Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Manuale Seicento-Settecento

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Argan, Giulio 50 occorrenze

, trascinando con l'enfasi del discorso. Perciò nell’ arte del Seicento un’acuta evidenza realistica si accompagna quasi sempre alla figurazione immaginaria

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PELLEGRINO TIBALDI (1527-1596), piene di scorci e di prospettive complicate. Ma se una certa reazione può già notarsi nell’interesse di BARTOLOMEO

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formazione professionale degli artisti. Nell'incisione le qualità coloristiche degli i originali vengono espresse mediante linee e rapporti di chiaro e scuro

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mezzi espressivi della pittura, scegliere i più idonei al fine. Nell’Accademia si disegna dal vero, non tanto per gusto analitico, quanto per mettere a

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essere-nello-spazio, nella sua singolarità e nell’unità del contesto.

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Borromeo nella sua diocesi lombarda: non consiste nell’osservare e copiare la natura, ma ne1l’accettare la dura realtà dei fatti, nello sdegnare le

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concreti della vita. Nel Battista e nell’Amor vincitore il Caravaggio mostra come ci si debba della lezione dei «grandi»; riprende l’impostazione di alcune

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molto più del motivo sociale della devozione popolare: è il farsi presente di Dio nei fatti della vita quotidiana, nell’umanità senza convenzioni

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tra dipingere un quadro di fiori e un quadro di figure. La natura morta è legata, in lui, al pensiero della morte: è la presenza delle cose nell

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cui l’azione del dipingere realizza l’intenzionalità, l’impegno morale dell’artista. Ciò che si ritrova nell’opera non è altro che un tempo, un

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Battesimo e la Trasfigurazione, la centrale, purtroppo semidistrutta al principio dell’Ottocento, l’Adorazione della Trinità. Nell’intento di unificare

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rappresentazione storica, facendo emergere dall'oscurità, come per lampi istantanei, le opere della misericordia; nell’abside della Chiesa Nuova» a Roma

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tendenza naturalistica si manifesta anche nell’intimo legame tra figure e paesaggio nelle composizioni sacre, e nel marcato interesse alla visione

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Come la tendenza realistica, anche la tendenza idealistica si irrigidisce, assume carattere polemico. GUIDO RENI (1575-1642) si forma nell’Accademia

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gran parte della sua educazione dei sentimenti. Entro i limiti della ragione e del dovere il sentimento, che non trova sfogo nell’azione, si compiace di

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Bologna, nell’ambito di Ludovico, la cui pittura evolve, nell’ultimo decennio del secolo, in senso nettamente emotivo, neoveneto; lo stesso Guercino

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Della «fantasia» dossesca v’è chiaramente il ricordo, quasi nostalgico, nell’allegoria della Notte, malinconica figura avvolta nell’ombra dell

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nella parte superiore, nell’assunzione al cielo, prevalga quello, neotizianesco, soprannaturale. L’interesse del Guercino è in realtà per la compattezza

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giustamente osservato (Mahon) che la crisi, o il mutamento in senso classicistico, è già presente nell’attività romana. Il Seppellimento di Santa Petronilla

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figure del Battesimo per San Giovanni dei Fiorentini. Un’opera quasi fuori del tempo, ma che lo pone al fianco del Borromini nell’incipiente

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Già Annibale Carracci aveva indicato nell’immaginazione la via dell’universale, della salvezza: per il Bernini è l’universale che si realizza, entra

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eclissato dalla prepotente personalità del Bernini. Si forma a Firenze nell’ambito del Giambologna ed a Roma accanto al Mariani. È un lavoratore lento

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tragico del Caravaggio; se la realtà è mistero, morte, nulla, allora solo nell’immaginazione è la vita. Sotto la frenesia berniniana di riempire di

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prospettica: come quella, per esempio, che si vede nell’Eliodoro cacciato dal tempio, di Raffaello. Il Bernini non si limita a uniformare l’allineamento

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nell’ambiente urbano; né meraviglia che lo schema rotondo diventi ellittico come nel contemporaneo colonnato di San Pietro, dato che il Bernini tende

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lirica che può esprimersi nell’egloga o nell’idillio (le fontane) o nell’inno pindarico (la scala regia) e perfino nell’epigramma (l’elefante della

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superficie s’incurvasse nella stretta di una morsa. Nell’interno della chiesa (1638-41), ellittica (ma con l’asse maggiore nel senso della lunghezza: con un

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spirituale separato da quello della prassi quotidiana: il raptus dell’ispirazione coglie l’uomo nell’umiltà della sua opera di ogni giorno.

