L’arte veneziana è una fata col sole per nimbo, che attrae, che ammalia, ma che, a lungo, fa venir le traveggole. Chi si mette adesso all’impresa di
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le occasioni, e se avessero rinforzato il loro genio naturale col vedere le opere degli stranieri. Al Danieli, per esempio, che conosce bene la cosa
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studio ogni dì col sole che si alza, e n’esce col sol che tramonta. La sera, che non può dipingere, schizza e disegna. Alcuni anni addietro, parendogli
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loro dipinti, hanno agio di confrontare i tipi della natura col fantasma ideale del proprio cervello; hanno comodità di scrutare la fine eleganza delle
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sperarne un mondo di belle cose. Del Kirhmayr, veneziano col nome tutto irto di aspre consonanti, si vide alla mostra di Brera il grande ritratto di
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, pigliandoci per mano, la ci mena dov’ella vuole o con passo leggiero o col correre veloce o col volare sublime. Se noi la invochiamo lagrimando o vociando
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Goldoni con nessun altro grand’uomo: è brioso, vero, finamente sarcastico. Per carità lo facciano di marmo candido: il bronzo stonerebbe col carattere di
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Torelli, il quale vorrebbe, col mezzo di una via da carrozze lunga 880 metri e costeggiante la Riva degli Schiavoni, mettere in comunicazione il
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Ma qualche altra città del Veneto presenta caratteri suoi speciali: Vicenza, per esempio, col suo Palladio, libero e grandioso senza freddezza nella
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in un monumento, disteso sul sarcofago, il morto, vestito col suo soprabito, il suo panciotto ed i suoi calzoni. Il quarto ci ha dato una ragazza che
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’arte anche lo spettatore o l’uditore deve metterci un po’di pazienza e di buona volontà. Non bisogna, appena entrati col piede nell'apparente
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È un bel giovinotto, sano, vivace, sereno, col pizzo al mento, con gli occhi scintillanti, con la sua cara parola toscana schietta e animosa. Dodici
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, per l’arte, v’è un’ombra di scetticismo. Abbraccia con fervore una cosa, l’accarezza, l’ama più coi sensi che col fondo del cuore, ne gode fino all
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piantato duro duro accanto allo sportello aperto della carrozza, col cappello in mano. Egli pure ci volta il dorso; ma la forma del cranio, le grosse
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sciogliere gli enimmi di alcune epigrafi, entrai in una taverna affumicata, bassa, buia, col pavimento che pareva un mare in burrasca. M’adagiai sopra
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Mentre pronunciavo queste ultime parole, si udì per di dietro uno scalpitare di cavalli. Mi schierai col Caffi da un lato della strada, perchè
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tempo, con l’erba alta che gli cresce in mezzo, e col raggio caldo di sole che rischiarava obbliquamente un angolo del portico, mi sarebbe parso meno
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scavare in questo fecondo terreno col ricoprirlo dell’asfalto o del lastrico della civiltà d’oggi.
