venne una gran voglia di scoprire se era vero ciò che gli aveva raccontato la mamma. Il gatto era coricato su un fianco, con le zampe in fuori che
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C'era una volta (e c'è ancora) un piccolo paese disteso nel verde e al sole: nel paese c'era un palazzo alto alto e sul tetto del palazzo, nascosta
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!» Anche in altri cortili i bocconi gialli vennero disposti dall'uomo e c'era sempre qualche passero che, ormai sfinito per il lungo digiuno, ci lasciava la
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In un altro cortile c'era un pollaio socchiuso, ma la casa dell'uomo era vicinissima: dietro i vetri si scorgeva la sua testa che tratto tratto
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Come tutte le cose brutte, anche l'inverno un giorno fini. Palla di fuoco, che aveva fatto una cura ricostituente, si era irrobustito e una mattina i
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pronunciare una parola se lo strinse affettuosamente al petto come quando, dentro al nido, gli narrava che cosa c'era nel mondo. — Mia cara Mamí
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Una mattina che mamma passera non c'era, Cipí scappò fuori dal nido e saltò in cima al camino e vide un buco fondo fondo e nero come il carbone. E
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Appena i fratelli di Cipí impararono a volare, mamma passera accompagnò i figlioli a vedere che cosa c'era intorno al palazzo sul quale erano nati
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cespuglio, si guardò attorno per rassicurarsi che non c'era piú pericolo, spiccò un lungo volo sopra i prati fioriti ed arrivò al fiume. Là c'era la
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Avanti e indietro dalla campagna al cespuglio, Cipí trascorse giorni di sacrificio, ma non gli rincresceva, anzi era piú allegro perché ogni giorno
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, impaziente di cominciare. Cerca e cerca finalmente trovarono: sul palazzo dove Cipí era nato, proprio sullo spigolo del tetto opposto c'era una tegola
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Quella sera stessa, Palla di fuoco si era appena coricato quando il vento della collina, strisciando fra i comignoli, arrivò urlando: — Via! Via
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guaio era che a sentir quelle, anche le altre coppe di bronzo dei dintorni saltavan su a brontolare; dopo un po' però il chiasso cessava e la notte
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partenza delle rondini! Muta era la campagna e s'udivano di quando in quando i sospiri delle foglie gialle che, dopo aver tanto lavorato, salutavano con
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trasformò in milioni di farfallette volteggianti, ed era un bel gioco e taluna diceva: — Io voglio adagiarmi su quella pianta solitaria! — e un'altra: — Io
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: — Un momento compagni! Ieri, gabbia e cordicella c'erano? — Ieri non c'era niente, — spiegò Beccodolce che veniva spesso in quel cortile. — Stiamo
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Trovare altro cibo fu impossibile: la terra era ormai coperta da uno strato altissimo di farfalle bianche sulle quali calavano senza posa milioni di
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Una fredda sera che il sonno tardava a venire, Cipí si sporse dalla tegola e vide un fatto straordinario: nel muro della casa di fronte c'era un buco
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! E se ne andò da Beccodolce. Beccodolce era molto triste, e disse perché: — Da tre giorni il piú buono dei miei ultimi figli è partito da casa e non
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fine. Non abbiate paura delle ombre... fissate la nostra luce e venite... fissate la nostra luce e venite... venite... Cipí, che sino a quel momento era
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carabinieri pioppi per salire in cima alla bandierina, il grande albero era già gremito. In primo piano, fra i giovani irrequieti e tumultuanti c'erano
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favorevole controlibeccio. Alcuni uomini si vedevano sul ponte: il timoniere e tre marinai che pulivano del pescato. Da poco, sul terzo di poppa, si era
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tramonto, Maometto era venuto ad accogliere la risposta. Al mattino, nello stesso salone in cui era avvenuta la cerimonia di accoglienza, Gentile
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quello che aveva da sveglia. Il suo modello, d'altra parte, era mobile, e non lo si poteva in alcun modo far restare a lungo nella stessa posizione
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. In faticosi sussulti, che lentamente si fecero meno ampi e dolenti, si addormentò. Sognò terribilmente. Era il Sultano: non Maometto Secondo ma un
