alle cinque navate e la centrale, per di più, rimase senza la volta. Vi sarebbe dunque stato un contrasto tra l’architetto, che avrebbe voluto rifare
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stesso avrebbero difficilmente compreso e accettato: si dovrà conservare «la primitiva forma, et abbellirla». L’ornato è dunque disgiunto nettamente
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dunque un luminismo in chiaro, con ombre leggere ed argentee, come quello che in quegli anni si poteva vedere nei migliori dipinti del Reni o del Sacchi
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andare studiando». La sua vera professione, dunque, era la pittura; e che la sua figura, rispetto al genio straripante del Bernini ed a quello
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’insieme della rappresentazione pittorica e non nei singoli edifici raffigurati. Il principio unitario di pittura e architettura è dunque la
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dimensioni moderate, a scala di edilizia corrente: ugualmente lontane, dunque, dall’espansione dimensionale berniniana e dalla contrazione dimensionale
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del dramma sta alle passioni della vita. Siamo dunque in un ambito culturale tipicamente manieristico, che si concreta nell’evidente raccordo con gli
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, che fanno da perno di rotazione, collegando i fianchi alla fronte. Era dunque inevitabile, anche a costo di sacrificare una porzione del poco spazio
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desiderio della morte. L’interpretazione del non-finito michelangiolesco potrebbe dunque essere questa: se compiuta può essere soltanto l’opera che rechi in
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di paragone un astratto modello dedotto dall’antico, ma il principio di logica costruttiva recentemente proposto dal Lodoli: un principio, dunque
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: dunque non è espressamente dedicata né alla celebrazione di riti specialmente solenni né alla predicazione. È, potrebbe dirsi, una chiesa tipicamente
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. Due vani ben distinti sono dunque destinati, rispettivamente, alla massa dei fedeli e all’immagine: una soluzione nuova, che ha però un significativo
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lasciare in grande evidenza, come elemento essenziale, la cupola. Era dunque ancora, come la facciata cortonesca di S. Luca, un organismo plastico. Come
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’ellissi un accenno di croce greca. Dunque il Rainaldi, nel primo progetto, si propone di combinare tre schemi di organizzazione spaziale: 1) il tema
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devozione, che ora è spostato nel fondo dell’abside, al punto d’orizzonte, e non più chiuso in un sacello, ma ostentato in una «gloria» dorata. Dunque
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’edificio, deve necessariamente integrarsi un valore di profondità prospettica: ha dunque un portico e una loggia, la cui scarsa profondità è compensata dallo
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raggio luminoso delle finestre. Non dunque di illusione scenica o di rappresentazione di uno spazio immaginario e tuttavia, conformemente al canone
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imperativa presentazione dell’esempio alla persuasiva sollecitazione dei sentimenti o degli «affetti». Nel senso dunque, già schiettamente «moderno
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adulatrice, che dunque può servire, celebrare, magnificare ma non, in nessun caso, manifestare e rappresentare l’autorità divina. Nessuno più del Guarini ha
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coincidono con le proporzioni numeriche. Bisogna trovare le regole delle simmetrie vere, le leggi della percezione; e dunque estendere il campo del pensiero
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Guarini tanto poco si cura di celare l’artificio che scrive un lungo trattato per descriverlo, dunque l’artificio non è più tale, è una tecnica
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tomba; e gli Schiavi, il Mosè, la Vittoria sono indubbiamente tra le sue opere più alte. Si tratta dunque di trovare i motivi profondi dei successivi
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puramente matematico, che si pone già a proposito della linea, dell’angolo, della curva (T. I, cap. IX-K). La proporzione è dunque una proprietà
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rapporto con il «fenomeno» architettonico è dunque -— come lo stesso Guarini più volte precisa —- un rapporto puramente empirico, sensorio, irrazionale.
