fieristico, legato spesso alla stessa natura dei materiali usati, c’è un settore assai ragguardevole di «quadri-oggetto» che costituiscono un’altra
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per sé possa costituire un elemento d’un certo interesse, mostrando come l’attenzione rivolta al rapporto soggetto-oggetto, l’attenzione rivolta agli
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- psicologico e percettivo a un tempo - tra uomo e oggetto (architettonico, urbanistico, industriale) di cui troppo spesso ignoriamo la valenza e l’essenza.
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reincarnazione) dovuta ad un processo analogo a quello dei ready-made dell’antico dada (l’oggetto meccanico «trovato» e manipolato), ripiombano nel limbo
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conclusioni: che queste sculture si «ispirino» all’oggetto industriale, o viceversa che l’oggetto industriale abbia la sua matrice nella scultura moderna. In
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», soprattutto quella monocroma e a base di shaped canvases, la pittura-oggetto, la pittura volumetrica insomma, possa sopraffare, per vivacità e originalità
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La pittura come «oggetto in sé» (an sich), e non come riferimento ad alcunché magari di astratto, di traslato, di surreale, sta oggi dominando la
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- quando tanta parte delle arti visuali si avvia verso una produzione di serie che viene quasi ad identificarsi con l’oggetto industriale - si assista a un
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aspetto iconologico della stessa (nel 1954), oppure a quelle correnti della «pittura-oggetto» (nel 1955) che hanno i loro migliori rappresentanti in
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quello del comune design, con la differenza che l’oggetto d’uso industriale copre un’area meno frivola e edonistica di quello artistico «fatto in
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Ma è troppo facile, del resto, e troppo ingenuo scagliarsi contro l’oggetto artistico e la sua «mercificazione», e dunque il suo asservimento al
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Non è, dunque, sopprimendo volontariamente o tentando di sopprimere l’oggetto artistico o sostituendo all’artista l’«operatore formale» che si giunge
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tecnologico mutuato all’oggetto industriale e al panorama iconico della città moderna; ed ebbi altresì a evidenziare l’importanza che, nell’origine
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Dunque, riassumendo: oggettualizzazione, mercificazione, e spesso feticizzazione dell’oggetto artistico già ormai ridotto a «merce» (a prodotto
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sopra lo stesso piano realizzativo dell’oggetto industriale, pittura e scultura hanno finito, spesso, per diventare preda degli stessi pericoli che
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- spesso assurda e scandalosa - dell’oggetto artistico (il ghirigoro di Picasso venduto per milioni, la litografia del maestro tirata in scarsi
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sviluppando negli ultimi tempi e che non può non essere oggetto di studio dal punto di vista d’un’analisi semiotica.
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parte di quel raggruppamento che ebbi, a suo tempo, a definire della «pittura-oggetto», o «pittura oggettuale», perché in loro il dipinto si
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Nel caso di Bonalumi la ricerca si è venuta ampliando negli ultimi anni per una progressiva plasticizzazione dell’oggetto, che, da bidimensionale, si
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’opera «in sé» (an sich) viene visualizzato il valore che essa acquista in quanto oggetto della visione o trasfigurazione della stessa, o storicizzazione
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, molto al di là dell’oggetto povero, servendosi, ad esempio, di cavalli esposti in una galleria, d’una donna, nuda e incinta, sul cui ventre passeggiano
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dell’oggetto artificiale» (pop art) e una estetizzazione dell’elemento naturale (land art, body art) - alcuni dei valori sociologici e gnoseologici
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dedicare la nostra attenzione nelle pagine che seguono. L’arte concettuale, dunque, non deve essere considerata come identificantesi con l’oggetto, ma come
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pseudoartistico del Kitsch. Il Kitsch - ossia la non-arte, l’oggetto che ha ogni apparenza artistica senza averne la sostanza - è venuto in luce soltanto
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Se l’ostranenje - lo spaesamento, l’estraneamento d’un termine, d’un oggetto, d’un concetto - dal suo normale contesto è in grado di rendere pili