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vasi sparsi. Nessuno di loro sembrò accorgersi del passaggio dei due uomini. Il giardino era stupendo, cinque volte piú grande di quello del signore di
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di Amilah era l'immobile centro: anche quell'attesa finì. Ci fu un lieve suono di passi, di tende che si aprivano. L'aria si mosse: la gran cortina di
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tela ciò che si mostrava, dall'altra, il loro saluto. Giudicato compiuto il ritratto, Gentile comunicò a Kama Katuray che l'opera era terminata. Non ci
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al massimo il vento compatto da Settentrione. Gentile, che durante le giornate burrascose era rimasto quasi continuamente sdraiato sulla cuccetta
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3. Veniva Filippo da Firenze a Prato, che nemmeno allora era gran viaggio, però da fare piú volentieri in compagnia che in solitudine. Gli camminava
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conventuale, e per propensione di lui a non cacciare in boschi prossimi, quel lavoro era sempre rimandato: sempre si mandava a dire che sarebbe fatto
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dorato dell'abside, riempiva lo spazio di una velatura immota, e sfiorava i volti chiari delle monache modellandovi ombre pastose. Suor Marta era in piedi
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del solito lavoro, trovandosi alla fine stanca il doppio. A Vespro tentò cento volte di non portare gli occhi alla cortina da cui, quel giorno, era
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? — Il tuo parlar di pittura, ieri, era piacevole e bello: madre Pia crede però che la giovane se ne potrebbe turbare. Oggi taceremo. — Anzi, faremo
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. Il ritratto era buono, ma non felice. Aveva dipinto la donna senza il velo monacale, con i capelli, di cui immaginava il colore, raccolti attorno al
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non che, senza segno o ragione, anzi al mezzo di una pietosa obbedienza, suor Marta era scomparsa. Violento, greve, il signore fece domande su
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garza bianchissima entrava una luce abbondante e uniforme, che riempiva lo spazio come un latte gassoso. L'unico accesso dal resto del palazzo era la
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, colorando. Il movimento della mano di Sakumat era pacato: sapeva attendere che attraverso la parola, le risate e i ricordi, il segno fosse insieme
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contare. — Qualcosa che non si può contare, è infinito! — fece Madurer. Ormai il mare era completo. Tutto attorno alla stanza, fino al pavimento
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doloroso. Al mattino riposava tranquillamente, ma era molto pallido. Un leggero sudore gli bagnava l'orlo delle labbra e della fronte. Ganuan vegliava con
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, — perché il mare è grandissimo, e non ce n'è mai abbastanza. Pensavo che ci avremmo messo qualche isola, e altre navi: era un progetto che mi piaceva
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11. Sulle pareti della terza stanza nacque il prato, ed era un prato a primavera. L'erba di un verde fragrante era entusiasta, corta e compatta; i
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come una pietra di primo rango nel pietrame del fondovalle. La discesa, lungo il lato sud, era meno diretta della salita, per un terreno dalla
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Ganuan, e levò lo sguardo dal figlio, per osservare altre parti del paesaggio. — Vedo laggiú un'altra novità, — disse, — non c'era neve su quelle montagne
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«fratello» è dolce da sentire. Ti chiedo soltanto un cavallo giovane. Il mio era già vecchio quando arrivai: non sopporterebbe il viaggio fra le montagne
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, maestro? Che flotta? — disse Domenico Cavino, che non era uomo rozzo, ma dovendo imparare l'arte della navigazione non aveva avuto gran tempo per le
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3. Madurer era un bambino pallido ma non infelice. Sebbene avesse quasi undici anni, la vita rinchiusa aveva rallentato la fioritura del suo corpo, e
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. La nave di Naguat Tafi era un'imbarcazione di medio peso, solida e ricca. Portava la vela turca, e due file di remi rossi come chele d'aragosta
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6. Il salone era immenso, e immensamente bello. Per tutti i dieci metri della loro altezza, le pareti mostravano scalini a intervalli di trenta
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7. L'alloggio era completamente rivolto a Nord, verso lo stretto abbagliante, affollato di barche da pesca e da trasporto come un immenso canale
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