si trovava un coniglio o una lepre, neppure a pagarla a peso d' oro. Gli accadde anche peggio. Non potendo più fare il solito esercizio della caccia
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Il Re, con quei piedini, sentiva farsi il solletico e voleva fermarla; ma quella, salta di qua, salta di là, peggio di una pulce, non si lasciava
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i vostri occhi son riposti in buon luogo; son nella gobba della Reginotta di Spagna. Il Re si trascinò fino al palazzo reale, dove questa abitava, e
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mio padre e ti mangerà vivo, poverino! — Infatti si sentivano i latrati dei mastini dell' Orco, e la voce di lui che se li chiamava dietro: Té! Té
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E gli scatenò dietro i cento mastini di suo padre. Ma sì... il Re era sparito. Con quell'olio le carni della Regina tornarono subito morbide, e si
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, si guardarono in viso senza osar di rispondere: — Maestà, è una granata! — Il Re in quella granata ci vedeva la figliuola del ciaba, la più bella
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? Vi ricordate che la urtaste col, cavallo e cadde per terra? — Sì. — Era lei, la fata Regina. — Il Re dovette persuadersi che era inutile lottare con
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Reginotta entrò. Ed ecco il drago con tanto di bocca, che stendeva il collo per inghiottirsela. Gli butta in gola la cipolletta, e quello si ritira, si
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pesciolino di meschina apparenza. La fortuna lo aveva aiutato: era il pesce senza fiele. — Va bene; — disse la Reginotta — mettetelo lì. Ora si mandi dal
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. — Magari! — rispose il Re. — Non mezzo, caro amico, ma ti darei il regno intiero. — Parola di Re non si ritira. — Parola di Re! — Il Nano partì. E non
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' era più. Si era rizzato di terra, si era ripulito il vestitino, ed era andato via, lesto lesto, come se nulla fosse stato. — Buon viaggio! — disse
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piedistallo; Non metter piede in fallo, Cavallo, mio cavallo. Non ebbe finito di dir così, che il cavallo di bronzo si scosse, agitò la criniera, dette fuori
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. Quanto lo fai? — Maestà, quello che il cuore v' ispira. — Datele cento lire. - La vecchina, con quelle cento lire, si credette più ricca di Sua Maestà
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galletto! ora ti concio io! Chiamatemi il cuoco. - Il cuoco si presentò. — Mi si faccia arrosto pel pranzo. - In cucina gli tirarono il collo e lo
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moglie: — Vi piacerebbe, figliuolo mio, la Reginotta di Spagna? — Maestà, dovendo sposare,.... vorrei sposare una pollastra! — Si era dunque sempre
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Regalarglielo non potevano, perchè s'eran già guastati coi parenti di lei. Come fare? — Ci penserò io. — Il Re di Spagna si travestì da gioielliere
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batterti con me. — Il mago s' infuriò e venne fuori armato fino ai denti: ma, come gli vide in mano quella spada, urlò: — Povero me! - E si buttò
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aveano spento le fiamme, si fece coraggio e si presentò: — Maestà, perdonate; la colpa non fu mia; fu del mago traditore. Ora è un'altra cosa. Caviamo di
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tentar lei: — Fra loro donne si sarebbero intese meglio. — Fece le sue provviste di pane e vino per otto giorni, e partì. A mezza strada: — Maestà
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Giunti davanti la grotta, il bel giovane picchiò. — Chi siete? Son io e Serpentina. — Chi volete? — La Fata Regina. - La grotta si spalancò, e si
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Chi era? Non si vedeva nessuno. Si sedeva a tavola per mangiare? E gli portavano via il piatto: — Maestà, non si mangia! — Chi era? Non si vedeva
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— Bimbo mio, tu sarai Re! - E si era avverato. Stretta è la foglia, larga è la via, Dite la vostra, chè ho detto la mia.