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oggetto estetico. Oggetto estetico, che, ovviamente, dovrà sempre partire da una matrice soggettiva, tanto se questa matrice sarà piuttosto evanescente
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il fatto che in questo preciso periodo storico si possa assistere ad un vanificarsi dell’oggetto artistico a favore d’un’operazione gnoseologica, può
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La riduzione all’oggetto - che già da una decina d’anni ho definito «oggettualizzazione» (e si vedano alcuni dei capitoli dedicati a questo fenomeno
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inteso come un fenomeno rivolto in due direzioni sincrone ed opposte: la riduzione ad oggetto, e la riduzione a progetto. Due tipi riduttivi che portano
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ricondurre al progetto senza oggetto, ossia all’ideazione dell’elemento progettuale che non giunge, e addirittura non intende giungere, sino alla
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Parlando tuttavia di «crisi dell’oggetto» intendo qui riferirmi non solo all’oggetto «artistico», ma anche all’oggetto industriale e, in genere, a
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’atmosfera di museificazione già lo pervade. Ma di una «crisi dell’oggetto» si può parlare anche a proposito dell’arte visuale in questi ultimi tempi
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Forse, in definitiva, la crisi dell’oggetto può significare - per l’Italia e per l’Occidente in genere - anche e soprattutto una crisi della nostra
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Il rifiuto dell’oggetto, la constatazione di quanto repugnante sia o possa essere la mercificazione di qualsivoglia fenomeno, fa sì che si debba
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): quello dell’arte concettuale (nelle sue manifestazioni più tipicamente avulse dall’oggetto e da ogni edonismo oggettuale) e quello del Kitsch, ossia
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conosciamo) è anche vero che, per tornare ad un’epoca in cui scompaia quest’impostazione del valore riferito anche all’oggetto artistico, occorre che le
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di Buchheister, ecc. In tutti questi casi, come nei Merzbilder di Schwitters, l’oggetto - o il frammento d’oggetto - costituisce non solo una
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E questo «passato che vive nell’oggetto» è ancora più evidente nelle opere che accolgono oggetti presi di peso, tali e quali e trasferiti nell’opera
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oggetto creato da Boriani consiste in una serie di combinazioni dovute a punti luminosi in movimento che tracciano sopra uno schermo fotosensibile
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Anche Enzo Mari (che peraltro si è dedicato maggiormente a ricerche statiche o a lavori di design) ha costruito un oggetto composto da due lastre nel
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il pericolo, sempre incombente, d’una «feticizzazione»: tappa spesso immancabile della precedente oggettualizzazione, attraverso la quale l’oggetto
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Duchamp ebbe ad «inventare», a partire dall’ormai leggendaria Ruota di bicicletta del 1913, quell’oggetto appunto per il quale nel 1915 l’artista coniò il
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È stato certo merito di Marcel Duchamp di avvedersi - con un mirabile slancio premonitorio - di questa invincibile potenza dell’oggetto e di questa
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punto di vista percettivo dell’oggetto (come appunto nella Ruota e nella Fontana), a quello «rettificato» dove la modificazione dell’oggetto avviene
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parte di essi era andata smarrita o distrutta. Il rischio - l’ho già rammentato più sopra - è quello d’una possibile feticizzazione dell’oggetto stesso
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. L’oggetto «vale» (o non vale) per le sue caratteristiche formali e per la sua efficacia simbolica (d’una situazione, d’un costume, d’un consumo di
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decisiva «crisi dell’oggetto», alla ricerca d’un’anogettualità: in architettura e nel design, all’esplodere dei movimenti di anti e contro-design, di
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parte dell’odierna situazione artistica derivi da quei primi tentativi linguistici. L’oggetto ci circonda oggi e ci investe cotidianamente con le sue
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, Rosenquist, ecc.), dove l’elemento mistificatore-emblematico dell’oggetto di consumo - ingrandito, deformato, rammollito - attraverso mediocri
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di più rigida osservanza) si è giunti ad un recupero della figurazione e a un suo successivo rifiuto, attraverso la glorificazione dell’oggetto
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