te la darò! — Il Re avea condotto con sè le sue guardie, e ordinò che quella donna del malaugurio fosse chiusa in una prigione. Da quel giorno in poi
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ora che fare? — E la Cecina, dal suo palazzo del pancione: — Datemi da mangiare! datemi da bere! — Il popolo intanto mormorava per le tasse; giacchè per
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qui delle pedate. — Son forse le vostre. — Ah! son le mie? — La strega afferrava una mazza di ferro e: — Di dove vieni? Vengo dal mulino. — Basta, per
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dove fiutavan le pedate. Ma per sua buona sorte era buio fitto; e l'Orco, cercato inutilmente per un po' di tempo, andava via chiamandosi dietro i
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E gli scatenò dietro i cento mastini di suo padre. Ma sì... il Re era sparito. Con quell'olio le carni della Regina tornarono subito morbide, e si
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Quando le due sorelle intesero la bella fortuna toccata alla minore e videro quella sorta di regali che loro inviava, arsero d' invidia e di dispetto
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Re Sole continuò il suo viaggio, e quelle due sorelle se le mangiarono i vermi. Stretta è la foglia, larga è la via, Dito la vostra, che ho detto la
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cavallo, la sollevò, e, visto che non s' era fatta nulla di male, cavò di tasca le poche monete che aveva e gliele mise in mano: — Vecchina mia, non
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. Che darti? Il mio sonaglino. — Che cosa vuoi me ne faccia ? Tienlo caro. Un giorno forse, ti servirà. - La Reginotta le staccò dal collare il
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; sei spacciata. Nella quarta stanza c'è la fontana. Appena entrata lì, senza esitare un momento, tùffati dentro l'acqua con tutte le vesti. - La
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. La sua figliuola l' ha lì, chi volesse vederla. — Dunque tu ci hai corbellati! — E la misero in prigione. Le rimaneva in tasca il sonaglino. Disperata
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quando era entrata nel bosco per l' Uomo selvaggio. Figuriamoci che allegrezza! Le feste e i banchetti non ebbero a finir più. Ma di nozze non se ne
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gli diè una tirata alle gambine, e queste, di bòtto, gli si raddrizzarono. — Maestà, afferratemi bene, la Regina per le braccia e voi pei piedi, e
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po' urtato con l' asse, e lui, stizzito le tirò un calcio. Tizzoncino ruzzolò le scale. Quelle pagnotte e stiacciate, tutte intrise di polvere, tutte
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gli animali feroci. Era uno spavento! Urlavano, digrignavano i denti, spalancavano le bocche; ma quello sempre avanti, senza curarsene. Finalmente
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aveano spento le fiamme, si fece coraggio e si presentò: — Maestà, perdonate; la colpa non fu mia; fu del mago traditore. Ora è un'altra cosa. Caviamo di
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tentar lei: — Fra loro donne si sarebbero intese meglio. — Fece le sue provviste di pane e vino per otto giorni, e partì. A mezza strada: — Maestà
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, partirò io! È la nostra. cattiva sorte! — Ma, saputo che quella recava l'unguento da far sparire le gobbe, le andò incontro col Re e con tutta la corte
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— Se ci si combina, lo prendo. — Ve lo do per un soldo. — Il cenciaiuolo le tolse il bimbo di braccio e le mise in mano un soldo bucato. A quella
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preparativi, poi, secondo le istruzioni del mago, mandò a chiamare la mamma del bimbo a palazzo reale e la fece sedere a lato della Regina. Il puttino
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passione lo conteneva. Eran passati sei anni, sei mesi e sei giorni. Il Re, dalla contentezza, si fregava le mani. Fra poco quella ragazza più bella della
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contro il Reuccio, che le aveva dato ad intendere tante sciocchezze; e appena fuori, cominciò a sentire per tutto il corpo un brulichìo e un brucìo
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mano, e si scorge che, da capo a piedi, era piena di zecche. Si sveglia il Re: è pieno di zecche anche lui. Si svegliano i ministri, le dame di corte
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. I generali, le dame di corte, gl' invitati, nel momento d'abbigliarsi per la festa, tutti avevano trovato le loro uniformi e gli abiti nuovi
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? — E lo condusse dentro, nei magazzini. C' erano tutte le fiabe del mondo, situate nei cassetti fatti a posta, classate e numerate; e il mago Tre-Pi gli
