fantasticava come potesse fare per evitare quel ritorno. Avrebbe voluto almeno ritardarlo. Perché? Non lo sapeva neppur lui, ma gli pareva che il
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. Udiva bene quel che dicevano attorno a lui, ma non capiva interamente. Poi venivano dei signori con grembiuli bianchi, che lo scoprivano, e lo tastavano
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minacciose, non avrebbe saputo dirlo nemmeno lui. Era un po' spaurito del gran silenzio attorno, e di quel posto selvaggio dove non aveva incontrato
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Piazza grande, come la chiamavano a Ràbbato quantunque non fosse poi tale da meritare quel qualificativo. La piazza era affollata di contadini, a
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, lasciato di tessere, aveva appoggiato i gomiti su la cassa del pettine, col mento fra le mani, impensierita di tutte quelle precauzioni e di quel mistero
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, perché quel benedetto figliuolo non insudiciasse le lenzuola; e il giorno dopo, daccapo. Lo sgridava, gli lasciava correre qualche scapaccione, ma
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il capitano. - Chi vive! - Viva Verdi! - Sta bene; fatevi avanti. Cuddu, a quel - chi va là -, si era aggrappato alla giacca di uno della Squadra che
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ragazzi, quasi inebriato di quel rumore e dell'ardimento degli altri, che lo rendeva ardito anche perché egli non capiva il pericolo a cui si esponeva
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confusione, tra urli di: - Viva l'Italia! Viva Garibaldi! Non è lui! Fermi! Ammazzalo! Infatti quel povero diavolo era stato preso in iscambio. Cuddu vide
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ricevuto una carezza; spesso egli aveva ripensato con orgoglio le parole di quel giovane soldato: Ricordati che hai avuto una carezza da Garibaldi! Se
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esserci quel giovane soldato che lo aveva condotto dal Generale, a Palermo, e che gli aveva detto: - Ricordati che hai avuto una carezza da Garibaldi
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quel ragazzo, raccolto mezzo morto nella campagna di Milazzo, assieme con altri feriti, fosse stato là a battersi tra le Squadre, perché ognuno
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Si era seduto sur un masso, guardando attorno, stupìto di trovarsi in quel posto che gli pareva lontano miglia e miglia da casa sua, e dove egli era
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masso all'altro di quelli che ingombravano il breve spazio tra la roccia e il ruscello, quel ragazzo gli si era avvicinato squadrandolo da capo a piedi
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al pascolo, preso in mano il bastone, cacciava fuori la mandra belante, mentre dava gli ordini a Pino intorno a quel che doveva fare nella giornata
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dirai: - Compare Sidoro, mi manda la mamma per quel che sapete. - So io come debbo poi fare. Via: e non fermarti per strada; è meglio che arrivi tu
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soddisfatto di aver bene adempito l'incarico ricevuto. Gli sembrava di aver compiuto una gran cosa, un atto importante, con tutto quel misterioso
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le strinse significativamente. Cuddu ripeté lo stesso gesto. E, tornato a casa, raccontò tutto alla mamma. Quel mistero intrigava la poveretta
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. Quel suo andare e venire era stato notato. Il Canzirro, che lo incontrava spesso all'andata o al ritorno, gli domandava ogni volta: - Ma dove vai
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calza. Gli mise egli stesso la lettera tra la pianta del piede e la calza. - Se t'incontra quel birraccio e ti fruga in tasca, resterà con un palmo di
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Cuddu non prorompesse in pianto a quel: quasi, quasi!... Se il birraccio ne avesse presa una, quella con la lettera, come pareva volesse fare? Cuddu si
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, afferratolo pel petto, toglieva di mano la pistola a quel furibondo, e cercava di calmarlo. - Vuoi andare in carcere? Rivoluzione senza sangue... Il comitato
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E raccontò quel che aveva visto e udito. Comare Concetta lo prese per un braccio e lo trascinò dentro. - Zitto! - gli raccomandò. - Non dir niente
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compare Sidoro con quel cavaliere in tuba, vestito tutto di nero, da lui visto la mattina in cui era stata fatta la rivoluzione e che avea letto ad alta
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Pur troppo, lo avevano mezzo bruciato il bel Palermo, come aveva detto quel vecchio contadino! Que e là, lastricato sossopra, case crivellate da
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volevano sapere quel che egli aveva veduto. - Che hai visto? - Case bruciate, sfondate. E tanti soldati con le camicie rosse. - E Garibaldi com' è
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