incorruttibili; ma l'egoismo arriva sempre inaspettato, seduce o inganna le sentinelle, sempre si asside in consiglio e lo domina. I piaceri dell'egoismo non
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avvicinare fra loro i fatti più affini. Lo stesso vorrei dire per la classificazione dei sentimenti e delle facoltà della mente. Ma l'entrare in
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massimo, trova la più completa sodisfazione. L'uomo assetato di gloria getta lo sguardo avido e penetrante sulla molteplice rete di strade che guidano
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determini la natura fisiologica con un buon aggettivo, oppure lo si chiami fierezza; parola che vale meglio ad indicare la reazione massima del sentimento
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straordinario. Ora ci troviamo nell'ordine naturale innanzi all'amore tra gli uomini, e ci vediamo aperto lo smisurato orizzonte dei veri affetti, nel
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una spina dalle carni di un fratello ferito, che lo ha difeso dagli attacchi di una belva, o gli porge il cibo quando è affamato, esercita i primi atti
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La fisonomia delle gioie del sentimento benevolo, messo in azione, è per lo più calma e serena, e ben di rado si esprime col riso e con atti molto
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dimostrargli il nostro affetto e a farci a lui vicini. Per lo più la simpatia nasce contemporaneamente in due individui, e il piacere che ridesta
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di grado; ma essa può esser guidata dalla mano del macchinista per superare lo spazio, o può mettere in moto i macchinismi di un opificio; può tener
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veduto il nobile sentimento dell'ambizione, mostrarci nella vanità una forma meschina. Altre volte l'affetto è colpito da una fatale malattia che lo
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dispettomani attaccano l'uomo e lo tormentano con mille scherzi più o meno leciti, ma sempre frivoli e importuni. Quando però i dispetti non oltrepassano
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compiace del male altrui, sente anche nel momento della gioia un turbamento misterioso che lo lascia godere imperfettamente. La donna gode assai meno
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. Esso è uno dei piaceri meno intensi, ma che dura quanto la vita e che non viene interrotto che dai dolori che lo sopraffanno. È nella gioventù che
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indefessamente senza sorridere, ma quando è allegro, dove quasi sempre la sua gioia alla coppa di qualche sentimento che lo inebria. Perchè una facoltà
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al lavoro. Si potrebbe dire che essa sia lo sguardo dell'intelletto, senza del quale la coscienza non riflette e la memoria non ricorda; è l'occhio del
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accompagnato da piacere. Piacevoli sono invece i momenti che lo precedono, quando le idee cominciano a confondersi e il lume dell'intelletto si va a poco a poco
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passare al più piccolo grado di piacere senza un vero spasimo di voluttà; mentre, quando si è in calma, lo stesso avvenimento che ci ha fatto delirare nel
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di mani e con atti che servono a presentare al calore la maggiore superficie del nostro corpo. Quando invece lo stare al fuoco diventa quasi una
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, si mostrerebbe la via del piacere in azione, ma si farebbe sempre un lavoro di sintesi analitica, nel quale si dovrebbe far sentire necessariamente lo
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piacere, formano i suoi lineamenti o lo scheletro anatomico della sua fisonomia; mentre la parte che prendono le facoltà morali nell'espressione del
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, e servono a definire lo stato in cui ci troviamo. L'intelletto non può avere la necessaria calma per analizzare il piacere che ci innonda, e non
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ridesta in lui lo stesso fenomeno; per cui, alla sua volta, chi ha ricevuto si fa benefattore, e i doni si scambiano reciprocamente e senza posa. Ma v'ha
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patologici che provengono invece da una condizione morbosa passeggera sono molto vari. Lo scabbioso, o l'individuo affetto da qualche malattia
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Lo stato di salute può influire in modo straordinario sulla natura dei nostri piaceri. Le malattie, arrecandoci dolori positivi, diminuiscono anche
