’ogni genere ci vengono direttamente dal «mondo della macchina» e incrinano (o potenziano) il nostro «mondo della vita»; e d’altro canto non credo sia
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abbiano quel rigore cui la macchina ci ha avvezzati (senza tuttavia essere di per sé «meccanici»), che rispondano quindi a certi requisiti d’ordine
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’uomo, considerato soltanto come oggetto da adattare a determinati meccanismi nel suo rapporto ergonomico con la macchina; e altresì ad una cosificazione
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Ebbene, l’impatto prodotto dalla macchina rudimentalmente operante di Tinguely è molto decaduto se lo si confronta a quello di alcune sue primissime
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estrapolazioni quanto mai complesse, partendo da un singolo segno, da una linea, da una figura geometrica; ma era possibile far realizzare dalla macchina delle
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Tutto ciò per ribadire l’impossibilità d’uno «scarto qualitativo» da parte della macchina e la necessità da parte dell’artista di programmare sempre
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essere eseguiti attraverso immagini composte di lettere o segni prodotti da una macchina da scrivere azionata dallo stesso calcolatore. In questo modo
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. Quello però che nessuna macchina potrà né prevedere né mettere a punto è il «momento estetico» in cui si situano codeste operazioni; lo abbiamo potuto
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pannelli di gommapiuma, quadri fatti a macchina, opere macchiniste, progetti di carrozzerie automobilistiche disegnati dagli stessi artisti del
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anche per il loro valore plastico e cromatico; o come nella kafkiana Macchina triste di Tinguely, dove il fattore plastico (e cinetico) offerto dallo
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secondo tempo, nel 1952, sempre Bruno Munari creò una sua Macchina arte costituita da una base metallica che reggeva un’asta con diversi elementi mobili
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vera caratteristica. Quando, ad esempio, interpretiamo il nome di Underwood (della coperta di macchina da scrivere di questo nome) come «under wood
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TORNIAMO ALLA MACCHINA.
È IMPOSSIBILE PROSEGUIRE IN MACCHINA. C’È TROPPA NEVE.
MI NASCONDERÒ DIETRO LA PALIZZATA. QUELLA DEVE ESSERE LA LORO MACCHINA.
VI SPIEGHERÒ TUTTO IN MACCHINA. INTANTO AVVISATE UNA PATTUGLIA DI SEGUIRCI.
IN DIECI MINUTI SAREMO SULLA PROVINCIALE. RUBEREMO UNA MACCHINA E RAGGIUNGEREMO IL RIFUGIO.
ISPETTORE, AL DI LÀ DELLA CASA C’È UNA MACCHINA FRACASSATA. DENTRO, UNA DONNA... MORTA! È LUCIA VAREN, SONO SICURO!
Getty: «Sì, quando mi tirarono fuori dalla macchina. Trascinato per i piedi, avevo la testa reclinata all'indietro dalla fessura lasciata dal cerotto
Rotòbolo, la macchina teatrale di Claudio Remondi e Riccardo Caporossi che avrebbe dovuto entrare in azione ieri sera in piazza Vetra, nell'ambito
avuto paura, tanta paura. Il terrore mi ha dato la forza di rivestirmi e di fuggire con la macchina della signora Francia. A Ostia ho imboccato la