In Valle Coritnica Alto Isonzo l’avversario era rimasto in possesso d’un bosco donde molestava col fuoco le nostre linee: un nostro reparto lo assalì
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Durante la seconda incursione, tra lo scoppiare delle bombe, i nostri aeroplani si levarono arditamente a volo, ma la squadriglia nemica si allontanò
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Nella zona di Plezzo, compiuto l’assetto difensivo delle posizioni recentemente conquistate, la nostra offensiva diretta a completare lo sbarramento
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In valle del torrente Pontebbana Fella un nostro reparto in ricognizione incontratosi con altro del nemico l’assalì e lo fugò, prendendo 17
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Sul medio Isonzo e sul Carso attività intermittente delle artiglierie. La nostra provocò lo scoppio di un Draken nemico nelle vicinanze di Sella
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avanzato dovuto sgombrare all’alba del 27 agosto, facendo prigioniero al completo il riparto avversario che lo presidiava.
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distruzione e lo scompiglio.
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; il nostro tiro provocò lo scoppio d’un deposito di munizioni nemico sul rovescio della Zugna Torta.
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difensive e riportarono armi e prigionieri. A sud di Ponte di Piave occuparono un isolotto, annientando il posto avversario che lo presidiava.
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Sulle pendici settent. del Monfenera una nostra pattuglia piombata di sorpresa su un nucleo avversario, lo fugò e gli prese qualche prigioniero.
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In Valle Ornic una nostra pattuglia assalita da un nucleo avversario più numeroso, lo respinse e lo obbligò alla fuga.
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Pe’ vvita mia! Nun siate vedovo. Nun siate ammazzato Mor di voi! Te sii magagnato lo mazzallo, lo core e lo cervello! Che ppozzi fa’ la fine de lo
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Er candelabbro che sse vede scorpito sotto a ll’arco de Tito, era tutto d’oro e lo portonno a Roma da Ggerusalemme l’antichi Romani, quanno
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altro giocatore che lo rincorre, e se lo tocca lo fa prigioniero. Ognuno di questi vale un punto; e il giuoco si vince a capo di dodici punti.
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— Prosperi: lo volete er prosperaroo! — Ceerinii: du’ scatole pe’ ttre ssórdi!
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Papa lo malediva er palazzo Colonna tremava. (L’ho inteso io in persona; perchè dda regazzino ciannavo co’ pparecchi antri regazzi a appoggià’ la mano
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. E pperché: annatejelo a ddomannà. R. Si nu’ lo sa lui, come volete che lo sappi io? ecc. E così l’una insiste coi pèrché, e l’altra se ne schermisce
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Indovina, indovinarèllo: A cchi cc’indovina je do un anèllo. 1. Vé lò dico, vé l’ho ddetto, Vé lò torno a ddi’ dde nôvo, Fra le donne m’aritrovo. E
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sprennore e s’intese dì: "Va a ttar posto e indove troverai che ccià ffioccato, facce fabbricà una cchiesa". E vvarda combinazione! Lo stesso insogno
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Andava in giro nella settimana che precede quella Santa e gridava: — Lo scacciaraagnoo! Ripuliteve la caasa, donnee!
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È per lo più abruzzese. Egli canticchia nel suo dialetto e con voce monotona: — Campobasse, cortelle, signorine!
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Esse de casa Strozzi: Fare lo strozzino. " de Bassanèllo: Di bassa taglia. " de razza Schiavetti: Come sopra. I piccoli cavalli sono detti Schiavetti
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. Oppuramente fàtevece un bell’impiastro d’erba palatana, che vve farà gguarì’ lo stesso; abbasta che cce lo tienete appricato pe’ ddua o ttre ggiorni e
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Lo si vedeva in giro, e ci va tutt’ora, sebbene raramente, in primavera, e nelle prime ore della notte: — Ova toste, ova, ohé!
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Va attorno nelle ore stesse del suo collega l’acquavitaio, e su per giù, con lo stesso tono di voce, dice: — Caffè, per un soldo!
