Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Ultime tendenze nell'arte d'oggi. Dall'informale al neo-oggettuale

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Dorfles, Gillo 36 occorrenze
  • 1999
  • Feltrinelli
  • Milano
  • critica d'arte
  • UNIFI
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Come una breve appendice alla pop art può essere considerato altresì quel movimento sorto in Francia attorno allo stesso periodo e di cui fu

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, anche nel regno delle tre dimensioni, quel rigore compositivo che era stato immesso nell’arte bidimensionale. Perciò le antiche "costruzioni” di un

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quelli più plastici e barocchi di Noguchi). Ma nessuno è riuscito ad ottenere quel senso di aerea leggerezza, di leggiadria, e insieme di potenza. Spesso

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soprammobile che quello della creazione autonoma e non permette di trasferire alla scultura quel carattere di immediatezza propria dei nostri giorni

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nell’arte contemporanea diversi nomi importanti che sono rimasti nell’ombra e lo rimarranno forse per sempre (tipico il caso di quel tale M. K

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’utilizzazione di oggetti in parte presi di peso dal loro abituale contesto e immessi in un nuovo ambiente, con quel tipico fattore decontestualizzante

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, sugli oggetti poveri, sulle situazioni); mentre in Italia — specie a Torino — si formava attorno al '66 quel nutrito gruppo che prese il nome (su

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Klein, gli achromes in sostanze plastiche, in cotone, di Manzoni, rientrano piuttosto in quel settore della “monochrome Molerei" cui già accennammo a

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. Proposizione n. 6, 1972 dadà e in genere dei ready made più o meno "aiutati," modificati, di quel lontano periodo; e, soprattutto, prendeva in

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sempre di quel gergo critico che si confaceva all’arte di ieri ma che non s'adatta più a quella di oggi. Non solo, ma non si tien conto di solito che

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perciò a quel periodo più che al nostro. Anche questa limitazione era necessaria, ed è per questo che non potrò soffermarmi su grandissime personalità

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Quel movimento, ormai (all'inizio del 1982) già massicciamente affermato ubiquitariamente e che nel nostro paese è posto soprattutto sotto l

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siccome quel genere di ricerca apparve sin dall'inizio legato a una mentalità meccanomorfa, a una aspirazione meccanicistica, oggi in via di

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affermato quel fenomeno pseudo-artistico ormai definito come "Kitsch”: il Kitsch ossia l'oggetto (o l’evento) che ha ogni apparenza artistica senza averne

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Cinquanta, a quel movimento del MAC cui all’inizio accennammo).

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Non possiamo quindi che auspicare l’avvento di quel tipo di società di cui ora possediamo soltanto un’immagine utopica, ma che certamente ci

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attorno a noi, cercando di individuare quel poco o molto di positivo che il panorama artistico attuale, nonostante tutto, ancora è in grado di offrirci.

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C’è un’aria in quello che fanno (quando c’è), "quel non so che” che prima non si era ancor mai respirato di fronte a dei quadri. Dare da vedere. No

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empiricamente, come un cieco, esperimentando ogni genere di mezzi) finché non intravedo nel dipinto una certa liberazione, e da quel momento mi sembra che

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Quel che vogliamo è far qualcosa che riempia totalmente la vista e che non possa usarsi a render la vita soltanto tollerabile. Se, fino ad oggi, la

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Quando ci son dentro, nel mio quadro, non mi rendo conto di quel che sto facendo. È soltanto dopo un certo periodo, impiegato a, come dire, "far

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’altro genere. I miei disegni si distendono in superficie e si manifestano per quel che sono, non c’è nulla di nascosto o di illusionistico. Anche i

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segno è considerato come uno degli elementi più tipici di quel genere d’arte che si vale di un particolare grafismo autonomo e spesso automatico cosi da

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, quel successo che invece arrise precocemente a molti altri artisti della sua generazione; e questo fatto valse a conservare alla sua opera ultima

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quel periodo di una effettiva assimilazione da parte europea dei principi estetici che regolano l’arte di quelle lontane civiltà. Per contro l’attuale

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simmetria, l'equilibrio statico a dominare. Ecco perché il grande studioso giapponese Suzuki — spiegando le origini della pittura sumiye (quel genere

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efficace dal punto di vista formale possa diventare anche un mezzo trasferibile alla cosiddetta arte applicata, possa entrare a far parte di quel vasto

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costante l’assoluto distacco, non solo dalla figuralità implicita, ma anche da quel limbo di cromatismo informe, proprio di tanti tachisti dove si può

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come priva di quel pathos e di quella robustezza che sono presenti — per fare solo due nomi — nei dipinti d’un Pollock o d’un Kline, né di quella

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notevolmente l’importanza di questo movimento, limitandolo, per quel che riguarda le maggiori personalità, a Fautrier, Riopelle, Schneider, e ad alcuni

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," quasi schemi stesi in maniera da permetterne la lettura, conferendo ai rilievi, alle diversità di struttura e di colore, quel valore emblematico che siamo

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interesse, ha inizio con la stesura, nel 1946, di quel Manifesto Bianco (redatto dall’artista e da alcuni suoi allievi in Argentina, dove Fontana era

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quel periodo, Fontana avvertisse l’urgenza di constatare l'insufficienza del “quadro da cavalletto” e della trita distinzione tra quadro e statua, e

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possiamo cosi esprimerci — “antispaziale." Fu forse in quel periodo che l’opera di Fontana si accostò maggiormente Lucio Fontana, Disegno a quella di

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(1888), Hlito (1923), Carvao (1918), Kosice (1924), sono da considerare come epigoni di quel costruttivismo che rientra solo in parte nella tendenza

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(e continuarono ad esserlo alcuni dei suoi protagonisti, la cui attività si estese anche dopo quel periodo, come Brauner, Mirò, Dali, Magritte, Leonor

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