli
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' eran più! Figuriamoci la sua collera! — Come? Ti sei addormentato anche tu? — Maestà non ci ho colpa. È venuto un cardellino, si è posato sopra un ramo
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voluto, neppure Sua Maestà sarebbe stato buono d' impedirlo. — Gua'! Era proprio così. — Il Re ordinò di scarcerarle. Le fornaie ripresero il loro
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C'era una volta un sarto, che aveva tre figliuole, una più bella dell' altra. Sua moglie era morta da un pezzo, e lui si stillava il cervello per
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! voglio vederla. — E fece chiamare il contadino. — È vero che questo campicello tu non lo cederesti neppure al Re? — Sua Maestà ha tanti poderi! Che se
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