. «Trenta, mio signore: e con quelli già fatti, settanta». Narco ricominciò a girare, ma svogliato, e trascinava i piedi e dava calci all'erba. «Non si
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ordinava le cose del pasto. Narco già spingeva, stringendo gli occhi e i denti. Ma il ramo era irremovibile come la colonna del tempio: anzi di più
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se ti porta ferita?» «Se la ferita non fosse come il morso del cinghiale, o la cornata del cervo, ma come di spina, io preferirei, Blabante: e
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cavaliere. Così rispose il conte: «Se lo vuoi, lo sarai, buon Blabante. Ma gridami il perché di questo nuovo desiderio, giacché io ti conosco da sempre e
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Risalirono la larga valle dell'Adige che anche allora (poiché il tempo sposta le montagne, ma lentamente) portava a, valichi verso la parte tedesca
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freddo inverno è lontano?» Narco degli Alidosi, già alla soglia, gridò: «Blabante, andiamo dunque!» Ma quello, come se una stregatura uscisse dagli
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mi condannò a non potermi avvicinare a chi amo senza svanire! Perciò, amato amante, o lontani, o niente!» Narco e Blabante si risero uno sguardo. «Ma
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, muoveva un po' le penne ai polli, il pelo alle pecore, le code ai cavalli, i capelli ai briganti... Ma ci sarebbe voluto un giorno perché, uomini e
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, si sono inchinati al loro conte, come usa, per mostrare rispetto e devozione». «Fido Blabante» disse Narco «questa è cosa che so... Ma, per quanto
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splendenti. I cavalli (cui di femmine importa solo se hanno coda e criniera) continuarono a prendere sorsate di fiume, ma Narco attraverso la fessura, e
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adesso, Blabante» disse poi il conte «se questa è quella stessa visione, stiamole ben attenti... Ma guarda come è viva e vera! Non più di sette passi di
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piante, le siepi, o almeno i fiori della strada? Per quanto io vedo, signore, essi chinano il capo, o nascondono i petali dietro tronchi o zolle, ma
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monaco in uno dei conventi che incontravano. Ma Blabante lo spingeva a continuare il viaggio con queste ragioni: «Quando, lo conceda Iddio, mago Antolfo
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bocca a bocca si danno, e non sulla guancia, per affettuosi saluti, o in fronte, per casta benedizione. Ma poiché ti vedo come stordito e quasi offeso, ti
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braccio di ferro l'albero di Kronof. Ma bada: nessuno lo tocchi con corda o con lama, con fuoco o con fumo, con laccio o con bastone. Tu solo, e con la
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vero: il tuo fiato non lo posso curare, ma posso dirti come si cura, e come scompare». «Mago, che devo fare?» «Lasciare il tuo potere: perché a rare
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dirottamente. «Perché piangi, Terpione?» domandò Narco. «Perché, signore, mi duole che la cura non solo non abbia fatto miracoli, ma nemmeno opera buona
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