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determinare un ritmo di sviluppo e mutazione di una «radice» formale data a priori. La riduzione al segno è dunque una riduzione della forma alla
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culto. Deve dunque conoscere il processo, il meccanismo, la tecnica del culto, del perfetto atto di sudditanza: l’apparecchio che costruisce non ha
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», aspira al1’incontro diretto, personale con Dio: respinge dunque la mediazione della storia (dell’antico) e della natura, sia pure come prove sensibili
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Le superfici continue, interminabili, esigevano la ripetizione delle medesime forme, dunque un linguaggio più preciso che geniale, una successione
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spezzata in tante scuole nazionali, l’Inghilterra era rimasta, quanto all’arte figurativa, pressoché inerte. Le proibizioni puritane, dunque, sanzionavano
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architettuta ai principi palladiani e scamozziani portati da Inigo Jones. Una cultura artistica preesistente dunque al formarsi di un’arte propriamente inglese
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la mancanza, venga distinta dall’arte religiosa, che dunque è valutata come un genere imperfetto. È dunque chiaro che, per pittura di storia, Webb
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non può accettare principi d’autorità senza cessare d’essere critica e ridursi a mera verifica di conformità, non è dunque attività di ceti che
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processo dell’artista: partecipando dunque del carattere dell’artista (mentre l’amatore appartiene ancora alla categoria dei committenti) il
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Non si creda, dunque, che l’arte olandese sia stata subito prescelta, per una specie di affinità elettiva, e contrapposta all’italianizzante, da quei
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e francesizzanti del Seicento. Bisognava dunque, come aveva intuito Webb e spiegherà meglio Reynolds, separare il valore o le qualità puramente
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Ma, a non voler ricadere nell’aneddotismo sbrigativo che s’imputava agli olandesi, bisognava pure riproporre il problema dei contenuti, e dunque
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particolarmente sviluppata nell’artista, che dunque non si distacca dall’uomo della strada se non per la maggior prontezza della mente nell’associare o
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già quasi romantico, è insieme pittore di paesaggio e di storia. V’è dunque, tra pittura di storia e di paesaggio, una relazione continua e profonda: il
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Per raggiungere la piena identificazione con l’oggetto naturale è dunque necessaria un’educazione; e come l’artista si è educato attraverso i quadri
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La grande stagione della pittura inglese può dunque considerarsi conclusa alla metà dell’Ottocento, con la morte di Turner. Ma è significativo che
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forma. È dunque comprensibile che Ruskin si riproponga il problema dell’arte italiana, ch’è arte per eccellenza «formale», e che risalga all’arte che
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dunque il passaggio da una dimensione terrena a una dimensione spaziale puramente teorica o speculativa, da uno a uno trascendentale.
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superamento, della spazialità fisica. Il rapporto con le sculture, dunque, avviene necessariamente per contrapposto: le statue dei duchi sono sospese
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L’ipotizzata sintesi di architettura e scultura è dunque diventata quasi u.n’antitesi: le due esperienze possono coesistere e combinarsi, ma i loro
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. Quanto al soggetto dunque, nessun dubbio che il gruppo canoviano vada collocato nella serie dei componimenti figurativi e letterati, tanto frequenti in
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e si presentava per la prima volta al pubblico veneziano tra gli artisti «accademici» deve dunque interpretarsi come una mossa polemica, un enunciato
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situazione luminosa non muta il rapporto. Si tratta dunque di una struttura fondamentalmente tonale, com’è provato dal fatto che là dove la forma emerge fuor
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rigida o, più probabilmente, di cuoio. È dunque il modello, lo schema ideale di quella forma, e non di essa soltanto perché il girare del perizoma
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modo con cui si trascorre senza sosta dall’una all’altra. Sarà dunque, il bello, un Certo non-so-che, un’intrinseca virtualità che ha la cosa di
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oggetto reale che ha la invariabilità, l’assolutezza formale della retta. Dunque la scultura non produce immagini ma oggetti-forme; non rappresenta
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