I giardini della Regina come alla scena prima.
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(Elisabetta rimane un momento confusa, immobile, mentre Rodrigo si avvicina alla Principessa d’Eboli)
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Elisabetta entra lentamente assorta nei suoi pensieri, s’avvicina alla tomba di Carlo V, riverente.
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Rodrigo appare nel fondo. Tebaldo s’avanza verso di lui, gli parla un momento a voce bassa, poi torna alla Regina.
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Signori che assistono alla festa s’inchinano anch’essi per rendere omaggio alla loro sovrana.
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(Carlo la saluta, e, la mano sulla spada, si pone dignitosamente alla destra d’Elisabetta. Tebaldo s’inchina ed esce dal fondo.)
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Le Dame sono assise sulle zolle intorno alla fonte. I Paggi sono in piedi intorno ad esse. Un Paggio tempra una mandolina.
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(Elisabetta condotta dal conte di Lerma entra nella lettiga. Carlo resta desolato, col capo nelle mani, appoggiato alla roccia ove Elisabetta era
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la Regina si avanzano verso la tomba di Carlo V, dinanzi alla quale s’inchinano: quindi proseguono il loro cammino.)
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(Elisabetta traversa la scena in mezzo al suono delle fanfare, e getta una borsa alla contadina. Carlo appare a sinistra nascondendosi fra gli alberi
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di Spagna. Rodrigo dà la destra alla Regina, seguita dalle Dame e da Tebaldo. I Paggi portano il manto d’Elisabetta.) (Il corteggio si schiera innanzi
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L’Araldo entra a capo della fanfara, poi l’Imperatore che sale sul trono; l’Astrolago è alla destra dell’Imperatore, alla sinistra uno sgabello vuoto
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«Legioni del centro! Avanti! in falange serrata! Assalto alla collina! Viva la Chiesa!»
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(apparisce un fuoco fatuo che si dirige alla volta di Faust e Mefistofele)
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Faust e Mefistofele fuori del cancello. Questa pagina della maledizione è scritta in prosa da Goethe stesso, perché alla foga terribile della
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descrizione s’unisce alla narrazione e la narrazione al dialogo, e l’epico al drammatico, lavoro quasi ignoto al di fuori della Germania e pur degno
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, lo glorifica nell’immenso poema noto a tutta la civiltà presente. La storia di questo tema poetico rassomiglia alla stessa leggenda di Faust. Questo
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(s’avanza un Frate grigio che si dirige lento e spettrale alla volta di Faust). È noto come Goethe ponga al posto del frate grigio un can barbone, ma
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mali, alla giustizia della insensata umanità! mentre tu mi cullavi in mezzo a stolti divagamenti e mi celavi il suo supplizio e la lasciavi senz’aiuto
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chiedo, e se riescirete a ciò con quattro note e con quattro versi oppure mettendo mano al cielo, alla terra e all’inferno, io ve ne sarò egualmente
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quell’ossequio alla forma, del quale non si deve mai spogliare niuno che tratti il presente soggetto, abbiamo dato a questo Prologo in cielo la linea
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mutano in leggenda, poi cresce ancora ed è racconto sotto la penna di Antonio Hamilton, poi Klinger lo innalza alla dignità di romanzo, poi appare per la
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