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Sentenza n. 1988

334036
Cassazione penale, sezione I 9 occorrenze
  • 1998
  • Corte Suprema di Cassazione
  • Roma
  • diritto
  • UNIGE
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.: la responsabilità per entrambi i reati è stata affermata in relazione ai risultati delle osservazioni compiute per i mesi sei dai Carabinieri, dalle cui deposizioni, confermate dalle propalazioni dei collaboratori, è emersa chiaramente la posizione di preminenza in seno all’associazione; sono state escluse le attenuanti generiche ed è stata ridotta l’entità della pena;

.: è stato assolto dal reato associativo e da quello di spaccio in quanto i rapporti di affari con i C. e con il N. non sono stati ritenuti unicamente indicativi del suo coinvolgimento nell’associazione; è stata affermata la sua responsabilità per i reati contro la P.A. e sono state escluse le attenuanti generiche.

., capo dell’Ufficio lottizzazioni presso il settore urbanistica del Comune di Milano, la responsabilità per il reato continuato di corruzione veniva affermata sulla base di numerosi elementi indicativi della illegittimità della condotta dell’imputato, con la precisazione che l’esclusione della ricezione della somma di lire 34.900.000 non faceva venire la correlazione fra fatto ritenuto in sentenza e fatto contestato: con la concessione delle attenuanti generiche, la pena, determinata in due anno di reclusione, è stata condizionatamente sospesa.

., affermata dal tribunale di Palermo con sentenza irrevocabile, non poteva precludere il giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale di Milano, stante l’autonomia delle due associazioni, caratterizzate dalla differente struttura soggettiva e dal fatto che il gruppo milanese, nonostante il legame con “cosa nostra” derivanti dalla posizione dirigenziale dei C., era dotato di apprezzabili margini di libertà operativa.

3. – Non hanno pregio le censure mosse dai ricorrenti contro il punto della sentenza in cui è stata affermata la responsabilità per la partecipazione all’associazione in cui è stata affermata la responsabilità per la partecipazione all’associazione finalizzata al traffico di droga, dato che, con motivazione adeguata sul piano logico e immune da vizi giuridici, la Corte di rinvio ha correttamente valutato la posizione dei singoli imputati ponendo in luce la sussistenza, per ciascuno di essi, delle condizioni obiettive e soggettive per l’addebitabilità del delitto associativo identificate nel consapevole e volontario contributo apportato da ogni associato all’attività del gruppo e al perseguimento dello scopo comune. in particolare, attraverso una meticolosa e convincente disamina delle risultanze probatorie, nella motivazione della sentenza impugnata è stata posta in evidenza la ricorrenza, per i singoli imputati, degli elmetti costitutivi del delitto associativo chiarendo che il loro continuativo inserimento nella struttura operativa risulta qualificato dal necessario elemento soggettivo costituito dalla consapevolezza di partecipare e di contribuire attivamente alla vita dell’associazione nella quale ciascun associato, con pari coscienza e volontà, fa convergere il proprio contributo, come parte di un tutto, alla realizzazione del programma comune (Cass., Sez. VI, 27 maggio 1991, P.M. in proc. Cibelli e altri; Cass.; Sez. VI, 16 giugno 1990, Marin). Ne consegue che la pronuncia di responsabilità per la partecipazione all’associazione resta incensurabile nel giudizio di legittimità essendo sorretta da un esauriente apparato argomentativo che, sotto il profilo logico e giuridico, resiste ai molteplici rilievi critici dei ricorrenti.

M. proponeva ricorso per cassazione denunciando la nullità della sentenza sotto i seguenti profili: a) violazione della legge penale in relazione all’art. 75, comma 2 l. 685-75 in ordine alla configurabilità della partecipazione a sodalizio criminoso finalizzato allo spaccio di sostanze stupefacenti, affermata senza che egli elementi fattuali denotassero l’esistenza dell’accordo su cui doveva basarsi la societas sceleris; b) inosservanza ed errata applicazione della legge penale per avere dato rilievo ad un fatto che corrisponde ad una vera e propria ipotesi di riciclaggio non punito all’epoca in cui esso è stato compiuto in quanto non erano ancora entrati in vigore gli artt. 23 e 24 della l. 19.3.1990, n.55; c) mancanza di motivazione per l’esclusione del valore probatorio della documentazione acquisita da cui emergevano elementi a lui favorevoli; d) mancanza di motivazione e inosservanza della legge in ordine alla qualificazione della pena e al diniego delle attenuanti generiche.

.; c) violazione dell’art. 606 lett. e) c.p.p. per mancata e manifesta illogicità della motivazione relativamente alla ritenuta responsabilità dell’imputato per tutti i reati ascrittagli: in particolare, veniva dedotto che la colpevolezza era stata affermata sulla base di una incongrua valutazione di elementi privi di reale valore dimostrativo, senza un adeguato controllo della intrinseca attendibilità dei collaboranti e facendo derivare la responsabilità per i reati fine unicamente dalla ritenuta responsabilità per il reato associativo; d) mancanza di motivazione sul diniego delle attenuanti generiche e sulla determinazione del trattamento sanzionatorio.

., essendo insussistente la situazione di assoluta necessità della rinnovazione dell’istruzione dibattimentale; b) illogicità manifesta della motivazione sui seguenti punti: – vizi logici nell’interpretazione degli elementi fattuali ritenuti indicativi del reato associativo, la cui esistenza è stata affermata senza un serio controllo dell’attendibilità delle deposizioni e senza rigorosa verifica dell’intrinseca attendibilità dei collaboranti, incorsi in varie contraddizioni non rilevante dai giudici di merito; mancata prova dei requisiti essenziali dell’associazione; – illogicità e carenze logiche in ordine alla pronuncia di responsabilità dello Z. e del La R. per i singoli episodi di spaccio; – manifesta illogicità della motivazione e violazione dei criteri di cui all’art. 133 c.p. riguardo alla determinazione del trattamento sanzionatorio.

., concernono fatti diversi nella condanna, nell’evento e nel nesso di causalità; affermata la responsabilità del C. anche per i reati contro la P.A. il cui esame è contenuto nella seconda parte della sentenza impugnata e ritenuta la continuazione con la condanna irrevocabile pronunciata dal Tribunale di Palermo, la pena veniva rideterminata in ventiquattro anno di reclusione e lire 230.000.000 di multa;

Sentenza n. 1

335902
Corte costituzionale 1 occorrenze
  • 1956
  • Corte costituzionale
  • Roma
  • diritto
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Affermata la competenza di questa Corte, si può passare all’esame della questione di legittimità costituzionale proposta con le ordinanze sopra indicate.

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