Pel ragno sospeso tra fila d'argento i baci del zefiro son sbuffi di vento. Al verme indifeso togliete la fede che il fango non l'odia che l'astro lo
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, giumento è anch'esso se desìo lo punge di far commenti! E lo danni alle forche il capitano, se, a pergamo salito, contro i fratelli che mordono il
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, serbiamolo al biondo suo lucido crin! E tu che ti nomini l'immenso avvenire, tu culla dei gaudii, dei pianti e dell'ire, lo guarda, e inargèntati, lo
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Colma il mio nappo, giovinetta bruna!... Vedi, la bianca e spensierata luna vi infilza un raggio... viva lo specchio, l'incubo e il miraggio! Questi
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lo dice.
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padre; ma le materne lagrime non prevedeva Iddio? Oh lo spietato oblìo che domina nel cielo! Nel cielo ?...Arpìa, silenzio! Ci può la madre udire: la
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all'ombrìa, l'universo è giocondo, e tu sei mia! Io sospirava : amo, confido e credo ; il futuro lo sento, il Dio lo vedo!... O puri affetti, o rime
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Stanco son io di splendidi cieli e fronzute piante; mi annoia lo spettacolo di una beltà costante; venga il dicembre, ed operi un cambiamento a vista
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Il marchio aspetto delle bianche chiome, a cinque lustri errando nella vita, vecchio come una quercia, e affranto come un sibarita. E lo sa Iddio se
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fecondi affetti, e in un bacio affamiglia il ciel, lo stagno, il sasso, e il giovin granchio al passo aiuta, e il nibbio al vol. Il sol che vide al
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rive dilette, le vette - le strette battute dal cor? Lo spettro novissimo spalanca la bocca; fratello, raccontami se il vaso trabocca; la tomba è una
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disposti in vedetta. Pur questa notte una mano furtiva l'innaffiatoio rubommi in giardino! (Se fu per fame che alcun lo rapiva, Iddio nol vegga l'agreste
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... Ma un canto ecco s'innalza, e un uomo, al muro brancicando, arriva. - Chi è, chi non è ? Oh povero me!... Il prete lo giura, ma nulla io ne so: chi
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mie lontananze, ricerco l'esule che fu me stesso, il bimbo, il giovane che un padre è adesso. Lo trovo : memore della campagna, bever le tenebre della
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Noi siamo figli dei padri ammalati; aquile al tempo di mutar le piume svolazziam muti, attoniti, affamati, sull'agonia di un nume. Nebbia remota è lo
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il fango mi conquista. Prega, prega che torni il ciel sereno! Tu non lo sai che l'uomo è anch'esso un bruto ? Fuggi, fuggi da me; su questo petto ti
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nel fango si educò di un cataletto, nulla udiste venir lungo lo stelo, verso i petali schiusi, e verso il cielo? O fior, centuplicatemi l'olezzo
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nel nimbo fatal che lo circonda l'affetto immenso, e la pietà deponi di un altro figlio! Sarà il canto di un cieco, e sarà l'obolo di un mesto
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! E anch'io, crisalide forse di un astro, da un sassolino a te m'inchino: luna cornuta che mostri muta l'anel reciso nel paradiso, di cui lo sposo
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caffé sbadiglia d'arte, per noia e moda, che il nome mio non s'oda, o ch'ei lo insulti io vo'! L'insulto e la calunnia, sposati in un sorriso, non
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. Dimenticato anch'io, son mesi e mesi che ho mutato cammin, come gli uccelli che sul miglio infedel piansero molto, poi decretar lo sfratto. I fiorellini
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all'aura : oh dolce il tuo sussurro! e alle rondini : addio! e ai passeggier: vi benedica Iddio! E, alla parola Iddio, lo assalse un'alta riverenza, e
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macilento... Lo urtai: la stoffa che lo mascherava si aperse al vento, e, come un filo che trovò la cruna, un raggio uscì dalla sua falda bruna; io gridai
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guarda fisso, e l'ignoto Signor nel tuo lo vede occhio pieno di morte, e pien di fede. Elemosina a lei, la poverella che un dì fu bionda, giovinetta e
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un usignuolo, ed il lenzuolo è porpora regal se tu lo cuci, o donna piena di gioie e di luci! O donna piena di delicatezze, le tue bellezze fan sognare
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sante gioie, o speranze divine! Rifioriran, mia mesta giovinetta, rifioriranno quei tempi d'amore; e tu lo sai, dagli angeli protetta, tu che sei buona
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! Lo vidi affaccendato i vessilli a intrecciare, mentre, insieme alla fante, io l'aiutava ad allestir l'altare; come officiò esultante, come pura la
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lo venian dal placido suo tempio a scongiurare le dee della famiglia, le sue dilette glorie, cinte di pie memorie, belle di noti fior... Tacque, partì
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colle vostre clamidi, giù cogli scettri d'oro, gridando in mezzo al coro: Filiste, Iddio lo vuol! E tu, tu cogli il parroco, calvo domenicano, solo
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fosse il retaggio, il motto dei guerrier della lira e del pensiero, vi inchioderei sul cor!... ma gli è lo scotto del mondo intiero! Andatene, per Dio
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città sbadiglia... io stanco sono...oh il fulgido sole che spunta adesso, quello è sempre lo stesso da quando in cielo entrò! E a noi mutar coi
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culle, giovinettine uscite, chè lo Sposo del ciel non giunge mai!... Le son fiabe ordite dalle badesse, perché mai nessuna si rompa il capo alla
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