della luce. È questa mobilità di masse d’ombra e di luce, questa sensibilità dell’organismo architettonico alle variazioni del lume, che realizza all
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lo spazio assume nell’articolazione e modellazione delle pareti, della mobilità continua delle prospettive e degli effetti di luce. Come sempre, la
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una «grazia», che non ha la rigidezza né le pretese ideologiche del «bello», e che si esprime nella mobilità di forme «a spirale», evitando le rette
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scorrevolezza verbale, della mobilità delle immagini. L’oggetto della sua «esplorazione» non è lo spazio architettonico del creato, ma il labirinto
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