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Ciancie senza costrutto. La bellezza di Roma è rimasta così faticosa e imponente com’era prima, e la città non ha perduto con la Reggia, col Senato
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portico per pigliare il fresco se fa caldo, o s’incurva l’esterna esedra per godersi i raggi del sole se fa fresco, e poi la biblioteca col suo luogo
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fabbrica col posto apparecchiato per la lapide e con la nicchia apparecchiata per il busto di un personaggio qualunque: tutte queste ragionevoli
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mostri che digrignano i denti, fantasie del terrore, e le caricature con la pancia cadente, col sorriso beato sulle labbra e negli occhi, con le orecchie
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, col suo piccolo sagrestano, col suo ciuco o col suo cavallo. La mattina, lo dice lui stesso, dipingeva dal vero in tele di bastante grandezza
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una sola statua, e Mirone, che col bronzo dava quasi la vita agli uomini e ai bruti, non ebbe chi si presentasse a suo erede. Oggi il Senato stesso, a
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, nelle opere del vecchio Antonio Viniziano non vede cosa più maravigliosa di un idropico, il quale col viso secco, colle labbra asciutte e col corpo
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appresso fu il trionfo del Cremona. Le lodi gli piovvero addosso per due tele: la prima figurava un giovinotto, che col destro braccio si stringe al seno
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tant’è più cattiva quanto più s’accosta alla pittura, questa statua non può essere buona: pare scolpita col pennello, e con pennello tiepolesco. Ad ogni
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. Infatti il carattere singolare di un artista, di un poeta, di un letterato si rivela più spiccatamente col mezzo delle imperfezioni, che non per mezzo
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le statue; il pittore, che si sbizzarrisce a piacer suo col pennello; il capomaestro, che provvede alla pratica, spesso anche alla scienza della
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allungare d’un poco il torso e, se è vista di faccia, accorciare un tantino le coscie. Queste anomalie in un’arte che potrebbe col compasso fare la
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Jacopo da Pontormo, partecipano più le cave di Carrara, che la virtù dell'artefice —; nè col Coriegiano di Baldassare Castiglione, che accennava essere
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L’arte s’è avviata anch’essa, alla sua maniera, nel cammino che ha fatto diventare grande la scienza: è diventata sperimentale. Col microscopio si
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qualsisia; ma dall’altro canto un vescovo col cannello da orefice o con il cesello da gioielliere potrebbe parere cosa strana e profana. Uscire da questi
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del ricercare il modo, col quale dalle incredibili censure e confusioni e dubbiezze e lotte, che non lasciavano pace alla fabbrica mai, uscì il
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goffo a larga pistagna, coi manichetti increspati, il Jenner col suo codino.
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Di un quadro si può dunque dire che il disegno è ottenuto, col mezzo di una lente e di un preparato chimico, dai modelli atteggiati, e della scultura
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, ricantando le glorie del buon tempo passato; ma l’arte, messa d’accordo col carattere delle altre culture e coi bisogni materiali della civiltà, avrà
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sale grandi. La bell’acqua di due marine del Tidemand, il bellissimo paesaggio del Munthe, triste, col cielo bruno, e sul terreno pozzanghere
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lunghi intervalli, con l’animo ora lieto e ora triste, ora benevolo ed ora dispettoso, ma sempre col desiderio di scoprire il fondo del vero e con la
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così com’egli dipinge le prospettive di Venezia, nelle quali il colore dell’acqua, delle case, dell’aria non ha ombra di riscontro col vero; ma egli
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materialmente nel quadro; compiere in fine col rilievo il dipinto, con la scultura la pittura sono intenzioni ottime e in parte nuove, che il Michetti
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In lui l’uomo e l’artista erano la stessa cosa. Parlava e scolpiva col cuore in mano.
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composizione, e studiava col Rossetti la lingua francese spendendovi al mese tre scudi, il quarto o il terzo del suo peculio mensile.
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più nemico al bello, più pitoccamente prosaico. S’hanno dunque a fare le statue delle donne e degli uomini contemporanei col peplo, col pallio, con
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Dopo l'Abele venne il Caino, il quale fece dire a Giuseppe Giusti in una lettera la sua solita frase: tutte le ciambelle non riescono col buco; e con
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si dimenticano; mentre un difetto è come il manico, col quale la bellezza stessa si afferra più facilmente. Le statue del Bernini, stupende ad ogni
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occorresse, rispose l’altro, ed uscì col figliuolo.
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Il pittore è un altro paio di maniche. Se ne sta pulitamente seduto dinanzi al cavalletto, guardando il modello e accarezzando col pennello la tela
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viaggiava col Salaino e con altri scolari: Partii da Milano,per Roma addì 24 di settembre (1514) con Giovanni (forse il Beltraffio), Franciescho Melzo, Salai
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Fu scolaro del Vinci a Firenze per un poco di tempo Iacopo da Pontormo, e furono suoi condiscepoli col Perugino, ma seguitatori del suo modo e de
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