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! Pss! il Re dorme! - E canta, canta, canta, il Re s' addormentava peggio d' un ghiro anche lui. La mattina apriva gli occhi: le arance d'oro non ci
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venne ad aprire. — Che cosa volete? E chi è costui ? Temerario, come osi di venire da me! — E voleva scacciarlo via. Quelli la rabbonirono e le esposero
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e se ne riempiva le tasche. Ma nella stanza appresso, i diamanti, sempre a mucchi, eran più grossi e più belli. Il Re si vuotava le tasche, e tornava
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fu quando il Re di Francia mandò a dire che fra otto giorni arrivava. Come rimediare con quella figliolaccia caparbia? Dallo sdegno, le legò le mani e
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canto; c'è del pane e del formaggio: mangerete per questa sera. Domani a mezzogiorno, aspettami sotto le finestre del palazzo reale: sarà la tua
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fortuna, se la, cavò con qualche ammaccatura. Per le vene ferite delle braccia la vecchia cercò un' erba, e gliele medicò con essa, e gli sanarono a un
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vergogna. Infatti nascondeva il suo difetto, tenendo basse le trecce. Ma un ministro se n'accòrse: — E le orecchie, figliuola mia% dove le perdeste le
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arrampicarsi, e il Re se la tolse in collo. — Babbo, che andiamo a fare lassù? Torniamo indietro. — Il Re non rispondeva, e si bevea le lagrime che
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! Gomitetto! - Ma Gomitetto non rispondeva. Un bel giorno le domandò di nuovo: — Vuoi vedermi? — Volentieri. — In un anno dovea esser cresciuto un pochino: ma
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, e più tremava e si smarriva. — Mi vuoi per marito? Voleva rispondergli: sì, ma le scappò detto: — Oh, no! no! — Allora vien qui! — E l'afferrò colle
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INDICE DEDICA . . . . . . . . . . . . . . . .Pag. 5 PREFAZIONE . . . . . . . . . . . . . . 7 Spera di Sole . . . . . . . . . . . . . .11 Le arance
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Pagina Indice
, aspettando dietro le quinte la sentenza del pubblico, credo abbiano tremato al pari di me nel vedermi davanti quelle vispe ed intelligenti testoline
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Pagina Prefazione
pagnotte e le stiacciate bell' e cotte. Insomma non riposava un momento. Tizzoncino era sempre di buon umore. Un mucchio di filiggine; i capelli
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bella, spesso diceva: — Neppur le fate potrebbero farne un'altra come questa. — Ma una mattina, va per levarla di culla e la trova contraffatta, con una
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sotto il braccio e la ciambellina sul capo, andava di qua e di là a prender le pagnotte e le stiacciate da infornare; poi, colla cesta sulle spalle, di
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mise in viaggio, e la prima città che incontrò, cominciò a gridare per le vie: — Fiabe, bambini, fiabe! Chi vuoi sentir le fiabe? — I bambini
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LE ARANCE D' ORO Si racconta che c'era una volta un Re, il quale avea dietro il palazzo reale un magnifico giardino. Non vi mancava albero di sorta
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vecchiarella: — Fate la carità! — Quella per la noia di cavar le mani di tasca, rispose: — Non ho nulla. — La vecchiarella andò via- brontolando. — Che cosa
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riuscire a maritarle. Le ragazze non avevano dote, e senza dote un marito è un po' difficile a trovarsi. C' era una volta.... 9 Un giorno questo povero
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Re, e sentito: Bimbo mio, tu, sarai Re, la prese in mala parte, perchè non aveva avuto ancora figliuoli e ne era accorato assai. — Comarina, — le
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IL CAVALLO DI BRONZO C' era una volta un Re e una Regina, che avevano una figliuola più bella della luna e del sole, e le volevano bene come alla
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pace. La tenevan rinchiusa, sola sola, in una camera appartata e, un giorno il Re, un giorno la Regina, le portavan da mangiare in una cesta. Quand
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. La fata, vedendola piangere pel rifiuto del Re, le disse: — Sta' tranquilla: ti sposerà e dovrà venire a pregarti. Lascia fare a me. - Infatti un
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LA FIGLIA DEL RE C'era una volta un Re e una Regina, che avevano una figlia unica, e le volevano più bene che alla pupilla de' loro occhi. Mandò il
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della balia erano accorse le guardie. Fruga e rifruga, tutto fu inutile. Venne l' ora del pranzo. — E la Reginotta? — domandò il Re. I ministri si
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