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Nell’oratorio dei Filippini (1637-1643) il piano della facciata è concavo: di modo che le lesene appaiono sempre di spigolo e in una condizione di

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proseguimento della forma del vano, così all’esterno è avvolta da un tamburo lobato, che si sviluppa nell’aria e nella luce con un chiaroscuro tenue, ma

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si fonde nell’effetto pittorico totale, le sculture sembrano animarsi e le parti architettoniche, non più intese come riquadrature per la

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dei Santi Luca e Martina (1634-50). Nell’interno di questa nuova chiesa i motivi dominanti sono le colonne, a cui è restituita l’antica autonomia di

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portico e della loggia. Nei due casi, si hanno vigorosi contrasti di luce ed ombra: l’interesse per l’arte veneta, che già notammo nell’opera

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dipingere; e, come per Montaigne, il classicismo è solo una lanterna cieca per non smarrirsi nell’esplorazione dei labirinti interiori, o forse solo un

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religiosità del proprio tempo; lo fa perché la religione è rito, che ripete per l’eternità quell’istante; ed è la storia che blocca l’istante nell’eternità

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: si ha così luce viva nel vano centrale, leggera penombra nell’anello oltre i pilastri. Basta osservare il moderato sviluppo dimensionale delle

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MORAZZONE (1573-1626), che muovono ugualmente dalla tradizione lombarda di Gaudenzio Ferrari ma compiono la loro formazione a Roma nell’ambito del

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sa dell’artista; quasi certamente conobbe opere del Caravaggio (si ricordino gli strumenti musicali nell’Amor vincitore), forse qualche natura morta

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manifesta nel pensiero e nell’opera (ormai insperabili) dell’uomo. La tecnica, dunque, è l’occasione del manifestarsi della logica divina nell’umana; e

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attraverso le vecchie. Non ha senso dividere nettamente i due campi, il Rococò e il Neoclassicismo. Il razionalismo neo- classico nasce nell’ambito del

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, liberi nell’aria come pennoni: se nel portico, che ha una funzione prospettica, la forma è semplice e rigorosamente classica, se il corpo della chiesa è

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troverà «non so che di gaio». La facciata lunga diventa un tema ricorrente nell’edilizia romana: nel vicino palazzo Daria, sul Corso (1730- 1735), il

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vecchia fronte della chiesa (di cui deve conservare gli antichi mosaici). Scompone la superficie in tante aperture, precisando di ciascuna, nell

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. Nella facciata di San Giovanni in Laterano (1736) tenta di ritrovare nell’ordine unico e nell'ampiezza dei vuoti la monumentalità palladiana; ma non

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quello spazio e impegnarlo nell’alternativa vuoto-pieno delle finestre. Palazzo Corsini è in una via: la veduta prospettica è obbligata, le lunghe file

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A Possagno, dov'era nato, il Canova ha fatto costruire, dandone i disegni, una grande chiesa rotonda, in cui si propone di riunire, nell’invaso

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, espanso e s quasi sfogliato nella luce e nell’aria, del Morlaiter e degli scultori veneti del Settecento. Al contrario, il modellato dei bozzetti canoviani

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la conoscesse è provato dall’Ercole e Lica e da molti studi e disegni. Ma, veneto e cattolico, non può accettare totalmente la tesi del bello nell

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, sublimandosi, nell’idealità dell’opera compiuta.

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-1844), allievo del Carstens, uno dei più ardenti sostenitori della poetica i del «sublime». Non seguì il maestro nell’imitazione fanatica di

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