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tera. ’Sto regalo je lo faceva in de la nottata quarche amico affezzionato, che si ppoi er cornuto lo vieniva a scropì’, spesso spesso ce scappava l
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È comunemente un contadino marchigiano. Porta sulle spalle un fascio di scope e di spazzole, ed in mano delle serte d’agli: — Lo scoparoo, ajaroo!
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Per il passato era israelita e per offrire la sua merce si esprimeva così: — Lo sciabbichèllo vivo! — Li sardi da fa aròsto! — Merluzzi e trije! — Er
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der pózzo e in de la funtana, Ner core de chi mm’ama. Si mm’ama se lo tiènga; Si nun m’ama m’ariviènga". Oppuramente pijate un tòcco de zucchero
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farà mmaschio o ffemmina. ’Sta cosa per lo ppiù succede quanno se magneno li polli. Ce so’ a ppranzo, mettemo, du’ donne gravide? A ddua de l
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pe’ la qualé. Presempio, a le donne, quanno nu’ stanno bbene, la féde jé s’appanna; e, ne lo spostalla un tantinèllo dar déto, ce se troveno sótto un
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Li lupi o le lupe che siino, se ponno, in un giorno, divorà’, abbasta che lo vonno, puro un branco de pecore, in uno o in dua de loro. ’Sto gran da
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! — Lo scopijo! ecc., ecc.
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lo stommico. Co’ ll’antre tre ccipólle fateje la medesima funzione pe’ ssei ore de fila. Intanto que’ llatte je lo darete a bbeve a ccucchiarini. Fatto
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Si mostra per lo più d’inverno, nelle ore pomeridiane. Come il suo collega l’ovaro, entra in tutte le bettole ed offre la sua merce al grido di
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"I carciofolari erano cantori e suonatori d’arpa; specie di bardi girovaghi, nativi per lo più degli Abruzzi, così chiamati dalla stessa parola
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È un divertimento che i ragazzi si prendono spesso. Pigliano un pezzetto di specchio, lo collocano contro il sole, e ne ripercuotono i raggi entro le
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l’ha ordinato se lo goderà.
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zzompeno addosso, lo légheno, e o l’ammazzeno o sse lo porteno via.
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Li ggiudìi, allora, staveno tarmente attaccati a la religgione de loro, che nun magnavano mai carne de porco; e la festa, ossia lo sciabbà (er
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Doppo che avebbe ammazzato su’ fratello Abbele, er Signore pe’ ggastigallo, lo condannò a ppartì’ in sur subbito p’er monno de la Luna, e a restacce
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Quanno l’anno cià er bisesto, ciovè a ddì’, che ssarebbe quanno er mese de frebbaro, invece de 28 ggiorni, ne porta 29, pe’ lo ppiù in quell’anno
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accusì ggraziosa che incanta chiunque capita a ppassà’ dde llì; e quanno ariva a incantà’ quarch’ômo, se l’abbràccica, e sse lo porta co’ llei a lo
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. La regazza, cacciava da la saccoccia un bicchiere nôvo, indove nun ciaveva mai bbevuto gnisuno, l’empiva d’acqua e ppoi lo dava a l’innammorato
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— Pijalevelo, donne, er 28! — Ce n’è arimasto uno! Chi sse lo pija? Chi sse la gode ’sta gallinaccetta? Ciò dicendo, mostrava il premio che si
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Quanno vé viè’ quarche ppostèma (che ppe’ lo ppiù vviengheno a l’orecchie), fàtevece scolà’ ddrento un po’ dde latte de la zzinna da ’na donna ch
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, er cannejére, la vecchiaccia, la colonna, lo specchio, la spina der pesce, la tavola, ecc. ecc.
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La prima notte de lo sposalizzio, quanno li spósi vanno a lletto, er primo de loro dua che smorza e’ llume, quello môre prima. Se dice anche che
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’ dàlli a li bbambini. Li bbambini stanno male. Ggira ggira lo spedale: Lo spedale stà llassù, Daje un carcio e bbùttelo ggiù!" e nel proferir la parola
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Ho conosciuto una strega che sse tieneva sempre un galletto vivo in saccoccia. Quanno lo cacciava fora e je diceva: "Cresci", quello diventava
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