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nuovi fondi, lo si abbandona a sè. Ben sovente l'esperienza non fa che inasprirlo e non lo corregge mai affatto. Esso ritenta le antiche speculazioni
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dell'elaborazione intellettuale; ma è la riflessione del nostro io nel mondo che lo circonda, è il prolungamento indefinito nello spazio del fremito
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schiamazza, o, immobile e muto, sorbisce le onde di piacere che lo assalgono. Il brio dell'espressione, la vivacità dei movimenti, la lucidità
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possono elidersi, sovrapporsi, modificarsi e incrociarsi. XXV. - Esistono piaceri nuovi affatto ignoti all'uomo, e che esso proverà lungo lo splendido
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costituzione fisica dell'organismo, così lo è pel suo sistema nervoso, e un piacere non potrà mai essere esclusivamente fisico, senza interessare, più o
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l'abitudine rende meno intense anche le sensazioni più squisite; sia perchè l'avidità di godere lo porta ad immaginare nuove voluttà, sia perchè le
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, uscito d'un tratto nel mondo, ascolta con avida brama i rumori della vita operosa che lo circonda. Così il sordo, che viene a un tratto guarito con
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tutto il corpo verso l'oggetto della nostra osservazione. Quando invece analizziamo una sensazione complessa, giriamo lo sguardo in tutto il campo
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vediamo in una volta sola lo sbuffare della sua infuocata fornace e le volute del fumo denso e nerastro, il sibilante sfuggire del vapore, lo sforzo
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perchè rare. Vi si riferiscono la lucentezza degli specchi e di molti metalli, il luccicare della mica e lo splendore tutto particolare di alcune pietre
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piacere. Lo stato intermedio fra l'aspirazione e il godere è spesso sorgente di gioia, e non riesce spiacevole che quando si incomincia a disperare di
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supporre che tu sia un ragazzo che ama lo studio, che va a scuola volentieri, che non trascura le sue lezioni. Ma non ti è mai capitato, alla
era mal rigirato. E sia detto a sua lode che seppe risponder molto bene alle umili parole del Cardinale Federico, il quale lo pregava di dirgli se
desideri, e allora è suo diritto rispondere con un fermo e deciso e motivato rifiuto ai genitori, che lo trasmetteranno colla massima cortesia al non gradito
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, rispose precipitosamente: Mais oui, certainement oui! I padrini stanno a lato degli sposi, per lo più in piedi, tutto intorno fan corona i parenti e gli
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quello che vogliono ordinare. Egli che ha dietro e intorno a sè una quantità di gente che ancor lo sta chiamando, non ha tempo nè voglia di ascoltar
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chi va al teatro unicamente per godere la sublime elevazione di spirito a cui lo rapisce la musica o il dramma, e forse per quella volta sola, e a
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contribuire molto a formar simili voci: ma l'educazione più comune dovrebbe bastare a farci evitare vizi spiacevoli come lo strillare, il tener sempre
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“Babbooo!...” Gli occhi dal lavoro alza il babbo: “Oh il mio tesoro!” grida e d’impeto lo allaccia, consolato tra le braccia.
Ma il vicin che è volpe vecchia ai dinieghi suoi non crede e lo tira per l’orecchia, Bilbobul le stelle vede.
Il vicin lo vede in pianto, gli dà un soldo impietosito. Bilbobul s’allegra tanto che già tocca il ciel col dito.
Il suo babbo sbalordito dal magnano va e lo prega che al bambin accorci il dito col martello e con la sega.
Intanto il nostro Don Chisciotte, chi lo ferma? In uno sgangherato galoppo, egli avanza verso l’impari tenzone. Solleva intorno una nuvolaglia di
Al tonfo che n’è uscito, Sancio Panza riapre gli occhi e ammira con sbalordimento lo sfacelo del suo ardimentoso padrone. - Sapevàmcelo! - sospira. E
? Gli corre addosso?... Vuol rompersi le corna? Infine, visto inutile ogni richiamo e siccome è di cuore dolce, chiude gli occhi per non vedere lo
Crasc!... Lo scontro si risolve in un amen; giacché un braccio del gigante - ossia un’ala del mulino, mossa in quell’istante da una gagliarda ventata