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Tizzoncino ridendo: — Bruttona di fornaia! — Apri, Tizzoncino mio! — Allora l' uscio s'aperse, e i due sposini s'abbracciarono. Quella sera si fecero gli
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Dopo poco tempo, povero Re, non si riconosceva più; parea fatto di terra cotta, colla pelle bruciata a quel modo. Ma avea un compenso. Di tanto in
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. — Reuccio, entrate voi solo ; c'è posto soltanto per uno. — Il Reuccio entrò, e Testa-di-rospo chiuse lo sportello. Mamma cagna si accovacciò lì dietro
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megera. Accecata dal furore, la Regina pensò: — Ora entro, e, mentre dorme, la strozzo colle mie mani. - Ma il muro si richiuse a un tratto, e lei vi
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gatti affamati, e stettero ad aspettare. Quando riapersero la stanza, Topolino non c' era più. E i gatti si leccavano i baffi, come se avessero
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— Topolino, se mi vuoi bene, risuscita mio padre! Topolino esitava. Allora si fece avanti sua madre: — Topolino, te ne prego anch'io, risuscita il Re
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e se ne riempiva le tasche. Ma nella stanza appresso, i diamanti, sempre a mucchi, eran più grossi e più belli. Il Re si vuotava le tasche, e tornava
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i piedi e la calò in un pozzo: — Di' di sì, o ti faccio affogare! - E la Reginotta zitta. Il Re la calò fino a metà. — Di' di sì, o ti faccio affogare
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— Come si chiama? — Si chiama Beppe; ma noi gli diciamo Ranocchino. — E Ranocchino sia! — La vecchia toccava appena il bimbo col bastoncello, che
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— Maestà, — dissero, all' ultimo; — qui ci vuol Ranocchino, o la Reginotta è spacciata. - Il Re si disperava: — Dove prenderlo quel maledetto
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Come rimediare? Il Re si morse una vena del braccio e ne fece schizzar il sangue. Intanto scivolava giù. Ma poco dopo la corda da capo: — Ahi, ahi
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Ma ecco, in un punto, un pesce grossissimo; con tanto di bocca spalancata, che voleva ingoiarli: — Pagateli pedaggio, o di qui non si passa. — La
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arrampicarsi, e il Re se la tolse in collo. — Babbo, che andiamo a fare lassù? Torniamo indietro. — Il Re non rispondeva, e si bevea le lagrime che
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via. E per un anno non si fece vivo. La Reginotta s' annoiava a star lì senza vedere un viso di cristiano. Ogni giorno chiamava: — Gomitetto
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, e più tremava e si smarriva. — Mi vuoi per marito? Voleva rispondergli: sì, ma le scappò detto: — Oh, no! no! — Allora vien qui! — E l'afferrò colle
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LE ARANCE D' ORO Si racconta che c'era una volta un Re, il quale avea dietro il palazzo reale un magnifico giardino. Non vi mancava albero di sorta
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E ogni volta che lei gli diceva: tu sarai Re, il bimbo accennava di sì colla testina, come se avesse capito. Un giorno si trovò a passare proprio il
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si svegliò, non trovò più la Reginotta. Cerca, chiama per, tutto il giardino; nulla! La bimba era scomparsa. Come presentarsi al Re, che andava matto
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partorì un bel serpentello verde-nero, che subito, appena nato, sguizzò di mano alla levatrice, attaccossi alla poppa della mamma e si mise a poppare
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Re di Spagna. Quelli si scusarono allo stesso modo: — È ancora bambina. — Ma i due regnanti se l'ebbero a male. Si misero d'accordo, -e chiamarono un
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. Ogni giorno, all'alba, la gallina si metteva a schiamazzare; aveva fatto l' uovo. La vecchia lo vendeva un soldo, e si comprava un soldo di pane. La
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. — Tizzoncino fa l' uovo, — dicevan le vicine. All' Avemmaria le fornaie si chiudevano in casa e non affacciavano più nemmeno la punta del naso. D
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lo piantarono come un grullo. Parti e andò in un'altra città. E, appena arrivato, si messe a gridare per le vie: — Fiabe, bambini, fiabe! Chi vuol
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RANOCCHINO Questa è la bella storia di Ranocchino porgi il ditino, e sentirete qui appresso perché si dica così. Si racconta dunque che c'era una
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andare attorno, a raccontare fiabe ai bambini. Gli pareva un mestiere facile, da divertircisi anche lui. Perciò si
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. Un giorno la balia scese, insieme colla bimba, nel giardino reale. La bimba avea tre anni, e si
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, tì, tìriti tì, si divertiva a fare una sonatina, sempre la stessa; poi riprendeva il lavoro. Intanto quel campicello sassoso gli fruttava più di un
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C'era una volta un sarto, che aveva tre figliuole, una più bella dell' altra. Sua moglie era morta da un pezzo, e lui si stillava il cervello per
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